Why am I here?

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    « Ti prego, ripetimi perché sei qui. Sto aspettando una persona e non voglio farmi vedere con mia madre. » Angelica Grindelwald si rigira tra le mani il dolcetto all'amarena e crema che ha appena ordinato, prima di lanciare uno sguardo allusivo al figlio. « Con chi ti devi vedere di tanto importante tanto da vergognarti della mamma? » Ci pensa su qualche istante e poi i lineamenti del suo volto sembrano illuminarsi. « Occielo, è una ragazza. Hai una ragazza? Da quanto hai una ragazza? Perché non sapevo che avessi una ragazza? Jesse lo sapeva? Certo che lo sapeva, ora gli mando un bel messaggio che..- Lei tira fuori il cellulare e Seb si slancia al di sopra del tavolo per fermarla con una mano. « Nessuna ragazza, nessun appuntamento. E' una probabile proposta di lavoro, credo. Oddio non so se mi sta offrendo davvero un lavoro, non lo so a dirla tutta, è stata molto vaga e poco specifica ora che ci penso. » Si blocca, mentre rimugina sopra i pochi messaggi che si sono scambiati lei e Theo. Prima la risposta inaspettata su Instagram, poi l'incazzatura generale per i DM andati a farsi benedire con tanto di qualche imprecazione generale. A seguire, perché le sfighe sono sempre di casa con i Grindelwald, l'assolutamente indifferente e pazza ricerca del numero di Theo attraverso le fonti più accreditate di Hogwarts, passando dalle cheerleaders, finendo al tavolo del club di scacchi, per poi ritrovarsi dritto dritto tra le braccia di Tommy Prince, un soggetto assolutamente singolare, che sembrava avere tutte le risposte ai suoi problemi: il santissimo e benedettissimo numero che tanto aveva ricercato. E alla fine, come degna conclusione di così tanti sforzi, l'aver deciso di scriverle, sembrando più sfigato di quanto si sarebbe mai immaginato, per non capirci esattamente nulla.Dura la vita di un outsider che cerca in qualche modo di farsi strada nel mondo dei pezzi grossi. « Quindi è una ragazza, bene, cominciavo a pensare che non sarei mai diventata nonna, tra te che sei..così e tuo fratello che si addormenta in piedi! » Al solo sentir nominare la parola "nonna", il sorso di caffè nero gli va di traverso e diventa rosso come un pomodoro, mentre comincia a tossire come un forsennato, con il caffè che schizza ovunque. Ha le lacrime agli occhi e non riesce a respirare e così si batte qualche colpo sul petto, per cercare di non affogarsi. « Come non c'è nessuna ragazza, non c'è nessun nipote di mezzo, mamma, puoi starne certa! Né ora, né tanto meno nei prossimi dieci o quindici anni! » La voce stridula, mentre cerca di ridarsi un certo contegno. Un'ultima sbirciatina all'orologio gli fa capire che Theo dovrebbe arrivare lì da un momento all'altro, come sono rimasti d'accordo per messaggio. Per questo alza gli occhi bicolore sulla madre, con espressione implorante. « Ti scongiuro, sta per arrivare. » Si guardano per qualche istante, in silenzio, mentre la bionda sembra valutare le sue opzioni. E alla fine, si muove, alzandosi velocemente, per poi raccogliere la borsa da terra. « Okay, me ne vado. Ma il dolcetto lo paghi tu. » Gli si avvicina per scoccargli un bacio sulla guancia. « Ovviamente rimarrò nei paraggi per vedere con chi abbiamo a che fare. » Seb la guarda confuso. « Non ci provare, devi farti gli affari tu- ma la madre si dilegua in tutta fretta, lasciandolo lì, a guardare il vuoto imbambolato. E ci rimane per qualche altro istante, fin quando il cameriere non gli si avvicina per chiedergli se vuole altro. Traduzione in pillole: gli serve il tavolo libero. « No grazie, sto aspettando una persona. » Un mantra che continua a ripetersi continuamente, come a volersene convincere. Regola numero 1: rimanere professionale. Non puoi fangirlare perché lei è lei. Muove nervosamente le dita, tamburellando sopra il tavolo in noce, mentre guarda il cellulare ogni due per tre, quasi si aspettasse un messaggio dell'ultimo istante. "Scusa, ma ho avuto un contrattempo e non ce la faccio proprio." Ma il messaggio non arriva e anzi, come a voler mettere fine a quella tortura estenuante, durante l'ennesima occhiata dietro le spalle, nota la folta chioma scura e leggermente ondulata. Professionale, Seb, devi essere professionale continua a ripetersi mentre alza la mano per farle un cenno, affinché lo possa vedere e raggiungere. Lancia un'occhiata qua e là per il locale, cercando l'inconfondibile criniera bionda di sua madre, con la speranza di non vederla nei paraggi, nascosta in un anfratto sicuro dal quale poter vedere meglio Theo. Dopo essersi accertato della sua non presenza, torna a guardare la ragazza e si alza in piedi, galantemente, non appena gli è di fronte e le sorride, imbarazzato e imbarazzante come al suo solito, con la mano che corre a grattarsi la nuca, prassi tipica di tutte quelle occasioni che riescono a metterlo in estremo disagio. « Ehm ciao! »
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    Proviamo a fare qualcosa di meglio? « Sono Sebastian. » Oh, grande, davvero. Passi avanti da gigante oh. « Sì, questo già lo sai, ma insomma, non ci siamo mai davvero presentati ufficialmente. Piacere! » Già meglio. E pian piano, si rilassa, con la mano che non cerca di portarsi via la pelle del collo e il sorriso che sta sempre ben fisso al suo posto. « Ti va qualcosa? Qui continuavano a chiedermi di sloggiare, implicitamente. Pensavano fossi frutto della mia fantasia. » Ridacchia, accorgendosi soltanto qualche istante dopo di averle, assai velatamente, confessato di essere arrivato lì nettamente in anticipo, giusto per star sicuro, abitudine, questa, piuttosto puntigliosa nel giovane Grindelwald. « Comunque devo ammettere di essere rimasto sorpreso, quando mi hai risposto su Instagram! » E pure quando mi hai continuato a rispondere su whatsapp, ma questo direi che sia meglio ometterlo. « Ma per curiosità, rimarrà fra me e te, chi è che ti ha fatto quella foto? Perché sì, forse è vero che ti ho scritto sotto più per scriverti che per la foto in sé per sé..- ed era meglio omettere pure questo, già -..ma sì, la foto è bella sfocata e non sembrava tanto un effetto voluto, uno di quelli artistici, che fa così tanto aesthetic da tumblr, per intenderci. » Ridacchia, per poi sorseggiare un po' del caffè, ancora rimasto nella tazza. « Anche se è comunque bellissima, più per il soggetto che per altro. » E ci sentiamo parecchio sfrontati oggi, che è successo? Ostenta naturalezza, mentre si appoggia con le spalle allo schienale della sedia. Si mette un po' più comodo, mentre la osserva. Ha dei tratti particolari, ha quel tipo di viso spigoloso e quegli occhi dalla forma allungata che piacciono tanto a Sebastian. C'è un qualcosa nel suo viso che gli fa venir voglia di tirar fuori la macchinetta e fotografarla in quell'istante. C'è una forma di malinconia. una sorta di tristezza che risiede nelle pieghe del sorriso che gli sta rivolgendo e nel quale si perde in quegli istanti, fin quando non scuote la testa e torna da quel suo viaggio mentale, presente nuovamente a se stesso. « Non so se volevi vedere il mio portfolio. Spero vivamente di no, perché l'ho scordato al castello e in tutta onestà, non è che sia un granché, dovrei curarlo un po' meglio. Però ho sempre un po' di scatti caricati nella galleria del cellulare, se vuoi. » Fa per tirare fuori il cellulare, riposto professionalmente nella tasca davanti dei jeans, quando si blocca e sorride. « Magari però tu hai già un'idea di ciò che vuoi? Come posso esserti utile? » Gli domanda con leggerezza. « Ti serve qualcosa di preciso? Uno scatto singolo? Artistico? Delle foto da presentare da qualche parte. Insomma, illuminami! »
     
