tag, you're it

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. snake in the eye
        +1    
     
    .

    User deleted


    Sarò lieto di accoglierla mercoledì alle ore 6 pm.
    Nel mio ufficio, spero le piaccia il tea. Ed i serpenti.
    -Harry Lewis

    Con questa lettera, fatta spedire dal suo fedele corvo al diretto interessato, la giornata di Harry Lewis aveva avuto inizio. Una giornata impegnata, quella, che ovviamente avrebbe previsto uno schema d'azione ed organizzazione ben preciso. Dapprima, ringraziare Raven per i suoi servigi. « Non capisco perchè ringraziare un corvo per aver spedito una lettera. L'hai comprato apposta. » Aveva commentato Khain, suo fratello, più che presente in quella sua routine, a seguirlo mentre era intento a recarsi verso i recinti e le stalle adibite a Cura delle Creature Magiche. « Lo sai che i corvi tendono a puntare ai bulbi oculari delle vittime e, in genere, si cibano di cadaveri o corpi feriti? » La risposta di Harry, con quel suo solito tono divertito senza saperne nemmeno il motivo, era stata repentina. Camminava con passetto veloce, impacchettato perfettamente in quel suo completo formale, con una giacchetta grigio fumo ed un cravattino verde lucido. « ..E questo che c'entra? Pensi che ti accecherà perchè non lo ringrazi? » « No, volevo solo che lo sapessi. Potrebbe servirti in futuro » Si era stretto nelle spalle, balzando giù dall'ultimo scalino che lo separava dai recinti. « ..Di vitale importanza, mi sembra giusto. » Il tono di suo fratello era scettico, ma ciò, all'orecchio di Harry, non suonava come una novità. Era sempre scettico, Khain, tutte quelle volte in cui Harry si sarebbe trovato a contatto con qualcuno di estraneo che non rientrasse nella loro stramba cerchia. Ne era geloso, così come geloso lo era stato quando la lettera di Hogwarts che avvertiva che il colloquio fosse andato a buon fine era giunta a domicilio. Ma ad Harry poco importava. Gli sarebbe passata, prima o poi, e lui era davvero troppo felice -alla stregua di un bambino di fronte ad un giocattolino nuovo- di trovarsi di nuovo lì, tra quelle mura. E quindi infine eccolo quì, dentro i recinti, a guardarsi attorno. Il passo è silenzioso, come suo solito, fin troppo silenzioso, quasi come se stesse strisciando, e non camminando. Avanza tra questo e quell'armadietto, questa e quella cabina, in cerca del suo ringraziamento per Raven. Alla fine, lo trova. « Cielo, guarda che cariiiiiino! » Squittisce, avvicinandosi ad un perfetto esemplare di Fwooper appollaiato in una gabbietta. Si cala quel tanto che basta per osservare l'animaletto che, incuriosito, si avvicina a beccargli piano due dita. « Owww.. » Esordisce, ignorando lo sbuffo scocciato dell'altro, alle sue spalle. « E' perfetto. Possiamo andare. Oh buongiorno professoressa Bennett! » Trotterella davanti alla donna, per poi sorpassarla tranquillamente, la gabbietta in mano, fin quando.. « OhcieloprofessoressaBennett » Urlacchia, bloccandosi immediatamente e rigirandosi verso la donna, con una risatina nervosa. « Signor Lewis, mi spiega esattamente cosa..? » Lo sguardo della donna si posa sulla gabbietta, un sopracciglio inarcato, il tono di voce scettico. « Oh questo? Ma certo che le spiego. Uccello africano, classificazione XXX, può avere un piumaggio multicolore, in genere quattro colori diversi. In particolare aranc- » « Perchè lo sta portando con sè. » « ..Ah. Ahem..giusto. » Una risatina nervosa gli scuote il petto. « Signor Lewis..Non può usare i miei esemplari per..Non so, le sue lezioni, immagino? » « Oh, no no, in realtà volevo usarlo come premio per Raven. Per farglielo mangiare, intendo! Sa, lei adooooora la carne ancora viv- eeeee mi sta guardando male. » Si ammutolisce, calando lo sguardo, per poi sistemarsi gli occhiali sul naso col dito indice, in un gesto automatico. « Mi ridia la gabbia, adesso. » « Devo prenderlo come un no, vero? » « Subito! » « D'accordo, okaaaaay » Proferisce, allungandosi per porgere la gabbia con la creatura alla donna, visibilmente imbronciato. « E comunque.. » Si sente di aggiungere, mentre fa qualche passo verso dietro « La disposizione di alcune creature è completamente errata. Per non parlare della dimensione delle gabbie. Ma immagino che se ne fosse già accorta, di questo, amenochè il suo intento non era quello di farsi divorare la faccia. In quel caso, penso riuscirà ben presto nel suo intento! Arrivederci! »

