Rebellious crown

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    « Charlotte Eleaonor Windsor. » « Sarebbe Windosor - Mountbatten, ma non devo certo dirtelo io. » Si porta la sigaretta alle labbra mentre chiude automaticamente il libro che ha di fronte con un sonoro tonfo. « Lo sai che non si può fumare qui dentro, principessa. » Solleva un sopracciglio con fare piuttosto scettica prima di sorridere infervorata da quella chiara provocazione che James Welles compie nell'atto di sfilarle la sigaretta dalle mani, facendone un lungo tiro prima di spegnerla e gettarla fuori dalla finestra. « Perché no? E' come se fossi a casa. La Biblioteca Nazionale è proprietà di Stato. E lo Stato è della nonna. » La regina. Quella nonna. Gli sorride quindi, con lo stesso scetticismo di prima, dopo avergli fatto un chiaro cenno intento a emulare il gesto di sparire. Ma James Welles non accetta quel suo invito e anzi, si siede di fronte a lei. La sala lettura in cui si trova è quasi completamente deserta. Lei dal canto suo non ha certo pensato di non farsi riconoscere, e ha dato spettacolo sin dal primo momento in cui vi ha messo piede. Un butta fuori alla porta, un'altro in un angolo della stanza, un terzo intento a pattugliare i corridoi assemblati dalle decine di librerie colme zeppe di libri. Un quarto pattuglia il corridoio su cui si trova la sala lettura. Il quinto li aspetta tutti alle macchine di stato. Era noiosa quella vita. Estremamente noiosa e sorprendentemente prevedibile. Come prevedibile era James Welles. Il capo in carica di tutti i paparazzi inglesi. Era una società segreta strana, quella dei freelancers in cerca dello scoop perfetto. Il suo passatempo preferito? Chiaramente la famiglia reale. Un'ossessione quella di James, che riusciva a divertire particolarmente Charlie, soprattutto perché, non gli aveva mai reso la vita così impossibile. Lasciarsi sfuggire i pettegolezzi sulla travagliata vita di Charlotte Windsor, era decisamente defficile, oltre ad essere lei stessa spesso e volentieri la prima a desiderare riempire le copertine pur di estrinsecare il suo desiderio indissolubile di ribellione verso la famiglia reale. « Sei poco reattiva ultimamente. » Asserisce infine James assotiggliando appena lo sguardo come se te tasse di leggere qualcosa di assolutamente indecifrabile negli occhi di lei. In tutta risposta la bionda incrocia le braccia al petto e lo fissa con scetticismo. « Magari sono andata in pensione. Oppure sto solo preparando il mio trionfale ritorno. Chi lo sa, James. Ritenta è sarai più fortunato. Sei sempre stato molto temerario. » « Impossibile. Charlotte Windsor in pensione? Non ci credo nemmeno se lo vedo. » Eppure di cose erano cambiate. Charlotte era stata costretta a mettere la testa apposto. Ormai sotto la custodia della nonna, costretta a vivere a palazzo dopo la morte del padre, il principe Andrew, con un fratello letteralmente scappato di casa, e una serie infinita di pressioni sulle spalle, aveva dovuto autoregolarsi. L'avevano ripulita di tutta la merda che le circolava nelle vene e l'avevano tenuta lontana dai guai. Più del solito. Oh, erano finiti i tempi in cui poteva avvalersi della caotica guida di Mikael Zetrov come sua guardia del corpo che avrebbe fatto carte false pur di vederla esprimersi al massimo delle sue caotiche possibilità. Ora di guardie del corpo ne aveva anche troppe, tutte relegate al muro del silenzio. Nessun tipo di interazione se non quelle strettamente necessarie. « Forse non sei stato abbastanza convincente. » Ed era piuttosto chiaro cosa intendesse. In più di un'occasione James si era mostrato piuttosto generoso affinché i suoi ragazzi avessero l'esclusiva della soffiata per primi. E Charlie, sotto profumato compenso, si era spesso resa complice di quelle soffiate, che non solo rovinavano l'immagine della famiglia reale raggiungendo il suo obiettivo, ma le permettevano anche di raccogliere sempre un bel gruzzolo sotto il materasso per i giorni neri. E di giorni neri ce ne erano. Sempre. Ogni qual volta ne combinasse una delle sue, i rubinetti si chiudevano, obbligando ad attingere ai suoi risparmi per non sfigurare mai. « O forse, tu principessa, hai qualche scheletro nell'armadio. » Non si stupiva di quell'atteggiamento. In fondo, ogni qual volta Charlie propendesse per un silenzio stampa troppo longevo, era sinonimo del fatto che qualcosa fosse effettivamente cambiato. Non aveva tuttavia voglia di parlarne. E' così, con uno sguardo apparentemente freddo, nonostante internamente si sente ampiamente disturbata e contrariata da quello che ai suoi occhi appare come un attacco personale, lascia la sedia e abbandona la sala lettura. « Ritenta e sarai più fortunato, Jamie. » Gli volta le spalle e lascia l'ambiente senza troppi rituali, seguita a pochi passi dalle proprie guardie. Li sente parlare a bassa voce, nei loro fottuti microfonini celati dai colletti bianchi. Si sta muovendo, sussurra uno di loro. Gira a sinistra. Gira a destra. Si dirige verso la sezione archeologia. Sta raggiungendo l'ala Est. Controllare il via libera. Un gergo che non capisce in tutto e per tutto e la snerva anche. E' convinta le abbiano dato anche un nome in codice; ma se gliel'hanno dato, di certo a lei non l'hanno mai voluto dire. Infine è pronta varcare la porta del bagno delle donne, quando una delle scimmie, si appresta a seguirla. « Davvero? Vuoi entrare con me nel bagno delle donne? E cosa mi potrebbe mai accadere di preciso? Cadere nel water? Impiccarmi con la carta igienica? » Lo scimmione la guarda interdetto, prima di chiederle di attendere. Controlla l'effettiva messa in sicurezza del bagno prima di invitarla a entrare, posizionandosi di fronte all'entrata. La bionda dal canto suo alza gli occhi al cielo e sospira e, una volta chiusasi la porta alle spalle, inizia a guardarsi attorno. Le ampie finestre del bagno in stile vittoriano si affaccia direttamente sul cortile interno. Si trova al primo piano. In tutta fretta apre la finestra e guarda in basso. Chiaramente non a la bacchetta con sé, e si maledice anche solo per aver concesso a sua nonna di lasciare che le guardie gliel'ha requisissero ogni qual volta si trovassero in un campo abbastanza aperto da permetterle di evadere. Non era mai uno scappare che durava alla lunga. Ma era sufficiente perché Charlie combinasse una delle sue. Proprio in quel momento, non poco lontano osserva un ragazzo trovatosi lì in solitaria per puro caso. E allora capisce che è tempo di chiedere assistenza.
