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    « Non è tenerissimo? » Squittisce il biondo, tenendo tra le braccia quel batuffolino che non resta fermo neanche per un momento, agitando le zampine. Un batuffolino che risulta già più grande di un cane di media statura, ma dettagli. « ..E' una iena, Artie. Una fottutissima iena! » Sam a suo fianco lo incalza, scettico, prima di scoppiare a ridere. Si stanno recando entrambi alla festa di Halloween organizzata dalla Regina, e, come in ogni pre-festa che si rispetti -ovviamente- hanno avuto l'accortezza di prepararsi adeguatamente prima. In poche parole, quindi, stanno già vergognosamente strafatti. Non che Arthur abbia sentito chissà quale differenza dall'essersi fumato uno o due spinelli al suo modo di essere base, ma dettagli. E' riuscito ad usare la scusa della droga per saltare sopra all'amico una volta intravisto, con tanto di rincorsa, senza neanche beccarsi chissà quante capocciate, per cui -in sostanza- va più che bene così. « Ah quindi non è un gatto? » Mormora il ragazzo, l'espressione dubbiosa, prima di ridacchiare, continuando a giocherellare con l'animaletto mentre avanzano verso l'ingresso del locale, già pieno zeppo di gente. « Ma poi, tra l'altro, sei vestito da Harley Quinn, vero? La mazza dove sta? » Silenzio imbarazzante. « ...No, NO. OKAY. Ho capito da solo. Non- » Ma è troppo tardi, perchè il biondo sta già ridendo, prima di schiaffarsi la mano libera sul cavallo dei pantaloni, strizzando un po' la situazione lì sotto. « Sempre con me. Vuoi provarla? » Gli fa l'occhiolino, con tanto di punta della lingua che gli sfiora il labbro superiore, ed è con la solita molestia da parte di Artie e la conseguente espressione terrorizzata in risposta da Sam, che entrano al locale. Al suo interno ogni cosa rispecchia il gusto di Maze e Lucien, a partire dalla musica fino alle decorazioni varie, che si ricollegano perfettamente al tema indetto dalla locandina. E' tutto così perfetto, tutto così spettacolare, come dopotutto spettacolare è chi ha organizzato tutto ciò. Perciò, dopo aver lasciato il suo nuovo cucciolo alle cure di un membro dello staff, la festa ha inizio. Ha inizio con un balletto da strappamutande da parte di Mazikeen, vestita dalla bellissima Poison Ivy, per l'occasione. E Artie si trova lì, ad alzare le braccia e saltellare. « Hai finito? » ..Beh, in tutto ciò, è sulla schiena dell'amico che saltella, ma questi son dettagli trascurabili. Come trascurabile è il fatto che lo stia palpando praticamente ovunque, per tenersi in equilibrio. « Non sai quello che ti perdi, Sammy. Stanno per scopare, te lo dico io. Sul palcoOooOo!! Non è magico? » Squittisce, sovreccitato, continuando a balzare sul posto. « Ti sto per buttare a terra, Arthur. Non sono ancora abbastanza fatto da sopportare la tua presenza sulla mia schiena! » « Come, non me l'avevi detto tu di farti vedere la ma-uoooooooooh ahia mi hai buttato davvero! » Si rotola sul pavimento in marmo, dopo esserci caduto sopra di faccia, massaggiandosi la punta del naso con una mano, prima di scoppiare a ridere. E resta lì per terra per un po', con la gente che rischia di calpestarlo un momento sì e l'altro pure, fin quando non viene tirato su da qualcuno che forse dovrebbe conoscere, o forse no. Ciò nonostante non si fa problemi, perchè insomma, è di Arthur Cavendish che parliamo. E' già tanto che non sia salito sul palco anche lui, a dedicare una stonatissima canzone a chissà chi, con qualche balletto improvvisato terminato con un tradizionale lancio in mezzo al pubblico. E quindi eccolo, a svolazzare qua e là, tra questo e quell'invitato. Individua gente che conosce e gente che non conosce, ma senza differenza alcuna si unisce a loro. Parla con questo, beve dal bicchiere di quell'altro, prova questa e quella sigaretta. « Okay questo è l'ultimo giuro. Hai capito tu?..E anche tu..E pure tu là sotto! Siete gemelle? » Dice ad una certa, rivolto verso una ragazza che gli sembra di vedere per la prima volta. In realtà lui ne vede tre, ma dettagli. Quello è l'ultimo drink che butta giù, l'ha promesso. Per la quarta volta. Ma è pur sempre una promessa. E lo sta ancora trangugiando (infilzandosi dapprima la lingua con lo stuzzicadenti per la frutta, scambiandolo per la cannuccia) quando si sente tirare via per un braccio. Barcolla, ritrovandosi di fronte ad un uomo che è intento ad urlargli contro, a pochi centimetri dalla faccia. Lo fissa Artie, lo sguardo assottigliato, senza capire una parola di quanto gli stia effettivamente dicendo. « Hai finito con la mia ragazza? » Riesce a decifrare alla fine, in mezzo a tutto il resto. « La tua ragazza? Quale delle tante? » Si rigira verso la sconosciuta, piegando la testa di lato. La osserva per qualche momento, poi ride, sguaiatamente, rivoltandosi verso l'uomo. « E poi non ho nemmeno iniziato. Cioè, amico, a me piace un'altra »
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    Si stringe nelle spalle con fare indifferente, posando il grosso bicchiere in vetro sul bancone. « Che per la cronaca è moooooolto più bona della tua donna. E sono ubriaco, pensa un po' te » Ride « Senza offesa, ovviamente. In un altro momento avrei risposto uguale al suo avermi aperto le gambe, eh, però boh capisci? Questa volta.. » Ma non ha il tempo di aggiungere null'altro, che si ritrova, magicamente e dopo qualche minuto, a ruzzolare sul pavimento in pietra di uno dei tanti viottoli labirintici del Pandemonium. Sbatte contro il muro, la schiena che scricchiola, e dopo quello che gli sembra di riconoscere come un calcio allo stomaco, viene lasciato lì. Si è preso giusto qualche pugno ed uno o due calci, nulla di particolarmente anomalo ad una festa del genere, quindi si rimette a sedere. Tutto l'alcool che ha in corpo inibisce qualsiasi dolore, perciò, con le gambe strette al petto, ride, mentre si ripulisce il sangue che gli sporca le labbra e sotto il naso, che va però a confondersi con il trucco, camuffandosi. Respira a fondo, ed è già intento a rialzarsi per andare a sfruttare il super fiuto del fidanzato di sua cugina per divertirsi assieme col suo aggressore, che è appena rientrato al locale, o magari cercare Sam per pisciargli assieme dentro la bottiglia di birra, quando qualcosa lo blocca. Ogni cosa attorno a sè si fa ovattata e sfumata, ancor più del normale, mentre lui si ritrova immerso in uno scenario che ha del terrificante. Non che ci sia qualcosa di davvero spaventoso, lì in mezzo, ma è un sempre più crescente senso di soffocamento ed ansia ciò che sente dentro, mentre si alza lentamente, strofinando la schiena contro il muro, e avanza barcollante. E' allora che una sagoma gli passa di fronte. Corre, coi lunghi capelli biondi che svolazzano, come fossero una scia bianca che la segue. Si copre la faccia con le mani, e ad Arthur sembra di sentire i suoi singhiozzi, il suo battiti accelerato, la sua angoscia, quasi come se gli appartenessero. Perciò si protrae in avanti, ma quando è quasi pronto a sfiorarla, qualcosa gli si poggia sulla spalla. Si scosta di scatto, sibilando infastidito. « Hey, tutto okay? Non ti trovavo più. » Sam lo sta osservando, incuriosito o forse preoccupato, ma il biondo si gira su sè stesso, come in cerca di qualcosa. « Dov'è andata? Hai visto da che parte andava? » Chiede, il tono visibilmente agitato. « Artie, di che parli? Che ti sei tirato su? Senza di me, oltretutto? » E normalmente riderebbe a parole del genere, Arthur, appiccicandosi all'amico ed offrendogli uno spinello della pace, ma non questa volta. No, questa volta continua a guardarsi attorno, nervoso, con un solo pensiero in testa. Un solo nome in testa, un solo volto. « Devo andare. » Asserisce, prima di incamminarsi velocemente, senza aspettare oltre. Si poggia una mano sullo stomaco, che adesso gli lancia qualche fitta, fin quando non giunge di fronte ad uno dei tanti ingressi del locale, non sa nemmeno perchè. Si gira attorno ed infine lo vede: quel nome, quel volto che si concretizzano sotto i suoi occhi arrossati da tutto quel fumo, l'alcool ed il trucco al quale non è troppo abituato. Ciò che nota però, accanto a lei, è una grossa sagoma. Le sta parlando, e solo quando si avvicina gli sembra di riconoscerlo. Uno dei più fedeli clienti del Pandemonium. Gente poco raccomandabile, seppur detto da lui, faccia parecchio ridere. Perciò si avvicina, sgusciando accanto all'amica per poggiarle un braccio attorno alla spalla. La stringe a sè, lasciandole un bacio in mezzo ai capelli. « Ti ho trovata, finalmente. Ho interrotto qualcosa? » E dicendo ciò lancia un'occhiata all'uomo, che dopo un po' si allontana. Non che un soggetto come quello possa avere paura di un ragazzino pallido e per giunta ubriaco come lui, ma sa bene di chi è amico, lì dentro, quindi meglio non infierire oltre. « Ti stava dando fastidio? Stai bene? » Le domanda allora, con una leggera nota d'apprensione. L'averla vista in quella visione gli fa dare per scontato quell'ipotetico scenario. Ci sono quì io adesso, non le succederà nulla. Non scapperà via piangendo. E' al sicuro. Si auto convince, prima di calare lo sguardo verso di lei per osservarla. Riportano un trucco abbastanza simile, ma sono diversi nei vestiti. Complementari, potremmo dire, e ciò lo porta a ridacchiare. « Scusa, è solo che il tuo psicopatico molestatore personale sono io, non voglio rivali. » Si stringe nelle spalle e solo allora si scosta un po', ignorando volutamente il malincuore con cui lo fa. Lo sguardo si sofferma per qualche minuto in più sul suo corpetto, prima di rialzarlo verso il suo viso. « Cioè, la mia Puddin era qua a portata di mano, ed io non ne avevo completamente idea. Ti sembra corretto? » Ridacchia, piegando la testa di lato. « Da quanto sei quì? Sei da sola? » Aggiunge quell'ultima domanda con un po' troppo interesse, che prova a celare, mordicchiandosi l'interno della bocca e cercando qualcosa da dire. « Il tuo accompagnatore misterioso mi picchierà, se mi offro di farti compagnia per il ritorno? » Si guarda attorno, come a voler individuare un ipotetico qualcuno, poi si stringe nelle spalle con un'ostentata indifferenza. « Non per qualcosa, ma per lasciarsi scappare tutto questo, cazzo..- La indica con un'occhiata, mordendosi istintivamente il labbro inferiore -Dev'essere davvero un coglione. » ...Eeeeeeeee questo non lo dovevo dire. Batte numerose volte le palpebre, la faccia che sembra andargli in fiamme, seppur lui dia la colpa all'alcool. « Sì beh insomma, dove vuoi andare? »