    [...] Ed infine, dopo esser prontamente sgattaiolato fuori dal territorio della signorina Bennett, eccolo quì, nel proprio ufficio, l'espressione amareggiata mentre, con entrambe le mani a coprirgli il viso pallido, scuote la testa in un moto di disperazione. « Questa giornata va di male in peggio. » Si lamenta, senza scoprirsi, mentre le labbra tremano appena. Percepisce il sospiro di suo fratello, da qualche parte della camera, ma decide di non ricercarlo con lo sguardo, intento per com'è ad autocommiserarsi. « Solo perchè non sei riuscito ad appropriarti di un uccello spelacchiato? » Lo sente commentare, e a quel punto si scopre appena, alzando lo sguardo, a dir poco truce, sulla figura traslucida dell'uomo. Lo fissa per qualche momento, con un sibilo serpentino che sembra provenire dal suo petto, poi sospira, proferendo l'ennesimo broncio e lasciandosi andare con le spalle contro lo schienale della sedia, e la testa reclinata verso dietro. « Non solo. Non solo! A pranzo non c'era la zuppa di verdure. Capisci? Non c'era. Ed oggi è Venerdì, ogni Venerdì alle 13.30 viene servita la zuppa di verdure! » Squittisce, il tono di voce visibilmente turbato. « Quindi niente debito ripagato, niente pranzo..Ed adesso il signor Paciock è pure in ritardo! » « Ma manca un minuto alle sei.. » « Appunto. Impiegherà esattamente cinquantaquattro secondi a leggere e riconoscere il mio nome sulla porta dell'ufficio. Un minuto a bussare ed attendere che io gli apra, ed un'altra ventina di secondi per accomodarsi. Questo porta ad un totale di quasi tre minuti di ritardo. Tre minuti! Capisci? » « Oh sì..gravissimo.. » Khain annuisce, l'espressione visibilmente scettica, mentre si poggia ad una colonna con la schiena, le braccia incrociate al petto. Dal canto suo invece, Harry, torna a poggiare i gomiti sui tavolo e sorreggersi la testa con le mani. « Non verrà, me lo sento, non verrà.. » Si lamenta, il tono di voce soffocato. Ad un occhio esterno, un simile attaccamento ad una persona pressochè estranea, potrebbe sembrare oltremodo fuori luogo. Ma il soggetto in questione, Louis Paciock, sconosciuto non lo è affatto. Non per lui. Gli è bastato anche solo uno sguardo a quella lettera, per capire. La calligrafia, dopotutto, ha sempre offerto un'ampia panoramica sulla personalità di un individuo. Un mettersi a nudo, quello, così impersonale, così involontario, ma al tempo stesso così violentemente efficace, da sembrare quasi addirittura crudele. Non puoi nasconderti dalla tua stessa scrittura. Come uno specchio, come un'ombra. Così intrinseca, così invasiva. Tutto ciò che, a parole, puoi metter da parte, la calligrafia lo tirerà via da qualsiasi ambiguità. E dunque Harry Lewis da quella semplice lettera, aveva capito molto di Louis Paciock.
    tumblr_noaq7xNcVh1rec5p4o4_250
    Seppur non se lo fosse figurato alla perfezione, fisicamente, la grandezza di quelle parole, lo spazio del lettering, l'ampiezza dell'occhiello di questa lettera o la grazia di quell'altra, avevano posto i primi dettami di un profilo che, inutile negarlo, si prospettava assai interessante, allettante, al suo grado di giudizio. Un profilo con il quale gli sembrava già di identificarsi, per alcuni versi, numerosi. Per questo motivo Lewis, quell'appuntamento, l'aveva accettato con un entusiasmo che assai raramente aveva in passato riservato ad altri pazienti. Ed è con quello stesso entusiasmo, quello stesso interesse ed impeto che alza il capo di scatto, così repentinamente che un ciuffo gli ricade lungo la fronte, non appena il rintocco di alcuni colpetti sul legno della porta irrompe nell'atmosfera oltremodo silenziosa ed angusta di quell'ufficio. Si alza di scatto, Harry, così velocemente che la sedia per poco non precipita per terra. Ma la recupera appena in tempo, con una risatina a scuotergli il petto, prima di trotterellare verso l'ingresso. Le dita affusolate si poggiano sulla maniglia d'ottone, abbassandola e lasciando che la sagoma di Louis Paciock si palesi di fronte ai suoi occhi. « Eccola, finalmente! Pensavo non sarebbe più arrivato! » Squittisce, con una risata sovreccitata, mentre si fa di lato, per lasciar accomodare il ragazzo. « Prego, prego, entri! » Lo invita, per poi richiudersi la porta alle spalle e rigirarsi velocemente, mentre batte le mani esattamente due volte, con un piccolo saltello. E rimane immobile per qualche momento, ad osservare il suo nuovo amico, prima di balzare sul posto, come risvegliato da una scarica elettrica, e trotterellare verso di lui, facendogli cenno di accomodarsi sul divano in pelle nera mentre lui -dal canto suo- si adagia sulla poltrona di fronte. E a quel punto si concede di osservarlo. Nota tanti piccoli dettagli che risaltano alla sua attenzione, ma ciò su cui si sofferma sono gli occhi del ragazzo. Chiari, magnetici, attraenti. Vi si specchia attraverso