stalker mode

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  1. kween bee
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    « Ma stai scherzando? » Sbraita Trixie, lo sguardo di ghiaccio che va a piantarsi sul povero malcapitato in questione. In questo caso -come tutti i casi- Elliot, ovviamente. Il disgraziato si trova lì, con i pollici a rigirare tra loro e lo sguardo fisso sulle punte delle proprie scarpe, a boccheggiare senza che però fuoriesca un solo suono dalla sua bocca. « Cioè tu mi stai dicendo che Lucien ti ha dato una cosa per Maze e tu..L'hai persa? Ad Hogsmeade? In mezzo al caos generale di scuola e università? » « Ahm.. » « Rispondi, Elliot, almeno abbi la decenza di farlo. » « Beh..sì. » « MA STAI MALE? E me lo dici pure?! » Squittisce, acuta come non mai, tanto da far rigirare verso di lei un buon numero di studenti presenti in sala grande. Le lanciano sguardi confusi, e lei ricambia incenerendoli, uno per uno. Poi si rigira, resta per qualche minuto ferma a ragionare sul da farsi, ed infine si alza, improvvisamente, con così tanto impeto che per poco non fa precipitare le poverine che le si erano sedute accanto. Fanno per dire qualcosa, ma alla fine basta loro guardarla in faccia, per evitare di aprir bocca. Oh sì sono pazza. Meglio che non parlate. Pensa la Grifondoro, lo sguardo assottigliato, mentre si rigira con i pugni chiusi, impettita come non mai, per uscire dalla sala grande. Ha imparato, dopotutto, che ormai della propria reputazione non gliene frega più un cazzo. Non può fregargliene di qualcosa che, in fondo, non esiste più. Conduce quell'esistenza sotto le spoglie di un'altra persona, e qualsiasi cosa faccia, alla fine dei conti, è alla bonanima di Ariadne Silente che tutti la riconducono. Una situazione, quella, che in un primo momento le era sembrato facile tenere a bada. Ricominciare da zero, così come aveva fatto Maze. Mettere un punto su tutto ciò che era stato, tutto il male che aveva passato, e riprendere una vita ritrovata, nuova, pulita. Allettante a prima vista, davvero, ma dannatamente difficile ad una seconda occhiata. Trixie, dopotutto, è sempre stata dotata di una mente piuttosto semplice. Le cose complesse non l'avevano mai interessata perchè, dopotutto, non le aveva mai completamente comprese. Aveva imparato in quei brevi anni di vita a tenersene ampiamente alla larga, per il bene suo e di chiunque le stesse attorno. Perchè era fatta così, Beatrix, quando aveva un problema era solita lamentarsi, e lo faceva con tutta la potenza da piccola Greengrass viziata che, dopotutto, era sempre stata. Beh, fino ad ora. Ora che aveva una nuova famiglia da reggere sulle spalle, un ex non proprio ex ragazzo da sfuggire, degli amici non suoi da mantenere e..Tutto il resto. Insomma, in poche parole, una merda. Una gran bella merda che la rendeva, principalmente, una pazza con degli sbalzi d'umore da rasentare il ciclo. Senza avercelo addosso, oltretutto, vedi un po' che fregatura del cazzo. « D'accordo. » Asserisce improvvisamente, traendo un lungo respiro e camminando a schiena diritta attraverso quel corridoio che la separa dall'ingresso principale del castello. « Adesso ripercorriamo il tuo tragitto, ritroviamo tutto, e ogni cosa andrà bene. » Aggiunge, senza degnare di uno sguardo il disgraziato Elliot, che la segue come un cagnolino fedele. Le sta alle spalle, in silenzio, conscio probabilmente del fatto che qualsiasi cosa possa dire, potrebbe essere rigirata contro di sè. « E' tutto okay. E' tutto okaaaaaay. Allora, cos'è che hai perso? » « Un anello. » « ..Quell'anello? » Si gira di