House of leaves

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    dauntless

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    Ricercati
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    « For some reason, you will no longer be the person you believed you once were.
    You'll detect slow and subtle shifts going on all around you, more importantly shifts in you.
    Worse, you'll realize it's always been shifting, like a shimmer of sorts, a vast shimmer,
    only dark like a room. But you won't understand why or how. »


    Tutti dicevano che si trattava di un nuovo inizio, che ogni cosa sarebbe cambiata, che ci si trovava di fronte alle prime luci di una lunga epoca traboccante pace e prosperità. Tutti quanti, nessuno escluso, sembravano aver voltato pagina con così tanta facilità e zelo da far quasi apparire quegli ultimi due anni come un brutto sogno. Alcuni si rifiutavano espressamente di parlarne, altri ne parlavano ma solo in termini comparativi, per sottolineare quanto quell'esperienza avesse responsabilizzato la società al punto tale che nulla del genere si sarebbe mai più potuto ripetere. Brandon, in confronto a loro, sembrava lento. Non si era ancora abituato a quell'ostentata normalità, a quei sorrisi forzati, a quel comune tacito accordo di dimenticare. Forse perché a lui, in fin dei conti, che la società cadesse del tutto avrebbe pure fatto comodo: nulla avrebbe più potuto tenerlo legato alle grinfie dello zio, nessuno avrebbe potuto impedirgli di buttare tanto lui quanto il figlio giù dalle scale o piantargli un bel colpo in testa una volta per tutta. Nella maniera bestiale a cui era stato allevato, Brandon in quelle cose ci aveva segretamente sperato, in fondo al proprio cuore, solo per poi vedersele portare via. E non è che potesse parlarne o lamentarsene, perché come minimo lo avrebbero rinchiuso in un manicomio criminale, dandola vinta alla fonte stessa del problema. Però c'era stato qualcosa, in quella possibilità, che aveva aperto in lui una finestrella; e da quella finestrella aveva cominciato a penetrare un flebile raggio di luce che giorno dopo giorno si faceva sempre più ampio, illuminando un lato di sé a lui ancora sconosciuto. Per la prima volta nella sua vita, qualcosa aveva insinuato nella sua mente il pensiero che, sì, c'era una possibilità di sfuggire da quella sua personale prigione - e adesso non c'era altro a cui riuscisse a pensare. Provate a immaginarvi un cieco. Un cieco che cieco ci è nato. Non ha visto nella sua vita altro che buio, ma all'improvviso: una luce. Dura solo un secondo, roba che chiunque altro si sarebbe perso. Ma lui, che ha visto sempre e solo buio, eccome se l'ha vista quella luce. Così veloce, ma così diversa da tutto ciò a cui si era ormai rassegnato; come biasimarlo se poi quella luce sia diventata il suo chiodo fisso? E il punto era proprio quello: che Brandon, per tutti quegli anni, era vissuto nella rassegnazione. Non aveva mai pensato fuori dagli schemi perché tanto dava per scontato che la sua vita sarebbe sempre stata così, qualunque cosa lui avesse tentato di fare. E sebbene dentro di lui qualcosa fosse mutato, per il momento il giovane Earnshaw rimaneva sempre lo stesso: la stessa casa..ma con una stanza in più, piccola, apparsa quasi dal nulla, una sorta di stanzino inesplorato che era certo prima non ci fosse ma che puoi pure pensare ti sia sfuggito per distrazione. In quella stanzina aveva cominciato a maturare dentro di lui la necessità di uno spazio proprio, di un luogo in cui ciò che era rimasto della sua famiglia non potesse avere potere su di lui. Gli era venuta in mente la Stamberga, perché tanto lì non ci andava mai nessuno, essendo un ammasso di travi cigolanti che minacciavano di sbriciolarsi alla prima nevicata. Il posto giusto per me. Non è che avesse chissà quale idea, ne' ci aveva riflettuto poi così tanto. Era pur sempre il solito Brandon: un po' rustico nell'approcciarsi a qualsiasi cosa. E proprio perché si conosceva, e sapeva di non essere un asso in certe cose, aveva deciso di non fare da solo. "Eeeeeehi." esordì, con il cellulare incastrato tra l'orecchio e la spalla "Ciaao. Senti una cosa: mi servirebbe una mano stasera per una cosa che poi ti spiego. Se sei libera - e lo sei, perché attualmente nessuno ha un cazzo da fare -, porta un po' di robe..robe tipo che metteresti in una casa. Arredamento mi pare eccessivo da dire. Insomma, sì, hai capito. Poi si sa che voi donne avete gusto su queste cose. Verso le dieci davanti alla Stamberga ti sta?"
