Days of future past

[Novembre 2035]

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    La verità è che ci siamo persi di vista. Vorrei raccontarvi la storia di un gruppo immutabile e perpetuo, ma a dirla tutta, ad un certo punto abbiamo semplicemente smesso. L'essenza di quei bambini è rimasta forse simile, ma in fondo siamo cambiati profondamente. È il rischio che si corre crescendo. Diventiamo lentamente versioni inaspettate di noi stessi. I vent'anni sono tempi indimenticabili. Li abbiamo passati insieme, volenti o nolenti. I trenta però.. oh quelli sono tutta un'altra cosa. Giunti alla soglia dei quaranta ci rendiamo conto di avere nelle mani responsabilità che non pensavamo nemmeno fossero possibili. Ci siamo separati sì; ciascuno ha preso la propria rotta e raramente quella di ciascuno di noi è andata a collidere con quella degli altri. Questa è la versione ufficiale. Questo quanto raccontiamo ai nostri amici, ai giornali, alle conoscenze. La verità tuttavia è diversa. La verità è che non ci siamo mai davvero lasciati. Nessuno sospettava ai tempi di quelle timide prime riunioni che saremmo diventati ciò che siamo oggi. Sapevamo che il futuro del Paese gravasse in qualche modo sulle nostre spalle, non ancora in grado di sostenerlo. Lentamente il gruppo si è allargato e gli eletti sono diventati spesso personalità che ci hanno sorpreso. Le capacità di ciascuno confluivano in un unico organismo coeso che aveva un unico scopo: il benessere e la prosperità, l'idea che quanto accaduto in passato non dovesse più ripetersi. Eravamo disomogenei, disorganizzati e decisamente inesperti. Ma eravamo anche menti brillanti, tutti per motivi differenti. Molti di noi non andavano d'accordo; forse fino in fondo non siamo mai stati in grado di accettarci l'un l'altro a livello personale, ma in tempi non sospetti siamo riusciti a spogliarci dei nostri volubili ego per ammettere il valore intrinseco di chi avevamo tanto alla nostra destra quanto alla nostra sinistra. Ci siamo guardati intorno e abbiamo visto il futuro. Un futuro quello che assumeva prospettive inaspettate, incarnate in persone su cui non avremmo mai pensato di poter fare affidamento. Non siamo mai diventati tutti amici - nemmeno lontanamente. Probabilmente sono più le persone che non mi vanno giù, rispetto a quelle che effettivamente tollero, ma siamo diventati qualcos'altro: complici. Man mano che gli anni passavano e ciascuno di noi compiva la propria scalata nel proprio campo, riuscivamo a comprendere il valore intrinseco della nostra associazione a delinquere. Un pezzo alla volta, la nostra complicità ha spodestato tutto ciò che di retrogrado e anacronistico restava del vecchio sistema. Ci siamo spalleggiati, scontrati e spesso abbiamo persino avuto periodi di crisi non indifferenti. Ma alla fine, il dovere e il valore di quel giuramento fatto alla fragile età di appena vent'anni, rimase solido come il primo giorno. Quanto di antico ci fosse ancora, è lentamente impallidito di fronte alla nostra forza di nasconderci sotto il naso di tutti. Non mi vergogno di dire che spesso abbiamo schiacciato chi c'era prima di noi; abbiamo schiacciato antiche credenze e modi di agire. Man mano che ciascuno di noi acquistava più influenza, ci siamo resi conto di avere tra le mani la responsabilità di mantenere l'equilibrio. Prima dei trent'anni, la maggior parte di noi era già sistemato; carriere floride, una rete di conoscenze non indifferente e tanta voglia di preservare quanto avevamo realizzato. In un certo qual modo siamo sempre rimasti vigili; velate sentinelle nella notte pronte a intervenire nel caso in cui il terrore che ci ha percosso da ragazzi potesse infrangersi nuovamente sul mondo e sui nostri figli. Insieme abbiamo fronteggiato l'emergere di nuove personalità dispotiche, abbiamo tenuto a bada i gruppi di nostalgici Mangiamorte e dei fanatici delle Logge. Non mi vergogno ad ammettere che spesso siamo arrivati a piegare la realtà al nostro volere purché l'equilibrio rimanesse tale - avevamo le conoscenze, l'influenza e le capacità necessarie per farlo. In un certo qual modo siamo diventati.. i nostri genitori. Le stesse persone che abbiamo criticato e abbiamo sepolto nella dimenticanza, sono diventati specchio di ciò che siamo oggi. Ma lo abbiamo fatto per le giuste ragioni, e oggi, stiamo ancora godendo della pace che tanto abbiamo agognato. Valerie Rothschild non era una di noi; ma l'abbiamo scelta e appoggiata come Ministra della Magia perché ha dimostrato di essere una donna forte e attenta alle nostre specifiche richieste. Ne abbiamo appoggiato la candidatura, finanziato la campagna e l'abbiamo aiutata e consigliata durante quasi tutto il suo mandato. Prima di essere Ministra era stata una delle più rispettabili docenti dell'accademia; ha insegnato noi e anche alcuni dei nostri figli. Poi è diventata Preside, ma quando venne chiamata a candidarsi, lasciò tutti gli incarichi prima ancora di essere nominata ai vertici del Mondo Magico. Un comportamento di una correttezza infinita. Valerie è stata un buon leader. Alla sua veneranda età di sessantotto anni era una delle streghe più rispettabili del Mondo Magico Internazionale. Ed è morta. Assassinata. E questo ci porta a oggi. Al giorno in cui ci rendiamo conto non solo di aver in parte fallito nel nostro compito di sentinelle, ma di esser stati anche parecchio maldestri a non renderci conto dei cancri che stavano crescendo sotto il nostro stesso naso. Qualcuno si sta prendendo gioco di tutti noi. Politici, statisti, banchieri, uomini di giustizia, giornalisti, medimaghi, pozionisti, alchimisti, divinatori, psicologi, sportivi, imprenditori e teorici - tutti presi per i fondelli da altri gruppi di malfattori. C'è un po' di tutto in mezzo a noi; siamo la classe dirigente e intellettuale di questo paese. E a ben guardarci, potreste giudicarci massoni o delinquenti. Ma la verità è che nessuno di noi ha mai fatto i propri interessi se questi collidevano con il fine ultimo della pace e della prosperità. E non è stato facile tenere a bada gli egoismi singoli. Non è stato facile restare puliti. Spesso qualcuno è stato espulso, o denigrato. Spesso abbiamo fatto scelte complesse. Ma se pensate anche solo per un momento che dopo aver visto cadere sotto i nostri stessi occhi bambini nel fior fiore della loro infanzia, per poi distogliere lo sguardo e permettere ad altri come Edmung Kingsley lasciare che succedesse lo stesso ai nostri figli, siete dei poveri stolti.

    Si era dimostrata troppo indisciplinata per fare l'Auror; col tempo ha fatto impazzire più colleghi di chiunque altro presente nel suo corso e così è stata letteralmente scaraventata nel regno degli indisciplinati per antonomasia. Beatrice Morgenstern, ormai divenuta Lancaster, sfoggiava ora una carriera brillante ai vertici dell'Intelligence del Patto dei Paesi Scandinavi, la divisione speciale del Corpo Auror che si occupava delle questioni più spinose. Suo figlio la chiamava di nascosto capo degli infami, per la figlia invece, era la spia più bella e coraggiosa di sempre. L'organo era stato completamente rivoluzionato, e le conoscenze che aveva portato con sé da Inverness, ne avevano fatto un organo di punta del Ministero. Non appariva poi molto in pubblico, e la segretezza del suo lavoro, nonché il convivere a stretto contatto con l'Ufficio Misteri, le permetteva di continuare quell'antica tradizione che ormai vigeva in lei da tempi immemori - quella della naturale maniaca del controllo. In realtà col tempo, il figli e la famiglia allargata, che aveva accolto volente o nolente membri del tutto inaspettati, l'avevano portata ad ammorbidirsi ma restare sempre piuttosto incisiva nel suo lavoro. Nonostante molti tentassero di convincerla di scendere meno in campo, la fama di Beatrice era dovuta soprattutto al suo non avere la presunzione di schiacciare un tasto o firmare un documenti e restarsene comodamente a guardare dalla sua sontuosa poltrona. Ecco perché anche quel giorno, un graffio non indifferente correva lungo il suo collo, pegno dell'ultima missione portata a termine. L'equità di cui si era fatta portatrice in tempi decisamente prematuri, era rimasta una sua prerogativa, e l'aveva portata con sé ovunque nelle istituzioni fosse stata chiamata a dire la sua. Scendeva in campo assieme ai suoi uomini, si preoccupava, si dava da fare e non mancava mai di curarsi dei bisogni di ciascuno dei suoi alleati. Quanto alla guida di Inverness, con la morte di Sebastian Matthews, le responsabilità erano passate nelle mani di Holden, come sarebbe dovuto essere sin dall'inizio e lei dal canto suo, si era posta rispetto al fratello, assieme a Percival, come consigliare. Assieme, nel portare avanti le redini dell'ormai sempre più allargata e prosperosa città, erano un vero e proprio triunvirato che aveva portato la società a espandere le proprie conoscenze e metterle al sevizio della collettività allargata in maniera sana e ponderata. « Elisabeth Ophelia Lancaster! Cosa abbiamo detto? » La biondina dagli occhi azzurri alza gli occhi al cielo e ripone il cellulare nella tasca della giacca. Tempi bui per la famiglia, soprattutto dopo aver sorpreso Jay Potter scappare via dalla finestra della stanza della piccola Elizabeth, nel cuore della notte, come un povero ladro. E' colpa nostra. Abbiamo dato loro troppe libertà, si erano detti, dopo che Tris aveva convinto Percy con non poche difficoltà di non uscire di casa per andare a sbranare il piccolo Potter, per aver tentato quella intrusione. « Ma se non mi guarda neanche! Come faccio a chiedergli scusa? » « Hai tutto un pomeriggio per ingegnarti. E bada bene, Liz. Vorticare attorno ai riccioli d'oro di Potter, non aiuterà tuo padre a perdonarti. O a non ucciderlo. » « Mamma! Ma ho già sedici anni. E.. e poi.. ci conosciamo da sempre.. » Si esatto. Ma per tuo padre ne avrai cinque per sempre. E per quanto Jay Potter l'abbiamo visto crescere tutti, al momento, è il nemico. Alza gli occhi al cielo e inizia a guardarsi attorno alla ricerca di Percy e del secondo della cucciolata. « Tuo fratello? E' già sparito? » La biondina fa spallucce tornando nel mondo dei sogni, continuando a scrutare la folla alla ricerca dei propri compagni. Alla veglia per il funerale della defunta Ministra della Magia ci sono tutti. Non a caso, è anche il momento più propenso per iniziare già a parlare del prossimo a essere eletto. In attesa, il governo provvisorio ha già preso l'incarico, ma tutti loro sono consapevoli del fatto che più quel periodo durerà, più porterà squilibri nel paese, oltre a dare abbastanza spazio di manovra a chiunque abbia ucciso Valerie Rothschild a proseguire coi propri piani. Hanno molto di cui discutere, molte decisioni da prendere e nessun momento è migliore di quello. « Oh.. eccoli. » Affianca Percy, lasciandosi seguire dai gemelli, per il tradizionale giro di condoglianze ai famigliari, prima di ritrovarsi nel grande atrio della villa dei Rothschild dove un assortito buffet è già assalito da centinaia di volti più o meno noti. « Mà? Hai chiesto a zio Holden se mi porta con lui nella prossima missione? » « No. Perché non ci vai. » Asserisce piuttosto incisiva, ben intenzionata a rimediare al più grande sbaglio della sua vita. Viziare Sebastian era stata la cosa peggiore che potesse fare. Sin da quando aveva dodici anni non ha fatto altro che ripetere a tutti i conoscenti che lui era il futuro alfa della Mano di Dio, il prossimo patriarca e anche il re dell'universo. Per non parlare della sua capacità particolarmente invasiva di pavoneggiarsi in quanto figlio tanto di un Lancaster quanto di una Morgenstern. Avevano un pallone gonfiato come figlio; ecco qual era la verità. E poi mio zio è capo di Inverness, quindi io sono capo di tutti voi. Logico. Infine Beatrice scruta la folla e alza gli occhi al cielo, mentre i due piccoli Lancaster scappano già via, alla ricerca di guai da combinare, oppure semplicemente troppo imbarazzati per farsi vedere in compagnia dei propri genitori.
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    « Il dubbio amletico di questa mattina è se sono più reticente nei confronti dei capricci dei nostri figli, oppure nei confronti di queste occasioni. » Non era mai diventato davvero più facile assistere a eventi così intrisi di ipocrisia, sfarzosi a dismisura per il semplice volere di apparire. L'unico pensiero rincuorante in quel senso era il fatto che ci sarebbero rimasti davvero per poco. Perché in fondo, da qualche parte, al piano inferiore, il figlio della Rothschild aveva riservato il seminterrato della casa per far sì che tutti loro s'incontrassero. « Ci hai fatto caso? Ci sono dei terroristi a piede libero che hanno ucciso il Ministro della Magia eppure né il mio ufficio, né il Corpo Auror è stato interpellato per la sicurezza dell'evento. Mi hanno detto che avevamo già troppe cose per la testa per curarci anche di un evento privato. » Evento privato un corno! Qui riuniti ci sono le donne e gli uomini più importanti di tutto il Nord Europa. I funerali di stato sono un conto; quelli erano stati gestiti nel massimo rispetto della legge. Quanto al rinfresco privato, quello riguardava la famiglia e nessuno avrebbe potuto metterci bocca. Si erano dati un gran bel da fare nell'invitare così tanta gente e spettacolizzare l'accaduto, ma al contempo non si erano minimamente accertati dell'effettiva sicurezza dei partecipanti. « Qualcosa mi dice che qualcuno ci sta prendendo in giro da molto più tempo di quanto pensassimo. » Afferra un bicchiere di champagne da un vassoio continuando a guardarsi intorno. « Cerchiamo gli altri? » L'appuntamento di sotto era fissato per tutti mezz'ora più tardi, ma in tanto potevano solo che far buon viso e cattivo gioco; sorridere e socializzare.

    Questa role rientra nel Progetto "Realtà aumentata" che permette la partecipazione alla stessa di chiunque ne voglia far parte nei termini della coerenza on game. Imprevisti possono succedere in qualunque momento. Partecipando, tal imprevisti si accettano implicitamente.

    Scusate mi è venuto un po' lungo ma in generale la trama è più o meno la seguente:
    Il gruppo di collegiali formatosi ai tempi della scuola sulle ceneri del Clavis, si è allargato parecchio nel corso degli anni accogliendo tutti i maghi più brillanti e di successo desiderosi di tenere saldo l'equilibrio riportato dopo la Restaurazione. La loro influenza è diventata tale da portarli a diventare diretti attori delle decisioni riguardanti tutti gli ambiti. Non sono necessariamente cuccioli cerca amici tra loro, ma ammettono il valore intrinseco della collaborazione con tutti gli altri. Si incontrano regolarmente, si spalleggiano e si aiutano in caso di bisogno. Nella role attuale ci troviamo al rincresco post funerale della Ministra della Magia, morta in circostanze misteriose. Si sospetta che nuove minacce possano aver preso piede nel mondo magico sotto il naso di tutti loro. Il Clavis 2.0 (ancora senza nome, che boh, eviterei quanto meno finché non dovesse nascere in on), approfitta dell'occasione conviviale per ritrovarsi in una situazione in cui comunque tutti loro sarebbero stati chiamati a presenziare, per organizzare una delle loro sedute di rito e decidere come agire anche in vista dell'elezione di un nuovo Ministro della Magia. La prima parte è tutta una descrizione di come vedevo il mood di questo gruppo. Il post è ambientato mezz'ora prima della riunione, che si terrebbe nei sotterranei della villa in cui si trovano. Top secret con tanto di parola d'ordine #massonipermotividitrama


     
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    « Papàààààààà! » la voce squillante di una bambina si sparse per tutto il giardino, nel momento esatto in cui Sirius era apparso di fronte al cancello d'ingresso con un sonoro crack. Era stata una giornata molto diversa dalle altre, al Ministero della Magia. Come definirla in una sola parola? Incasinata. Si era cercato di mantenere il controllo in ogni ufficio e far sì che il lavoro andasse avanti senza indugio ma era stato letteralmente impossibile. Il viso sfinito e un po' abbattuto di Sirius ne era la dimostrazione lampante. Non riusciva a nascondere i propri sentimenti, così come non c'era riuscito in trentacinque anni. Quell'unico strillo felice gli arrivò però come un balsamo curativo, una carezza leggera che lenisce il dolore. Lasciò cadere la ventiquattr'ore sull'erba del prato, inginocchiandosi a braccia spalancate perché la piccola gli si gettasse contro. « Ciao Principessa! » l'apostrofò lui, posandole due lenti baci tra i capelli biondi. C'era un ricordo in particolare che di tanto in tanto gli tornava alla mente, con tenerezza e nostalgia. Era sdraiato sul letto accanto a Judah, in una sera d'estate; erano poco più che adolescenti, poco meno che uomini. "Io voglio diventare Qualcuno. Un pezzo grosso, una personalità influente! Qualcuno che conta davvero. Il prossimo Ministro della Magia!" gli aveva rivelato Jude, guardando il soffitto con quel suo solito ghigno di sfida sulle labbra. Ci credeva sul serio e ci credeva anche Sirius, che non riuscì a non guardarlo ammirato da tanta ambizione. Ci credeva davvero che Judah sarebbe potuto diventare Ministro della Magia o chissà cos'altro. Quando però JJ gli chiese dei suoi sogni, Siri ammutolì fissando il soffitto: al suo futuro Sirius non pensava granché. Solo dopo qualche minuto riuscì a rispondere. "A me basta solo essere felice. Non m'importa dei soldi o della carriera. Voglio trovare il mio spazietto, anche se piccolo. Voglio una casetta accogliente. Voglio continuare ad essere innamorato. Voglio una bella famiglia. Ecco cosa vorrei." A distanza di diciassette anni, Sirius Potter poteva dire di essere riuscito a realizzare il proprio sogno: aveva trovato il proprio spazietto nel mondo. Dopo la fine della scuola e il conseguimento del bachelor in Difesa contro le Arti Oscure, era stato assunto all'Ufficio Misteri allora diretto da Julie Greengrass. Benché fosse andato avanti con la propria vita, il mistero circa le proprie origini non l'aveva mai abbandonato del tutto e rappresentò nel corso degli anni il motore del proprio lavoro, presso la Stanza della Morte: tutti i suoi colleghi avevano sempre trovato assai strampalate le sue ricerche. E' possibile creare la Vita dal nulla? Nessuno avrebbe puntato un solo zellino su una possibile scalata di carriera di Sirius Potter, perché egli era il primo a non occuparsene più di tanto. Tuttavia, dieci anni dopo gli venne offerta la dirigenza della Stanza stessa e, sei anni più tardi, la direzione dell'Ufficio stesso lasciata vacante dal pensionamento della signora Greengrass. Portava una fede all'anulare sinistro oramai da svariati anni: era innamorato come il primo giorno. Aveva costruito una bella famiglia, comprato una deliziosa villetta e messo insieme un quadro idilliaco che, diciassette anni prima, non avrebbe mai immaginato così colorato. Sirius Potter era un uomo felice.. anche se quel particolare giorno, non lo era poi così tanto. Fu subito chiaro anche alla bimba. Minerva era una bambina sveglia, forse molto più di suo padre, e a soli dieci anni possedeva una grandissima sensibilità: Sirius era quasi certo che avesse ereditato il dono della chiaroveggenza da sua zia Olympia. « Perché sei tristeee? Siete tutti tristi oggi! Dai, sorridi! » Le piccole dita di Minerva piegarono le labbra del padre, contornate da una barba incolta di almeno una settimana. « Perché, chi altri è triste? Mr. Muggles? » Non che ci fosse di che stupirsi. Mr. Muggles era stato il regalo per il decimo compleanno di Minerva, uno snaso particolarmente pigro e imbronciato. Come un grumpy cat, ma magico. Siri non faceva che prenderlo in giro dalla mattina alla sera e scattargli foto stupide, con l'effetto di infastidirlo ancora di più. La bimba scosse la testa, muovendo una matassa di riccioli dorati. « Nnno, anche papi! » Sirius aggrottò la fronte e sbirciò l'orologio al polso. Sono già le diciotto, ho fatto così tardi? « Minnie, perché non resti qui ad insegnare a Mr. Muggles come si sorride durante l'ora del tè? Nel mentre io vado a preparartene uno. Però in casa entro mezz'ora eh? Sta facendo buio! » Recuperò la valigetta e lasciò la piccola streghetta a tormentare lo snaso privo di qualunque voglia di vivere. Oggi siamo davvero tutti tristi. Gettò ventiquattr'ore e giacca su un divano e salì di corsa le scale per arrivare allo studio al piano superiore. Come atteso, trovò Judah intento a leggere la Gazzetta del Profeta; gli si avvicinò alle spalle, abbracciandolo da dietro per posare un paio di baci sul suo collo. « Tornato. » gli sussurrò, per poi lasciarlo libero e sedersi sul bordo della grande scrivania. Com'era prevedibile, la prima pagina della Gazzetta parlava di quello. « Hanno portato da te il corpo? Ho sentito che comunque non c'era più nulla da fare. Non so se sia stato un Anatema che Uccide, non so nulla. So solo che oggi era una bolgia. » In ogni caso, aveva ipotizzato che il corpo di Valerie Rothschild sarebbe stato trasportato al San Mungo, non fosse altro che per un'autopsia di rito. Ma, a conti fatti, Sirius non era particolarmente informato sull'iter che si segue in caso di omicidio. E dire che traffico con la morte praticamente ogni giorno! Ma per fortuna non muore un ministro della magia al giorno. Sospirò, appellando con la bacchetta la brocca del brandy con la quale riempì due bicchieri. « In ogni caso, ho sentito Mun, ci saranno anche loro stasera al rinfresco. » Scolò il proprio bicchierino e si rialzò, stiracchiandosi le membra intorpidite. « Ho promesso alla Puffola una tazza di tè, ne vuoi? Ne approfitto per chiamare Lizzie e sentire se può fare da baby sitter ai bambini. Poi mi butto in vasca e tu vieni con me, non voglio sentire scuse. » Si spiegò in avanti baciò suo marito sulle labbra, lentamente, con cura. Era così che Sirius Potter mandava avanti il proprio matrimonio con l'uomo più difficile e complicato che avesse mai conosciuto: era ciclicamente un farlo arrabbiare per qualche sbadataggine e farsi perdonare con l'unica arma che possedeva, il proprio amore incrollabile.

