Survival of the fittest

[Dicembre 2017]

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  1. Pride Jericho Faulkner
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    Pride Jericho Faulkner era un ossimoro. Lo era stato sin dalla nascita, quando la casualità aveva voluto che avesse della superbia il primo nome e della città luminosa il secondo: il vizio più antico e la terra promessa. Quasi come se la sua nascita volesse dimostrare qualcosa, la natura lo aveva vestito di vizi e aveva fatto del più temibile dei vizi il suo orgoglio: l’orgoglio che s’agghindava di superbia, ripeteva sovente sua madre. Così personale era quella sua qualità da non poter più distinguere la differenza tra nome e carattere. Tanto è vero che, quando qualcuno lo nominava, era rapido capir di lui ogni cosa.
    Ne era, in un certo senso, felice del modo in cui parlavano di lui, quasi fosse scontato che Faulkner fosse esclusivamente ciò che la superficie diceva di lui.
    In quel mondo che gli aveva dato per padre il caos e per madre la truffa, gli piaceva pensarsi come uno specchio, l’uomo che non si vede, ma riflette, forse perché, nel profondo del suo animo era più semplice allontanare a quel modo le persone.
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    Non era affatto malvagio, sebbene il suo temperamento suggerisse il contrario, tuttavia non gli era mai interessato dimostrare che vi fosse del buono in lui, la sua era un’esistenza di solitudine e libri, per questo motivo non s’era mai lasciato avvicinare, né s’era interessato alla vita del castello. Nel suo essere Corvonero aveva fatto dell’individualismo la sua politica e ne aveva perseguito il culto.
    In silenzio aveva assimilato la notizia di esser intrappolato tra le mura di Hogwarts e in religioso raccoglimento s’era recato nei luoghi dove avrebbe trovato ristoro. Nella sua mente il gioco di squadra non era che un modo poco intelligente per perire in breve tempo e, sebbene i due mesi passati rinchiuso in quei luoghi lo avessero messo a dura prova, mai una volta aveva lasciato che altri lo aiutassero: il suo orgoglio glielo aveva impedito.
    Pride era una di quelle persone che lasciavano agli altri sentimenti come: amicizia, amore, fratellanza e cameratismo, nella sua mente esistevano solo i fini e i modi migliori per raggiungerli, anche se questo significava mettere in pericolo la vita altrui. Ecco perché, agli occhi di tante persone la sua indole era sembrata tutto, fuorché luminosa.
    Eppure i fratelli gli avevano dato il soprannome di White, per quel suo costante rifiuto nei confronti dell’oscurità della famiglia, qualcosa doveva pur significare, no?
    Era proprio il fratello il motivo per cui quel giorno Pride era uscito dalla sua sala comune. Lorcan Faulkner era uno di quei ragazzi gracili, molto semplici da plagiare. Loro fratello maggiore aveva passato l’infanzia a turbare i sogni notturni di Lorcan, tanto è vero che con i mostri, Lorcan c’era cresciuto. Ne aveva fatto una prerogativa e quando quelli non c’erano era lui a cercarne la compagnia.
    Sebbene Pride fosse il più piccolo era sempre stato lui ad occuparsi del fratello mezzano, anche quella volta, non appena si era reso conto della sua assenza, era uscito a cercarlo e quel che aveva trovato non era stato affatto divertente.
    Era uscito dal portone d’ingresso per recarsi verso i giardini del castello e quando si era accorto di quanto desolata Hogwarts potesse sembrare, aveva lasciato che sulle labbra affiorasse un sorriso amaro: due mesi rinchiuso lì dentro gli erano sembrati una punizione sufficiente, nonostante avesse avuto l’opportunità di sgattaiolare più e più volte nella sezione proibita della biblioteca. Gli mancavano le sigarette, ormai un ricordo sbiadito, gli mancava l’idea di potersi definire libero e questo era dovuto al fatto che il caos, anche se fermo in un luogo, deve sempre avere una via di fuga.
