pierced heart

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    ...Ed il giorno dopo Jude non si fece vivo, cosí come invece aveva promesso. Il cellulare rimase per tutta la sera affondato nel bel mezzo del cuscino, ed il moro ad osservarlo senza toccarlo, rannicchiato ad un angolo del letto. Giá se lo vedeva Sirius, ad aspettare invano uno squillare che non sarebbe mai arrivato e, forse, offeso dal tanto disinteresse riservatogli, quella volta aveva preferito non correre dietro alle stranezze di Jude; oppure, come piú probabile che fosse, in qualche modo si sentiva responsabile per i suoi comportamenti immotivati, tanto da concedergli piú spazio per riflettere, senza ulteriori pressioni. Ad ogni modo nemmeno il piccolo Potter richiamó, nè invió messaggi per sapere se fosse successo qualcosa e chiedere spiegazioni per il silenzio stampa dell'altro. Magari sarà solo un momento, magari ha tanto da studiare, magari deve ancora perdonarmi; Judah poteva sentire i pensieri di Sirius rinbombargli nel cranio, perchè sapeva che mai, il ragazzo, avrebbe fatto della sua indifferenza una questione di orgoglio. Anche in questo erano diversi: se fosse stato per lui, e Sirius non avesse mantenuto una promessa, Jude sarebbe stato in grado di tenergli il muso per settimane intere. Anche adesso, seppur fosse fortemente convinto delle motivazioni per le quali Siri non accorresse a rimbeccarlo sulle sue mancanze, sentiva un certo fastidio nel constatare di non essere minimamente cercato. La mente aveva iniziato a viaggiare, intanto, immaginandosi cosa avrebbe potuto fare adesso il suo ragazzo, risparmiato dall'impiccio di una lunga quanto noiosa chiacchierata telefonica. Chissá, forse adesso era immerso in un'interessante conversazione con un carismatico compagno di casata, o magari dal dormitorio era sceso in sala comune e si era ritrovato a dover affrontare le avance di una qualche studentessa in piena crisi ormonale. Ad ogni singola eventualitá, Judah si irrigidiva, fino a che divenne un fascio di nervi tesi: era estremamente geloso, e se non fosse stato abbastanza lucido e ragionevole da dirsi che quella sua reazione fosse anormale, sarebbe volato fuori dal campus per raggiungere Sirius dall'altra parte della tenuta al solo scopo di verificare con i suoi stessi occhi che fosse completamente da solo. Era geloso, estremamente geloso benchè si rendesse conto di non poterlo essere: non si poteva essere gelosi di qualcuno che si voleva allontanare. Quello strano baratro in cui era caduto, dopo aver fatto visita - con l'inganno - ad Amunet e Lily, era risultato così profondo che JJ solo adesso ne stava raschiando il fondo. Gli era bastato vedere la nipotina, la felicità di sua sorella e il contesto in cui era immersa per sentire un masso premergli in petto, annodargli la gola. Che sto facendo? Si era chiesto, condividendo uno squarcio della quotidianità di Sirius, una quotidianità che non gli apparteneva e che mai gli sarebbe appartenuta. Quel giorno, al S.Mungo, il giovane Carrow capì di dover fare i conti con una realtà più grossa di lui, la quale permeava Sirius di una concretezza che, da vero egoista, lui aveva cercato di cancellare. Non lo stava trattando umanamente, ed il fatto di tener celata il più possibile la loro relazione ne era una prova: per ora andava bene così, ma poi? Se la speranza di Sirius era quella di veder crescere mattone dopo mattone una solida relazione, quello che stava facendo Jude era invece godersi segretamente qualcosa che non avrebbe mai potuto avere forma nella sua vita. La verità era che Judah stava sfruttando il piccolo Potter, in vista di un futuro che non lo prevedeva. No, non sarebbe mai uscito allo scoperto, non ne avrebbe mai avuto il coraggio. Vigliacco com'era, non gli sarebbe mai venuto in mente di presentare Sirius come il suo fidanzato, un giorno. Non lo avrebbe portato dalla madre, non lo avrebbe portato da Deim e tanto meno dai suoi amici. Stava trattando Sirius come un vero e proprio ripiego, benchè non avesse mai provato prima quel sentimento tanto forte che, invece, sentiva nei suoi confronti. La vita non è fatta di sentimenti, prima lo capisci e meglio vivrai; era uno dei motti fondanti che Abraxis gli aveva rifilato prima di morire. Aveva imparato a reprimere, celare, contraddirsi pur di potersi elevare a qualcosa di più. L'ingenuità di Sirius, in quei sei mesi, era riuscita a scalfire i dogmi del ragazzo, magari a creare l'illusione che le cose potessero cambiare, che magari già stavano cambiando, mentre così non era; Judah si sarebbe messo sempre al primo posto, avrebbe lavorato per costruirsi una famiglia "normale", con dei figli che fossero sangue del suo sangue e non orfanelli adottati, a cui dare amore. Amore, appunto, quello che lui non sapeva provare se non in modo malato. Paperella, stava solo riempiendo un vuoto, e sarebbe arrivato il giorno in cui Jude, con poco tatto, lo avrebbe liquidato forse nel modo più meschino che potesse esistere. Non posso darti quello che vuoi, non sono in grado di darti quello che vuoi. Judah una famiglia non l'aveva mai avuta, non aveva mai condiviso affetto se non quello morboso con Mun, poi quello morboso con la madre: il suo voler bene era dannoso, talmente tanto velenoso che stava dimostrando di non riuscire nemmeno a recuperare quello sbiadito nei confronti della sorella. Si sentiva fin troppo in colpa, schifosamente, e quella sensazione non se ne sarebbe andata almeno finchè non si sarebbe deciso a mettere un punto. Non voleva più combattere con i suoi demoni, non poteva esitare ancora, rimanere nell'incertezza, preferiva non aspettare più piuttosto che continuare a tessere un universo inesistente che avrebbe inevitabilmente accecato anche Sirius. Persino un'azione cattiva, adesso, appariva la soluzione migliore all'inerzia e ad un futuro ancora più doloroso. Se davvero ci teneva, doveva compiere un gesto estremo e non pensare a sè stesso, per una volta.