    [...] Anche quando era stato promosso Capo Ufficio, Sirius aveva mantenuto il proprio stile fatto di jeans e camice sgualcite, con gran disappunto di Judah che ogni tanto gli faceva trovare nell'armadio un abito nuovo, una cravatta sobria ed elegante o un paio di scarpe che non fossero i suoi soliti scarponi da boscaiolo a caccia di sequoie. Quella sera dovette fare uno sforzo per mettersi a lucido, utilizzando uno degli abiti neri che il marito gli aveva fatto trovare. Aveva accorciato la barba, pettinato i capelli e messo su un'aria di triste cordoglio. Non che ci fosse granché da mentire: Valerie Rothschild era stata una strega davvero lungimirante, capace di capire il presente e proiettarlo verso il futuro. Sarebbe stata una perdita per la comunità magica, tanto più alla luce delle misteriose circostanze che avvolgevano la sua fine. Nel salone della villa che l'importante famiglia aveva messo a disposizione, Sirius Potter camminava lentamente salutando questo o quel funzionario ministeriale, stringendo mani, esprimendo un lutto misurato, finché non riuscì ad affiancare Amunet porgendole un calice di champagne. I ricchi usano le bollicine anche per asciugarsi le lacrime. « Dove hai lasciato il tuo? Il mio è di là, è stato placcato dal vecchio dottor Douglas. Cose tra primari. » La buttò scherzosamente a ridere, sebbene entrambi sentissero nelle viscere la pesantezza di quell'evento. Aveva davvero l'aria di una veglia funebre ma sotto il coperchio, chissà cosa stava bollendo in pentola? « Pensi che.. stia succedendo di nuovo? » Benché avessero fatto di tutto per preservarla, quelli non erano stati diciassette anni di pace e amore. Ma pur con alti e bassi, era dai tempi di Norwena Zabini che non si assisteva ad un omicidio di stato. E almeno con la Zabini avevano la scusa del movente. Era visibilmente preoccupato, Sirius. Mai come adesso sentiva il peso e la fragilità del piccolo paradiso terrestre che aveva costruito insieme a Judah e che una nuova, spaventosa minaccia avrebbe potuto spazzare via. Non conosci davvero il significato della paura finché non diventi padre.

    Et voilà!
    Interagito principalmente con Judah e Amunet, nominato Albus dove sei bro vieni a brindare con noi allammerda


     
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    Per Betty quello era il momento della giornata che preferiva, come ogni mattina era stata svegliata dai movimenti del bambino. Sembrava quasi che lo trovasse divertente, svegliarla con piccoli calci, come se fosse in cerca di attenzioni. Si alzò dal letto con fatica, il pancione ingombrante rendeva ormai difficili i movimenti, ma ciò non le impediva di rimanere sempre in movimento. Controllò la sua piccola Diana, dormiva raggomitolata con il sederino all'aria e il pollice in bocca. Accarezzò i suoi morbidi ricci biondi, così soffici e luminosi da sembrare oro. Nonostante i suoi quattro anni era una bambina sveglia e curiosa, la sua parola preferita era perchè, perchè mamma? perchè papà? Saltellava per casa con quel suo fare innocente, i codini dondolanti e un grande sorriso. Certa che era ancora profondamente addormentata controllò la stanza di Oliver, a differenza di sua sorella era un bambino silenzioso, assorto nei suoi ragionamenti e nei suoi libri. Aveva sempre le sopracciglia corrucciate, come se stesse cercando di spiegarsi i misteri dell'intero universo. Per quanto potesse sembrare pacato aveva ereditato l'autorevolezza del padre, nonché la sua testardaggine. Con i suoi otto anni era impaziente, sin dai sei anni aveva iniziato il conto alla rovescia per scoprire quanto tempo ancora gli mancasse prima di ricevere la famigerata lettera. Quando fu certa del suo riposo tranquillo tornò nel letto, pronta a godersi quel silenzio con la consapevolezza che stavano tutti bene. Poggiò le mani sulla pancia, sentendo i piccoli movimenti che il bambino faceva, osservava la pelle tendersi nello stesso punto in cui puntata i piedini; sorridendo di gioia per quella nuova vita che non vedeva l'ora di stringere tra le braccia. Per Betty la maternità era qualcosa di straordinario, una sorta di vocazione. Durante la prima gravidanza era stata colta dalle classiche paure di una futura mamma, preoccupata di non essere portata per la maternità, ma quando finalmente aveva stretto Oliver a sé aveva accantonato tutte quelle paure. Al suo fianco Derek dormiva imperturbato, non risentiva dei suoi continui movimenti durante la notte, ma spesso nel sonno la stringeva a sé e le posava una mano calda sul pancione. In quell'esatto momento il loro bambino smetteva immediatamente di scalciare, quasi come se si sentisse al sicuro; protetto da tutto e tutti. «Mammina...ho fatto un butto sogno...» Diana la guardava dalla porta mentre si stropicciava gli occhi, stringendo a sé la sua scimmietta di peluche. «Vieni qui ranocchietta.» La piccola salì goffamente sul letto, strisciando fino a mettersi tra lei e Derek, rifugiandosi tra le braccia del padre; incurante di svegliarlo. Il marito aprì li occhi stringendo a sé la piccola che subito scoppiò in una tenera e soffocata risata. Ogni volta che lo vedeva giocare, coccolare, sgridare e confortare i loro bambini non poteva fare a meno di innamorarsi sempre di più; dava loro tutto ciò che a lei era mancato e non permetteva mai al lavoro di mettersi in mezzo. «Oggi ci aspetta una giornata pesante...sei pronto?» Derek annuì mentre carezzava i biondi riccioli della bambina. Sapeva benissimo che prima della fine della giornata l'avrebbe rimproverata, l'avvicinarsi del termine lo rendeva molto protettivo e spesso le intimava di rallentare; di prendersi del tempo per riposarsi. Betty
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    avrebbe semplicemente scosso la testa ricordandogli che era un periodo difficile e non poteva permettersi di prendersi troppo tempo per riposare. La ministra era stata assassinata e tutti gli uffici del ministero era in fermento, non poteva assentarsi in un momento del genere. Quando anche Oliver fece capolino nella loro stanza capì che era il momento di preparare la colazione. «Io mi occupo della colazione e tu li vesti?» Lo baciò dolcemente, issandosi ancora una volta con fatica. «Non dire niente...questo letto è troppo basso per il mio pancione.» Quando le sue orecchie furono fuori portata fece una battuta che causò un'ilarità generale, spingendo i bambini a ridere a crepa pelle. Quei piccoli momenti era tutto ciò di cui aveva veramente bisogno, faticava a credere che fossero passati quasi vent'anni del periodo più cupo della sua vita. Periodo di cui un giorno avrebbe dovuto parlare ai propri figli, ma che per ora rimaneva sepolto tra i ricordi. Betty non poteva fare a meno di scrollarsi di dosso la sensazione che presto avrebbero avuto qualcosa di cui preoccuparsi, ma ciò che più le premeva era che i suoi bambini fossero al sicuro. Quella sera erano tutti attesi al funerale e al rinfresco, non solo per rendere omaggio a Valerie Rothschild, ma anche per fare chiarezza su cosa si potesse nascondere dietro la sua morte. Betty era a capo del dipartimento di Cooperazione Internazionale Magica da un paio di anni e aveva avuto modo di collaborare spesso con la donna, impressionata dal suo polso e dalla sua capacità di tenere le redini di tutta la baracca. Mentre Derek si infilava il suo completo nero si occupò di Diana, raccogliendo i suoi riccioli in due ordinate treccine. I due erano perfettamente organizzati e quando il marito fu pronto si occupò dei bambini mentre lei indossava un classico tubino nero. Betty e Derek erano d'accordo sul fatto che la morte faceva parte della vita, ma non volevano che i loro figli venissero esposti ad un evento del genere in questo momento. Era il funerale di un ministro della magia, morto in condizioni alquanto misteriose; inoltre avevano un appuntamento importante che avrebbe impedito loro di tenerli d'occhio. «Vedremo anche zia Muni mamma?» Se qualcuno vent'anni fa le avesse detto che un giorno i suoi figli avrebbero chiamato zia Amunet non ci avrebbe creduto, anzi si sarebbe messa a ridere; ma la realtà era che la sua amicizia con Mun era cresciuta a dispetto di tutto ciò che era successo nel passato. «Più tardi piccola, più tardi.» Lasciarono i bambini con la loro vicina, una tenera signora di cinquant'anni a cui i bambini si erano affezionati. Derek si inginocchiò di fronte ai bambini, sicuramente si stava raccomandando con loro di comportarsi bene; affidando ad Oliver la responsabilità di badare alla sorellina. Il luogo del funerale era gremito di gente, molti bisbigliavano indignati, altri si limitavano a porre i loro rispetti. «Direi che possiamo porgere i nostri omaggi e poi andare di sotto...» Conosceva bene il figlio della ministra, lavorava anche lui al ministero e a differenza della madre era meno affabile, ma altrettanto autorevole. Nel salone si avvicinarono a Sirius e Mun, entrambi impegnati con un bicchiere di champagne. Dovette gentilmente declinare il flute offerto dai camerieri, costretta a ripiegare su un semplice bicchiere di succo di frutta. «Mun...» Strinse il braccio dell'amica e posò la mano su quello di Sirius. «Ieri quando sono andata via, ed era già tardi, eri ancora in ufficio...sei riuscito a riposarti un po'?» Il ministero era in subbuglio e il ragazzo era uno dei pochi che stavano facendo di tutto per evitare che le cose sfuggissero loro di mano. Aveva tutti lo stesso timore, paura che la storia stesse per ripetersi e mai più di adesso erano costretti ad ammettere di avere paura, perchè nel mondo c'era qualcuno che per loro contava più della vita stessa.

    Allora interagito con: Derek, Mun e Sirius
     
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    er bacchetta


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    Faceva davvero così caldo o era solo il microclima creatosi nell'ufficio agli ultimi piani del palazzo? C'era uno strano profumo nell'aria. Come di muschio bianco e terrore degli stagisti. Ormai Greg aveva imparato a fiutarlo. Non che amasse fare terrorismo psicologico sui suoi subalterni, tutt'altro, ma col tempo era semplicemente diventato un uomo molto esigente - come si confà ad un buon uomo d'affari, dopotutto. Si distese meglio sulla propria poltrona, a capotavola di un lungo tavolo nella saletta riunioni, e zittì con un solo dito il giovanotto fresco di bachelor in ingegneria magica per rivolgersi ad un trio di loschi figuri. Il reparto marketing. Temeva e venerava quegli uomini, di fatto esperti in qualcosa in cui era stato sempre un po' carente. « Posto che mi son fatto un'idea a riguardo: come vedreste l'eventuale prototipo nel mercato? » Incrociò le dita, squadrandoli uno ad uno da sopra gli occhiali. Gli era stato presentato il progetto di un innovativo sistema magico di raccolta dell'acqua piovana e automatico filtraggio. Questo era diventato il lavoro di Greagoir, questo era ciò che in diciassette anni aveva costruito: la Olivander's era passata da essere un'attività commerciale a gestione familiare ad una delle più influenti e conosciute realtà imprenditoriali della comunità magica. Gli studi universitari in Ricerca e Sviluppo Magici avevano aperto gli occhi ad un giovane Greg sempre pronto a macinare idee su idee, progetti su progetti. Se da un lato la fabbricazione di bacchette magiche era rimasta la priorità della sua attività lavorativa - i segreti della quale non avrebbe svelato a nessuno all'interno della stessa azienda - dall'altro aveva abbracciato in toto la professione di Inventore e l'aveva unita alle conoscenze imprenditoriali che la gestione della propria piccola bottega da che ne avesse memoria gli avevano fornito. Erano stati necessari solo tanta intraprendenza e un certo gruzzolo iniziale per mettere in piedi dapprima una piccola-media impresa e poi, a crescere, una vera e propria industria. Nel 2035, le industrie Olivander vantavano il maggior numero di prototipi registrati all'Ufficio Brevetti di tutta la Gran Bretagna e allacciavano quotidianamente collaborazioni con molte altre società. Aveva perfino stretto accordi col College, per permettere a giovani promettenti di svolgere tirocini in azienda. Come questo poveretto qui, sta tremando. Faccio così tanta paura? Dopo un'attenta analisi del fascicolo, uno dei tre quattrocchi prese la parola. « In base all'analisi del mercato e all'indice di gradimento del consumatore, il prototipo avrebbe una resa del 22,1% a fronte di un costo di produzione del 54,3% » Appunto, come immaginavo. Greg non aveva studi economici alle spalle, ma aveva imparato cosa piace o non piace alla gente, a prescindere da indici e numeri. Si voltò verso il giovanotto, sorridendogli affabile. « Quello che questi gentiluomini stanno cercando di dirti è che la tua idea è davvero interessante, Andrew, dico davvero. E' solo che dovresti renderla un po' più.. frizzante, mi capisci? » Lo studente aggrottò la fronte. Non sembrò capire bene. Greg, d'altro canto, capì immediatamente le perplessità del giovane. Ero come te. Volevo cambiare il mondo, con le mie idee. Avevo promesso a Ophelia che avrei creato la bacchetta più bella e più leggendaria di tutti i tempi, capace di far impallidire quella di Sambuco! Ad oggi, non ci sono ancora riuscito. E ho capito a cosa puntavi, risolvere il problema della siccità e della sete nel mondo. Se sogni in grande, forse un giorno ce la farai. « Il punto è ciò che vuole il mercato e il mercato, mio caro, non vuole acqua. Vuole pepsi. Sono le bollicine a far girare il mondo! » Frase che lasciò ancora più spiazzato il giovane mago, come tutte le gloriose citazioni degli uomini di successo. Si alzò e percorse la sala riunioni per arrivare alla lavagnetta su cui Andrew aveva presentato il modello del suo prototipo. « Potresti aggiungere.. quuuì un filtro in poliestere imbevuto di pozione mimetica. L'acqua passa dal primo depuratore, poi dal filtro eeee zac, si aggiunge a valle un sistema di scelta del gusto! » Quel quarantenne in giacca e cravatta sprizzava l'energia e l'entusiasmo di un bambino ed erano talmente contagiosi che il piccolo Andrew quasi non si accorse di essersi visto snaturare il progetto. Da soluzione per la siccità ad un distributore casalingo di bibite gassate. Se ne sarebbe accorto anche lui, una volta che la ventata di euforia fosse svanita. Nel frattempo, il capo gli massaggiò una spalla con fare paterno. « Qualunque cosa tu scelga di fare, hai eseguito un ottimo lavoro e sviluppato una bella idea. Bravo Andrew. » Greagoir Olivander, al contrario di quanto potesse sembrare, padre non lo era mai diventato. Le industrie erano le sue figli, e così i dipendenti e gli stagisti. Alle porte dei quarant'anni, questa è l'unica famiglia che posso vantare di avere. Una famiglia parecchio redditizia, invero. Greg aveva vissuto molte storie d'amore nel corso degli anni, alcune leggere e altre più profonde, ma non era mai arrivata quella persona capace di fargli perdere completamente testa e cuore: si era così dedicato alla coltura dei propri progetti, con risultati che avevano lasciato molti senza parole. « E ora, se volete scusarmi, il briefing è terminato. Ci aggiorniamo. » Lasciò di gran fretta la sala riunioni e prese a camminare velocemente per il corridoio, immediatamente affiancato da una ragazza che doveva dimostrare sì e no venticinque anni. Gli sciorinò la lista degli appuntamenti previsti per il giorno e alcune delle note che puntualmente Greg chiedeva che gli venissero ricordate. Ma oggi non è come tutti gli altri giorni. « Tracy, cancella tutti gli appuntamenti per oggi. Al signor Hashimoto avvisalo per iscritto, riempi il biglietto di scuse profuse e manda una bottiglia come regalo di scuse. Ci tengono molto alle formalità i giapponesi. » e se non chiudo il contratto per la fornitura di legno di ciliegio di quel pregio, salta qualche testa.

    Non spiegò in ufficio né ai propri interlocutori perché avesse di gran fretta cancellato ogni appuntamento. Come spiegare con parole semplici, dopotutto, che il signor Olivander aveva negli anni mantenuto dei stretti rapporti con gli altri esponenti della classe dirigente della comunità magica? Quel semplice uomo d'affari aveva vigilato, insieme agli altri uomini e donne del suo tempo, affinché ciò che era accaduto non si ripresentasse mai più. E ci siamo riusciti, bene o male. Almeno finché non è morto il Ministro. Aveva letto della scomparsa di Valerie Rothschild quella mattina, mentre leggera la Gazzetta del Profeta durante la colazione, e un incredibile senso di gelo e impotenza l'aveva pervaso. Non era stato un incidente né il volere del fato ma misteriose circostanze ancora al vaglio dei giudici del Wizengamot. Ancora prima di sapere dell'invito alla veglia funebre della compianta strega, Greg aveva deciso di disdire ogni impegno. Sapeva cosa sarebbe successo, a prescindere o meno dal rinfresco preparato a casa Rothschild. Sapeva che la vecchia guardia aveva bisogno di ritrovarsi e di discutere insieme di ciò che era accaduto. Sapeva di doverci essere. Si presentò, impeccabile nel suo abito scuro, i capelli dorati creavano onde armoniose sul volto incorniciato da occhiali eleganti e una barba curata. In fondo, nonostante gli anni, Greagoir non era cambiato poi molto. « Cerchiamo gli altri? » La voce di Beatrice Morgenstern gli arrivò poco lontano, proprio mentre era intento a raggiungerla. « O gli altri troveranno voi! Ben trovati, miei cari. Speravo in circostanze meno.. sgradevoli, ecco. » Abbracciò entrambi amichevolmente. Aveva scritto loro solo qualche settimana prima, avvisandoli che avrebbe preparato tutto per una settimana bianca agli inizi di Dicembre, a Inverness, e che sperava caldamente di incontrare loro e i loro figli. Le circostanze li avevano avvicinati prima del previsto. Insieme ai coniugi Lancaster, si incamminò per la sala alla ricerca di visi conosciuti. « Abbiamo ancora esattamente.. dodici minuti e mezzo per parlare di frivolezze. E a proposito di frivolezze, non ho sentito Ophelia. Verrà? Dovremo sì discutere di massimi sistemi ma si tratta pur sempre di una festa! Quando mai si è vista una festa senza un Lancaster? » No, nonostante gli anni Greagoir non era cambiato affatto.


    Emmobbasta con tutti 'sti figli, ao, eravamo tutti troppo felici! Portiamo un po' di zitellaggine per ristabilire l'equilibrio cosmico.
    Interagito con Tris e Percy!
     
