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    Gli ultimi sprazzi di luce prima dell'arrivo dell'inverno si fanno spazio attraverso una coltre di nubi biancastra che preannuncia da lì a poco l'arrivo di una neve fitta che imbiancherà completamente i verdi territori scozzesi. Hogwarts d'inverno è bellissima. Alcuni dei migliori ricordi che James Potter abbia qui dentro, sono tutti incastrati in questo periodo. I paesaggi, la fibrillazione prima delle feste, le gite a Hogsmeade che si infittiscono, la preparazione dei primi regali, l'imminente inizio della lunga vestizione del castello che lo impreziosisce con migliaia di luci e colori. Hogwarts è cambiata. E' diversa. Ma in un certo qual modo la scuola è rimasta la stessa, mantenendo il suo spirito millenario di sopravvissuto per eccellenza. I Potter in particolar modo vivono immersi nelle sue tradizioni sin dalla propria nascita. Racconti di ogni sorta hanno caratterizzato la loro infanzia, prima ancora di aver avuto la possibilità anche solo di poter immaginare come fossero fatti quei mattoni, prima ancora di comprendere l'importanza e l'imponenza di ciascun dettaglio che assembla la storia di quel luogo. Ed è con quell'orgoglio che James attraversa il salone di ingresso seguendo un percorso che conosce a memoria e che ha compiuto migliaia di volte nei suoi sette anni passati a indossare i colori di Godric. E' un sabato mattina piuttosto fiacco. Molti si sono già spostati a Hogsmeade, altri ancora si dirigono verso le aule studio, ma lui, James, rema dritto verso il settimo piano dove, ha dato appuntamento al fratello. Non si è sentito particolarmente in colpa nel sottrarlo da qualche ora di vacanza, seppur sapesse che Sirius adorasse le gite a Hogsmeade. P.S. Ti sarai liberato prima di pranzo, così potremmo andare a sfondarci ai tre manici. Questa una delle poche cose che gli aveva scritto. Un biglietto sommario e disordinato che preannunciava niente di meno che l'inizio di uno di quei momenti da terrorismo psicologico che tanto piacevano a James. In casa era il più grande, e i più piccoli, da vero gallo nel pollaio, li aveva sempre un po' terrorizzati. Aveva dato loro fastidio, li aveva sempre presi in giro e aveva esercitato con forza la sua superiorità da fratello maggiore, ma in fondo, guai a chi toccasse i suoi fratellini più piccoli. Giunto di fronte alla Signora Grassa, si schiarisce la voce ed esordisce la parola d'ordine che si è fatto dire da una Grifondoro del quarto anno poco prima di mettere piede a Hogwarts. Tra se e se era scoppiato a ridere di fronte al palese balbettare e il timido arrossire della biondina. Le sue amiche invece, gli avevano chiesto un autografo, e lui, in tutta risposta, per infondere coraggio anche alla sua salvatrice - Melanie - aveva sottotratto da sottobraccio il taccuino di lei, scrivendole una di quelle frasi motivazionali ridicole e scontate, firmandola velocemente. Umiltà e discrezione non erano certo le sue parole d'ordine, ma in fondo aveva altre qualità che riuscivano tranquillamente a celare il suo egocentrismo. Era estremamente attaccato alla famiglia, protettivo e decisamente troppo emotivo nei loro confronti. Ed è proprio per via di quella gamma di emozioni che James aveva deciso di riservarsi un po' di tempo tanto con Albus che con Sirius. Dopo il Lockdown, si era allontanato. Aveva continuato a farsi gli affari suoi, piuttosto che impegnarsi nella crescita e il funzionamento di Inverness, ed era approdato nelle città solo verso la fine, quando ormai non aveva avuto altra scelta e quando Sirius era scomparso. Solo quell'evento aveva fatto scattare il suo spirito di responsabilità, come se prima di allora James fosse convinto che per tutto il resto, i suoi se la sarebbero cavata anche senza di lui. E per questo, si era sentito non poco in colpa, soprattutto perché, nonna Molly non faceva nulla per smettere di fargli pesare quanto fosse stato idiota a fare il motociclista imprudente in giro per il paese assieme alla ormai consolidata banda che l'aveva preso sotto l'ala protettiva una volta annullato il campionato. Ha fatto cose stupide James, rifornendo il Burlesque, dandosi alla pazza gioia in un mondo desolato e approfittandosi della mancanza di regole e leggi che potessero impedirgli di fare qualunque cosa desiderasse. Per un po' era semplicemente sfuggito, per il semplice gusto di smettere di essere James Potter anche solo per un po'. Gli aveva fatto bene, finché aveva smesso di fargli bene. Perché in fondo, da se stessi non si scappa mai. Non aveva certo interrotto i contatti con la famiglia, e non si era reso irreperibile, ma piuttosto aveva deciso di non prendere residenza assieme a loro, lavandosi così in parte di responsabilità che non sembrava facessero al caso suo. Stupido. Incredibilmente stupido.
