Nightmare Before Christmas

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    « No, no e ancora no. » Sta sventolando quella dannata lettera tra le mani da almeno un quarto d'ora. E' ricaduto nel giro delle lamentele gratuite, Fitzwilliam Gauthier, di fronte a una situazione che sapeva sarebbe stata controversa. Sin da quando sua sorella è comparsa nelle loro vite, i Gauthier si sono lasciati prendere la foga di rendersi i genitori dell'anno. A tal punto che avevano deciso di dare una grande festa di Natale a Londra, con tutta la famiglia riunita, per dare il benvenuto alla nuova arrivata tra le loro schiere. « Natale a casa Gauthier. Sembra quasi l'incipit di un film radical chic. » I suoi amici conoscevano poco e niente la sua famiglia. I suoi avevano rapporti piuttosto stretti con il mondo adulto di Londra, ma erano pressoché assenti e gestivano tutta la loro attività inglese a distanza. Filantropi dell'editoria e proprietari di un'intera linea di testate di approfondimento, preferivano restare nell'ombra, non improntando la loro attività in maniera personalistica. Suo padre preferiva essere pragmatico e lungimirante, piuttosto che impulsivo ed egocentrico. Se lo si chiedeva in giro, non era nemmeno certo che molti conoscessero chi fosse uno dei più importanti finanzieri delle grandi testate giornalistiche. Era un uomo giusto, a meno che la giustizia non intralciasse i suoi introiti personali. E proprio per questo, Fitzwilliam con il padre, era entrato in disaccordo più e più volte. Tra gli uomini di casa, da quando il piccolo rampollo aveva sviluppato un pensiero critico personale, di screzi ce ne erano stati tanti a tal punto da portare Fitzwilliam ad allontanarsi non poco dalla realtà famigliare. « Non passo Natale coi miei da tre anni. » « Beh sai com'è.. Natale coi tuoi, Capodanno con chi vuoi. Ti piaceva essere viziato dalla nonna.. ma la pacchia è finita. » Nate scoppia a ridere mentre è chiaro lo stia prendendo in giro. Un dito alzato a mo di monito porta Douglas a ridere ancora più di gusto. « Maggie è una grande donna. E mi adora. » Continuano così quei discorsi, tra aneddoti di feste passate insieme, prima che le fila si rompano dando modo a ciascuno di tornare ai propri affari.
    E' un pomeriggio di metà novembre che assume tutte le caratteristiche del clima prettamente scozzese. Un sole debole fermo nel cielo, una leggera foschia e un cielo grigiastro che non promette una serata prettamente tranquilla. Annunciano neve tra non molto, e la questione sembra mettere stranamente di buon umore Fitzwilliam. La stagione fredda è quella in cui sembra più reattivo, in cui ha voglia di fare più cose, in cui si impegna maggiormente anche nelle questioni accademiche, anticipandosi di gran carriera gran parte delle questioni più emergenti, per poi permettersi di oziare più in là. Si potrebbe dire che, mentre tutti vanno in letargo, con l'arrivo dell'inverno, lui si risveglia, e quando gli altri, a primavera si risvegliano, Fitzwilliam inizia a entrare in letargo. Lui lo chiama il letargo della contemplazione. D'altronde quale stagione più della primavera può soddisfare le sue manie estetiche e il suo bisogno di dipingere e fotografare qualunque cosa respiri e si muova. E non solo. Ha appena finito una lezione del pomerggio che coincide con l'uscita dalle serre di una delle tante classi di studenti. Gli fa ancora piuttosto strano rendersi conto di essere ancora a Hogwarts insieme a studenti decisamente più piccoli di lui, senza esserci davvero. La realtà degli universitari s'intreccia e si sposa perfettamente a quella degli studenti, ma al contempo mantiene una certa distanza che rende tutto piuttosto insolito, soprattutto per loro, che sono tutti al primo anno e il primo esperimento di quel genere nella storia di Hogwarts. E' un po' come non essercene mai andati, riflette mentre osserva i vari gruppi sistemarsi in cortile