per qualche altro minuto ancora, in cerca di altri preziosi indizi, la testa piegata di lato ed una mano poggiata sotto il mento, poi scivola via da quella trance, l'ennesimo sorriso a dipingergli il viso scarno. « Le piacciono i biscotti? » Se ne esce, improvvisamente. Attende qualche momento, prima di schioccare le dita e lasciare che un contenitore in vetro, di forma cilindrica e pieno zeppo di biscotti con le gocce di cioccolato leviti verso di loro, per poggiarsi proprio tra le gambe del ragazzo. « Li ho fatti io. Al novanta percento dei ragazzi della sua età piacciono i biscotti al cioccolato. » Asserisce, osservandolo « O cielo...Non apparterrà per caso a quel raro dieci percento avverso? » Questo non l'ho calcolato. Dio, perchè non l'ho calcolato? Potrebbe compromettere tutto. Ogni cosa. Ogni. Minima. Cosa. Si poggia una mano sulla fronte, in uno standby di qualche minuto, ma alla fine si riprende. « Ho del tea, in quel caso. Le piace? » Il sorriso questa volta ha dell'apprensivo, quasi a celare dei sensi di colpa. Mi perdonerai anche se il cioccolato non ti piace? Per favore. « Allora, Louis, di cosa voleva parlarmi? » Domanda dopo un po', incrociando le dita delle mani e poggiandole sulle gambe. « Sono quì per lei, tutto il tempo che vuole, quanto sarà necessario. Può dirmi ogni cosa, qualsiasi cosa. » Annuisce « Non si faccia problemi di sorta e non mi consideri un impersonale dottore. Pensi a me come..un amico. Vuole essere mio amico? » e a quel punto, la lunga fila di denti perlacei brilla in un sorriso ambiguo, mentre un sibilo serpentino sembra irrompere nel silenzio.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    134
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    I serpenti, spera mi piacciano i serpenti. Per il tè non c'è alcun problema, posso fare anche uno sforzo nonostante mi ricordi quella cosa schifosa ammuffita che la vecchia zia Gertrude mi rifila ogni volta che vado a trovarla - ha bustine di te risalenti alla colonizzazione circa, e non riceve mai ospiti. Indovinate con chi le usa? -, ma i serpenti proprio non ce la faccio a farmeli piacere. Tutto quel viscidume che ehw, che poi cosa c'entra con la mia seduta? Lewis avrá uno studio pieno di serpenti? « AH, TI HO BECCATO, PACIOCK!» sussulto sul posto, accartocciando fra le dita la lettera del professore mentre la nascondo dietro alla schiena, quasi abbia un terribile segreto da nascondere. È un viziaccio che mi porto dietro da sempre quello di sussultare come se stia facendo qualcosa di male quando qualcuno mi sorprende alle spalle, mamma dice sempre che è un comportamento sospetto, ma non posso far nulla per rimediare: se mi becchi mentre sono concentrato su altro, è questa la reazione che ho, a prescindere da cosa stia facendo. Anzi, è stata una fortuna che io abbia cercato di controllarmi, altrimenti quella lettera adesso accartocciata mi sarebbe finita dritta in bocca come una prelibata cioccorana, di cui sono ghiotto. Magari è un comportamento che dovrei far presente al prof, forse sa dirmi da cosa dipende « Che fai? Ti scambi lettere romantiche con qualche bella ragazza? Oddio, volevo dire una cessa visto il soggetto!» Bailey, non è di certo conosciuto per i suoi modi di fare cordiali, ed in piú ho l'impressione che mi segua dovunque solo per mettermi in difficoltá. Cioè, che ci vieni a fare in guferia se non hai nulla da inviare, nè da ricevere. È MEGASOSPETTO! « N...no, in realtá...» Balbetto, mordicchiandomi il labbro inferiore per poi inarcare un sopracciglio quando l'altro si protende a sfilarmi la lettera dalle mani, trattenendo a fatica una risata che gli arriccia le labbra quasi inesistenti, mettendo in risalto i suoi occhietti porcini. « Cioè, fammi capire: tu giá sei strano e punti a diventare ancora piú strano per mano di uno che è il re degli strani. Non ti facevo cosí masochista » La realtá è che Harry Lewis non lo conosco, non ne ho mai sentito parlare e tantomeno l'ho mai incrociato per i corridoi. Interdetto, porto un palmo sulla nuca per massaggiarla appena sotto ai polpastrelli, gonfiando le guance « Anche se fosse non credo siano affari che ti riguardano » Se c'è una cosa che mamma e papá mi hanno insegnato, è che non si giudica mai un libro dalla copertina. Quindi benchè abbia i miei sospetti a riguardo - considerata anche la calligrafia maniacale con cui è stato scritto il gufo, tralasciando ovviamente la stranezza dei serpenti -, preferisco non fasciarmi la testa prima di rompermela. Dopotutto l'ha specificato lui in bacheca che è “pronto a soddisfare le esigenze di ogni studente come farebbe un caro amico”, non ho niente da perdere.