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    Aveva chiamato Apple per due principali ragioni: innanzitutto era una delle poche ragazze con cui avesse un rapporto, e poi perché sapeva che negli ultimi mesi nemmeno lei se l'era passata troppo bene. Mal comune mezzo gaudio, si dice. Aveva pensato che forse anche lei avesse bisogno di resettare un po' la sua vita; e forse, in un angolo ancora ignoto di sé, si era insediato anche il pensiero che in una certa maniera, senza lunghe discussioni a cuore aperto e confessioni tragiche, lei lo avrebbe capito.
    Durante la giornata si era messo a reperire quanto più potesse per arricchire il suo covo di svaghi: con lo smantellamento della ribellione e la ricostruzione di Hogwarts, Hogsmeade proliferava di mercatini dell'usato in cui le merci reperite nel periodo buio venivano vendute a prezzi stracciati. Non ci era voluto niente a trovare una tv e una consolle per videogiochi, così come anche una radio e un piccolo grammofono. Tutte cose che aveva gettato in un carrello della spesa cigolante insieme a un paio di casse di birra, presentandosi poi al luogo dell'appuntamento con un insolito anticipo di dieci minuti.
    La seconda sigaretta di quell'attesa pendeva dalle sue labbra, consumata a metà, quando in lontananza intravide la figura di Apple venirgli incontro. Sebbene fosse l'unica altra persona nei paraggi, sollevò una mano, sventolandola pigramente per farsi notare in fondo alla stradina buia. Quando fu abbastanza vicina, prese l'ultimo tiro e gettò il mozzicone a terra, salutandola con un abbraccio veloce e poco sdolcinato prima di battere un paio di volte il palmo della mano sul manico del carrello. "Ho fatto spesa." asserì con un sorriso ironico. "Le probabilità che l'unica cosa funzionante in questo carrello sia la birra è molto alta, ma lo sai che mi piace il rischio. Vabbè. Comunque ti spiego: l'idea era quella di mettere un po' di roba dentro la Stamberga, senza neanche scomodarci a spolverare, giusto per avere un covo dove andare con gli amici più stretti. Vorrei che non uscisse troppo dalla cerchia degli intimi - che già lavoro al Pandemonium, quindi non ho bisogno di trovarmi intorno la bolgia anche quando stacco." A quel punto indicò il carrello "Questi sono alcuni dei fondamentali. Sai..per iniziare." E poi passò la mano a indicarle l'entrata della casa diroccata. "E tu sei la prima invitata ufficiale in quella che mi piace chiamare la Bran-Caverna. Invitata e co-proprietaria..se ti va." Si strinse nelle spalle. "Pensavo ti avrebbe fatto piacere staccare un po' la testa, tutto qui. E poi avevo bisogno di una mano." Non si dilungò oltre sulle riflessioni che lo avevano portato a contattarla per quel lavoro: Brandon non era mai stato il tipo di persona che dimostrava la propria vicinanza agli amici tramite discorsi sentimentali o riflessioni psicanalitiche. Brandon c'era fisicamente, stava lì e se ne avevi bisogno ti portava pure alle Maldive, ma mezza parola non gliela cavavi neanche sotto tortura..e lo stesso valeva per quando era lui quello ad avere problemi. Non a caso la sua parentesi a riguardo finì con quelle parole, dissolvendosi subito nella materialità di indicarle l'ingresso. "Prima le signore."