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    Non chiuse occhio quella notte, ed il mattino seguente, già alle prime luci dell'alba, Judah si trovava a girovagare nel cortile di Hogwarts, con le mani madide di sudore freddo e l'espressione sinceramente provata. Non riusciva a contenere il nervosismo mentre si spostava, da una parte all'altra, sotto una pioggerella fastidiosa che gli aveva inumidito i capelli. Tentava di trovare una spavalderia che non gli apparteneva, tentava di cercare le parole giuste da dire e di mettere a tacere qualsiasi impulso violento potesse insorgere: quando gli animali si sentono messi in trappola, attaccano. Non appena gli studenti iniziarono a riversarsi nella sala grande per la colazione, Judah attese di vedere Sirius varcare l'entrata, restando nascosto dove non potesse vederlo. I suoi occhi guizzarono da un lato all'altro del tavolo grifondoro, finchè non incontrarono il suo volto fra tanti altri. Il suo sorriso contagioso, che gli faceva arricciare piacevolmente la pelle. Attese che finisse la sua colazione, inquieto, l'acqua che gocciolava ancora dalla punta del naso e che lui asciugò col dorso della mano, poi prese a seguirlo per i corridoi nella speranza che si presentasse l'occasione giusta per braccarlo. E la ebbe, infine, quando il piccolo Potter si ficcò nei bagni, con l'ombra di Judah a poche falcate di distanza. «Colloportus» La bacchetta di Jude sigillò la porta, così che nessuno, oltre loro, potesse accedere ai bagni « Sirius...» La voce uscì in un sibilo quasi tremolante, e gli occhi angosciati del moro rimasero incollati al profilo del grifondoro che, forse, non si era accorto di nulla. Un grosso sospiro gli fece gonfiare il petto, l'ossigeno sembrava non bastare, ed i passi divennero pesanti come il piombo «Non voglio rubarti troppo tempo ma...» faceva fatica anche solo a pensarlo «...dobbiamo parlare.» e così dicendo si poggiò ad uno dei lavabi, prendendo a massaggiarsi la mascella con una mano, distrattamente. Doveva pur iniziare da qualche parte « Quando ero piccolo, c'era un libro che la mia tata leggeva sempre a me ed Amunet prima di andare a dormire, papà non voleva nemmeno ce lo leggesse e non mi ricordo assolutamente di cosa parlasse ma ...c'è un passo che mi è rimasto in testa... » Assottigliò lo sguardo, grattando con l'unghia lo smalto del bordo del lavandino, in una nenia distratta « si narra che l'usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che alla fine le spine gli trafissero il cuore Sussurrò, umettandosi successivamente le labbra umide, lasciando ricadere le braccia molli lungo ai fianchi, deglutendo in silenzio. Ciondolò sul posto, per una manciata di secondi, poco prima di parlare nuovamente « non c'è un modo giusto per dirlo, soprattutto dopo tutto quello che abbiamo dovuto affrontare in questi mesi però io non voglio che tu diventi quell'usignolo e questo è il motivo per cui ultimamente sono stato così strano. « non sono...» la persona giusta che potrà renderti felice come vorresti, ma non riuscì ad aggiungere altro.


    Edited by the soul of morthacci yours. - 8/12/2018, 00:59
     
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    « Ma si può sapere che cos'hai? E' da un paio di giorni che sei strano davvero.. pure per te! » bofonchiò Tommy Prince dall'altro lato della tavolata dei Grifondoro, prima di riempirsi la bocca con un generoso boccone di porridge. Era colazione e Sirius Potter, era evidente, non aveva l'umore alle stelle. Sorrideva, sì; chiacchierava e scherzava ma qualcosa in lui semplicemente non girava per il verso giusto e glielo si poteva leggere in faccia. Non aveva mai saputo nascondere niente, Sirius, neppure il suo stesso umore. Ma d'altra parte, non poteva neanche parlarne. Sono legato. Mi sento come se fossi sotto Voto Infrangibile.. o vittima di una maledizione Imperius che mi costringe a tacere. Sirius, triste lo era davvero, ma non poteva parlarne con nessuno. Non poteva chiedere consiglio a Fawn - che già in tempi non sospetti aveva minacciato quel misterioso "Budino" di terribili anatemi o pugni in faccia stile Bronx se l'avesse fatto soffrire - e non poteva andare a parlarne coi suoi fratelli, nessuno dei due: Albus era assolutamente fuori discussione, per ovvi conflitti di interesse e con James semplicemente non avrebbe saputo neppure da dove iniziare. Ehi J, hai presente quella cosa che scherzavamo sul fatto che siamo gli ultimi due scapoli in casa? Beh, volendo essere proprio proprio tecnici io ho una relazione, che non è una vera relazione ma una quasi relazione, con una persona che probabilmente non fa affatto per me ma che mi piace da impazzire e non ti posso dire chi, com, dove, quando e perché. Mi aiuti? Ad ultimo, non ne poteva parlare neppure con Tommy, che pure era stato una formidabile spalla su cui piangere all'epoca della sua relazione con Daphne. Sono solo. Sono stramaledettamente solo. E l'unica persona al mondo con cui vorrei parlare ora è in silenzio stampa e non si fa trovare. Non posso neppure uscire dal castello, questa stracavolo di spilla che mi hanno rifilato è un faro puntato, chiunque si accorgerebbe della scomparsa dell'unico caposcuola maschio del castello. Fanculo. L'unica cosa che poteva fare era dissimulare, esattamente ciò che gli riusciva peggio. Riempì il cucchiaio di cereali e lo usò come fionda per mitragliare il povero Prince. Un gesto da vero caposcuola! « Eeeebbaaast Tommy sei un disco rotto! Te lo devo dire in goblinese che sto bene? Beh, non lo parlo, grazie tante per farmi sentire stupido! Bell'amico! » rise insieme a lui e, tra una chiacchiera e l'altra - il cui argomento principale era la prossima lezione di Morgenstern e la correzione dei saggi che avevano inviato la sera prima - la colazione terminò. Quella mattina d'inverno, al riparo da una pioggia scrosciante, i ragazzi del settimo erano impegnati solo alle ultime ore con una doppia lezione di Incantesimi e una di Erbologia che si prevedeva essere assai bagnata. Le ore buche sarebbero servite ai ragazzi più grandi per organizzare le ore di studio, in vista dei M.A.G.O. che si sarebbero svolti a Giugno. Col muso ben piantato a terra e l'umore sotto i piedi, Siri trascinava i piedi lungo il corridoio che stava portando lui e Tommy verso la biblioteca. Voglia di studiare ai minimi storici. Basta, ora vado ad affogarmi la testa al cesso, autobullismo punitivo! « Ohi, tienimi il posto in biblio! Se anche oggi i corvi hanno occupato tutti i tavoli, giuro che.. boh, ce ne andiamo a studiare alla Sezione Proibita! Fuck the system! » Gli affibbiò una pacca sulla spalla e dirottò il percorso fino ai bagni dei ragazzi al primo piano. Non devo neppure andarci, al bagno. Ho solo bisogno di un momento da solo.. per respirare. Istintivamente, ripescò dalla tasca dei pantaloni il cellulare. Nessuna chiamata, nessuna notifica. Niente di niente.