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    « Toh! L'uomo del momento! » Asserisce non appena lo vede. Lo saluta con una delle tipiche strette di mano complicatissime degne dei fratelli Potter e si getta su una poltrona lasciando cadere pesantemente la scatola che ha sotto il braccio sin da quando ha lasciato casa sua. Lo osserva con attenzione mentre un sorriso leggermente ambiguo si espande sul suo volto. Gli occhi chiari si precipitano istintivamente a osservare la spilla che ha appuntata sul maglione di lana. La stessa che ha portato lui e che poi è passata prima a Erik Marchand, poi a Beatrice Morgenstern per poi finire appuntata sul petto di Fred. Una lunga tradizione di cui James andava molto fiero. Essere eletti Caposcuola della propria casata significa crescere. Seppur in quel suo ultimo anno avesse sminuito agli occhi degli altri tremendamente quel compito, non era mai stato più felice di così. E' un grande onore essere il primo dei figli di Godric. « Con tutto il casino del campionato appena iniziato io e te non abbiamo avuto modo di parlare di cose importanti. » Dobbiamo parlare.. una di quelle cose sopra le quali lui, Albus e Sirius ci hanno sempre riso sopra, salvo poi interrompersi non appena Olympia passava di là, convinti che la ragazza non avrebbe mai capito per quale ragione trovassero tutto ciò così divertente. Non lo capisce perché è donna, mi sembra ovvio - diceva sempre - lei il "dobbiamo parlare" ce l'ha nel codice genetico. E giù di nuovo di risate. « Tra parentesi il 20 abbiamo la partita contro i Tutshill Tornados. Tutti invitati. Sarà un grande evento; gli allenatori ci fanno il culo questi giorni. » La prima partita tra i Falcons e i Tornados è sempre un grande momento. Due grandi squadre a confronto. Una delle partite che frutta di più in tutto il campionato con il sold out dei biglietti e due tifoserie decisamente violenti che si scontrano a colpi di slogan e manifesti ogni volta più fantasiosi di quella prima. « Se vinciamo, papà quest'anno come minimo deve lasciarmi l'onore di affettare il tacchino, perché direi che pure basta. Una volta conquistato il titolo di nonno perdi automaticamente la prerogativa di capo famiglia. » Scoppia a ridere, dando una pacca sulla spalla del fratello. Sono cambiate decisamente tante cose, ma almeno io e te, siamo ancora più o meno scapoli. « Allora, da ex Caposcuola dovrei farti tutto il discorso sui diritti e i doveri blablabla, ma in realtà probabilmente farai un lavoro migliore del mio, anche solo perché non appena ti servono una fetta di torta diventi così iperattivo da poter reggere ronde di otto ore filate. » Scuote la testa, prima di gettare lo sguardo in quello del fratello. E' orgoglioso di lui, di quello che sta facendo, di come si sta comportando. Durante il Lockdown è stato sempre presente, ha aiutato chiunque avesse bisogno di aiuto e non si è mai tirato indietro da niente. Aveva provato un terrore impressionante quando lo aveva trovato durante le interminabili ricerche nei pressi di Hogsmeade in coma, accanto a due cadaveri e un cugino presumibilmente dato per morto. E ora, saperlo nuovamente in salute, sereno e oltretutto pure all'apice del suo successo accademico, lo rendeva quanto meno tranquillo e lieto di sapere che la sua famiglia era ancora intatta. A quel punto allunga la scatola sotto il naso di Sirius. « Avanti, aprila! » Asserisce senza troppe cerimonie, assottigliando appena lo sguardo mentre un sorriso malandrino si allarga sul suo volto. Durante gli anni James si è guadagnato in casa la fama di colui che meglio di tutti sapeva sottrarre oggetti dall'ufficio del padre. Prima gli specchi, poi la mappa, e poco dopo il mantello. Harry