    [...] Non sono solito arrivare tardi agli appuntamenti, è una cosa che odio far aspettare la gente, visto che anche io detesto stare le ore ad attendere persone che se la prendono comoda senza capire che non esistono solo loro al mondo. A parte rare volte, fatico a non essere svizzero, frequentemente arrivo addirittura in largo anticipo, ma non è questo il caso. Ripetendo a mente il numero della stanza in cui devo entrare, fino quasi ad avere un serio esaurimento nervoso, raggiungo i corridoi, bloccandomi con un po’ di timore davanti all'ufficio del professore. Forse dovrei andarmene, che poi devo chiamarlo professore o dottore? Maledizione, non ci ho pensato abbastanza su . Non faccio nemmeno in tempo a bussare che la porta si apre, lasciandomi con la mano sospesa e le nocche chiuse, indeciso se concedermi un ultimo tocco sul legno lucido della porta o rimanere con l'angoscia per non aver completato il canonico toc-toc con cui si è soliti palesare la propria presenza. Avendo la mania di completare le cose lasciate a metá, quell'ultimo toc del toc-toc, lo mollo sul fianco della mia gamba, senza dare troppo nell'occhio. No, non mi ha dato la stessa soddisfazione del mollarlo contro l'entrata, ma almeno mi ha liberato di una ridondanza che mi sarei trascinato dietro per tutto il resto del pomeriggio. « Eccola, finalmente! Pensavo non sarebbe più arrivato! » Vedi? Ecco perchè si deve sempre arrivare in anticipo, Louis! « ...Mi spiace averla fatta aspettare » miagolo con una punta di dispiacere, abbassando lo sguardo prima di entrare nel suo studio e sussultare all'improvviso battito di mani che osservo col capo chinato di lato, abbastanza stranito. Cosa sta facendo, esattamente? È entusiasmo quello che lo fa sembrare un po’ me sotto Natale? Resto sulle mie, ondeggiando appena sui talloni alla pari di un ramoscello d'ulivo in balia del vento - non so se scappare -, decidendo infine di acconsentire all'invito di Lewis e stendermi con un po' di impaccio sul divanetto difronte a lui. Il professore - dottore? - assomiglia tantissimo ad una caricatura, di quelle che faccio durante le noiose lezioni di pozioni: naso appuntito, capelli ingelatinati, occhiali dalla montatura spessa, orecchie che ricordano quelle di Legolas ne "Il signore degli anelli". Chissà se è un nerd, dalla faccia lo sembra. Potremo parlare di cosplay, fumetti, supereroi...« Le piacciono i biscotti? » Ecco, forse ci ho preso. Quale persona non nerd ti offre biscotti prima di instaurare una qualunque conversazione amichevole? Già mi piace, decisamente. Oddio, voglio troppo commentare l'ultima stagione di Game of Thrones,
    tumblr_nrckc9o7OM1she1iko4_250
    magari lui l'ha vista! « Li ho fatti io. Al novanta percento dei ragazzi della sua età piacciono i biscotti al cioccolato. » Ecco a chi somiglia, a Sheldon di Big Bang Theory, quindi magari evitiamo di prendere questa serie tv sotto analisi, semmai capiterà. Lewis potrebbe avere la mia stessa reazione di quando nonna mi ha detto che somiglio molto a Jeremiah di "Cuori di maghi", una soapopera orribile ma parecchio apprezzata dalla schiera di vecchie streghe del mondo magico. Allungo il collo per sbirciare all'interno del barattolo che regge fra le mani, curioso di sapere se i biscotti abbiano qualche forma particolare. Magari non so, tipo con la testa di Dart Fener che dice chiaramente: "passa al lato oscuro, qui abbiamo i biscotti!" « O cielo...Non apparterrà per caso a quel raro dieci percento avverso? Ho del tea, in quel caso. Le piace? » DEL TEA? NONONONO, PERCARITA' NO. « NOOOOOonfacciopartediqueldiecipercento » Mi affretto a dire, affondando una mano nella latta per afferrare un paio di biscotti - non è vero, molti più di un paio - e trascinarmeli in grembo. « Vado matto per il cioccolato, sta bene nei biscotti! Mamma però me ne fa mangiare poco perchè sostiene sia un sovraeccitante, come la caffeina, difatti non bevo mai caffè nè bevande a base di caffeina, ma a me quelle piacciono tanto. E' triste guardare tutti bere cocacola ai compleanni e non poterli imitare» Non starai blaterando un po' troppo?