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    Un silenzio assordante lo investì una volta entrato nel bagno, lo stesso tipo di silenzio che regnava nella sua testa. Lo stesso silenzio che ho ricevuto in questi giorni. Una morsa all'altezza dello stomaco, classificabile come senso di colpa, lo investì ancora una volta. Si stava rinfrescando il viso con una manciata di acqua gelida, quando la porta alle sue spalle cigolò. « Sirius... » Scattò dritto, Potter, nel sentire la voce di JJ alle sue spalle. Confuso rimase di fronte a lui, senza capire. Che ci fai qui? Perché non mi hai cercato? « Jude.. sei tutto bagnato. » mugolò il grifondoro, tra lo stranito e il preoccupato. Già, lo stesso ragazzo che aveva volutamente dormito una settimana intera con la finestra aperta per prendersi un accidenti, che aveva sempre dimenticato sciarpe e ombrelli a casa, che non si preoccupava della propria salute come farebbe un bambino, si ritrovò a preoccuparsi di quella del Carrow. « Non voglio rubarti troppo tempo ma... dobbiamo parlare. » Dobbiamo parlare. Dicono che siano le due parole che più di tutte fanno paura ad ogni ragazzo. Strinse istintivamente le braccia al petto, quasi volesse proteggersi da un colpo che, se lo sentiva fin dentro le ossa, sarebbe arrivato a fargli male. Male davvero. Judah era stato ogni giorno più strano, dopo i fatti del San Mungo, e Sirius non aveva potuto che prendersene la colpa. Sono stato stupido, immaturo. Gli ho chiesto mille volte di essere sincero, di dirmi tutto, di condividere con me i suoi segreti e le sue paranoie.. e io l'ho ripagato ingannandolo. Non era pronto, e io l'ho forzato. Credevo fosse ciò che voleva, che fosse solo troppo orgoglioso per ammetterlo. Non ho capito niente. Forse ero solo egoista: volevo tutto. Volevo una famiglia unita in un giorno speciale e volevo che lì con me ci fossi tu. Sei stato buono con me, te l'ho detto. E io ne ho approfittato, anche se non volevo. "Budi mi perdonerà anche questa", mi ripetevo. Stupido Potter. Stupido, arrogante, infantile Potter. Non poté che annuire di fronte a quella che neppure era una richiesta, ma un'affermazione, una necessità. Così, mentre Judah prendeva posto posandosi sui lavandini, Sirius prese le distanze poggiando la spalla su uno dei cubicoli di legno là di fronte. Ok, sono pronto. « Quando ero piccolo, c'era un libro che la mia tata leggeva sempre a me ed Amunet prima di andare a dormire, papà non voleva nemmeno ce lo leggesse e non mi ricordo assolutamente di cosa parlasse ma ...c'è un passo che mi è rimasto in testa... si narra che l'usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che alla fine le spine gli trafissero il cuore. » Un brivido di puro gelo gli divorò le membra. Quella metafora non gli piacque affatto. Neppure un po'... perché era talmente calzante da fargli male. Era sempre stato il filo rosso della loro relazione, la sofferenza. Tu che un po' mi respingevi e un po' mi tiravi a te. E io che, nonostante i graffi, continuavo ad abbracciarti. Mi hai fatto male davvero e poi, senza chiedere niente in cambio, mi hai salvato la vita. « Non c'è un modo giusto per dirlo, soprattutto dopo tutto quello che abbiamo dovuto affrontare in questi mesi però io non voglio che tu diventi quell'usignolo. Non sono... » La voce roca morì nella gola di Judah, lasciando che un silenzio tombale ricadesse tra i due, appena offuscato dal vociare degli studenti oltre la porta del bagno. Il viso di Sirius si fece appena più rosso, l'unica evidenza della tempesta di emozioni e pensieri che stava imperversando al suo interno. « Tu non sei cosa? » gli chiede, a bassa voce. Non sei chi credevo che fossi? Non sei il ragazzo che mi ha trascinato ad Inverness? Non sei quello che è rimasto al mio capezzale, quando non riuscivo più a svegliarmi? Non sei quello con cui ho fatto l'amore in questo mesi? Si sentì montare la rabbia nel suo giovane cuore impavido, capace di farlo ruggire da grifondoro qual era. « E io, cosa sono? Siri la paperella, Siri l'usignolo! La smetti di darmi del volatile ogni volta che le cose girano male?! » Sciolse le braccia e gli si parò davanti, con quel suo sguardo intenso, le iridi di cristallo e tanti, tantissimi dubbi al loro interno. « Per una volta, mi puoi trattare come se fossi solo Sirius? Non hai bisogno di tutte queste scemenze, se devi dirmi qualcosa dilla. » O forse no, forse dovremmo semplicemente andarcene da qui e far finta che non ci siamo mai visti? Tutto sarebbe a posto. Io continuerei ad aspettare il fine settimana solo per vederti fuori da qui, per stare un po' con te e vivere quel briciolo di relazione che ci siamo concessi finora. « Dillo. Tu non sei cosa? »
     