    «Di tutte le persone, solo tu, Lorcan Faulkner potevi andare alla ricerca dei tuoi mostri sotto il letto» inveì da solo, senza che altri potessero sentirlo e continuò a camminare. Era pressoché impossibile immaginare dove potesse essersi cacciato il fratello. Provò nelle serre di erbologia, sulle sponde del lago nero, presso il capanno del guardiacaccia ed infine giunse lì, dove il suo destino sarebbe stato segnato dall’incontro con un'altra prigioniera fagocitata dal castello.
    La scuderia dei Therstral era uno dei luoghi dove Pride raramente metteva i piedi: gli venivano i brividi al pensiero di non sapere dove si trovassero gli animali. Per sua fortuna non era mai stato in grado di vederne uno, nonostante la sua bacchetta contenesse crine del cavallo alato. «Lorcan, sei qui, non farmi perdere tempo, non è il caso rimanere qui. Mostrati così possiamo tornare dentro» dentro…sorrise a quel pensiero. Loro si trovavano già dentro qualcosa, all’interno di una barriera che non si sarebbe infranta tanto rapidamente, erano intrappolati, anche nei luoghi esterni di Hogwart e questo lo faceva sorridere amaramente. «Non li puoi vedere nemmeno te questi mostri, lasciali ad altri», continuò poi sfoderando la bacchetta e lanciando un Lumos per alleggerire la penombra, sebbene fosse pieno giorno. Gli dava fastidio quel continuo rincorrersi sull’isola, ma soprattutto gli pesava dover essere la balia di quel giovane che, nei suoi quasi 18 anni di età, non faceva altro che rimanere un bambino.
    Il fruscio di una coda invisibile lo costrinse a voltarsi e poi a voltarsi nuovamente quanto percepì il nitrito di un cavallo. «Hey, ora non è affatto divertente, se vuoi scherzare ancora con me sappi che la prossima volta non verrò più a cercarti, Lorcan. Ti lascerò lì, ovunque tu sia e vedrai che non sarà divertente quando la voce di nostro fratello Athe verrà a sussurrarti nell’orecchio». Era così che di solito finivano i giochi tra Pride e Lorcan, con le minacce su Athe, il terzo Faulkner, rinchiuso ad Azkaban da 5 anni per essersi macchiato di omicidio e altri indicibili crimini. In lui il caos era sbocciato come un’erbaccia e aveva dato vita a un fiore del male, per questo a lui era dedicato il soprannome di Boudelaire. «Dannazione! Non è più divertente!» Inveì poi, sbattendo contro il pilastro ligneo che divideva un box dall’altro. In Pride la rabbia ribolliva con la rapidità con cui un uomo sbatte le ciglia, così semplice era vederlo passare dallo stato di quiete allo stato di cupidigia e quello era, sotto tutti i punti di vista, uno di quei momenti in cui il Faulkner perdeva il controllo. Cominciò dunque a camminare a passi larghi, lasciando che le ombre prodotte dal suo lumos lo guidassero in quel labirinto invisibile sino a quando non sentì il rumore metallico di una porta che si chiude. Click e fu così che la trappola scattò. Gli riuscì un’imprecazione, prima di percepire il nitrire dei thestral, un canto furioso che si inalzava al cielo quanto una nenia di morte.
     
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    Arriva quel momento, quando si è nel pieno di una tragedia, che quest'ultima non viene più vista, agli occhi dei suoi protagonisti, come una vera e propria tragedia, quale è, bensì come la semplice normalità. Arriva un momento in cui, in mezzo al caos e al panico, col trascorrere inesorabile del tempo si formano abitudini, schemi mentali, prassi da seguire: arriva il momento in cui ci si estranea del tutto dalla realtà fatale e del tutto aberrante che si sta vivendo, e non si riesce più a distinguere la verità dalla bugia, l'assurdo dal completamente normale e realistico. Malia non è in grado di individuare l'esatto momento in cui la sua mente ha smesso di rilevare l'assoluta follia di tutto ciò che la circonda, però sa, semplicemente, che ad un certo punto seppellire i compagni morti, più che un rito amaro e doloroso, è diventato un mero studio di logistica, un pesante sforzo fisico da compiere senza poter nemmeno avere più il tempo di guardare i giovani defunti in volto un ultima volta. Ad un certo punto litigare con i propri compagni per un pezzo di pane trovato per caso in Sala Grande è diventato la norma. Ad un certo punto ha smesso di preoccuparsi della terra sotto le unghie, dei vestiti strappati, del freddo e dei brividi, delle ferite dolorose e perfino della costante stanchezza dovuta alla privazione di sonno. Ha dimenticato cosa sia la serenità, starsene seduta in un angolo senza sobbalzare al primo rumore inaspettato, senza urlare in preda alla paura anche solo all'essere sfiorata per caso da un amico. Ad un certo punto, in mezzo a quelle trappole, la sua stessa vita è diventata una cosa quasi collaterale, ad un certo punto fa poca differenza esistere o non esistere più.