aveva sempre saputo dove stavano i suoi più preziosi oggetti; sapeva fossero in famiglia, e sapeva che in un modo o nell'altro, se lui aveva avuto l'onore di utilizzarli spesso anche per scopi non prettamente eroici, non c'era motivo per cui i figli non potessero fare lo stesso. « Mi raccomando, prudenza. Non puoi parlarne con chiunque e non puoi lasciare che te la confischino. Sarebbe un dramma per i nostri figli, nipoti, figliocci e compagnia ballante. » Si stringe nelle spalle con naturalezza. « Però in fondo ho pensato fosse tempo di passare il testimone. » Papà mi ucciderà. Di nuovo. Ma ne vale la pena. I Potter, Howarts e il mantello dell'invisibilità erano tutti legati a doppio filo. « Servirà più a te qui dentro che a me là fuori. Ma non garantisco che non verrò a riprendermela qualche volta. Fa un sacco comodo con quelle sanguisughe dei paparazzi. »




    Edited by blue velvet - 18/12/2018, 12:23
     
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    « Yo Budi, ciao! ...seeeenti, ti devo dire una cosa.. » Così, nel peggiore dei modi, era iniziata la telefonata a Judah, durante la quale Siri non aveva fatto altro che assumere un'espressione corrucciata e colpevole, pur sapendo che nessuno potesse vederla. Faceva su e giù per la sua stanza, alla torre di Grifondoro, avanti e indietro finché il ragazzo dall'altra parte del telefono non aveva risposto: da allora, era rimasto immobile a fissare un punto imprecisato fuori dalla finestra. Da qualche parte, laggiù a Hogsmeade, stava per scoppiare una bomba alimentata a palle girate. « Hai presente quella cosa che dovevamo fare stamattina, per via del fatto che posso uscire dal castello solo nel weekend perché sono un bamboccio senza diploma? Ecco.. e seee per via puramente ipotetica.. il nostro appuntamento saltasse? ...no non ho di meglio da fare, è che mio frat.. mi lasci parlareee? Mio fratello deve passare a Hogwarts e.. sì.. sì.. Jude puoi evitare di.. cioè.. ma è mio fratellooo! No che non gli dico di no! ...lo so ma non gli dico di nooo ho dettoooOoOo! Ma non ci possiamo vedere stasera? ..lo so che te l'avevo chiesto io.. uff la smetti di rinfacciarmi le cose? Ma cosa c'entra ora, sono passati 2 mesi!! No che non è una ripicca! Ascò basta ora chiudo.. no non ti sto sbattendo il telefono in faccia, ti ho avvisato che sto chiudendo! ..ma se ti avviso non lo sto facendo! AAAAAAAA JU'!! NE PARLIAMO DOPO OK CIAO. » Sirius e Judah stavano facendo i conti con una relazione agli esordi, in cui nessuno dei due sembrava particolarmente ferrato: da una parte, c'era un ragazzo estremamente geloso e possessivo, dall'altra un altro fedele ma incredibilmente sbadato che non sapeva mai se stesse per toccare corde delicate, capace di far esplodere l'altro. I battibecchi erano pressoché all'ordine del giorno ma, chissà come, si riusciva a risolvere sempre la situazione e a portare a casa momenti felici. Qualche giorno prima, Siri gli aveva chiesto di tenersi assolutamente libero per pranzo, per poter andare a mangiare in quella nuova paninoteca che faceva una gara di abbuffate: se riesci a mandare un hamburger di 3 kg e mezzo contenente tra le altre cose patatine e anelli di cipolla fritti, non paghi la consumazione e vieni inserito nella Hall of Fame del locale! Idea sciocca in partenza, quella di portarci proprio Judah, ma a Sirius poco importava del fatto che il suo ragazzo amasse mangiare perfino i crostacei con le posate d'argento: voleva lui e voleva passarci del tempo insieme. Ciò che però non aveva tenuto in considerazione era la carta imprevisti, che nientemeno che James aveva deciso di mettere in atto. Di punto in bianco, come amava fare lui, si era fatto sentire