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    « Jude.. sei tutto bagnato. » Alle parole di Sirius, Judah si guardò addosso, come se non fosse cosciente del dettaglio che il ragazzo gli fece notare. Aggrottò la fronte, successivamente, per poi scuotere il capo a dire "non è questo il punto", arrotolando le maniche della camicia che indossava su per le braccia. Il piccolo Potter, sul volto aveva dipinta la tipica arrendevolezza di chi già stava facendo i conti con un brutto sentore, di quelli che ti annodano lo stomaco e ti gravano sulle spalle come un peso troppo grosso da poter sopportare. Quando avanzò di qualche passo, il moro si appiattì maggiormente contro il bordo del lavabo, istintivamente, iniziando simbolicamente a prendere le giuste distanze da Sirius, ancor prima che le sue decisioni potessero venire a galla. L'espressione del Grifondoro, intanto, era in grado di dire molte più cose non esprimesse la sua voce « Tu non sei cosa? » Aspettava la pugnalata, incalzava Judah affinchè gliela rifilasse in modo diretto e non ci girasse troppo attorno. Sembrava velatamente spazientito del suo temporeggiare, dal suo usare metafore, tant'è che gli si piazzò davanti, in modo da braccarlo idealmente, senza lasciargli alcuna via di fuga. « E io, cosa sono? Siri la paperella, Siri l'usignolo! La smetti di darmi del volatile ogni volta che le cose girano male?! » Avrebbe voluto ridere di quella che suonò come una battuta, ma non rise, anzi, gli occhi bassi si alzarono sul ragazzo con cipiglio sarcastico, affatto divertito: sto cercando di renderti le cose meno dolorose e ci scherzi sopra. Ed invece no, nemmeno lui stava scherzando, i suoi lineamenti erano rimasti rigidamente contratti. « Per una volta, mi puoi trattare come se fossi solo Sirius? Non hai bisogno di tutte queste scemenze, se devi dirmi qualcosa dilla. » E' questo che vuoi? Che io sia talmente tanto schietto da tirarti un schiaffo del genere? « Dillo. Tu non sei cosa? » Lo sguardo del collegiale quasi lo pregavano di smettere di prostrasi alla pari di un sacco da boxe da prendere a pugni, ma Sirius sembrava essere determinato. « Vuoi essere trattato come Sirius e basta? va bene » Già non era semplice trovare le parole giuste, oltretutto per uno che aveva il tatto sotto le suole delle scarpe, figurarsi cosa avrebbe potuto combinare Judah con una pressione del genere addosso « Io non sono quello che cerchi, o meglio...tu non sei quello che cerco io. Fino ad adesso ci siamo costruiti una relazione immaginaria che nella realtà non è mai esistita. Cosa c'è stato di concreto? Il sesso, , e poi? » Si sporse in avanti per frugare dentro alle tasche dei pantaloni del caposcuola, cercando con ostinazione quel regalo fattogli poche settimane prima, per congratularsi della carica conquistata all'interno di Hogwarts. La ricordella che strappò via dalle cure di Sirius era bollente, carica di fumo per quanto Jude fosse concentrato su di lui e sulla loro situazione « …I regali stupidi. » Lanciò l’oggetto a terra per essere più chiaro, oltre le spalle del piccolo Potter senza sfuggire ai suoi occhi che scrutava intensamente. « Tu credi davvero che abbiamo un futuro, quando non abbiamo nemmeno un presente? Non siamo niente, non siamo mai stati nulla di più che due stupidi ragazzini che si sono voluti sentire meno soli in un momento di difficoltà» Biascicó con estrema cattiveria, esternando forse quella che provava per sè stesso, socchiudendo poi gli occhi nel vano tentativo di calmarsi « Apparteniamo a due mondi che cozzano l'un l’altro, Sirius. Io non sono Mun, io non accetteró mai la tua famiglia come la mia famiglia, e tu semplicemente non puoi far parte della mia vita. Continuerei a tenerti nascosto, capisci? » Sospirò « Sei stato solo un mio capriccio, ti ho trattato come un giocattolo quando tu invece pendi dalle mie labbra...Per questo credo sia meglio troncare qui. » Prima che tu ti affezioni troppo a me « Tu meriti una persona che non abbia paura di metterti davanti a tutto, che ti possa amare e possa agire unicamente per il tuo bene» e per convincerlo aveva pronta la bugia finale, quella che avrebbe polverizzato sul nascere ogni spunto di riflessione, ogni dubbio « Per te non ho mai provato niente.» Sganció la bomba con freddezza tale che lui stesso dovette stringere le braccia contro al petto per non lasciar intravedere quel brivido gelido che lo aveva avvolto e tramortito.