per una ben meritata pausa. C'è chi si accende una sigaretta, chi si scambia appunti, chi tira fuori specchietti e rossetti e chi palleggia con una pluffa. Tutto così dannatamente famigliare che quasi gli si scioglie il cuore. Continuerebbe quel giro di contemplazione se solo non notasse una testolina bionda a lui sin troppo famigliare. Sorride tra se e se, rendendosi conto sia l'occasione perfetta per tentare di tastare il terreno sulle intenzioni dei Faulkner riguardo le follie di sua madre. Sua madre e quella dei fratelli Faulkner sono sorelle, il che rende Pride, Lexie, Fitz e Harry cugini di primo grado. Impossibile che quella matta non li abbia invitati. Quelle due si adorano. Da piccolo ha passato molto tempo in compagnia dei cugini, anche e soprattutto perché, le loro madre adoravano fare spesso e volentieri le comari di paese insieme, di fronte a una tazza di caffè e sin troppi pasticcini di prima categoria per sentirsi in diritto di lamentarsi delle loro rispettive linee. Si siede accanto a lei su uno dei muretti del cortile, dandole una leggera spallata abbozzando un sorriso a trentadue denti. « Ciao nana! » Asserisce circondandole affettuosamente le spalle prima di stamparle un bacio sulla tempia. « Erbologia? » Le chiede indicandole i vari piccoli gruppetti che si sono sparsi in giro creando un chiacchiericcio di sottofondo non indifferente. Non si è informato su tutte le nuove leve tra i professori, ma se ad Erbologia toccava loro sempre Wilde.. beh.. poveri voi. Non era un cattivo insegnante. Sapeva il fatto suo. Ma era di certo un cattivo maestro. Si annotò mentalmente di interrogare la cugina su come si sono organizzati in generale su alcune questioni scolastiche, ma prima le priorità. Si accende velocemente una sigaretta buttando fuori il fumo verso l'alto, prima di tirare fuori dalla tasca del cappotto l'elegante invito per la festa di Natale che sua madre doveva aver fatto pervenire presumibilmente persino ai prozii di settimo grado. Un matrimonio, altroché una festa di Natale. Glielo porge con eleganza, mostrandole un'espressione interrogativa. « Presumo che tu e Pride l'avete ricevuto, vero? » Asserisce mentre incolla la schiena contro la colonna più prossima guardandola di sottecchi, cercando di studiare le sue reazioni ed espressioni. « Dimmi un po', tu cosa ne pensi? »

     
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    « Basta, pietà » borbottai non appena vidi il terzo gufo del giorno avvicinarsi con feroce determinazione per smollarmi tra le mani una lettera dalla carta spessa. Mi piaceva ricevere posta da casa, ovviamente, ma da quando qualcosa si era smosso nel ramo da parte di mia madre, sembrava che un'agitazione collettiva avesse preso il sopravvento senza lasciar spazio alla ragione. Lei e sua sorella stavano organizzando una sorta di festa, di mega pranzo-cena ultra pomposo natalizio, di quelli che non ti scordi perché finisce sempre che qualcuno scambia te per Babbo Natale e tu ci rimani di merda e ti domandi se hai davvero preso otto chili o se la bilancia mente. Scrutai corrucciata la grafia elegante che, con agitati ghirigori, mi imponeva di andare al Madama McClan's con mio fratello per ritirare i vestiti nuovi per l'occasione. « Nanani nananà, dì a Pride di rispondermi » così era finita la lettera. « Che ma ti sembra normale? Cioè vuole pure che portiamo dei bouquet! » scrollai stizzita il foglio davanti alla faccia della mia Concasata, che probabilmente non aveva capito manco mezza parola del mio discorso.
    Nel senso, apprezzavo le feste, le amavo, ma quando si trattava di riunioni familiari saliva sempre un po' un'ansietta da prestazione che mi imponeva di essere saggia, brillante e acuta, come una Corvonero insomma. Come lo erano Pride, Fitz e Lexie. Avrei fatto finta di essere tale a loro, e, benché non lo fossi, ci avrei provato con tutta me stessa, potevo giurarlo.