    Edited by king with no crown - 17/11/2018, 14:34
     
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    « Quindi è un piercing vero, questo qui? » Il ragazzo si abbassa verso di lei, pizzicandole il naso con le punta delle dita. « Ti sembro una ragazza da cose finte? » Gli chiede, mentre si sistema il cerchietto che ha al naso, mentre un sorriso inebetito si palesa sulle sue labbra. Com'è che ha incontrato quel tipo? Non lo sa. Da quanto tempo ci sta parlando? Non sa nemmeno quello. Dov'è finita Fawn? Ricorda qualcosa a riguardo, ma non è troppo sicura nemmeno di quello. Si annota mentalmente di mandarle un messaggio, per sapere se sta bene, per poi tornare a guardare negli occhi.. « Scusami, ma..come hai detto che ti chiami? » Gli chiede, forse per la terza volta, all'orecchio, per farsi sentire. Il ragazzo scuote la testa, con una risata. « Cominci davvero a ferire il mio orgoglio. Carl. Sono così difficile da dimenticare? » La bionda ci pensa un po' su, stringendo le labbra, una con l'altra, per poi lasciare che la cannuccia del suo drink, il numero "Sono già fuori da un pezzo, dovrei anche smettere", si infili tra esse. Beve un po' di quello che le sembra riconoscere come gin lemon, per poi dare una leggera spintarella a Carl. « Mai fare queste domande ad una ragazza un po' brilla. E' scortese. » Come direbbe nonna Apolline. Ma lei direbbe anche che una ragazza per bene non si ritroverebbe mai in una situazione del genere: alticcia e pure in compagnia di uno sconosciuto. Ma Vicky non ha paura di Carl. Ha convissuto con più sconosciuti che conoscenti, in vita sua. Ha passato un anno a fidarsi della gente che l'accoglieva in casa, per condividere con loro un pasto caldo, un letto sotto la schiena e un tetto sopra la testa per una notte o due. Per quanto ciò che le è capitato l'anno prima l'abbia segnata, lasciandole delle profonde ferite che non crede si rimargineranno mai del tutto, lei il buono delle persone crede fermamente di averlo visto ed è a quello che si aggrappa, costantemente. Ed è a quello che pensa, mentre Carl la guarda e si avvicina un po' troppo e allora fa un passetto all'indietro, con una smorfia derisoria sul volto. « Carl. Vedi? Me lo ricordo come ti chiami » prende a dire. « Perdonami, è scortese. Hai ragione. Posso offrirti allora un altro drink, dato che il tuo è appena finito? Per farmi perdonare della mia scortesia. » Si sorridono qualche istante, mentre la gente continua a pressarsi contro di loro, mentre balla e si dimena come non mai. « Non mi sembra troppo il caso, ho superato il limite da un pezzo. » Dice, per poi riprendere a guardarsi intorno, come rapita da quella folla che si diverte e non pensa ad altro. Se la immagina, la loro testa completamente vuota e priva di problema, in quel momento. « Allora mi concedi un ballo? » Si volta di scatto verso di lui e sta per rispondergli, quando si sente un braccio scorrerle sopra le spalle. « Ti ho trovata, finalmente. Ho interrotto qualcosa? » La voce di Artie le arriva alle orecchie ovattata, mentre si volta a guardarlo, abbastanza incredula. Non che non immaginasse che ci fosse anche lui, in mezzo a quel macello. Anzi, si aspettava che fosse in prima fila sotto il palco, o magari in bagno, rinchiuso con la sua nuova fiamma del momento. A quel pensiero, si irrigidisce un attimo, scrollando poi il capo, per rispondere alla sua domanda. Carl, dopo l'occhiata che gli lancia Artie, fa un leggero inchino nella sua direzione, togliendosi il cappello. « Aspetterò questo ballo, quando vorrai, principessa. » Dice, per poi dileguarsi tra la folla. Vicky rimane a fissare la scia che sembra lasciare davanti ai suoi occhi. « Ti stava dando fastidio? Stai bene? » Torna alla realtà, e il suo sguardo si fissa in quello del biondo per qualche secondo, sbattendo poi le ciglia, un paio di volte. « Non mi stava dando fastidio, anzi, era pure piuttosto gentile. » Risponde, sorridendo in un secondo momento. « Però certo, chi se lo aspettava che facessi così tanta paura alla gente. L'hai incenerito con un'occhiata. Ma davvero, sto bene, non devi preoccuparti. Ci ha provato, un po', ma è normale ad una festa no? » Alza le sopracciglia, come a voler ottenere una risposta da lui, a quella domanda, per poi voltarsi all'indietro, per lasciare andare il bicchiere vuoto su un pezzo di bancone. « Scusa, è solo che il tuo psicopatico molestatore personale sono io, non voglio rivali. » Oh, con questo si spiegano un sacco di cose. Si scioglie in un sorriso divertito, mentre si appoggia con le spalle al bancone, così da avere, per qualche istante, la sensazione di stabilità. « Cioè, la mia Puddin era qua a portata di mano, ed io non ne avevo completamente idea. Ti sembra corretto? » A quel punto, anche lei lo squadra, dalla testa ai piedi e si ritrova a ridacchiare vistosamente, con la mano che corre a coprirle le labbra. « Neanche a farlo a posta. Sei davvero bellissimo vestito da donna. » Commenta, soffermandosi per qualche istante sui suoi davvero improbabili pantaloncini, per poi risalire fino ai capelli dalle punte rosa per metà testa e blu per l'altra metà. Vi lascia scivolare una mano attraverso, scompigliandoli appena. « Vedi? Ci completiamo a vicenda. Lo yin del mio yang, lo yang del tuo yin. » Accenna con il mento al tatuaggio sulle loro mani, prima di passare l'indice sopra il proprio, come un gesto d'affetto, quasi ne sentisse l'appartenenza, fin dentro le proprie ossa. « Da quanto sei quì? Sei da sola? » I suoi occhi ritornano a quelli di lui, mentre un fascio di luce rossa lo investe, lasciando che i suoi lineamenti si dipingano di quel colore caldo. « Vuoi farmi qualche altra domanda? No, perché altrimenti aspetto che finisci la lista della spesa. » Lo prende in giro, bonariamente. « Sono qui da fin troppo, a dire il vero. Non so nemmeno più che ore sono.. » si ritrova a dire, cercando il proprio cellulare nella borsetta. « Da fin troppo, confermo. Sono quasi le 4 di mattina. » Sentenzia, piuttosto confusa da come il tempo fosse volato così in fretta. « E non ero sola, no. » E a tal proposito.. prende a scrivere un messaggio a Fawn, sperando non le sia successo effettivamente nulla. Forse ti aveva detto che sarebbe tornata agli alloggi? Cerca di ricordare qualcosa, ma è tutto fin troppo confusionario. « Il tuo accompagnatore misterioso mi picchierà, se mi offro di farti compagnia per il ritorno? » « Se sapessi dove sia.. » risponde alle sue parole, continuando a provare a scrivere. « Non per qualcosa, ma per lasciarsi scappare tutto questo, cazzo..Dev'essere davvero un coglione. » Alza gli occhi per captare, appena in tempo, la sua occhiata che lascia spazio a poca immaginazione. Si ferma, per qualche istante, sul piercing che ha al labbro e ci si fissa, per fin troppo tempo. Okay, torniamo a noi? « Smettila di guardarmi così. » Lo rimbecca, provando a tirare la giacca per coprirsi la parte superiore del seno, evidentemente lasciata scoperta dal corpetto. « Ma sei carino a preoccuparti, grazie mille. E fidati, che Fawn deve aver trovato qualcosa di meglio, questa sera. Non è cogliona per niente! » Spero di aver fatto il mio giusto lavoro da spalla. Torna a pensare, cercando di finire il messaggio. "Fawn, ti prego, dimmi che non sei caduta in qualche fosso. Scrivimi, appena leggi il messaggio, ti prego." Invia, per poi cominciare a scriverne subito un altro. « Sì beh insomma, dove vuoi andare? » Torna a lui, per poi scivolare nuovamente nel messaggio. "Sto tornando verso il castello, rispondi, appena puoi." Invia e rimette il cellulare nella borsetta, per poi portarsi entrambe le mani ai fianchi. « Okay, dove andiamo? Data l'ora, dovremmo andare a letto se non vogliamo dormire sopra le tavolate. » Ma noi è proprio questo che vogliamo fare, siamo la gioventù ribelle, siamo quelli che continuano a vivere, quando gli altri si mettono a dormire. Si guarda oltre le spalle, seguendo per qualche istante i movimenti del barista dietro il bancone. Aspetta qualche istante, lo vede allontanarsi e solo allora si volta verso Artie. « Ti fidi di me? » Gli domanda, con l'ombra di un sorriso sulle labbra, poi scrolla le mani, come se avesse detto qualcosa di ovvio. « Ma certo che ti fidi di me. Aiutami a tirarmi su. » Si lascia aiutare dalle sue mani, per ergersi sopra il bancone, con cautela, provando a destare meno attenzione possibile, di sicuro non quella del barista. Allunga una mano verso la pila di bottiglie di alcolici e ne prende una a caso, prima di scivolare all'indietro, per poi prenderlo per mano e scappare via, verso l'uscita con la refurtiva. E' solo quando l'aria fresca si infrange contro il suo viso e i piedi, costretti in quegli stivaloni, cominciano a farle male, che si ferma e scoppia a ridere, ripiegandosi su se stessa, con una mano che si appoggia ad un ginocchio, per sorreggersi. « E' vodka alla fragola. » Commenta, riprendendosi a poco a poco, mentre osserva l'etichetta della bottiglia appena rubata. « No, non è la prima volta che rubo qualcosa. » Alza le sopracciglia, a mo' di sfida. Vuoi dirmi qualcosa a riguardo? « Ma ti avverto, questa è soltanto mia. Già stai troppo fuori, tu. » Oh, quanta bella ipocrisia. « E ora seguimi. »