scatto verso di lui, con così tanta foga che i capelli le ricadono scompostamente attraverso le spalle. Il Tassorosso fa per parlare, schiudendo la bocca, ma lei lo precede, chiudendo gli occhi e poggiandosi le mani sulla testa. « Okay. Perfetto. Siamo rovinati. » Dice, con una rassegnazione esemplare « Andiamo..Forse non è poi così grave.. » « Se per te morire, squartati, non è poi così grave okay. Si vede che sei proprio figlio di tuo padre. » Lo ammonisce, ringhiando, mentre con un balzo oltrepassa l'arcata principale di Hogwarts, per ritrovarsi alla tenuta. « Che palle. Che palle! Non voglio morire, per la terza volta! Lo capisci? » Si lamenta, squittendo intristita, tenendosi le mani ben ancorate alla gonna della divisa, che svolazza pericolosamente, viste le forti folate di vento di quel pomeriggio ormai inoltrato. « Avevo appena fatto la manicure..Con le stelline e i glitterini..Guarda che carina... » Muove le dita e tira su col nasino, mentre Elliot sembra andare nel panico, nel vederla in quel modo, prossima ad una crisi di pianto. « No no no no! Andiamo, è tutto okay! Adesso ripercorriamo la strada di Hogsmeade e lanciamo mille accio finchè non lo ritroviamo d'accordo? » Le poggia le mani sulle spalle, mentre Trixie sorride appena. « Vabene.. » Mormora, con vocina sottile, prima di guardarlo « Elliot... » « Sì? » « Se non ti stacchi, ti squarto io. » [...] Alla fine eccola, a camminare tra le strade di Hogsmeade pronta a infilarsi nei posti più strani per controllare che quel dannato pacchetto non sia andato a finire chissà dove. Non vede Elliot nei paraggi da qualche minuto, ma non si domanda che fine abbia fatto, quando decide di entrare ai Tre Manici. Considerato il quoziente intellettivo a dir poco imbarazzante -da che pulpito, poi!- del ragazzo, non si stupirebbe se si fosse fatto sfuggire un fottutissimo diamante da quaranta carati in attesa di una burrobirra al bancone. Perciò avanza, sospirando e guardandosi attorno, con fare insospettito. E' a disagio, come sempre quando si trova in mezzo a tanta gente. Perchè la sala è popolatissima, con studenti e liceali qua e là, intenti a trascorrere qualche ora di svago lontani da banchi e libri. Anche lei, un tempo, lo faceva spesso.
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    ..O meglio, il tempo sui banchi e libri non lo passava mai, ma un modo per distrarsi dalla vita scolastica generale, lo cercava sempre e comunque. Le manca un po' quella vita, dopotutto. Quella monotona vita da ragazzina che non conosceva ancora pressochè un cazzo, del mondo al di fuori delle sue borse firmate ed il suo ultimo modello d'iphone. Sospira, passandosi una mano tra i capelli e decidendo di concedersi tre minuti di pausa. Tanto morirò presto, tanto vale godersi questi pochi attimi. Si adagia delicatamente su uno degli sgabelli di fronte al bancone, mordicchiandosi il labbro inferiore, fin quando la sua attenzione non viene attirata da un viso assai familiare poco più distante. Seduto ad un tavolo, il solito cipiglio di sempre, Nathan Douglas è intento a sorseggiare un'invitante bevanda dal colore ambrato ma che lei, visto il suo evidente daltonismo, vede rosso. Vinello a quest'ora. Ti tratti sempre bene eh Nate. Pensa, con un sorrisetto a piegarle le labbra. Vederlo lì, a quel tavolo, le riporta alla mente una vagonata di ricordi. Ripensa a tutte quelle volte in cui si trascinava dietro l'amico, solitamente restio dal recarsi in un localino da quattro soldi come quello, giusto per sapere com'era essere due ragazzetti normali in un posto normale. Le piaceva, stare lì. Al di là dei