    Infilai la busta spiegazzata nella tasca del mantello, allontanandomi irritata dalle serre di Erbologia e dalla mia compagna, perplessa di fronte alla mia boriosa reazione. Fuori un timido sole cercava di farsi largo tra le nuvole pallide, con scarso successo, mentre l'erba umida del prato tesseva goccioline di acqua che traditrici non attendevano altro se non il momento migliore per far ruzzolare giù te e la tua dignità. Mi piaceva l'inverno. Ma non mi piaceva quella sorta di limbo tra autunno e inverno che sapeva di tutto e sapeva di nulla allo stesso tempo. I rami degli alberi non erano né ricoperti di foglie incandescenti, né di neve, i maglioncini non dovevano essere troppo leggeri ma nemmeno troppo pesanti, il cielo non era limpido ma neppure opaco. Era qualcosa che intimoriva e non faceva sentire completi, come se il posto in cui ci si trovava era solo una fugace e passeggera transizione temporanea verso l'indefinito. Mi metteva a disagio, seppur fosse qualcosa di totalmente stupido e naturale. "È così e basta, ignoralo se ti disturba" avrebbe detto la signora Faulkner. "Se ti ritrovassi con un procione che ti divora la faccia, sapresti ignorarlo?" le avrei risposto io, sbattendomi dietro la porta della mia stanza. Non c'erano grandi conversazioni tra noi due, ancora non mi andava giù la maniera con cui aveva accettato il destino dei miei fratelli maggiori; una sorta di rassegnazione mista a laissez-aller le aveva dipinto le labbra per un microsecondo, e dopo quell'istante nessuno ne aveva fatto più parola, in un muto ed implicito obbligo impossibile da ignorare. Perciò non era una sorpresa per me ricevere quel trattamento anche per posta; non ero mica Pride, io.
    Mancavano ancora diversi minuti prima dell'inizio della prossima lezione, e la sensazione di frescura alle mani era un balsamo per la pelle, leggermente screziata di rosso a causa di una battaglia senza fine con un geranio zannuto particolarmente agguerrito. Mi sedetti sul muretto con un saltino -be', mica sono tutte modelle svedesi, eh?- e rovistai nella borsa in cerca della sciarpa di lana che avevo ficcato sul fondo. « Ciao nana! » con un sussulto, mi voltai verso mio cugino, infilando rapidamente la stoffa verde-argento sul fondo del sacco. « Fitzo Frizzo! » risposi alla scherzosa spallata con una altrettanto forte, per poi circondarlo in un abbraccio più delicato. « Erbologia? » osservai i gruppetti da lui indicati, alzando gli occhi al cielo. « Sì, abbiamo dovuto lottare oggi. Mi sono arresa per non dare la vita »mostrai i palmi, orgogliosa di avere perlomeno entrambe le mani. Era una materia particolare, e i momenti di azione pratica rendevano il tutto decisamente più interessante che il monotono studio sui libri, specialmente quando c'era il rischio di uscire dalle serre senza un arto. Le mani di Fitwilliam estrassero una sigaretta, poi l'accendino. « Lo sai che si muore per colpa di quelle? E tua madre lo sa, spero » quest'ultima frase parve più una domanda scettica, ma sotto sotto celava una seria preoccupazione. Non che fossi una santarellina, eh!, ma preferivo limitare quel genere di attività durante le feste -quelle normali, tra amici- per risparmiare ai miei polmoni un poco di salute in più, data la mia iscrizione nel gruppo di cheerleaders fatta quest'anno. « Presumo che tu e Pride l'avete ricevuto, vero? » con un sospiro forte, annuii alla vista del sottile cartoncino. « Dimmi un po', tu cosa ne pensi? » non lo so, cosa pensavo. Forse era qualcosa di bello, forse era qualcosa di esagerato, ma in fin dei conti dava piacere ai miei zii e genitori, e questo era importante per loro. « È un'idea carina, dopotutto. Be', forse molto in grande, ma d'altronde non capita tutti i giorni » feci spallucce, sentendo la busta nel mantello farsi più pesante. « Ci porterai qualcuno di esterno? Insomma, hai già pensato da chi farti accompagnare? » non bastavano solo i parenti, oh no. Ci voleva pure che i presenti non maritati portassero una damigella o cavaliere, insomma chiamateli come volete. E io non attendevo altro che la scoperta delle ragazze che Pride e Fitz avrebbero portato a Natale, per poi ovviamente tormentarli per il resto delle loro vite.