intimandogli di tenersi libero nelle ore prima del pranzo, con la promessa di uscire poi a mangiare insieme. Fosse stato qualcun altro, chiunque altro, Siri avrebbe semplicemente declinato l'invito con la scusa di essere già impegnato ma con James, semplicemente non poteva. C'era sempre stato un rapporto controverso tra il più giovane e il più vecchio dei fratelli Potter, fatto di differenze incolmabili e tangenze incredibili. A pensarci bene, Sirius era molto più simile a James di quanto non fosse Albus: se quest'ultimo era riflessivo, James aveva la stessa verve della dinamite pronta ad esplodere, qualcosa che nel suo piccolo poteva vantare anche Sirius. James però era fatto di tutt'altra pasta, aveva una scorza molto più dura rispetto al fratellino. Forse questo aveva fatto diventare il maggiore dei Potter una sorta di idolo, agli occhi di Siri: egli non ambiva certo a diventare un giocatore professionista di quidditch o un centauro della strada o ancora un attaccabrighe di prim'ordine qual era James, gli bastava semplicemente avere anche solo la metà del suo coraggio e della sua intraprendenza. Non era un caso se gli era stato affibbiato il nomignolo di Paperella, cosa che nessuno si sarebbe mai sognato di fare con suo fratello. James non era né una paperella, né un cigno né qualche altro volatile starnazzante, quanto più un predatore pronto a tirar fuori le unghie nel momento del bisogno. Aveva commesso degli errori, forse - almeno a sentire nonna Molly, secondo la quale suo nipote si trovava in una cella di Azkaban ogni volta che faceva ritardo al pranzo della domenica! - ma questi non intaccavano il profondo rispetto che Sirius aveva di lui. Ecco perché neppure pensò di negargli quella visita, era disposto piuttosto a battibeccare con Jude.

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    L'appuntamento era nella sala comune di Grifondoro, svuotatasi per via del weekend che vedeva tutti gli studenti a spasso per Hogsmeade. Era da tanto, tanto tempo che non passava del tempo con James, tanto che saltò in piedi come una molla quando lo vide oltrepassare il ritratto della Signora Grassa. « Toh! L'uomo del momento! » Gli va incontro per salutarlo, alla loro maniera. Niente abbracci ma un intricato codice di gesti sviluppato nel tempo. Schiaffo, schiaffo, pugno in giù, pugno in su, pugno in avanti, swiiiissshhh! Gli occhi del fratello non poterono che andare alla spilla che lui stesso aveva ricevuto, durante il suo ultimo anno a scuola. Una sorta di tradizione di famiglia. « Ancora non ci credo, mi sembra.. tipo.. boh! Superstrano. » Era passato dall'essere un ragazzino che deve rendere conto a mamma, ad un giovane uomo che vive da solo nella casa di famiglia a Londra, a caposcuola a Hogwarts. Se solo ripensava al sé stesso della festa di liberazione a Hogwarts, quello sciocchino che aveva ingurgitato una Pozione del Genio e che aveva intimamente desiderato di diventare grande, quasi gli veniva da ridere. Ora grande ci sto diventando davvero. Lo invitò ad accomodarsi sul divanetto davanti al camino, nel quale scoppiettava un fuocherello vivace. Quella non era più la sala gelida e buia del lockdown, aveva ripreso vita, era tornata ad essere casa. « Con tutto il casino del campionato appena iniziato io e te non abbiamo avuto modo di parlare di cose importanti. » ...occacchio. Lo sa? Sirius sgranò gli occhi, quasi impaurito, di fronte a quelle parole. Cosa mai ci sarebbe potuto essere di così tanto importante da traghettare un giocatore impegnato come lui fino a Hogwarts? Sa di Jude. Oddio, sa di Jude. Jude mi ammazza. Ma come ha fatto? Posso scappare? E se mi buttassi dalla finestra? « Tra parentesi il 20 abbiamo la