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    [...] Arrivano, non si sa nemmeno bene come, a quella che era definita da tutti la "Laguna Incantata." Una piccola porzione di Lago Nero che, negli anni, si è andata chiudendo in e stessa, immersa nella vegetazione più fitta, così da diventare il posto perfetto per starsene in santa pace. La luna piena si riflette sullo specchio dell'acqua, rendendo visibile la varietà di colori, che vanno dall'azzurro acceso al blu più scuro, di cui è formata. « Ci sei mai stato? » Gli domanda, facendosi avanti per poi salire, con una certa fatica, sopra uno scoglio, appoggiando la bacchetta accesa sopra di esso. « Oh ma che domande faccio, certo che ci sei già stato. Quante ce n'hai portate qua? Dì la verità. » Una risata cristallina si profila sulle sue labbra, mentre decide di mettersi a sedere. Sistema la bottiglia in un'insenatura della pietra, ricontrolla il cellulare, per vedere se Fawn avesse dato segni di vita, poi le mani scendono verso gli stivali. Abbassa le zip di entrambi e dalle sue labbra esce un'esclamazione di soddisfazione quando, riesce a liberarsene. « Non hai idea di che sensazione bella io stia provando in questo momento. » Socchiude gli occhi e si bea di quei minuti nei quali i muscoli dei suoi piedi sembrano rilassarsi, a poco a poco, distendendosi, uno dietro l'altro. « Hai passato una bella serata? » Gli chiede poi, inclinando la testa di lato, prima di lasciar correre una mano verso la bottiglia. La stappa e se la porta alle labbra, alzando l'indice della mano libera, per farlo oscillare da destra a sinistra. "Tu non puoi bere." « Più che altro, ti sei imbattuto in me o mi sei venuto a cercare? » Se ne esce poi, mentre riabbassa la bottiglia e lo guarda. Lo fissa, lo scruta. Non sa nemmeno cosa vuole ottenere da quella domanda, ma gliel'ha fatta e basta perché è così che fa lei: le passa una cosa per la mente e ha il bisogno di esternarla subito, senza filtri, il più delle volte. « In ognuno dei due casi, grazie. Sono riuscita a fatica ad arrivare fin qui, figuriamoci fino al castello, da sola. » Ridacchia, per poi guardare al di sotto della pietra sulla quale sono seduti. Osserva l'acqua cristallina, per qualche secondo. « Ti va di fare il bagno? » Gli chiede, all'improvviso, alzandosi in piedi, con uno scatto felino. Sciabola le sopracciglia, lasciando che la giacca lunga le scivoli via, lungo le braccia, fino a cadere a terra. « Potrebbe essere leggermente fredda. » Sentenzia, seppur sappia perfettamente che quelle acque sono, stranamente, più tiepide e calde del normale, tanto da generare del fumo biancastro, che si forma, a contatto con l'aria decisamente più rigida. Lentamente, si sbottona il vestitino, lasciando cadere anche quello, senza alcuna vergogna. « Niente che tu non abbia già visto, dico bene? » Cerca di stemperare il disagio, palpabile, di quel momento, per poi dargli le spalle, portando i piedi quasi del tutto fuori dallo scoglio. « Vuoi dirmi davvero che non raccogli la mia sfida? » Gli chiede, lanciandogli l'ultima occhiata, prima di tuffarsi. Riemerge dopo qualche istante e, nota, che intorno a sé si è formata una strada macchia verde, con il colore che lentamente scivola via dai suoi capelli. « Dai!! Vuoi farti pregare? » Urla, non vedendo la sua sagoma stagliarsi sopra lo scoglio. « Porta anche la bottiglia, tanto che ci sei. »

     
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    « Non mi stava dando fastidio, anzi, era pure piuttosto gentile. » Già. Sono tutti gentili, quando vogliono portarti a letto. Riesce a stento a trattenere il pensiero sulla punta della lingua, limitandosi ad annuire mentre finge un certo interesse a quelle sue parole, incrociando le braccia con un movimento scattante. « Però certo, chi se lo aspettava che facessi così tanta paura alla gente. L'hai incenerito con un'occhiata. Ma davvero, sto bene, non devi preoccuparti. Ci ha provato, un po', ma è normale ad una festa no? » « Ho le giuste conoscenze, quì dentro..Se danno fastidio a me, danno fastidio a re e regina. E li hai visti, non è consigliabile, dar loro fastidio. » Risponde dunque, stringendosi nelle spalle. « E comunque già. Normalissimo. » Aggiunge poi, tagliando corto, senza riuscire a celare quella nota di visibile fastidio, mentre serra la mascella. Ma alla fine lei si scioglie in una risata cristallina, una delle sue solite che a lui piacciono tanto, e ciò gli fa scivolare sulla pelle quel disagio, rilassandolo. E' okay. Se n'è andato. Quella visione del cazzo non si avvererà. « Neanche a farlo a posta. Sei davvero bellissimo vestito da donna. » Si sente osservato a quel punto, e proprio per questo, ovviamente, fa una piroetta su sè stesso, allargando le braccia, per farsi guardare meglio. Perchè in fondo è pur sempre di Arthur Cavendish che stiamo parlando. Quindi ritorna nella posizione di partenza, sfarfallando le ciglia e poggiandosi una mano sul petto, con fare teatrale. « Oh, ti ringrazio. » esordisce, il tono di voce leggermente acuto « Così mi fai arrossire! » Aggiunge, falso quanto una banconota da due galeoni. Poi scoppia a ridere, da solo, poco prima che le dita della ragazza vadano a scompigliargli i capelli, facendolo ridacchiare, molto più sinceramente e sommessamente rispetto alla risata sguaiata di prima. Gli piace quel contatto. Incrocia per qualche momento il suo sguardo, poi distoglie l'attenzione. « Vedi? Ci completiamo a vicenda. Lo yin del mio yang, lo yang del tuo yin. » A quelle parole, lo sguardo ricade su quel tatuaggio che entrambi hanno deciso di fare poco tempo fa, ed un mezzo sorriso gli piega le labbra sottili, mentre lo percorre con due dita. Un gesto, quello, che lo ha reso più felice di quanto non si aspettasse. Di tatuaggi dopotutto Artie ne ha sempre avuti e se ne è sempre fatti tanti. Dai significati più disparati e, talvolta, completamente a caso, senza un motivo ben preciso. Ma quella volta, quel semplice disegno, improvvisato, semplice, a prima vista insignificante, tracciato sulla propria pelle bianca assieme a lei, aveva significato tanto. Aveva significato tutto. Una promessa, incisa sulla loro carne per sempre. Quel per sempre di cui uno come lui aveva costantemente bisogno di sentirsi dire e che ora, gli bastava un solo sguardo, per ricordarsene. « E pensa che non ho nemmeno avuto alcuna visione al riguardo. Mi dispiace, ormai è evidente: siamo fatti l'uno per l'altra. » Scherza « Ti stanno un sacco bene, i capelli verdi, comunque. Mai pensato di usarlo come colore fisso? Un bel verde evidenziatore..mmh..Di classe! » La punzecchia poi, ridacchiando. « Vuoi farmi qualche altra domanda? No, perché altrimenti aspetto che finisci la lista della spesa. » Ma a quel punto si ammutolisce, come preso da uno status di timidezza che assai poco gli appartiene mentre si chiede, mentalmente, perchè tutto quell'interesse nei suoi confronti. Ma non riesce -o forse non vuole- darsi una risposta, allora preferisce incassare il colpo in silenzio, per una volta. « Sono qui da fin troppo, a dire il vero. Non so nemmeno più che ore sono..Da fin troppo, confermo. Sono quasi le 4 di mattina. » « Wohhh, le quattro, tardino eh! » Non che non sia abituato ad orari del genere, uno come lui, che la notte non l'ha mai considerata tale, ma gli sembra solo un minuto fa, quando saltellava sulla schiena di Sam. « E domani abbiamo pure scuola. Mmh..Non ti facevo così trasgressiva. » La prende in giro, con un sorrisetto da prendere a schiaffi. « E non ero sola, no. » Sorriso che muore immediatamente a quelle sue parole. Si fa serio, stringendo le labbra, lo sguardo di ghiaccio che cerca di individuare qualsiasi nome, qualsiasi indizio dallo schermo del suo cellulare. Oh sì brava, scrivigli mentre sei con me. No no, tranquilla che non mi offendo. « Se sapessi dove sia.. » « Chissà, magari si è perso nel labirinto. Poverino » Sentenzia gelidamente, mentre distoglie lo sguardo e tamburella nervosamente con le dita sul bancone, prima di farsela passare, almeno un po', e tornare a fissarla. Un coglione, davvero un coglione, pensa, riferendosi a quell'ipotetico accompagnatore, mentre automaticamente gioca con il piercing al labbro inferiore, smuovendolo con la lingua, nel frattempo che lei sembra osservarlo per qualche minuto in più del dovuto. « Smettila di guardarmi così. » Si sta ancora passando la lingua attraverso i denti, quando sembra sobbalzare, ritornando alla realtà, non appena Vicky si tira su il corpetto del vestito. « Così come? » Si ritrova a domandare, il tono assorto, distogliendo lo sguardo soltanto allora per incrociare quello di lei. « Ma sei carino a preoccuparti, grazie mille. E fidati, che Fawn deve aver trovato qualcosa di meglio, questa sera. Non è cogliona per niente! » Ed è allora che i suoi occhi brillano, mentre aggrotta la fronte per inarcare le sopracciglia per qualche istante, prima di capire. Fawn. E' Fawn l'accompagnatore misterioso. Si dice mentalmente, mentre un anomalo quanto fuori luogo -o almeno, è così che lo reputa, a prima vista- sollievo sembra gettare uno spiraglio di luce in quella sua ingiustificata negatività. « Quindi eri con Fannie, e non con un ragazzo! » Squittisce, con fin troppo entusiasmo, accorgendosene soltanto dopo. « Ahm..cioè..Sì insomma, io e Fawn siamo amici. Mi farebbe piacere vederla. Già. Sì. Hehe. » Si passa una mano fra i capelli tinti, mentre si guarda attorno come se la stesse cercando, quando in realtà cerca soltanto di celare l'imbarazzo. « Sai dov'è? » Borbotta, ringraziando chissà quale dio che lei sia ancora intenta a cercare di scrivere un messaggio, da circa dieci minuti. « Okay, dove andiamo? Data l'ora, dovremmo andare a letto se non vogliamo dormire sopra le tavolate. » Storce il muso. « Andiamo, ti inizio a reputare una trasgressiva e tu mi cadi così? Volendo andare a dormire dopo una festa del genere? No no no no, sono le basi. » Scuote la testa ed agita il dito indice, per dar enfasi a quelle sue parole. « Ti fidi di me? » Ma lei lo interrompe dopo qualche istante, portandolo a piegare la testa di lato nel guardarla, confuso. Fa per dire di sì, quando.. « Ma certo che ti fidi di me. Aiutami a tirarmi su. » e a quel punto ride. « E se invece non mi fidassi? Come fai ad esserne così sicura eh? » La punzecchia, prima di allungare le braccia, per aiutarla a salire sul bancone. « Spogliarello sul bancone? Adoro » La prende in giro, prima di ammutolirsi, per non attirare l'attenzione del barista che, qualcosa gli suggerisce, non sarebbe poi troppo contento di una situazione del genere. Non che ne abbia paura, Artie, considerata la sua particolare posizione lì al Pandemonium, ma non vuole che Vicky si becchi chissà quale rimprovero. E allora resta lì a guardarla, senza ancora effettivamente capire quale sia il suo intento, con lo sguardo che per qualche secondo si posa sotto la sua gonna, vista la prospettiva. Okay Artie, no. Lo distoglie poco dopo, guardandosi attorno con fare circospetto, per poi rendersi conto di cosa lei stia facendo. « Psssss! Vicky! Ma che fai? » La richiama, squittendo, seppur certo che le risulterà difficile sentirlo, attraverso tutto quel trambusto generale. Ma non può aggiungere altro che lei si lascia cadere verso dietro, e lui allunga le braccia per aiutarla a non precipitare, stringendola per qualche istante, prima che la ragazza lo prenda per mano, per scappare via entrambi col bottino. « L'hai rubata! Cazzo, l'hai rubata! » Urlacchia poi, una volta fuori, l'espressione ancora sconvolta, prima di scoppiare a ridere assieme a lei, poggiandosi al muro alle spalle, per non precipitare. « E' vodka alla fragola. No, non è la prima volta che rubo qualcosa. » Gli lancia un'occhiata di sfida, Vicky, che Artie coglie inarcando un sopracciglio. « Oh tranquilla, non ti giudico. Potrei solo fare la spia col capo. » La punzecchia, poi ride. « ..Solo, quante altre cose non so di te, ancora? Sai, per prepararmi psicologicamente, eh. » « Ma ti avverto, questa è soltanto mia. Già stai troppo fuori, tu. » « Io? Ti sei data un'occhiata? » « E ora seguimi. »