    Edited by breezeblock - 17/11/2018, 16:15
     
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    « Lo sai che si muore per colpa di quelle? E tua madre lo sa, spero » Scoppia a ridere di fronte a quelle parole, con la solita grazia, mentre le circonda le spalle tentando di fare in modo che senta meno freddo. Con premura le sistema la sciarpa sopra il naso giusto per prenderla un po' in giro, e la fissa con il tipico affetto che li lega. Ha sempre provato una strana forma di tenerezza nei confronti di Harry e il candore con cui sciorina quelle affermazioni del tutto sentite e spontanee. « Piccola Faulkner, è passato il tempo in cui mia madre poteva sindacare sulle mie scelte di vita. » Ed era vero. Fitzwilliam era stato decisamente molto indipendente sin da quando era piuttosto piccolo, non tanto perché lo volesse, ma piuttosto perché la distanza rispetto alla residenza dei genitori gliel'ha imposto. E' spesso rimasto sotto l'ala dei Douglas che si sono occupati, in onore dell'amicizia che lega i loro genitori, delle sue necessità primarie. L'hanno tenuto d'occhio ecco, assicurandosi che il suo prediligere l'arte non lo trasformasse in una sorta di ragazzino depresso pronto a dare la vita per l'arte. Le inclinazioni del giovane Gauthier tuttavia, nel tempo si sono dimostrate ben diverse dal fare il poeta maledetto suicida. Era piuttosto un'esteta, un amante dell'arte. Della vita vedeva il lato positivo, e quando non ce ne era uno, si rifugiava con un certo candore, nelle pieghe tempestose dei suoi scrittori e pittori preferiti, entrando nel suo loop di perdizione. « Ma se proprio ti preme così tanto saperlo, ne è a conoscenza, e non approva. Dice che il tabacco mi invecchia troppo in fretta. » Un esagerazione che certo Fitz, ai suoi venerandi diciotto anni, non poteva vedere come una priorità nella propria vita. A diciotto anni non pensi che potresti morire, che ogni sigaretta ti accorcia la vita. Io mi sento immortale, eternamente giovane e vigoroso. E se anche non fosse così, chi vuole davvero arrivare alla vecchiaia? No. Uno come Fitziwilliam, vecchio non ci sarebbe mai diventato. Avrebbe piuttosto scoperto il segreto di Dorian Grey, o sarebbe morto tentando di raggiungerlo. Si porta nuovamente la sigaretta alle labbra e le da un leggero spintone. « Ma apprezzo comunque l'interessamento.. e tu, Harry, non fumare. Non fumare mai. » Sei decisamente troppo bella per appassire sotto il tocco del tabacco. Infine giungono a parlare dell'invito. Oh, quel maledetto invito. Avrebbe voluto non aprirlo mai, non solo perché ciò significava tornare in Canada per Natale, ma anche doversi sorbire le attenzioni morbose della madre. Voleva un gran bene ai suoi genitori, si sentiva fortunato di essere cresciuto in una famiglia pressoché normale, più che benestante e dignitosa, ma a volte era decisamente troppo.