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    Gli occhi felini le guizzavano da una parte all'altra della strada, mentre una sigaretta le sporgeva annoiata fra le labbra sottili. Una mano era impegnata a trattenere la cicca ben ferma, tra indice e medio, l'altra a rigirarsi il cellulare fra le dita mentre le lunghe gambe penzolavano oltre il muretto sul quale Theo aveva scelto di sedersi. A volte l'ex serpeverde se ne stava cosí, disconnessa dal mondo, in cerca di una solitudine che raramente sapeva apprezzare. Da dopo il lockdown aveva iniziato ad avere dei problemi con la solitudine, cosa che l'aveva portata inevitabilmente a trasferirsi in pianta stabile ad Inverness, dai Morgenstern, nonostante la mora disponesse di una casa tutta per sè, a Londra. Frequentava un gruppo di supporto per questo, per la sua smaniosa e costante ricerca della compagnia di qualcuno - spesso anche di persone che non gradiva affatto -, ed anche per quei vizi sconsiderati di cui aveva iniziato a fare largo uso, i quali l'aiutavano ad allentare la tensione: medicinali, droghe leggere, alcol, tutto ció che inibiva i sensi e lasciava il corpo in balia degli stimoli esterni. Per ricordarsi di non esagerare, nelle tasche della giacca aveva sempre con sè qualche monetina dell’astinenza, di quelle che davano durante gli incontri se riuscivi a non cedere per piú di un paio di settimane a qualche bisogno di questo genere; Theo andava a rotazione, avendo preso qualsiasi cattiva abitudine fosse presente in lista. Le regole sulle monetine erano chiare: ogni due settimane di astinenza ne ricevevi una, ma appena cedevi le dovevi restituire durante gli incontri e ricominciare tutto da capo; e la Watson ne aveva accumulate parecchie nel giro di sei mesi, peccato però non rispettasse le regole fondamentali del gioco. Proprio come i bambini, Theo barava solamente per sentirsi capace agli occhi degli altri, con tanto di soddisfazione impressa sul volto quando qualcuno si complimentava con lei per gli sforzi fatti. Oggi, dentro le tasche della giacca che indossava, aveva due monetine, una gialla ed una viola. La gialla era per l'alcol, quella viola per la droga. Con quest'ultima, a dirla tutta, Theodora non era mai andata sul pesante, il massimo a cui arrivava era una leggera dose di ecstasy e nulla di piú. “Quindi ci vediamo ai Tre Manici alle quattro e dieci” Ogni volta che riaccendeva lo schermo del cellulare, il messaggio che si trovava davanti agli occhi era sempre lo stesso, quello mandato dalla faccia sorridente di Sebastian Grindelwald fissata nell'immagine del profilo in cima alla chat whatsapp. E perchè Theo gli avesse detto che aveva un lavoro per lui, nemmeno lei lo sapeva. In realtà qualcosa aveva, ma poco c'entrava con la fotografia, perlomeno non la comprendeva a primo sguardo. Difatti non sapeva se presentarsi o meno all'appuntamento, magari avvisando Sebastian con un messaggino fugace o non avvisandolo proprio, dopotutto non lo conosceva, non avrebbe avuto rimorsi a riguardo. Eppure, senza nemmeno rendersene conto, alle quattro meno dieci, l'ex serpeverde era giá in cammino alla volta del villaggio, con le mani immerse nelle tasche ed i passi che affondavano nei cumuli di neve sparsi qui e lí, ai margini della strada. Forse quello che le diede motivo di muoversi da lí non fu tanto il senso di colpa che l'avrebbe invasa semmai Grindelwald fosse marcito su una sedia dei Tre Manici di Scopa per causa sua, attendendola per l'eternitá, ma piú il senso di agonia che l'avrebbe attanagliata semmai avesse scelto di rimanere sola ancora un po’. Fu il semplice egoismo a muoverla alla volta del locale, nel quale entrò senza nemmeno fermarsi a pensare a ciò che avrebbe fatto o detto. Gettò a terra la sigaretta e attraversò l'ingresso, abbozzando un leggero sorriso nel momento in cui intercettò Sebastian e la sua mano a mezz'aria, che sventolava lentamente. Theo, lasció ondeggiare la folta chioma scura prima di raggiungerlo silenziosamente, affondando i denti nel labbro inferiore nell'incassare il palpabile imbarazzo del suo interlocutore. Metto davvero in soggezione le persone? Non che mi dispiaccia, ma aspetta di sentire quello che ho da proporti: se sei imbarazzato adesso non so proprio cosa tu possa fare dopo « E presentarsi ufficialmente era davvero necessario? Con tanto di mano tesa? » scherzò, guardandogli la mano con fare scettico prima di prendere posto davanti a lui, senza scomporsi minimamente. Sí, Theo non era sicuramente la personificazione della gentilezza, ma a volte preferiva non protrarre situazioni che, invece di migliorare, sarebbero finite rapidamente in declino. Mi ringrazierai per questo, I know « Prendo volentieri una birra, e mi piacerebbe se tu, per te, ordinassi qualcosa di abbastanza forte...o perlomeno qualcosa che ti tenga tranquillo. Comunque, solitamente non do buca, hai fatto bene a non demordere e ad aspettarmi. Altrimenti sarebbe stato peggio per te » Si sistemó meglio sulla sedia, tirando giú la zip della giacca per sfilarsela dalle spalle mentre Sebastian ricominciava a parlare « Comunque devo ammettere di essere rimasto sorpreso, quando mi hai risposto su Instagram! » Piú che sorpreso, saresti dovuto scappare visto che solitamente rispondo a tutti quelli carini, e poi cerco di uscirci « In realtá sono io che non mi aspettavo mi contattassi cosí rapidamente, addirittura ad arrivare a trovare il mio numero di telefono. Posso sapere chi te lo ha dato? Giuro che mi fa piacere che tu mi abbia scritto, quindi non fraintendermi, la mia è giusto una curiositá » Si strinse nelle spalle, lentamente, poggiando il capo contro il palmo della mano per poi inarcare le sopracciglia, pensierosa: come avrebbe potuto distoglierlo dalle chiacchiere e passare alle cose serie? Intanto una gamba, sotto al tavolo, aveva preso a battere ripetutamente il tallone a terra. « La foto me l'ha scattata un mio compagno di corso, ma come giá ti ho spiegato l'effetto non era affatto volu...mi hai appena detto che sono carina? » Ridacchiò, sfarfallando le ciglia mentre le gote si tingevano lievemente di rosso, in modo quasi invisibile. I complimenti sapevano farla vergognare quando la coglievano alla sprovvista, e non poteva farci nulla se, benchè normalmente fosse una persona abbastanza controllata, il corpo reagisse come quello di una bambina imbarazzata. « È questa la tattica che usi per far crollare le modelle che posano per te? Perchè, ti avverto, con me dovrai impegnarti un po’ di piú » Sono molto piú capricciosa, molto piú egocentrica, molto piú pretenziosa e presuntuosa delle altre, ricordalo « Non so se volevi vedere il mio portfolio. Spero vivamente di no, perché l'ho scordato al castello e in tutta onestà, non è che sia un granché, dovrei curarlo un po' meglio. Però ho sempre un po' di scatti caricati nella galleria del cellulare, se vuoi. Magari però tu hai già un'idea di ciò che vuoi? Come posso esserti utile? Ti serve qualcosa di preciso? Uno scatto singolo? Artistico? Delle foto da presentare da qualche parte. Insomma, illuminami! » Theo lo lasció parlare, annuendo lentamente quasi fosse sul limitare di una scelta. Nell'attesa, per paura di dover interrompere ciò che aveva da dire a Sebastian nel bel mezzo della conversazione, attese che furono entrambi serviti dal cameriere e poi, successivamente, afferrando il bicchiere di birra con entrambe le mani, lasció scivolare il busto in avanti, sporgendosi verso di lui « So giá come lavori, non ho bisogno di ulteriori prove, piú che altro...ho bisogno che tu mi dica che sei un artista a trecentosessanta gradi » forse dovrei spiegarmi meglio « Insomma, con artista a trecentosessanta gradi non intendo che devi saper fare pure il pittore o lo scultore solo che - come sei messo con la realtá aumentata? » Si guardó attorno prima di sospirare ed abbassare ulteriormente il tono di voce « Hai mai scattato sotto l'effetto di droghe? » Ed ecco qual era stato l'intento di Theo fin dall'inizio: trovare con l'inganno qualcuno che potesse condividere con lei le sue folli abitudini, semplicemente per non sentirsi sola. E Sebastian, probabilmente, stava solo diventando una sfortunata vittima capitata al posto giusto, nel momento giusto. « Dovrebbe essere come toccare un'altra dimensione, no? Potremmo andare alla Stamberga a scattare, oppure in una delle case abbandonate al limitare del villaggio, o a Londra. Ne conosco un paio isolate, e secondo me sarebbe un'esperienza fantastica » Angelicamente, la Watson bevve un sorso di birra, arricciando il naso per concedere a Sebastian di metabolizzare la risposta; dopo una manciata di secondi, ficcó una mano nella tasca e la ritirò fuori subito dopo, nascosta interamente oltre il bordo della manica « Guarda, ho già quello che serve, tutto quello che manca è la tua macchinetta fotografica ed un tuo sí » Appiattendo il braccio contro il tavolo, in modo molto discreto, mostrò un angolo della bustina trasparente contenente pasticchette di ecstasy dalle forme buffe e dai colori sgargianti. « Ovviamente poserò per te, potrai tenere le foto, qualunque esse siano, ed aggiungerle al tuo portfolio. E se vuoi soldi, beh, ti pagherò anche. » Si diceva che Theo Watson fosse una persona da cui era meglio stare alla larga per la sua pericolosa imprevedibilitá, che portava solo guai.
    Prima erano solo voci, ora ne avevamo le prove.