     
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    « Vuoi essere trattato come Sirius e basta? va bene » Si disse che era uno scherzo, non poteva che essere uno scherzo. Gli avrebbe riso in faccia di cuore, se non fosse stato per il silenzio prolungato, per la tensione palpabile, per il non detto che gli occhi di JJ gli stavano sussurrando. Si disse di essere pronto, di essere forte e coraggioso. Si disse di aver marciato contro la morte stessa e di esserne tornato, più morto che vivo, ma illeso. Si disse di esserci già passato, di aver già cavalcato le onde dei mutamenti d'umore di Judah Carrow e di aver resistito, proprio come l'eroe di un poema epico. Si disse che aveva già visto ogni aspetto di lui, quello spregevole di un energumeno armato di mazza chiodata e quello dolce del fidanzato premuroso che prepara la tavola per la cena. Cosa può esserci che non posso affrontare, che non possiamo affrontare insieme? Sirius Potter, a diciassette anni, si credeva invincibile come tutti gli adolescenti e, come tutti gli adolescenti, credeva che il proprio amore fosse quello con la A maiuscola, che sfida gli ostacoli e il tempo stesso. Quello che diventa infinito. E, come tutti gli adolescenti, Sirius Potter peccava di presunzione. « Io non sono quello che cerchi, o meglio...tu non sei quello che cerco io. Fino ad adesso ci siamo costruiti una relazione immaginaria che nella realtà non è mai esistita. Cosa c'è stato di concreto? Il sesso, sì, e poi? …I regali stupidi. » Un Judah simile, Sirius non l'aveva ancora incontrato, non faccia a faccia: l'aveva intravisto nel regno nebuloso dei messaggi virtuali, là dove sfuggire era più semplice, chiudere una finestra molto più rapido che evitare uno sguardo. Parole simili, poi, non se le sarebbe mai aspettate. Credevo andassimo forte, che stessimo bene. Nonostante tutto. E invece mi stai riducendo a questo.. ad una serie di belle scopate. Boccheggiò interdetto, talmente tanto da rimanere pietrificato nel momento in cui Jude scattò in avanti, arrivando esattamente dove sapeva di poter trovare la stessa ricordella che gli aveva regalato non più tardi di qualche settimana prima, per augurargli un anno sereno. Sapevi dove trovarla, sapevi cosa cercare, perché nonostante tutto mi conosci. La ricordella cozzò violentemente contro la pietra del pavimento, infrangendosi e disperdendo a mezz'aria il fumo purpureo. « Tu credi davvero che abbiamo un futuro, quando non abbiamo nemmeno un presente? Non siamo niente, non siamo mai stati nulla di più che due stupidi ragazzini che si sono voluti sentire meno soli in un momento di difficoltà. » Ed era vero, talmente vero da spaventarlo. Ma a Sirius era sempre bastato, quel poco: perché uno stupido ragazzino lo era davvero e solo lo era stato a lungo. Aver trovato uno spirito affine, per quanto diametralmente opposto e diverso, aveva fatto di lui un ragazzino stupido sì ma felice. Anche se il presente stava iniziando a stargli stretto e i sentimenti, in quella ristrettezza, crescevano a dismisura, non avrebbe mai messo in discussione quell'oasi che a tratti pareva più un miraggio. Cazzate, tutte cazzate. Abbiamo condiviso un botto di roba, è solo che è più semplice rinnegare tutto. « Apparteniamo a due mondi che cozzano l'un l’altro, Sirius. Io non sono Mun, io non accetteró mai la tua famiglia come la mia famiglia, e tu semplicemente non puoi far parte della mia vita. Continuerei a tenerti nascosto, capisci? Sei stato solo un mio capriccio, ti ho trattato come un giocattolo quando tu invece pendi dalle mie labbra...per questo credo sia meglio troncare qui. Tu meriti una persona che non abbia paura di metterti davanti a tutto, che ti possa amare e possa agire unicamente per il tuo bene. » Se l'era ripetuto tante di quelle volte da aver perso il conto. Ora mi lascia. Oggi l'ho combinata proprio grossa, a sto giro tronca. Ho tirato troppo la corda, sono uno stupido! Ma puntualmente era arrivato il perdono e, puntualmente, era arrivato un nuovo errore, un altro passo falso. L'averlo trascinato al San Mungo, avergli fatto conoscere Lily forse era stata la goccia che aveva fatto traboccare davvero il vaso e di questo se ne sentiva responsabile. Mi sta lasciando ed è colpa mia, so che è colpa mia. Ma non riesce neppure a dirlo e questo mi fa incazzare da matti. Aveva finito così col non essere affatto preparato ad un momento simile. « Per te non ho mai provato niente. » Avrebbe potuto accettare il fatto di essere stato lasciato - no, cazzate - ma non poteva tollerare che tutto ciò che avevano passato venisse sminuito così. Ciò che è successo a Londra, mentre intorno a noi scoppiava l'Apocalisse, lo sappiamo solo tu e io. Abbassò il viso, contratto come mai Judah aveva visto: perfino per lui arrivò una versione nuova di Sirius. Quello spirito giovane e contorto dalla rabbia, Jude, non l'aveva ancora incontrato: offeso sì, deluso anche ma mai veramente arrabbiato. « Cazzate. Sono tutte cazzate. Tu sei un mucchio di cazzate, grosso quanto questo castello! Se ci fosse un premio per le cazzate, vinceresti oro, argento, bronzo e pure la medaglia di consolazione! La Coppa Tremaghi delle cazzate te la danno sulla fiducia! » perché, se non l'avessi ancora capito, sei un cazzaro. La ricordella era ormai distrutta ma c'era un altro oggetto che li legava e a cui Judah non era arrivato: lo sfilò da sotto la camicia della divisa scolastica, facendolo dondolare davanti al suo viso come fosse un pendolo per l'ipnosi. Una chiave, appesa ad una catenina. « E questa? Anche questa è una cazzata? Tutto quello che abbiamo passato insieme? Mi hai portato a Inverness quando stavo sbarellando, mi sei stato vicino quando ero più morto che vivo! E ora che sono qui, che siamo qui e va tutto bene e possiamo davvero essere quello che vogliamo, come ci pare e dove ci pare, ricominci a sparare cazzate? » La mano alzata del grifondoro, stretta a pugno intorno all'esile