lussuosi locali che si era sempre potuta permette, un tempo, quella piccola e caratteristica locanda la faceva sentire..felice, in un certo qual modo. E felice lo era tutte le volte che in quel posto ci metteva piede con lui. Tutte quelle volte che prendeva in giro i suoi bronci e le sue occhiate a dir poco contrariate riguardo questo e quello. E sta pensando a tutto questo, quando si ritrova già in piedi, presa dall'istinto, per andarlo a salutare. Col passetto leggero ma deciso, trotterella verso di lui, strisciando la sedia vuota per terra senza chiedere permesso alcuno, protraendosi in avanti per stringerlo in un abbraccio caloroso. « Ehilà, Douglas, come mai quì in mezzo ai comuni mortali? Iniziano a piacerti i luoghi del popolo? Dovevo morire due volte, prima di vederti quì di tua spontanea volontà, eh. » Lo punzecchia, con la sua solita risatina caratteristica, che però risulta al suo udito molto meno acuta del solito, facendola tornare coi piedi per terra. Cazzo Trix, lui non ha idea di chi sei. Batte le palpebre innumerevoli volte, staccandosi immediatamente e ricadendo con un tonfo con il culo sulla sedia. Oh beh dai, che sia ricco lo sanno tutti. Non gli hai detto mica niente di troppo sospetto, su. ..L'hai solo abbracciato. Eh già. « Ahm.. Posso sedermi? » Ti sei già seduta, ma okay. « Aspettavi qualcuno? Posso farti compagnia? Io sono.. » Respira a fondo « Ariadne, piacere. Tu sei Nate, eh, ma questo già lo sapevo. Insomma chi non ti conosce? Non per altro, ovviamente, non sono una stalker, ah ah ah! » Risatina nervosa « Ci vieni spesso quì? »


    Edited by king with no crown - 29/10/2018, 00:00
     
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    « Che cosa ti porto? » Con fare pigro, il giovane Douglas solleva lo sguardo dal libro che sta leggendo, per poi posarlo sulla figura del cameriere basso e smunto che si ferma proprio accanto al suo tavolo, il taccuino tra le mani ed un sorriso falsissimo sulle labbra.
    Gli occhi verde chiaro di Nate per qualche attimo ancora sembrano soffermarsi su ciò che lo circonda: le travi di legno del soffitto, i boccali di birra di forme diverse serviti ai tavoli, un mucchio di briciole di pane di qualcun altro sul suo tavolo. Arriccia il naso in una mezza smorfia, facendo poi congiungere le mani sul tavolo. Guarda il ragazzo, sollevando dunque un sopracciglio. « Mi fai avere la carta dei vini? » Il giovane si pente quasi subito della propria domanda, non tanto perché gli dispiaccia assistere all'espressione di chiaro disagio negli occhi del cameriere, quanto più perché si rende conto di aver sprecato fiato inutilmente. Figuriamoci se hanno una carta dei vini in questo tugurio. Spazientito, lancia una rapida occhiata al proprio orologio da polso, per poi liquidarlo rapidamente con un « Senti, lasciamo perdere, portami quello che vuoi. » Tanto è difficile che esista qualcosa meglio di qualcos'altro, in questo posto, aggiunge mentalmente, lasciandosi andare ad un profondo sospiro. « Oh, e per caso saresti in grado di pulire questo tavolo come si deve? Mi piacerebbe evitare di stare in un porcile, grazie. » Un sorriso cordiale lascia le sue labbra, mentre richiama un'ultima volta l'attenzione del cameriere, con quelle parole pronunciate con tutta la calma e la tranquillità del mondo, seppur sia facile notare una breve nota di stizza. Che a Nathan non sia mai piaciuto trovarsi in quel luogo è chiaro. Se si aggiunge, poi, il fatto che sta aspettando l'arrivo di Fitzwilliam da almeno un quarto d'ora, si riesce a comprendere a pieno il suo essere tanto irritabile questo pomeriggio.