    Ed infine eccoli, a quella che tutti chiamano La laguna incantata. Un luogo al quale prima d'ora non ha mai granchè fatto caso, ma che adesso si ritrova ad osservare, con sguardo assorto e la bocca semiaperta. Il bagliore della luna si infrange sullo specchio dell'acqua, creando un'atmosfera argentea che permea l'intera atmosfera. Ed è ancora assorto in quella silenziosa contemplazione, resa ancora più ovattata da tutto l'alcool che gli scorre nelle vene, che la voce di lei lo riporta alla realtà. « Ci sei mai stato? » Scuote la testa, ma Vicky non lo vede, già impegnata per com'è a sedersi su di uno scoglio. « Oh ma che domande faccio, certo che ci sei già stato. Quante ce n'hai portate qua? Dì la verità. » La segue a quel punto, sedendosi accanto a lei, con le gambe incrociate. « Oh sì, davvero, non sai quante. Ho una lista lunghissima » Mente spudoratamente « Lo devo a qualcosa, questo interesse? » e la incalza, come un serpentello traditore. Poi resta in silenzio, osservando i suoi movimenti, con un sorrisino pacifico a distendergli le labbra sottili. Non sa se è per via dell'alcool, nè del fumo, ma gli piace stare lì. Gli sembra di essere nel posto giusto, al momento giusto e con la persona giusta. « Non hai idea di che sensazione bella io stia provando in questo momento. » « Per un momento avevo pensato di fare la pazzia e mettere i tacchi ma..No, non sono ancora abbastanza donna per sopportare questa atroce tortura. » Ride, stringendosi nelle spalle e dondolando le gambe. « Hai passato una bella serata? » « Sì, dai, non male. Ho palpato Sam, ho bevuto tanto di quel gin che penso farà parte del mio gruppo sanguigno da domani in poi e.. » Mi hanno pestato. Ma questo non lo dice, bloccandosi. Non vuole passare per la vittima, per l'ennesima volta in sua presenza, nè per quello che attira guai, sempre e comunque. Non vuole rovinare il momento e farla preoccupare, allora scocca la lingua al palato, in cerca di qualcosa da dire, ma per fortuna è lei a parlare, non prima di aver stappato la bottiglia ed averlo ammonito, prontamente, col dito indice. « Sei crudele. » Borbotta, imbronciato. « Più che altro, ti sei imbattuto in me o mi sei venuto a cercare? » Ma quella domanda sopraggiunge improvvisa ed inaspettata, e lui si ritrova con lo sguardo sbarrato, la bocca schiusa come pronta a rispondere, per quel botta e risposta che lo caratterizza sempre, ma dalla quale, tuttavia, non fuoriesce alcun suono. Ti sono venuto a cercare. « Mi sono imbattuto in te » Appositamente. Perchè avevo bisogno di vederti. « Casualmente » Annuisce, come a volersi auto convincere, con un'espressione fintamente indifferente. Che bugiardo del cazzo. « In ognuno dei due casi, grazie. Sono riuscita a fatica ad arrivare fin qui, figuriamoci fino al castello, da sola. » Si stringe nelle spalle « Figurati, ti capisco bene, è il mio status quotidiano, questo. » Ridacchia debolmente, poi si sofferma a guardarla, mentre poggia le mani sulla roccia. Lei guarda l'acqua, lui guarda lei. Ciò che riesce a decifrare, tra i fumi dell'alcool, è il suo profilo. Il trucco pesante per l'occasione le mette in risalto le labbra carnose, assieme agli zigomi, ed il nasino all'insù. I capelli chiari, di quel verde anomalo, le svolazzano sul viso, incorniciandolo ulteriormente. E' bella, bella come non mai, e ciò lo porta a sospirare e rivolgere la sua attenzione altrove. Sei ubriaco, si dice mentalmente, schifosamente ubriaco. « Ti va di fare il bagno? » Ma lei spezza per l'ennesima volta il silenzio, alzandosi di scatto, costringendolo involontariamente a guardarla.
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    « Ehhh? » Si ritrova a squittire, preso alla sprovvista. Non che uno come Arthur Cavendish di pazzie non ne abbia mai fatte, questo è chiaro, ma sentirsele proporre da lei, è..strano. Meravigliosamente allettante, ma strano comunque. « Ma sono le quattro di notte..e abbiamo bevuto, e pure parecchio » Si ritrova a ribattere, senza nemmeno riconoscersi in quelle parole. Lui, proprio lui che pensa razionalmente di fronte ad un colpo di testa bello e buono. Che cazzo ti prende, Artie? « Potrebbe essere leggermente fredda. » Ma Vicky taglia corto, e senza aspettare oltre si spoglia, lasciando cadere il vestitino. Resta a fissarla, il biondo, deglutendo a fatica. « Niente che tu non abbia già visto, dico bene? » Boccheggia come per dire qualcosa, prima di bloccarsi qualche momento, con l'intento di riprendere un attimo in mano la propria dignità. Ma lo sguardo si posa di nuovo sul corpo seminudo di lei, e allora torna a non capire più nulla. « Ahm, sì, hai ragione. » Riesce a dire, prima che lei gli rivolga un'ultima domanda, per poi gettarsi. Alcuni schizzi d'acqua tiepida lo colpiscono in pieno, portandolo a ridacchiare, mentre tenta di coprirsi con un braccio. « Dai!! Vuoi farti pregare? » Lei urla, e lui la individua a qualche metro di distanza, con un alone verde attorno, proveniente dai suoi capelli che vanno via via scolorendosi. « Scusa se non voglio morire divorato da chissà quale mostro ci sarà quì dentro! Dovresti stare attenta anche tu! Lo vedi da te che questo posto è minacciosissimo! » La prende in giro, ridendo, mentre si solleva sulle ginocchia, per prendere la giusta spinta per rialzarsi. « Porta anche la bottiglia, tanto che ci sei. » E a quel punto si alza. Si leva gli stivali, lasciandoli precipitare chissà dove, la maglietta bucherellata e quei pantaloncini glitterati, rimanendo semplicemente in mutande. Boxer con la faccia di Puddin stampata sopra, per rimanere in tema. Poi agguanta la bottiglia, richiude bene il tappo, le lancia un'ultima occhiata e prende un lungo respiro. « Banzaiiiiiiiiiiiiii! » Urla, come ha sempre visto fare nei film, prendendo la rincorsa per lanciarsi in acqua in uno splash di tutto rispetto. Resta sott'acqua per qualche minuto di più, con il dispettoso intento di farla preoccupare, trattenendo il respiro e proferendo qualche bollicina dal naso e dalla bocca. Poi, improvvisamente, le sbuca dietro, solleticandole i fianchi e ridendo. « Buh! » Urlacchia, ridendo. Le sguscia accanto, con l'acqua che accompagna i suoi movimenti, ed innalza il braccio con la bottiglia. Fa per dargliela, ma poi la riavvicina a sè, con espressione malefica, aprendola, bevendo due o tre sorsi, ed infine porgendogliela. « Ecco a te cara. » Proferisce, prima di abbassarsi sotto la superficie fin sotto il naso, facendo qualche bollicina con la bocca. Gli piace, quell'atmosfera. L'acqua è abbastanza tiepida, piacevole. E quel fumo che aleggia tutt'attorno a loro crea una coltre a dir poco particolare. « Allora, hai rubato una bottiglia di vodka e ti sei fatta un bagno semi nuda -invitando un me a farlo con te, oltretutto- ben oltre la mezzanotte. Cos'altro devo aspettarmi? » Le sorride, passandosi una mano fra i capelli, per tirarsi via alcuni ciuffi ormai umidi dalla fronte. Si riscopre il palmo della mano macchiato di blu e fuxia, e allora ride, lanciandole poi un'occhiata pericolosa e, senza attendere oltre, allungarla per strofinargliela sul viso, macchiandola. « Ferma ferma ferma! » Continua a ridere, sbilanciandosi verso di lei per sollevarla, attraverso i fianchi. E l'intento sarebbe quello di innalzarla abbastanza da poterla lanciare a qualche metro di distanza, ma sarà forse per il fatto che è vergognosamente ubriaco, sarà per il suo fisico debilitato e la sua forza fisica pressochè nulla, che perde l'equilibrio, bloccandosi a metà dell'opera. Quindi lei gli scivola via dalle mani, e lui la stringe, per non farla precipitare completamente. E per l'ennesima volta da quando si conoscono, si ritrova a pochi centimetri dalle sue labbra. Ricorda ognuno di quei momenti, Artie. Il primo, a casa sua, mentre giocavano a biliardo, il secondo, in quel camerino, ed infine il terzo, il più importante di tutti, quel mezzo bacio non dato, al Danse Macabre. Quel contatto inaspettato e chissà, forse involontario, al quale aveva pensato per ore, e poi giorni interi. E al quale ripensa anche adesso, mentre si passa la lingua sulle labbra, osservando le sue insistentemente. « Ho mentito, prima. » Mormora dopo qualche istante, incrociando il suo sguardo. « E' la prima volta che vengo quì. » Sfiora il suo nasino col proprio « E non è vero che mi sono imbattuto in te per caso. Ti stavo davvero cercando, perchè volevo vederti. E stare con te. » E a quel punto, azzera completamente le distanze tra loro, imprimendo le proprie labbra su quelle di lei. In un bacio vero, per una buona volta, senza se e senza ma. In un bacio che gli permette di assaporarla davvero, finalmente, di far proprie quelle labbra che ha sempre guardato con desiderio, pur celandolo la maggior parte delle volte. Un bacio incerto, quello, frenato dalla paura di venire respinto, ma che ciò nonostante non gli impedisce di sfiorare la punta della sua lingua con la propria, mentre una scarica elettrica gli percorre violentemente la schiena. Infine si stacca, quando ha bisogno di prender respiro, e non appena si rende conto di quanto abbia appena fatto. La guarda, boccheggiando e mormorando parole senza senso compiuto. « Scusa, cavolo, non l'ho fatto apposta, io.. » Bofonchia, mentre si passa di nuovo entrambe le mani fra i capelli. Poi si sofferma a guardarla, i denti che affondano automaticamente nel labbro inferiore. « Io ti sto mentendo di nuovo. » Asserisce « Non è vero che non l'ho fatto apposta. La verità è che volevo farlo, e pure da parecchio. Ma.. » Cerca un ma che sia razionale, per salvarti il culo, Cavendish. « Ma non c'è un fottutissimo ma. Sei bellissima cazzo. » Un sospiro si infrange sulla pelle di lei. « E resisterti è sempre più complicato. »