« C-comunque, grazie. Per i biscotti intendo, grazie.» è l'ultima cosa che mi sarei aspettato da un professore. « Allora, Louis, di cosa voleva parlarmi? Sono quì per lei, tutto il tempo che vuole, quanto sarà necessario. Può dirmi ogni cosa, qualsiasi cosa. Non si faccia problemi di sorta e non mi consideri un impersonale dottore. Pensi a me come..un amico. Vuole essere mio amico? » Sì, passiamo alle cose importanti, perchè sono qui? Non so spiegarlo, cioè, non è accaduto nulla di così grave da indurmi a cercare un sostegno psicologico, però sento il bisogno di dover condividere miei pensieri con persone che non siano Randy, o Hugo. Non posso costringerli a vivere con le mie fobie quando c'è qualcuno che lo fa per mestiere. Ho così tanto da tirare fuori, a partire dal fatto che mi senta sempre, costantemente, ignorato da chiunque mi circondi. Poi ho le frustazione tipiche di un adolescente in cerca di esperienze che non riesce a raccattare da nessuna parte. Convivo con una forma di omosessualità latente che non riesco ad esprimere perchè non so se effettivamente mi piacciano i ragazzi o le ragazze, ma mi ritrovo ad essere geloso di persone con le quali non ho mai immaginato d'intraprendere certe relazioni. « Mi piacerebbe averla come amico» Annuisco, lasciando ondeggiare i ricciolini davanti agli occhi prima di poter addentare la tenera pasta a frolla dei biscotti, leccando le briciole rimaste sulle labbra. Per Merlino, sono anche buoni! « Le persone sembrano non sopportarmi.» Inizio, stringendomi fra le spalle « Sono una persona che...ecco, tende a mettere in imbarazzo tutti per i suoi strani modi di fare, cosa che a volte anche i miei stessi amici - quei pochi che ho - mi guardano storto. Sono parecchio impacciato, e...e dislessico! Quindi a volte, soprattutto quando sono troppo stanco o ansioso, mi ritrovo a comporre frasi che non hanno senso compiuto e per me è difficoltoso restare zitto perchè parlo tanto. E sono sincero, troppo sincero.» Sospiro, giocherellando con le dita fra di loro, muovendo nervosamente i piedi e cambiando continuamente posizione alle gambe, accavallandole e scavallandole mentre guardo il soffitto. « Fatico a sentirmi parte di qualcosa, a volte. Mi sento...ecco, mi sento come se tutto ciò che accade attorno a me sia solo la scena di un film con cui non posso interagire. Lei si è mai sentito così? Ho la netta impressione che semmai scegliessi di farla finita una volta per tutte, nessuno noterebbe alcuna differenza.» Riprendo fiato « E ci ho pensato, sa? Più di una volta, ed è un pensiero che ritorna sempre più prepotentemente, sempre con la voglia di fare più baccano e creare più confusione di quanto io non ne abbia già. Come in una puntata di Doctor Who, che non ricordo precisamente quale sia, ma c'è» Nessuno prova interesse nei miei confronti, la mia chat whatsapp è desolata e gli amici che ho su facebook si contano sulle dita della mano e più della metà sono componenti della mia famiglia. « Forse sbaglio qualcosa? » Ed è questa la domanda essenziale da cui parte tutto: faccio qualcosa di particolare o non faccio quello che dovrei fare per essere notato? Sicuramente Lewis ha la risposta a portata di mano.


     
    .
  3. snake in the eye
        +1    
     
    .