partita contro i Tutshill Tornados. Tutti invitati. Sarà un grande evento; gli allenatori ci fanno il culo questi giorni. Se vinciamo, papà quest'anno come minimo deve lasciarmi l'onore di affettare il tacchino, perché direi che pure basta. Una volta conquistato il titolo di nonno perdi automaticamente la prerogativa di capo famiglia. » James rise di gusto e Sirius, istintivamente, rise con lui: con un tono di voce più alto e affettato della norma, forse un po' istericamente, ma almeno rise. Non era pronto ad un momento simile, davvero non era pronto. « Quindi mi stai dicendo che, da ora in poi, dovrò chiederla a te la paghetta? Voglio un aumento allora! » Svicola, Siri, svicola! Fai finta di nulla, non mettere le mani avanti, se inizia a parlare di Jude tu fa finta di non sapere l'inglese. Cadi a terra e fingiti morto. Fortunatamente, però, un piccolo sospiro di sollievo gli sfuggì quando il fratello iniziò a parlare di tutt'altro. « Allora, da ex Caposcuola dovrei farti tutto il discorso sui diritti e i doveri blablabla, ma in realtà probabilmente farai un lavoro migliore del mio, anche solo perché non appena ti servono una fetta di torta diventi così iperattivo da poter reggere ronde di otto ore filate. » Il che era tremendamente vero, motivo per cui non faceva mai ronde notturne senza un paio di cioccorane in tasca. Ed era altrettanto vero che, forse, James Potter non sarebbe stato annoverato tra i Capiscuola migliori che Grifondoro avesse mai avuto: era quello il motivo per cui non si era rivolto a lui per avere lezioni di Caposcuolanza - figurarsi a Fred, se possibile era stato anche peggio - ma aveva puntato gli occhi su Beatrice Morgenstern. Cioè, la chiamano tipo la nazista ma almeno ci sa fare! E poi a me non sembra così cattiva, ha pure organizzato la festa qualche settimana fa, è stato molto divertente! Secondo me è solo un po' incompresa. Fu a quel punto, senza aggiungere altro, che il fratello gli porse una scatola che si rivelò leggera. La scosse appena, ma nessun rumore particolare ne venne fuori. « Avanti, aprila! » Sirius aveva la curiosità alle stelle, motivo per cui scartò velocemente l'"imballaggio" e aprì piano piano la scatola. Al suo interno, trovò qualcosa che lo lasciò confuso: un drappo di uno strano tessuto simile alla seta, liscio al tatto ed estremamente leggero, con una bislacca fantasia. Qualcosa che, fosse stato un semplice indumento, non avrebbe indossato neppure sotto tortura - o forse sì, conoscendo i propri gusti bislacchi? Ma quello non era un semplice indumento. « ....non è vero. Non ci credo. NON. CI. CREDO. NOOOOOOOOO! » Schizzò in piedi, gettando letteralmente la scatola sul divano per estrarre quello che si rivelò essere un lungo mantello. Da bravo Potter, sapeva che in famiglia esistevano degli oggetti assai particolari e sapeva che erano finiti nelle mani più leste dei fratelli più grandi. Siri, al tempo poco più che un marmocchio, non aveva avuto niente in mano e, dopotutto, non aveva neppure preteso niente. « Cioè ma quindi.. tipo.. mi stai dicendo che.. mezzo me lo stai passando? » Con la bocca che proprio non riusciva a chiudersi dallo stupore e la meraviglia, Siri si guardò circospetto a destra e a sinistra, verso il buco col ritratto e verso le scale dei dormitori: non c'era nessuno nei paraggi, cosicché decise di avvolgersi sulle spalle il mantello dell'invisibilità. Non rimase altro che una testa fluttuante. « Mi raccomando, prudenza. Non puoi parlarne con chiunque e non puoi lasciare che te la confischino. Sarebbe un dramma per i nostri figli, nipoti, figliocci e compagnia ballante. Però in fondo ho pensato fosse tempo di passare il testimone. » Annuì talmente violentemente che