catena argentata, tremava di rabbia, la stessa che gli aveva riempito il cervello più simile ad una bomba pronta ad esplodere. « Certo che non sei come Mun, l'ho notato: lei almeno non è una ca-ga-sot-to. Ha molte più palle di te! » Lei una cosa del genere ad Albus non l'avrebbe mai fatta. Almeno Albus si può fidare della persona con cui si sveglia la mattina. Non riuscì a trattenersi dal dargli uno spintone violento contro il petto, tanta era l'energia che gli ribolliva nelle vene: ne aveva da vendere quando era calmo ma, da agitato, era letteralmente un fascio di nervi capaci di fulminare. « Vaffanculo Judah! Sei un vigliacco! » Non gliel'aveva mai detto, non gli aveva mai rinfacciato quella tendenza a mantenere il loro legame nell'ombra. Ho mentito a tutti per te, alla mia famiglia e alla tua. Mi sono sentito una merda per te, un bugiardo, e tutto per nulla. Gli piantò ancora una volta la chiave di fronte agli occhi. « Giura su questa chiave che è tutto vero e che non è solo un'altra delle tue cazzate e magari.. boh, non lo so, ne parliamo insieme! La risolviamo! Ce la possiamo fare anche stavolta. » Io e te, soli nel nostro mondo, ricordi? Ma sono pronto a cambiare le cose. Io e te, soli contro il mondo. « ...ma se giuri, questa te la puoi anche riprendere. »

     
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    Inspirò, deglutì, sospirò smorzando un singhiozzo sul nascere; in realtà nemmeno Jude sapeva bene come ci fosse arrivato a tutto quello, come avesse maturato la decisione di mettere un punto alla storia. In realtà era così semplice la motivazione per cui l'aveva fatto, ma il giovane Carrow faceva finta di ignorarla, cercava di essere cieco difronte ad una vigliaccheria così visibile anche ad occhio inesperto. Cos'era andato bene in quei mesi, cosa invece era cambiato adesso? Era stata davvero la nascita di Lily a fargli aprire gli occhi, o c'era stato un fattore in più a scatenare quella sequenza di eventi? L'essere umano è stupido, agisce per paura, ed è paradossale se si pensa che questo sia il primo sentimento che la mente tende a cancellare, a dimenticare, una volta passata la tempesta. E la tempesta c'era stata davvero, mesi prima, quando lo stesso Judah aveva avuto paura di perdere l'unica cosa bella saltata fuori da tutto il casino della loggia, dagli stessi errori da lui commessi. Mesi fa, non si sarebbe mai immaginato di arrivare a questo, perchè sciocco com'era, Jude, aveva avuto il coraggio di promettere ad un Sirius in coma che mai e poi mai lo avrebbe più lasciato solo se solo si fosse risvegliato. Ed invece era ciò che stava facendo adesso, perchè adesso la paura di perderlo era passata, perchè Sirius era davanti a lui con gli occhi velati, vivo e non in pericolo di vita. Un caposcuola, un fratello amato, uno zio premuroso, uno studente modello che, seppur ancora profondamente immaturo, già aveva tutte le carte in regola per far invidia a chiunque, un giorno. Adesso sembrava così assurdo pensare di non vederlo mai più, e nella testa di Judah si era fissato il tarlo che, proprio per questo, entrambi dovessero vivere le vite che erano stati destinati ad avere: se davvero i demoni non fossero mai scesi in terra, se davvero non ci fosse stato un lockdown ad unirli, Siri e Jude sarebbero rimasti due semplici perfetti sconosciuti, e probabilmente il giovane Carrow non riusciva semplicemente ad ignorare la velocità con cui i suoi piani erano stati sconvolti. Non c'era nulla di certo, seppur lui stesso si era impegnato affinchè gli eventi seguissero un preciso schema da lui impostato.
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    « Cazzate. Sono tutte cazzate. Tu sei un mucchio di cazzate, grosso quanto questo castello! Se ci fosse un premio per le cazzate, vinceresti oro, argento, bronzo e pure la medaglia di consolazione! La Coppa Tremaghi delle cazzate te la danno sulla fiducia! » Ed era davvero così, Judah Carrow era solo un mucchio di cazzate dall'alba dei tempi, ne sparava in continuazione a chiunque, ma non amava particolarmente che qualcuno avesse la sfacciataggine tale da rinfacciarglielo. L'espressione del ragazzo, difatti, mutò completamente, passando da un celato vittimismo a qualcosa di concretamente indefinibile, qualcosa che gli apparteneva nel profondo. L'orgoglio prima di tutto, non poteva semplicemente permettere che un Potter gli mettesse i piedi in testa, lo sovrastasse seppur riconoscesse in lui la tipica quanto comprensibile vena dell'animale ferito. « La cazzata l'hai fatta tu, ti sei autoconvinto di una menzogna.» Biascicò, glaciale, osservando con una sorta di cinica ilarità i movimenti del grifondoro che, scaltro, andò a scoprire la piccola chiave argentata che JJ gli aveva regalato. Ed era la copia della stessa che, anche lui, tutt'ora, indossava sotto al maglioncino. « E questa? Anche questa è una cazzata? Tutto quello che abbiamo passato insieme? Mi hai portato a Inverness quando stavo sbarellando, mi sei stato vicino quando ero più morto che vivo! E ora che sono qui, che siamo qui e va tutto bene e possiamo davvero essere quello che vogliamo, come ci pare e dove ci pare, ricominci a sparare cazzate? » Alzò le spalle, Judah, nella speranza che la sua catenina non sporgesse oltre il bordo del colletto, spostando lo sguardo altrove semplicemente per sfuggire ad una risposta che non sapeva dare. Si poteva davvero dimenticare tutto ciò che era accaduto? Nemmeno un farabutto come lui ci sarebbe riuscito, nonostante tentare sembrava la soluzione migliore. Gli pesava dover far fronte all'eventualità di un mucchio di problemi portati dalla relazione con Sirius, così aveva scelto di estirpare il problema alla radice. « Certo che non sei come Mun, l'ho notato: lei almeno non è una ca-ga-sot-to. Ha molte più palle di te! Vaffanculo Judah! Sei un vigliacco!» E scoperchiato il vaso di pandora, Jude non potè far altro che afferrare il polso di Sirius in una mano e