    Edited by R.I.P. 2 my youth - 9/11/2018, 22:52
     
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    « Oh sì, davvero, non sai quante. Ho una lista lunghissima. Lo devo a qualcosa, questo interesse? » Lei lo guarda, aggrottando le sopracciglia, presa leggermente alla sprovvista. « Era una semplice domanda di circostanza, non volevo intendere dall'altro.. » si ritrova a rispondergli con una punta di sorriso sulle labbra. « Anche perché conoscevo già la risposta, ovviamente. Conosciamo tutti la lunga lista di Arthur Cavendish. Le voci girano. » Lo sguardo si fa più birichino, prima di ridacchiare e tornare a ciò che sta facendo: togliersi quei dannatissimi tacchi che le hanno ridotto i piedi a due colabrodo. « Per un momento avevo pensato di fare la pazzia e mettere i tacchi ma..No, non sono ancora abbastanza donna per sopportare questa atroce tortura. » Sgrana gli occhi, evidentemente sorpresa da quelle parole. « Spera di non esserlo mai, allora. Sono una vera tortura cinese. » Commenta gettandoli via con forza, una determinazione che le causa un sonoro giramento di testa, visto tutto l'alcol che ha in circolo in quel momento. « Oh, okay, movimento meno bruschi, ho recepito il messaggio. » Commenta fra sé e sé, prima di rialzare lentamente lo sguardo sul biondo di fronte a sé. Bene, ci sono, credo. « Dicevo..non ti perdi niente. E il look mi sembrava assolutamente perfetto, anche senza i trampoli. » Annuisce, lanciando un'occhiata all'acqua sotto di loro. Cosa non si fa per quei due centimetri in più che ti vanno sentire una stangona. « Mi sono imbattuto in te. Casualmente. » Lo guarda per qualche istante e annuisce, con le labbra che si arricciano lievemente. « Beh, sono stata fortunata. Immagino che domani mi avrebbero ritrovato in qualche vicoletto lì intorno, ancora a chiedermi dove fossi. » Scrolla la testa, ridacchiando a quel pensiero. E' da tanto che non festeggiava per bene. E' da tanto che non si divertiva così tanto e, con il senno di poi, ritrovarsi in un posto completamente sconosciuto, la mattina seguente, sarebbe stato il giusto finale alla sua avventura con Fawn.
    [...] « Scusa se non voglio morire divorato da chissà quale mostro ci sarà quì dentro! Dovresti stare attenta anche tu! Lo vedi da te che questo posto è minacciosissimo! » Scuote la testa, ridendo, mentre i capelli le si appiccicano al volto. Li toglie uno ad uno e sta per rispondere ad Artie, quando lui si butta in acqua, alzandola di mezzo livello e spruzzandola ovunque. La bionda, senza volerlo, si ritrova a bere e tossire come una forsennata, fin quando non si calma e comincia a preoccuparsi, leggermente, per il fatto che Artie non è ancora tornato in superficie. Si volta, guarda a destra e sinistra. « Artie, non fare il cretino. Esci fuori. Sei da sotto da troppo tem- prende a dire, ma lui fa il cretino, appunto e la fa sobbalzare, ricomparendole da dietro. « Buh! » Lei si volta, velocemente e gli dà una spinta all'indietro, per quanto la forza dell'acqua glielo permetta. « Sai quanto non mi piace la gente che mi sbuca da dietro! » Prende a dire, con un sorriso però stampato sulle labbra, mentre cerca di sfilargli dalle mani la bottiglia. Non c'è spazio per i traumi che le hanno regalato quei mesi di Lockdown, in una serata spensierata e di rivincita come quella. « No, ehy, non facciamo scherzi. E' la mia quella bottiglia, tu non devi bere! » Prende a lamentarsi, ma lui decide di bere e lei arriccia il naso, fingendosi arrabbiata, per quanto la sbronza le permetta. Perché, stando al suo umilissimo giudizio, sta facendo davvero una faccia minacciosissima, ma quel poco di lucidità che le rimane le dice, chiaro e tondo, che probabilmente sta facendo la classica faccia da ebete che l'alcol dona a tutti. « Ecco a te cara. » Prende la bottiglia e comincia a bere, mentre lui riprende a parlare. « Allora, hai rubato una bottiglia di vodka e ti sei fatta un bagno semi nuda -invitando un me a farlo con te, oltretutto- ben oltre la mezzanotte. Cos'altro devo aspettarmi? » Finisce di bere l'ultimo sorso, prima di fare qualche bracciata verso lo scoglio. Si issa su di esso, scoprendosi per una buona parte di schiena, lasciandovi andare la bottiglia che altrimenti non saprebbe dove appoggiare. « Ma tu credi davvero che io sia, non lo so, una santarellina precisina? » Gli domanda, tornando da lui a nuoto, per poi bloccarsi a pochi centimetri da lui. « Ho fatto il giro del mondo, con lo zaino in spalla, da sola. Credi che sia il peggio che abbia mai fatto rubare una bottiglia e farmi un bagno quasi nuda con un ragazzo? » Lo guarda, pacifica, quasi a volerlo sfidare a ribattere il contrario, mentre braccia e gambe si muovono sott'acqua per mantenerla a galla, lì dove sicuramente non toccherebbe il fondo nemmeno per sbaglio. Lo guarda passarsi le mani tra i capelli e il biondo torna alla luce, lasciando che il blu e il fucsia scivolino via, attraverso le sue dita. Non fa in tempo a capire le sue intenzioni che si ritrova la faccia sporca del colorante dei suoi capelli. « Ferma ferma ferma! » « Ferma? Ora ti faccio diventare peggio del Grinch. » Si ritrova a dire, raccogliendo le ultime gocce di colore verde dai propri capelli, per avvicinarsi a lui, facendogli la linguaccia. Ma lui la prende per i fianchi per buttarla all'indietro e lei comincia a dimenarsi, ridendo a crepapelle, fin quando non gli scivola via, tra le dita e il suo corpo aderisce a quello di lui, irrimediabilmente. E cala il silenzio, mentre il fumo chiaro si alza dall'acqua, avvolgendoli nelle sue calde spire. Si passa una mano sul volto, Vicky, probabilmente mescolando il colore dei capelli di Artie al suo trucco sbaffato, diventando una maschera da circo. Poi torna a guardarlo, avvicinando la stessa mano al suo volto, per andare ad intrappolare tra le dita alcune gocce di acqua che avevano trovato il loro habitat naturale tra le ciglia di lui. Sembrano lacrime, eppure hanno una consistenza diversa tra le pieghe del sorriso che si scambiano. « Ho mentito, prima. E' la prima volta che vengo quì. » Aggrotta la fronte, mentre lui si avvicina a sfiorarle il naso con il proprio. « Perché? » Sussurra piano. Perché dirmi una bugia? « E non è vero che mi sono imbattuto in te per caso. Ti stavo davvero cercando, perchè volevo vederti. E stare con te. » Le si attorciglia lo stomaco, a quelle parole. Si sente strana e non ha il tempo per palesare quella sensazione, che lui si porta in avanti, posando le labbra sopra quelle di lei. C'è un attimo di indecisione, un attimo nel quale sembrano valutarsi a vicenda. Un attimo nel quale Vicky cerca di capire se è effettivamente questo ciò che vuole e solo quando la lingua di lui riesce ad arrivare a toccare la sua, che si stacca, portandosi all'indietro, così come fa lui. « Scusa, cavolo, non l'ho fatto apposta, io.. » Che cosa vuoi, Vicky? Si domanda, ma la testa è troppo leggera e pesante allo stesso tempo per riuscire a pensare davvero. Perché la loro è una situazione strana, un'amicizia strana, fatta di sguardi ambigui, fatta di battute e momenti fin troppo carichi di tensione per passare inosservati. E' un qualcosa di platonico, a questa conclusione è arrivata ormai da tempo e le sarebbe andato bene così, se solo non avesse il sapore di lui sulle proprie labbra e non continuasse ad assaporarlo con la punta della lingua. Deglutisce quindi, mentre lo guarda con una smorfia laterale delle labbra. Non doveva succedere, ho fatto di tutto per non farlo succedere. Non siamo soli, ci sono altre persone coinvolte. « Non ti preoccupare, è tutto okay. L'alcol. » Prova a ridacchiare, per smorzare la tensione e il disagio che sono ormai palpabili tra di loro. « Io ti sto mentendo di nuovo. Non è vero che non l'ho fatto apposta. La verità è che volevo farlo, e pure da parecchio. Ma..Ma non c'è un fottutissimo ma. Sei bellissima cazzo. E resisterti è sempre più complicato. » Si umetta il labbro inferiore con la lingua, mentre le mani scivolano lungo le braccia di lui, con fare delicato. Cosa sta succedendo? Non lo sa. Come si sveglieranno il giorno dopo? Non sa nemmeno questo. Si parleranno ancora? Spera sinceramente di sì, perché a lui ormai si è abituata e farne a meno, non è una cosa che riesce a concepire. Segue le proprie dita per qualche secondo, per poi alzare lo sguardo su di lui. « Non ti arrendi mai, non è così? » Gli chiede, infine, spezzando il silenzio. Non è comprensibile il tono che vuole dare a quelle parole. Forse c'è durezza, forse c'è sarcasmo, forse ci sono entrambi o nessuno dei due. Soprattutto perché sa bene quanto Artie, invece, sia un ragazzo che tende a rinunciare alle persone, alle cose. Lo ricorda il suo discorso sul fatto che, prima o poi, tutti lo lasciano solo, tutti lo lasciano indietro, e per questo, è completamente disilluso, non ha alcuna speranza nei confronti del mondo. Ma le parole che le ha appena rivolto sembrano entrare in completa contrapposizione al discorso di giorni prima. Contraddicono l'Arthur di solo qualche giorno prima. Si morde il labbro inferiore, mentre la mano destra scivola verso quella di lui, così da congiungersi a formare il simbolo dello yin e lo yang. « Dovevi farlo quando eri abbastanza in tempo. Io ti avevo avvertito. » Gli carezza il dorso della mano con la punta delle dita e sorride. « Ora ti innamorerai irrimediabilmente di me, ti sei condannato da solo. » Una smorfia divertita si fa spazio sulle sue labbra, prima che un indice cominci a puntare verso il basso, mentre un sopracciglio svetta verso l'alto. "Ci vediamo dall'altra parte" sembra volergli dire. Prende un respiro profondo e scende sott'acqua, lentamente, mentre lui fa lo stesso.