per poco la testa non gli si staccò come quella di Nick-Quasi-Senza-Testa. Se lo sfilò per rimetterlo dentro la scatola, prima che qualcuno - perfino lo stesso Nick - potesse sorprenderlo. « Prometto che ne avrò un sacco cura e che lo userò per cose super fiche e che non lo perderò assolutamente dopo due giorni! Promessissimo! » Probabilmente erano paure che almeno una volta erano passate per l'anticamera del cervello del fratello, che conosceva il suo pollo. Eppure, aveva deciso di dargli fiducia. Forse sto davvero crescendo. Fico! « Servirà più a te qui dentro che a me là fuori. Ma non garantisco che non verrò a riprendermela qualche volta. Fa un sacco comodo con quelle sanguisughe dei paparazzi. » Si sedette di nuovo accanto a lui, tenendosi la preziosa scatola in grembo. Già pregustava tutto ciò che avrebbe potuto fare, coperto dal mantello dell'invisibilità: qualcosa degno del loro rango. « Okkey, quindi.. non me lo stai dando tipo eredità perché hai intenzione di sparire, vero? » Al contrario, questo era stato uno dei pensieri più frequenti nell'anticamera del cervello di Sirius. « Cioè.. ora le cose vanno alla grande e.. mi sembra che tutto sia a posto. E ok, il campionato, ovvio che vengo a fare il tifo! Ma.. se tipo avessi bisogno di parlare.. o di mangiare qualcosa o dire cazzate.. ti troverei? » James era l'uragano della famiglia, imprevedibile. James era quello che non aveva una casa, che stava ovunque e in nessun posto. Quell'ovunque, soprattutto nell'ultimo anno, era stato spesso molto lontano dalla famiglia. Siri sapeva che il fratello non era tipo da smancerie, non lo erano entrambi, non era un rapporto di quel tipo. « La bimba è in arrivo e Albus non è che avrà tempo.. Olympia chi la vede più.. ho bisogno di te J. »

     
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    « Quindi mi stai dicendo che, da ora in poi, dovrò chiederla a te la paghetta? Voglio un aumento allora! » Scoppia a ridere il più grande dei Potter alzando le mani a mo di arresa. « Hei, hei, non esageriamo! Il vecchio si sentirebbe profondamente escluso se smettessimo di spolparlo. » Scosse la testa. Harry Potter non era mai stato un tirchio nei confronti dei propri figli; anzi, ha fatto in modo che non mancasse loro nulla. Non sono mai stati dei gran viziati, i fratelli Potter; nel tempo i due coniugi hanno fatto in modo che i loro figlioli imparassero il peso e il valore specifico del denaro. Di sperperi inutili, a casa loro non si sono mai visti, complice una Ginevra, nata Weasley, che ben conosceva la parsimonia essendoci nata e cresciuta. Nonostante ciò tutto potevano tranne che lamentarsi del loro tasso di vita. Aveva avuto tutto ciò che dei bambini abbienti potessero desiderare. Spesso James diceva del padre che fosse un tirchio. A maggior ragione lo diceva di sua madre, che gli sottraeva la paghetta ogni qual volta prendesse un brutto voto a scuola - il che succedeva abbastanza spesso. Ora restava solo la nostalgia e l'affetto intrinseco per quei tempi, che per lui apparivano ormai lontani, sistemato in una casa tutta sua, seppur in affitto, e con un lavoro profumatamente retribuito. Restò in attesa mentre il fratello apriva il regalo, osservandolo curioso, e tentando di non lasciarsi sfuggire nessuna delle sue reazioni, man mano che capiva di cosa si trattasse. Non era propenso a parlare molto dei suoi sentimenti, James, di quello che provava per i fratelli più piccoli, ma nonostante ciò avrebbe ben volentieri spaccato la testa a chiunque tentasse di nuocere loro. Nella loro gioia e felicità sembrava rispecchiarsi, anche quando la sua vita sembrava andare uno schifo. Aveva provato felicità nel vedere sua sorella sposarsi con