    User deleted


    « NOOOOOonfacciopartediqueldiecipercento » Alza il capo, l'uomo, assottigliando leggermente lo sguardo nel cogliere quello che gli sembra un leggero disagio nell'affrettarsi in quell'affermazione, da parte del ragazzo. « Immagino non le piaccia il tea? » Domanda, senza aspettarsi un'effettiva risposta in merito. Una delle sue solite domande lasciate lì, a mezz'aria, senza una motivazione ben precisa. Più che altro un legittimare a parole un concetto o una riflessione dettati da quel suo perenne osservare. E lo sta osservando, a tutti gli effetti, da quando ha messo piede lì dentro. Louis Paciock si rivela ai suoi occhi come un ragazzetto smilzo, magrolino, dalla pelle estremamente bianca. Rispecchia perfettamente la sua età, che deve aggirarsi attorno ai sedici o diciassette anni, in un calcolo approssimativo, dettato dalle apparenze. In lui scorge i segnali di un'adolescenza in piena fioritura, con tutti i pregi e difetti che questa stessa possa portarsi dietro. Compresa un'insicurezza oltremodo familiare, che lo induce a sorridere, con un che di apprensivo, paterno forse. « Vado matto per il cioccolato, sta bene nei biscotti! Mamma però me ne fa mangiare poco perchè sostiene sia un sovraeccitante, come la caffeina, difatti non bevo mai caffè nè bevande a base di caffeina, ma a me quelle piacciono tanto. E' triste guardare tutti bere cocacola ai compleanni e non poterli imitare» Fa quasi fatica a seguirlo, in quel suo parlare veloce, ma ciò nonostante è attento a non perdersi nulla, neanche una virgola, nemmeno un flebile sospiro. Tutta la sua attenzione è dedicata a lui, solo e soltanto a lui, mentre lo osserva con quel suo sorrisetto a mezza bocca stampato lì, perenne, ed i grandi occhi bicolore, resi ancora più ampi dagli spessi occhiali, puntati sul suo viso. « Beh, ma la mamma non è quì adesso, no? » Lo incalza, con un occhiolino ed un atteggiamento che ha del complice, con un sibilo da serpente traditore ad accompagnare quelle sue parole. Annuisce poi, nell'attendere pazientemente che il ragazzo si senta abbastanza a proprio agio da rispondere a quelle sue domande. Una in particolare: vuoi essere mio amico? Un quesito semplice, a prima vista, ma assai vincolante, complesso e di vitale importanza, per uno come lui. Il segreto professionale che lega paziente e professionista, in fondo, non è nulla rispetto all'amicizia. L'ha sempre considerata un legame oltremodo essenziale, Harry, che di amici non ne ha mai avuti tanti. Essere amico significa fidarsi. Significa fare di tutto per l'altro, nel bene e nel male. « Mi piacerebbe averla come amico» E quasi come se fosse stato capace di leggergli nel pensiero, Louis Paciock le pronuncia, quelle parole. Mi piacerebbe averla come amico. Una semplice frase quella, composta da un predicato verbale e un complemento di paragone, che però rimbomba nelle pareti di quella sua mente perversa. Sorride, dunque, di un sorriso sincero, sì, ma che lascia trasparire quel solito non so che di inquietante che tanto lo caratterizza. Quindi annuisce, con fare cauto e accondiscendente, mentre trattiene -a fatica, parecchio, a fatica- una di quelle sue solite risatine euforiche. « Andata » E così sia « Siamo amici, adesso. » Asserisce, i denti perlacei che traspaiono da quel suo sorriso. E Louis non può vederlo, questo è chiaro, ma quell'invisibile patto è stato stipulato, tra loro, firmato con quella semplice frase che tutto vale. Perciò torna in silenzio, osservandolo addentare uno dei biscotti che si è riposto in grembo. Analizza le sue espressioni ed il ritmo della sua masticazione, per assimilare se gli piaccia o meno quanto stia mangiando, poi, quando è soddisfatto dal risultato che l'apparenza sembra offrirgli, torna a poggiarsi con la schiena contro la poltrona. Ha imparato a cucinare a undici anni. L'avrebbe fatto ancor prima, se non fosse stato che beh, in carcere non possiedi chissà quanti ingredienti. E' un'arte particolare, quella della cucina. Semplice e assai complicata al tempo stesso, ma dai risvolti