    Edited by the soul of morthacci yours. - 17/2/2019, 10:21
     
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    « E presentarsi ufficialmente era davvero necessario? Con tanto di mano tesa? » Theo Watson ha qualcosa. Ha quel qualcosa che riesce a far sentire estremamente in soggezione Sebastian, come se non c'entrasse assolutamente niente con il mondo nel quale vive lei. E a ragione, direi. Non capisce se stia scherzando o meno, così abbozza una risata che ha quel non so che di nervoso, mentre ritira la mano, borbottando un qualcosa di non ben definito. Giusto per cominciare perfettamente con il piede giusto, senza alcuna imbarazzante figura. « Prendo volentieri una birra, e mi piacerebbe se tu, per te, ordinassi qualcosa di abbastanza forte...o perlomeno qualcosa che ti tenga tranquillo. Comunque, solitamente non do buca, hai fatto bene a non demordere e ad aspettarmi. Altrimenti sarebbe stato peggio per te » Alza un sopracciglio, questa volta più incuriosito che spaventato dal suo modo di fare. Stringe le labbra, mentre legge velocemente la lista che ha stretto tra le mani. « Qualcosa che mi tenga tranquillo? » Le fa eco, tornando a guardarla per qualche istante. « Hai per caso intenzione di approfittarti di me? » Questa volta sorride, come se quella fosse effettivamente una cosa da pazzi, anche solo da pensare. Ma figurati se ci penserebbe mai. Alla fine sceglie una birra rossa, prendendosi la birra di scegliere anche quella per lei, senza chiederle altre indicazioni in merito. « E' ancora troppo presto per qualcosa di forte. Lo dice l'etichetta se non sbaglio, in effetti sarebbe più appropriato ordinare del tè e dei pasticcini, come questo Paese imporrebbe di tradizione. » Pausa. « E sono certo che la mia scelta ti piacerà » le dice, con un occhiolino d'intesa, come se fossero già abbastanza in confidenza da permetterselo. « In realtá sono io che non mi aspettavo mi contattassi cosí rapidamente, addirittura ad arrivare a trovare il mio numero di telefono. Posso sapere chi te lo ha dato? Giuro che mi fa piacere che tu mi abbia scritto, quindi non fraintendermi, la mia è giusto una curiositá » Ci pensa su qualche istante, aggrottando la fronte e massaggiandosi il mento con le dita. « Sai, mi metti nella posizione di infrangere il segreto professionale chiedendomi ciò. » Prende a dire, appoggiandosi al tavolo con il gomito destro. « D'altro canto, potrebbe anche tornarti utile una simile fonte. » Finge di pensarci su, ancora un po', arricciando le labbra. « Tommy Prince, settimo anno di Grifondoro. Smbra tenere in pugno tutto lo spaccio ad Hogwarts. Ha di tutto: informazioni, numeri, agganci..credo riuscirebbe a trovare senza problemi anche la droga. » Si stringe nelle spalle, riportandosi all'indietro, per rimettersi comodo. « La foto me l'ha scattata un mio compagno di corso, ma come giá ti ho spiegato l'effetto non era affatto volu...mi hai appena detto che sono carina? È questa la tattica che usi per far crollare le modelle che posano per te? Perchè, ti avverto, con me dovrai impegnarti un po’ di piú » Si ritrova a sorridere, divertito, nell'osservare il lieve rossore che è riuscito a far fiorire sulle gote della giovane di fronte a sé. « Sì? Eppure sembra aver comunque sortito un certo effetto. » Commenta, con un alzata di sopracciglio, atta a farle capire che non è passato inosservato il suo arrossire. In fondo, se c'è una cosa di cui è sempre andato fiero Seb è proprio la sua spiccata capacità ad osservare le persone, grazie anche al suo osservarle costantemente da dentro un obbiettivo, perlopiù. Sorride al cameriere che li serve, per poi prendere un sorso di birra.
    « So giá come lavori, non ho bisogno di ulteriori prove, piú che altro...ho bisogno che tu mi dica che sei un artista a trecentosessanta gradi » La fissa da sopra il vetro del boccale, assottigliando lo sguardo bicolore. Continua la intima con gli occhi. « Insomma, con artista a trecentosessanta gradi non intendo che devi saper fare pure il pittore o lo scultore solo che - come sei messo con la realtá aumentata? » A quel punto, Sebastian è più confuso del solito. Parla dei videogiochi? Si ritrova a pensare, mentre cerca di mascherare al meglio la sua faccia da ebete, dietro il bicchiere ben stretto tra le dita. Continua a bere per prendere del tempo. Non posso dirle che non ho capito di che cazzo sta parlando. Già pensa sia un cretino impostato, se le chiedo pure questo, addio proprio. Ma alla fine, la mora accorre in suo aiuto. « Hai mai scattato sotto l'effetto di droghe? » Ohh..okay, ora è più chiaro, parliamo di droga. C'è maggiore consapevolezza nel suo sguardo, mentre appoggia il boccale sul tavolo e la fissa, piegando la testa di lato. Sta bluffando? Si domanda, mentre continua a guardarla, senza dire una parola, come a volerle carpire tutto, analizzandole solo il viso. Oh no, non sta bluffando, è dannatamente seria. Vuole giocare. « Dovrebbe essere come toccare un'altra dimensione, no? Potremmo andare alla Stamberga a scattare, oppure in una delle case abbandonate al limitare del villaggio, o a Londra. Ne conosco un paio isolate, e secondo me sarebbe un'esperienza fantastica » Le dita della mano destra prendono a tamburellare sul legno di noce, mentre un campanello d'allarme prende a suonare forte nel suo cervello. "Scappa, corri più lontano possibile da qui. Non cadere nella sua ragnatela, scappa da lei." Ma tutto quello che fa è rimanere fermo, mentre si schiarisce la voce. « Guarda, ho già quello che serve, tutto quello che manca è la tua macchinetta fotografica ed un tuo sí. Ovviamente poserò per te, potrai tenere le foto, qualunque esse siano, ed aggiungerle al tuo portfolio. E se vuoi soldi, beh, ti pagherò anche. » E' la proposta più folle che gli sia mai stata fatta. Ed è ancora più folle che lui stia effettivamente valutando l'idea. Eppure, è anche la proposta più eccitante che gli sia mai stata fatta. Si ritrova a pensarci, a rimuginarci, sapendo perfettamente di non aver mai fatto uso di ecstasy e di non sapere assolutamente come reagirebbe il suo corpo ad una simile droga. Sa cosa gli capita sotto effetto di erba e fumo, ma quelle sono decisamente più blande e leggere. Theo parla di roba seria. Il suo sguardo si posa sopra la bustina di pasticche, dalle forme e dai colori buffi che sembrano volerlo invitare. "Altra dimensione" continuano a rimbombargli quelle parole nella testa, affascinanti e succulente per un amante dell'estetica come lui. La mora gli sta offrendo un nuovo piatto da mangiare, sotto il naso e lui è così dannatamente tentato e forse anche un po' spaventato. Ma è quello l'effetto che ha Theo su di lui. Dopo solo qualche minuto passato in sua compagnia, lo ha già capito. Per questo, fregandosene di tutto, del buon senso, di quello che gli consiglierebbero i suoi amici, infila una mano dentro la propria tracolla per poi tirarne fuori la macchinetta fotografica. La poggia sul tavolo, tra di loro, vicino al suo braccio nel quale è nascosta la bustina. Merce di scambio per merce di scambio. « Non esco mai senza. Non voglio essere impreparato quando mi coglie l'ispirazione. » Inarca un sopracciglio, con un sorrisetto sulle labbra. « Ci sto per la Stamberga. Ho sentito che hanno provato a rimetterla a posto, potremmo trovare oggetti interessanti da usare per le foto. » Prosegue, prima di finire di scolarsi tutta la birra, in pochi sorsi. Ma c'è un ma, c'è sempre un ma. Una piccola condizione perché non voglio girare per le strade di Hogsmeade tutto fatto. « Ma quelle non le prendiamo fin quando non siamo lì. »

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    [..] « Cavolo, aveva ragione Apple. Sembra un piccolo covo ora! » Si ritrova a commentare, girando su se stesso, con gli occhi puntati verso il soffitto di quella che è diventata una sala ritrovo. C'è una televisione, un divano che è stato sistemato alla bell'e meglio al centro della tavola, con tanto di coperte qua e là, qualche tappeto a terra, un mini frigo poggiato alla parete, qualche candela sparsa lungo la stanza. Si toglie la giacca e la sciarpa, poggiando tutto sopra la propria borsa a terra. « Non ho mai fotografato sotto l'effetto dell'ecstasy. » Le dice, mentre le si fa più vicino, sovrastandola in altezza. Forse dovrei essere più sincero e dirti che non ci sono mai andato giù così pesante. Ma se c'è una cosa che Sebastian ha sempre amato fare è buttarsi letteralmente a capofitto nelle cose. Perciò non sta troppo a pensare a quale effetto quelle pillole potrebbero avere sulla sua mente o il suo corpo, come farebbe suo fratello, analizzando ogni dettaglio, prima anche solo di prendere in mano la droga. Non pensa a nient'altro all'infuori di quell'eccitazione che prova nel lanciarsi nel vuoto, senza paracadute, molto probabilmente. « Quindi non posso prometterti che i risultati saranno decenti. » Si stringe nelle spalle, come a volersi scusare., mentre le apre le dita della mano destra, delicato, lì dove risiede la bustina degli stupefacenti. Ne sceglie uno verde per sé e uno violaceo per lei. « Ai viaggi mentali. » Brinda mettendosi la pasticca sulla punta della lingua. La manda giù con la saliva e senza nemmeno accorgersene, sta già pressando le dita sulle labbra di lei, per fargliele dischiudere. « Ti devi poter fidare di me. » Le sussurra. In fondo, non può esserci uno shooting sincero e senza imbarazzo se non c'è fiducia tra la modella e il suo fotografo. Poggia la pillola colorata sulla sua lingua con un sorriso, prima di indietreggiare per guardarsi intorno. Tra quanto mi farà effetto? Pensa, scrollando immediatamente la testa. « Cominciamo dal divano. » Le dice, invitandola a sedersi. La osserva per qualche secondo, inclinando la testa di lato. « Metti le gambe verso l'alto. » Picchietta la parte alta dello schienale con la mano, per poi girare subito intorno al divano andando verso la sua testa. Le scompiglia i capelli con una mano, facendoli ricadere verso il basso. « Dovremmo esserci. » Dice alla fine, recuperando la macchina fotografica. Fa qualche scatto di prova, per accertarsi che ci sia la luce giusta e che le impostazioni siano settate bene. « Guardami nel modo più naturale possibile. Sii te stessa. » Le chiede poi, cercando di metterla a proprio agio, prima di cominciare a fotografarla dall'alto. Inquadra prima i suoi occhi, poi le sue labbra e si ferma soltanto un attimo a pensare a qualche nuova angolazione. « Ferma così » la intima, mentre si toglie le scarpe e comincia a sentire i primi effetti della pasticca nel momento stesso in cui si erge sopra il divano. Gli gira leggermente la testa ma non ci fa caso e prosegue, posizionando con le gambe ad entrambi i lati del corpo di lei. « Dimmi qualcosa di te » se ne esce, mentre si piega leggermente sulle ginocchia. « Ti vedo attraverso l'obbiettivo, già so qualcosa di te, ma vorrei che fossi tu a scegliere di dirmi qualcosa. Qualsiasi cosa. Fammi entrare nel tuo mondo. » Un paio di click seguono le sue parole. Così che possa catturarlo in una foto.