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    « Ehi! Pst! Tu! » Sussurra in tono ovattato seppur abbastanza forte da potersi estendere verso l'esterno. « Mi dai una mano? » E senza attendere ulteriormente, getta a terra ai suoi piedi la propria borsa e i tacchi vertiginosi, per poi scavalcare la finestra, cercando appoggio nell'edera che si ramifica su tutta la parete. Il tubo di scarico è un ottimo alleato per cercare appoggio nella discesa, ma nonostante ciò, ogni tanto si guarda all'indietro. Giunta quasi a metà del percorso tuttavia perde la sostanza di appigli e così, presa un po' dal panico, perdere la presa sulla situazione e cade a terra, letteralmente sul ragazzo atterrandolo. Rotola sul un fianco per poi rimanere distesa sull'erba fissando il cielo. « Ottima presa eroe. » Si accende una sigaretta dopo aver recuperato la borsa e inizia a guardarsi attorno. Non fa caso né a chi lui sia, né al fatto che potrebbe aver interrotto qualche importante rituale di lui. D'altronde si sa, Charlie è nata con la convinzione che tutto le spetta e che i suoi desideri e bisogno sono più importanti da quelli degli altri. Non lo fa per cattiveria; è la naturale reazione di chi vive al centro dell'attenzione da quando ha memoria. « Conosci per caso una via di uscita da qui dentro senza passare per la porta principale? » Perché di fronte al cancello principale avrebbe trovato la scorta, è sinceramente, una volta concluso che avesse bisogno di qualche ora di libertà senza le scimmie, di certo non si sarebbe fatta beccare, prima ancora di aver conquistato la sua ora d'aria. Alla fine si rialza in piedi, pronta a indossare di nuovo le sue Jimmy Cho. Allunga la mano in direzione del ragazzo con noncuranza e si presenta. « Charlie. » Attende con la tipica eleganza reale la stretta della sua mano prima di inclinare la testa pronta a osservarlo con la solita cura indagatrice che usa nell'approcciarsi a nuove persone. « E tu sei..? »

     
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  2. Pride Jericho Faulkner
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    Era nato con una malformazione di carattere tale per cui ciò che per gli altri era regola per lui sfiorava l'eccezione. Sua madre aveva messo al mondo un contenitore di rabbia, creato a regola d'arte affinché dall'esterno non sembrasse altro che quello. Non passava giorno in cui Pride non provasse ira, per cause fuorché illogiche era spinto ai limiti della calma, quasi il suo magnetismo corporeo lo trascinasse verso quello stato d'animo. Non v'era una ragione precisa per la quale dove prima abitava la tranquillità poco dopo giungeva la rabbia, era semplicemente fatto a quel modo e non aveva mai cercato di manipolare quei suoi lati di sé. In realtà, Pride non considerava affatto il suo carattere come un ostacolo, dopotutto non era una persona dedita alla conoscenza di altre persone, non gli pesava cosa gli altri pensassero davvero di lui. Che dicessero pure quel che volevano! Era convinto, nella sua mente di giovane, che non avrebbe trovato nella fratellanza la sua ragione di vita, perciò aveva rifuggito il contatto umano quasi quanto si scappa dalla malattia. Ci era riuscito quasi sempre, salvo rare occasioni in cui la parola gli era stata imposta per obbligo e circostanza, tuttavia pareva quasi che in quei tempi il mondo gli volesse giocare degli scherzi. Ma se la casualità aveva deciso per lui che fosse uomo di mondo, lui si sarebbe fatto giocatore d'anticipo, accettando la sfida. Del resto come membro della famiglia Faulkner le regole del caos non potevano in alcun modo essere eluse.
