The future hangs over our heads

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    Le cose cambiano. Si dice che tutto scorra, che nulla resti uguale troppo a lungo, addirittura che non ci si possa bagnare nello stesso fiume per due volte. Tutto scorre. E insieme alla vita, forse perché costretti, cambiamo anche noi. Ma quanto cambiamo davvero? Fawn, a questa domanda di alto tenore filosofico, presa così in contropiede, non avrebbe saputo rispondere. Eppure era la prova vivente - di carne, ossa, e nervosismo in apparenza sapientemente celato - che certe cose, non importa quanto possiamo seppellirle, non cambieranno davvero mai. Lei, per esempio, pur essendo seduta su un muretto qualsiasi con aria di distratta compostezza, era comunque alla sua quarta sigaretta in mezz'ora. Nonostante i capelli ed i vestiti in ordine. Nonostante avesse appena finito di sorridere amabilmente ad un compagno di corso dopo averci scambiato quattro chiacchiere sui risultati della sessione. Ecco, nonostante l'immagine generale desse l'idea di una persona perfettamente a proprio agio, quelle quattro Marlboro in meno di quaranta minuti le aveva fumate ugualmente. E, se solo il buon Mike fosse stato una persona un po' meno presa dai risultati del suo ultimo esame, avrebbe anche notato che lo sguardo smeraldino continuava a saettare, ad intervalli anche abbastanza regolari, in direzione del polso. Ancora quindici minuti., si disse mentalmente. Ed era un discorso, un soliloquio anzi, che stava portando avanti da quella mattina. Era stata distratta per tutto il corso della giornata. No, non distratta: elettrica. Quindi, per quanto potesse essere cambiato all'esterno, per quanta calma e compostezza potesse imporsi, Fawn Byrne era rimasta la stessa, quando si trattava di appuntamenti importanti. E quello, sebbene fosse quanto di più lontano da un appuntamento romantico potesse esserci, importante lo era eccome. E, a confondere ancora di più le idee sulla possibile risposta riguardo al cambiamento delle cose, c'era la questione riguardante la persona con la quale l'americana doveva vedersi. Malia Stone. Ecco, normalmente, anni addietro, il tipo di nervosismo che avrebbe accompagnato l'attesa di un'uscita con lei, sarebbe stato sicuramente diverso. Quindi qualcosa era cambiato. No, più di qualcosa: erano successe così tante cose, negli ultimi mesi, che sarebbe stato riduttivo parlare di "qualcosa" e basta. C'era il fatto che non si erano parlate per mesi. C'era il fatto che, per altrettanto tempo - complice l'orgoglio ferito di entrambe - avessero deciso di far finta di non vedersi. E, quando non si poteva fingere di non vedersi, allora si erano oltrepassate in corridoio - o di qualsiasi luogo pubblico si fosse trattato - come se non si fossero nemmeno mai conosciute. Come se non avessero condiviso innumerevoli pomeriggi l'una in compagnia dell'altra. E forse questo sosteneva la tesi secondo la quale, in fondo, tutto può mutare. Ecco, forse - sempre per orgoglio - se le cose non avessero preso una certa piega, Fawn si sarebbe stretta nelle spalle concordando... mentendo così a sé stessa. Perché la verità, nel suo caso, era una soltanto: per quante cose potessero essere cambiate, il modo in cui le due avevano chiuso, per così dire, le aveva sempre lasciato l'amaro in bocca. Una cucchiaiata di fiele bella grossa. E, ovviamente, avrebbe potuto dire tante cose, celarne altrettante e astenersi dal fare, o ancora farne, un numero ancora maggiore senza che questo, fondamentalmente, cambiasse la cosa più importante, che poi era quella che contava nel suo caso specifico: lei a Malia voleva bene, gliene aveva voluto, e per quanto potesse fingere compostezza ed occupare la propria giornata con mille altri impegni, conoscere mille altre persone interessanti, nessuno avrebbe mai preso il suo posto. Semplicemente perché le persone non si rimpiazzano.
    E così aveva finito per approfittare della cosa più insignificante del mondo - un commento su wiztagram, roba che se l'avesse fatto qualcun altro l'avrebbe preso per i fondelli per sempre - e... semplicemente le aveva chiesto di vedersi, un giorno o l'altro. L'aveva fatto di getto, fondamentalmente per non darsi il tempo di pensarci e dare al proprio orgoglio il tempo di fornirle dieci buone ragioni per non contattarla. Perché tanto lo sai bene che non è orgoglio. E no, non era orgoglio, e nemmeno delusione, niente del genere; solo paura di sentirsi di no. Perciò il tempo di riflettere non se l'era concesso, da brava Grifondoro. E aveva fatto bene.
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    « Mike, mi spiace un sacco, ma devo proprio andare. » Annunciò ad un certo punto, dopo aver spento quel che restava della sua sigaretta con un deciso colpo di tacco, tutto questo con la disinvoltura di chi non ha controllato l'orologio ogni cinque minuti. Gli rivolse comunque un mezzo sorriso, aggiungendo in tono gentile che avrebbe potuto scriverle per aggiornarla sulla questione, ma che aveva un impegno proprio urgentissimo che non poteva attendere e, sistemata una ciocca scura dietro l'orecchio, si avviò a passo leggero verso il luogo dell'incontro: i Tre Manici.
    E anche questo, per quanto solito, era diventato stranamente insolito. Un'altra occhiata all'orologio. Mancavano sette minuti. Tempo che avrebbe potuto occupare, probabilmente, incatramandosi ulteriormente i polmoni. Ci pensò per un attimo, poi scosse la testa e decise di fare il suo ingresso nel locale. Cinque in mezz'ora sarebbero un triste record anche per me. Nemmeno durante il lockdown ero a questi livelli. Il che era tutto dire, visto che l'ultima fase del suddetto l'aveva passata in biblioteca, con Dean, con più nicotina - tarocca per via della mancanza di viveri, ma sempre nicotina - che sangue in circolo. Calma, Fawn. Ce la puoi fare, ce la puoi fare, ce la... ma da quando penso a me stessa in terza persona? Che disturbo è? Si scostò un'altra ciocca dal viso con irritazione, prese un sospiro e si sedette ad uno dei tavoli in fondo. Si tolse il cappotto, tirò fuori un libro... il quale non venne nemmeno letto. Figurarsi - assimilare nozioni di psicologia in quelle condizioni? Con tutta quell'elettricità in corpo? Pffft.
    Eppure, testarda com'era, decise ugualmente di fingere ancora. Finché non sentì dei passi e non vide qualcuno avvicinarsi al posto che stava occupando. « Ehi, ciao! » Accompagnò il tutto ad un sorriso che, per quanto piccolo e forse un po' incerto, non poteva assolutamente non dirsi sincero. Aspettò che la nuova arrivata - nonché l'atteso appuntamento del pomeriggio - prendesse posto di fronte a lei, prima di chiudere di scatto il libro. Era strano trovarsela di fronte, ma non poteva dire che fosse uno strano spiacevole. Forse l'intimoriva un poco, come tutte le cose delicate, dato che la Byrne dal canto suo non aveva una strategia. Non sapeva come muoversi. Ma sapeva che quell'incontro fosse, a modo suo, un enorme passo avanti. « Grazie di essere venuta, davvero. È bello vederti e, oddio, ma come parlo? » Scosse leggermente la testa. No, l'impostata con Malia Stone anche no. Si rifiutava. « .... eeeee the awkward award goes to me. Però sono davvero contenta di vederti. Cosa prendi? » Si sciolse in un mezzo sorriso mentre rilassava le spalle. In conclusione: certe cose non cambiano mai. Di fronte ad una cosa a cui tieni, Fawn, avrai sempre cinque anni. Sarai sempre nervosa. Avrai sempre paura. Ma sarà bello. « Come stai? »
     