     
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    Corvonero
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    « In una casa? » Quando Brandon chiama, Apple sta disegnando. Distoglie per la prima volta gli occhi azzurri dal profilo del Platano Picchiatore, a cui ha cercato di dare giustizia sul proprio foglio per tutta l'ultima mezz'ora, senza mai raggiungere un risultato soddisfacente. Tutta la concentrazione, però, scivola rapidamente dai suoi occhi nel sentire le parole del ragazzo, e l'espressione assorta si trasforma in una più corrucciata, mentre il foglio ed i pastelli ricadono sull'erba, disordinati. La mano stringe il cellulare di più all'orecchio, mentre il viso della Corvonero pare illuminarsi dinnanzi a quell'incognita che, non volendo il Grifondoro esplicarle a pieno, la incuriosisce sempre di più. « E che cosa dovrei metterci, io, in una casa? » chiede allora, un sorriso intrigato che distende le sue labbra rosa, mentre giocherella distrattamente con qualche filo d'erba. Anche dopo aver concluso la chiamata, Apple rimane lì per svariati minuti, con le gambe incrociate e lo sguardo perso da qualche parte verso l'orizzonte, mentre tortura a morsi le labbra, alla ricerca dell'idea giusta. Cosa si mette in una casa? Un interrogativo che l'accompagna per tutta la giornata, occupando completamente la sua mente in ogni istante.
    Oltre al fatto che non ha mai davvero riflettuto su cosa dovrebbe andare in una casa, tutto ciò che le viene in mente è senza dubbio irreperibile. Un letto? E dove lo trovo un letto? Di tanto in tanto, nel corso della giornata, pare sussultare, colta all'improvviso da un'illuminazione geniale, e già l'istante dopo si rabbuia, costretta a fare i conti con la concreta fattibilità delle sue idee. Nulla di quello che le viene in mente sembra poter essere realizzato: e più ci pensa su, più sembra dispiacersi della propria incapacità di trovare una soluzione. Si impegna, però, e la sua chioma bionda si fionda da una parte all'altra del castello per accaparrarsi tutto ciò che le sembra utile. Non si fa troppe remore, e infila nella propria borsa la qualunque, anche perché non essendo ben chiaro il motivo dell'invito di Brandon, immagina che qualsiasi cosa potrebbe rivelarsi adeguata, sul momento. A fine giornata si ritrova con un'enorme borsa piena di cianfrusaglie, e si accorge, mentre le passa in rassegna una ad una, che in verità nessuna di queste appartiene all'idea di casa. Quasi all'ultimo, un po' per disperazione e un po' perché, in fin dei conti, immagina che possa far solo bene, infila nel proprio borsone un paio di libri presi in prestito dalla Biblioteca - perché i libri sanno di casa, no? - la piccola lampada da comodino che tiene accanto al letto - nessuno si accorgerà mai che manca - e l'acchiappasogni che tiene sopra al letto, realizzato da lei l'anno precedente - perché le decorazioni sono importanti, sempre.
    Attende l'arrivo della sera con ansia e una certa trepidazione, sensazioni positive che non provava da tempo. Nei tempi morti che la giornata le regala, la sua mente viaggia a briglia sciolta, mentre dipinge le più svariate situazioni che possano dare una risposta alla richiesta tanto bizzarra del Grifondoro. Si immagina scenari loschi, al limite della legalità, avvincenti storie d'azione che possano vederla come co-protagonista, insieme al ragazzo, situazioni paradossali che possono esistere solo nei romanzi che divora prima di andare a letto, o nelle storie che inventa nel tempo libero. La sua fantasia galoppa ad una velocità incredibile, come sempre, e per quanto sia consapevole della poca probabilità di tutti gli scenari che sa creare, Apple non riesce a dare un freno a quel suo continuo andare oltre. L'ignoto per lei è come una pagina bianca da riempire, e, piuttosto che porsi una serie di interrogativi, preferisce darsi già delle risposte, incapace di attendere quelle che la realtà ha da fornirle. Se Brandon le avesse rivelato sin da subito quale fosse il motivo di quella chiamata, e le sue intenzioni, probabilmente la magia di questa giornata si sarebbe persa sul nascere: non avrebbe trascorso il proprio tempo a darsi così tanto da fare, non avrebbe atteso quel momento con tanta trepidazione in corpo, né si sarebbe ritrovata a correre quasi a perdifiato per le strade di Hogsmeade, alle nove e cinquantasette della sera, pur di arrivare in orario all'appuntamento. Apple è fatta così: le basta poco perché si esalti moltissimo, più del dovuto, e sempre più di quanto sia opportuno.