     
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    Per quanto fosse paradossale, solo avendo scavalcato l'entrata dei Tre Manici di Scopa, Theo aveva giá mandato in fumo i tre quarti del proprio buon senso. E non solo del suo buon senso, quanto anche della buona volontá che aveva impiegato fino a quel giorno, costantemente, per allontanare il vizio dell'alcol e della droga dalla sua testa. Quale persona sana di mente si sarebbe presentata ad un appuntamento di lavoro con una proposta simile alla sua sulla punta della lingua? Nessuna. Ed ecco che Sebastian Grindelwald acquistava un ruolo fondante in tutto il giochetto montato ad arte dall'ex serpeverde: lui era la cavia, quello su cui Theo avrebbe potuto scaricare i sensi di colpa non appena si sarebbe ripresa dallo stordimento dato dall'ecstasy che adesso stringeva saldamente fra le dita. Non è stata colpa mia se è andata così come è andata, è stato Sebastian che mi ha tentata ad andare fino in fondo, dopotutto poteva anche dirmi di no. Inoltre, il moro, non sarebbe stato solo il capro espiatorio su cui fare scaricabarile una volta uscito di scena, ma sarebbe diventato anche un ostaggio inconsapevole della ragazza visto che la sua anima le sarebbe appartenuta per interminabili minuti, in una dimensione che non avrebbe ammesso nessun altro se non lei. Una dimensione che sarebbe iniziata e terminata lí, come il capitolo di un libro. La discesa verso gli inferi cominció nell'esatto istante in cui le birre vennero servite al loro tavolo, e Theo afferró il manico della propria senza farsi alcuno scrupolo. « Hai per caso intenzione di approfittarti di me? » Esattamente, hai centrato il punto.

    [...] Se Sebastian non si fosse presentato con tanto di macchinetta fotografica a seguito, forse i due non sarebbero arrivati a condividere la stessa strada alla volta della Stamberga Strillante dieci minuti dopo essersi conosciuti. Grindelwald era apparso eccitato all'idea di addentrarsi in quella nuova esperienza, ma una parte di Theo aveva sperato fino alla fine che rifiutasse, o avesse un ripensamento dell'ultimo minuto, cosicché anche lei avrebbe desistito dal tuffarsi nuovamente, come tanto tempo prima, nelle allucinazioni date dalla droga. Eppure non stava andando come aveva immaginato, da parte di Sebastian non c'era stato nemmeno il minimo accenno di tentennamento, tanto che la ragazza rimase profondamente sorpresa da come avesse potuto, con così poco impegno, coinvolgere una mente in un gesto insensato e privo di fondamento. Al posto del giovane serpeverde, lei avrebbe chiesto almeno il perchè di una cosa simile e, soprattutto, quale fosse il motivo per il quale tra tante persone all'interno di Hogwarts che si dilettavano con una macchinetta fotografica, la scelta fosse ricaduta proprio su di lei e non su qualcun altro. Ma alla fine Theo e Sebastian non erano la stessa persona, fortunatamente per lei, ed era altamente probabile che il giovane aspettasse un’occasione simile per scollarsi di dosso la nomea di bravo ragazzo che aleggiava sul suo conto, dimostrando che dopotutto fosse in grado di concedersi qualche follia, ogni tanto. La Stamberga Strillante non versava nelle condizioni catastrofiche che ricordava la Watson, difatti la giovane rimase un po' perplessa sull'uscio della porta mentre inclinava leggermente il capo per capire quale fosse il motivo di quella sistemazione improvvisata. Così ha perso tutto il suo fascino. « Cavolo, aveva ragione Apple. Sembra un piccolo covo ora! » Un sopracciglio della ragazza si arcuò mentre portava lo sguardo su Sebastian, che era intento ad ammirare ciò che aveva attorno a sè. Theo, avrebbe voluto chiedergli chi fosse Apple, e se fosse stata proprio lei a sistemare quel posto riducendolo ad uno stile profondamente noioso, monotono ed impersonale. La giovane Watson aveva da sempre ammirato il tocco gotico della Stamberga, così eccentrico e poco convenzionale; a volte si rifugiava lì quando sentiva il peso opprimente delle pretese che la perfezione richiedeva, perchè un po' si rispecchiava nelle assi di legno divelte ed i mobili impolverati, le finestre sbarrate e la carta da parati strappata. Mettendo piede lì dentro le sembrava sempre di entrare in una raffigurazione proiettata della sua testa, così incasinata e cupa, addirittura spaventosa. « ...Tremendamente » commentò con finta esaltazione, premendo le dita sul profilo del tavolo posizionato nel bel mezzo della stanza, incerta, prima di imitare Sebastian e sfilarsi il giacchetto. Lo guardò minuziosamente, carezzando la pelliccia del cappuccio ormai abbandonato sullo schienale della sedia al suo fianco, rimanendo immobile quando il ragazzo fece per avvicinarsi a lei « Non ho mai fotografato sotto l'effetto dell'ecstasy. Quindi non posso prometterti che i risultati saranno decenti. » Solo fotografato? Secondo me non ti sei mai drogato e basta. Ridacchiò, facendosi in punta di piedi per raggiungere la sua stessa altezza, ondeggiando appena mentre Sebastian le apriva le dita per sfilarle le pasticche colorate « Avrai qualcosa per cui ricordarti di me, allora, se queste non ti friggeranno prima il cervello » Si fece più vicina, schiudendo le labbra al passaggio dei polpastrelli, curvando gli angoli della bocca in una smorfia distratta, piacevolmente meravigliata dall'audacia di Sebastian che nemmeno per un istante tenta di fermare, tirando fuori la lingua. « Ti devi poter fidare di me. » Annuì, succhiando la pasticca prima di mandarla giù. « Tu ti stai fidando troppo di me, devo almeno ricambiare il favore. » La voce si avvicinò ad un sibilo roco mentre ricadeva sui talloni, procedendo verso il divano su cui si stese a testa in giù, seguendo le indicazioni del suo fidato fotografo. Poggiò entrambe le mani sul petto, intrecciando le dita senza smettere di guardare l'obiettivo, socchiudendo gli occhi mentre iniziava a sentire gli arti leggeri e la testa pesante: da quella posizione l'ecstasy sembrava far effetto piú velocemente. Alzò le braccia sul capo, accarezzandosi i capelli per poi scendere lungo il profilo del volto, del collo, arrivando a lisciare la stoffa della maglietta che indossava; Theo, inizió a prendere confidenza con la vicinanza che Sebastian aveva imposto tra loro, senza che fosse stata lei a scegliere. Di solito, seppur fosse la prima a cercare una sorta di contatto con chiunque, non amava particolarmente vedersi sottrarre quello che lei considerava una sorta di potere che imponeva sui suoi interlocutori.
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    Decido io quanta distanza ci debba essere, decido sempre io quanta confidenza dare e togliere a mio piacimento; questa era giá la seconda volta nel giro di pochi minuti che il serpeverde l'aveva privata di questa egemonia, salendo addirittura sul divano, a cavalcioni sul suo corpo, per poter scattare da piú vicino, appena piegato sulle ginocchia « Dimmi qualcosa di te » Seppur non fosse sicuramente un intento di Sebastian, la giovane percepí l'ingenua insolenza del ragazzo come una specie di provocazione, qualcosa atta ad imporsi su di lei. « Credo tu sappia il necessario, cos'altro vorresti sapere? » Parlare di sè le risultava sempre complicato, perchè ci sarebbe stato troppo da raccontare, ma anche cosí poco da poter essere raccontato. Fortunatamente per Theo, a volte, le voci di corridoio la sottraevano dall'impiccio di doversi perdere in noiosi monologhi, e quando le veniva chiesto di essere un po’ piú precisa a riguardo, lei cercava sempre di svicolare. « Ti vedo attraverso l'obbiettivo, già so qualcosa di te, ma vorrei che fossi tu a scegliere di dirmi qualcosa. Qualsiasi cosa. Fammi entrare nel tuo mondo. » Il flash le fece stringere appena lo sguardo, infastidito dal lampo di luce improvviso, ed alzó la schiena sui gomiti puntellati contro i cuscini del divano per rafforzare il proprio punto di vista « E se io non volessi aggiungere nient'altro? Magari non voglio che entri nel mio mondo, anche perchè non ti serve. » Mormorò, tagliente, benchè fosse probabile che l'intento di Theodora fosse stato anche quello sin dall'inizio: trovare qualcuno con cui parlare, non solo qualcuno con cui passare del tempo. Quindi perchè tirarsi indietro, adesso? Timore di aprirsi piú del dovuto con una persona che non conosceva minimamente? « Fatti bastare quello che si dice sul mio conto, che sono una poco di buono, ed adoro far infuriare le fidanzate...tu sei fidanzato, Sebastian? Magari con quella che hai nominato prima. Come l'hai chiamata? Apple?» Si umettó le labbra, mettendosi nuovamente in posa per lasciarlo scattare, allungandosi per tirargli i bordi della maglietta verso il basso, giocherellandoci maliziosamente « Facciamo che sarai tu a farmi entrare nel tuo mondo, ribaltiamo le regole visto che anche tu hai ribaltato le mie: solitamente non concedo molte libertá ai ragazzi, li tengo a distanza se voglio tenerli a distanza, ed invece li avvicino se...» Theo mollò la presa, uscendo dalla trappola creata dalle sue gambe giusto per stendersi con la testa sul bracciolo, accavallando le gambe per poi sospirare, massaggiandosi distrattamente il ventre piatto ed ora scoperto. « Hai fatto tutto da solo, ed il che fa di te una persona piuttosto audace, lo ammetto, però non mi piace particolarmente sottostare a regole su cui non ho messo mano » ed ecco spiegato perchè barasse il piú delle volte « Quindi sí, mi hai detto di fidarmi di te, quindi facciamo a modo tuo, ma voglio funzionare come la carta imprevisti del monopoli, hai presente? » Con uno scatto felino lo trascinò sul divano, sfilandogli la macchinetta dalle mani per poi alzarsi su di lui e sorridere, fissandolo dall'alto con introspezione e sventolando i capelli scompigliati per poi scattare una prima foto, appena barcollante vista la poca aderenza sui cuscini « Vediamo, io adesso ti sto guardando attraverso l'obiettivo ma vorrei che fossi tu a scegliere di dirmi qualcosa, quindi fai il bravo modello e dimmi qualcosa. » Theo lo canzonó appena, divertita, imitandolo goffamente nelle posizioni, continuando a spostare a casaccio la messa a fuoco e premendo di tanto in tanto il click. « Potresti essere piú sensuale, se solo ti impegnassi, cosí non ci siamo proprio. Tipo potresti mettere le labbra fuori e...cosí » Si sporse verso di lui per girargli il volto, premendo i polpastrelli sul mento, cosí come Sebastian aveva fatto precedentemente con lei. « Dimmi, inizia a farti effetto? » Soffiò, infine, quasi sul suo viso mentre cadeva seduta su un lato, tirando il capo sulla testiera del divano; era da troppo che non provava cose simili, era come prendere contatto con un'altra realtá. Sensi aumentati, tanto da poter sentire il battito del proprio cuore rimbombare dentro l'intera stanza, oppure sentire quello di Sebastian: magari era il suo a battere cosí velocemente.