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    Ciao Fawn. Scusami tanto ma oggi non me la sento proprio di

    Ehi! Non puoi capire che sfiga, mi sono presa una febbre incredibile.
    Non vorrei contagiarti. Che dici se facciamo un'altra vol


    Mi dispiace ma ho avuto un contrattempo e non penso di arriv

    Ritardo cinque minuti


    « Ehilà. » Un mezzo sorriso si allarga sulle sue labbra, mentre si accomoda al tavolo, esattamente di fronte a Fawn. Fino ad una mezz'ora prima, sepolta comodamente tra gli strati di coperte del proprio letto, era quasi certa che non si sarebbe presentata all'appuntamento. Negli ultimi giorni, la voglia di uscire - e, più in generale, di vivere - della giovane Grifondoro è stata quasi pari a zero. Tuttavia, per quanto il suo ombroso stato d'animo abbia tentato di influire in tutti i modi nelle sue attività quotidiane, Malia si è sforzata il più possibile perché ciò non accadesse. Ha continuato a frequentare le lezioni, per quanto inutili, a suo dire, si è allenata tutti i giorni, in poche parole ha fatto di tutto per mandare avanti la propria vita come se nulla fosse.
    "Va tutto bene", se lo ripete in modo estenuante, a intervalli regolari, talvolta perfino ad alta voce. Pare essersi convinta del fatto che, se si impegna abbastanza, finirà per convincersi davvero dell'idea che non c'è niente che vada male. D'altra parte, le cose non sono poi così diverse. Si ritrova a fissare lo schermo del proprio cellulare a vuoto molto di più di questi tempi, e di tanto in tanto si ritrova a fissare il vuoto e imbambolarsi per qualche istante, ma al di là di ciò tutto è normale. Non c'è niente che non vada.
    Continua a sorridere a Fawn, vagamente distratta, lo sguardo che ogni tanto cade casualmente sulla porta del locale, alle spalle della ragazza. Il suo umore sembra riuscire a spazzare via qualunque forma di disagio che, in un altro momento, avrebbe provato nel trovarsi faccia a faccia con Fawn Byrne, la stessa persona a cui giusto un paio di mesi prima aveva rifilato un pugno in un occhio. Per quanto ci si aspetterebbe una certa tensione tra le due, visti i loro trascorsi, Malia è inspiegabilmente tranquilla. Accavalla le gambe, facendole dondolare un poco, e incrocia le braccia sul tavolo, guardando la compagna.
    « Grazie di essere venuta, davvero. È bello vederti e, oddio, ma come parlo? » La mora si lascia andare ad un mezzo sorriso, probabilmente non del tutto sincero, prima di stringersi nelle spalle. « .... eeeee the awkward award goes
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    to me. Però sono davvero contenta di vederti. Cosa prendi? »