    Si è abituata al buio, alla fame, alla fatica, alla paura, alle ronde quotidiane, ai saluti mattutini che assomigliano a degli addii. Cammina in mezzo all'erba incolta della tenuta, stringendosi nel suo piumino azzurro un po' sgualcito, e osserva con espressione quasi assente il proprio respiro condensarsi nell'aria gelida di Dicembre, la mente che sembra essersi soffermata su pensieri lontani. La giovane si fa strada con una certa pigrizia verso le Serre di Erbologia, per recuperare alcuni ingredienti necessari per una Pozione Corroborante; e mentre cammina sembra essere completamente assorta, almeno fino a quando le sue orecchie non percepiscono dei rumori anomali provenire dall'interno della Stalla dei Thestral. Sente dei nitriti quasi impazziti, uniti alla voce di un ragazzo. « Ti lascerò lì, ovunque tu sia e vedrai che non sarà divertente quando la voce di nostro fratello Athe verrà a sussurrarti nell’orecchio. » Aggrotta le sopracciglia, visibilmente confusa da quelle parole, mentre si avvicina di più alla stalla, per tentare di capire cosa stia succedendo all'interno. « Dannazione! Non è più divertente! » sente poi, quando accosta il viso alla porta, e i tonfi successivi rendono subito più chiara la situazione. Ha sentito storie dei Thestral che impazziscono all'improvviso, all'interno della stalla, di tanto in tanto, senza nessun motivo. Nessuno capisce perché lo facciano, né secondo che criterio. Sono, chiaramente, una delle tante trappole progettate da Kingsley per cercare di ucciderli tutti. La parte peggiore è che alcuni di loro non sono in grado di vederli, e possono ritrovarsi ad essere attaccati da qualcosa di del tutto imprevedibile.
    Sospira, la giovane Stone, e, una volta presasi di coraggio, impugna per bene la bacchetta e spalanca la porta della stalla, assumendo immediatamente una posizione di difesa. La bacchetta pronta davanti a sé, casta rapidamente un Protego per ripararsi dall'attacco del Thestral che le sta venendo di fronte, il quale si va a scontrare contro la barriera magica e cade al suolo, facendole guadagnare qualche secondo in più per avanzare. « Pride! » urla, quando riconosce il ragazzo che sta dall'altra parte della stalla, per catturare la sua attenzione. « Alla tua destra! » Lo avverte dell'arrivo di una delle bestie, non sapendo se lui è in grado di vederli o meno. Malia ha cominciato a vederli alla tenera età di tredici anni, dopo aver visto la testa di un ragazzino della sua età venire fracassata da un uomo. Che notte indimenticabile. Comincia ad avanzare verso il ragazzo, scagliando incantesimi a destra e a manca, talvolta anche senza nessun bersaglio in preciso. « Stupeficium! » « Impedimenta! » « Diffindo! » urla, a destra e a manca, almeno fino a quando non è quasi vicina al suo compagno. Ed è proprio mentre sta pronunciando l'ennesimo incantesimo verso uno di loro, che viene colpita alle spalle.