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    Impiega qualche istante per aprire gli occhi, ma poi lo fa e se lo ritrova davanti. Sorride, a denti stretti, mentre alcune bollicine sfuggono dalla sua bocca e nelle orecchie ha soltanto quel tipico sibilo che l'acqua riesce a creare. Non ci pensa due volte, prima di avvicinarsi a lui. Una mano che corre a circondare il suo volto, con delicatezza, mentre le sue labbra si chiudono sopra quelle di lui. E in un attimo, come se sott'acqua fosse tutto permesso, tutto concesso, senza dover pensare alle complicazioni future, Vicky decide di andare oltre, con le labbra che trovano la loro perfetta impronta in quelle di lui, le gambe che, lentamente, si avvinghiano ai fianchi di Artie e le mani che lo tengono stretto a sé. Qui sotto non c'è alcuna regola. Ci siamo solo noi e domani potremo pure non ricordarcene, ma qui sotto, io voglio te e tu vuoi me. Continuano così, per qualche secondo, fin quando la bionda non sente di aver finito ogni riserva di aria nei polmoni e allora si dà una spinta con i piedi, verso l'alto, portandoselo dietro. Riemersa, si passa una mano sul volto, a voler portare indietro i capelli bagnati, per poi sorridere e tuffarsi nuovamente sulle sue labbra. Le assapora, le fa proprie, avendo il bisogno di sentire quel calore che, grazie a quel bacio, le si diffonde nelle vene, come quasi a riprendere vita. Non prova quel piacere da troppo tempo, lei, che del tiepido caldo umano ha sempre avuto bisogno. E grazie a lui lo sente nuovamente sulla pelle, mentre le dita viaggiano lungo il suo collo e la sua lingua gli confida tutti i segreti che si è tenuta per sé, fino a quel momento. Gli dice tutte quelle parole che non gli ha mai detto, per colpa di cose che, al momento, non le interessano in alcun modo. Non le può fregare di meno di chi avrà da ridere cosa, l'indomani. Ha tutto quello di cui non sapeva di aver bisogno, lì, tra le sue braccia ed è abbastanza. E' tutto. Si stacca con una risatina, mentre ha evidentemente bisogno di fiato. « Forse..e dico forse, è una cosa che andava fatta da troppo tempo, hai ragione. » Sorride, con il capo che si piega leggermente in avanti, così da far aderire le loro fronti grondanti di acqua. E, in quegli istanti di silenzio e respiri profondi, le tornano in mente le sue parole, di qualche giorno prima. "Non ha senso, vero? Tutto questo essermi affezionato a te..questa paura..io e te, esiste tutto solo nella mia testa...non è così?" E ricorda anche quel piccolo bigliettino, che gli ha lasciato sul bancone, prima di uscire, con una piccola riga scura di parole in corsivo, scritta di fretta, ma con un significato ben preciso. « Esiste anche nella mia di testa. » Fa eco a quelle parole su carta, prima di arricciare il naso e riempire le guance di quel sorriso che si dipana sulle sue labbra. Perché non può esistere solo nella testa di lui, quando una scarica elettrica la percorre da parte a parte ogni qual volta lui la guarda in un determinato modo. Non può esistere solo nella testa di lui, se quando la sfiora, anche inavvertitamente, lei si ritrova ad avere i brividi di freddo, sperando, nel profondo, che quel contatto si faccia più intenso e ricercato. Non può essere solo nella testa di lui se, ogni qual volta i loro sguardi si incontrano, lei desidera che quegli occhi chiari non si stacchino mai più. Scosta per qualche secondo la fronte, per piantare i suoi occhi smeraldini in quelli di lui. Sorride, divertita nell'avvicinare le labbra a quelle di lui. Le schiude, per poggiarvele sopra, ma non fa altro che sorridere e non azzerare del tutto quella distanza. Appoggia, poi, la punta della lingua sul labbro inferiore, formando una striscia verticale fino al labbro superiore. Scoppia a ridere, di una di quelle risate cristalline che sembrano essere tipiche dei bambini che giocano, nel cortile di casa, senza nessun pensiero, senza altro a cui pensare che divertirsi. « Non smettere mai di sorridere » si ritrova a dire, con ancora un velo di lacrime ilari negli occhi. « Perché quando lo fai, sei davvero bello! » "Sei manipolativo, sei estremamente egoista ed egocentrico, sei una cattiva persona, sei viziato..è per questo che non mi piaci." Quelle parole, che gli ha rivolto anni prima, rimbombano nella sua testa e non può non sorriderci sopra, nel capire quanto cavolo si fosse sbagliata. « E non smettere mai di guardarmi così. » Lo guarda, prima di depositare sulle sue labbra un altro bacio e un altro ancora. « E un'esplicita richiesta della tuaPuddin. »

     
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    « Ma tu credi davvero che io sia, non lo so, una santarellina precisina? » « Ah perchè, non lo sei? » La prende in giro, ridacchiando, con tanto di stretta di spalle a legittimare quelle sue parole. A dire la verità, Artie di Vicky si era sempre fatto tanti preconcetti, prima d'ora. Ricorda ancora come fosse ieri il giorno in cui l'aveva vista, assieme ad Apple. Bella come non mai, con il solito sorriso di sempre, che si era spento, o meglio, trasformato, non appena il suo sguardo smeraldino si era posato su di lui. E da lì tutto aveva avuto inizio. Un tutto al quale, in realtà, Arthur non aveva fatto granchè attenzione nell'anno a venire, prima di qualche mese fa. Victoire Weasley era rimasta nella sua testa, per molto tempo, solo quel miscuglio di pregiudizi che una prima visione dettata da un primo incontro casuale avevano causato. Gli piaceva, certo, gli piaceva e pure parecchio, ma continuava a vederla solo sotto il raggio di quelle apparenze distorte. Un'apparenza che faceva di lei, appunto, quella santarellina precisina ad oggi nominata, forse per il suo provenire da Beauxbatons, o il suo aspetto. Ma alla fine, e mai probabilmente se lo sarebbe aspettato, aveva capito quanto si fosse potuto sbagliare, a quei tempi. Perchè no, Vicky non era questo. Vicky era di più, era molto di più. « Ho fatto il giro del mondo, con lo zaino in spalla, da sola. Credi che sia il peggio che abbia mai fatto rubare una bottiglia e farmi un bagno quasi nuda con un ragazzo? » Ed eccola la vera Vicky, quì di fronte ai suoi occhi, a punzecchiarlo con quella solita espressione a prima vista pacifica, ma che nasconde un pungente fare dispettoso, alla base. E lui ridacchia, per i primi istanti, di una risata cristallina, prima di cogliere quella sua occhiata e ricambiarla, con faccia da schiaffi. « Oh, perdonami. Sai com'è, io ricordo ancora la piccola selvaggia nuda e muta che si copriva coi cuscini nel salone di casa mia, minacciandomi poi con uno di essi. Il tuo passato da bad girl non lo conosco.. » La prende in giro « Direi che questa Vicky che si fa vedere seminuda e mi invita a fare il bagno assieme, comunque, mi piace più della santarellina precisina che sbagliava appositamente il mio nome solo per farmi incazzare, in cortile, dai. Accettabile » Annuisce, dispettoso come un folletto « Adesso non lo sbagli più, il mio nome, eh? » Le lancia un'occhiata che ha del malizioso, mentre la lingua giocherella col piercing al labbro inferiore, poi ride. « Ferma? Ora ti faccio diventare peggio del Grinch. » E continua a ridere in quell'improvvisata lotta, con lei che si dimena come un micio indispettito tra le sue braccia, per macchiargli la faccia di verde e divincolarsi, e lui che tenta di tenerla ferma per sollevarla e lanciarla chissà dove. Ed infine eccoli, calati in quel silenzio fatto di risate svanite e sguardi intensi. La osserva infatti, Arthur, con un sorriso a tratti inebetito, osservando come le goccioline d'acqua le incornicino il visino di porcellana, attraversando le guanciotte per poi percorrere le labbra. Labbra che continua ad osservare, insistentemente, con curiosità e desiderio sempre più crescenti. « Perché? » « Non lo so. » Sibila. Faccio cose strane, quando mi trovo con te. Nulla ha più senso, quando ci sei tu. E si ritrova poi immerso nell'ennesima cosa strana, con il cuore in gola ed il suo sapore in bocca, quando poi si staccano entrambi, e lui si sente mancare il respiro. « Non ti preoccupare, è tutto okay. L'alcol. » « Già. Hem..Sì, è l'alcool. Fortina quella vodka eh » Annuisce, come a volersi auto convincere. Ma la sua testa pensa una cosa e le sue labbra ne dicono tutt'altra, mentre lo sguardo resta fisso sulle labbra di lei, nel dirle certe parole. La vede inumidirsele con la lingua, e ne saggia con lo sguardo ogni millimetro. La forma a cuore, ad esempio, messa ancora più in risalto dalla loro carnosità. Si morde dunque le proprie, istintivamente e senza nemmeno accorgersene, come se affondarvi i denti possa colmare quel bisogno che sente al momento di fare questo e molto altro con la sua, di bocca. « Non ti arrendi mai, non è così? » E quelle parole hanno uno strano suono, mentre spezzano il silenzio. Perchè non se le è mai sentite dire. Perchè lui si è sempre arreso. Fino a solo qualche giorno fa le aveva rivelato di essersi allontanato da lei per aver dato per scontata la fine di tutto, col ritorno al castello, e invece adesso eccolo quì, a prender coscienza di quanto pensa, quanto abbia sempre pensato da qualche tempo a questa parte e dirglielo, senza mezze misure. Che qualcosa sia cambiata, dopotutto? Che lei sia riuscita a installare un po' di luce, anche un minimo, in quella sua notte perenne? « Sto provando a vivere, no? » Per questo non ti dovresti accontentare soltanto di tirare avanti e sopravvivere. Prova a vivere, tanto la fine è vicina, che ti costa? Al massimo, morirai finalmente felice. Ripercorre quelle sue parole mentalmente, mentre un sorriso gli distende le labbra sottili, nell'avvicinare la propria mano a quella di lei e lasciare che il loro tatuaggio in comune prenda forma. Questo è il Taijitu e noi, da ora in