    Non era raro vederlo girovagare tra biblioteche e librerie. Quel giorno doveva cercare un vecchio tomo di filosofia, aveva scoperto che la biblioteca nazionale ne conservava un esemplare, per quel motivo camminava con lo sguardo alto e il cipiglio sicuro, finché dal cielo non gli giunse una voce. « Ehi! Pst! Tu! » Pride alzò lo sguardo, conscio che per l'ennesima volta le regole del caos avevano colpito la sua tranquillità e in quel momento percepì il formicolio delle dita che si stringevano rabbiose « Mi dai una mano? » Trovò gli occhi della principessa Charlotte ad attenderlo. La ragazza, intrepida nonostante i tacchi, stava tentando di scavalcare la finestra vittoriana che dava sul cortile della biblioteca. Furono una borsa e dei tacchi a rotolare per terra, seguiti dalla figura flessuosa di una giovane che appariva tanto brava a fuggire da qualsiasi situazione. il ragazzo dapprima spaesato, allungò una mano per facilitare la discesa della Windosor, aggrappata all'edera che ramificava sulla parete. Tutto gli era capitato fuorché quello, non che ci fossero state troppe occasioni per dare aiuto a una fuggiasca in cerca di una via d'uscita sicura. « Il defenestramento è il tuo sport nazionale? Sembri fin troppo brava nel praticarlo » Asserì mentre la giovane bionda continuava imperterrita nella sua discesa. Checché se ne dicesse, nel suo cinismo, Pride era perfettamente in grado di dare aria alla bocca, soprattutto quando si trattava di commenti al vetriolo o sarcastici, non era un caso che risultasse antipatico a molti dei suoi coetanei, tra i quali non poteva che essere annoverato il giovane Percy, brillante aspirante auror dai capelli biondi, sempre in cerca di attenzione. Se c'era una cosa che gli riusciva benissimo era smontare l'ego delle persone, forse perché inserire un po' di disturbo e caos all'interno di certezze e pensieri non era altro che uno dei compiti di un agente del caos. « Vai, vai, metti un piede proprio lì...No, non in quel punto, più a destra. Ok, ora scendi di qualche centimetro, troverai un ramo abbastanza solido poco sotto...no, non quello, se ti appoggi lì l'edera non terrà! non quello! NON...» Il rumore di due corpi che si scontrano avrebbe fatto voltare qualsiasi frequentatore del chiostro, silenzioso in quella giornata di fine Ottobre. I due giovani caddero nell'erba, l'una sopra l'altro, provocando nel petto del ragazzo un suono di esasperazione. Si era trattata di una caduta innocua, salvo per la testa del giovane, poggiata sul manto erboso a pochi centimetri da un tacco 12 affilato quanto un coltello. « Ottima presa eroe. »
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    La bionda rotolò lontana da lui visibilmente soddisfatta della situazione, al contrario Pride rimase immobile, aprendo gli occhi e assaporando la vista delle nuvole, incorniciate dal chiostro della biblioteca: quasi si trattasse di un quadro, in quell'esatta posizione portò la mano alla tasca della giacca, estraendone una sigaretta e l'accendino, in seguitò aspirò, lasciando che il fumo gli invadesse la carotide. Durante i mesi di lockdown non aveva mai dimenticato quel sapore, tanto è vero che ne aveva sognato persino l'acre consistenza. Non rispose alle parole della giovane, convinto che la situazione si fosse conclusa a quel modo, fu ancora lei a interrompere il silenzio, costringendo Pride a guardarla un'altra volta « Conosci per caso una via di uscita da qui dentro senza passare per la porta principale? » Fu un sorriso opportunista quello che si disegnò sulle labbra dell'agente del caos. Una domanda posta a quel modo, dalla persona giusta poteva aprire infinite porte e, allo stesso tempo, condurre alla perdizione più totale. Che quel giovane cercasse di sfruttare ogni opportunità gli si ponesse sul cammino non era affatto una stranezza, quasi quanto fosse un giovane Tremotino, Pride inspirò un altro po' di denso fumo e poi lasciò che grigia nebbia si propagasse dalle sue labbra « Di uscite ce ne sono due, ma non mostro i miei segreti senza aver ricevuto qualcosa in cambio. Una volta dato a qualcuno le chiavi dei luoghi più silenziosi della biblioteca è probabile che questi diventino troppo affollati » Fu con uno scatto che si mise in piedi, rivolgendo alla Windosor l'ennesimo sorriso « Fammi entrare nella sezione magica della biblioteca reale poi ne possiamo parlare, non mi sembra una grande richiesta la mia » morse il labbro perché, in fondo, era davvero una minima pretesa la sua. Del resto i passaggi segreti che aveva scovato durante le innumerevoli giornate in biblioteca erano diventati quasi un rifugio quando troppe persone affollavano le sale studio. Pride preferiva la compagnia del vento e dell'umidità a quella delle persone. La giovane bionda allungò una mano per presentarsi e per tutta risposta ricevette la mano dell'orgoglio « Pride », non lasciò che dalla sua bocca fuoriuscissero osservazioni quali: Io so già che sei, oppure è difficile non conoscere il tuo nome, del resto aveva già dimostrato di sapere alla perfezione quale fosse la provenienza di Charlie. « Chi c'è dall'altra parte ad aspettarti? Così se avremo un accordo potrò sempre capire quale delle due strade prendere, temo che una delle due sia stata utilizzata a fine '800 dalla corona inglese, per questo motivo è ancora tracciata come uscita d'emergenza. Se invece stai scappando da un ragazzo non ci sono problemi, possiamo imboccare qualsiasi vicolo ci vada a genio »
     