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    Cade a terra, riuscendo ad attutire l'impatto con il suolo mettendo le mani avanti. Ma non ha il tempo di incassare il dolore, perché l'animale in questione ha sollevato entrambe le zampe ed è pronto per schiacciarla: con un rapido colpo di reni si costringe a rotolare via, più che può, fino a recuperare la propria bacchetta, caduta poco distante. La impugna e la punta rapidamente verso il suo aggressore. « Stupeficium! » urla ancora, per poi alzarsi a fatica. Con un altro fascio di luce riesce a stordire, almeno per qualche istante, l'animale che è sul punto di attaccare il ragazzo, in modo da avere il tempo di raggiungerlo. Con una mano afferra la stoffa della sua camicia, per poi trascinarlo all'interno di uno dei cubicoli, per poi chiudere la piccola porticina con un Colloportus che, chiaramente, sotto i calci dei Thestral imbizzarriti durerà ben poco. Ma almeno avranno modo di prendere un attimo fiato. Respira a fatica, appoggiandosi con le mani alle ginocchia, per poi sollevare lo sguardo sul ragazzo. « Sei ferito? » chiede, ancora ansimando, per poi sobbalzare al primo calcio che sente dare alla porta. Resta un istante in silenzio, per poi portare un indice sulle labbra, e indicare a Pride di fare silenzio a sua volta. Entrambi guardano la porta, in attesa. Fino a quando quest'ultima non viene scossa da un ulteriore colpo, ed entrambi sobbalzano nuovamente. Fantastico. Hanno perfino meno tempo di quel che sperava. « Cazzo. Dobbiamo uscire da qua dentro, e anche in fretta » dice, incontrando gli occhi di lui, seria. « Idee? » Si sa, Malia sarà anche il soldato perfetto, la combattente allenata, capace di agire rapidamente e di non sbagliare un colpo, ma non è una grande mente pianificatrice.
     
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  3. Pride Jericho Faulkner
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    Aveva il viso emaciato – tutti a quel tempo apparivano stanchi –, la mente depredata dal sonno, il corpo disturbato dal riposo, avevano reso gli occhi del giovane un pozzo nero, quasi senza speranza. Era così che si trascinava tra le vie del castello, senza incontrare lo sguardo di altri. Il Corvonero si era sentito spesso stanco, privo di forza vitale, ma sapeva che se mai avesse perso di lucidità, quel mondo lo avrebbe inghiottito, come la notte fa con le ombre. In fondo, era proprio quello: un'ombra che vagava tra i corridoi di Hogwarts, una figura come tante altre che aveva visto cadaveri negli anfratti bui del castello, persone perdere l'umanità e farsi belva, disperazione rigare i volti degli studenti. Pride si era lasciato scivolare tutto, ogni immagine brutale pur di salvaguardare se stesso. Una delle cose che gli era sempre riuscita meglio era l'essere distaccato: glielo aveva insegnato suo fratello maggiore Athe, la belva, una notte senza luna. Gli aveva detto che più si fosse fatto influenzare dagli altri, meno intoccabile sarebbe diventato e da allora, nonostante Pride non potesse che formulare male parole nei confronti del maggiore dei Faulkner, si era lasciato plasmare, costruendo mura affinché le persone non entrassero. Non se ne dispiaceva, a quel modo era riuscito a non essere rincorso dagli incubi durante la notte. Pride era nato con una malformazione caratteriale tale per cui l'amore e l'affetto non erano sentimenti raggiungibili. Per lui esistevano la stima, la sopportazione, persino il rispetto; le emozioni dovevano essere brucianti quanto la sconfitta e la vergogna: più erano felici, più quelle gli mancavano. Era orfano di gioia, ma non per questo tendeva alla sua ricerca. L'essere un bravo fratello per Lorcan nasceva dall'esigenza di salvaguardare quanto di più simile a lui esisteva perché, nonostante fossero diversi, erano gli unici a giocare con la casualità e il caos. Per quel motivo era uscito dal castello e per quello stesso motivo si trovava in quella situazione. Erano troppe le trappole a cui era scampato: astuzia e intelletto lo avevano aiutato in molte situazioni, ma non potevano farlo lì, dove il tranello era invisibile agli occhi. « Pride! » La voce che percepì non era quella ovattata e stridula che stava cercando, era invece forte, decisa, una voce di donna. Pride si voltò, scorgendo i fili castani della giovane Malia Stone, era lei