    Torna a concentrarsi sulla propria lettura, intento a far scorrere il tempo il più velocemente possibile, e, più di tutto, arginare dalla sua mente le voci di un gruppo di balordi seduti qualche tavolo più in là, che urlano e schiamazzano di fronte a delle gigantesche pinte di birra calda. Non riesce tutt'ora a capire per quale motivo Fitz abbia scelto proprio quel posto per incontrarlo, tra tutti i luoghi d'incontro di Hogsmeade: è decisamente il meno affine al loro modo di essere, ed è abbastanza chiaro che non proponga niente di effettivamente commestibile. Prova di ciò è il bicchiere di vino fucsia che gli viene servito poco dopo dal cameriere, il quale, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, glielo propone come « il nostro vino della casa. Ne andiamo molto fieri. » Il giovane Douglas rigira quel bicchiere - un calice da birra, chiaramente non da vino - un paio di volte, osserva con fare un po' scettico l'ampiezza dell'onda sul bicchiere lasciata dall'alcol, ne annusa l'odore (del tutto impercettibile), e poi, con un enorme sospiro (e con un grande colpo di coraggio), ne manda giù un sorso. Il suo volto cambia immediatamente espressione: strizza gli occhi, arriccia subito il naso e si sforza con tutto sé stesso di mandare giù quel liquido velenoso, e questo solo perché ogni volta che tenta di sputare qualcosa, a tavola, sente ancora il colpo secco del bastone di nonna Margaret sulla nuca, uno dei ricordi forse più vividi di tutta la sua infanzia. Visibilmente disgustato, scosta il bicchiere più in là e lancia un ultimo sguardo al proprio orologio, ormai quasi certo che Fitzwilliam, forse per vendicarsi di qualcosa che lui non è nemmeno consapevole di aver fatto, o forse semplicemente per dispetto, abbia deciso di fargli uno scherzo idiota, invitandolo in quel posto per poi non presentarsi. Ma decide di dargli il beneficio del dubbio, almeno per altri dieci minuti ancora.
    Ritorna a concentrarsi sulla propria lettura dunque, ma questa volta la sua attenzione viene distolta da un movimento accanto a lui, e da un corpo che improvvisamente gli si stringe di fianco, senza preavviso, in quello che gli pare una specie di... abbraccio? Aggrotta la fronte, confuso e chiaramente infastidito da quel contatto fisico non richiesto, e dal fatto che una persona del tutto sconosciuta - almeno così gli pare, nel momento in cui incontra il volto della ragazza in questione - abbia deciso di irrompere in modo tanto invadente nel suo spazio personale.
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    « Ehilà, Douglas, come mai quì in mezzo ai comuni mortali? Iniziano a piacerti i luoghi del popolo? Dovevo morire due volte, prima di vederti quì di tua spontanea volontà, eh. » Parla come se lo conoscesse da una vita, la giovane, e lui non può far altro che allontanarsi leggermente col busto ed indispettirsi ancora di più.
    Sospira, per poi scuotere piano la testa. « Scusami? » chiede, ancora sorpreso, le dita chiuse intorno ai margini del libro, che tiene ancora aperto sul proprio tavolo, nella speranza di potervi ritornare il più presto possibile. Ma no, la ragazza decide bene di sedersi proprio lì, al suo tavolo, come se con quella sua espressione diffidente e l'aria scocciata lui avesse espresso un chiaro invito ad unirsi a lui.
    « Ahm.. Posso sedermi? » Inarca un sopracciglio Nathan, con chiaro fare ironico, mentre abbassa lo sguardo, con aria eloquente, sul corpo della ragazza già comodamente seduto sulla sedia accanto a quella di lui. « Aspettavi qualcuno? Posso farti compagnia? Io sono.. Ariadne, piacere. Tu sei Nate, eh, ma questo già lo sapevo. Insomma chi non ti conosce? Non per altro, ovviamente, non sono una stalker, ah ah ah! Ci vieni spesso quì? »
    Fitzwilliam sei un uomo morto. L'ultima cosa che avrebbe immaginato, quest'oggi, era proprio che andando ai Tre Manici di Scopa si sarebbe ritrovato con un'ammiratrice parecchio incallita seduta di fianco, senza nemmeno avere la possibilità di togliersela dai piedi - almeno non con gentilezza. Sospira, lasciando che Il Ritratto di Dorian Grey si chiuda con uno sbuffo leggero sul tavolo, per poi sollevare lo sguardo al cielo, con aria stanca. « Sto aspettando una persona, a dire il vero » dice, per poi lanciarle uno sguardo eloquente. « E no, qui non ci vengo spesso. Non è il mio posto prediletto, mettiamola così. » Una smorfia appare sulle sue labbra, mentre continua a guardare l'orologio sul proprio polso, con fare impaziente. Resta in silenzio qualche istante, tempo in cui la guarda, in attesa che aggiunga qualcos'altro. « Non aderisco a nessun club nascente di universitari, grazie tante per l'interessamento. » Pausa. « Oppure sei qui per dirmi qualcos'altro?»
     
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