    Malia si stringe nelle spalle, mentre comincia a sfogliare le pagine del menù con una certa svogliatezza. Un gesto meccanico, e anche abbastanza inutile, considerato che ormai conosce a memoria tutti i piatti e le bevande proposte dal piccolo locale. « Figurati. Anche a me fa veramente piacere essere venuta. » Probabilmente il suo entusiasmo sarebbe più credibile se quella frase fosse pronunciata in modo più marcato, se fosse magari accompagnata da un sorriso sincero e genuino - e invece lei fa spallucce più volte mentre parla, come a voler dire "Fa lo stesso". Non riesce davvero a rendersi conto del proprio atteggiamento: se fosse in grado di farlo, probabilmente impiegherebbe più impegno nel cercare di sembrare elettrizzata o anche semplicemente contenta, in qualche modo. E Fawn probabilmente non è in grado di carpirlo, ma chiaramente non è a causa sua che nasce questo atteggiamento nella Grifondoro. « Credo che prenderò una cioccolata calda » mormora tra sé e sé, in un tono un po' piatto. Ripete la propria ordinazione al cameriere, quando si avvicina, e poi attende che la mora faccia altrettanto.
    « Come stai? »
    Malia si mordicchia il labbro inferiore, per un istante. Si sente di mentire spudoratamente quanto, con un mezzo sorriso e l'ennesima scrollata di spalle, borbotta un incerto « Mhm, sai com'è, si va avanti. » Che gran bugiarda che sei. Allunga le braccia sul tavolo, per poi tamburellare distrattamente con le mani sulla superficie di quest'ultimo. « Piuttosto... dimmi di te. Come procedono le cose? Cos'hai da raccontarmi di interessante? » Le rivolge un sorriso forzato, mentre tenta di spostare il focus della conversazione su di lei. La verità è che le dispiace, in fin dei conti, rovinare quell'incontro con il proprio umore nero. Lei e Fawn non si parlano da tanto, troppo tempo, ed entrambe hanno bisogno di questo momento per rientrare in contatto l'una con l'altra; per vedere se esiste un modo per ricucire quel rapporto spezzato, capire se esiste qualcosa di recuperabile tra i brandelli di un'amicizia rovinata. Vorrebbe fare di tutto per sembrare la Malia di sempre, quella solare e disponibile, ed è per questo che si riduce in quei pochi gesti meccanici, che devono sembrare tuttavia esageratamente forzati agli occhi della Byrne. Sospira. « Comunque sia... Credo di doverti delle scuse. Sai, per l'ultima volta che... » Non sa esattamente come completare la frase, e allora con un dito indica la propria faccia, compiendo un piccolo cerchio all'altezza dell'occhio. Per l'ultima volta che ti ho praticamente assalita, insomma. Ride, leggermente, mentre incontra lo sguardo della ragazza. « So che è passato un bel po' di tempo, ma mi sembra comunque giusto dirtelo. » Si stringe nelle spalle. Il modo più corretto per ricominciare... qualunque cosa questa sia.