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    Dovrò occuparmi di questo posto, uno di questi giorni. Si sta infiltrando la muffa. Pensò tra sé e sé, storcendo il naso all'odore pungente dell'umido scantinato di casa propria, dove si trovava seduto in terra a gambe incrociate, sommerso da vecchie scartoffie ormai sbiadite. Di tanto in tanto un sorriso spuntava sul suo volto nel rileggere le parole scritte tanto tempo addietro, quando nulla nella sua vita aveva nemmeno la parvenza di un equilibrio. Se la persona che ha scritto queste cose potesse vedere quella che le sta leggendo ora, probabilmente la detesterebbe. E in effetti, tutti i torti non li aveva. Albus Potter era stato un giovane dall'indole piuttosto ribelle, che si era giurato tante volte di non accontentarsi, di non fare tutto ciò che facevano gli altri solo perché comodo. Quell'Albus Potter voleva scrivere, voleva mettere tutto quell'ammasso di solitudine e disperazione su carta, speranzoso di poterne tirar fuori un lavoro. Poi era arrivata Mun, e da quel momento in poi, erano state davvero poche le volte in cui l'inchiostro aveva toccato la pergamena, fino a quando non aveva semplicemente smesso. Non ne aveva tempo. O forse il tempo c'era pure, ma non ne sentiva più il bisogno. Indubbiamente quel ragazzo che era una volta aveva perso un po' per giorno la propria indole sognatrice, diventando più concreto, più affidabile, meno evanescente. Quel talento era stato un piccolo pegno da pagare per tutto ciò che aveva costruito: una famiglia, una casa, un lavoro, un equilibrio sano. Era cresciuto, come capita a tutti - sebbene il suo aspetto lo facesse sempre apparire come un ragazzino; e forse l'Albus di un tempo lo avrebbe definito uno schiavo del sistema, un qualcuno che aveva preferito le comodità della vita semplice allo struggente ascetismo, ma l'Albus di un tempo era anche stato un ragazzino imbecille che aveva iniziato a mettere gente al mondo prima di aver imparato ad allacciarsi le scarpe da solo..quindi ecco, non è che la sua opinione contasse poi molto. Albus Potter non avrà avuto la vita affascinante di Hemingway, ma era felice, e non c'era nulla che effettivamente gli mancasse.
    Sospirò, mettendo via uno dei tanti fogli di pergamena ingialliti per tirare fuori il telefono cellulare dalla tasca e digitare quel numero che ormai conosceva a memoria. I contatti non li avevano mai persi, e i suoi figli l'avevano sempre chiamata zia Fannie. Quando sentì la voce della migliore amica dall'altro capo del telefono, sorrise, limitandosi ad esordire con una semplice frase. "Ho accettato." pronunciò, a bassa voce, sospirando appena sull'orlo di un sorriso. "Ho accettato la promozione, Fawn. Ancora non ho detto nulla a nessuno, nemmeno a Mun e ai bambini. Credo che le darò la notizia stasera. Comincio da lunedì." La Byrne gli era stata particolarmente vicina durante quella decisione spinosa, senza mai spingerlo con violenza da un lato o dall'altro. Se ad occhio esterno poteva sembrare semplice accettare la posizione di Capo Auror, per Albus non lo era stato: era una grande responsabilità che lo avrebbe portato a stare fuori di casa molto di più del normale, oltre a metterlo nella posizione di avere le vite di tantissimi uomini e donne tra le proprie mani. Una decisione sbagliata, e in tanti sarebbero potuti morire facilmente. Per questo si era preso un lungo periodo di riflessione prima di dire finalmente sì, conscio che quella posizione avrebbe però portato anche un salto di qualità notevole nello stile di vita della propria famiglia, dandogli la possibilità di avere più voce in capitolo nel plasmare il mondo in cui i suoi figli sarebbero cresciuti. E Albus, di figli, non ne aveva pochi per gli standard dei suoi coetanei. Dopo Lily erano venuti a nascere due gemelli, un maschio e una femmina, e in seguito un altro maschietto, che complessivamente avevano fatto salire a cinque la quota dei bambini in casa e riempito il cuore di gioia a Ginny Weasley, che ormai si riteneva nonna a tempo pieno. "PAPAAAAAAA'! MILES MI HA RUBATO LE SCARPE NUOVE!" alzò gli occhi al cielo, scuotendo appena il capo. "Scusa Fawn, qui abbiamo un problema di esproprio proletario. Se ci sei ci vediamo stasera." E detto ciò, concluse la chiamata, rimettendosi il telefono in tasca e salendo al piano superiore a grandi passi, mettendosi di fronte a un Arthur Potter visibilmente contrariato dal furto appena subito da parte del fratello minore. "Tanto non è che ti servano a nulla quelle scarpe, dato che sei in punizione. O ce ne siamo dimenticati?" "Sì ma è il principio. Ha le sue. Si mettesse quelle." Sorrise, avvicinandosi al figlio per dargli una pacca sulla spalla, sorridendo sornione. "Se è per questo, Arthur, anche tu avevi la tua bicicletta. Potevi prendere quella invece della mia moto." E con un occhiolino divertito si allontanò dal figlio, sporgendosi verso la tromba delle scale con una mano a coppa accanto alla bocca. "ANDIAMO O FAREMO TARDI."

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    Tutto si sarebbe aspettato meno che partecipare a un funerale di stato, men che meno quello di Valerie. Il suo assassinio era stato come un fulmine a ciel sereno, e forse era stato proprio quell'avvenimento a dare ad Albus la spinta finale che serviva a fargli accettare il lavoro di Capo Auror. Voleva che le indagini venissero svolte in maniera impeccabile e che chiunque fosse il colpevole - sempre che ce ne fosse uno solo - venisse consegnato alla giustizia il più presto possibile. Prese un grosso respiro nel varcare la soglia dell'ambiente a braccetto con Mun, rivolgendole uno sguardo di incoraggiamento nello mentre le stringeva un po' più forte la mano. Aveva parlato con lei della proposta ricevuta, ma nel non averle ancora detto di averla accettata influiva la consapevolezza del fatto che Mun, sicuramente, si sarebbe preoccupata. Poteva già sentire le sue parole: non voglio che il prossimo funerale a cui prenderò parte sia il tuo. E Albus, dal canto suo, non aveva a disposizione poi molti elementi per rassicurarla a riguardo. Così si limitò a stamparle un bacio sulla guancia, promettendole di riunirsi a lei a breve mentre andava a sbrogliare alcuni affari di lavoro. Velocemente si avvicinò a Beatrice Morgenstern, colei che, data la posizione che ricopriva, sicuramente sapeva già del suo nuovo incarico. Le picchiettò piano sulla spalla, facendole cenno di avvicinarsi per poterle parlare col tono più basso possibile. "Ancora non ho detto a Mun della mia nuova..posizione. Intendo metterla al corrente stasera, ma voglio che lo sappia da me. Quindi ecco, tu non dire nulla." sciorinò velocemente, guardandosi intorno con aria sospetta. "Comunque, se ti va, lunedì potremmo incontrarci in luogo neutrale per discutere la faccenda. Ciò che è successo a Valerie puzza di marcio, e voglio mettermi al lavoro il prima possibile, con una squadra di persone fidate." Le sorrise, inclinando gentilmente il capo per farle cenno di parlarne meglio in un secondo momento. "Quando vuoi raggiungermi, mi trovi con gli altri." disse, indicando il punto in cui si trovava la sua famiglia. Punto che raggiunse dopo un paio di minuti, allargando le braccia alla massima estensione in direzione di Sirius, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. "Siri! Vieni qua, fratello-cognato del mio cuore, non ti si vede da ere." Una piccola risata affiorò sulle sue labbra nello stringere forte il fratello, passando poi ad abbracciare - più delicatamente, date le condizioni - anche Betty. "Tra quanto avremo il piacere di conoscere il nuovo pulcino?" chiese lei, indicando con uno sguardo il pancione che ormai segnalava un punto piuttosto avanzato della gravidanza. I Donovan e i Potter si erano mantenuti in contatto piuttosto stretto, facendo crescere i loro figli un po' come fossero fratelli, sebbene Albus avesse avuto il sentore del fatto che il piccolo Miles potesse avere l'incipit di una cotta per Diana Donovan. Vecchia volpe. Tuttavia bastò poco per farlo tornare serio, ricordandosi del luogo in cui si trovava e del motivo per cui stavano tutti lì. "Ragazzi..per caso avete visto qualcosa di sospetto al Ministero, ultimamente?"
    Interagito con Fawn, Mun, Siri e Betty



    Edited by psychomachia - 18/11/2018, 23:53
     
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    « Ufficio di Robert Finnigan. » Una voce profonda dall'altra parte del filo obbliga Amunet a drizzare le spalle e preparasi per una delle sue interviste flash. « Amunet Potter, reporter presso il Daily Prophet » « Signora Potter, prima che lei possa anche solo iniziare; non siamo autorizzati a rilasciare dichiarazioni. » Amunet Potter non è più la stessa ragazza di un tempo. Il periodo del Lockdown è stato solo l'inizio di una lunga discesa negli inferi. Ha iniziato la sua scalata convinta di voler raggiungere i vertici della Wizengamot, una carriera che le si prospettava come estremamente brillante. Durante gli anni di college si è dimostrata non solo in grado di spartirsi tra il ruolo di madre e gli impegni accademici, ma ha anche collezionato un successo dopo l'altro. Prima un tirocinio nel dipartimento di Cooperazione Internazionale Magica, poi un secondo all'Ufficio di Applicazione Magica, infine uno stage a stretto contatto con il Ministro della Magia durante il suo ultimo anno. Poi il momento della laurea. Il momento che cambiò tutto. A pochi esami dal momento decisivo ha iniziato a lavorare su una tesi piuttosto complicata sugli effetti delle politiche fiscali sulla formazione dei prezzi e dei redditi; i suoi contatti dentro la Gringott le avevano fornito talmente tante prospettive che tutti si prospettavano una Amunet Potter lanciata dritta dritta nel mondo della previdenza sociale. Ma poi, giunta al momento della presentazione della tesi, Amunet lasciò tutti esterrefatti cambiando rotta all'ultimo e compiendo un'arringa spietatissima di fronte alla Wizengamot congiunta su tutte le criticità di cui il diritto vigente continuava a soffrire. Un bacio accademico divenne uno scandalo. Morale della favola, non si laureò mai, e per i seguenti due anni, passò da un lavoretto ad altro in crisi identitaria. Solo la notizia dell'arrivo di Arthur e Judith l'aveva rimessa in carreggiata. Fu durante quei sette mesi che Teddy Lupin giunse alle porte di casa Potter per appellarsi al buon cuore di Mun per salvare il Daily Prophet da un'estrema crisi finanziaria. La Gringott di cui Mun era in parte azionaria, si era fatta carico della questione, e in cambio, Mun non aveva chiesto altro che una possibilità. E aveva ricevuto l'unica risposta che avrebbe voluto sentirsi dare. Te lo devi guadagnare. Tutto il resto è storia. Mun iniziò dalle basi, sgobbando come una dannata a caccia di notizie. Nel tempo si è resa conto che il giornalismo è un pezzo quanto mai importante per il buon funzionamento della democrazia. Il potere delle parole a volte, vale più di una vera e propria sentenza. E che le piacesse o meno, nelle aule dei tribunali, a collaborare con Auror e Giudici, Procuratori e Indicibili, ci era finita comunque. Ora era uno dei repoter più autorevoli del Regno Unito e si faceva carico degli editoriali del giornale ogni giorno; Mun era la punta di diamante dei talk show di attualità e una stimata intellettuale interpellata sulle questioni più spinose. Si dedicava per lo più agli affari interni, ma più e più volte aveva condotto qualche inchiesta che collegava questioni di importanza internazionale. La famiglia però, aveva avuto sempre la precedenza, e dopo alcune esperienze in cui aveva rischiato persino grosso, aveva semplicemente deciso di restare in acque più tranquille. Con qualche saggio all'attivo sugli scaffali delle librerie, in poco più di dieci anni, aveva finalmente trovato il suo posto nell'universo, e alla stabilità famigliare si era aggiunta anche quella lavorativa, non poco sudata. Il suo lavoro le piaceva; le piaceva restare a stretto contatto con le istituzioni, spingendole ad automigliorarsi. Critiche pungenti erano sgorgate dal suo pugno, senza mai dimenticarsi di utilizzare sempre un approccio prettamente costruttivo. Come per esempio l'ultima delle sue, che rischiava di far sì che si desse la zappa sui piedi da sola. Aveva criticato apertamente l'operato del Capo Auror nel guidare una squadra direttamente in un'imboscata. Ecco; quella critica, aveva portato al sentore di dimissioni, e infine, all'eventuale promozione di Albus. « Tesoro sei pronta? » Si affaccia sulla stanza della maggiore sorridendo. Lily è ormai un fiore. A diciassette anni, non potrebbe essere più simile a sua madre. Persino nei piccoli movimenti. E' sveglia ed estremamente perspicace, ma è viziatissima forse più di qualunque altro dei loro figli. No. Ce ne è uno ancor più viziato. Il pallone gonfiato di casa.. « Jay? » « Ha detto che lui non viene. Non gli interessa di vedere la Ministra morta. Secondo me progetta di portarsi Liz a casa. L'altro giorno mi ha anche rubato una sciarpa, e sorpresa! L'aveva addosso Elizabeth Lancaster. NON SI DEGNA NEMMENO DI PAGARE I REGALI PER LE SUE RAGAZZE. » Alza gli occhi al cielo, mentre sistema i capelli corvini della figlia, scuotendo la testa. « TI HO SENTITO, STRONZA! » Si sente urlare in risposta dalla stanza adiacente. Lily e Jay sono i primi, sono sempre stati estremamente uniti, ma al contempo, decisamente diversi. Con il passare degli anni le loro diversità si sono iniziate a sentire sempre di più. « Moderiamo i termini, per piacere. » Ho cresciuto un branco di selvaggi. Non a caso altri drammi si consumano al piano di sotto. « Mamma.. non dicevo a te eh! Comunque non le credere. E' una bugiarda patologica. » « LADRO! » Mentre il botta e risposta di insulti continua, Mun riesce finalmente ad aprire la busta. Sono le foto dell'autopsia di Valerie. C'è un momento in cui sussulta pensierosa. « Di sotto tra cinque minuti e non voglio sentire altre lamentele. »

    « Metti Sympathy for the devil » Quanta ironia. Un comando che fa sintonizzare la radio sul disco giusto che parte mette Mun mette in moto. Nell'altra macchina ci sono Albus, Lily e i gemelli, mentre Miles, attaccato sempre a cozza al fratello maggiore e alla madre, sceglie ben presto la propria parte della barricata. Mun stampa un bacio sulla guancia di Albus, prima di partire per i funerali, tutti perfettamente sistemati sobriamente, seppur con qualche nota stonante di un Jay ancora reticente all'idea di annodarsi la cravatta. Dopo il rituale di condoglianze alla famiglia di Valerie, ecco quindi veder sfuggire come da rito i folletti ciascuno nelle proprie aree di pertinenza e interesse. « Al.. dopo ti devo parlare. » Sono le ultime parole che riserva al marito prima di lasciarlo ai suoi affari. Si perse a salutare un po' di conoscenti, condividendo il dispiacere per la perdita di Valerie, quando finalmente incontrò gli occhi luminosi del cognato.
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    « Dove hai lasciato il tuo? Il mio è di là, è stato placcato dal vecchio dottor Douglas. Cose tra primari. » Scuote la testa Mun mentre cerca nell'ambiente il fratello. Non è certa se vuole guardarlo negli occhi dopo il plico che ha ricevuto da lui non più lontano di un'ora prima. « Affari di stato. Hai parlato con Jude per caso? ..di tutta questa roba intendo. » Accetta il calice che Sirius le porge, mostrandosi decisamente nervosa e fuori di sé. Non sa nasconderlo, quando qualcosa non va. Gli indica infine Albus dall'altra parte della sala, intento a parlare con niente meno che Beatrice Lancaster. « Detto tra noi, ho come l'impressione che la signora Lancaster non gradisce molto la stampa. Che maleducata! » Solleva le sopracciglia in maniera eloquente. Quei commenti pungenti ormai sono una deformazione professionale. « Non dopo aver osato criticare i servizi segreti su quella questione del mercato nero in Irlanda. » Mun conosceva bene Beatrice, e sapeva che il suo operato tanto quanto di tutti coloro che erano inseriti nel loro patto erano più che puliti. Si fidavano l'uno dell'altro, ciecamente. Ma questo non significava che si fidava di tutti coloro che avevano alle proprie dipendenze. Il loro gruppo, rimasto saldo negli anni, era solo la punta dell'iceberg. E gli affari loschi si svolgevano sempre alla base della piramide. « Pensi che.. stia succedendo di nuovo? » Ecco la domanda che non avrebbe voluto sentirsi fare. Gli occhi di ghiaccio saettano in quelli di Sirius e l'ansia crescente che è tangibile leggerle addosso, lascia ben poco spazio all'interpretazione. « Abbiamo chiuso quel capitolo, Sirius. Non può.. non possiamo.. » Non di nuovo. Chiude gli occhi rabbrividendo. Dopo tutti quegli anni, ci sono cose che non smetteranno mai di tormentarli. E ora non si tratta nemmeno più solo di loro. « Mun... » Trasalisce prima di voltarsi per incontrare gli occhi di una radiante Elizabeth Donovan. « Come sta il cucciolo oggi? » Chiede indicando il dolce pancione della giovane. Quando Albus l'affianca nuovamente lo sguardo inizia a girovagare per la sala in maniera stranamente paranoica. Stringe il braccio del marito mentre tamburella piuttosto nervosamente le dita dell'altra mano sulla superficie piana di un tavolino che li affianca. Ed è solo quando individua Percy in mezzo alla folla che si scuote da quel leggero torpore che non l'assale da troppo tempo. Bacia dolcemente Albus sulla guancia e si congeda con un veloce scusatemi, prima di affiancare uno dei suoi più cari amici con una certa emergenza. « Ti devo parlare. Off records » Asserisce mentre gli indica un punto più appartato della sala, lontano dal resto della folla. « Ti devo fare una domanda e voglio che tu mi prenda molto sul serio, perché ho già come l'impressione che mio marito mi stia nascondendo qualcosa. Seguimi ok? » Gli chiede sapendo già di fargli una domanda decisamente assurda. « Ti ricordi la famosa sera nelle celle? Quando hai trovato me.. e Albus.. » Mal ridotti ecco. Mezzi morti. « Il corpo che hai trovato insieme a noi somigliava a questa roba? » Dicendo ciò gli porge con particolare cautela le foto che Jude le ha mandato. « Perché se è così.. non vorrei essere allarmista » Cosa che mi riesce piuttosto bene. « ..ma abbiamo un problema. E so già come l'ultima manovra finanziaria è stata approvata nonostante tutti noi ci siamo fortemente opposti. » Mi capisci? Sono matta? Sto già diventando più pazza di mia madre?