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    Una volta riacquistato il proprio equilibrio, Charlie ha finalmente l'occasione di rendersi conto con chi ha a che fare. Ricorda vagamente il suo volto, ed è certa di averlo già visto. A dirla tutta non ricorda il suo nome; è sempre stata pessima con i nomi, oppure le hanno insegnato che esserlo fosse parte integrante del suo ruolo. Ma nonostante ciò è certa di averlo visto, e sa anche dove. Hogwarts. Nonostante si sia diplomata già da un anno, non potrebbe dirsi già in grado di dimenticare le facce con cui ha condiviso parte dei propri anni di scuola. Quei riccioli ribelli, tra l'altro, è certa abbiano attirato l'attenzione di più di una sua compagna. Questo giovane rampollo passava per il corridoio e al suo passaggio qualche risolino di troppo scattava sempre. Charlie dal canto suo ha sempre alzato gli occhi al cielo di fronte a quelle sciocche attenzioni delle proprie compagne. D'altronde, se una cosa la si vuole davvero, ammirare l'oggetto del proprio desiderio dal lontano, era patetico, oltre che del tutto inutile. Ignora tuttavia quel rammentare ricordi che ormai non fanno più parte del suo circolo di interessi imminenti e si concentra sulle sue priorità più imminenti. Uscire da lì dentro senza allertare le sue guardie, che probabilmente, a onor del vero si metteranno in moto non appena non darà segni di vita nel giro di pochi minuti. Intuiranno che sono scappata. D'altronde, a questi mezzucci sono abituati. Ma a Charlie non interessa. Non interessa quanto rende difficile guadagnarsi il pane a quei poveracci che la seguono religiosamente ovunque vada. « Di uscite ce ne sono due, ma non mostro i miei segreti senza aver ricevuto qualcosa in cambio. Una volta dato a qualcuno le chiavi dei luoghi più silenziosi della biblioteca è probabile che questi diventino troppo affollati » Oh abbiamo un approfittatore seriale. La cosa sembra intrigarla, a tal punto che accenna un sorriso mentre incrocia le braccia al petto, sollevando il mento a mo di sfida. Gli fa quindi cenno di parlare, perché capisce di essere di fronte a una persona tutto sommato interessante. Molti vanno in un bagno di giugiole al cospetto di una principessa. Quindi, che lui la riconosca o meno, di certo non sembra essere così debole da essere impressionato da una bella ragazza. « Fammi entrare nella sezione magica della biblioteca reale poi ne possiamo parlare, non mi sembra una grande richiesta la mia » Comprese allora la giovane Charlotte di trovarsi di fronte a un giocatore esperto. Non riusciva a comprendere quale fosse il suo interesse nei confronti di quegli antichi mattoni; di certo a lei non hanno mai suscitato particolare interesse, ma se è questo il prezzo che deve pagare, sembra piuttosto pronta a pagarlo. Solleva un sopracciglio con fare divertito. « Vuoi entrare a Buckingham Palace.. » Non era certo il primo e non sarebbe stato nemmeno l'ultimo. Ma quell'assunzione non venne esalata né con implicito oltraggio, né come una forma di presa in giro. Era sinceramente intrigata dalla sua ambizione, soprattutto perché, gran parte delle aree del palazzo reale erano chiaramente chiuse ai visitatori. « Pride » Pride, l'ex compagno che sa giocarsi bene le proprie carte. La giovane annuì, conscia del fatto che questa volta sarebbe stato più difficile dimenticarsi il suo nome, semplicemente perché, quel suo giocarsi l'asso nella manica le aveva appena fatto conquistare la curiosità della principessa. « Eri a Hogwarts vero? Non in Serpeverde.. » Sarebbe molto più difficile che mi scordassi di te se lo fossi. Anche se di certo, il suo atteggiamento ben si ascriveva nei connotati tipici dei rampolli di Salazar. Difficilmente l'avrebbe ascritto tra i Grifondoro, ancor meno tra i Tassorosso. La scelta era piuttosto ovvia su quali fossero i suoi quartieri prima del diploma. Ma in fondo, non poteva esserne sicura; ci sono studenti davvero atipici in ciascuna casata e nessuno di quegli stemmi è davvero unanime. Se tuttavia, in linea di massima si trovava di fronte a un Corvonero, uno piuttosto astuto, Charlie, si annotò mentalmente di restare molto in guardia in merito. Non c'è niente di peggiore di un Corvonero molto furbo. « Chi c'è dall'altra parte ad aspettarti? Così se avremo un accordo potrò sempre capire quale delle due strade prendere, temo che una delle due sia stata utilizzata a fine '800 dalla corona inglese, per questo motivo è ancora tracciata come uscita d'emergenza. Se invece stai scappando da un ragazzo non ci sono problemi, possiamo imboccare qualsiasi vicolo ci vada a genio » Si guarda per un istante attorno, fino a individuare un porticato leggermente più celato agli occhi dei curiosi e soprattutto protetto da eventuali sguardi indiscreti provenienti dall'alto. Se le guardi li avessero