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    « È un'idea carina, dopotutto. Be', forse molto in grande, ma d'altronde non capita tutti i giorni. Ci porterai qualcuno di esterno? Insomma, hai già pensato da chi farti accompagnare? » Solleva un sopracciglio con fare piuttosto divertito prima di farsi serio e stringersi nelle spalle. Tutte quelle pressioni le odia, le domande dei parenti, e la ragazzetta, come va con gli esami, a quando un nipotino, dove ti vedi tra vent'anni, suonaci un altro pezzo al pianoforte, Fitz. Tutte cose che semplicemente non rientravano nei suoi canoni estetici. A Fitz, contrariamente a quanto si pensasse, non piaceva stare al centro dell'attenzione. Aveva un carisma innato, ma semplicemente non amava stare in mezzo a persone ordinarie. E qualunque parente pronto a fargli quelle domande, certo non poteva essere altro che gente ordinaria. « La cena di sette portate? Noooo, dai non la definirei propriamente molto in grande. Forse al massimo dannatamente esagerata e sopra le righe. » Conosceva sua madre. E conosceva anche sua zia. Si sarebbero sbizzarrite come per un matrimonio. Non si sarebbe stupito se stessero persino pensando di acquistare qualche pensierino simil bomboniere, da far portare agli ospiti a casa. Per non parlare dei regali. Una tradizione che a dirla tutta odiava; i suoi regali erano sempre puntuali e originali, ma per riuscire a trovare quello giusto, si doveva scervellare tantissimo. Amava essere impeccabile e stupire, ma a volte semplicemente non ne aveva voglia. Insomma, il Natale coi parenti, sembrava per Fitz più di un'occasione di festa, un motivo piuttosto stressante dal quale si sarebbe ripreso solo con qualche giorno di spa in compagnia dei ragazzi. « In ogni caso credo che salterò la tradizione del più uno a cena. Non voglio così male a nessuno. » E lì gli occhi di lui si piantarono in quelli della cugina. « Insomma, chiunque dovesse venire, sarebbe una facile vittima delle decine di domande dei nostri parenti. Inoltre devi sempre trovare la persona col pedigree giusto, istruirla a dovere, fare in modo che venga preventivamente avvertita su tutte le eventuali défaillance della nonna e di zia Louise.. » La zia zitella. Tutti ne hanno una. « E tu? Quest'anno hai intenzione di farci conoscere qualcuno dei tuoi spasimanti? » Assottiglia lo sguardo e la fissa con un che di malizioso. « A me puoi dirlo. Prometto di tenere la bocca chiusa con Pride. Anche perché temo che potrei condannare il poveraccio di turno a morte certa se tuo fratello sapesse che qualcuno sta attentando alla sua piccola sorellina. » E Fitz lo capiva. Ormai capiva quale fosse il compito di un fratello maggiore protettivo. Era un duro lavoro, decisamente delicato. Ma in fondo, faceva parte del gioco delle parti. I vari attentatori dovevano stare ben lontani dalle piccole di casa. « Sempre che non sia un totale fils de pute.. a quel punto non assicuro niente nemmeno sul mio conto. »

     
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    Non avevo mai capito del tutto cosa spingesse mio cugino a trattarmi da bambina, e c'era da dire che me l'ero chiesta spesso. Be', se paragonati esteticamente lui poteva passare per un trentenne ed io per una quindicenne, ma la realtà dei fatti dimostrava che la differenza delle nostre età era semplicemente di qualche mesetto. Non potevo lamentarmi, eh!, mi piaceva sguazzare nel suo premuroso affetto, ma qualche volta non sarebbe stato male essere trattata come una alla sua pari, e non come una a cui bisognasse sempre insegnare qualcosa. « Ma apprezzo comunque l'interessamento.. e tu, Harry, non fumare. Non fumare mai. » ecco, infatti. « Invece di fare il papino con me, pensa prima a te stesso » replicai tirandogli una gomitata e puntandogli l'indice sul petto. « È solo questione di volontà, quindi prima di farmi il predicozzo pensa alla tua di salute, e alla pelle della tua di faccia. Lei ha ragione, potrei usarla come suola per le scarpe » mi scappò un sorrisino, alludendo a mia zia. Trovavo già sorprendente che non lo avesse rinchiuso nell'armadio del peccato o qualcosa del genere, ma forse questa cosa sarebbe stata più tipica di Madama Faulkner. Personalmente, fumare non rientrava nei miei canoni di interesse, e per giunta, se si trattava di qualcosa che imbruttisce e fa crepare prima, si può star certi che ci sarei rimasta ben alla larga. Mi dispiaceva per lui, e mi dispiaceva per Pride, che qualche volta avevo beccato da lontano. Non capivo perché mi tenesse nascosta una cosa del genere, in fin dei conti chi ero io per giudicare? Non c'erano mai stati segreti tra noi, e questa novità mi aveva lasciato un retrogusto amaro in bocca, che prima o poi gli avrei sputato in faccia con cattiveria. Metaforicamente parlando.