    Interagito con Siri, Betty, Albus e Percy


     
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    Alcune vene bluastre erano in rilievo sul suo volto. Gli occhi affossati in due profonde cavità livide, la pelle bianca e lucida sembravano non appartenerle: in dieci anni di carriera non avevo mai visto nulla di simile. Anche dopo il mio lungo turno al San Mungo, avevo accettato di esaminare il cadavere appena giunto nei sotterranei dell'ospedale, lì dove venivano svolte le autopsie. Vedere Valerie distesa su quel tavolo freddo, in quelle condizioni, mi lasciò percorrere da un brivido intenso. Nessuno di noi si immaginava una fine simile per lei, soprattutto in un periodo così florido, in cui le cose sembravano andare per il verso giusto. « Conduco io, Peter. » Biascicai in modo autoritario al medico legale di turno, sfilandogli il bisturi dalle dita prima che potesse iniziare ad incidere. « ...Tu intanto accendi il registratore e scatta qualche foto. » Non potevo lasciare quel compito così delicato nelle mani di qualcun altro, essendo l'unico vertice presente all'interno del San Mungo: semmai quello fosse stato un complotto, dovevo assicurarmi che nulla venisse trascurato o contaminato. Chi ti ha uccisa, Val? Quel corpo, ormai rigido e privo di vita, poteva ancora parlare. « Valerie Rothschild, sessantotto anni, soggetto sano, ipotesi per omicidio.... » Inizio, praticando una profonda incisione nel centro del petto, longitudinale. « ...la vittima presenta macchie ipostatiche nelle zone inferiori del corpo. Si rilevano ustioni importanti attorno alle mucose orali e nasali, alle estremità di arti inferiori e superiori, causate sicuramente da un eccesso di magia. L'apparato scheletrico e muscolare non sembrano aver subito traumi degni di importanza e non si annotano....» Mi bloccai, sentendo la voce spezzarsi fra le labbra in un flebile rantolio che attirò l'attenzione di Peter alle mie spalle. Devi fare qualcosa, Judah « Esci da qui. » Feci appello anche al più piccolo briciolo di lucidità che mi era rimasto in corpo, sorreggendomi istintivamente al lettino di acciaio « ....Ho detto fuori! » Tuonai, spazientito, affrettandomi a spegnere il registratore mentre l'altro filava fuori di tutta fretta, lasciandomi solo con un quadro agghiacciante: gli organi all'interno del corpo erano ribaltati, e mancava il cuore. Inoltre già un'altra stranezza mi era saltata all'occhio, quella che riguardava le ustioni non era una circostanza che si limitava alle zone dove andavano a formarsi generalmente le bruciature, in caso di schiantesimi o maledizioni, ma si estendevano anche sotto pelle, senza averne però danneggiato la superficie. Prelevai alcuni campioni di tessuto prima di poter scattare qualche foto, di tutta fretta, tentando di trovare la soluzione giusta con la quale affrontare la situazione. Devo evitare una fuga di notizie finchè non avrò risposte certe. Le spiegazioni che potessero giustificare uno scenario simile erano molteplici, dopotutto il corpo era privo di vita già da sei ore circa, ma informazioni simili nelle mani sbagliate erano sufficienti a scatenare il panico: forse ciò che voleva l'artefice di tale scempio, o gli artefici. Avevo bisogno di tempo, e me lo sarei preso in un modo o nell'altro; quello poteva essere un semplice messaggio o, peggio, si trattava di qualcos'altro.

    "Non diffondere niente, dobbiamo prima parlare, JJ."

    Un piccolo bigliettino piegato fra il plico di foto che avevo inviato ad Amunet, l'unica persona che sapevo avrebbe potuto aiutarmi a venirne a capo, mantenendo un religioso silenzio stampa. Nonostante l'ultima cosa che si fa in questi casi è proprio quella di rivolgersi ad una giornalista così influente ed alla continua ricerca di fama, ero convinto della mia mossa. Di mitomani negli ultimi anni ce ne erano stati parecchi, e prima di fasciarmi la testa con inutili supposizioni, volevo sapere se quella lasciata sul corpo dell'ex ministra fosse una firma. Chi meglio di lei poteva saperlo? Quando tornai a casa, sul mio volto si identificava solo un'immensa stanchezza. Nessuna preoccupazione, nemmeno ansia, solo puro sfiancamento. Mi ero ripromesso di nascondere qualunque traccia di angoscia o nervosismo, sia per Sirius che per i miei figli, i quali non volevo sobbarcare del mio malumore e dei miei crucci. Benchè fino a qualche anno prima fosse la prassi contagiare tutti con i miei alti e bassi, adesso avevo imparato a lasciarli fuori dal portone di casa. C'era stato un periodo, quando Minnie era ancora piccola ed io concorrevo per il posto da primario, in cui io e Sirius litigavamo spesso. Perchè mi ero chiuso col lavoro, perchè passavo piú ore in ospedale che a casa e, quando tornavo, non trattavo la mia famiglia con la giusta premura; mi chiudevo nello studio per giorni interi, ed il piú delle volte finivo con l'additare Sirius per la pericolositá del lavoro che aveva scelto di fare invece di incentivare i suoi successi, tanto che forse per una settimana o due scelse di stare a casa di suo fratello “ Vuoi stare da solo? Ti accontento, ma non puoi costringermi alla stessa solitudine. Questa non è vita”. Ed aveva ragione, non lo era. « Possibile che tu non sappia tenere d'occhio due bambini? » Sbottai all'elfo domestico che cercava inutilmente di trattenere Minerva ed Oliver i quali, battibeccando fra di loro, iniziarono a rincorrersi per tutta il soggiorno, una volta saltati giú dalla scalinata principale. Oggetto del contenzioso? Un peluche di pezza, anche orribile per giunta. « ...Ehy, ehy » Afferrai Oliver per un braccio, trascinandomelo di peso addosso per poi rifilare un'occhiata severa alla sorella che, con fare colpevole, abbassò lo sguardo. « Grazie Ernie, da qua ci penso io, torna pure alle tue faccende. » Sirius mi rimproverava in continuazione per la rigidità con cui bacchettavo gli elfi domestici - che sono esseri viventi come te, Jude, ricordalo sempre! -, quindi tentai di stiracchiare un sorriso fra le labbra, seppur forzato. « ...mi ha morso! » Cinguettò Minnie, ancor prima che io potessi puntarle il dito contro e spiegarle nuovamente che Oliver era più piccolo di lei, e non avrebbe dovuto abbassarsi ai suoi stessi livelli. Inarcai le sopracciglia, umettandomi le labbra per poi portare una mano fra i capelli sudati del bimbo, scostandoli dalla fronte « Papà dice sempre di volere un cagnolino, ma non credo intenda questo. » Non sapevo di possedere tanta pazienza, l'avevo scoperto principalmente grazie a Sirius, e successivamente con l'arrivo di Minerva ed Oliver avevo davvero superato me stesso. Prima di tutto questo i miei standard erano ai minimi storici. « Devi farti un bagno, non voglio averti di nuovo con l'influenza, e se mordi di nuovo Minerva compro una museruola, o ti faccio una puntura con gli aghi enormi che ho in studio. » Oliver scosse il capo, premendo le manine paffutelle sulle mie spalle per poter scendere e correre via con una risata cristallina fra le labbra, come a dire: "anche stavolta te l'ho fatta" « La puntura la farai anche a me?» Abbozzai un sorrisetto, scuotendo il capo per poi sussurrare, affabile « No, coniglietto, però con Oliver devi avere...» - « ...mooolta pazienza perchè sono piú grande, ed i grandi fanno questo, looo soooo papá Annuii e le consegnai il peluche che avevo precedentemente sottratto ad Oliver, rimasto stretto nelle mie mani fino a quel momento, sistemando il giacchetto sulle spalle della bambina prima di veder sparire anche lei oltre l'uscio dell'ingresso, al grido di " OLLIEE ORA IL PUPAZZO E' MIOOO!", che riecheggiò per tutto il giardino. Tornato ad uno stato di quiete assoluta, afferrai la Gazzetta del Profeta e salii al piano superiore, entrando nel mio studio per poi affondare sul divano in pelle, catapultandomi con la mente già al giorno successivo, quando avrei dovuto affrontare le domande dei giornalisti riguardo gli esiti degli esami condotti sul corpo dell'ormai ex ministro. Quella dei giornalisti è una categoria che avevo da sempre detestato, benchè mia sorella ne facesse parte e le avessi appena chiesto un aiuto. « Tornato. » Assorto com'ero non avvertii l'arrivo di Sirius alle mie spalle, chinando appena il capo di lato per lasciare ai suoi baci campo libero. « Eravamo rimasti che mi avvertivi se fossi tornato in ritardo.» Mugugnai quasi offeso, abbassando appena il giornale dal volto. Visto che il ministero della magia non navigava in acque buone, avevo chiesto a Sirius di rendermi partecipe anche delle cose piú banali, poichè la preoccupazione di non essere più al sicuro e di essere forse tornati agli inizi, adesso che avevo più responsabilità di prima, più persone da proteggere, mi trafiggeva il petto alla pari di una lama fredda. Hanno portato da te il corpo? Ho sentito che comunque non c'era più nulla da fare. Non so se sia stato un Anatema che Uccide, non so nulla. So solo che oggi era una bolgia. » Non lo so nemmeno io, pensai, osservando il suo volto stanco almeno quanto il mio, decidendo di mettere da parte la Gazzetta per concentrarmi completamente su di lui. Non volevo propinargli i miei sospetti, non volevo caricarlo dei miei stessi dubbi adesso che ancora avevamo la possibilità di stare assieme, perchè domani chissà. Le escalation in questi casi sono sempre rapide ed imprevedibili e nessuno di noi sapeva con assoluta certezza a cosa saremmo andati incontro « Era già morta da circa cinque ore quando l'hanno portata in ospedale, sono riuscito a fare l'autopsia, ma per avere qualche conferma dobbiamo aspettare...però non è escluso possa essere stato un Anatema la causa della sua morte» Dopotutto era quello che tutti i giornali avevano ipotizzato, ed io seguivo l'ideale comune in modo da tenermi sul vago. Il piccolo Potter - ormai non piú tanto piccolo -, aveva imparato ad essere un bravo investigatore: non potevo fargli sorgere sospetti, anche perchè a modo suo sapeva essere molto persuasivo ed io non ero mai riuscito a mentirgli. Preferivo omettere e non procurargli altro malessere, immaginando che quello che stava affrontando fosse giá un colpo duro da incassare. Avvicinandomi a lui, gli sfilai entrambi i bicchieri dalle mani con un certo disappunto: tra poco sarebbe iniziato il ricevimento, ed io sapevo esattamente quale effetto avesse l'alcol su Sirius. Se iniziava a bere giá da adesso, o avrebbe iniziato a parlare a raffica o si sarebbe addormentato nella prima nicchietta utile. « Immaginavo Amunet sarebbe venuta, non mancherebbe ad un evento simile nemmeno sotto tortura.» Soprattutto se ci sono questioni importanti di mezzo. Risposi, con un cenno di velata ironia nel tono di voce; Mun era una di quelle che, fortemente, aveva combattuto e creduto nel cambiamento, in quella sorta di pace che ci eravamo goduti per ben diciassette anni. Veder sfiorire una parvenza di equilibrio da un momento all'altro, oltre ad essere un argomento succoso con il quale intrattenere il pubblico, si dimostrava qualcosa di sicuramente piú profondo. « Non è necessario, Lizzie l'ho già chiamata io ed ha detto che può venire, e facciamo che al tè di Minerva ci penso io mentre tu...» venni sorpreso dal bacio che ricambiai con altrettanto trasporto, passandogli le dita sulla nuca ad occhi socchiusi, trattenendo il suo sapore sulla punta della lingua con un' espressione piuttosto soddisfatta in volto. « ...non interrompermi, dicevo, se riesci a fare il bagno ad Oliver mentre io mio occupo di Minnie, prometto che poi mi butto nella vasca con te.» ed io mantenevo sempre le mie promesse, però non garantivo che Sirius sarebbe riuscito in quell'impresa colossale.

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    [...] Dal mio ingresso al ricevimento, avevo da subito cercato gli occhi dell'unica persona con cui potessi confrontarmi riguardo ai miei sospetti, quindi, dopo aver detto a Sirius che sarei tornato da lui in un batter d'occhio, la mia attenzione si focalizzò del tutto su Amunet, che cercai di raggiungere nel centro della sala, tra la calca generale. Nella mia scalata verso l'obiettivo, però, venni placcato da Douglas padre, che mi chiese aggiornamenti sul caso con la sua solita eleganza « Sì, l'autopsia l'ho condotta io, gli indizi emersi sembrano confermare un anatema, ma preferisco aspettare gli esiti degli esami istologici prima di dare la mia conferma» Mi guardai attorno con circospezione, sentendomi forse un visionario alla ricerca di giustificazioni improbabili, ma dovevo rimanere sul vago « Le è mai capitato di veder arrivare all'ospedale un corpo che avesse strani dettagli anatomici? Quasi surreali?» Sussurrai, affondando lo sguardo ceruleo in quello dell'altro prima di ricompormi alla vista di Nate, che salutai con un cenno del capo. « Stavo giusto dicendo a tuo padre che Valerie mancherà a tutti noi, è stato un grande Ministro...Magari il prossimo potresti essere tu, chissà, avresti il mio voto» Ridacchiai, alzando il bicchiere di champagne che trattenevo fra le dita quasi a simulare l'accenno di un brindisi. Avevo già individuato un paio di facce che si sarebbero scannate volentieri per avere il ruolo, e stranamente io non rientravo tra questi. Volevo rimanerne lontano, il più possibile. L'ultima cosa che avrei fatto sarebbe stato mettere in pericolo la mia famiglia, e questo perchè fondamentalmente già avevo tutto: una stabilità, una casa, il benessere. Rovinare tutto per un pugno di mosche, non appariva un'idea tanto allettante come sarebbe apparsa una volta. A giocare col potere si rischiava grosso, e la Rothschild ne era stata un esempio. « ...Mun! Scusatemi» Mi congedai velocemente mentre Amunet passava poco lontano, in compagnia di Watson, seguendola fino a reprimere una netta esclamazione di disappunto nel vederla consegnare le foto all'altro. Ti avevo chiesto di parlarne, prima. Tipico di lei non potersi fidare ciecamente, ma tanto la cosa prima o poi sarebbe saltata fuori in un modo o nell'altro. « Ha gli organi ribaltati, e manca il cuore come se non ce ne fosse mai stato uno» Mi intromisi, rifilando un'occhiataccia fin troppo eloquente a mia sorella, ma concentrandomi soprattutto sulle foto. Potrebbero licenziarmi per questo. « Nessun altro oltre me ha visto il cadavere, ho mantenuto la massima riservatezza...cosa che speravo facesse anche qualcun altro. Ho pensato ad un messaggio, anche perchè nessun incantesimo, da solo, è in grado di ridurti così. Però considerando che siano passate sei ore dal momento della morte alla scoperta del cadavere, ci sarebbe stato tutto il tempo di apportare queste modifiche » ma non ne ero assolutamente certo, quelle che avanzavo erano ipotesi di una persona agganciata alla totale realtà.

    Post lungo, lo so, ma l'ho diviso in tre parti: la parte centrale è quella che si può anche saltare se non siete Sirius (TI AMO SALSICCIOTTO MIO)
    Riassumendossss:
    - JJ ha condotto l'autopsia sull'ex ministro, trovato cose strane e fatto ipotesi
    - ha interagito con Sirius, Douglas padre e figlio Mun e Watson
    Se ho scritto qualche cazzata contattate il mio avvocato
     
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    Nessuno avrebbe mai detto che lo scapestrato Grifondoro collezionista di punizioni e assenze, un giorno sarebbe passato dall'altro lato della cattedra; eppure era successo. Quando si era iscritto al college, Dean Moses non aveva grandi prospettive, non sapeva cosa avrebbe fatto e non sapeva neppure se sarebbe arrivato alla laurea senza stufarsi prima. Ma la materia scelta era così attinente ai suoi interessi, che il giovane americano vi si era gettato a capofitto, laureandosi straordinariamente in tempo solo per poi aggiungervi sopra specializzazioni e master capaci di conferirgli un'autorità non indifferente nel campo. Il passo successivo era stata l'assunzione ad Hogwarts, dove si era recentemente liberata la cattedra di Storia della Magia; con l'insegnamento, poi, erano venute le pubblicazioni: articoli scritti di tanto in tanto per note testate, saggi storici che entravano nello specifico di diverse questioni riguardanti i meccanismi a cui aveva assistito, conferenze in ogni angolo del mondo magico e via dicendo. Dean Moses era un nome piuttosto conosciuto nel settore, insignito del famoso nastro bianco riservato agli appartenenti alla Terza Classe dell'Ordine di Merlino - coloro che hanno arricchito il nostro tesoro scientifico, culturale o ricreativo. Ma nonostante tutto, quell'eccentrico Grifondoro non era cambiato di una virgola: Hogwarts era rimasta la sua casa, una casa che non aveva voluto lasciare nemmeno di fronte a proposte lavorative decisamente più allettanti. « E come ogni casa, ci sono stati momenti in cui l'ho detestata. Momenti in cui ho pianto, in cui ho riso, in cui ho risentito i suoi abitanti, in cui li ho amati. Momenti in cui ho maledetto ogni pietra millenaria che calpestavo, e momenti in cui quelle stesse pietre mi hanno supportato, testimoni dei miei successi tanto quanto dei miei fallimenti. Tra quelle mura sono cresciuto, e ci sono stati momenti in cui esse si sono anche rivoltate contro di me - contro tutti noi. Ma Hogwarts non ha mai smesso di essere la mia casa, il luogo che mi ha accolto quando non avevo altro posto in cui andare. Hogwarts non mi ha mai abbandonato, e finché avrò vita, intendo fare lo stesso per lei. » ("Lockdown: the myth of the uncanny in Hogwarts", Dean Moses, Londra, 2032, editore Bloomsbury)
    Dean era indubbiamente cresciuto, e dalle strade polverose di Denver - in cui sin da bambino aveva sudato ogni spicciolo - era arrivato ad ottenere un enorme successo facendo conto solo su se stesso e sulle proprie capacità. Ma nonostante la fama e la reputazione, l'americano non era cambiato di una virgola: sempre eccentrico, pieno di vita, fuori dagli schemi. I suoi studenti lo amavano, forse perché lo vedevano più come un amico che come una figura austera; lo amavano, sì, ma lo rispettavano anche, perché conosceva quale fosse il limite all'indulgenza. Le sue lezioni erano raramente frontali, comprendendo spesso ricostruzioni all'interno della stanza delle necessità, oppure visite nei suoi ricordi tramite il pensatoio - per quanto riguardava la storia più recente. Preferiva che i suoi ragazzi apprendessero sul campo, studiando sui testi storici piuttosto che sui manuali - i quali dovevano servire solo come mera guida ai punti di riferimento. Li voleva critici, svegli, pronti a destreggiarsi in un mondo in cui i fatti più orribili erano sempre pronti a ripetersi. Era norma del giovane insegnante, alla prima lezione di ogni primo anno, entrare in classe e scrivere sulla lavagna gli ultimi versi di una nota poesia di Primo Levi: « Se non sono io per me, chi sarà per me? Se non cosi, come? E se non ora, quando? » E da lì, i suoi studenti avrebbero cominciato il loro percorso settennale. Non c'era da stupirsi se i suoi ex alunni tornassero spesso a trovarlo, come non c'era da stupirsi se alcuni di essi versassero alcune lacrime al momento dei saluti dopo i M.A.G.O. . Con un matrimonio fallito alle spalle, Dean aveva subito il dispiacere di non aver avuto figli - a differenza del resto della sua cerchia di amici -, ma non di rado, quando l'argomento veniva a galla, un sorriso spuntava sulle sue labbra assieme al pensiero che sì, forse non avrà avuto la possibilità di fare pargoli propri, ma in cambio ha avuto l'onore di poter crescere diverse generazioni, amando ciascuno di loro come fosse proprio.

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    La morte di Valerie Rotschild lo aveva colpito come un dolore in pieno petto, forse perché il legame con quella donna era sempre stato particolarmente forte in virtù del fatto che per diversi anni avevano lavorato a stretto contatto, quando lei era preside di Hogwarts. Presentarsi al funerale era stato doloroso, specialmente nella parte di portare le proprie condoglianze ai parenti - persone che conosceva, con cui era stato a cena più di una volta, e su cui volti era impresso lo shock di una perdita prematura a cui non sapevano darsi una spiegazione. Negli ultimi giorni, lo stesso Dean ci aveva provato, senza riuscire a capire chi mai potesse volere morta una donna talmente straordinaria e gentile. Aveva cominciato a porsi domande sulla natura del sistema in cui collaborava, delle persone al suo interno, chiedendosi se per caso vi fosse qualche segnale che era sfuggito alla propria attenzione e vedendo quella mancanza come un fallimento. Tuttavia, sebbene la triste occasione, un piccolo sorriso gli venne strappato dalla vista dell'amica di lunga data: Beatrice. Fu la prima a cui si accostò, trovandola in compagnia di Percy e di Greagoir Olivander. "Abbiamo ancora esattamente.. dodici minuti e mezzo per parlare di frivolezze. E a proposito di frivolezze, non ho sentito Ophelia. Verrà? Dovremo sì discutere di massimi sistemi ma si tratta pur sempre di una festa! Quando mai si è vista una festa senza un Lancaster?" Sorrise, salutando prima Tris con un abbraccio e un bacio sulla guancia e in seguito Greg, con una stretta di mano e una pacca sulla spalla. "Dipende dal Lancaster." disse, inclinando appena il capo con aria divertita mentre rivolgeva un occhiolino giocoso a Tris da sopra il bordo del proprio bicchiere di Incendario. Certe abitudini non muoiono mai: alcool e battute alle spese di Percy Watson. "Piuttosto mi chiedo se anche Malia e Sam verranno. E' da un po' che non vedo entrambi, e una bella reunion mi farebbe comodo per mandare giù la pessima circostanza che la permette." Rimase per qualche istante in silenzio prima di alzare l'indice, come a voler mettere le mani avanti. "Sempre che non si trasformi in un ricevimento genitori-insegnanti non ufficiale. Lì leverei baracca e burattini." ma il suo monito si trasformò presto in un sorriso "Cosa che mi fa ricordare..qualche giorno fa un furbone di cui non farò il nome -" Jay Potter, e chi altro? "- si è fatto confiscare una bustina d'erba. Buona, garantisco, il ragazzo ha buon gusto. Cercavo giusto l'occasione giusta per un buon uso ricreativo. Che ne dite? Ci farebbe comodo distendere un po' i nervi, come ai vecchi tempi." E detto ciò, passò lo sguardo furbesco da Tris e Greg più di una volta, mostrando ai vecchi amici quella scintilla giovanile del ridanciano Grifondoro che non aveva mai abbandonato i suoi occhi. "Greg, poi magari io e te stasera sul tardi, quando questi qua vanno a mettere i figli a nanna ci diamo al rimorchio in qualche posto. Posso contare solo su di te, amico mio." Un po' sopra le righe, un po' inopportuno, un po' ragazzino: passavano gli anni, ma Dean Moses sarebbe sempre stato quell'ineffabile Peter Pan che era stato sin dal primo giorno.
    Interagito con Tris e Greg. Citati Malia e Sam.