scorti dalle finestre più in alto del complesso tutto quel piano di fugga sarebbe stato del tutto inutile. « Dentro ce ne sono tre. » Ma non è questo ciò che mi hai chiesto. Tuttavia si sente di dargli quell'ulteriore informazione per metterlo in guardia del fatto che nell'edificio ce ne potrebbero essere altri, oltre a quelli già pronti al volante delle due macchine della scorta. « Fuori ce ne sono altri due al volante dei due suv della scorta. Di solito uno si posiziona al cancello principale. L'altro attende all'uscita sul retro. » In caso di emergenza. E questo è tutto ciò che sa. Non conosce nello specifico i piani di uscita di emergenza delle sue guardie. Non sa cosa fanno in caso di imprevisti e non sa fino a dove sono disposti a spingersi pur di consegnarla a casa sana e salva. Infine sospira e si volta nella sua direzione inclinando appena la testa di lato. Lo osserva dalla testa ai piedi senza particolare ritegno. « Ho delle commissioni da sbrigare al centro, ma sono cose private. Se mi aiuti quanto meno a prendere il primo taxi utile e perdere le mie tracce per qualche ora, il palazzo reale te lo mostrerò da cima a fondo. » Rilancia Charlie, perché sa che qualche incentivo in più non fa altro che spronare ulteriormente la volontà delle persone. « E prometto di evitare il giro turistico. » Un leggero sorriso prima di stringersi nelle spalle. « Se ci stai, fammi pure strada. »
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    Non sa in realtà cosa abbia in mente, ma in fondo Charlie è il tipo di persona che si fida ben più volentieri degli estranei piuttosto che di chiunque abbia conosciuto sin da una fragile età. E' così; nascere e vivere in un ambiente come il suo fa schifo. Si è sempre controllati. Non si ha un attimo di privacy. Il più delle volte è quasi necessario annullarsi pur di non nuocere in termini di visibilità e immagine pubblica alla propria famiglia. « Come mai tutto questo interesse per la biblioteca reale? Voglio dire.. è solo un enorme posto buio pieno di enormi mattoni che sanno di muffa. » Decisamente un modo riduttivo per descrivere una delle biblioteche più forbite del mondo. Per Charlie tuttavia, in tutto ciò non c'era niente di interessante. Si sedeva in poltrone confezionante quattrocento anni prima, solo per fumarsi la sua cannetta pomeridiana. Non aveva un grande rispetto per la storia, e tanto meno per coloro che l'aveva preceduta. « Se sei uno di quei tipi molto secchioni, l'affare salta. Più di dover ammettere che ho bisogno di aiuto per prendere un taxi, odio solo i secchioni. » Ed essere aiutata da un secchione. Anche se in fondo, doveva ammetterlo, Charlie, che se Pride lo era, non ne aveva certo l'aspetto.
     
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  4. Pride Jericho Faulkner
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    Il suo compagno di stanza aveva delimitato gli spazi della camera perché aveva paura del nulla. All’angolo dove trovava luogo la scrivania era adibita la funzione di studio, ai letti il dormire, al bagno corrispondevano i pianti, alla finestra le speranze. Un microcosmo di regole al quale il giovane Faulker guardava con sdegno. Non provava che riluttanza per quei luoghi pregni di sostanza: traboccavano linearità e norme, concetti dai quali era solito rifuggire. C’era disperazione nei gesti del compagno e una volontà ferrea di dar definizione al mondo, cosa che, nella mente del Corvonero, appariva una disfunzione.
    Pride non si saziava di regole, né considerava l’ordine una categoria naturale: non esisteva in natura un evento che si riproponesse identico ad ogni ciclo vitale, persino la materia immobile mutava composizione, di volta in volta. Più un luogo si vestiva di norme, meno era agibile per uno come lui, che si faceva garante di disordine e scostanza. Era strano Pride, indefinibile come la forma dell’acqua, pronta a mutare per essere contenuta. L’orgoglio era fatto a quel modo, camaleontico quanto le sostanze liquide: e dove un giorno appariva inarrivabile, v’erano giorni in cui la lingua correva rapida, pronta a sfruttare i fatti del caso a suo vantaggio. Era invero pragmatico e astuto, qualità che non era bastata perché il cappello lo desse in pasto alle serpi, in lui l’astuzia era seguace della curiosità, mai avvezza all’amicizia se non in rari e maldestri casi. Ecco allora che mostrava affabilità alla giovane fanciulla serpeverde « Vuoi entrare a Buckingham Palace.. » chiedeva lei e lui, per tutta risposta sorrideva furbo, quasi come fosse stato progenie della volpe. Il caso per lui equivaleva al destino: era stato educato a cogliere le opportunità che il mondo era avvezzo offrirgli, ecco che allora si districava per mostrarsi come era giusto essere in ogni istante: come l’acqua quando intrappolata. « Eri a Hogwarts vero? Non in Serpeverde. » No per quello provava orgoglio: avrebbe preferito essere tutto fuorché rientrare nei canoni della casata Serpeverde, e non perché provasse sdegno per i dettami di Salazar, ma perché tra i Corvonero non doveva rendere conto a nessuno. « Sono stato smistato tra i Corvonero » per mia fortuna.