    « Ciao! » Il suo tono è squillante, eccitato, nel salutare il ragazzo, proprio davanti all'entrata della casa fatiscente. Non crede di essere mai entrata nella Stamberga Strillante, e si ritrova a pensare che sia davvero assurdo che lo stia facendo solo adesso per la prima volta, e su sollecitazione di qualcun altro, per giunta.
    « Ho fatto spesa. » La bionda sposta rapidamente lo sguardo sul carrello che sta accanto al ragazzo, e annuisce con fare comprensivo. Lei, dal suo canto, compie un gesto rapido della mano per indicare il grosso borsone che si è portata dietro, il quale, nonostante tutti gli incantesimi di estendibilità e leggerezza fatti, continua a pesarle un quintale, per qualche motivo. « Le probabilità che l'unica cosa funzionante in questo carrello sia la birra è molto alta, ma lo sai che mi piace il rischio. »
    Ridacchia, mentre lascia cadere il proprio borsone per terra. « Non mi dispiacerebbe comunque. Io ho portato un po' di cose... a caso... Spero siano okay. Non ero sicura di cosa andasse bene e cosa no. » Si stringe nelle spalle, accennando col mento al manico di scopa che fuoriesce dal borsone. Alla Stamberga di sicuro c'è da pulire, no?
    « Vabbè. Comunque ti spiego: l'idea era quella di mettere un po' di roba dentro la Stamberga, senza neanche scomodarci a spolverare, giusto per avere un covo dove andare con gli amici più stretti. Vorrei che non uscisse troppo dalla cerchia degli intimi - che già lavoro al Pandemonium, quindi non ho bisogno di trovarmi intorno la bolgia anche quando stacco. Questi sono alcuni dei fondamentali. Sai..per iniziare. E tu sei la prima invitata ufficiale in quella che mi piace chiamare la Bran-Caverna. Invitata e co-proprietaria..se ti va. »
    Gli occhi azzurri della ragazza sembrano illuminarsi di più a quelle parole, mentre, forse sotto l'effetto dell'improvvisa gioia, il colore dei capelli passa da un castano chiaro ad un biondo quasi platino. Non è difficile interpretare le reazioni della giovane Scamander, perché, semplicemente, basta guardarla. Non è mai stata brava a controllare il modo in cui le sue emozioni influiscono sul suo aspetto, anche perché non ne ha mai davvero avuto l'interesse. Per lei, una delle cose più belle di essere una Metamorfomagus è proprio essere un libro aperto per tutti. « Co-proprietaria? Davvero? » Un grande sorriso si apre sulle sue labbra, mentre compie un passo in avanti verso il ragazzo. La sua immaginazione aveva disegnato scenari più assurdi, in cui Brandon fuggiva dalla giustizia e doveva nascondersi nella Stamberga, oppure scappava da qualche serial killer e aveva bisogno del suo aiuto per salvarsi - eppure in questo caso la realtà, seppur nella sua semplicità, sembra affascinarla ancora di più. « Mi piace... La Bran-Caverna. Sarebbe un onore
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    essere la proprietaria insieme a te. Possiamo anche fare un'insegna da qualche parte. Non troppo in vista, è chiaro, perché deve essere un segreto. »
    E mentre pronuncia l'ultima frase abbassa la voce, quasi sussurrando, come se avesse il timore di essere udita da qualcuno nelle vicinanze.