     
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    « Mamma, io non vengo, basta! » Rotea gli occhi Olympia, mentre cerca di correggere la sbaffatura che quell'urlo ha causato al contorno del color prugna che sta colorando le sue labbra piene. « Che succede ora? » Le chiede, continuando a guardarsi allo specchio, provando a fare un lavoro buono quanto farebbe Malia. « Non ho un cavolo da mettere! » Sente la figlia sbuffare forte, dalla stanza accanto e allora si dirige verso la sua porta, facendo capolino con la testa. « Ti ho lasciato il vestito verde scuro sul letto. » Il suo sguardo che scivola verso di esso, constatando che è divenuto un ammasso di vestiti informe. E al diavolo l'averlo stirato La ragazzina dalla fulva capigliatura la guarda, fissa, e Olympia vi si rivede fin troppo ed è per questo che sorride, amorevolmente. « Mi ripeto: non ho un cavolo da mettere. » E' in quei momenti che la donna si ritrova a stringere gli occhi, lasciando che le prime velate rughe diano sfoggio della loro bellezza. « Che ti sia chiaro: non rimarrai a casa da sola. » Sentenzia, per tornare in bagno, mentre lei continua a borbottare come una caffettiera che bolle. Si sistema la camicetta, mentre con la coda dell'occhio intravede la figura funerea di suo marito che girovaga, avanti e indietro. « Lo sai, vero, che se anche procrastini, perdendo tempo, sia te che tua figlia mi accompagnerete questa sera, vero? » Gli sorride, angelica, quando incontra il suo sguardo. In fondo, Rudy sa perfettamente quanto sia dura per lei approcciarsi a quella serata, dato il profondo affetto che la legava a Valerie. E' solo grazie alla sua mente brillante a al suo volerle dare un'occasione, che ora Olympia è una professoressa di Hogwarts. Dopo gli anni sfavillanti del college, che le hanno riservato grandi soddisfazioni nel campo dell'Erbologia, ha deciso di dare una svolta inaspettata alla sua carriera: buttarsi su una specializzazione totalmente differente. E in breve tempo la Pozionistica è diventato il suo campo preferito, riuscendola a farle ottenere importanti successi, che però non sono mai bastati a farla lavorare. Fin quando è arrivata Valerie, con la sua dolcezza e il suo voler conoscere la storia altrui, affascinata dal potersi arricchire sempre maggiormente. Ed è grazie a lei, che non preso la sua gravidanza come un ostacolo, come avrebbe fatto chiunque altro, se ha ottenuto la sua prima cattedra importante in Pozioni, prolungata ormai negli ultimi undici anni, fino a farla diventare Vicepreside di Hogwarts, con la consapevolezza, datale proprio dal sottoscritto, di essere la naturale erede dell'anziano preside Dickett, ormai prossimo alla pensione. Le devo tutto. Ha creduto in me quando nemmeno io lo facevo più, con una pancia che mi faceva sembrare una balena, una bambina in arrivo e una miriade di porte sbattute in faccia. Si perde in quei ricordi, per qualche istante, prima di percepire, nella realtà, quell'inconfondibile rumore metallico di rotelle che cozzano contro il parquet. « Alexandra Ylenia Evans Black, se non scendi dallo skateboard e ti infili immediatamente il vestito.. - ci pensa su qualche istante, mentre finisce di armeggiare con la spazzola tra i capelli morbidi e ondulati -..puoi anche dire ciao all’abbonamento della biblioteca di Hogsmeade. Per un mese. » La rossa si volta a guardarla, dal centro del corridoio e Olympia fa lo stesso di rimando, alzando le sopracciglia, in segno di sfida. Proprio in quell'istante, il suo cellulare vibra sopra il tavolino. Un messaggio di Malia che la fa sorridere all'istante, sorriso che si fa più esteso mentre torna a guardare la figlia che, nel frattempo, ha stretto anche le braccia al petto, con fare irremovibile e con il naso all’insù, nel più totale dei silenzi. « C'è anche Claire. » Dice soltanto. La ragazzina rimane in silenzio, mentre gli occhi chiari sembrano illuminarsi. « Oh. » Si spinge in avanti, lasciando che sia lo skateboard a portarla verso la porta del bagno. « Posso mettermi il completo con i pantaloni del matrimonio di zio Sirius? » Olympia le sorride, lasciandole un bacio tra i capelli profumati. « Se vuoi, prima di uscire ti piastro anche i capelli. » Le fa l'occhiolino, mentre sente sbuffare dalla stanza da letto. Emergenza 2.o E allora sospira, constatando sempre di più quanto si ritrovi ad abitare con due musoni cronici. « Vado! » Fa un cenno verso la stanza con la testa, prima di spingerla, verso la sua stanza. « Devo dire anche a te che il tuo amichetto Sam sarà presente, per convincerti a venire senza quel broncio? » Ridacchia sulla porta, per poi spingersi in avanti, agguantando una cravatta dal cassetto in alto. « Oh sì, te la metti.» Annuisce, mentre gli si avvicina lentamente. « Oh, corri pure, tanto ti raggiungo, prima o poi! E la metterai questa cravatta, Rudolph Black, oh sì che la metterai. »

    Alla fine sono riusciti ad arrivare a Villa Rotschild, non con pochi problemi, data la litigata non troppo velata che si è instaurata nel momento in cui Alex si è presentata fuori dalla porta di casa con il suo skate sotto braccio, convinta di poterselo portare dietro ad un funerale. « Alex, mi raccomando! » La guarda, lanciandole un'occhiata alla "Ci siamo capite" mentre la rossa si avvia a salutare i cugini e Olympia rimane al fianco del marito, per qualche istante, in silenzio, prima di attingere al vassoio più vicino. Passa un bicchiere a lui e l'altro se lo porta alle labbra. Beve e si guarda intorno, sentendosi addosso un freddo decisamente atipico. Ha sentito le storie che circolano circa la morte assai strana della donna e per un attimo si sente in imbarazzo nello stare lì, a festeggiare, a sorridere, a ridere. Perché è tutto così diverso, ma anche dannatamente uguale a qualche anno prima. « Non fa strano anche a te? » Commenta, guardando negli occhi Rudy, per qualche istante, allo stomaco la solita morsa che la prende da quando è piccola, quando sta succedendo qualcosa di brutto. Ma cerca di calmarsi, continuando a stringere le dita intorno al gambo del suo calice. « Abbiamo figli, siamo donne e uomini in carriera, ognuno ha la propria vita. Siamo cresciuti, quando è successo? » Continua, leggermente stranita. E' forse quell'ennesima perdita che la costringe a muoversi nella direzione di quelle domande esistenziali e piuttosto scomode. Scrolla quindi il capo, mentre adocchia un gruppetto a lei familiare. « Lascia perdere! Dovremmo andare a fare un po' di public relations. » Si umetta il labbro inferiore, riconoscendo entrambi, dopo anni, ancora un po' restii ad immergersi in una folla, per parlare e conversare amabilmente. Ci sono cose che, dopotutto, non cambieranno mai, proprio come quel loro tratto schivo. "Cosa che mi fa ricordare..qualche giorno fa un furbone di cui non farò il nome si è fatto confiscare una bustina d'erba. Buona, garantisco, il ragazzo ha buon gusto. Cercavo giusto l'occasione giusta per un buon uso ricreativo. Che ne dite? Ci farebbe comodo distendere un po' i nervi, come ai vecchi tempi." Capta la parte finale del discorso di Dean, ridacchiando, nello scrollare la testa. « Ahh, hai ragione. L'erba di Jay rimane sempre la migliore tra quelle che confisco giornalmente. »
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    Si introduce, salutando con un bacio sulla guancia sia Tris, che Dean, che Greg. « In tutta sincerità, ho come il sentore che sia mio fratello James a fornirgliela, sottobanco. Buon sangue non mente mai. » Fa un occhiolino al moro, per poi ridere di gusto nel ricordare quella volta che Jay aveva provato a mettere le mani sull'armadietto dei suoi ingredienti, per poi ottenere un Languelingua che l'aveva costretto al silenzio per quasi un giorno intero. "Greg, poi magari io e te stasera sul tardi, quando questi qua vanno a mettere i figli a nanna ci diamo al rimorchio in qualche posto. Posso contare solo su di te, amico mio." Scrolla la testa, bevendo un sorso di quelle bollicine. « Eppure siete due rampolli d'oro, l'ha detto anche Strega Moderna, lo scorso mese. Ma non ricordo a che numero vi foste piazzati in lista. » Si volta verso Tris, aggrottando le ciglia. « Ti ricordi che ti avevo mandato la foto della pagina? » Si lascia andare ad una risata cristallina. « Avrete i fan che vi assediano sotto casa, ormai. Qualche dichiarazione in assoluta confidenza? » Sciabola appena le sopracciglia, per poi sentirsi tirare un lembo della gonna lunga da dietro. « Mamma, sono arrivati. » Alza gli occhi verso l'entrata e sorride, dando un leggero colpetto alla spalla della ragazzina. « Vai, basta che non vi nascondete e non vi fate trovare più, al solito vostro. » La incoraggia, prima di congedarsi brevemente dal gruppo per sfilare al fianco della miglior amica. « Ti sta aspettando il tuo compare, laggiù, insieme a quell'altro tuo compare. » Indica la direzione a Sam, come a volergli consigliare, velatamente, di raggiungerli. « Si respira un'aria pesante qui dentro. » Sospira, recuperando per lei un'altro bicchiere. « E girano anche voci strane. » Voci che vorrei non fossero arrivate alle mie orecchie. Scrolla il capo, tornando ad un'espressione più benevola. « Ma noi abbiamo altro di cui parlare.. » alza le sopracciglia, guardandola negli occhi. In fondo, fin da quando sono rimaste incinta insieme, il loro pallino fisso è stato quello che anche le loro figlie avessero un rapporto bello come il loro. "Speriamo che si stiano un po' sulle palle anche loro, all'inizio." « Alex mi ha raccontato che Claire è la miglior compagna di stanza del mondo e che non si sarebbe mai aspettata che fosse così ordinata. Non ha preso di certo da te. » Sorride, dandole una leggera gomitata, mentre cerca le due tra la folla con lo sguardo. « E mi ha raccontato anche che Claire l'ha difesa con due cretinetti del terzo anno, che facevano tanto i simpatici sul fatto che è una ragazza e va in giro con lo skate sotto i piedi. E' rimasta molto colpita. » Si porta nuovamente il calice alle labbra, bevendone un sorso. « E qui, ritrovo quasi qualche leggera somiglianza! »

    Interagito con Rudy, Tris, Dean, Greg, Malia.



    Edited by [dark phoenix] - 20/11/2018, 01:39
     
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    La notizia della morte di Valerie Rothschild era giunta all'attenzione di Ophelia Lancaster come una doccia fredda. La scomparsa di un alto organo dello stato non è mai una buona notizia. Eppure poteva aspettare altri sei mesi al termine del mandato. Non fa bene agli affari. Lo spread che sale, la sfiducia degli investitori che aumenta. Per giunta un possibile omicidio. La stabilità di un paese è essenziale per chi come l'ormai famosa Lancaster, si guadagna da vivere grazie all'economia internazionale. « I mercati impazziranno. » Asserisce nell'esatto momento in cui posa la lettera del comunicato stampa che le è appena giunto per mano della sua assistente, assieme a un invito per la veglia della Ministra. Un funerale di stato lampo, che dà il via al preludio di nuove elezioni, campagne elettorali e polemiche. Ma come siamo arrivati qui? Come quella ragazzina estremamente ingenua è giunta a possedere l'elegante ufficio a Neuilly-sur-Seine dal quale comanda con pugno di ferro una delle case di moda più importanti al mondo? Dopo il diploma, Ophelia non è andata al college. Si è piuttosto gettata nel mondo della moda. Fino ai trent'anni ha fatto la modella, arrivando ai vertici dell'industria e riuscendo ad accaparrarsi i più importanti contratti del settore. Ha lavorato con gli stilisti più famosi al mondo; è diventata la musa di alcuni loro. Pelle diafana, capelli di fuoco, due gambe chilometriche e un sorriso che incanta, labbra carnose e rosse come il sangue, sono state la ricetta per il successo, oltre a una personalità da una parte estremamente misteriosa e spesso evanescente, dall'altra sin troppo frizzante e audace. Col tempo Ophelia si è messa in riga; si è fatta curare. Vede un terapista tre volte a settimana, continua a prendere le sue medicine e conduce una vita estremamente ordinata e salutare. E' astemia e non assume droga da quasi dieci anni. L'ultima quasi overdose, poco prima di una sfilata è stato il colpo di grazia che l'ha convinta a smettere di introdurre sostanze tossiche nel suo organismo allo scopo di mantenere il peso forma ideale. L'industria è pesante, è cruente, ma alla fine, dopo non pochi tentativi e insuccessi, Ophelia ha avuto la meglio sul mondo, grazie soprattutto all'appoggio della sua famiglia - suo fratello, sua cognata e lo stesso fratello di lei - e grazie alle costanti premure del migliore amico. Non si è mai sposata, non ha mai avuto figli, non si è mai impegnata seriamente. Ma ora, una figlia, Ophelia ce l'ha comunque, da quasi cinque anni. Si chiama Chanel e ha un fatturato di oltre 12 miliardi all'anno. La realizzazione di voler mettersi nel mondo degli affari, l'ha avuta circa a metà del suo percorso nel mondo della moda. A venticinque anni, una volta ripulitasi completamente, la Lancaster è tornata a studiare e si è laureata parallelamente in Economia. Poi la svolta, l'ambizione di possedere l'azienda dei suoi sogni, quella che l'ha fatta sognare per anni e l'ha obbligata a incollarsi alle vetrine dei suoi negozi sin da quando era niente più che una bambina. Quei negozi sarebbero stati suoi. Non ce l'avrebbe mai fatta da sola. La sua eredità e i soldi messi da parte nei suoi dieci anni di attività, non sarebbero bastati nemmeno lontanamente per acquistare le quote maggioritarie dell'azienda, non solo perché quest'ultima era ai tempi - ed è tutt'ora - agli apici del suo fatturato, ma anche perché in fondo, Ophelia era solo un'ex modella. Un'ochetta di prima categoria abituata a rispondere a ogni domanda troppo articolata con un sonoro non ho capito la domanda. Non era certa che ne sarebbe stata capace, non era certa che ci sarebbe riuscita, ma nel corso degli anni, ha dimostrato di avere un certo intuito nel mondo della moda e degli affari, e non apprezzando oltretutto le ultime scelte della famiglia Wertheimer, fino ad allora proprietari, non avrebbe rinunciato a quell'ambizione senza almeno provarci. E così ecco giungere la telefonata più epica della storia: "Ciao fratellone. Si, Parigi è incantevole come sempre. Ho bisogno del tuo aiuto. No. Non del padre di famiglia, sposato, tutto casa e chiesa. Mi serve Percy Watson. Ho bisogno dell'infame figlio di puttana che ha piegato gli Auror con una mossa sola." E così è iniziata la fase primordiale di una campagna di infangamento che aveva obbligato i Wertheimer a rinunciare alle loro quote azionarie per un prezzo giusto, ma risicato rispetto a ciò che avrebbero potuto ottenere in circostanze più favorevole. Un vero è proprio impeachment giostrato a regola d'arte dalle macchinazioni di una mente eletta come quella di Percival. Dopo diatribe legali lampo che si erano susseguite in maniera chirurgica, Ophelia Lancaster firmava le carte di proprietà delle quote maggioritarie della Chanel, gettandosi nel mondo degli affari a testa alta, come la più giovane proprietaria del colosso, dopo la fondatrice Coco Chanel, oltretutto sotto un battesimo favorevole da parte delle testate giornalistiche di tutto il mondo. Da allora vive una vita intensa, decisamente più triste e solitaria. Gli affari hanno assorbito completamente la sua esistenza. Non ha un ragazzo, né una casa fissa, seppur tendi a sentirsi particolarmente legata al suo appartamento su a Parigi. Vede poco la sua famiglia e le uniche occasioni in cui riesce a vederli tutti, è durante le annuali numerosissime cene della Vigilia a casa dei Morgenstern - Lancaster. La notizia della morte di Valerie scombussola i suoi piani. « Fai preparare una passaporta per Londra per le 16 e dì a Max di occuparsi dei miei bagagli. Solo cose indispensabili. Avrò bisogno di un tubino nero. » Da quando è ai piani alti, Ophelia ha introdotto un'intera schiera di maghi nei dipartimenti della casa di moda, che lavora all'insaputa dei babbani per ottimizzare il rendimento del marchio. « Poi chiama Margret e dille di farmi trovare in frigo fragole e lattuga fresca. Mi raccomando Prudence.. niente supermercati, quella roba mi fa venire l'acidità di stomaco. » Si potrebbe pensare che sia solo una viziatissima donna d'affari, che non fa altro che mettere in croce i suoi poveri collaboratori. Ma Ophelia ha fatto tanto per cambiare le sorti della sua industria. A modo suo ha fatto il proprio dovere all'inverno del patto che la legava a tanti altri esponenti del mondo magico. Entrata nelle loro schiere molto più tardi rispetto a tanti altri, si è dimostrata decisamente coraggiosa e valorosa nelle scelte compiute. Si è scagliata contro il lavoro manifatturiero in nero, tagliando qualunque forma di rapporto con i produttori terzi che sfruttano le popolazioni povere per pochi euro al giorno. Il paio di scarpe meno caro nei miei negozi viene venduto a circa 700 dollari. Voglio come minimo che venga prodotto in maniera equa e sostenibile. Ha speso miliardi per ridurre l'inquinamento ambientale delle sue fabbriche, dona capitali ingenti in favore delle popolazioni più povere e si è scagliata pubblicamente contro una serie di ingiustizie ad opera dei suoi principali competitor. Lotta contro i disordini alimentari di cui soffrono tante giovani e la maggior parte delle modelle, ha allargato la scelta di taglie di tutti i suoi prodotti e professa una vita salutare così come l'amore per il proprio corpo. Finanzia le attività artistiche a Hogwarts donando ogni anno al dipartimento di arti figurative soldi sufficienti affinché educhino le future stelle del suo settore e non solo. La filantropia è diventato il suo modo per scagionarsi dal vizio di fondo che le ha permesso di possedere la sua società. La disonestà.