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    Ne conseguì che la giovane fosse stata una Serpeverde, una Serpeverde dalla fisionomia ben impressa nella mente di Faulkner. Non v’era mai stato in lui interesse per la famiglia reale, non era una di quelle persone che poteva dire di “essere cresciuto insieme alla figlia dei Windsor”, al contrario se ricordava Charlie lo faceva perché la sua crociata contro i protocolli gli ricordava se stesso. Con gli occhi che seguivano quelli della bionda, Pride lanciò uno sguardo alla finestra della biblioteca, spostandosi poi insieme alla ragazza sotto i portici, dove non una persona li avrebbe identificati, non se si fossero mossi rapidamente. « Dentro ce ne sono tre. » Non fece a tempo a chiedersi quali fossero i soggetti di quel numero perché la risposta giunse rapida e ben strutturata, dalle labbra succose della bionda « Fuori ce ne sono altri due al volante dei due suv della scorta. Di solito uno si posiziona al cancello principale. L'altro attende all'uscita sul retro. » Charlie Windosor viveva in una prigione di cristallo, pensò, fatta di pietre meravigliose, ma truffaldine, non osava immaginare come fosse la vita a palazzo, né cosa si provasse ad essere visto come l’usignolo rinchiuso in una gabbia dorata. Di tutta la situazione reale, Pride non vedeva che costrizioni e norme: proprio quello da cui lui era solito fuggire. « E dimmi, lo fanno per la tua sicurezza o per la bella faccia della corona? » Era schietto, tagliente tanto da poter recare danno, ma a quel modo aveva tenuto lontano tutti, persino i più testardi. « Ho delle commissioni da sbrigare al centro, ma sono cose private. Se mi aiuti quanto meno a prendere il primo taxi utile e perdere le mie tracce per qualche ora, il palazzo reale te lo mostrerò da cima a fondo. » Erano giunti a un accordo che avrebbe giovato a entrambi e per questo si morse serafico il labbro, per poi prendere l’ennesimo tiro di sigaretta. « Se ci stai, fammi pure strada. » Si mosse rapido, mentre Charlie si stringeva nelle spalle, così iniziarono le danze. Sarebbero dovuti passare dalla sala dedicata ai saggi di filosofia, tra tutte una delle meno frequentate della biblioteca, insieme a quella dedicata ai testi in lingua russa.
    Fece strada, imboccando la porta che dava sul chiostro e iniziò a salire le scale, diretto verso la piccola saletta dagli scaffali in legno scuro. « Perché nasconde delle verità che in altri luoghi non potrebbero essere fruibili » tagliò corto lui, non v’era spiegazione all’infuori di quella: la biblioteca di Buckingham Palace conservava alcuni volumi unici appartenuti a importanti maghi delle prime dinastie purosangue del mondo magico. Lui, che di letture e scienza si nutriva, non desiderava altro che avvicinarsi a ciò per cui stava studiando, un posto tra gli uomini più inconsistenti del mondo magico: gli indicibili. « Se sei uno di quei tipi molto secchioni, l'affare salta. Più di dover ammettere che ho bisogno di aiuto per prendere un taxi, odio solo i secchioni. » un punto per la giovane reginetta del ballo! « Non posso essere io a definirmi a quel modo » rispose a denti stretti, superando un piccolo gruppo di studenti che sostava nel corridoio. In quel momento si trovavano nel piccolo passaggio che dava sulle sale studio, ognuna dedicata a un reale diverso. « Temo, comunque, che tu non abbia grandi alternative, non so se hai notato anche tu l’energumeno lì in fondo » lesto la fece entrare in una delle salette fatte di velluto rosso e mobili antichi, là dove l’uomo dal completo scuro e l’auricolare nell’orecchio non li avrebbe visti. Se c’era una cosa che Pride non voleva era finire nelle grinfie di uno di quei bodyguard o, peggio, essere gettato tra le braccia della stampa, su di quello ci teneva particolarmente, soprattutto perché era riuscito a sopravvivere indenne allo Shame e non voleva certo iniziare in quel momento. « Dobbiamo arrivare alla fine di quel corridoio, proprio dove si è piazzato il tuo amico » perché le cose non potevano mai essere facili. Ci pensò un po’ e poi diede un’occhiata alla ragazza « Dubito che riusciremo a trovare una tua controfigura, una ragazza magra come te non la si trova così facilmente! Hai deciso che le cose facili non ti piacciono, non è vero Windosor? » C’era sfida in quel tono e la voglia di scoprire cosa si nascondesse dietro quel velo che Charlie si portava sempre addosso. Pride la guardava e pensava a una soluzione, desiderava ardentemente entrare nella biblioteca di palazzo, per quel motivo ci teneva che lei uscisse indenne e inosservata dalla biblioteca, sebbene la cosa non fosse affatto facile, andare in giro con lei equivaleva ad avere gli occhi addosso sempre. « Hai con te il cellulare? » Dal sorriso diabolico che gli si disegnò sulle labbra si capì che qualcosa gli era balzato in mente, non esitò quindi ad esporle il suo piano, facendo in modo che il suo tono fosse sottile quanto un filo di vento. « Se io chiamassi con il tuo cellulare una delle tue guardie, dicendo di aver trovato il telefono nel cestino giù nei giardini tutti si muoverebbero verso quell’ala, giusto? » sperava che fossero così stupidi da lasciare scoperti gli interni. Avrebbero potuto chiudere la porta della sala, all’interno della quale si trovavano solo loro e contattare i bodyguard, solo dopo quel momento avrebbero potuto filare verso la via di salvezza.