    « Pensavo ti avrebbe fatto piacere staccare un po' la testa, tutto qui. E poi avevo bisogno di una mano. Prima le signore. » Gli sorride grata, Apple, mentre si avvicina insieme a lui all'ingresso dell'edificio. Appoggia una mano sul suo avambraccio, in una carezza un po' timida ma affettuosa, come se volesse fargli capire, con quel semplice e spicciolo gesto, quanto sia grata per il suo pensiero. Evita, tuttavia, qualunque discorso troppo melenso, capendo subito la volontà di Brandon: entra allora attraverso la porta di ingresso, senza aggiungere altro, ritrovandosi in un piccolo atrio impolverato e malconcio.
    « Qui non va bene. Dobbiamo sistemarci in un posto più appartato. » Riflette ad alta voce, seria, mentre comincia ad esaminare tutti gli ambienti che la circondano. Ha visto diverse volte studenti entrare e uscire dalla Stamberga, e mettere le cose che hanno portato proprio nell'atrio, alla mercé di chiunque entri solo anche per curiosare, non le sembra il caso. Gli occhi si posano infine sulle scale che portano ad un piano superiore e, senza pensarci troppo, afferra la mano del ragazzo e comincia a percorrerle, con una certa lentezza. Il buio ed il silenzio quasi tombale del posto la obbligano a camminare piano, attenta a percepire qualsiasi rumore, dallo scricchiolio delle scale di legno sotto i loro passi, ai rumori di qualche animale all'esterno della casa. Una volta in cima alle scale, dopo aver superato un piccolo disimpegno, si ritrovano in una stanza non troppo grande, probabilmente una specie di salottino, praticamente spoglio di qualsiasi mobile. Accanto ad essa una camera da letto, che riesce ad intravedere dalla porta aperta. Lascia la mano del ragazzo e cammina fino al centro della stanza, guardandosi intorno, per poi voltarsi verso di lui. « Che ne pensi? A me sembra perfetto. » Fa una giravolta su se stessa, un grande sorriso che si allarga sulle sue labbra. « Possiamo farci quello che vogliamo. C'è un camino per quando farà freddo, d'inverno e perfino la finestra. » Scoppia a ridere, nel momento in cui si accorge delle parole che sta utilizzando. « Allora che dici tesoro, la prendiamo? » scherza, imitando con la voce quella che immagina possa essere una signora altolocata in procinto di acquistare una nuova dimora. Nel frattempo, le basta un movimento della bacchetta, accompagnato da un Accio non verbale, perché il suo borsone, insieme al pesante carrello portato da Brandon, arrivino fluttuando su per le scale, infine all'interno della piccola stanzetta. Apple si siede per terra, accanto alla propria borsa, e comincia a tirarne fuori il contenuto, un po' a caso. Una scopa rubata da uno sgabuzzino a scuola, la sua lampada da comodino, l'acchiappasogni, i libri, un paio di cassette di legno della frutta, un sacco di colore verde, delle grucce, qualche bottiglietta d'acqua, dello spago, e infine una piantina. « Non so esattamente che tipo di pianta sia, l'ho presa dalle serre... Sai, per arredare un pochino. Secondo te è velenosa? Meglio non toccarla, forse. » Osserva ad un tratto, l'aria corrucciata mentre guarda l'ultimo oggetto tirato fuori. Poi indica le cassette della frutta, impilate una sull'altra, poco più in là. « Con quelle pensavo potremmo farci qualcosa di creativo. Tipo un tavolino fai-da-te, o degli sgabelli. Possiamo dipingerli e tutto - ho portato anche i colori. E invece questa - aggiunge, avvicinando a sé il sacco verde un po' informe - è una tenda da campeggio. Babbana però. Da uno o due posti, non ricordo. Magari con qualche incantesimo riusciamo ad allargarla un poco, secondo me è carino, sai, tipo una sorta di rifugio dentro il rifugio. Che dici? » Solleva lo sguardo, per incontrare quello del compagno, con fare un po' incerto. « Insomma, non potevo mica portare un divano, ecco. Ma ho dei muffin delle cucine! » Esclama all'improvviso, mentre si allunga a rovistare ancora nella propria borsa, per poi estarre un sacchettino un po' stropicciato, e porgerglielo. « Ecco, adesso una di quelle birre ci starebbe alla perfezione. »
     
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