la sua compagna di disavventure. « Alla tua destra! » Il giovane scattò verso la sinistra, proprio mentre il rumore d'aria sopraggiunse al suo orecchio, era stato uno zoccolo di thestral a sfiorare una delle sue tempie. Con la bacchetta in mano fu lesto nel lanciare incantesimi « Merda! Deprimo! » Lanciò nell'aria colpendo qualcosa che andò in mille pezzi: mille pezzi putrescenti. Fu qualcosa di viscido a toccargli la spalla, costringendolo ad una smorfia di orrore. Era probabile che avesse fatto esplodere la carne di uno di quegli animali. Quando si voltò per cercare di capire la situazione vide Malia scalciata a terra da una forza sovrumana e si lanciò verso di lei, cercando di aiutarla. « Diffindo! », dalla bacchetta un lampo di luce blu si propagò per la stanza, diretto verso l'ennesima ombra oscura. Fu con un lampo rapido che la giovane riuscì ad alzarsi dal suo giaciglio, trascinandosi verso di lui e agguantandolo per la camicia. Pride si lasciò guidare, sospettava che Malia fosse in grado di vedere quelle bestie, di conseguenza era molto più avvantaggiata di lui. Quando raggiunsero uno dei box per cavalli prese uno dei forconi per pulire le stalle e lo posizionò sulla maniglia, così da bloccare momentaneamente l'entrata. Ci pensò la ragazza a lanciare un colloportus per concludere la faccenda. Non avrebbero avuto molto tempo per trovare una soluzione, per questo motivo Pride prese fiato e poi lasci che la mente andasse ai tenti libri letti, così da scegliere il piano d'azione più adatto. « Sei ferito? » Stava bene, non gli era successo nulla, era più probabile che fosse stata lei a farsi del male. Pride allungò una mano, prendendo il braccio di Malia e notando una ferita aperta « Tutto bene. Ferula » dalla sua bacchetta fuoriuscirono delle bende candide che cinsero l'arto della giovane Stone. « Non sarà una soluzione definitiva, ma per il momento dovrebbe arginare il problema » Come suo solito non lasciò molto spazio alle parole.
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    Fuori il rumore assordante di nitriti gli occupava le orecchie. Chi avrebbe mai detto che per cercare Lorcan si sarebbe cacciato in una situazione del genere? Soprattutto costringendo un'altra persona a quell'incubo. Pride non conosceva se non di vista la Stone, era più giovane di lui e di una casata differente, tuttavia era già capitato che si incontrassero per i corridoi, soprattutto in quegli ultimi mesi. A differenza sua lei si era sempre dimostrata disponibile ad aiutare e fare gioco di squadra, lo aveva dimostrato persino in quello stesso istante, al contrario di Pride che dell'individualità aveva fatto un mantra. Rimase immobile, ascoltando il rumore che proveniva dall'esterno del box, sobbalzando al primo rumore di zoccoli. « Cazzo. Dobbiamo uscire da qua dentro, e anche in fretta », disse la grifondoro, lanciando uno sguardo eloquente al giovane.« Idee? » Ovviamente non ne aveva, per un'ora sarebbero stati costretti lì dentro, l'unica cosa che avrebbero potuto fare era cercare di sopravvivere il più a lungo possibile. Pride chiuse gli occhi. pensa pensa pensa pensa « Dobbiamo guadagnare tempo, hai un'idea di quanti siano i box? » Il suo sguardo si diresse verso l'alto, dove terminava la parete divisoria. « Non sarà la soluzione migliore, ma per ora è l'unica che mi venga in mente...non appena vediamo il legno cedere ti faccio da leva e ti faccio passare nel prossimo Box, una volta sopra dai una mano a me per scavalcare » Era sempre meglio che passare il resto del tempo a combattere contro delle bestie inferocite. Pride si trovò nuovamente a sobbalzare dopo aver percepito il rumore degli zoccoli contro la porta, molto probabilmente non avrebbero avuto ancora molti istanti di salvezza. « Ti era mai capitato di rimanere rinchiusa qui? » conversazione, in una situazione del genere l'unica cosa che gli veniva in mente era fare conversazione... Se qualcuno l'avesse visto forse non ci avrebbe mai creduto! Come una partita di scacchi, il giovane Corvonero stava facendo la sua mossa, così da studiare le variabili a sua disposizione. Se Malia aveva vissuto la stessa situazione in quei mesi avrebbe trovato un modo per uscirne. « Io mi sono ritrovato sul lago nero con il mostro e sempre per colpa di mio fratello ho visto il labirinto dei sotterranei... » abbonato ai mostri!