    Edited by [ Pars destruens ] - 25/11/2018, 16:30
     
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    « Sono stato smistato tra i Corvonero » Din din din. Tutto si poteva dire su Charlotte Windsor tranne che non avesse un leggero ascendente nel leggere le persone. Pride era decisamente spigliato, e aveva una non indifferente curiosità verso le cose che non conosceva, soprattutto se queste potessero colmare in qualche modo le sue lacune. Un atteggiamento tipicamente da Corvonero. Il Capello Parlante non sbaglia mai, e se è vero per Pride, Charlie dimostrerà ben presto che anche su di lei, il vecchiaccio non si è sbagliato affatto. « Lieta di sapere che non ho ancora perso il mio tocco. Ci avrei scommesso che sei cresciuto nella torre più fredda del castello. » Un'affermazione che non aveva né un doppio significato, né una frecciatina di sottofondo. Una semplice constatazione che sembrava calzare molto bene addosso al ragazzo con cui si stava interfacciando e che tutto sommato sembrava stuzzicare la sua curiosità. Charlie è scappata tante volte dalle guardie. In quello aveva sviluppato quasi un sesto senso. In un modo o nell'altro ci riusciva sempre. Se voleva davvero una cosa, era in grado di ingegnarsi fino allo sfinimento. Non a caso, uno dei suoi più cari amici, Percy Watson, le disse una volta che, se si fosse ingegnata anche solo un decimo per le questioni scolastiche di quanto facesse con le cose che le stavano a cuore - e per inciso le infamate di prima categoria - non solo non avrebbe passato l'anno per un pelo, ma si sarebbe anche distinta all'interno della sua casata. Eppure, Charlie preferiva attenersi al suo ruolo di ragazza superficiale; quello si aspettavano da lei, e di certo non avrebbe disatteso tali premurose aspettative solo per saziare il proprio ego con successi di cui comunque non sembrava essere particolarmente interessata a raggiungere. « E dimmi, lo fanno per la tua sicurezza o per la bella faccia della corona? » Una domanda quella che la porta a volgere lo sguardo verso il cielo, quasi come se meditasse una risposta. Il dilemma - rispondergli in maniera sincera, oppure minimizzare il problema. « Alla corona importa solo della corona. » Si sente di dire con apparente freddezza, seppur quella frase nasconda un velo di verità difficile da comprendere per chiunque sia vissuto all'esterno di quel mondo. Scuote la testa come risvegliandosi da un istantaneo torpore, per poi sorridere appena. « Ma è reciproco, visto che anche a me importa solo di me stessa. » Oh sì; la ragazza superficiale sapeva farla alla perfezione, seppur, chiunque la conoscesse a sufficienza sapeva ormai da tempo che non era propriamente così. Il problema di Charlie proprio che di certe cose e persone le importava sin troppo. Metteva troppo a cuore certe situazioni, al punto da rimanerne estremamente delusa quando non andavano secondo i suoi piani. Infine tuttavia, con grande sollievo della giovane principessa, il discorso viene archiviato, e sono finalmente pronti a procedere. Charlie lo segue, e ad ogni passo, un sorriso divertito si allarga sul suo viso. Si sente come in uno di quei film di spionaggio. James Bond è uno dei preferiti di sua nonna, per questo motivo li conosce alla perfezione, e ora, in tutta risposta il tema principale dei film sembra ronzarle in testa con il risultato ultimo di una risata sommessa di tanto in tanto. « Perché nasconde delle verità che in altri luoghi non potrebbero essere fruibili » Si fa seria solo quando il ragazzo decide finalmente di condividere con lei il motivo di così tanto impegno per entrare nella sezione magica di Buckingham. « Verità.. scema io a pensare che a Buckingham si potesse trovare qualunque cosa, tranne qualcosa di vero. » Cinica e caustica, si stringe nelle spalle senza nemmeno tentare di ritrattare le sue affermazioni. Che Charlie avesse poco rispetto per le istituzioni, lo dimostrava il suo continuo cercare di sfuggire loro. Il suo continuo gettare la famiglia reale su riviste di scandalo le avevano fatto conquistare il titolo della più scandalosa. Prima c'è stato Henry, ora è il mio turno. Ma mentre il cugino lo faceva semplicemente perché d'indole decisamente esagitata, Charlie lo faceva apposta. « Non posso essere io a definirmi a quel modo. Temo, comunque, che tu non abbia grandi alternative, non so se hai notato anche tu l’energumeno lì in fondo » E lì si ferma, in preda al panico, sgranando gli occhi. Le iridi si precipitano a incontrare quelle del compagno di avventure mentre assieme svoltano all'interno di una delle sale di lettura lungo il corridoio in cui si trovano. Bloccati pensa mentre sbuffa pesantemente passando si le dita tra i capelli di grano. Non si sarebbe certo aspettata un'impresa facile, ma così è ridicolo, perchè in fondo si sente come se Pride l'avesse attirata dritta dritta tra le fauci della belva. « Dobbiamo arrivare alla fine di quel corridoio, proprio dove si è piazzato il tuo amico. Dubito che riusciremo a trovare una tua controfigura, una ragazza magra come te non la si trova così facilmente! Hai deciso che le cose facili non ti piacciono, non è vero Windosor? » Alza gli occhi al cielo prima di stringersi nelle spalle pronta a chiudere quella faccenda. Hai