l'uomo della sua vita, aveva gioito come un bambino nel notare l'amore che legava Albus alla sua nuova famiglia, e gongolava come un matto ora nel vedere il minore dei Potter farsi strada, e soprattutto nel rendersi conto che finalmente era diventato abbastanza grande affinché pezzi dell'eredità di famiglia venissero finalmente affidati anche a lui. Ci siamo passati tutti; è un passaggio obbligato. Crescere. Entrare nel gioco dei grandi. Ormai Sirius, anche tu sei lungo quella strada. Sei ormai con un piede nel mondo degli adulti. E non è per forza una cosa negativa. Anzi, devi andarne fiero. E' incasinato, ma un dannato percorso fighissimo. « ....non è vero. Non ci credo. NON. CI. CREDO. NOOOOOOOOO! Cioè ma quindi.. tipo.. mi stai dicendo che.. mezzo me lo stai passando? » E quando iniziò a ridere, non riuscì proprio a smettere. Sirius sembrava un bambino colto da un'improvviso attacco di zuccheri a sorpresa. Sorpreso da un'energia improvvisa che pareva percorrergli improvvisamente tutto il corpo facendogli schizzare il sangue nelle vene a una velocità supersonica. Una delle sue reazioni più genuine, di fronte all'improvvisa presa di coscienza di una responsabilità che chiaramente ormai aveva. Quel mantello era passato di padre in figlio e ormai, di fratello in fratello, da un po'. Averne cura e fare in modo che venisse usato per i giusti scopi, era ormai una specie di tradizione di famiglia. Non era certo di quali fossero i parametri di giudizio ideali per definire le cose giuste, ma era certo che Sirius avesse una morale persino più integra della sua.
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    « Mezzo sì.. » Rispose eloquentemente intrecciando le dita di entrambe le mani intimandolo con la testa a provarla. Era una sensazione strana quella che si provava nel trovarsi al di sotto del tessuto. Non era invincibile; affinché funzionasse effettivamente, il mantello aveva bisogno di una mente scaltra, sufficientemente abile da conoscere i giusti trucchi del mestiere per attutire il suono dei propri passi, non fare rumori improvvisi, non muoversi in mezzo a spazi troppo affollati, e avere soprattutto la bravura di deviare lungo passaggi alternativi nel momento del bisogno. Di certo James non l'ha usato per scopi prettamente nobili; dentro Hogwarts è stato un fedele alleato per introdursi nelle altre sale comuni. Solo quando era uscito, ne aveva effettivamente compreso appieno l'utilità, sfruttandola per aiutare i Vipers a compiere veri e propri assalti ai carri delle squadre d'Inquisizione, che alla banda dei sobborghi, non aveva fatto poi buona impressione nemmeno prima che il Ministero si affermasse come un vero e proprio regime militare. « Prometto che ne avrò un sacco cura e che lo userò per cose super fiche e che non lo perderò assolutamente dopo due giorni! Promessissimo! » Si stringe nelle spalle prima di sorridergli con noncuranza. « E vorrei vedere! Altrimenti sono cazzi tuoi! E non è di me che devi preoccuparti, ma di quel drago sputafuoco che l'ha messa inizialmente tra le nostre mani. » Bella storia quella. Ginny aveva proibito a Harry di parlare del mantello ai figli, ma lui lo aveva fatto comunque. E poi aveva deciso di lasciarlo, casualmente incustodito, in uno dei cassetti della scrivania del suo ufficio in casa. James si era sentito un grande genio nel sottrargliela. Immaginatevi la delusione di quando ho scoperto che voleva che la trovassimo. E lo voleva davvero, il Prescelto, perché in fondo, ha sempre sperato che i suoi figli non fossero da meno. In un modo o nell'altro, Harry li ha sempre spinti a seguire i loro sogni, e a vivere le loro stesse avventure, senza tentare di rispecchiarsi in quelle di