     
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    Lascia che il ragazzo prenda il suo braccio e lo medichi, alla bell'e meglio, facendo apparire una banda che le tenga ferma la ferita. Sposta lo sguardo dalla propria ferita a quello di lui, per poi rivolgergli un sorriso a labbra strette, riconoscente. « Grazie » dice, quasi sussurrando, attenta a non alzare la voce nel timore che un tono eccessivo possa far sbizzarrire ancora di più i Thestral oltre la porta del piccolo cubicolo. Le bestie nel frattempo, sempre più incontrollabili, continuano a scalciare e a nitrire, facendo sussultare entrambi i ragazzi ad ogni scossone che la porta del piccolo cubicolo riceve.
    Sempre tante grazie, Preside Kingsley, si ritrova a pensare Malia con una punta di acidità, mentre si appoggia con la testa alla parete di legno alla destra della porta, chiudendo gli occhi per un istante. È mattina ed è già stanca. Ogni notte riescono a dormire non più di cinque ore a testa, fino a quando l'allarme non li desta tutti e li costringe a scappare, nel giro di dieci minuti massimo, dal dormitorio in cui si sono intrufolati la sera prima, così da immergersi poi per tutto il resto della giornata nel pieno pericolo mortale. Tutti loro hanno i visi stanchi, le occhiaie incavate, i volti emaciati dal sonno e dalla frustrazione. Però fanno di tutto per continuare a farsi forza l'un l'altro, perché basta un momento di distrazione e si perde tutto. Come una partita di un gioco qualsiasi.
    L'ennesimo colpo di zoccoli alla porta la richiama alla realtà, e apre nuovamente gli occhi, il cuore che batte più forte. In questi giorni si è avvicinata così tante volte, alla morte, che ormai non se ne accorge nemmeno più. Una trappola vale l'altra. Guarda Pride, mentre altri nitriti suggeriscono movimenti strani lì fuori, lo sguardo di chi non ha la più pallida idea di cosa fare. Chiede un'idea, perché ultimamente ne ha dovute tirare fuori talmente tante dal proprio cappello invisibile che non ha più fantasia da utilizzare, né qualcuna delle tattiche già messe in atto in altre occasioni può essere riprodotta in questa situazione. Ma fortunatamente il cervello di Pride sembra andare ad una velocità più rapida del suo. « Dobbiamo guadagnare tempo, hai un'idea di quanti siano i box? »
    « Quattordici in tutto. Sette a sinistra e sette a destra. Insomma, sette dal lato nostro. » Risponde subito, senza nemmeno rifletterci su, annuendo con la testa, come a rassicurarlo che le sue informazioni sono corrette. Questo genere di cose le si sanno fin troppo bene, se ti ritrovi, di tanto in tanto, costretto a spalare escrementi da quegli stessi box, in seguito a qualche malefatta andata per il verso sbagliato.
    « Non sarà la soluzione migliore, ma per ora è l'unica che mi venga in mente...non appena vediamo il legno cedere ti faccio da leva e ti faccio passare nel prossimo Box, una volta sopra dai una mano a me per scavalcare. » Lo guarda, Malia, sulle prime un po' indecisa, poi sposta lo sguardo sulla porta, scossa dai colpi delle bestie, sulla parete di legno alle proprie spalle, che non sembra effettivamente fin troppo alta da scavalcare, e infine di nuovo su Pride, un po' più convinta. Annuisce, decisa. Sì, si può fare. E se ci pensa questo è effettivamente l'unico modo che potrebbero avere per uscire indenni da quella trappola, conservando le proprie forze quando, una volta raggiunta l'ultimo cubicolo, dovranno scavalcare e tornare fuori, e correre poi per raggiungere l'uscita prima di essere raggiunti dai Thestral.