avanti, formeremo, lo yin e lo yang. « Dovevi farlo quando eri abbastanza in tempo. Io ti avevo avvertito. » La sente parlare e allora alza lo sguardo verso di lei, guardandola incuriosito. « Ora ti innamorerai irrimediabilmente di me, ti sei condannato da solo. » E a quelle parole ride, di una risata spontanea e cristallina, seppur per qualche istante successivo sembri andare in standby, ripensando a quanto da lei detto, più del dovuto. Ora ti innamorerai irrimediabilmente di me. E' in minuti, anzi più specificatamente secondi, che tutto ciò si svolge, ma ciò nonostante una strana sensazione sembra fiorire lì, da qualche parte in quel suo subconscio, alla quale non riesce a dare una motivazione. E alla fine, quando gli sembra quasi di riuscire a trovarla, quella risposta, lei lo distrae. La vede indicare lo specchio dell'acqua e dopo qualche momento sparirvi attraverso, perciò si appresta di fare lo stesso, dopo aver preso un respiro profondo. Batte le palpebre numerose volte, le bollicine che gli escono dal naso, poi la riesce ad individuare, proprio dinnanzi a sè. I capelli che le fluttuano morbidamente sopra la testa, la pelle diafana che sembra quasi brillare, messa in risalto dal bagliore lunare che traspare attraverso lo specchio d'acqua. Sembra una sirena, pensa, e apre la bocca come per parlare e dirglielo, senza ricordarsi di..beh, essere sott'acqua. Altre bollicine escono dalla bocca dunque, mentre vi si piazza le mani sopra per qualche istante, come a voler trattenere una risata. Infine lei si avvicina, con le sue labbra che vanno a modellarsi sulle proprie, di nuovo. Allunga le braccia, per sorreggere le sue gambe che si avvinghiano ai suoi fianchi, e stringersi a lei, istintivamente. E si lascia andare in quel bacio, che sa di..tutto. Non riesce ad identificarlo, forse per l'alcool, forse perchè la sua mente sembra scollegata da tutto il resto e, sinceramente, poco gli importa. Non vuole pensare per una volta, ma lasciarsi prendere da ciò che quella vita, che stranamente sembra sorridergli almeno per un po', ha deciso di donargli. Lì, in quell'atmosfera ovattata che quel laghetto gli sta regalando. Lontani da tutto e da tutti, lontani da ciò che penseranno l'indomani, loro e chissà chi altri. Perciò continua in quel bacio che ha del magico persino quando sente i polmoni collassare, quando infine è lei a staccarsi, dandosi una spinta per riemergere e portandolo a fare lo stesso. Ritornano al mondo reale e lui si passa le mani fra i capelli, ansimando e battendo numerose volte le palpebre per lasciar scivolare via tutte quelle goccioline sulle ciglia che gli ostacolano la visuale. Infine quando torna a vederla, nitida, si spinge verso di lei così come lei fa verso di lui, le mani che le vanno sui fianchi, stringendo la presa per sollevarsela addosso, mentre le loro labbra si scontrano nuovamente. Un bacio ben diverso del primo che si sono scambiati, ed ancora più approfondito del secondo. Un bacio che sembra legittimare e assieme fargli render conto quanto, da qualche mese a questa parte, abbia desiderato. Perchè a sentirle proprie, quelle labbra, a saggiarne la morbidezza ed il sapore sulle proprie, mentre con la lingua si fa spazio in lei, in quella danza bollente ed intrecciata, assimila quanto la risposta a tutti quei ma, la risposta a tutti quei sospiri spezzati, quelle parole non detto e quegli sguardi incrociati e timidamente distolti, fosse questa. Solo e soltanto questa. Ed una sensazione di questo tipo Arthur l'ha già provata, in passato. Un senso di completezza tale da fargliene fregare nulla di tutto il resto. E per qualche istante la sua mente sta per ricollegarsi a ciò, ma lei si stacca, strappandolo via da quel pensiero, con un vuoto fin troppo familiare che si insinua nel suo petto, ma che viene presto colmato dalle sue parole. Per adesso. « Forse..e dico forse, è una cosa che andava fatta da troppo tempo, hai ragione. » Riprende fiato, la fronte che si poggia a quella di lei, mentre continua a tenerla stretta a sè. « Mmh..tu che dai ragione a me. Bacio così bene da farti convertire tanto? » La prende in giro, ridacchiando, le mani che la lasciano andare, per accarezzarle la schiena nuda. Sospira, il respiro caldo che si infrange contro la pelle di lei. « Esiste anche nella mia di testa. »
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    Ed a quel punto alza lo sguardo sul suo viso, mordicchiandosi istintivamente il labbro inferiore. Lo riportano a quelle stesse parole trascritte su quel foglio di carta, solo qualche giorno fa. Quando gli era sembrato che il mondo gli fosse caduto addosso, per l'ennesima volta, ma lei era riuscita a tirarlo via. E quindi si ritrova a sorridere adesso come qualche settimana fa, con quello stesso sorriso da ebete che aveva preso ad allargargli le guance non appena quel semplice fogliettino di carta gli era capitato tra le mani. Un sorriso che aveva finito addirittura per insospettire sua cugina, nel vederlo piantato lì immobile, come un idiota. La verità è che sei importante per me, tanto, e non voglio perderti come è successo con tutti gli altri. E non so nemmeno perchè tu lo sia diventata così tanto, nè perchè io te lo stia dicendo e neanche cosa voglio ottenere, dicendotelo. Ma..è così. E' così e non sapere come fare per tenerti, definitivamente, con me, mi fa paura. Ricorda alla perfezione quelle parole, e le pensa ancora, una ad una, adesso più che mai. Perciò, con ancora le guance distese e lo sguardo solitamente vitreo illuminato questa volta da una scintilla di vita, si avvicina di nuovo al suo viso, strofinando il naso contro quello di lei, delicatamente. « Quindi..io e te, esistiamo davvero? » Le domanda, il tono di voce simile a quello di un bambino, dotato di un'innocenza ed ingenuità che assai poco gli appartengono. Quindi si avvicina, quando lei fa lo stesso verso di lui, scoppiando a ridere non appena la sua lingua va a sfiorargli le labbra. La sua risata che si mescola perfettamente a quella di lei, in quell'atmosfera surreale, mentre piega la testa verso dietro per qualche istante, per poi tornare a guardarla, passandosi la lingua sulle labbra. « E questo cos'era? » Le domanda, divertito e spensierato come, uno sguardo meno superficiale, non si aspetterebbe mai di vedere da uno come Arthur Cavendish. E sono sensazioni strane, quelle che prova. La testa è leggera, probabilmente per via di tutto l'alcool e la droga che gli circolano in corpo. E lui è lì e non è lì allo stesso tempo. Che sia questo l'effetto di quella tanto ricercata felicità? « Non smettere mai di sorridere, perché quando lo fai, sei davvero bello! » Ridacchia, inarcando un sopracciglio. « Se continui così, potrei abituarmi a questi complimenti gratuiti. » Ride « Potremmo arrivare a quel troppo tardi in cui mi innamoro irrimediabilmente di te. E poi come si fa? » la punzecchia, avvicinandosi a lei, e facendo per darle un morso, senza ovviamente stringere la presa, sul collo. Ride, di nuovo, poi si allontana. « E non smettere mai di guardarmi così. E' un'esplicita richiesta della tua Puddin. » Ritrova il proprio posto sulle sue labbra, in un bacio, un altro e poi un altro ancora. Le ricerca, le brama, con una risatina cristallina che trapela di tanto in tanto, tra un bacio e l'altro. « Così come? » Le domanda poi, incrociando il suo sguardo, riprendendo respiro. « Come se guardandoti il mondo esterno sembri non avere più importanza? » Chiede, con un altro bacio a seguirne le parole. Si piega verso di lei, pressandole sopra col proprio peso per costringerla ad indietreggiare. « O come se, mentre ti guardo, penso a tutte quelle cose che vorrei farti, in questo momento? » Aggiunge, e questa volta i denti vanno a poggiarsi sul suo labbro inferiore, per tirarlo leggermente, mentre con le mani torna a sollevarla, le dita che le attraversano le cosce, lentamente, per poi soffermarsi sul didietro. Stringe un po' la presa, poi la guarda, il respiro che si infrange sulle sue labbra. « Che sono tante, per la cronaca. » Dice, prima di tornare a baciarla. Ma la memoria, gioca brutti scherzi. La memoria è fatta di abitudini, di gesti, di sensazioni. Tutti enti che ti sembra di aver messo da parte, immagazzinati in chissà quale angolo di subconscio, ma che restano lì, silenziosi, pronti per essere rispolverati nei momenti meno opportuni, in maniera del tutto inaspettata. E quelle sensazioni, quei gesti, quelle emozioni, Artie le ha già provate, e sarà forse l'alcool, sarà la nostalgia, sarà il non esser abituato a rivivere simili stati d'animo, ma si ritrova catapultato in una dimensione altra, dove lui non è più lui, con la mente chissà dove, ma lei, specialmente, non è più lei. Dura giusto qualche attimo, un solo istante di sbandamento in cui quel respiro caldo, quella pelle morbida, quelle labbra bollenti e quei dannatissimi capelli biondi non appartengono più a Victoire Weasley ma a qualcun'altro. E lo pronuncia dunque il suo nome, mentre se la solleva addosso nuovamente, con il proprio bacino che va a sbattere contro il suo, questa volta. Daveigh. Nello stesso esatto momento in cui quel sussurro scivola sulle labbra di lei, lui ritorna alla realtà, e sua sorella svanisce, nuovamente, tornando in chissà quale angolo del suo cervello, mentre Victoire ritorna, lì davanti, e lui la fissa, staccandosi. Lo sguardo sbarrato, mentre deglutisce rumorosamente. Fa per dire qualcosa, boccheggiando, ma nulla fuoriesce dalle sue labbra sottili, che sanno ancora di lei. Quella lei che per un attimo, ha identificato in qualcun'altro. Perciò, mentre cerca i suoi occhi, spaventato di quanto potrà trovarci al loro interno, l'unico pensiero che gli rimbomba in testa è uno soltanto: ti prego, ti prego, fa che non l'abbia detto davvero.