     
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    « Mhm, sai com'è, si va avanti. » No, non so com'è. Non ti vedo da mesi, la nostra ultima conversazione decente risale a quasi un anno fa - se non contiamo quella dove mi sono presa un pugno in faccia -, mentre l'ultimo scambio che abbiamo avuto pareva la fiera dell'imbarazzo. Le uniche notizie che mi sono arrivate sul tuo conto erano tramite terzi o su wiztagram - che è anche peggio - e ora tu hai tutta l'aria di una che vorrebbe essere ovunque tranne che qui. No, Mals, non lo so com'è. Non potrei nemmeno volendo. E forse in un altro momento tutte quelle cose gliele avrebbe sbattute in faccia così, senza filtro alcuno, a costo di suonare estremamente inopportuna. L'avrebbe sicuramente fatto, con tanto di occhi che brillavano e tono infervorato, perché semplicemente odiava le mezze risposte almeno tanto quanto detestava non capire cosa stesse succedendo. Ed in quel momento stavano avendo luogo entrambe le cose. Ma non lo fece. Non si infervorò, non prese la mano di Malia, non tentò di dirle di non prenderla per il culo. Semplicemente aggrottò la fronte, gli occhioni chiari fissi in quelli di lei per qualche istante, per poi distogliere lo sguardo nell'arco di qualche frazione di secondo con un sospiro. Non sapeva cosa fare. Ed era frustrante. Perché il suo non sapere non derivava dal non avere una soluzione in testa, quanto dal non sentirsi nella posizione di poterla attuare. Insomma, chi era lei per attaccare Malia Stone solo perché si sentiva presa per i fondelli? Magari non voleva davvero essere lì. Forse si era presentata all'appuntamento solo per poter dire di averci provato, ma in realtà non ne aveva mai avuto la voglia. E la parte peggiore era che pensare tutte quelle cose su Malia Stone, con la quale aveva condiviso un numero infinito di pomeriggi ed esperienze, la faceva sentire davvero una persona di merda. In fondo, la Malia che si ricordava lei non avrebbe mai fatto qualcosa tanto per farla. Men che meno avrebbe mai accettato di vederla perché le dispiaceva; piuttosto gliene avrebbe dette quattro. O le avrebbe rifilato un altro pugno. Ma nonostante questo non riusciva a non percepirla distante anni luce senza capirne bene il perché, e questo la confondeva. Non solo: le lasciava l'amaro in bocca. Ed insinuava dubbi. « Piuttosto... dimmi di te. Come procedono le cose? Cos'hai da raccontarmi di interessante? » Si impose di scuotersi di dosso quella sensazione d'inadeguatezza, anche soltanto perché non sarebbe stato giusto mollare l'osso senza nemmeno aver tentato di aggiustare le cose. Ti ho invitata io ad uscire, e sono io che avrei dovuto prevedere che sì, magari siamo allo stesso tavolo, ma questo non significa che le cose siano tornate a posto come per magia. Quindi fece un mezzo sorriso, facendo mente locale su cosa raccontarle. La verità era che ne erano cambiate, di cose, dall'ultima volta. « Beh, che ti dico? » Cominciò, sporgendosi un po' in avanti, in maniera quasi inconsapevole, mentre con lo sguardo cercava il suo, quasi sperasse fosse sufficiente a catturare la sua attenzione. « Sono ufficialmente per conto mio, prima di tutto. Mia madre non la sento ancora... » che mio padre sia morto lo sai, anche se avrei preferito fartelo sapere in maniera diversa «...ma va tutto bene. Mi sto abituando, anche se devo dire che il college me lo immaginavo meno da esaurimento nervoso. Credevo avrei avuto più tempo, sai, per vivere. E invece ho solo sviluppato un'alquanto preoccupante dipendenza da caffeina. » Un'alzata di occhi al cielo per sottolineare la cosa, come se il fatto che avesse ordinato un caffè corretto a pomeriggio inoltrato non l'avesse reso abbastanza evidente. « Sono tornata a fare danza, teatro, canto... e forse è per questo che non ho mai tempo per niente. Il mese prossimo dovrebbero farci sapere chi di noi verrà sacrificato al CIM, e in che modo. » Cercava di mantenere i toni della conversazione leggeri, senza troppe pretese, ma non riusciva a fare a meno di notare che la distanza tra le due non avesse accennato a ridursi. Sospirò. « Comunque sia... Credo di doverti delle scuse. Sai, per l'ultima volta che... So che è passato un bel po' di tempo, ma mi sembra comunque giusto dirtelo. » L'americana scosse leggermente la testa, sbuffando una mezza risata. « Francamente, a prescindere da tutto, ho fatto la merda. E non posso dirtelo in maniera più delicata. Potevo avere tutte le ragioni del mondo, ma a posteriori mi rendo conto che queste ragioni meritavi di sentirle da me e subito, non di vedertele sputare addosso in un vicolo. Non sono stata corretta con te, avrei dovuto spiegarti i miei motivi a tempo debito invece di pretendere che mi leggessi nel pensiero. Il torto non sta mai da una parte sola, e io ho fatto la mia per meritarmelo tutto, quel destro. Mi dispiace davvero. » E questo, nonostante la tensione, nonostante il disagio nell'aria si potesse tagliare con un coltello, quell'affermazione fu carica della sincerità e della trasparenza più assolute. Aveva sbagliato, e ci teneva a dirglielo in faccia. E forse, in qualche maniera, quel vedersi per Fawn non era tanto un tentativo di mettere pezze - non poteva certo obbligare Malia a volerla frequentare -, quanto un dire le cose come stavano. Non si sarebbe mai esentata dall'assumersi la sua parte di responsabilità in tutta quella faccenda. Lo doveva all'amica, lo doveva a sé stessa e lo doveva a ciò che il loro rapporto era sempre stato. Fu quasi sul punto di aggiungere qualcos'altro, ma il cameriere arrivò a portare le loro ordinazioni, dandole così un momento per ponderare la situazione. Lo ringraziò con un distratto cenno del capo mentre lasciava vagare lo sguardo per la sala. Poi, tempo qualche secondo, riportò lo sguardo sulla giovane rosso-oro. E qualcosa sembrava cambiato. L'americana, in quel breve stacco, sembrava aver preso ancora un'altra decisione. Il suo sguardo era diventato improvvisamente più fermo, quasi si fosse imposta di scacciare il disagio che aveva caratterizzato la conversazione finché non aveva ammesso le proprie colpe. Quasi dirlo, effettivamente, l'avesse liberata da un peso. « Malia, senti... » Una pausa che riempì tamburellando con le dita sul tavolo. «... c'è qualcosa che non va? Puoi non parlarmene, e se preferisci tenermi fuori dalle tue cose, davvero, rispetterò la tua decisione. Però ho bisogno di capire perché ti vedo così... assente. Se sia successo qualcosa, o se magari è - » indicò prima sé stessa, poi l'amica « questo a metterti a disagio. Perché non... insomma, non mi va di obbligarti a stare qui, se non vuoi. »