    « Zia Phee! » La biondissima Elizabeth Lancaster le va incontro con la solita gioia che la contraddistingue. E' sempre stata sobria e risoluta. Da molti punti di vista le ricorda Percy, persino nei dettagli infinitamente piccoli e ridicoli. Liz ha preso gli occhi di suo padre. Ma i capelli, quelli le ricordano estremamente i propri, e quelli di sua madre prima di lei. Lisci come la seta dal colore simile alla spiga di grano. Nonostante la sua risolutezza, Ophelia ha sempre pensato di avere un certo ascendente sulla nipote. L'aveva portata una volta con sé a Parigi per qualche giorno e lei si era dimostrata estremamente sensibile a qualunque cosa luccicasse. Decisamente una piccola signorotta snob di prima categoria. Nemmeno il fervente carattere lapidario dei Morgenstern era stato sufficiente per frenare Elizabeth dal diventare giovane, bella e consapevole di tutte le sue capacità. « Ma lo sai che sei più alta e più bella? E.. quello che vedo non sarà mica.. rossetto! Hai convinto tua madre a farteli avere. » « In realtà li ha sottratti Seb dall'ufficio di papà mentre erano a cena fuori. E' stato piuttosto facile considerando che ha dimenticato la finestra aperta. » E tuo fratello è l'atleta della famiglia. Chiaro. « Beh.. direi che l'Amoureux come colore ti sta d'incanto. » Ed è allora che solleva gli occhi per incontrare lo sguardo azzurro di un giovane dalle spalle larghe poco più in là che è chiaro sia in attesa della piccola Liz. E abbiamo uno spasimante. « Io chiaramente non ti ho vista ma.. detto tra noi, approvo la scelta di ciuffetto biondo. » Le fa l'occhiolino prima di fare il proprio ingresso nella villa di Valerie. Fa le sue più sentite condoglianze alla famiglia, prima di afferrare un bicchiere di succo di frutta da uno dei vassoi che circolano nell'ambiente, incontrando da lontano uno sguardo che riconoscerebbe tra mille se anche tutti gli altri tratti sommatici di lui dovessero drammaticamente scomparire.
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    « Greg, poi magari io e te stasera sul tardi, quando questi qua vanno a mettere i figli a nanna ci diamo al rimorchio in qualche posto. Posso contare solo su di te, amico mio. » Riesce a captare l'ultima parte del discorso dell'interlocutore di Greg e Tris che saluta con un cenno del capo, prima di avvicinarsi, posando una mano sulla spalla di quello che comprenderà ben presto sia niente meno che Dean Moses. « Oh grazie per la considerazione, professore. » Sorride a Greg con un leggero sottinteso, prima di rivolgersi nuovamente a Dean. « Sopra il mio cadavere Greg Olivender andrà da qualche parte a rimorchiare senza di me, quindi se questa deve essere una festa, a rimorchiare ci andremo in tre. » Si sposta a fianco del migliore amico, prendendolo a braccetto. « Sempre che tu non voglia spostare la festa altrove e renderla già più intima. » Un veloce occhiolino a Moses, prima di attirare lontano Greg con un veloce scusateci rivolto ai tre rimasti nella comitiva. Lo osserva attentamente, mentre gli sistema con premura il colletto della camicia, prima di portarsi alle labbra nuovamente il bicchiere rigorosamente analcolico. « Mio dio, Greg. Moses è come il vino. Forse dovrei passare più tempo in Inghilterra. » Cosa che non fa decisamente da molto tempo. Il suo centro operativo si è spostato altrove. Parigi, Milano, New York. E' lì che bolle il mondo più in della moda. E' lì che viene maggiormente richiesta. « E a proposito di buon vino.. mio dio.. ma l'hai visto? » E dicendo ciò si stringe di più al braccio dell'amico indicandogli dall'altra parte della sala niente meno che Nathan Douglas. Nelle prime fasi dell'affare, la Gringott ha avuto un ruolo importante nella stipula del contratto. Ophelia ha aperto un mutuo piuttosto ingente con la banca per permettersi di raggiungere la somma necessaria, ma in prima persona con Nathan non si vedeva forse dai tempi in cui calpestava ancora le passerelle. Per permettere il flusso di capitali nei suoi conti, aveva lasciato tutte le questioni burocratiche agli avvocati, coordinati dalla supervisione di Percy, di cui si fidava ciecamente, mentre lei dal canto suo, arginava gli eventuali danni di natura pubblica, in Francia. « Dici che è tanto sbagliato aggiungere la definizione di sfasciafamiglie sul curriculum? Perché per quel bel faccino.. » Non completò la frase, essendo piuttosto eloquente il suo pensiero in merito. Si stringe nelle spalle infine, e mentre camminano nella sala salutando questo e quell'altro conoscente, alla fine si schiarisce la voce. « Allora.. ce l'abbiamo una soluzione? Non per essere insensibile, ma Valerie che crepa male all'indomani del lancio della nuova collezione è terribile. Gestisco un impero che si autosostiene su almeno venti monete differenti, di cui una magica. La mancanza di un Ministro della Magia nei paesi del Nord - e non te lo devo dire io - è disastroso per gli affari. » Investitori sfiduciati, clienti diffidenti che si ritirano a nascondere i soldi sotto i materassi. Perdite di capitali ingenti. Politica ed economia vanno di pari passo. « Sta già circolando qualche nome papabile? Perché io sono pronta a finanziare la campagna elettorale lampo più costosa della storia. Basta che la finiamo con questa ridicolata del governo provvisorio. » Il governo provvisorio è sinonimo di perdita di un mucchio di soldi.

    Interagito con Dean e Greg. Nominati Percy amore mio e Nate #ammazzachebono

     
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    « Camera blindata 237. Famiglia Rothschild. Mi raccomando, Ranci, la riservatezza è di massima importanza. » L'uomo fissa gli occhi chiari in quelli acquosi e a forma di palla del folletto, mentre parla con estrema lentezza, attento a scandire bene ogni parola e a essere il più chiaro possibile, specie riguardo la questione della riservatezza. Creature inaffidabili, i folletti. Nathan James Douglas ha ampiamente imparato questa lezione nei numerosi anni di lavoro alla Gringott di cui il suo curriculum può già vantare, gli ultimi dei quali trascorsi a ricoprire la posizione di direttore. Gli insegnamenti ricevuti dai suoi predecessori, e dal suo padrino Jonathan compreso, sono stati indubbiamente utilissimi, eppure il rampollo di casa Douglas, ora rispettabile uomo in carriera, agli albori di quest'ultima aveva dovuto imparare a proprie spese cosa significasse trattare con delle creature tanto meschine e losche come i folletti. Una volta, quando era ancora un giovane apprendista relegato all'archiviazione di scartoffie ed alla redazione di verbali e relazioni di poco conto, si era ritrovato improvvisamente immischiato in una vera e propria congiura ai suoi danni. Aveva tutto avuto inizio da una sua azione inconsapevole, vista da quelle piccole creaturine come un enorme sgarbo, alla stregua di una dichiarazione di guerra: e da lì in poi sembravano essere sempre in combutta tra loro per farlo apparire, agli occhi dei superiori, come un ragazzino svogliato e poco competente. Ma ha imparato la lezione, con il tempo, e ha compreso con il passare degli anni quanto i suoi piccoli collaboratori vadano trattati con garbo e attenzione, onde evitare indesiderate ripercussioni.
    Osserva il folletto sorridergli con fare compiacente, per poi allontanarsi dalla stanza a piccoli passetti concitati, fino a chiudersi la porta alle spalle. L'uomo sospira, dietro alla propria scrivania di ciliegio, gli occhi verde chiaro che si spostano pigramente su una pila di documenti su cui deve ancora apporre la propria firma, ed infine su di una serie di promemoria lasciati lì dalla sua assistente, Janice, che rendono il suo spazio lavorativo un po' meno ordinato del solito. La calligrafia della donna è incredibilmente ordinata, i messaggi brevi e concisi. È arrivato un Patronus del signor Fitzgerald. Le fa i complimenti per la sua nuova carica. Un accenno di sorriso piega per un istante le labbra dell'uomo, che pare divertito nel leggere quel bigliettino. Fitzgerald l'ha sempre odiato con tutto se stesso: un po' per il successo avuto nel mondo lavorativo, un po' gli evidenti privilegi che comporta essere un Douglas. Come l'essere nominato Tesoriere dell'Astra Society: posizione per la quale, senza dubbio, non esiste profilo più adeguato di quello del direttore della banca dei maghi, eppure, c'è da riconoscerlo, a prescindere dalla carriera lavorativa, pochi membri della società si sarebbero opposti alla nomina del figlio del tutt'ora Presidente in carica. Il signor Oberlin ha rimandato la partita di golf di questo martedì. Le manda i suoi saluti dalle Canarie. Rotea gli occhi al cielo, con aria un po' esasperata, nel notare quel bigliettino. Di tanto in tanto si chiede se Salomon sia mai effettivamente a lavoro. In mezzo alle altre note riguardante dettagli organizzativi della sua giornata, ve ne è un'ultima che attira la sua attenzione, rubandogli qualche secondo. La preside di Hogwarts la ringrazia per la generosa donazione fatta alla scuola. La informa che non sarà comunque possibile permettere a suo figlio di lasciare il castello durante i fine settimana. Stringe le labbra in una specie di smorfia, di fronte ad una risposta che, in fin dei conti, si aspettava. Sospira, decidendo dunque di concentrarsi sul lavoro da completare: si dedica ai vari documenti che affollano la scrivania per la mezz'ora successiva, per riemergerne solo quando, ad un tratto, la porta dell'ufficio non viene spalancata con veemenza da Janice, con Ranci al seguito.
    « Direttore » dice lei, l'aria visibilmente preoccupata. Alle sue spalle, appena fuori dalla stanza, intravede alcune figure dall'aria conosciuta. La famiglia Rothschild.
    L'uomo inarca un sopracciglio, senza mai tradire la propria parvenza di tranquillità, mentre si appoggia con le spalle allo schienale della grande poltrona azzurro cielo. « Adesso abbiamo anche smesso di bussare, Janice? »
    « Mi scusi. Ma abbiamo un problema serio. »

    Nate Douglas incede a passo lento ma sicuro, dando un ritmo anche al seguito che sta alle sue spalle. La signora Douglas ed il piccolo Edward, dodici anni appena compiuti, camminano mano nella mano, l'aria tranquilla eppure visibilmente un po' scocciata. A nessuno piacciono i funerali. Ben diversa è però l'espressione che si legge nel volto del capofamiglia, per metà coperto dagli occhiali da sole scuri che lo proteggono dai violenti raggi del pomeriggio: le labbra sono serrate in una smorfia perenne, il volto contrito dalla preoccupazione. Sono rare le volte in cui è facile interpretare le sue emozioni, in cui lascia trapelare ciò che sta succedendo nella sua testa anche all'esterno.
    « Va tutto bene, Nathan? » La sua angoscia sembra essere talmente evidente che perfino sua moglie si avvicina al suo fianco, faticando a stargli dietro su quei tacchi a spillo che le rallentano il passo, per assicurarsi della sua condizione. L'uomo scuote la testa e fa un gesto rapido della mano, come a volerla rassicurare che non si tratta di nulla di serio. Ma lei è certa che qualcosa di brutto debba essere successo. Certo, stanno andando ad un funerale, ma quel nervosismo deve essere dovuto a qualcos'altro; e in effetti la consorte Douglas non sbaglia. Una donna incredibilmente intelligente e piena di carisma, la sposa di Nathan: la nuora che Charles avrebbe desiderato, la nipote acquisita perfetta per nonna Margaret, e la migliore madre che Nathan potesse immaginare per suo figlio. C'è molta complicità tra loro due, e senza dubbio una grande intesa intellettuale. L'ha apprezzata dal primo istante in cui l'ha incontrata, e talvolta gli piace raccontare a sé stesso che con il tempo abbia imparato ad amarla, ma così non è stato. Non esistono ragioni valide, ma, semplicemente, determinate cose non possono essere programmate. L'uomo ha però imparato con il tempo che esistono tante declinazioni dell'amore, e che non è necessario provarne la forma più pura per sentirsi felici. Lui il suo equilibrio sa di averlo raggiunto con tutta la serenità del mondo.
    Con un profondo sospiro, porta una mano dietro la schiena della donna, per guidarla in direzione di un gruppo di volti conosciuti, individuato già da una certa distanza. « Edward? » dice ad un tratto, sporgendosi oltre il corpo della madre, per incrociare gli occhi verde chiaro del figlio. Gli rivolge un sorriso affettuoso, prima di indicargli, con un cenno del capo, un gruppetto di bambini riuniti in un angolino, poco più in là. « Va' a giocare con i tuoi amici. Evita di sporcarti, mi raccomando. A meno che tu non voglia sentire i rimproveri della nonna, che sarà qui a momenti. » Gli rivolge un sorriso tenerlo, prima di guardarlo correre in direzione dei propri compagni. Scambia uno sguardo divertito con la donna al proprio fianco, prima di lasciarla andare a riconciliarsi con delle vecchie amiche, e dirigersi a propria volta in direzione di Amunet e Percy, che sembrano parlare in modo concitato.
    « Buongiorno » dice, un ampio sorriso che spunta sulle sue labbra, lo sguardo che, dietro ai pesanti occhiali scuri, si sposta da uno dei due all'altro, e che piano piano realizza la situazione. « Ho interrotto qualcosa? » domanda allora, con aria divertita, seppur non sia difficile per lui immaginare l'argomento della conversazione. Sono in molti a parlare delle circostanze particolari riguardanti la morte di Valerie Rothschild. E di certo quello che è successo questa mattina non aiuta a rendere le voci meno credibili. Qualcosa di strano sta succedendo. Lo sguardo si ferma un istante su Amunet, prima che un sorriso forzato appaia sulle labbra di lui. Capisce, in quell'istante, che lei è la persona dalla quale deve stare il più distante possibile, in questa giornata. « Hai già cominciato il tuo reportage sulla morte della Ministra, piccola Carrow? Non ti sembra un po' presto? » Una risata di scherno lo scuote, mentre dà una veloce pacca sulla spalla di Percy. « In bocca al lupo allora Watson, non farti tenere troppo sotto torchio che dobbiamo aggiornarci. » E con queste parole si dilegua, fino a quando non si imbatte in suo padre, accompagnato da Judah Carrow, che saluta con un abbraccio caloroso.
    « Stavo giusto dicendo a tuo padre che Valerie mancherà a tutti noi, è stato un grande Ministro...Magari il prossimo potresti essere tu, chissà, avresti il mio voto. »
    Un sorriso mesto dipinge le labbra dell'uomo, prima che si stringa nelle spalle, con aria poco certa. « Mancherà a tutti noi, davvero... Un grande Ministro e una grande donna. E... beh, grazie per la fiducia, Judah. Ma vedremo più avanti. » Non ha proprio pensato a quella eventualità. E, a dirla tutta, nemmeno in quell'istante in cui gli viene posta sotto gli occhi non vi si sofferma più di tanto, preso com'è da altri pensieri. Si congeda rapidamente, sia da Judah che da suo padre, per poi raggiungere un altro gruppetto intento a conversare. Saluta tutti, Greagoir in particolar modo con un abbraccio affettuoso, ed un « Fammi sapere poi come finisce con quei giapponesi. Nonna dice che in fabbrica serve altro legno di ciliegio al più presto e minaccia di cambiare fornitore. Lo sai quanto poco sa essere paziente. » Rivolge all'amico un sorriso di scuse, accompagnato da una rapida pacca sul braccio. Le fabbriche di scope Firebolt, possedute dalla famiglia Douglas, già da diversi anni hanno firmato un contratto di fornitura con Olivander's, capace di recuperare i legni più pregiati e resistenti del mondo magico. L'uomo si sofferma in seguito su un'altra coppia intenta a parlare in disparte, alla quale si avvicina, dopo essersi congedato educatamente da Greg.
    « Scusate » dice, lo sguardo che si sposta tra Beatrice Morgenstern e Albus Potter. « Dovrei parlare con... » chi? Quella pausa tradisce un secondo di incertezza. In fin dei conti, la questione che ha bisogno di affrontare potrebbe essere riferita ad entrambi. Una impegnata nella sicurezza magica, l'altro membro del corpo Auror, e del quale, si vocifera in giro, ne sarà presto il direttore. I suoi occhi chiari tuttavia saettano rapidamente sulla donna, un sorriso gentile che spunta sulle sue labbra. « Beatrice. Due parole? » Un rapido sguardo in direzione dell'uomo. « In privato? » Non gli importa più di
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    tanto essere invadente, a questo punto della situazione. Si allontana di qualche passo insieme alla donna, attento a non essere alla portata di orecchie indiscrete, e poi parla. « Questa mattina la famiglia Rothschild è venuta in banca a ritirare il testamento di Valerie dalla sua camera blindata. » L'inizio, specie se raccontato con la voce angosciosa dell'uomo, non è dei migliori. « A quanto pare quando l'hanno recuperato il sigillo magico che lo chiudeva era già stato spezzato. Gli eredi sono adesso convinti che il contenuto del testamento sia stato manomesso. Ne stanno parlando con gli avvocati. » Un sospiro, mentre scuote piano la testa, visibilmente affranto. « Ho controllato personalmente tutti i registri, e nessuno ha avuto accesso a quella camera da due mesi, quando ha richiesto Valerie stessa di entrare per un versamento. Capisci che questo è un problema. » Abbastanza grave. Al di là di quello che vuol dire un evento del genere, sono molte altre le preoccupazioni che scuotono l'animo dell'uomo: è chiaro che, di fronte ad una notizia del genere, chiunque dubiterebbe della sicurezza della banca dei maghi, il valore azionario crollerebbe e soprattutto la fiducia dei clienti verrebbe a mancare. E nel momento in cui una banca smette di essere considerata affidabile da quelle stesse persone che vi ripongono il denaro, è davvero la fine. I mercati crollano, i prezzi dei titoli scendono vertiginosamente e l'economia intera si arresta. « Ho richiesto alla famiglia la massima riservatezza, ma è chiaro che abbiano intenzione di agire per vie legali. E quando lo faranno, chiunque nel mondo magico lo verrà a sapere. » La Banca potrebbe crollare nel giro di poco tempo. Sarebbe il panico. « Ho bisogno di sapere cosa è successo lì dentro, se davvero è entrato qualcuno e come ha fatto, in quel caso. Gli Incantesimi di Rivelazione non ci hanno detto nulla. » Ho bisogno di qualcuno che sia esperto. « Confido nella tua riservatezza, Beatrice. Sai bene anche tu che, se si venisse a sapere in giro, sarebbe un guaio per tutti quanti. » Un rapido sguardo in direzione di Amunet Carrow. La stampa non deve saperlo. « Verrai col tuo team a verificare? Possibilmente stanotte. Se davvero qualcuno ha violato la camera blindata di Valerie, prima della sua morte, allora le cose che non quadrano sono troppe. E non c'è tempo da perdere. »