perso Pride, non se ne fa più niente. « Oh tesoro, benvenuto nel mio mondo. » Nulla è semplice non appena si entra in collisione con Charlotte Windsor. Non è solo una questione di gestione delle questioni più pratiche ma di un universo visto in tutta la sua interezza che tende ad elevare persino situazioni semplici a situazioni di inimmaginabile difficoltà. « Hai con te il cellulare? Se io chiamassi con il tuo cellulare una delle tue guardie, dicendo di aver trovato il telefono nel cestino giù nei giardini tutti si muoverebbero verso quell’ala, giusto? » In tutta risposta, la bionda scuote la testa sconsolata tirando fuori il cellulare dalla borsetta. Spento. « Mi dispiace rovinare i tuoi piani di gloria, genio, ma è geolocalizzato. Ho dovuto spegnerlo prima di saltare giù da quella finestra. » Ed ecco ciò che intendeva quando diceva che persino le questioni più facili tendono a ingrandirsi oltremodo. La gabbia dorata di Charlie era fatta di regole ben precise e un'impalcatura di solide convinzioni che difficilmente sarebbero state sdoganato. La sua vita era controllata nei minimi particolari. A quel punto scuote la testa e si appoggia contro il muro fino a scivolare giù seduta a terra con le ginocchia incollate al petto. « Shhhhhhh! La volete smettere con questo chiasso? » Il sussurro proviene da dietro alcuni scaffali in fondo alla sala. Lo sguardo di Charlie saetta in quello di Pride prima di alzarsi in piedi raggiungendo il punto da cui ha sentito provenire la voce. Un ragazzo piuttosto minuto, affoga tra due pile di libri seduto a terra, probabilmente alla ricerca della giusta pace per condurre le proprie ricerche.
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    Resta a fissarlo per qualche istante prima che un sorriso decisamente ambiguo si scagli sulle sue labbra. Capiti al momento giusto, faccia d'angelo. « Pride? Credo che abbiamo appena vinto alla lotteria. » In assenza di una bacchetta, si avvicina all'orecchio del Corvonero sussurrandogli poche parole. « Ti fidi se ti dico che stordirlo sarà il nostro biglietto di uscita? »

    Gli occhi chiari della principessa stanno fissando il malcapitato da un paio di minuti. Se anche Pride avesse tentato di parlare, Charlie era entrata come in una forma di trance, tentando di sintetizzare il più velocemente possibile le caratteristiche sommarie del ragazzo. Ogni tanto assottiglia lo sguardo, altre volte inclina la testa, e alla fine esordisce con un « Ok, ce l'ho. » E nel dire ciò si rialza in piedi, togliendosi la giacca e abbassandosi la zip del vestito, pronta a toglierselo. « Passami i suoi vestiti. » Dice man mano che si libera dei propri, iniziando col gettare i propri in un angolo accanto al malcapitato. Si infila i pantaloni di lui decisamente troppo larghi, poi la camicia e infine la giacca e le scarpe. E poi chiude gli occhi. Un po' alla volta i suoi tratti mutano; i capelli si accorciano, diventa più alta, la pelle chiara si scurisce appena e i tratti tipicamente femminili mutano fino ad assumere tratti prettamente maschili. E' una trasformazione sommaria, non prettamente fedele. Charlie è un metamorfomagus che ha passato molto tempo a studiare le proprie capacità, ma nonostante ciò ha bisogno di analisi ben più accurate per poter assumere appieno i lineamenti di qualcun altro. Tuttavia, per il loro proposito, lo sforzo piuttosto approssimativo va più che bene. I capelli non sono di colore giusto, e probabilmente nemmeno della consistenza ideale, gli occhi sono i propri, e il naso e decisamente meno pronunciato di quello del ragazzo. La peluria tipicamente maschile se l'è risparmiata. « Non è ideale, ma può andare. » Asserisce stringendosi nelle spalle, mentre si rende conto che anche le proporzioni di quella trasformazione non sono perfette. I vestiti le stanno ancora piuttosto larghi, ma quanto meno non rischia di vedersi cadere i pantaloni in corridoio ed esporre la propria biancheria di pizzo, che chiaramente apparirebbe se non sospetta quanto meno decisamente ridicola. « Così non dovremmo più avere problemi, ma come ben puoi sentire.. non potrò parlare, quindi non farmi ridere.. e non obbligarmi a ribattere a qualche osservazione troppo scaltra. » E' tutto strano. Quella voce acuta e decisamente dal tono elegante, sul corpo di un ragazzetto che ha tutta l'aria di un nerd di prima categoria, ha un gusto quasi tragicomico. « Oh.. aspetta.. » E dicendo ciò afferra il portafoglio del poveretto, ripulendolo di tutti i soldi che ha appresso. Non può usare nemmeno la carta di credito per ovvie ragioni. Si impossessa anche del suo cellulare e della tessera della metro per ogni eventualità. In cambio, ripiega accanto a lui, il proprio vestito posandovi accanto le scarpe. « Se è abbastanza intelligente, guadagnerà dieci volte più di quanto ha perso. » Nessun senso di colpa insomma. E dopo essersi passata le mani tra i capelli corti di Thomas Kingston, nome che legge sulla tessera della metro, allarga appena le braccia e gli sorride. « Se non ti ho ancora traumatizzato a vita, continua pure a farmi strada. » Perché in fondo abbiamo iniziato questa avventura insieme. E' giusto andare fino in fondo, sempre se lo vuoi.

     
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