    Edited by lust for life - 27/2/2019, 20:55
     
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    Malia non è mai stata brava a dissimulare. Quando c'è qualcosa che non va, glielo leggi in faccia: ti basta osservarla per qualche istante appena, e la vedi distogliere lo sguardo più del dovuto, fuggire sulle strade fuori dalla finestra più vicina, in un posto che non sia quello della propria desolazione. Non bisogna essere esperti in materia né conoscerla da troppo tempo per riconoscere i segnali principali. Non è una sorpresa che Fawn abbia bisogno di qualche momento appena prima di capire che la Malia che ha di fronte non è la solita ragazza allegra e gioviale, ma una versione più grigia e spossata, dagli occhi stanchi e dall'evidente voglia di stare da qualche altra parte. E mentre Fawn le parla, raccontandole delle ultime notizie riguardanti la sua vita, la giovane Grifondoro non può che sentirsi in colpa per il proprio stato d'animo, per quel maleducato disinteresse che sta dimostrando nei confronti di qualcuno con cui non dovrebbe poterselo permettere. Gli spiacevoli trascorsi avuti con Fawn, e la volontà da parte di entrambe - o almeno così sembra - di provare a mettere una pietra sopra a tutto ciò che è successo, dovrebbero essere elementi sufficienti a farle mantenere alta l'attenzione nel corso di quella conversazione. E allora si sforza di farlo, seriamente, perché - nonostante tutto - una parte di lei tiene ancora parecchio alla ragazza che le siede di fronte; ai loro ricordi di Hogwarts, alle punizioni condivise per essere state troppo violente con qualcuno, alle nottate brave a Hogsmeade, a tutte le volte in cui hanno riso insieme, o in cui si sono aiutate, supportate, consolate a vicenda. Per tutti quei ricordi che ancora la fanno sorridere, Malia sa di volere raccogliere da per terra i pezzi di quell'amicizia e provare, per lo meno, a vedere che se ne può fare. Se qualcosa può ancora andar bene. « ..ma va tutto bene. Mi sto abituando, anche se devo dire che il college me lo immaginavo meno da esaurimento nervoso. Credevo avrei avuto più tempo, sai, per vivere. E invece ho solo sviluppato un'alquanto preoccupante dipendenza da caffeina. » Le sorride, anche se un po' forzatamente, tuttavia annuendo con convinzione.
    « Accidenti, se ti capisco. Personalmente penso di aver sbagliato tutto... Intendo, sai, iscrivendomi al college. Questi ritmi non fanno proprio per me: lo studio continuo, lo stress... Sto pensando di lasciare. » Si stringe nelle spalle, con semplicità. Non è la prima volta che esprime ad alta voce quel suo pensiero, ma, forse, le sue intenzioni non sono state mai vere come adesso. Sarà l'esasperazione per una modalità di vita che semplicemente non riesce a starle comoda, sarà quel particolare stato emotivo in cui versa, eppure in quel momento sente davvero di prendere la decisione finale: il college non fa per lei, e non è mai stato così.
    « Sono tornata a fare danza, teatro, canto... e forse è per questo che non ho mai tempo per niente. Il mese prossimo dovrebbero farci sapere chi di noi verrà sacrificato al CIM, e in che modo. » Sorride a quella battuta, distogliendo poi per un istante lo sguardo verso la finestra. E poi raggiungono il nocciolo della questione. Girarci intorno non è mai piaciuto a nessuna delle due, ed è abbastanza convinta che anche Fawn sia sollevata nel vederla arrivare dritta al punto senza farsi problemi. Sono lì per provare a risolvere qualcosa, e, per farlo, devono necessariamente parlarne - almeno per quel minimo indispensabile che serve a calmare quella strana tensione che tutte e due sentono nell'aria. « Francamente, a prescindere da tutto, ho fatto la merda. E non posso dirtelo in maniera più delicata. Potevo avere tutte le ragioni del mondo, ma a posteriori mi rendo conto che queste ragioni meritavi di sentirle da me e subito, non di vedertele sputare addosso in un vicolo. Non sono stata corretta con te, avrei dovuto spiegarti i miei motivi a tempo debito invece di pretendere che mi leggessi nel pensiero. Il torto non sta mai da una parte sola, e io ho fatto la mia per meritarmelo tutto, quel destro. Mi dispiace davvero. » Annuisce, concordando con quelle parole, per poi stringersi nelle spalle. Nonostante il tempo trascorso, la sua opinione circa quella questione non è cambiata. Sa di essersi addossata determinate colpe, comportandosi in un modo decisamente infantile, ma non è disposta a pensare di essere l'unica ad aver creato quella scomoda situazione - e di certo non era stata lei ad iniziarla. Sentire le scuse di Fawn la fa stare un po' meglio, perché le fa comprendere che sono entrambe disposte a mettere da parte quella brutta parentesi delle loro vite che, per quanto rimarrà sempre un po' irrisolta, si è in ogni caso conclusa. Hanno imparato tanto da quella vicenda, si sono conosciute un po' di più, e questo può solo essere qualcosa di positivo per la crescita del loro rapporto.
    « Grazie. Sono contenta che... sì, insomma, che la pensiamo un po' allo stesso modo. Non voglio più pensarci, a quello che è successo - è passato quasi un anno, ormai. Direi che è ora di andare avanti. » Le rivolge un sorriso sghembo, non del tutto pieno, e forse proprio da quel dettaglio vengono le osservazioni successive della ragazza.
    « Malia, senti... c'è qualcosa che non va? Puoi non parlarmene,
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    e se preferisci tenermi fuori dalle tue cose, davvero, rispetterò la tua decisione. Però ho bisogno di capire perché ti vedo così... assente. Se sia successo qualcosa, o se magari è questo a metterti a disagio. Perché non... insomma, non mi va di obbligarti a stare qui, se non vuoi. »

    Sospira, prima di scuotere rapidamente la testa. Chiaramente Fawn se n'è accorta. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Resta in silenzio per qualche istante, la giovane Grifondoro, gli occhi color nocciola fissi sulla superficie scura del tavolo che le separa. Per quanto non abbia ancora voglia di parlare di ciò che è successo, non le sembra possibile far finta di nulla. Si stringe nelle spalle, mentre incontra nuovamente lo sguardo della ragazza. « Mi spiace... Non mi sento a disagio per questa situazione. No. Sono contenta di vederti, sono sincera, Fawn. » Allunga una mano sul tavolo, per stringere quella di lei. Come a volerle infondere quella sicurezza e quel conforto che in realtà sta cercando per sé, attraverso quel contatto. « Si tratta di un'altra cosa e non mi va molto di parlarne, a essere sincera. Adesso non è importante. E so che sono un po' assente, ma prometto che mi sforzerò di esserci. » Le rivolge un piccolo sorriso. Voglio esserci. Scuote rapidamente la testa, poi, come a voler scrollarsi di dosso tutti quei pensieri che la rendono meno Malia rispetto al solito. Allunga la mano verso uno dei menù, e poi porge l'altro a lei. « Che dici, vogliamo ordinare? » dà una scorsa veloce alla pagina, per poi riporre il pezzo di carta sul tavolo, in attesa dell'arrivo del cameriere. E poi guarda Fawn. « Parliamo di altro, ti prego. Tipo: sono indiscreta se ti chiedo di Erik Marchand? Okay, forse un pochino ma... Lo sai che sono una pettegola. Ma devo aggiornarmi per bene! E ti prometto che potrai chiedermi quello che vuoi, in cambio. Allora? Qual è la situazione? State insieme o cosa? »
     