    « La cena di sette portate? Noooo, dai non la definirei propriamente molto in grande. Forse al massimo dannatamente esagerata e sopra le righe. » scoppiai a ridere. Sette portate? Mi era nuova questa. Aspetta, e tutto quel cibo dove ce lo mettevo, mica potevo permettermi di diventare un'orca assassina, non con gli allenamenti da cheerleader e il mio nuovo piano di conquista/vendetta per Fred! Sarebbe stata una serata pesante? Sî. Ci sarebbero stati litigi? Ovvio. Avrei fatto figure di merda? Sempre. Okay, ora iniziavo a capire la reticenza di Fitz verso la festa. « In ogni caso credo che salterò la tradizione del più uno a cena. Non voglio così male a nessuno. » sussultai, voltandomi di scatto. « Sei fuori? E poi chi ci parla con le due dittatrici? No, no, no. Piuttosto te la trovo io una da sacrificare » scossi la testa, categoricamente. Mica poteva permettersi di fare quel che gli pareva! Gli obblighi sono obblighi. « Insomma, chiunque dovesse venire, sarebbe una facile vittima delle decine di domande dei nostri parenti. Inoltre devi sempre trovare la persona col pedigree giusto, istruirla a dovere, fare in modo che venga preventivamente avvertita su tutte le eventuali défaillance della nonna e di zia Louise.. » Le domande. Uffa, ma perché doveva sempre spalancarmi gli occhi sui lati negativi delle cose? « Be' ehm... Non-non mi interessa? Prenditi una a caso e falle recitare una parte. Che poi chissene frega, dopo mica ci devi andare a letto, puoi sempre dirle addio e chi si è visto si è visto » molto alla Harriet Faulkner, sì. Forse fin troppo rispetto agli standard morali e razionali sopra i quali il signor Gauthier non osava andare. Mi sarebbe piaciuto vederlo trasgredire qualche regola, decisamente.
    « E tu? Quest'anno hai intenzione di farci conoscere qualcuno dei tuoi spasimanti? » Oh. Oh. «I miei...cosa? Amico, lo sai che non sono fatta per queste robe » feci spallucce, sperando che cambiasse argomento. « A me puoi dirlo. Prometto di tenere la bocca chiusa con Pride. Anche perché temo che potrei condannare il poveraccio di turno a morte certa se tuo fratello sapesse che qualcuno sta attentando alla sua piccola sorellina. » davvero credeva che dietro di me ci fosse una corte di spasimanti? PUAHAHAH c'era da morirci dal ridere. Forse era il caso che aprissero gli occhi, sia lui che Pride; non ero il piccolo angelo di cui i ragazzi si innamoravano, non ero la Beatrice o la Giulietta di turno. No, mi vedevo piuttosto come il Cavaliere di Ripafratta, ovvero il povero stolto che viene fottuto dall'amore che tanto fuggiva. Okay, basta visite al reparto di letteratura italiana, e soprattutto basta filmini mentali. « Niente di tutto questo, mi dispiace deludere le tue aspettative. Piglierò il primo che becco in corridoio e finita la storia lo butterò fuori facendo finta che non sia mai esistito » in effetti, alla pelle ci tenevo pure io, e sapevo che qualche volta mio fratello poteva essere.. ecco, un po' brutale? « Sempre che non sia un totale fils de pute.. a quel punto non assicuro niente nemmeno sul mio conto. » gli sorrisi, appoggiando la testa contro la sua spalla. « Non devi. E se non porti nessuna, io ne porterò due » sussurrai con malizia, certa di suscitargli preoccupazione.
     
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