stringerlo saldamente per riportarlo giù, lungo il suo fianco, quasi scocciato da tutte le insinuazioni e dal modo in cui il caposcuola cercasse di mediare, trovare un punto di incontro che non c'era. Forse quello sarebbe stato da classificarsi come l'ultimo contatto tra lui e Sirius, difatti i polpastrelli bruciavano come non mai. « Giura su questa chiave che è tutto vero e che non è solo un'altra delle tue cazzate e magari.. boh, non lo so, ne parliamo insieme! La risolviamo! Ce la possiamo fare anche stavolta...ma se giuri, questa te la puoi anche riprendere. » Le dita erano ancora saldamente ancorate al polso del ragazzo, a marchiargli la pelle a fuoco. « Sei un ragazzino, a cosa serve giurare? Stai in quinta elementare che hai bisogno di giuramenti?» Scelse di prenderlo in contropiede visto che non poteva far altrimenti, di certo il giovane Carrow non si sarebbe spinto a tal punto di giurare addirittura per qualcosa che non era assolutamente vera. Per Sirius provava un mare di sensazioni, e benchè quella di giurare sarebbe stata la scelta più ovvia potesse fare per allontanarlo del tutto, non si sentiva assolutamente in grado. « La tua testa sembra il mondo dei balocchi, davvero. Credevi che le cose sarebbero andate diversamente? Adesso vivrò la mia magica storia d'amore con un ragazzo più grande, mio cognato per di più, un impavido Carrow proveniente da una famiglia di altezzosi purosangue che, se le cose fossero solo un pochino andate diversamente, non avrebbe perso tempo a bullizzarmi, a scuola. Ed hai anche il coraggio di mandarmi a fanculo e darmi del cagasotto quando potrei benissimo riempirti di pugni e lasciarti stramazzare a terra. Perchè, indovina, sono così che vanno le cose, e quando accade qualcosa che non mi piace è così che reagisco» Prese solo una breve pausa, umettandosi le labbra. « Con quella chiave, per quanto mi riguarda, puoi farci quello che ti pare; nessuno dei due purtroppo ha il potere di sistemare tutto questo casino, e nessuno dei due ha il potere di cancellare ciò che c'è stato. Se entrambi fossimo stati più coscienziosi, tutto sarebbe finito molto prima e non avrebbe fatto così male come invece... » Mollò la presa, socchiudendo gli occhi poco prima di alzare il mento e buttare appena il capo indietro, per poi stropicciarsi le palpebre. Successivamente le dita si trascinarono lungo gli zigomi, fino ad arrivare ad accarezzare il sottile ed incolto strato di barba che gli incorniciava il volto. « Apri gli occhi la prossima volta, prima di dare il tutto per tutto a qualcuno.» Ed era l'ultimo spassionato consiglio che scelse di dargli prima di sorpassarlo con una leggera spallata, ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni. « Scommettere su di me è stato l'errore più grande che potessi commettere, lasciami perdere prima che possa perdere la pazienza, fatti bastare queste motivazioni perchè non ho nient'altro da aggiungere»
     
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    Come si fa a dire ad un ragazzo che spera che, alla fine dei giochi, non c'è più speranza? Sirius Potter non era abituato a non averne, non ne concepiva l'assenza. C'è sempre speranza, c'è sempre la luce anche nel più buio dei tunnel, c'è sempre un margine di miglioramento. Non avrebbe passato un solo minuto accanto a Judah, se non ne fosse stato profondamente convinto: anche in lui aveva visto della luce e ancora con lui non aveva mai perso la speranza. Lui che continuamente dava prove di immaturità e scarsa lungimiranza, lui che in fondo non era che un ragazzino cresciuto, si era dimostrato incrollabile nel perpetrare cause perse e farle sbocciare. Aveva incassato ogni colpo come un pugile esperto e in silenzio, dietro un sorriso, si era leccato le ferite. Era caduto nella tela del ragno e si era lasciato manipolare da un giovane rampollo viziato e annoiato, pieno zeppo di preconcetti e pregiudizi, e l'aveva perdonato. Gli aveva perdonato l'incontro fatale con Albus, passava continuamente oltre le sue uscite infelici e poco carine, e tutto perché dietro la facciata del serpeverde, dietro ogni singola parola pronunciata con irriverenza, Siri aveva visto qualcos'altro. E' tipico delle menti diverse riuscire a vedere il mondo da un'altra prospettiva. Ma cosa mi è rimasto da vedere, ora? Ci sto provando Jude. Credimi, voglio provare a capirti, sto cercando di leggerti ma per la prima volta.. non vedo luce. E forse è colpa mia, ho rovinato tutto. Se ne stava convincendo sempre di più: Judah non era il genere di ragazzo che così facilmente concede il perdono, fatto di cui si era illuso più e più volte. Ad Amunet era servito letteralmente il tempo di una gravidanza per ottenere un avvicinamento e anche adesso, da che ne sapesse, non era il rapporto idilliaco che erano abituati ad avere. Se tagli così facilmente fuori tua sorella.. perché io dovrei essere diverso?Come al solito, sono stato un idiota. Un idiota che però ci aveva creduto fino in fondo. Un idiota che aveva sperato fino all'ultimo. « Sei un ragazzino, a cosa serve giurare? Stai in quinta elementare che hai bisogno di giuramenti? » Forse era vero, i giuramenti potevano anche essere sciocchezze da primo anno tra compagni di stanza; non per Sirius. Era un ragazzo che credeva ai giuramenti e alle promesse, credeva alle parole dette col cuore: avevano un peso mille volte superiore ad un qualsiasi Voto Infrangibile. Ai suoi occhi ogni sorriso, ogni carezza, ogni semplice gesto d'affetto che Judah gli aveva rivolto erano state piccole, silenziose promesse. Ecco perché ora, anche se credo di meritarmelo, mi sento comunque tradito. Ferito. Ecco perché ho bisogno di una nuova promessa che cancelli tutto il resto. Non potevano che promettere su quell'oggetto, che per entrambi aveva significato così tanto. La sera alla casa delle farfalle era stato un momento talmente intenso da fargli venire la pelle d'oca: la Loggia aveva rotto i suoi argini e