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    « Mi spiace... Non mi sento a disagio per questa situazione. No. Sono contenta di vederti, sono sincera, Fawn. » A quelle parole, mentre stringeva di rimando la mano di Malia, sentì le spalle rilassarsi. Si rilassò un po' tutta, in realtà. In fondo, qualunque fossero i loro trascorsi, l'idea che la mora potesse digerire così poco l'idea di passare qualche ora con lei non era certo un qualcosa che la rendesse felice. Perciò annuì in modo quasi impercettibile alle sue parole, senza interromperla, quasi quel silenzio potesse essere un sottile invito a continuare. « Si tratta di un'altra cosa e non mi va molto di parlarne, a essere sincera. Adesso non è importante. E so che sono un po' assente, ma prometto che mi sforzerò di esserci. » Qui l'americana aggrottò appena le sopracciglia. Non era certa di essere d'accordo sul fatto che non importasse. E non ne era certa non perché dubitasse della veridicità delle parole della compagna, ma perché il contrario, a suo parere, era piuttosto evidente. Tuttavia non sindacò. Un po' perché non le sembrava il caso di contraddire quello che era stato un desiderio esplicitamente espresso - Malia aveva detto di non volerne parlare -. ed un po' perché, nonostante tutto, quello di obbligare la gente a condividere i propri problemi non sarebbe mai stato il suo approccio. Era molto più sottile di così, e molto più paziente. In fondo, il proprio corso di studi non l'aveva scelto tirando ad indovinare. « Non ti preoccupare, allora non ci pensiamo. » Abbozzò un mezzo sorriso incoraggiante, annuendo con più convinzione. « Pensiamo soltanto a passare un bel pomeriggio - ho come la sensazione che ne abbiamo, di cose da recuperare. » E ci teneva davvero, a dispetto di quanto bene avesse finto il contrario nei mesi passati, a far di nuovo spazio a Malia nella propria vita. Nonostante tutto, nonostante le loro divergenze, non aveva mai smesso di volerle bene. Perché in fondo, voler bene ad una come Malia Stone non era difficile. Almeno, non per una persona come la Byrne. Per quanto potesse essere impulsiva nel bene e nel male, era sincera. Ed era una di quelle persone capaci di farti sentire a tuo agio. Forse non sempre diceva la cosa più diplomatica, poteva sembrare un po' brusca, ma aveva un cuore enorme e, Fawn questo lo sapeva, le sue intenzioni erano sempre buone. Anche per questo aveva scelto di mettere il proprio orgoglio da parte, e l'aveva fatto senza battere ciglio - Malia era una di quelle persone che ti mancano per forza. « Che dici, vogliamo ordinare? » La mora annuì, allungandosi subito, istintivamente, verso il menù e dandogli una rapida occhiata. E sbuffò una risata subito dopo. « Ci tocca prendere una decisione molto importante. » Sbirciò oltre il foglietto, cercando con lo sguardo quello dell'amica. « Vogliamo avventurarci nelle lande desolate e sconosciute degli analcolici oppure buttarci - insieme alla dignità - su quello che conosciamo a menadito? » Pausa. Un'altra risatina. « Cioè, io almeno. Poi non so se in quest'anno sei diventata improvvisamente salutista e hai deciso di passare alle tisanine. » Lasciò che la sua domanda aleggiasse nell'aria. Ecco, improvvisamente - nonostante l'aria più sbattuta del solito della ragazza che le stava di fronte -, le pareva di essere tornate ai vecchi tempi. O, quantomeno, di star ricominciando qualcosa.
    Restò a guardarla per un po' in attesa della sua risposta, sperando intensamente che la sua supposizione fosse tanto lontana dalla realtà quanto lo era stata nel momento in cui Fawn le aveva dato voce. Potevano essere cambiate entrambe, ma per quanto si sforzasse, una Mals che faceva propaganda anti-alcolici non riusciva ad immaginarsela nemmeno nei suoi incubi peggiori. E di certo l'immaginazione non le era mai mancata, quello bisognava dirlo. « Parliamo di altro, ti prego. » Fece scattare le sopracciglia verso l'alto, segno del fatto che la Stone avesse tutta la sua attenzione. Sul viso le si dipinse un'espressione incuriosita. « Tipo: sono indiscreta se ti chiedo di Erik Marchand? Scosse la testa con una risata che premeva per uscire. Me lo sentivo nel cuore. Eppure, a differenza dell'ultima volta che quel nome era comparso in una loro conversazione, quel pensiero non era accompagnato dal fastidio. Né dalla voglia di girarsi e andarsene. La mora, anzi, poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse verso la propria