meravigliosi ed inaspettati, alle volte. « Le persone sembrano non sopportarmi.» Rimane in silenzio, intrecciando le dita delle mani per riporsele in grembo. A differenza di tutti i colleghi conosciuti sino ad ora, Lewis non è mai stato solito segnare in un'agendina nulla di quanto gli venga riferito nelle sedute. Non gli sembra corretto. Non gli sembra edificante. La mente umana è qualcosa di fin troppo immenso, superiore, sublime, per esser quantificato in parole. Figuriamoci questo. Riassumere e sminuire dei complessi e stupefacenti processi mentali in delle frasette da quattro soldi simili a semplici quanto degradanti appunti scolastici, lo ha sempre trovato oltremodo offensivo. Anti professionale ed indecoroso. Quindi tutto ciò che fa e ha sempre fatto è ascoltare. Immagazzinare tutto nella propria, di mente. Ogni suo paziente è speciale. Louis Paciock è speciale. E per tanto, si merita un posto tutto suo nella propria memoria, non in un blocco notes da quattro soldi che andrà ingiallendosi o smarrendosi chissà dove, prima o poi. Va custodito e protetto, gelosamente e minuziosamente. « Sono una persona che...ecco, tende a mettere in imbarazzo tutti per i suoi strani modi di fare, cosa che a volte anche i miei stessi amici - quei pochi che ho - mi guardano storto. Sono parecchio impacciato, e...e dislessico! Quindi a volte, soprattutto quando sono troppo stanco o ansioso, mi ritrovo a comporre frasi che non hanno senso compiuto e per me è difficoltoso restare zitto perchè parlo tanto. E sono sincero, troppo sincero.» Mentre parla, l'atteggiamento di Louis tutto lascia trasparire meno che un sentirsi a proprio agio, lì dov'è. Cambia posizione costantemente, giocherella con le dita, muove spesso le iridi degli occhi piantandole in punti non ben definiti. E' nervoso, questo lo noterebbe chiunque, figuriamoci uno come Lewis. Ma non lo infastidisce, tutto ciò. No. Si rispecchia anzi perfettamente in un tale comportamento. In delle tali parole, tanto che la somiglianza con quanto concerne la propria, di esperienza, traspare quasi addirittura spaventosa. « Fatico a sentirmi parte di qualcosa, a volte. Mi sento...ecco, mi sento come se tutto ciò che accade attorno a me sia solo la scena di un film con cui non posso interagire. Lei si è mai sentito così? Ho la netta impressione che semmai scegliessi di farla finita una volta per tutte, nessuno noterebbe alcuna differenza.» Eh sì, davvero spaventosa. Lei si è mai sentito così? Alza lo sguardo, una risatina divertita che conosce fin troppo bene al di là del divanetto dove il ragazzo è sdraiato. « E' buffo. Sei sicuro che non ti stia leggendo nel pensiero? » Domanda la figura traslucida di suo fratello, andandosi a poggiare contro lo schienale in pelle. Serra la mascella, Harry, socchiudendo gli occhi per qualche istante. Poi li riapre, sbatte numerose volte le palpebre, e Khain scompare. La verità è che , si è sentito fin troppo spesso così. Si sente in verità ogni giorno della sua vita, così. Nato e cresciuto in un carcere, con una madre morta fin troppo prematuramente, una famiglia biologica che non ha mai conosciuto la sua esistenza, una ex moglie che lo detesta ed una figlia che probabilmente non saprà mai quale sia il volto di quel suo misterioso e scomparso padre. « E ci ho pensato, sa? Più di una volta, ed è un pensiero che ritorna sempre più prepotentemente, sempre con la voglia di fare più baccano e creare più confusione di quanto io non ne abbia già. Come in una puntata di Doctor Who, che non ricordo precisamente quale sia, ma c'è. Forse sbaglio qualcosa? » Il silenzio cala tra di loro, interrotto soltanto da un rumore di passi che solo e soltanto lui è capace di percepire. « Tu, proprio tu, hai la risposta a tutto questo, vero Harry? » Sghignazza, lo spettro, ma l'uomo tenta di non farci caso. Respira a fondo, mentre si massaggia le tempie, un ciuffo che gli ricade, ribelle, sulla fronte. « Capisco come ti senti » Inizia dunque, tornando a riaprire gli occhi, e poi a guardarlo. Gli dà del tu, adesso, come un amico farebbe.