si stava riversando nel mondo, così come nella testa di Sirius, e Judah aveva aperto i cancelli di una dimensione parallela fatta di quiete, dolcezza e amore. Tutto era esattamente come avrebbe dovuto essere. Si era sentito al sicuro nonostante si trovasse sul ciglio di una cascata, in attesa dell'inevitabile. Tu mi hai fatto sentire protetto, in un modo che non credevo possibile e di cui neanche sapevo di avere bisogno. E' stato allora che ho capito quanto realmente tenessi a te, a prescindere dai regali stupidi, dalle cene, dal tempo passato insieme. E' ciò che mi hai fatto provare quella sera che merita i miei sforzi, persino la mia rabbia. Proprio per quel motivo, gonfiando il petto di energia, incassò anche quelle parole, che non credeva possibili né vere: descrivevano un Judah che aveva già conosciuto, sì, ma che lentamente era sparito col tempo. E' quella parte di te che vuoi far vedere al mondo e che, quando stavamo insieme, non avevi più bisogno di mostrare. Mise su quel broncio duro che sapeva tanto di sfida, quasi volesse davvero incoraggiarlo a provarci, a riempirlo di pugni e lasciarlo stramazzare a terra: era sicuro che non l'avrebbe fatto, che erano solo parole al vento. Un'altra delle tue cazzate. Nè si lasciò intimidire dalla presa ferrea delle dita di Judah attorno al suo polso. Non poteva fargli niente, il serpeverde, che già non stessero facendo le sue parole. « Con quella chiave, per quanto mi riguarda, puoi farci quello che ti pare; nessuno dei due purtroppo ha il potere di sistemare tutto questo casino, e nessuno dei due ha il potere di cancellare ciò che c'è stato. Se entrambi fossimo stati più coscienziosi, tutto sarebbe finito molto prima e non avrebbe fatto così male come invece... » Si irrigidì ulteriormente, schiudendo le labbra appena dalla sorpresa. Non aveva giurato, no, ma aveva comunque sminuito il valore che quella chiave aveva avuto per entrambi. Mi avevi fatto promettere di non perderla, di tenerla sempre con me. E io l'ho fatto. Mi piaceva sentirla fredda contro il petto, mi faceva pensare a te. Ti sentivo vicino, anche quando a separarci c'erano kilometri.
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    « Apri gli occhi la prossima volta, prima di dare il tutto per tutto a qualcuno. » L'ho fatto. Ero sicuro di averlo fatto. Ci avrei messo entrambe le mani sul fuoco: ci sarei saltato, dentro al fuoco, per te. Perché non ho mai dubitato, neanche per un secondo, che tu fossi cento volte migliore di così. Rimase con lo sguardo fisso sulle scarpe, dopo che il collegiale lo superò con uno spintone secco che lo fece vacillare sul posto. Mi sbagliavo. « Scommettere su di me è stato l'errore più grande che potessi commettere, lasciami perdere prima che possa perdere la pazienza, fatti bastare queste motivazioni perchè non ho nient'altro da aggiungere. » Non seppe dire se ciò che bruciava nel suo giovane petto fosse rabbia, tristezza od una perversa chimera fatta di entrambi i sentimenti. Sapeva però di volere, come i bambini capricciosi, l'ultima parola. Si voltò di scatto mentre il serpeverde stava imbucando la via d'uscita e, con forza, gli lanciò la chiave dritto in testa. Voleva fargli male almeno quasi quanto gliene aveva fatto lui: sarebbe stato impossibile. Ma voleva altresì liberarsi da quell'oggetto che oramai, tra le dita, pareva pesare più del piombo. Non la voglio. Non voglio più niente di te. Non voglio saperne più niente di te. Ho chiuso. « Almeno mi risparmio i soldi del regalo di natale. Grazie del tempismo. » pronunciò buio in viso, pieno di un veleno che neppure conosceva e a stento sapeva esprimere. Infantile com'era, lo superò a sua volta e con uno spintone molto simile al suo, lasciando il bagno prima che la discussione potesse ulteriormente riprendere piede. Judah, d'altronde, aveva concluso la sua arringa e Sirius non si sentiva nella condizione d'animo di allungare ulteriormente la propria sofferenza. Era sparita la mattinata di studio, aveva dimenticato Tommy e la biblioteca, tutto era stato annebbiato. Voleva semplicemente tornare in camera e stendersi sul letto, affondare il viso nel cuscino e urlare. In mezzo al corridoio, una figura familiare gli andò incontro, facendo ondeggiare i capelli biondi. Era Lavanda Goldstein, l'irritante tassorosso che aveva scambiato il caposcuola per una casella postale dei suggerimenti e delle lamentele da portare all'attenzione del preside. Anche quella mattina, pareva in vena di polemica. « Potter, ti ho trovato! Finalmente, ti ho cercato ovunque, dobbiamo parlare assolutamente del bagno delle ragazze del secondo piano, non se ne può più di quel fantasma che.. » Cordiale com'era, Sirius si sarebbe sentito in dovere di fermarsi e quantomeno ascoltare l'ennesima protesta che la Goldstein aveva da fare, ma tutto aveva in mente il caposcuola tranne che la spilla che teneva appuntata al petto. Provò ad ignorarla superandola, ma al richiamo della tassorosso si voltò, esplodendo letteralmente nel bel mezzo del corridoio in uno scatto d'ira che prima d'allora nessuno avrebbe mai associato a lui. « Ma che vuoi? Che volete tutti da me, oggi? Non lo vedi che non è giornata? Si può sapere perché nessuno si fermi qualche stradiavolo di volta a pensare a quello che fa, invece di aprire quella fogna di bocca e dire tutto quello che gli passa per la testa?! Mi avete rotto! Se vuoi qualcosa vai da Victoire, che se non te ne fossi accorta non sono l'unico con una spilla da caposcuola qua dentro! » Il tutto, pronunciato con un tono di voce crescente e sempre più infervorato, sempre più fuori di sé. Questo non sono io. Sirius Potter non urla alla gente cose cattive nei corridoi, non sbraita a caso, non tratta male la gente. Ma, almeno per oggi, essere Sirius Potter fa troppo male.


     
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5 replies since 7/12/2018, 23:31   161 views
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