    Interagito con Percy e Mun, Judah, Greg, Tris
     
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    Percival Watson era sempre stato il tipo di persona con le idee ben chiare: aveva scelto la sua strada sin da giovane, programmando ogni sua mossa e ogni possibile inconveniente che potesse frapporsi tra lui e la realizzazione di quelle ambizioni. C'era solo una cosa che non aveva programmato: Beatrice Morgenstern. E d'altronde, nessun altro avrebbe mai potuto predire che un domino di casualità avrebbe potuto portarli prima ad unire le forze e poi a dividere un'intera vita insieme. Eppure era successo. E quella piccola cosa aveva cambiato tutto nella vita dell'ex Serpeverde, persino il suo cognome; ci aveva messo anni a decidersi, ma alla fine la scelta di prendere pienamente il nome dei Lancaster era stata forse la più adeguata: da una parte voleva lasciarsi alle spalle la nomea degli Watson, e dall'altra le sue radici si erano fatte sempre più profonde ad Inverness, fino a quando il cambiare cognome non era diventato niente più che una formalità a cui opporsi appariva alquanto insensato. Un cognome che aveva tramandato anche ai propri figli e a sua moglie, traendone un grande onore. Percy e Tris avevano fatto le cose per gradi, costruendo pian piano una famiglia dalle solide basi e un'influenza non indifferente. Entrambi si erano prevedibilmente laureati in tempo, con pieni voti nelle loro rispettive specializzazioni, per poi incanalarsi subito nelle strade che entrambi sapevano essere giuste per loro. Durante gli anni di studio, Percy aveva svolto tirocini in diversi uffici Ministeriali, scegliendo infine di lavorare per l'Ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica, il quale gli dava la possibilità di occuparsi anche di ciò che riguardava i rapporti con Inverness - l'ambito in cui si era specializzato, portandolo anche in tesi di laurea. Ma la verità era che per l'ormai Lancaster, quella vita non bastava. Per quanto amasse i viaggi, le riunioni, le conferenze, le lunghe notti passate a scervellarsi su quel tetris di mondo magico che doveva far collaborare, c'era sempre qualcosa che gli mancava, e quel qualcosa aveva un nome ben preciso: Percy Watson. Fu così che, dopo un lungo rimuginarci sopra, il ministeriale prese una delle scelte più avventate della propria vita: lasciare il lavoro in favore dell'ignoto. O meglio, un piano ce l'aveva, ma per i suoi standard si trattava comunque di un salto nel vuoto. Si era pentito di non essersi incanalato nel mestiere di avvocato - quello che sin da giovane aveva scelto - subito dopo la laurea, ma allo stesso tempo era grato del tempo passato a lavorare al Ministero, perché gli aveva dato la misura di quanto non volesse essere avvocato per il Wizengamot. Fu così che una parte della propria eredità venne da lui spesa per mettere in piedi uno studio: Lancaster & associates - attorneys at law. I primi ad unirsi furono alcuni dei suoi ex compagni di corso e col passare del tempo, lo studio si espande da un piccolo ufficio a piano terra sino ad avere un intero palazzo da un vertiginoso numero di piani. Così come i numeri sui bottoni dell'ascensore, anche i loro compensi erano lievitati velocemente, facendoli diventare uno tra i più grandi e stimati studi di legge del mondo magico. Se Beatrice si era meritata da loro figlio il nome di capo degli infami, lui era stato blasonato con quello di avvoltoio. Che carino. Ma in fin dei conti, tutti i torti non li aveva: anche sotto il tetto domestico la coppia non aveva mai perso quel loro cipiglio caratteristico. Tris era sempre stata il gendarme di casa, e Watson era sempre stato lo squalo che fiutava il sangue. Una sola eccezione si stagliava alla sua nota freddezza: Elisabeth, la luce dei suoi occhi. Percy era sempre stato cieco nei confronti della figlia, l'unica realmente capace di ingannarlo e di attirare la sua benevolenza in qualsiasi circostanza. C'era poco da stupirsi se, quando aveva scoperto un Jay Potter sgattaiolare via dalla finestra della sua stanza, il padre era andato su tutte le furie, cominciando a farneticare su denunce e querele inconsistenti ai danni di quel ragazzino che aveva osato avvicinarsi alla sua bambina. E c'era voluta una buona dose di retorica da parte di Beatrice per convincerlo a non presentarsi a casa Potter per richiedere la testa del ragazzo servita su un piatto d'argento e con una mela candita in bocca.
    "Andiamo?" sbuffò Desmond, strisciando svogliatamente i piedi per il salotto. In tutta risposta Percy sollevò lo sguardo dal limitare del giornale, osservandolo da sopra il bordo degli occhiali con un sopracciglio sollevato. "Che c'è?" bofonchiò il ragazzo in risposta al silenzio con cui il padre aveva passato lo sguardo ceruleo dalla punta dei suoi capelli a quella delle sue scarpe. "Capisco che il post it con scritto indossa questo lasciato sul vestito che ho appeso alla porta di camera tua possa essere stato un indizio forse troppo criptico e velato per il tuo acume, ma posso garantirti che non era un incoraggiamento a seguire il tuo senso dello stile." Sospirò, richiudendo il giornale per allungare la mano verso la pila di post it, scrivendo alcune veloci parole sul primo prima di alzarsi e stamparlo dritto in fronte al figlio. Tre semplici parole: vai a cambiarti!
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    Contro ogni aspettativa, la famiglia Lancaster riuscì ad arrivare puntuale a destinazione nonostante i vari problemi che puntualmente i due gemelli facevano salire a galla per una ragione o per un'altra. "Vediamo di comportarci bene, altrimenti facciamo i conti a casa." disse sottovoce ai ragazzi nel mentre di varcare la soglia dell'ambiente, per poi dissimulare subito il tono austero con un sorriso compiacente ai familiari di Valerie, portandogli le proprie condoglianze, accompagnate da quelle altrettanto impeccabili dei figli. Persino Desmond riuscì a fare bella figura, senza dire troppo ne' troppo poco - cosa che inevitabilmente fece un po' inorgoglire il padre. Ma allora lo vedi che se ti impegni ce la fai a non essere un coglione?! Ma ovviamente, nel giro di cinque secondi i due gemelli erano già spariti tra la folla, probabilmente alla ricerca dei loro degni compari. Uno in particolare - si ritrovò a pensare Percy, stringendo appena la mascella. "Il dubbio amletico di questa mattina è se sono più reticente nei confronti dei capricci dei nostri figli, oppure nei confronti di queste occasioni." "Capricci dei nostri figli. Senza dubbio." disse immediatamente, portandosi una flute di champagne alle labbra e scuotendo appena il capo. "Ci hai fatto caso? Ci sono dei terroristi a piede libero che hanno ucciso il Ministro della Magia eppure né il mio ufficio, né il Corpo Auror è stato interpellato per la sicurezza dell'evento. Mi hanno detto che avevamo già troppe cose per la testa per curarci anche di un evento privato. Qualcosa mi dice che qualcuno ci sta prendendo in giro da molto più tempo di quanto pensassimo." Sospirò, scrutando la folla con aria guardinga mentre continuava a sorseggiare il proprio champagne. "Chiunque sia stato, sicuramente si trova qui dentro. Nessuno al di sotto avrebbe mai potuto volere la testa di Valerie. Il suo consenso era alle stelle." Da quando aveva saputo della morte di Valerie, Percy si era interrogato a lungo sui suoi motivi, passando mentalmente in lista tutte le sue conoscenze e le note stonanti a cui poteva non aver dato importanza prima di allora. Ma la verità era che brancolava nel buio, a mani vuote, sebbene fosse sicuro che chiunque fosse stato stesse solo aspettando di compiere la prossima mossa. E qualcosa mi dice che questa mossa sarà un dito puntato, prevedibilmente contro qualcuno di noi. "Cerchiamo gli altri?" riscosso dai propri pensieri, si limitò semplicemente ad annuire, intercettato immediatamente da niente meno che Greagoir Olivander. "O gli altri troveranno voi! Ben trovati, miei cari. Speravo in circostanze meno.. sgradevoli, ecco." Sorrise amichevolmente al compagno, abbracciandolo con compostezza. "Speravo che il vestito buono l'avrei rispolverato prima per il tuo matrimonio, piuttosto che per il funerale di Valerie. Ma a questo punto comincio a perdere un po' le speranze." sentenziò divertito, sottolineando le sue parole con un sorso dal proprio bicchiere prima di essere affiancato da Amunet Carrow. "Ti devo parlare. Off records." annuì, congedandosi dalla moglie e dall'amico per seguire Mun in un angolo più appartato della stanza. "Ti devo fare una domanda e voglio che tu mi prenda molto sul serio, perché ho già come l'impressione che mio marito mi stia nascondendo qualcosa. Seguimi ok? Ti ricordi la famosa sera nelle celle? Quando hai trovato me.. e Albus.." le rivolse un veloce cenno di assenso, intimandola a proseguire "Il corpo che hai trovato insieme a noi somigliava a questa roba? Perché se è così.. non vorrei essere allarmista..ma abbiamo un problema. E so già come l'ultima manovra finanziaria è stata approvata nonostante tutti noi ci siamo fortemente opposti." Sporto sulle foto che lei gli stava segretamente mostrando, l'espressione accigliata di Percy si andò presto a tramutare in una di orrore, con le iridi cerulee che saettavano da uno scatto all'altro con una certa insistenza. "E'.." balbettò per un istante, ritrovandosi poi a riprendere parte del proprio controllo per riportare lo sguardo su Mun, più fermo, più calibrato. "..simile. Ma sono passati molti anni, Mun." Una frase che aggiunse, sebbene con poca convinzione, data l'impossibilità materiale di dimenticare la scena a cui si era ritrovato ad assistere. "Ha gli organi ribaltati, e manca il cuore come se non ce ne fosse mai stato uno." aggiunse Judah, probabilmente il fotografo del caso, data la sua posizione. "Nessun altro oltre me ha visto il cadavere, ho mantenuto la massima riservatezza...cosa che speravo facesse anche qualcun altro. Ho pensato ad un messaggio, anche perchè nessun incantesimo, da solo, è in grado di ridurti così. Però considerando che siano passate sei ore dal momento della morte alla scoperta del cadavere, ci sarebbe stato tutto il tempo di apportare queste modifiche." Sospirò, guardandosi intorno con una certa concitazione. Stava per aprire bocca quando, alla vista di un Nate in procinto di avvicinarsi, fece cenno a Mun di mettere via le foto. "Buongiorno. Ho interrotto qualcosa?" Sorrise all'amico come se nulla fosse, facendo cenno di no con la testa. "Classici discorsi da funerale, cercando di mettere insieme i pezzi per dare una soluzione a questa tragedia." Non che non si fidasse di Nate, ma Judah aveva ragione su un punto: meno persone vedevano quelle foto, più al sicuro sarebbero state quelle informazioni. "Hai già cominciato il tuo reportage sulla morte della Ministra, piccola Carrow? Non ti sembra un po' presto? In bocca al lupo allora Watson, non farti tenere troppo sotto torchio che dobbiamo aggiornarci." Ridacchiò tra sé e sé, scuotendo appena il capo. "Ci conosci: siamo due brutte razze io e la Carrow. Lei mette sotto torchio, e io rigiro le frittate. Ci dovrebbero dare un premio per le conversazioni più inconcludenti del mondo magico." E detto ciò sollevò il bicchiere in direzione dell'amico, intimandolo a ribeccarsi più tardi per scambiare qualche parola. A quel punto, di nuovo solo con i propri cospiratori, fu libero di riprendere il discorso. "Questa cosa non deve uscire da qui. Nemmeno i nostri partner devono esserne messi al corrente, per ora. Ma non mettiamo da parte l'ipotesi che potrebbe trattarsi di un copycat, o anche di un depistaggio. Ormai sappiamo bene che se una parte si attiva, si attiva anche l'altra. Fino a quando la Bianca non si fa sentire, dovremmo semplicemente tenere gli occhi aperti su chi potrebbe voler sfruttare questa cosa per i propri scopi."

    Interagito con Tris, Greg, Mun, Judah, Nate

     
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  13. [ Pars destruens ]
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    Era un bel collo di cigno, quello. La nivea pelle della ragazza era ai suoi occhi una menzogna: candida e fuorché rovinata, fatta del più fine dell’alabastro. Non una cicatrice che ne deturpasse la visione, perfetta, avrebbe osato dire a chi ne avesse chiesto un’immagine, l’idea della beltà stessa, eppure così falsa. Portava rubini ai lobi delle orecchie e piccole gemme bianche intrecciate tra i capelli: fili di biondo grano ancora acerbo. Maya era fatta per risplendere con fulgore e poi spegnersi con la stessa velocità dei lampi, o almeno era quello che Pride aveva pensato di lei quando l’aveva conosciuta.
    I nodi della scrivania sulla quale lei sedeva facevano contrasto con quella bocca di rosa, increspata in un sorriso di inganni. « Allora, Orgoglio, mi concedi ciò che più desidero? » Maya accavallò la gamba, lasciando che lo spacco del vestito lasciasse intravedere la coscia, la furbizia le era sorella, quanto la truffa le faceva da madre. Era stata partorita per sfruttare come armi le sue doti femminili e cresciuta affinché le sue tecniche si affinassero. Per questo motivo Pride ne apprezzava il carattere quanto ne disdegnava il suo corpo di bambola, perché di quella perfezione non sapeva che cosa farsene.
    Sua sorella Harriet era solita ripetergli che ne soffriva la presenza, tanto costante nella vita del fratello maggiore e Pride per tutta risposta lanciava un’occhiata eloquente che avvalorava le parole della più giovane Faulkner. « Non riceverà favori comportandosi a quel modo » Alla domanda di Maya, l’Orgoglio rispondeva sempre nello stesso modo. « La profezia della famiglia Scabior potrà essere letta tra quaranta inverni » era incorruttibile, di quella caratteristica ne aveva fatto un mantello e vi si era coperto, affinché il caos non potesse più toccarlo - non nella maggioranza dei casi - « Ora, se non le dispiace, avrei una riunione importante » Pride lasciò la poltrona che lo aveva accolto, intimando la donna a seguirlo per uscire. Tra le mani teneva la sua bacchetta magica e una piccola valigia di ferro, serrata da un lucchetto magico. « Prima o poi cederai anche tu, tutti hanno un punto debole, devo solo scoprire qual è il tuo » e il suo punto debole era una persona per la quale preservava la parte migliore di sé.
    La differenza tra l’uomo e Maya stava nella freddezza dei modi: dove Pride aveva fatto della distanza un suo marchio, Maya cercava sempre la vicinanza, nei modi, nelle parole, persino nei contatti. « Ne dubito, Miss. Scabior, rimango a sua disposizione per qualsiasi altro servizio, ma le ripeto, non provi a giocare con il ghiaccio perché potrebbe tagliarsi » e così detto la fece entrare nell’ascensore che l’avrebbe riportata nella hall del ministero della magia.
    Pride lavorava all’ufficio misteri da anni, presso la stanza delle profezie, aveva accettato l’incarico datogli da Valerie Rothschild e quella notte avrebbe presenziato alla sua veglia funebre, così lui l’aveva chiamata.
    Si smaterializzò di fronte alla villa che li avrebbe accolti quella notte e strinse la valigetta che trasportava, lì di fronte a lui era giunta la Greengrass, la cui bellezza appariva selvaggia, quasi quanto quella di un folle. Pride salutò con un cenno, era capitato di dover collaborare con lei più di una volta, eppure era sempre affascinato dal caos che le danzava nel petto.
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    « Buonasera Maze, serata difficile al San Mungo? » chiese incamminandosi insieme a lei « Come stanno Gabriel e Harleen? » Pura cortesia dettata dal momento: se v’era una cosa che Pride aveva imparato con il tempo era l’arte dei convenevoli, atti che durante i suoi anni di scuola aveva sempre tentato di evitare. Chi l’avrebbe mai detto che Faulkner potesse imparare a conversare - cosa alquanto straniante per una persona come lui -.
    La sala che si aprì li accolse truffaldina e così furono accolti in quel luogo. Pride conosceva ognuna di quelle persone, in un modo o nell’altro avevano dovuto cooperare con loro. « Se anni fa mi avessero detto che avrei presenziato ad un evento del genere ne avrei riso » era certo che persino Harriet l’avrebbe preso in giro per quello. Faulkner, che di anni ormai nei aveva abbastanza da conoscere come funzionasse il mondo diede un’occhiata rapida ai componenti del gruppo, fino ad individuare la Morgenstern. « Se mi vuoi scusare, devo assentarmi un attimo » e così dicendo lasciò Maze non prima di averle rivolto un cenno del capo. Si diresse verso il piccolo gruppo composto da Beatris Morgenstern e Nate Douglas, salutando con l’ennesimo cenno Dean, Greg e Ophelia "Sempre che non si trasformi in un ricevimento genitori-insegnanti non ufficiale. Lì leverei baracca e burattini." mai parole gli parvero più stranianti « In quel caso dovresti segnarmi per la fuga » e come era giunto si dileguò. In pochi passi raggiunse i due interlocutori che in quel momento gli premeva raggiungere, il motivo risiedeva nella valigetta che portava con sé. « …E non c'è tempo da perdere. » Pride riuscì a percepire solo le ultime parole, intrufolandosi tra i due, rompendo forse il clima di riservatezza, tuttavia lui stesso aveva qualcosa di urgente da sottoporre alla Morgenstern e ai lì presenti. « Vi ruberò solo alcuni minuti del vostro tempo, poi vi lascerò alla vostra discussione » e così dicendo alzò la valigetta che portava con sé « Questa notte si è risvegliata una delle profezie dell’ufficio misteri, non ne ho ascoltato il responso, ma credo vi interessi sapere che erano state date indicazioni precise sul suo trattamento » Pride riconosceva ormai come porsi nei confronti delle persone « Non c'è un nome che attesti colui che ha dato l'oracolo, ma la profezia fu legata anni fa alla morte di una Rothschild, la prima Rothschild a diventare ministro della magia...Le indicazioni avvertono che la profezia sarà udibile solo quando il vertice magico londinese si sarà riunito » E quale migliore occasione di quella?

    Interagito con Maze, Dean, Beatrice e Nate
    Citati Ophelia e Greg


    Edited by [ Pars destruens ] - 22/11/2018, 23:47
     
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    « Dovrebbe concedersi un attimo per riflettere » Sussurrò, lascivo, ponendo un palmo fra i capelli giusto per scostarli dal volto segnato; le cicatrici in rilievo, le quali gli solcavano in maniera netta la pelle, non facevano più male come una volta. Lentamente, l'indicibile, andò a divorare in un paio di falcate la distanza che lo divideva dal suo interlocutore, arrivando quasi a sovrastarlo col proprio corpo, in una sorta di labile minaccia. L'uomo, che fino a quel momento era rimasto impassibile, iniziò a tentennare visibilmente in difficoltà« Da-davvero io non...non so di cosa stia parlando, e nemmeno la conosco! » Sospirò, alzando le mani in segno di resa, cercando di assumere un atteggiamento il più possibile scocciato mentre tentava una fuga dal bagno nel quale il biondo era riuscito a placcarlo. « Potrei farla licenziare se non mi riconsegna ciò che ha sottratto, pensi ai suoi figli. Pensi alla possibilità di poter subire un processo che sicuramente la dichiarerebbe colpevole e potrebbe addirittura condannarla a morte » In uno scatto rapido, Hades andò a frugare nelle tasche dell'altro, trascinandone fuori una piccola giratempo luccicante, che fece sparire con un rapido tocco di bacchetta, la quale successivamente puntò contro l'uomo « Oblivion ». La stanza del Tempo, gli era stata affidata in quello stesso anno dal Ministero, vista la profonda cultura sull’occulto del tempo che Hades aveva potuto maturare, nonchè sperimentare, durante i suoi lunghi studi in Iraq. Hades, era ciò che si definiva un viaggiatore temporale, ossia un mago che sapeva gestire un viaggio nel tempo senza provocare danni, o sistemando quelli compiuti da altri dilettanti; il suo compito il piú delle volte era quello di mantenere il presente stabile semmai si fosse presentato qualche problema dovuto ad interventi artificiali. Quella non era la prima volta che Fudge rincorreva dipendenti ministeriali i quali, dagli uffici dei piani alti, si prendevano la briga di scendere nei sotterranei, lí dove erano collocate stanze a loro vietate per rubare qualcosa o, semplicemente, per dare un'occhiata. C'era stato anche il caso, circa un mese prima, di un dipendente trovato in fin di vita nella stanza dei cervelli, arrivato sin lì durante la pausa pranzo, spinto dalla più pura delle curiosità che quasi gli stava costando la sua intera esistenza. La notizia fece il giro di tutto il ministero in pochissimo tempo e, Ray Tudor, oltre a doversi accontentare di un occhio di vetro ed essere obliviato - era prassi per chi accedeva alle zone proibite senza la dovuta autorizzazione -, dovette mettere un punto alla sua brillante carriera all'Ufficio delle Relazioni con i folletti , ai quali diede successivamente anche la colpa per la sua infrazione. Sistemando la giacca sulle spalle muscolose, il biondo si affrettò a varcare la porta del bagno, ritrovandosi nuovamente immerso tra la confusione della cerimonia a cui non era stato invitato a partecipare. Non sapeva molto sulla morte dell’ormai ex ministro, in realtà nemmeno si era interessato ad informarsi, e questo perchè tutto ciò che concerneva la politica non lo appassionava. Nulla di quella tragica fine lo aveva toccato, nemmeno minimamente sfiorato, per lui la vita sarebbe trascorsa nello stesso identico modo con o senza un governatore, e questo era alquanto strano se si pensava che era proprio per il ministero che lavorava. Come un invisibile, ciò che era sempre stato dopotutto, si mosse tra gli ospiti in maniera fluida, puntando l'ingresso dal quale sarebbe uscito per tornare a casa, un piccolo appartamento dismesso ai margini di Godric's Hollow. La chioma spettinata fluttuava ad ogni passo rigido che compiva, mentre il suo vestiario trasandato spiccava in particolar modo tra l'eleganza sfavillante che abbigliava i presenti, ma nessuno sembrava farci particolarmente caso, ed era meglio così: se qualcuno lo avesse fermato, chiedendogli chi fosse e perchè si trovasse lì, probabilmente Hades non avrebbe reagito bene. In quegli anni, aveva lasciato morire le pubbliche relazioni che a fatica aveva intrapreso durante Hogwarts, ed attualmente sapeva a malapena intavolare una chiacchierata che escludesse l'ambito lavorativo - nonchè avesse molto da dire sul proprio lavoro, anche se fosse -, e proprio per questo sapeva risultare pittosto scontroso: l'ultima volta che aveva scambiato parola con qualcuno per cortesia, nemmeno la ricordava. Una mano era tenuta ben salda sotto la giacca, lí dove sapeva d’avere la bacchetta da poter sfoderare ad ogni evenienza, ma la sua corsa all'inizio sicura andó a rallentarsi gradualmente, fino a farlo bloccare nel bel mezzo della sala. Un uomo, probabilmente un addetto alla sicurezza, lo stava tenendo sott'occhio e si era appostato nei pressi dell'uscita, quasi ad attenderlo. Hades, esitò per qualche istante, indugiando tra i presenti prima di fare la scelta piú ovvia che potesse prendere per non aver rogne e, soprattutto, per non far pendere sulla sua testa una possibile accusa per terrorismo. Uno che girava con una mano nascosta sotto la giacca, vestito in modo poco consono per l’occasione, che si guardava attorno con fare circospetto e non scambiava parola con nessuno, come altro poteva classificarsi? Oltre a mollare la presa sulla bacchetta, il biondo tentò di trovare un alibi fra gli invitati, assottigliando lo sguardo non appena una chioma rossa fuoco gli saltò all'occhio. Restò a fissarla per un po’, prestando poi attenzione alle donna che la sfoggiava ed alle persone con cui era intenta a conversare. Impiegò un po’ di tempo per identificare tutti, scavando nei ricordi lasciati dentro al castello, diciassette anni prima. « Onironautica » Borbottò, intromettendosi bruscamente nella conversazione
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    « Avete mai sentito parlare dei sogni lucidi? Perchè questo potrebbe esserlo dopotutto, un sogno lucido. » Si umettò le labbra piene, inclinando appena il capo, concedendosi qualche istante prima di poter schioccare la lingua contro il palato. Quello, era il primo argomento che gli venne in mente visto che uno dei problemi principali dei viaggiotori, era proprio dover fare i conti con i sogni lucidi, quando capitava di entrare in un loop temporale « Magari adesso state dormendo e non lo sapete, magari state condividendo uno stralcio di realtá inesistente, anche perchè pare proprio di essere finiti dentro ad un incubo a giudicare dalle espressioni su alcuni volti. Nessuno si aspettava che morisse cosí.» Hades, fissó gli occhi su un punto indefinito, apparentemente assente, prima di curvare un angolo delle labbra, scuotendosi dal torpore « Watson, giusto? Tu invece...Olivander.» Enfatizzò, metallico, annegando la propria indifferenza in un bicchiere di whisky che afferró da uno dei vassoi, pulendosi le labbra col dorso della mano « Comunque no, non state vivendo un sogno lucido se ve lo state chiedendo: tutti gli orologi segnano la stessa ora, e fuori dalle finestre c'è sempre lo stesso panorama e le stesse condizioni atmosferiche» Intanto, l'indicibile, cercava di capire se quella sua intromissione avesse fatto abbassare i sospetti nei suoi confronti, ma da una prima analisi sembrava proprio di no. Cosí, senza pensarci due volte, senza avere nemmeno l'accortezza di congedarsi, passó avanti, mischiandosi nella confusione mentre il bicchiere passava dall'essere parzialmente pieno allo svuotarsi del tutto. Tentó di captare le varie voci che aveva attorno, cercò di carpirne gli argomenti senza smettere di muoversi tra la bolgia di pensieri, arrivando ad origliare il triangolo Morgesten - Douglas - Faulkner, rubando con gli occhi dettagli dalla scena che gli si svolgeva davanti. Da lí, incuriosito dalla valigietta contenete la profezia, inizió a guardarsi attorno con interesse sempre maggiore, monitorando il circondario in cerca di indizi, sguardi complici o parole segretamente sussurrate. A quanto pareva la maggior parte dei presenti non era lí per fare un omaggio all'ex ministro, come alla sola apparenza sembrava, ma cercavano qualcosa in piú. « Se colpissi con un bombarda la Rothschild, nessuno di loro se ne accorgerebbe. Per questo l'umanitá fa schifo, perchè l'essere umano sa approfittarsi di ogni occasione per i propri interessi» La biondina che gli capitó di fianco per puro caso, era rimasta momentaneamente sola, ed Hades aveva colto l'occasione per esprimere un concetto che non fosse un semplice grugnito ad alta voce. Il ritratto che troneggiava vicino al banchetto principale, sembrava essere completamente ignorato. « Tu invece non hai interessi da sistemare? Potrei dubitare della tua umanitá » Proferí in modo del tutto sarcastico, tentando, almeno cosí, di far abbassare i sospetti sulla sua presenza e trovare l'occasione giusta per poter finalmente evadere.