     
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    « Credo tu sappia il necessario, cos'altro vorresti sapere? » Theodora è schiva. Non le piace che la gente entri a curiosare nel suo mondo senza permesso. Sebastian la guarda, staccandosi dall'oculare, senza avere il filtro delle lenti focali. No, non le piace quando gli altri si intromettono. Non le piace non avere il controllo su ciò che la circonda. « E se io non volessi aggiungere nient'altro? Magari non voglio che entri nel mio mondo, anche perchè non ti serve. » Si ritrova a scuotere la testa, mentre i click della macchinetta continuano ad accompagnare ogni sua mossa. « Io credo invece che tu voglia che qualcuno entri. » Si ritrova a commentare, con la testa che si fa sempre più leggera, man mano che i minuti scorrono. « Vuoi che qualcuno ti veda davvero, altrimenti non avresti mai scritto ad un perfetto sconosciuto e non saresti con lo stesso in questo momento. » E' stranamente convinto dell'analisi che sta facendo della sua anima. Crede di vederla, vederla davvero. In fondo, ha sempre ritenuto possibile questa intromissione nella vita altrui attraverso la fotografia. Theodora ha tutto. Ha i soldi, ha la bella vita, ha la perfezione in ogni particolare dalla sua, ma forse non ha abbastanza, perché c'è una velata scintilla sopita nei suoi occhi. Un flebile fiammella che sembra, via via, affievolirsi sempre di più. Cosa ti manca? Sembra volerle chiedere con un'ulteriore occhiata, mentre le indica come sistemare il busto a terra. « Fatti bastare quello che si dice sul mio conto, che sono una poco di buono, ed adoro far infuriare le fidanzate...tu sei fidanzato, Sebastian? Magari con quella che hai nominato prima. Come l'hai chiamata? Apple?» Scrolla la testa, evidentemente divertito da quella affermazione. Continua in quel gioco di apparenze. Continua a voler sembrare ciò che gli altri dicono, probabilmente per paura del responso che potrebbe ottenere nel mostrarsi davvero per com'è. Una sorta di corazza, la sua, nella quale si crogiola dentro, felice nel tenere sempre a distanza di sicurezza gli altri. « Sarei stato ad uno speed date se fossi fidanzato? » Le domanda, con la lingua che si impasta leggermente. Ci pensa un po' su. Probabilmente c'è qualche ragazzo che lo farebbe, persino se impegnato. « Non sono il tipo. » Sono ordinario e noioso, come tutti dicono. « Apple è la mia miglior amica. » Si sente in dovere di aggiungere, come a voler proteggere l'identità e il valore che attribuisce al rapporto con la bionda. Un qualcosa di indispensabile per lui, quasi sacro, da dover rispettare. « Facciamo che sarai tu a farmi entrare nel tuo mondo, ribaltiamo le regole visto che anche tu hai ribaltato le mie: solitamente non concedo molte libertá ai ragazzi, li tengo a distanza se voglio tenerli a distanza, ed invece li avvicino se...» Le mani affusolate di lei cominciano a giocherellare con i bordi della sua maglia e lui non si scosta, ma anzi, punta l'obbiettivo e scatta, zoomando sul particolare delle sue dite, strette al tessuto scuro. « Hai fatto tutto da solo, ed il che fa di te una persona piuttosto audace, lo ammetto, però non mi piace particolarmente sottostare a regole su cui non ho messo mano. Quindi sí, mi hai detto di fidarmi di te, quindi facciamo a modo tuo, ma voglio funzionare come la carta imprevisti del monopoli, hai presente? » Rimane leggermente confuso, quando lo tira verso il basso, per poi ergersi sopra di lui, con la macchinetta stretta tra le dita. « La sai usare? » Si sente chiederle, mentre l'eco della sua risata risuona nelle orecchie, come un qualcosa di lontano e indistinto. E' la droga. La sua mente si fissa su quel dettaglio, con gli occhi che vagano indisturbati sul volto diafano di lei.« Vediamo, io adesso ti sto guardando attraverso l'obiettivo ma vorrei che fossi tu a scegliere di dirmi qualcosa, quindi fai il bravo modello e dimmi qualcosa. Potresti essere piú sensuale, se solo ti impegnassi, cosí non ci siamo proprio. Tipo potresti mettere le labbra fuori e...cosí » Lo fa ridere il suo modo di fare. Lo fa ridere il sentirla canzonarlo, senza alcun pudore né vergogna. E ride, mentre arriccia le labbra verso il fuori, pronto a farsi fotografare, così come non hai accettato di fare. Non ama stare davanti all'obbiettivo, è sempre stato uno da dietro le quinte e mai sotto l'occhio di bue puntato addosso. Si mette in posa, con gli occhi che cominciano a vederci doppio, il sorriso ebete sulle labbra e quello strano divertimento che lo anima dall'interno.
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    « Dimmi, inizia a farti effetto? » Annuisce, mentre socchiude gli occhi e si sente il battito nelle orecchie. La mano si muove verso il petto, quel tanto che basta per sentire il cuore che sembra voler uscir fuori. Non si spaventa, mentre rimane stranamente rilassato. « Credo che avrò un infarto. Si può avere un infarto a vent'anni? Se dovessi morire in questo momento, che faresti? » Le chiede, diventato ormai una macchinetta senza freno, mentre respira a fondo, per abbassare il ritmo cardiaco. Probabilmente mi lasceresti qui, non è così? Io non ti servo. « Io ho quasi ucciso un uomo, una volta. » Prende a dire, mentre schiude le palpebre per guardarla nuovamente. Smuove il collo, assumendo una nuova posa per le foto che sta scattando. « Gli ho dato talmente tante botte che, se non me l'avessero tolto da sotto le mani, è probabile che l'avrei fatto fuori. Senza pensarci troppo. » Confida, piuttosto limpidamente. In fondo, quell'uomo era nel torto marcio. Aveva picchiato sua madre per l'ennesima volta e non si meritava altro che marcire da qualche parte, con la sola compagnia della sua anima di merda. Se n'è mai pentito? Forse, ma questo non lo dice mentre fissa Theo, con un sorriso inspiegabile sul volto. « Volevi che ti raccontassi qualcosa di me, no? » Si giustifica, con una scrollata del capo. « A te è mai capitato? Se mai arrivata a quel punto? » Le chiede, sapendo bene che, con ogni probabilità, non otterrà alcuna risposta dalla sua "carta imprevisti". E' proprio in quel momento che gli vibra il cellulare. Sullo schermo un messaggio di quell'app che ha dovuto scaricare durante lo speed date. Con difficoltà, legge il messaggio e rimane lì, imbambolato. "E' tempo, Sebastian. Portiamo le cose al prossimo livello. Ruba un bacio alla tua dolce modella Theo e nessuno si farà del male." Dopo qualche secondo, sposta lo sguardo sulla mora e la fissa, mordendosi l'interno del labbro inferiore. Della ricompensa gli interessa poco e niente e quella ha tutta l'aria di essere una gran cazzata organizzata ad hoc da qualche cretino. Poi, come fanno a sapere che sono con lei? Alza appena il busto, con il collo che ruota a destra e sinistra per controllarsi intorno. Non che sia al suo top, ma effettivamente ci sono solo loro due lì dentro. « Deve essere liberatorio non essere mai se stessi, giusto? » Comincia a dire, tornando a guardarla, con una mano che si allunga verso l'obbiettivo, come a volerlo oscurare. « E' più facile gestire la situazione, rimanendo distaccato, con il coltello dalla parte del manico. » Blatera. « Insomma, non puoi rimanere ferito se non piaci all'altro per la maschera che indossi. Il vero casino arriva quando sei veramente te stesso e comunque non piaci a qualcuno. » Ti ferisce a morte, quel senso di alienazione. La solitudine, il sentirsi in gabbia persino dentro se stessi. Le toglie la macchinetta dalle mani, delicatamente, per poi trarla a sé, fingendo che sia tutto frutto della sua disattenzione e della sua scarsa coordinazione nel rialzarsi, in quell'esatto istante. Lei le cade addosso e lui rimane a guardarla, con l'indice che si infila sotto una ciocca di capelli che le ricade, curiosamente, sul volto, portandola poi dietro l'orecchio. « Voglio sentire cosa si prova. » Un flebile soffio roco sul volto di lei, mentre la mano a coppa le incastona la guancia e le labbra si fanno audaci, incontrando quelle di Theo. Si muovono in un bacio atto a fargli rimanere il suo sapore tra le pieghe della propria bocca. Non lo fa per la ricompensa, quella non gli interessa davvero, ma lo fa perché Theo si dimostra essere un vero mistero e se lei non vuole farlo entrare nel suo mondo, lui vuole comunque rubargliene un pezzo, a mo' di ricordo. La mano libera scatta verso il pavimento, lì dove la macchinetta è rimasta incustodita. Veloce, si stacca dalle sue labbra e punta l'obbiettivo sul suo volto. Un semplice click e la sua espressione è immortalata per sempre tra le trame della foto. Guarda per un attimo la foto sul display, prima di girarlo verso di lei, affinché possa vederla a sua volta. « Spontanea, senza fronzoli né maschere. » Bellissima. Pensa con un sorriso sulle labbra, prima di portarsi un braccio a coprirsi la testa. « In caso mi volessi menare per il bacio.. » si giustifica, sciogliendosi in una risata gracchiante. « Decisamente sta facendo effetto, sì. »
     