    0UrKxgs
    « Ma andiamo per gradi, ti va? » Domanda, senza aspettarsi una risposta vera e propria. « Tu, Louis, sei un diverso. E' inutile convincersi del contrario. Lo sei, in tutto e per tutto, e basta poco per notarlo. Dal modo in cui parli, dal modo in cui ti muovi. Ti ha dato fastidio, quando qualche minuto fa, non hai potuto completare la sequenza di rintocchi sulla porta. Lo so, ti ho visto. » Lo incalza « Questo, alle persone normali, non capita. » Fa una leggera pausa. « Essere diversi, tuttavia, non è sinonimo di essere sbagliati, inadeguati. Vuol dire avere qualcosa in più, rispetto agli altri. Qualcosa che ti contraddistingue, che ti divide da una massa di uguali. E' per questo che fatichi a sentirti parte integrante di qualcosa, perchè il mondo, gli altri, viaggiano ad una velocità diversa dalla tua personale. Per loro è difficile capire te, e per te è difficile capire loro. » E tutta questione di fisica. « Devi trovare il tuo equilibrio, Louis, una via di mezzo, un punto in comune. E per farlo, è necessario dapprima accettare ciò che sei. Come pretendi che gli altri ti approvino, se sei il primo tu, a non credere in te stesso? » Il tono di voce è pacato, tranquillo, rassicurante, mentre rimane seduto su di quella poltrona, le braccia compostamente poggiate sulle gambe. Una morale quella, che dovrebbe essere il primo a seguire. Una morale quella, che lo fa sentire vergognosamente ipocrita. Perchè è sempre stato lui, il primo a non credere in sè stesso. Lui, figlio bastardo e rinnegato di un'importante quanto rinomata famiglia, sin dalla nascita costantemente ossessionato dal desiderio di venirne accettato e riconosciuto. « Voglio che tu smetta di pensare di farla finita, subito. Con la morte non si ottiene nulla, e non è questo ciò che meriti. Hai una mente strabiliante, hai un potenziale spettacolare, perchè sprecare tutto questo? Ognuno di noi ha un posto ed un ruolo in questo universo. Ognuna delle nostre menti è un mondo a sè stante, speciale ed essenziale nel macrocosmo generale. Quindi, se tu la facessi finita una volta e per tutte, la differenza si noterebbe eccome. Sarebbe come togliere un solo pezzo ad un puzzle di millecinquecento pezzi. Si tratta di uno solo, è vero, ma renderà il tutto incompleto, imperfetto. Mi segui? » Lo incalza con lo sguardo, dapprima serio, poi sorride, di nuovo, piegando la testa leggermente di lato. « Ti capisco più di quanto tu non possa credere, Louis » Perchè in te, rivedo me stesso. Le mie paure. Tutto quanto sono stato. « Ti senti solo anche in una stanza piena di gente, e ti sembra che tutto sia avvolto da un velo per te impossibile da valicare. Ma devi essere forte, ed io sono quì per aiutarti ad esserlo. Non diventarlo, esserlo. Perchè lo sei già, devi solo capire come fare » E a quel punto si alza, scivolando via dalla poltrona. Si mette in piedi e lo guarda, attraverso il vetro spesso degli occhiali, facendogli cenno di seguirlo. « Vieni. Puoi lasciare lì i biscotti, sta' tranquillo, non te li ruberà nessuno » Ridacchia. Poi, una volta che il ragazzo gli è ormai vicino, dopo averlo atteso con pazienza, si incammina. Attraversa un corridoio stretto, prima di aprire una piccola porticina in mogano. Gli fa cenno di accomodarsi, per poi seguirlo, mentre la luce proveniente dallo studio trapela nella piccola stanza, illuminandola flebilmente. Le mura sono rivestite da una spessa carta da parati, verdastra, con dei disegni geometrici. Si riesce a scorgere della mobilia, come delle poltrone leggermente impolverate, o un'imponente credenza adagiata alla parete. Ma è di fronte ad un mobiletto di medie dimensioni, con sopra adagiata una teca in vetro ricca di vegetazione, a prima vista, che si sofferma. Con le mani intrecciate dietro la schiena, dopo esser rimasto qualche minuto intento a fissare quello strano acquario, si rigira verso il ragazzo. Gli fa cenno di avvicinarsi, poi torna a guardare di fronte a sè. « Taipan dell'Entroterra. » Asserisce dopo un po', alzando una mano, col dito indice rivolto verso il vetro. Indica qualcosa al di là delle foglie. Avvinghiato al piccolo alberello -dalle dimensioni di un bonsai- che sosta al centro della teca, un serpente dalle tonalità verde scuro stringe ulteriormente le sue spire, in un movimento lento. « Serpente feroce, lo chiamano alcuni. Considerato il più velenoso, nel Nuovo Mondo. Si pensa che un solo morso possa bastare ad uccidere cento uomini. » Annuisce, piegando leggermente la testa di lato, con un sorriso a distendergli le labbra sottili. « Tutti lo temono, per ovvi motivi, ma la verità dietro l'apparenza, è che questa creatura è dotata di un carattere solitario e temperato. Piuttosto timido. Ti ricorda qualcosa? » Batte un colpetto contro il vetro, ed un sibilo si leva nel silenzio, mentre la creatura si stringe ulteriormente al tronco. « Dovresti prendere esempio, Louis. Devi farti temere in questo mondo, per sopravvivere. » A quel punto si volta a guardarlo « Nessuno si sognerebbe mai di attaccare un Serpente Feroce, se non un pazzo, probabilmente. Ti piacerebbe, se funzionasse così anche per te? » Sorride, gli occhi che brillano attraverso i vetri spessi « Ti piacerebbe vedere la paura negli occhi di chi ti ha sempre mancato di rispetto? »
     
    .
2 replies since 9/11/2018, 00:05   93 views
  Share  
.