    Autoinvitato (?) che ha interagito con Ophy, Greg e Betty
    ps. Se interagiste con Hades pure senza conoscerlo fottesega, mi rendete solo happy <3


    Edited by Not today‚ Satan. - 25/11/2018, 15:04
     
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    « Chiunque sia stato, sicuramente si trova qui dentro. Nessuno al di sotto avrebbe mai potuto volere la testa di Valerie. Il suo consenso era alle stelle. » Annuisce, Beatrice, essendo piuttosto convinta a sua volta che da qualche parte c'è una crepa. Qualcuno sta giocando a un gioco decisamente pericoloso. Forse stanno addirittura cercando di depistarci. Il Patto dei Vertici, come spesso veniva definito dai complottismi di primo ordine, non si era mai trovato a gestire una crisi tanto pesante. Era ufficialmente senza un Ministro della Magia, un governo provvisorio incapace di gestire la situazione; il corpo Auror era ufficialmente sprovvisto di un Capo Auror - almeno fino all'inizio della settimana seguente. E per lo più l'economia era impazzita già nelle prime ore dalla notizia della scomparsa prematura di Valerie. « O gli altri troveranno voi! Ben trovati, miei cari. Speravo in circostanze meno.. sgradevoli, ecco. » Saluta Greg Olivander mostrandogli tutto l'affetto e l'amicizia che ormai li lega. Non è solo un alleato di Inverness ormai da anni, ma si è anche dimostrato più che propositivo nel supportare Beatrice sin da quando ha accettato la posizione di capo dei servizi segreti. Grazie a lui, è stata in grado di immettere nel sistema nuovi metodi che potessero coadiuvare gli agenti sul campo. Un affare quello che aveva giovato ad entrambi e li aveva visti collaborare a stretto contatto più e più volte. Percy viene allontanato con un certo fervore pochi istanti dopo, mentre Beatrice dal canto suo si posiziona alla destra del biondo, non senza osservare la scena che coinvolge la Potter e suo marito per qualche secondo. « Abbiamo ancora esattamente.. dodici minuti e mezzo per parlare di frivolezze. E a proposito di frivolezze, non ho sentito Ophelia. Verrà? Dovremo sì discutere di massimi sistemi ma si tratta pur sempre di una festa! Quando mai si è vista una festa senza un Lancaster? » « Percy l'ha sentita prima e sembrava piuttosto.. fuori di sé. » Potrebbe essere altrimenti? In compenso Greg sembrava piuttosto tranquillo, segno che, il suo esser sempre stato in affari gli aveva conferito abbastanza sicurezza da mostrarsi lapidario anche in una situazione di tensione massima. « Spero che la Olivander Industries non stia accusando troppo questo imprevisto. Posso assicurarti che stiamo facendo del nostro meglio per attutire il colpo. » Si porta il bicchiere alle labbra e proprio in quel momento, i suoi occhi incontrano quelli di niente meno che Dean Moses. Un sorriso sbarazzino compare sul suo volto non appena si salutano. Tra Dean e Tris nulla è cambiato negli anni. Nonostante i loro impegni si sono ingranditi considerevolmente, lei andava a trovarlo come un tempo, si buttava sul suo divano con una birra, e parlavano di massimi sistemi addolcendo le serate tra amici con un tocco di allegria in più. Dean rappresentava forse la sua ancora all'estrema giovinezza, e per questo, non poteva essergli più grata. « Dipende dal Lancaster. Piuttosto mi chiedo se anche Malia e Sam verranno. E' da un po' che non vedo entrambi, e una bella reunion mi farebbe comodo per mandare giù la pessima circostanza che la permette. Sempre che non si trasformi in un ricevimento genitori-insegnanti non ufficiale. Lì leverei baracca e burattini. Cosa che mi fa ricordare..qualche giorno fa un furbone di cui non farò il nome si è fatto confiscare una bustina d'erba. Buona, garantisco, il ragazzo ha buon gusto. Cercavo giusto l'occasione giusta per un buon uso ricreativo. Che ne dite? Ci farebbe comodo distendere un po' i nervi, come ai vecchi tempi. » Scoppia a ridere a quelle parole e scuote la testa mentre in scena compare un'Ophelia piuttosto audace, tanto per cambiare. Si separa dal braccio di Greg, mentre alla compagnia si uniscono Olympia e Rud che saluta con un grande sorriso. « Ahh, hai ragione. L'erba di Jay rimane sempre la migliore tra quelle che confisco giornalmente. In tutta sincerità, ho come il sentore che sia mio fratello James a fornirgliela, sottobanco. Buon sangue non mente mai. » Storce il naso a quelle parole, sollevando un sopracciglio di direzione di Dean. Sul serio? Scuote la testa mentre affoga la voglia di uscire e riprendere Jay Potter per le orecchie prendendo un altro sorso di champagne, indicando poi sia Olympia che Dean con aria accusatoria. « Attenti a voi. Percy è pronto a citare in giudizio quel piccolo delinquente per violazione di domicilio dopo averlo sorpreso scappare dalla finestra della stanza della luce dei suoi occhi un paio di notti fa. Quindi eviterei il discorso. » E nemmeno io sono poi molto tranquilla. Considerando il soggetto. « Siete due sporchi traditori. Elizabeth si vede con Jay Potter e nessuno mi dice niente. Tu soprattutto.. » E dicendo ciò indica Dean. « ..non farmi nemmeno cominciare. » Bravi insegnanti; non avrebbe pensato di poter riporre i propri figli in mani migliori, ma per quanto riguardava le vite private dei propri pargoli, sembravano tombe murate. A sedici anni la vita privata non esiste. Sia chiaro! Non a casa mia. Una gerarca nazista fatta e finita. Mentre i discorsi vanno avanti, la sua attenzione venne attirata da colui che tra un paio di giorni sarebbe diventato il nuovo volto su tutte le prime pagine. « Scusatemi. »

    « Ancora non ho detto a Mun della mia nuova..posizione. Intendo metterla al corrente stasera, ma voglio che lo sappia da me. Quindi ecco, tu non dire nulla. » Prima ancora che potesse congratularsi con lui, Albus Codadipaglia Potter la precede, obbligandola ad annuire in tono sommerso, mentre con la coda dell'occhio spia il resto della sala. « Nessun problema. E.. congratulazioni. Hanno fatto una scelta saggia. » Asserisce in tono sommerso senza aggiungere altro. Un tempo Beatrice avrebbe fatto qualche commento sarcastico in merito, ma man mano che era andata avanti, aveva compreso che il rapporto tra lavoro e vita coniugale non solo poteva risultare un conflitto di interessi non indifferente, ma era anche piuttosto complicato conciliarle. Trovare un equilibrio era uno sforzo titanico tanto quanto l'arginare il danno della morte di un Ministro della Magia. Prorogato all'infinito. « Comunque, se ti va, lunedì potremmo incontrarci in luogo neutrale per discutere la faccenda. Ciò che è successo a Valerie puzza di marcio, e voglio mettermi al lavoro il prima possibile, con una squadra di persone fidate. » « Certo. Hai tutto il mio supporto e tutte le risorse di cui avrai bisogno. Tenterò di agevolarvi la strada il più possibile. » In fondo Beatrice era diventato ciò. Una specie di ragno tessitore. Sentiva e vedeva più di quanto avrebbe voluto, si occupava delle situazioni estremamente spinose, ma per lo più, le questioni erano gestite dalle varie divisioni del Ministero. Non sarebbe potuto essere altrimenti; l'Intelligence sfuggiva spesso alle dinamiche legali, perché segreta, e proprio per questo, doveva intervenire soltanto quando estremamente necessario per non svilire la legge stessa. Quel confine, Beatrice lo aveva capito bene, ma sulla morte di Varlerie, il dipartimento non avrebbe avuto modo di sottrarsi nemmeno se lo avesse voluto. Vengono raggiunti da Nathan Douglas che saluta con un cenno del capo. « Beatrice. Due parole? In privato? » « Quando vuoi raggiungermi, mi trovi con gli altri. » Annuisce prima di lasciarsi condurre il più lontano possibile dalla folla.

    La serietà che contraddistingue quel discorso, riesce a metterla sulla difensiva. Negli anni, Nathan e Beatrice hanno smesso di farsi la guerra, ma questo non significava che tra loro la velata pattina di sarcasmo e frecciatine si sia mai interrotta. La serietà con cui affrontava il discorso che stava per proporle, era quindi preoccupante. Il testamento di Valerie. Compromesso. Assottiglia lo sguardo nell'ascoltarlo, incrociando le braccia al petto. « Ho controllato personalmente tutti i registri, e nessuno ha avuto accesso a quella camera da due mesi, quando ha richiesto Valerie stessa di entrare per un versamento. Capisci che questo è un problema. » Annuisce; lo sa bene, e condivide appieno le sue preoccupazioni. La Gringott è una pietra millenaria della loro società. « Valerie si è comportata in modo assai strano ultimamente, non trovi? » Asserisce di scatto guardandosi attorno per assicurarsi di non essere sentita da nessuno. « Prima la legge finanziaria, poi la mancata presa di posizione su quella brutta storia dell'ex Capo Auror.. per non parlare del taglio di risorse su certi dipartimenti. » Sospira affondo. « Il mese scorso sono passata alla Gringott a effettuare le transazioni per le risorse necessarie al dipartimento e.. » Si stringe nelle spalle. « Il budget era dimezzato. Tu gestisci tutte le risorse statali assieme alla Tesoreria di Stato. Hai avuto modo di dare un'occhiata sui conti? » L'ipotesi è piuttosto evidente di fronte a quelle affermazioni. Qualcuno sta tentando di sabotarli. E chiunque esso sia, è giunto ad avere in pugno la firma del Ministro della Maglia. Un Ministro voluto fortemente da tutti loro. Sempre se non è stata la stessa Valerie a ingannarci tutti. A quel punto non escludeva alcuna ipotesi. « Ho bisogno di sapere cosa è successo lì dentro, se davvero è entrato qualcuno e come ha fatto, in quel caso. Gli Incantesimi di Rivelazione non ci hanno detto nulla. Confido nella tua riservatezza, Beatrice. Sai bene anche tu che, se si venisse a sapere in giro, sarebbe un guaio per tutti quanti. » E' una faccenda delicata. Va gestita con prudenza. Annuisce quindi sospirando affondo. Si umetta appena le labbra dopo aver assaporato un altro sorso dal proprio flûte. Un'altra idea si annida nella sua mente. « E se.. se fosse stata la stessa Valerie? Voglio dire, Nathan. Abbiamo controllato i sistemi di sicurezza della Gringott non più lontano di sei mesi fa. Tutto funzionava alla perfezione. Un'intera squadra ci ha messo la firma sulla quasi completa impenetrabilità della banca. » Per non parlare del mio sigillo apposto sulla garanzia di sicurezza. Scuote la testa piuttosto preoccupata. Non è solo una questione di immagine pubblica della banca. E' anche questione delle eventuali responsabilità non adempiute che potrebbero stroncare il suo intero dipartimento così come le dite di cui si è avvalsa la Gringott per assicurarsi della totale e corretta operatività dei sistemi della banca. Il 99,7% era più di quanto la banca avesse mai ottenuto in materia di sicurezza. Prima del benestare alla collaborazione con le Olivander Industries, e prima dell'incarico di Beatrice, si erano avvicinati a malapena al 98%. Abbiamo compiuto un miracolo.. un miracolo decisamente dispendioso. « Verrai col tuo team a verificare? Possibilmente stanotte. Se davvero qualcuno ha violato la camera blindata di Valerie, prima della sua morte, allora le cose che non quadrano sono troppe. E non c'è tempo da perdere. » « Senz'altro. » E proprio mentre è sul punto di congedarsi, ecco che i problemi si moltiplicano. La partita a scacchi che stanno giocando sembra molto più intricata di quanto pensasse. « Vi ruberò solo alcuni minuti del vostro tempo, poi vi lascerò alla vostra discussione. Questa notte si è risvegliata una delle profezie dell’ufficio misteri, non ne ho ascoltato il responso, ma credo vi interessi sapere che erano state date indicazioni precise sul suo trattamento. Non c'è un nome che attesti colui che ha dato l'oracolo, ma la profezia fu legata anni fa alla morte di una Rothschild, la prima Rothschild a diventare ministro della magia.. Le indicazioni avvertono che la profezia sarà udibile solo quando il vertice magico londinese si sarà riunito. » Pride Faulkner lo conosce piuttosto bene. Non nel suo vissuto personale, come non conosce molti altri da vicino, ma conosce la sua professionalità e l'incredibile contributo dato all'interno dell'Ufficio Misteri. Lo sguardo si solleva in quello di Nate osservandolo con una certa nota di sospetto. Troppe cose non quadrano. « Non esiste.. ufficialmente.. un vertice magico londinese. » Puntualizza una cosa piuttosto ovvia, che non ha certo lo scopo di contraddire Pride, quanto piuttosto puntare il dito in una direzione ben precisa. « Il che significa che sta puntando noi. » Uno sguardo eloquente ad entrambi, lasciando loro intendere di parlare proprio di quello. Del loro comune gioco del controllo dell'equilibrio all'insaputa dei più. « Non possiamo chiamare la riunione finché non avremmo un quadro chiaro della situazione. » Dice infine rivolgendosi a entrambi con uno sguardo piuttosto eloquente. E' troppo rischioso. Ci sono troppe cose che non capiamo fino in fondo. « Seguitemi. »

    Si comporta in maniera del tutto naturale. Sorride, saluta chi sta ancora arrivando, finché non si ritrova in mezzo a un gruppo piuttosto assortito che conta i fratelli Potter, Elizabeth Donovan e Hades Fudge più in disparte rispetto agli altri. « E' una serata incantevole. Propongo di spostarci sul terrazzo. C'è decisamente troppa gente qui. » E dicendo ciò getta uno sguardo eloquente a tutti i presenti. Tutta gente fidata che non solo può aiutare, ma di cui si fida ciecamente. « Betty! Che piacere rivederti! Come stai? A quando il lieto evento? » Le sorride con gentilezza mentre stringe la sua mano con delicatezza, guidandola al seguito degli altri verso il terrazzo, afferrando dal vassoio di un cameriere di passaggio un altro bicchiere, queste volta di scotch. E infine il suo sguardo si concentra su Sirius Potter, non appena il gruppo si trova lontano sul terrazzo, avvolto nella notte di un novembre decisamente poco gentile.
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    « Abbiamo un problema. E' mai successo che una profezia venisse forzata? Perché credo che ne abbiamo bisogno. » Lo sguardo passa dal giovane Potter su Nathan, che ormai è a conoscenza di tutto, poi su Pride e infine sulla sua valigetta, che gli indica con un accenno del mento. « Ciò che contiene quella valigetta, pare si debba dischiudere non appena noi ci riuniremo, ma di fronte a tutte le cose che sto apprendendo mi sembra un salto nel buio. » Non siamo provvisti della sicurezza delle squadre di cui ci fidiamo, abbiamo una probabile violazione in piena regola di una camera blindata alla Gringott, un Ministro morto in circostanze misteriose e un tentativo sin troppo insistente perché una veglia funebre riservata agli amici stretti si trasformi in una vera e propria festa per tutti i maggiori esponenti del mondo magico. Tutte quelle parole le dice a bassa voce, affinché solo il gruppo lì riunito possa sentirlo. « Quindi vorrei sapere che cosa ha da dire quella palla di vetro, prima di veder scendere di sotto anche solo uno di noi. » Troppe coincidenze tutte insieme. « Con discrezione. E lontano da qui. » Inizia a guardarsi attorno. « Io tenterò di ritardare la riunione. Albus? Ci stai? » Lo sguardo intercetta quello del neo Capo Auror, prima di afferrarlo per un braccio pronta a rientrare con la stessa naturalezza con cui sono usciti un po' per uno su quell'ampio terrazzo. « Le cose si stanno mettendo male. » Asserisce guardando l'orologio che porta al polso. « Tra otto minuti tutti i nostri inizieranno a scendere al piano di sotto. » Ma non possiamo. Stiamo nuotando in acque che in fondo non conosciamo più. Questa non è più casa di Valerie. Sempre se è mai stata una persona di cui fidarsi. « Ma in otto minuti nessun Indicibile riuscirà a forzare una profezia quindi.. » Dobbiamo guadagnare tempo. « Ci serve un diversivo. Qualcosa che tenga incollati tutti qui per adesso. » Volge lo sguardo direttamente verso l'ormai Capo Auror. « Forse un lungo brindisi di promesse elettorali da parte del nuovo Capo Auror? » Sa bene, Beatrice che non fa per Albus, ma.. « Non ho altre idee. » Quindi se tu ne hai, è il momento di vuotare il sacco.

    Prima parte: interagito con Percy, Greg, Dean e Olympia; nominato Rudy;
    Seconda parte: interagito con Albus;
    Terza parte: interagito con Nate e Pride;
    Quarta parte: interagito con Betty, Sirius e Albus; nominati Nate, Pride e Hades;


     
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