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    « Io credo invece che tu voglia che qualcuno entri. Vuoi che qualcuno ti veda davvero, altrimenti non avresti mai scritto ad un perfetto sconosciuto e non saresti con lo stesso in questo momento. » Ciò che Theodora detestava delle supposizioni, era il modo in cui queste sapessero osare più di quanto gli fosse realmente concesso. Le supposizioni non avevano alcun limite imposto, non conoscevano confini, sapevano insediarsi nelle teste di qualunque essere pensante e avevano la capacità di moltiplicarsi alla pari di un batterio. A volte sapevano dare indizi sbagliati ma, tante altre volte, concedevano lo squarcio di segreti inconfessabili. Sapevano sussurrarli ad un orecchio. Non avevano occhi, eppure vedevano: raccoglievano qualunque informazione potesse tornargli utile al fine di formulare su una linea più o meno logica una conclusione che aveva la potenzialità di influenzare il cervello di chi invadevano. Di chi ammalavano. Sapevano prenderci, le supposizioni, così come sapevano fare enormi buchi nell'acqua, ma stavolta era palese che nella testa di Sebastian avessero ricomposto il puzzle in modo corretto: noi crediamo che tu voglia confrontarti con qualcuno che sappia entrarti dentro. Un brivido invisibile si arrampicò lungo la schiena della mora, arpionando la pelle in modo quasi doloroso. Theo avrebbe di gran lunga preferito che Sebastian tenesse quella congettura per sè, invece di esternarla a voce alta. Le venne da scuotere impercettibilmente il capo mentre perdeva tempo a sistemarsi meglio fra i cuscini, schiudendo le labbra pallide « Sarebbe stupido da parte mia pensare che una persona sconosciuta possa vedere tanto in profondità. Potrei scegliere di recitare qualunque parte io voglia, e tu nemmeno te ne accorgeresti » Ma non è quello che sto facendo, perchè in fondo mi piace sperare che arrivi quella persona. Si sistemò a terrà, seguendo le direttive del suo fotografo a cui non riuscì a non riservare qualche occhiata impercettibilmente torva - e non perchè Theo avesse qualcosa contro Sebastian, bensì cercava di capire quanto il suo fotografo stesse cercando di scendere in profondità. Si sentiva in bilico su un limite, l'ex serpeverde, quasi volesse immensamente che qualcuno scavalcasse l'apparenza, ma da l'altra parte era pronta a bloccare qualsiasi confidenza non concessa. «Sarei stato ad uno speed date se fossi fidanzato? Non sono il tipo. Apple è la mia miglior amica. » Theo non faceva mistero del fatto che avesse sempre avuto a che fare con ragazzi poco devoti alle loro stesse promesse, poco rispettosi degli impegni che prendevano, e si era sempre divertita a discapito di povere fidanzate che credevano di essere il centro del mondo per i propri compagni. Il fatto di poter soggiogare una mente, di potersi inserire in una relazione senza il minimo sforzo, la faceva sentire particolarmente potente e colmava forse quel senso di inadeguatezza che provava nei confronti dell'intero universo. Quando ha scelto di diventare una cheerleader, l'ex serpe si è chiesta a quale categoria di ragazza popolare avesse voluto appartenere: quella cornuta con mille aspettative che giocava a costruirsi un futuro da first lady, così devota al proprio ragazzo - rigorosamente capitano della squadra di quidditch - da diventare il suo zerbino personale; oppure essere semplicemente la stronza di turno che non doveva preoccuparsi di avere legami, ma godeva degli stessi benefici della prima categoria. Era sicuramente più complicato incassare gli insulti, ma riteneva fosse sicuramente meglio del lasciarsi infinocchiare dal superfigo che qualcun altra si sarebbe scopato al posto suo. « Quindi anche tu sei uno di quelli che crede nell'amicizia tra uomo e donna? Beh, sono del tuo stesso parere, anche io ho un migliore amico, Greg. » snocciolò con talmente tanta naturalezza da sorprendersene addirittura lei stessa: sì, era vero che fosse risaputo che Theo Watson fosse l'inseparabile ombra di Greagoir Olivander - non era un segreto, ma il modo in cui pronunciò quella frase, l'assoluta disinvoltura che usò nel rivelargli uno spacco della sua vita senza un minimo di diffidenza, le diede da pensare che probabilmente sarebbe stata capace di confidargli anche cose che normalmente non avrebbe detto. Che Sebastian stesse riuscendo nel proprio intento? Forse stava scavando nel modo giusto, e l'ecstasy di certo non aiutava l'autocontrollo della ragazza. Tieni a freno la lingua, non dire qualcosa di cui potresti pentirti. « La sai usare? » Era così concentrata a sfuggire dalla curiosità del serpeverde che quasi dimenticò di aver preso in mano la macchinetta fotografica e di aver assoggettato Sebastian sotto il proprio comando. Guardò con cipiglio confuso lo strumento che tratteneva fra le dita - quand'è che gliel'ho sfilata dalle mani? - ed annuì energicamente, alla pari di una bambina sicura di sè. Lui ride e Theo s'incanta un po' nel fissarlo oltre l'obiettivo, divertita, premendo ancora le dita della mano libera contro le sue guance mentre scatta foto senza ritegno. No, non aveva per niente il portamento di una fotografa, altrettanto non possedeva la stessa sensibilità: non sapeva vedere oltre. La infastidiva guardare la pelle di Sebastian oltre un filtro, un qualcosa che divideva l'occhio dalla realtà, difatti di tanto in tanto non poteva fare a meno di sbirciare da sopra l'obiettivo. Come fai ad andare oltre? Io non riesco a vedere nulla di più. Sospirò, aggrappandosi alla sua maglietta prima di ridacchiare e porre un palmo aperto proprio lì dove batte il cuore. La mora lo sentiva, quel tum-tum accelerato per il quale il cuore sembrava volergli schizzare fuori dal petto. « Credo che avrò un infarto. Si può avere un infarto a vent'anni? Se dovessi morire in questo momento, che faresti? » Le persone non pensano mai alle conseguenze, e Theo non aveva pensato alle conseguenze che avrebbe potuto portare quella sola piccola pasticca colorata. Glielo aveva anche chiesto a Sebastian, se avesse fatto uso di droghe prima di quel momento, e non si era minimamente preoccupata di riflettere su quello che sarebbe potuto accadere per colpa sua. Potrebbe ucciderlo. Una lampadina si accese subito nella testa di Theo, che tirò via la mano dal petto del ragazzo con il respiro forse mozzato: e se si sentisse davvero male? Già altre volte aveva assistito a casi simili, l'ex serpeverde, ma non le era mai capitato di essere completamente sola; con lei c'era sempre stata altra gente, persone sicuramente più sveglie e reattive di lei. Si sarebbe fatta prendere dal panico e forse, sì, sarebbe scappata. Abbassò gli occhi senza rispondere, e Sebastian l'anticipò nuovamente « Io ho quasi ucciso un uomo, una volta. » Deglutì, tornando a guardare il ragazzo ancora sdraiato sotto di lei, incominciando a sentirsi infinitivamente in colpa per la ragione meschina per la quale lo avesse spinto fin lì: distrarsi. Il malcapitato poteva essere Sebastian come chiunque altro, a lei non sarebbe interessato, ed adesso vederselo così ben disposto a costruire una linea di confidenza che avrebbe incontrato immancabilmente un muro dall'altra parte, la faceva sentire una grandissima stronza. La droga amplificava qualunque sensazione e se dalla spensieratezza si passava ad un sentimento negativo, toccava farci i conti. « Gli ho dato talmente tante botte che, se non me l'avessero tolto da sotto le mani, è probabile che l'avrei fatto fuori. Senza pensarci troppo. » Sebastian si stava aprendo, stava raccontando qualcosa di lui che normalmente non avrebbe dichiarato con tanta leggerezza. Ho quasi ucciso un uomo, le rimbombò in testa mentre scorreva le foto sul display della macchinetta, nel tentativo di riflettere sulle proprie colpe. Non le venne da ridere stavolta, benchè in altre occasioni si sarebbe piegata in due dallo spasso. Il volto di del ragazzo diventa stranamente vittorioso, spaccone, indecifrabile, quasi volesse farsi figo davanti ai suoi occhi. E per quale motivo lo hai fatto, Seb? Sicuramente alla base c'era un sentimento di rabbia, tristezza, frustrazione, che non faceva di lui un attaccabrighe ma bensì una vittima. Solo una povera vittima di un carnefice a cui era riuscito a ribellarsi. Era facile vedere le cose per ciò che non erano, e probabilmente Grindelwald si accorse della profonda perplessità di Theo « Volevi che ti raccontassi qualcosa di me, no? » Hai ragione, te l'ho chiesto io « A te è mai capitato? Se mai arrivata a quel punto? » Secondo la legge del do ut des, la ragazza avrebbe dovuto ripagare Sebastian con la stessa moneta, e quella piccola scintilla nel suo sguardo, quella che diceva chiaramente che dopotutto non si nascondeva così tanta felicità dietro a quel sorriso che adesso le stava riservando, le diede forse il coraggio di fare un passo verso il vuoto « Ho tentato di togliermi la vita, due volte. » Ed era una cosa di cui si vergognava profondamente, e non tanto per averci provato, piuttosto per non esserci riuscita. Sapevano in pochi di quel suo desiderio che, ogni tanto, tornava a martellare nella sua testa. Anzi, forse solo Percy e Greg ne erano davvero a conoscenza - ed adesso si aggiungeva anche Sebastian. « ...Perchè fa schifo la vita dopotutto, no? E' solo un misto di dolori che ti porti dietro e che accumuli giorno dopo giorno senza mai vedere una fine. Ogni tanto riaffiorano, non ti danno tregua, ti fanno sentire uno scarto, una persona inutile » mi sento in colpa per non aver salvato mio fratello quando i miei lo hanno ammazzato di botte. Se Johnatan era morto, era anche colpa di Theo, una bambina di circa dieci anni che era rimasta a guardare oltre lo spioncino della porta invece di intervenire. E lei lo ricordava lucidamente; ma rise per smorzare, prese nuovamente a fare qualche foto al suo modello, snocciolando un « Dovresti pensare davvero di metterti davanti alla fotocamera invece di rimanere dietro l'obiettivo, il tuo profilo instagram si popolerebbe di ragazze vogliose di farsi fare uno shoot...Esponi la merce, Seb. Forse dovrei parlare a qualcuna delle mie Cheerleader di te, magari c'è qualcuna con cui vorresti uscire » Non si smentiva mai, la Watson, sempre pronta a portare una maschera sul volto e passare di punto in bianco da un momento assolutamente down, ad una falsa ed esaltata felicità. Inarcò un sopracciglio quando si accorse che Sebastian afferrò il cellulare fra le dita « Uao, già stai correndo a mettere qualche foto? » Scherzò, soppesando minuziosamente ogni impercettibile espressione spalmata sul volto pulito del serpeverde. Devi andare via? Theo temeva che Sebastian sarebbe balzato in piedi di lì ad un secondo, congedandola per scappare da tutt'altra parte, da qualcun altro che aveva più importanza di lei. Ed invece no, Grindelwald rimase lì, sotto di lei. « Deve essere liberatorio non essere mai se stessi, giusto? » Anche sotto l'effetto di droghe, il ragazzo era stato così perspicace da percepire quel cambio repentino di Theo, che in un battito di ciglia era tornata a sorridere.