     
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    « Mmh..tu che dai ragione a me. Bacio così bene da farti convertire tanto? » Si stringe a lui, ridacchiando come una ragazzina. Si lascia andare al contatto della sua pelle, si bea del calore che riesce a sprigionare, nello sfiorarsi con la propria. « Ma sentitelo, signori. Baci decentemente. Sicuramente non baci come dovrebbe farlo un bravo ragazzo. » Continua a ridere, per poi staccarsi da lui quel tanto che le basta per guardarlo in volto. Si sorridono, continuano a farlo per degli istanti interminabili, nei quali quei sorrisi si allargano, si inebetiscono, diventano più distorti per via dell'alcol in circolo, eppure, agli occhi smeraldini di lei sembrano essere perfetti. Così veri, così naturali, così, finalmente, liberi di potersi vivere, indistintamente. « Quindi..io e te, esistiamo davvero? » Lei stringe le labbra, in quella che sembra essere una smorfia imbarazzata, ma che, invece, è soltanto l'espressione naturale di quanto effettivamente quella domanda le stia facendo provare. Annuisce quindi, come se fosse la cosa più giusta da fare, di fronte a quel punto interrogativo. « Siamo qui, no? » Le dita scivolano sotto il pelo dell'acqua, andando a carezzargli le braccia, risalendole gentilmente, fino a tornare in superficie, scontrandosi con il tiepido caldo che si alza dallo specchio illuminato dallo spicchio argentato che è in cielo. « Posso toccarti. » Fa eco ai suoi gesti, socchiudendo le palpebre, prima di avvicinarsi nuovamente a lui. « Posso respirarti. » Il viso che si inclina, mentre si infila nell'incavo del suo collo. La punta del naso gli carezza lievemente la pelle, risalendola fino all'orecchio. Le labbra si fanno avanti ad intrappolare il lobo tra esse, per qualche istante. « Posso assaporarti. » Ridacchia, prima di ridiscendere verso le sue labbra. Posso baciarti. « E questo cos'era? » Di nuovo, la sua risata cristallina spezza l'aria intorno a loro, mentre si ritrova a baciarlo così, con la bocca ancora intenta a ridere. « Io che provo a concludere con una certa poca dose di sensualità il mio discorso super sconclusionato. » Cielo, ma quanto ho bevuto? Si ritrova a pensare, mentre l'unico suo pensiero è quello di non riuscire a smettere di ridere, con la pancia che comincia a farle male e le lacrime d'ilarità che cominciano a riempirle gli occhi. Non sa nemmeno lei perché sta ridendo, non c'è un motivo preciso, ma la cosa migliore è che lo sta facendo. Non riesce a ritirare il fiato, rischia di affogare ogni tre per due, ma è felice e tanto le basta. Perché non lo è da tanto così tanto. Perché è da tanto che non provava certe emozioni, certe sensazioni umane. E' da tanto che non viene toccata da qualcuno, che non viene baciata da qualcuno e ha tutta l'intenzione di godersela al massimo, ora che ci si trova, senza se, senza ma. « Okay, okay, ora mi calmo, lo giuro! » Prova a dire, respirando a fondo, con le risate che scemano via via e lei che riesce finalmente a stare a galla, senza bisogno di reggersi saldamente al corpo di Artie. E mentre lo pensa, abbassa lo sguardo, forse per la prima volta davvero, da quando si è ritrovata a stretto contatto con lui. Non l'avrebbe mai detto, ma è più muscoloso di quello che avrebbe creduto ed ha tatuaggi, ovunque. C'è poca pelle libera, lungo il suo petto e lei, come attratta dai quei colori vibranti e da quelle linee decise e ferree, allunga le dita sott'acqua, pronta a percorrere i contorni di un disegno che ha proprio sopra il pettorale destro. « Ha un significato particolare? » Domanda, a fior di labbra, in un momento di assoluto sovrappensiero. Sembra essere caduta nuovamente in uno dei suoi tanti sogni speciali. O forse, semplicemente, è dentro al più grande di tutti, perché finalmente sente il calore della sua pelle contro la propria, dopo fin troppi mesi passati a farsi scivolare le cose addosso, per paura di superare sempre la linea di sicurezza. « Se continui così, potrei abituarmi a questi complimenti gratuiti. Potremmo arrivare a quel troppo tardi in cui mi innamoro irrimediabilmente di te. E poi come si fa? » Scuote la testa, ridestandosi da quel momento e poi inarca un sopracciglio. « Come, non lo sei già? Vuoi dirmi che il mio ascendente veela non sta sortendo alcun effetto? Che peccato! » Mette su un finto broncio, prima di sciogliere l'espressione in un sorriso beffardo e derisorio. « Così come? » Mentre la bacia, lei porta la sua mano tra di loro, cercando di metterla davanti alla sua faccia, come a volergli cancellare quell'espressione beffarda dal viso. « Così così. » Ridacchia, tentanto di allontanarlo, tra un bacio e l'altro. « Con questo maledettissimo piercing. » Riprende a dire, mentre glielo sfiora delicatamente, per poi avvicinarsi a coprirlo con le proprie labbra. « Come se guardandoti il mondo esterno sembri non avere più importanza? » Si sente un'ulteriore ondata di contentezza prenderla dall'interno, nell'udire quelle parole. Lo guarda, per qualche istante, mentre decide se rispondere qualcosa a riguardo e alla fine lascia scorrere, con un sorriso, mentre sfiora il suo naso con il proprio. E lui, dopo qualche istante, la costringe a muoversi all'indietro, piegandosi su
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    di lei, come a volerla spaventare. « O come se, mentre ti guardo, penso a tutte quelle cose che vorrei farti, in questo momento? Che sono tante, per la cronaca. » Deglutisce, senza nemmeno rendersene conto, mentre lo guarda da sotto le ciglia scure, appesantite dalle goccioline di acqua. Sente le sue mani scorrerle lungo la pelle e dischiude le labbra, quando arrivano a fermarsi sul suo fondo schiena. Ha provato già quelle sensazioni in passato. Il desiderio, la lussuria, il voler sempre di più e seppur non vi si sia mai calata completamente, fermandosi sempre un passo prima, si rende conto che questa situazione è completamente diversa. Perché mai prima di quel momento ha serbato e fatto accrescere così tanto le emozioni dentro di sé. Solitamente è molto aperta nell'esternarle subito, ma con lui, sono passati mesi senza sfiorarsi se non per sbaglio, o quasi e ora che si ritrova così, tra le sue braccia, immersa in maniera dissolubile nei suoi basi, si ritrova a mettere in discussione quell'esplicito fioretto che ha fatto con se stessa, crescendo. Vale la pena aspettare? « Mh..davvero? » Domanda, senza fiato, tra un bacio e l'altro. « E cosa vorresti farmi? » Continua, prima di sciogliersi nuovamente sulle labbra di lui, per continuare quella danza nella quale la voglia si plasma all'affetto che l'una prova per l'altro e viceversa. La mente sgombera di qualsiasi pensiero, si fa sempre più leggera, mentre le mani corrono, sotto il pelo dell'acqua, sopra la sua pelle, andandola ad ispezionare in ogni suo angolo. Ride, sorride sulle sue labbra e si lascia andare, donandogli tutta se stessa, percorrendogli il collo a fior di labbra. Daveigh. Poi un fulmine a ciel sereno. Lui chiama quel nome, tra un bacio e l'altro. Si blocca, congelata tra le sue braccia e dopo qualche istante si porta all'indietro, per poterlo guardare negli occhi. Deve poterlo guardare per far sì che lui veda spezzarsi qualcosa in quelli di lei. Si umetta le labbra, mentre scivola via dal suo contatto. Mentre si sente un'assoluta stupida nell'aver anche solo creduto di poter essere l'unica, per quella sera soltanto. Sospira, mentre le labbra tratteggiano una linea amara sul suo viso. Adesso non lo sbagli più, il mio nome, eh? Si ritrova ad annuire, come all'eco di un ricordo lontano nella memoria. « Io non lo sbaglierò più, ma sembra che ora sia tu a sbagliare il mio. » Si ritrova a dire, a mezza bocca, con una smorfia quasi dolorosa, poi si volta e si allontana con un paio di bracciate, per poter tornare allo scoglio. Si issa su di esso, con l'aiuto delle braccia, raccoglie le proprie cose, rivestendosi con difficoltà, con l'acqua che gronda ovunque e le fa scivolare malamente i vestiti addosso. « Ti prego, non seguirmi. » Lasciami andare in pace. E si allontana, con la mente completamente lucida, ormai, mentre si stringe nei panni completamente bagnati, inoltrandosi nel bosco per scomparire tra gli alberi. Per allontanarsi il più possibile da quel momento che sembrava perfetto ai suoi occhi, fino a pochi minuti prima, ma che ora risulta soltanto un'enorme fitta al centro del suo petto.

     
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