controparte, la sua classica aria furbetta in faccia, con tanto di angolo della bocca rivolto verso l'alto in un sorrisetto sghembo. Okay, forse un pochino ma... Lo sai che sono una pettegola. Ma devo aggiornarmi per bene! E ti prometto che potrai chiedermi quello che vuoi, in cambio. Allora? Qual è la situazione? State insieme o cosa? » Lasciò finalmente che quella risata echeggiasse nell'aria. « Sei indiscreta da far schifo, ma è anche per questo che ti adoro. » Cominciò, allegra. « Beh, signorina indiscrezione... sì. Nel senso: stiamo insieme. » Che strano dirlo ad alta voce, mamma mia. Ma non è uno strano brutto. « Da pochissimo in realtà, per cui è strano parlarne. Per non dire che per me è strano in generale parlare di queste cose. » Scosse leggermente la testa, come a scacciare quel pensiero. E insieme al pensiero, possibilmente, anche il fatto che le guance le si fossero arrossate. Ecco, la Byrne e la Stone potevano essersi perse di vista per un po', ma certe cose non sarebbero mai cambiate. Per esempio l'inettitudine di Fawn a parlare di determinati argomenti. Lei, da che mondo era mondo, era sempre stata il genere di persona che determinati lati della propria vita non li condivideva finché non era troppo tardi: cioè quando era nei casini. O che, comunque, lo faceva in maniera molto superficiale. Ma questa volta, non avrebbe saputo ben dire perché, aveva voglia di condividere un po' di più rispetto al solito. Forse perché si sentiva per una volta più sicura di quel che stava dicendo, o magari perché era con Malia che stava parlando. Quindi, piuttosto improvvisamente, decise di affrontare il discorso in maniera un po' diversa dal solito. « Non so se è una cosa alla quale tu abbia mai fatto caso, ma comunque non importa, te la dico io - in questi mesi ho realizzato che ho seri problemi a... fidarmi delle persone. Non nel senso stretto - lo sai che parlo sempre - però ci ho riflettuto, e ho capito che faccio davvero fatica ad abbassare la guardia quando si tratta di cose serie. Potrei star andando a fuoco e faticherei a chiedere aiuto. O ad accettarlo. » E direi che gran parte della situazione che era venuta a crearsi tra noi, è dovuta proprio a questo mio problema. « Giuro che ha un'attinenza alla tua domanda. Lo sai che sono logorroica. » Sbuffò una risata, come per alleggerire l'atmosfera. In realtà però era molto più vigile di quanto non sembrasse. E si sentiva un po' vulnerabile, però le sembrava giusto aprirsi. E le sembrava corretto farlo proprio con Malia ed in quelle circostanze - perché se volevano dar vita ad un rapporto genuino, tanto valeva preoccuparsi di mettere delle basi più solide della volta precedente. « Comunque, questa mia tendenza - una tendenza del cazzo, lo ammetto - mi ha sempre portata ad aspettarmi il colpo basso. O quantomeno a non mettere nelle relazioni il giusto impegno. Perché » e qui mimò delle virgolette « "posso fare da sola". Ma in realtà era tutto un mio escamotage per non fidarmi, credo. Specialmente nelle relazioni. Nelle amicizie è sempre stato più facile, anche se nelle situazioni critiche vado in palla. Non so perché. » Aveva abbassato lo sguardo sul tavolo, probabilmente nel tentativo di celare un leggero imbarazzo. « Ma qui mi fido davvero. Non so come abbia fatto. Forse è perché ci sono state di mezzo tante cose, boh... però la situazione è questa: stiamo insieme. E io mi sono innamorata. La cosa mi terrorizza perché sto troppo bene. E boh, da qualche parte nella mia testa c'è la vocina che mi dice che in qualche modo, io che sono un genio, riuscirò a mandare tutto a farsi benedire. Non so ancora come. E non so perché lo stia pensando. Sono paranoica? » L'ennesima risata imbarazzata mentre passava le dita tra i capelli e cominciava a giocare distrattamente con una ciocca. Fingiamo di non aver appena ammesso che la mia testa sia un casino: volume uno. E che io non ti abbia appena rivelato di non saper gestire i sentimenti. « Insomma: il punto è che va tutto bene, ma io sono un' overthinker di prima categoria. » Riportò lo sguardo negli occhi nocciola dell'amica, lasciando finalmente andare i propri capelli per tamburellare sulla superficie del tavolo con le dita. « Tu su cosa vuoi aggiornarmi? » Le chiese alla fine. « Ti lascio campo libero. Qualunque cosa. Così... boh, magari evito di essere inopportuna sul serio? » Perché lo sai anche tu, Mals, che se potessi averla vinta io, ti chiederei di nuovo cosa non va.