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    « Non voglio credere che a te non sia mai capitato di nasconderti » Perchè capitava a tutti, no? Io non sono nè la prima nè l'ultima ad essere così vigliacca. « E' più facile gestire la situazione, rimanendo distaccato, con il coltello dalla parte del manico. Insomma, non puoi rimanere ferito se non piaci all'altro per la maschera che indossi. Il vero casino arriva quando sei veramente te stesso e comunque non piaci a qualcuno. » Questa era la dimostrazione di quanto Theo sapesse poco del mondo, di quanto fosse qualunquista e colma di stereotipi: non tutti erano lei; non tutti erano come quei gradassi delle squadre di quidditch. I maschi non appartenevano tutti ad un'unica categoria, se non erano Percy o Greg. Le faceva strano anche solo pensare che lei e Sebastian appartenessero alla stessa faccia della moneta, e no, non è possibile, perchè nella mia testa non funziona così. Non esistono persone che non si nascondono, così non esistono ragazzi col cuore spezzato, perchè voi un cuore non lo avete. Per voi l'amore non esiste, una ragazza vale l'altra, perchè sapete fermarvi solo all'aspetto fisico. Non sapete innamorarvi se non di quello che può soddisfare subito la vostra vista. Come può farti soffrire qualcosa che puoi benissimo sostituire? Ed ecco che improvvisamente si sente strattonare verso il basso mentre il ragazzo le sfila la macchinetta fotografica dalle dita, quasi a mettere fine a quel gioco che è continuato fin troppo a lungo. Alla farsa che aveva eccezionalmente smascherato.« Hai centrato perfettamente il punto: io so già di non piacere alle persone, normalmente. Figurarsi se mi mostrassi per la persona malata che sono, nemmeno a te piacerei. » Ed era una cosa che già sapeva, in cuor proprio. Motivo per il quale sceglieva sempre una maschera nuova da indossare. Theo, cadde addosso all'ex concasato senza volerlo, avendo poca coordinazione nei movimenti, prendendo un piccolo sospiro quando si ritrovò abbastanza vicina al suo volto da poter condividere la sua stessa aria. « Voglio sentire cosa si prova. » Le disse, senza che la mora potesse afferrare bene il concetto, ed una mano scattò a portarle una ciocca dietro all'orecchio prima che potesse perdere la cognizione del tempo. Tutto accadde in fretta, ma in una manciata di secondi cristallizzati, quasi immobili nel presente: tante piccole diapositive messe una accanto all'altra. Fisse, ma nel contempo in movimento. Theo tutto si aspettava a meno che affrontare un bacio, uno di quelli che non puoi raccontare ad alta voce. Così improvviso e del tutto non programmato, che ti mozzano il fiato ed in qualche modo ti segnano benchè tu possa scordarli. Scordi l'attimo, scordi la scena, ma non la sensazione degli arti che prendono a formicolarti e degli occhi che si socchiudono per imprimere il senso di assoluta leggerezza che ti avvampa in petto. Era la prima volta che le accadeva una cosa simile, era la prima volta in assoluto che si sentiva indifesa davanti a qualcosa che non fosse stato minuziosamente previsto dal ritmico prendere decisioni che Theodora s'imponeva per non cadere in fallo. Se io voglio baciare un ragazzo, faccio in modo che accada, se voglio solo impasticcarmi e staccare la spina per qualche ora, lo faccio senza imprevisti. Ma stavolta l'imprevisto c'era stato, era innegabile. Quando poi la macchinetta fotografica scattò, riportandola così alla realtà, la Watson iniziò a convincersi di essere stata presa in giro. Passò le pupille dilatate da Sebastian all'obiettivo, ritornando infine sul sorriso soddisfatto del ragazzo che prese a coprirsi « In caso mi volessi menare per il bacio.. » - « perchè lo hai fatto?» Sbottò in un fil di voce, senza nemmeno avere il tempo di riempire i polmoni d'aria. Lo guardò, torva, un po' ferita e forse sfiduciata. Mi sono aperta con te e tu hai pensato bene di provare ad essere esattamente come tutti gli altri: un approfittatore. « Volevi, non so, provare quello che sentono solitamente i ragazzi quando riescono a conquistarmi come un trofeo? Quando riescono ad aggiungermi alla loro collezione o mettermi...un fottutissimo voto su uno stupido quaderno che si passano sotto ai banchi a lezione?» Sospirò, prima di scuotere il capo ed alzarsi, stringendosi nella felpa che rialzò sulle spalle, faticando a non traballare « Come ci si sente, allora, ad indossare questa maschera? Sai, onestamente pensavo che dai tuoi discorsi sul vedere di più potesse uscirne qualcosa di buono. Eri quasi riuscito a farmi il lavaggio del cervello e farmi pensare che forse non siete davvero tutti uguali, ci stavo credendo, e sono bastati due minuti per smentirti.» - « Il ragazzo timido che poi non è affatto timido, ed anzi, probabilmente racconti le stesse cazzate a tutte. Mi hai parlato per un quarto d'ora di maschere, ed ecco che il primo ad indossarne una sei proprio tu. E' per caso una sorta di psicologia inversa giustificarsi col "voglio vedere cosa si prova"? Così che tu non possa essere giudicato perchè: porello, voleva solo provare, possiamo condannarlo per questo?» Sarò anche un'oca, ma arrivo a capire certe cose, o cercava di imporsi che fosse così. Perchè onestamente nemmeno la stessa Theo sapeva dirsi cosa fosse accaduto e quale fosse la ragione per la quale quell'impronta le rimanesse solerte impressa sulla pelle. « Mi piace essere un oggetto quando io scelgo di essere un oggetto, e questa volta non sono stata io a deciderlo. Lo hai deciso tu per me, per una foto naturale, senza filtri. O semplicemente per avere una prova con cui testimoniare l'accaduto. Ma tanto, fidati di me, ti crederebbero anche senza.» Indietreggiò di qualche passo, intruppando contro alla gamba del tavolo verso il quale si appoggiò prima di chinarsi e cominciare a mettere in ordine la borsa che rovesciò a terra, ricacciando tutto dentro. In fretta, quasi dovesse fuggire ai bombardamenti.