    « Hai ragione, è la cosa migliore » asserisce, dunque, decidendo di allontanarsi dalla porta, giusto perché non si sa mai. Si appoggia allora contro la parete opposta a quest'ultima, facendo segno al ragazzo di spostarsi insieme a lei. « Nel caso non dovessimo fare in tempo... Almeno non siamo immediatamente alla loro portata, ecco » si spiega, lasciandosi andare ad una risata leggera e dalle tinte un po' amare.
    « Ti era mai capitato di rimanere rinchiusa qui? » Solleva lo sguardo sul ragazzo, incuriosita, poi scuote la testa, quando registra le sue parole. No, è tutto nuovo. Ma ne aveva sentito parlare da qualche parte, o almeno così crede. Purtroppo non riesce a ricordare quale fosse la strategia utilizzata dalle persone rimaste bloccate lì dentro... sempre che ne siano uscite vive. « Io mi sono ritrovato sul lago nero con il mostro e sempre per colpa di mio fratello ho visto il labirinto dei sotterranei... »
    L'espressione di Malia si piega in una smorfia di dolore nell'udire quello che il ragazzo dice. « Cazzo, il Kraken è tremendo. Non mi è capitato ma dicono che sia tostissimo. Una ragazza è morta l'altroieri... Soffocata dai tentacoli... » Sospira, affranta, per poi scuotere piano la testa. Malia ha dovuto seppellire quel corpo. Non riesce a togliersi dalla mente quei colori violacei del viso, quell'espressione disperata ancora bloccata sulla faccia. « Io sono stata inseguita dal Grifone che c'è nella Torre dell'Orologio, tipo l'altroieri. E qualche giorno fa il Platano Picchiatore aveva voglia di venirmi dietro... Sempre cose belle, insomma » scherza, con una punta d'ironia, mentre stringe le labbra in una specie di smorfia che assomiglia ad un sorriso.
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    Un altro nitrito riempie la sala. « È una fortuna, comunque, che almeno uno di noi sia in grado di vederli » dice ad un tratto, di punto in bianco, ripensando alla prima scena che ha visto una volta entrata nell'ambiente delle stalle: Pride per terra, circondato da Thestral, che puntava la bacchetta nella direzione completamente sbagliata. Se non fosse arrivata, dubita che ce l'avrebbe fatta a salvarsi, incapace di rendersi conto da che parte arrivavano gli attacchi. Sospira, piano, e si ritrova ad emettere un urlo di paura quando uno dei colpi alla porta è più forte del solito. « AAAAHHHH! » È incapace di trattenere quel grido, che si espande in quell'ambiente e sembra far incazzare le bestie ancora di più, se possibile. Prende un enorme respiro, mentre poggia una mano sul cuore e si avvicina di più a Pride, spaventata, gli occhi sono ancora fermi sulla porta. Ma che cuor di leone che sei oggi, Mals. « Credevo stesse per entrare... » si scusa in questo modo, la voce più flebile e la mano ferma sulle labbra, come a volersi imporre di non fare più rumore. Resta in silenzio ancora qualche istante, tempo in cui comincia a notare le piccole crepe che si sono formate sui cardini della porta.
    « Pride... » dice, richiamando la sua attenzione, mentre lo scuote con poca leggerezza per un braccio. « Forza, è il momento di scavalcare. » Di certo non possono rischiare in alcun modo. Si allontana dal muro e, una volta puntata la bacchetta verso il ragazzo, pronuncia un « Levicorpus! » a bassa voce, che gli permette di fluttuare a mezz'aria, fino a quando non è in grado di aggrapparsi alla cima della parete di legno, per poter scavalcare. Poi lo guarda, in attesa che faccia lo stesso con lei, prima che i Thestral riescano ad irrompere in quel cubicolo.
     
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3 replies since 26/10/2018, 20:38   112 views
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