    Edited by lust for life - 18/3/2019, 11:16
     
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    « Vogliamo avventurarci nelle lande desolate e sconosciute degli analcolici oppure buttarci - insieme alla dignità - su quello che conosciamo a menadito? Cioè, io almeno. Poi non so se in quest'anno sei diventata improvvisamente salutista e hai deciso di passare alle tisanine. » Non può che scoppiare a ridere di fronte a quella battuta. Fawn le è mancata anche per quello: il suo buonumore perenne, per la battuta sempre pronta ad alleggerire gli animi altrui senza aggravare scenari già più pesanti. Scuote rapidamente la testa, continuando a ridacchiare, mentre svolta rapidamente pagina sul menù, ignorando completamente la pagina dedicata a tè e tisane.
    « È vero che non parliamo da tanto, ma mi conosci in fondo: salutista mai. Le tisanine lasciamole a Olympia, che le adora. » Sorride, prima di scegliere qualcosa di alcolico, ma non troppo. In realtà avrebbe un disperato bisogno di ubriacarsi, perdere qualsiasi tipo di inibizioni e lasciarsi andare ai fumi dell'alcol, ma probabilmente non è il caso di mettersi a ordinare shottini quando non sono nemmeno le sette di sera, in piena Hogsmeade tra l'altro, coi ragazzini di Hogwarts che fanno avanti e indietro dal locale, perché oggi è giorno di gite al villaggio.
    Non appena finiscono di ordinare entrambe, e il cameriere si è allontanato abbastanza dal loro tavolo con la comanda, ecco che la Stone, imperterrita e curiosa come non mai, si lancia nel suo solito interrogatorio ficcanaso. « Beh, signorina indiscrezione... sì. Nel senso: stiamo insieme. Da pochissimo in realtà, per cui è strano parlarne. Per non dire che per me è strano in generale parlare di queste cose. » Malia sorride, sinceramente contenta di sentirglielo dire. Da tempo sia lei che gli altri sospettavano che ci fosse qualcosa tra lei e l'ex Grifondoro, dunque non è una sorpresa sentire quella notizia. Non conosce personalmente Erik Marchand: erano compagni di casata, era il suo prefetto qualche anno addietro, ma al di là di qualche battuta e conversazione sporadica non sono mai andati. Gli era sempre stato indifferente, prima che si unisse all'Inquisizione e che suo padre tappezzasse tutti i quartieri magici della Gran Bretagna con manifesti con sopra la faccia di Malia e quella di tutti i loro amici. Deve valerne davvero la pena, si ritrova a commentare nella propria testa, forse un po' acidamente, per poi scacciare immediatamente quel pensiero. Quello che è successo tra loro non è una cosa che si cancella in un istante. Con il tempo forse imparerà a conviverci, a dimenticarsene perfino, e magari anche a guardare il giovane Erik con tranquillità, senza provare quel modo ti diffidenza che inevitabilmente la coglie ogni qualvolta capita di parlarsi. Certe cose non si cancellano così, con uno schiocco di dita. Ma si possono curare, piano piano, con l'impegno e la buona volontà.
    Malia le sorride, caldamente. « Sono davvero contenta. Siete una bella coppia devo dire! » E questo, se non altro, lo pensa davvero. È contenta di vederla felice, nonostante quello che è successo tra loro e tutte le difficoltà dell'ultimo anno. Ascolta la ragazza parlare di come si fidi davvero del Grifondoro, e di come il rapporto con lui abbia cambiato il suo modo di vedere le cose, ed in particolar modo le relazioni.
    « Ma qui mi fido davvero. Non so come abbia fatto. Forse è perché ci sono state di mezzo tante cose, boh... però la situazione è questa: stiamo insieme. E io mi sono innamorata. La cosa mi terrorizza perché sto troppo bene. E boh, da qualche parte nella mia testa c'è la vocina che mi dice che in qualche modo, io che sono un genio, riuscirò a mandare tutto a farsi benedire. Non so ancora come. E non so perché lo stia pensando. Sono paranoica? » Non sa bene perché Malia, ma quelle parole, quelle ultime parole riescono a colpirla in un modo del tutto inaspettato, a farle contorcere lo stomaco, come se fossero pronunciate dalla sua stessa coscienza. Da qualche parte nella mia testa c'è la vocina che mi dice che in qualche modo, io che sono un genio, riuscirò a mandare tutto a farsi benedire. Si morde il labbro inferiore, distogliendo rapidamente lo sguardo. Sì che sei paranoica, Fawn, vorrebbe dirle, ricordandole che le cose non vanno così, che se ci sono l'amore, l'affetto, l'impegno, nulla può andare storto. Ma non è così che vanno le cose. Forse ho davvero mandato tutto a quel paese senza motivo. Si stringe nelle spalle, mentre prende a tamburellare con apparente indifferenza sulla superficie liscia del tavolino. « Non sei paranoica, Fawn. Queste cose
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    possono sempre capitare. Ma se vi amate... Immagino sarà più difficile, no? »
    Immagino, per lo meno.
    « Tu su cosa vuoi aggiornarmi? Ti lascio campo libero. Qualunque cosa. Così... boh, magari evito di essere inopportuna sul serio? » Solleva un angolo delle labbra, in una specie di sorriso mesto, Malia, mentre si allunga a prendere un lungo sorso del drink che il cameriere le ha appena portato. E adesso? Dovrebbe forse mentire e affermare che tutto va a gonfie vele, oppure provare ad aprirsi un po' di più?
    « Mhm, vediamo... » Sembra rifletterci per qualche momento, e alla fine sceglie di iniziare con qualcosa di leggero, facile da raccontare. « Beh, come ti ho detto sto pensando di lasciare il college. Ho deciso che voglio concentrare tutte le mie energie sull'allenamento, nella speranza di riuscire a ottenere un posto in qualche squadra per la prossima stagione di Quidditch. » Annuisce, contenta, prima di prendere qualche altro sorso dal proprio bicchiere. E alla fine decide di buttarsi: perché in fondo Fawn è sempre stata una sua amica, non è mai stata maliziosa, e perché in fondo ha bisogno di dirlo ad alta voce. Si stringe nelle spalle. « Mmm... E poi sono single. » Lo dice sforzando un sorriso mesto sulle labbra, come a voler guardare il lato positivo della cosa. Come se ci fosse un lato positivo della cosa. Annunciare la cosa sottolineando l'essere single, piuttosto che l'essersi lasciati, forse rende tutto quanto meno spaventoso, in qualche modo. Meno triste. « Forse al momento non sono la persona migliore con cui parlare delle paranoie sul mandare tutto quanto a puttane, perché probabilmente io l'ho appena fatto. » Scuote piano la testa, e beve ancora qualche sorso. Poi torna a guardare Fawn. « Sto bene, eh. Non ti fare strani pensieri: sono davvero tranquilla, giuro. È stata una decisione abbastanza ragionata, e sono convinta fosse quella migliore per come stavano andando le cose. » Spero solo che continui a essere così. « Quindi, ecco, va bene così. Ho bisogno di giusto un po' di tempo, perché, mhm... è una cosa abbastanza recente, ecco. Ma sono convinta che, passato questo momento, starò bene. Staremo bene tutti e due. » Sorride, annuendo con una certa convinzione. « Scusa se sono stata un po' vaga, ma ho ancora un po' di difficoltà a parlarne. » Le rivolge un breve sorriso di scuse, nella speranza che possa capire.
     
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