     
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    « Ho tentato di togliermi la vita, due volte. » C'è un velo di tristezza che traspare negli occhi del giovane nell'udire quelle parole. Forse perché anche sua madre ha tentato di uccidersi, non appena aveva avuto Jesse. Nel pieno della dolorosa depressione post parto, ad appena cinque anni compiuti, Seb l'aveva ritrovata in bagno, in una pozza del suo stesso sangue, con suo fratello che piangeva come un forsennato nella sua cameretta, lì accanto. « ...Perchè fa schifo la vita dopotutto, no? E' solo un misto di dolori che ti porti dietro e che accumuli giorno dopo giorno senza mai vedere una fine. Ogni tanto riaffiorano, non ti danno tregua, ti fanno sentire uno scarto, una persona inutile » Nuovamente, Seb scorge negli occhi cristallini della mora una nuova sfumatura. C'è un profondo dolore in lei. Un qualcosa di talmente profondo, radicato e ancora sgorgante di sangue da averla resa totalmente disillusa nei confronti della vita. Perché la vita fa schifo, è questo che pensa lei. E tu? Pensi la stessa cosa? No, Sebastian non è dello stesso avviso. Ci sono stati, ci sono ancora e ci saranno altri momenti di merda per lui, ma insieme a questi vi sono tanti altri attimi pieni di luce, gioia, spensieratezza. Istanti per i quali non penserebbe mai di farla finita, di togliersi la vita perché tanto non vale nemmeno sforzarsi. « Solo e soltanto dolori che riemergono? Ne sei sicura? E' fatta solo di questo la tua vita? » E non hai attimi che ti fanno desiderare di vivere? Persone che ti fanno dimenticare tutto il resto? Quel qualcosa che ti faccia dire "valgo la pena"? Quesiti che rimangono taciuti, tra le pareti della sua bocca. Non si rendono palesi, forse per non turbarla, forse per paura di quella che potrebbe essere la risposta che otterrebbe da lei. Perché se uno arriva a dire le cose che gli ha appena confidato lei, forse ha già valutato ogni singolo aspetto della propria vita, ritenendoli mancanti. Una vita che, a tutto gli effetti, dal di fuori è sempre apparsa dorata e sfavillante, come una piccola fiaba in miniatura. Ma nessuno più di Seb capisce quanto certe prigioni possono rivelarsi finte ed asfissianti, create ad hoc per il mondo esterno, così come quei sorrisi falsi di cui la Watson si riveste, quasi come un vestito finemente ricamato che però le va stretto, ora il ragazzo lo capisce. « Dovresti pensare davvero di metterti davanti alla fotocamera invece di rimanere dietro l'obiettivo, il tuo profilo instagram si popolerebbe di ragazze vogliose di farsi fare uno shoot...Esponi la merce, Seb. Forse dovrei parlare a qualcuna delle mie Cheerleader di te, magari c'è qualcuna con cui vorresti uscire » Ma da brava maestra del trasformismo, Theo cambia maschera, cambia abito e si mostra nuovamente felice e pimpante, come se solo i pochi istanti prima non fossero mai accaduti. « No, grazie, sei davvero gentile a preoccuparti, ma sono a posto così. » Di cheerleader me n'è bastata e avanzata già una. Si ritrova a pensare, in balia dei movimenti di lei, mentre casualmente il suo pensiero si ferma a sfiorare il ricordo di Ariadne, scomparsa nuovamente, dopo essersi ritirata da scuola a Gennaio. « Uao, già stai correndo a mettere qualche foto? » La contraddice con un sonoro schiocco di lingua, mentre un sorriso si apre sulle labbra. « Ma figurati. Quando metterò una mia foto sul mio profilo ig saprai che sono impazzito. » Si ritrova a commentare, sovrappensiero, con gli occhi che scandagliano veloci il messaggio. La pillola in circolo fa decisamente il suo effetto, ampliando e ingigantendo al massimo ogni sua minima emozione. Il battito che, sonoro e piuttosto accelerato, gli riempie le orecchie, estraniandolo dal resto dei suoni. Le pupille decisamente dilatate, la sudorazione fredda che gli imperla la fronte e che sente sui palmi delle mani, ma non è nemmeno troppo sicuro che sia una sensazione reale. Forse sto sfleshando di brutto. « Hai centrato perfettamente il punto: io so già di non piacere alle persone, normalmente. Figurarsi se mi mostrassi per la persona malata che sono, nemmeno a te piacerei. » Scrolla la testa, piuttosto convinto, con dei lampi di luce azzurrognola che gli attraversa il campo visivo. « Beh, sbagli. » La rimbecca, convinto, stropicciando gli occhi per cercare di togliere tutti quei strani puntini. « Sbagli ad essere convinta di saper già tutto. Perché sbagli. Di grosso. » Piuttosto chiaro e lineare come discorso, no? Non sa nemmeno lui cosa stia dicendo, troppo impegnato a pensare a tutt'altro. Perché una parte del suo cervello è ancora lì, con lei, ma l'altro è da tutt'altra parte, caduto nella tana del Bianconiglio e urla, urla forte, per farsi sentire dalla parte ancora vigile. Per trascinarla giù, insieme a lei. Ed è mentre si sente trascinare dentro quel vortice degli stessi colori dell'arcobaleno, che decide di prendere per mano Theo, per portarsela con sé. Andiamo, seguimi. Butta via ogni maschera, smettila di nasconderti, fai un passo verso il vuoto e salta con me. Le chiede questo, con quelle labbra morbide che si modellano contro le proprie, con le mani accaldate che le carezzano il volto. Perditi con me, per qualche istante che ne valga la pena. « perchè lo hai fatto?» Non capisce subito quanto sia seria la voce di lei. E' ancora lì, mezzo imbambolato, che cerca di processare quanto è appena accaduto. Sbatte gli occhi per qualche istante, per poter tornare alla realtà e vederla lì, di fronte a sé, pietrificata e torva. Quasi come se si fosse appena scottata. « Io.. » comincia a balbettare, preso totalmente in contropiede. Con le difese così poco lucide da poter sentirsi più sicuro nel rispondere a quell'attacco. « Volevo semplicemente baciarti. Niente di più. » Ma sbaglia. Non dovrebbe dirlo, dovrebbe soltanto stare zitto. « Volevi, non so, provare quello che sentono
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    solitamente i ragazzi quando riescono a conquistarmi come un trofeo? Quando riescono ad aggiungermi alla loro collezione o mettermi...un fottutissimo voto su uno stupido quaderno che si passano sotto ai banchi a lezione?»
    « Theo, no..hai completamente travis- « Come ci si sente, allora, ad indossare questa maschera? Sai, onestamente pensavo che dai tuoi discorsi sul vedere di più potesse uscirne qualcosa di buono. Eri quasi riuscito a farmi il lavaggio del cervello e farmi pensare che forse non siete davvero tutti uguali, ci stavo credendo, e sono bastati due minuti per smentirti. Il ragazzo timido che poi non è affatto timido, ed anzi, probabilmente racconti le stesse cazzate a tutte. Mi hai parlato per un quarto d'ora di maschere, ed ecco che il primo ad indossarne una sei proprio tu. E' per caso una sorta di psicologia inversa giustificarsi col "voglio vedere cosa si prova"? Così che tu non possa essere giudicato perchè: porello, voleva solo provare, possiamo condannarlo per questo? » Lo attacca, Theo, come un animale ferito che cerca di difendersi. Sferra un colpo dietro l'altro, lasciandolo lì, a terra, con lo sguardo sgranato e le parole che sembrano non voler uscire dalla sua bocca. Attonito e confuso. « Mi piace essere un oggetto quando io scelgo di essere un oggetto, e questa volta non sono stata io a deciderlo. Lo hai deciso tu per me, per una foto naturale, senza filtri. O semplicemente per avere una prova con cui testimoniare l'accaduto. Ma tanto, fidati di me, ti crederebbero anche senza.» Poi, dopo la tempesta, il silenzio. Seb è ancora un po' stordito, mentre scuote la testa e sente un fischio sordo fargli compagnia nelle orecchie. C'è un profondo dolore in lei. Tutto lo fa capire. La sua reazione così spaventata e sulla difensiva, il suo farsi indietro, per allontanarsi dalla minaccia. Se c'è una parte di lui che è ferita dalle sue parole, ce n'è un'altra che capisce a fondo il perché di quelle stesse. E' semplicemente un modo per prendere le distanze, per evitarsi nuovamente quel dolore che, come lei gli ha detto, tende a tornare, costantemente, nella sua vita. Si passa una mano sugli occhi, il moro, strofinandoli, prima di riaprirli per abbassarli verso la macchinetta. Pigia i tastini, un paio di volte, finendo nella galleria delle foto e, trovata quell'ultima foto incriminata, la cancella, dopo averla fissata per qualche istante, in silenzio. Questa è Theo. Senza sovrastrutture, senza dolore. « Non c'è più. » Dice poi, con il tono di voce basso e con gli occhi che continuano a guardare verso il basso. Pur sapendo di aver ragione, di non essere colui che lei ha appena dipinto, non ha il coraggio di rialzarli. « Mi dispiace, non dovevo. » Farnetica poi, decisamente imbarazzato. Si sente in colpa per averla fatta sentire usata, un oggetto, come ha detto lei. « Ho superato il limite. Non avrei dovuto baciarti, non avrei dovuto voler catturare la tua essenza così intima e fragile. » La lingua va a briglia sciolta, indomita e spavalda, senza farlo rendere davvero conto di ciò che sta accadendo. Si rialza, appoggiandosi al divano con le mani, per non ricadere all'indietro. E' ancora intontito, ma ora c'è anche una certa consapevolezza nei suoi occhi, una certa lucidità che brilla. « Mi dispiace per il fatto che tu non ti dia mai davvero una possibilità. » Dice poi, mentre raccatta la borsa da terra, per rimettervi dentro la macchinetta. « Sei stata ferita, più e più volte. Hai così tanto dolore dentro, da credere di aver bisogno di una maschera per nasconderlo al mondo. Beh, sbagli. » Tu vuoi essere vista per quella che non sei. Ti piace essere qualcun altro, per un po', perché la tua vita, l'hai detto, ti fa schifo. « La tua fragilità è la perla più preziosa che hai. » Quella parte che aveva intravisto nella foto di qualche minuto prima. « E mi dispiace anche per chi hai incontrato in passato. Ti hanno fatto male, ma lasciatela dire una cosa: non tutti sono così. Per il ricordo che hai di due o tre, decidi di precluderti la novità e il bello che c'è in moltissimi altri. "Perché i maschi sono tutti così, no?"» Non c'è vena di provocazione nella sua voce, ne tanto meno di scherno. « Spero che, prima o poi, permetterai a qualcuno di essere fortunato come io lo sono stato pochi istanti fa. » Spero che ti aprirai con uno sconosciuto da te scelto, così come hai fatto con me. Affonda le mani nelle tasche del giacchetto, non appena se lo infila. « Ti va se ti riaccompagno a casa? » Chiede infine, rialzando lo sguardo su di lei, per la prima volta. In fondo, il lasciarla vagare per Hogsmeade, con anche un quarto della botta che ha lui in quel momento, non rientra assolutamente nei suoi piani. Fuori discussione proprio.

     
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