lui. Per alcuni era stato più semplice, per altri meno. « Okkey, quindi.. non me lo stai dando tipo eredità perché hai intenzione di sparire, vero? Cioè.. ora le cose vanno alla grande e.. mi sembra che tutto sia a posto. E ok, il campionato, ovvio che vengo a fare il tifo! Ma.. se tipo avessi bisogno di parlare.. o di mangiare qualcosa o dire cazzate.. ti troverei? » Solleva un sopracciglio, inizialmente colto da un velo di scetticismo, mentre piano piano il sorriso viene meno. Quello che inizialmente sembra un discorso scherzoso, si tramuta lentamente in qualcosa di decisamente più profondo. Un'implicita richiesta di restare. Deglutisce affondo James, mentre si sposta sul divano per mettere il braccio attorno alle spalle del fratello minore, dandogli una leggera pacca sul braccio. Mi dispiace non esserci stato, vorrebbe dirgli. Una parte di lui sente quasi il bisogno di esternarlo, dopo che la sua assenza, come confermato inizialmente anche dalla giovane Stone, evidentemente in qualche modo è stata sentita. Per molto tempo, James, ha pensato che i suoi fratelli potessero sbrigarsela da soli, e che lui per primo riuscisse a stare senza di loro e senza i loro genitori. Il tempo gli aveva dimostrato il contrario. Aveva dimostrato il contrario a tutti loro. Più tentavano di allontanarsi, più qualcosa li spingeva a restare uniti. In un modo o nell'altro, qualcosa accadeva, e loro erano di nuovo bloccati a sopportarsi e volersi bene tutti insieme, come quando erano piccolissimi e la madre li costringeva a fare tutti il bagno insieme. « La bimba è in arrivo e Albus non è che avrà tempo.. Olympia chi la vede più.. ho bisogno di te J. » E rimasero in due, gli viene da pensare. Alla fine gli dà un leggero scappellotto alzandosi in piedi mentre alza gli occhi al cielo. « Si va beh, e dove vuoi che vada, di preciso. Dillo che in realtà lo chiedi, perché vuoi la mia vecchia stanza. Albus ti ha già detto di no per la sua vero? E ora, brutto piccolo pezzo di stronzo, vuoi tentare la mossa sulla mia. Beh non se ne parla! Camera mia è un tempio! » Scoppia a ridere mentre gli scompiglia i capelli. « Dai su, vai a nascondere questa roba, e poi andiamo a mangiare. » Afferra il cellulare e guarda le notifiche sul cellulare. « Toh, Malia dice che ci raggiunge pure quello scemo di Albus. Appena gli dici che si mangiano gli hamburger da un chilo, lo smuovi pure dalla bocca dell'inferno. Certo certo, ci sta sempre ammorbando con questa stronzata del io sono padre di famiglia e bla bla e poi.. » E via così mentre sono per strada, a parlare e scambiarsi chiacchiere di ogni sorta. Ciascuno racconta le proprie, passando letteralmente di palo in frasca. Dai regali da comprare per Lily, all'imminente Natale e poi ancora cazzate sugli ultimi videogiochi e i compiti di pozioni che Sirius non finirà mai in tempo. E per un istante è come se nulla fosse cambiato, nonostante siano entrambi consapevoli, che nulla è più come prima. Ci tiene a fargli capire che non ha intenzione di andarsene, che nessuno di loro ha più intenzione di andarsene. Nessuno ne ha più avuto minimamente voglia dal momento in cui James e Albus l'hanno trovato mezzo morto nel bel mezzo della foresta proibita. Ciò che non sapevano ai tempi, James e Sirius, e che poche settimane più tardi di ragioni per restare ne avrebbero avute ulteriormente. E da lì, sempre più cose avrebbero tenuto indissolubilmente tutti i fratelli Potter più vicini e uniti che mai. Come è sempre stato. Siamo caduti qualche volta lungo il percorso, abbiamo sbagliato, ma infine, ci ritroviamo sempre qui. Incollati e impossibilitati di muoverci anche solo di un passo.


     
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