Saturday night fever

Dawson//Renton

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  1. Dawson!
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    Lo sbalzo di temperatura mi colpisce come un pugno allo stomaco, facendo immediatamente risalire un calore soffocante fino al volto e rendendo il cappotto nel quale mi ero avvolta all'uscita del San Mungo decisamente di troppo. Il tre manici di scopa profuma di burrobirra e di chiacchere spensierate proprio come ogni volta in cui metto piede qui dentro (e nell'ultimo periodo sembra succedere sempre più di frequente), accogliendo ogni avventore con lo stesso identico abbraccio sensoriale che parla di un porto sicuro in cui ogni anima potrà trovare momentaneamente riparo dalle sue personali tempeste. O almeno, così sembra ad un'inguaribile romantica come me. Avanzo tra i tavoli pieni di collegiali e maghi che hanno probabilmente da poco staccato da una sfiancante giornata di lavoro mentre con un energico scrollare delle spalle lascio lentamente scivolare via il giubbotto, così da poter tornare a respirare normalmente, senza la sensazione di andare a fuoco. Il mio corpo sembra abituarsi gradualmente alla temperatura del locale, trasformandosi da un'insopportabile afa ad un confortevole calduccio, così da permettermi di arrivare presso l'imponente bancone che occupa quasi interamente un lato della stanza senza aver completato l'evoluzione in un peperone sudaticcio. Ed eccomi improvvisamente qui, a fare i conti con quello che la mia vita è in questo esatto momento: Gabriela Dawson, quasi alla soglia dei trent'anni ed un lavoro tanto sfiancante da occupare quasi ogni minuto della vita. Situazione sentimentale? Meglio stendere un velo pietoso. Ultima serata passata senza pensieri di qualche genere? Così tanto tempo fa da non ricordala. Istintivamente poggio le mani sulla superficie in legno, cercando un sostegno da quella disastrosa panoramica della mia esistenza che mi piomba addosso senza alcuna pietà, minacciando di schiacciarmi. Cristo santo, che fine ha fatto quell'energia che mi ha sempre contraddistinta? Inizio a sembrare sempre più una triste zitella di mezz'età. “Ehy, Gabby! Prendi qualcosa?” La ragazza dietro al bancone mi regala un sorriso smagliante, riconoscendomi immediatamente come l'amica del grande capo... io, al contrario, faccio fatica a ricordarmi il suo nome. “Sì tesoro, un Whisky Incendiario e... che fine ha fatto Renton?”
    “Credo sia nel suo ufficio ad occuparsi di qualche scartoffia.” Con un cenno del capo la biondina indica le scale che portano al piano superiore mentre già le sue mani sono impegnate a versarmi un'abbondante bicchiere di Whisky che poi lascia prontamente sul bancone, proprio a pochi centimetri dalle mie dita. Ringrazio e lascio al posto del bicchiere qualche banconota, dileguandomi prima che la barista possa accorgersi che ho pagato l'ordinazione e tentare di offrirmi il primo giro. Con il bicchiere ben saldo in una mano ed il cappotto sistemato nell'incavo del gomito salgo le scale e arrivo a passo svelto fino alla porta dell'ufficio della Blake, facendo poi tamburellare le nocche contro il legno scuro. “C'è qualcuno in casa?” Con un movimento deciso del polso ruoto la maniglia, frugando nella stanza con lo sguardo alla ricerca della figurina esile di Renton, che trovo dopo solo pochi secondi dietro l'imponente scrivania che troneggia al centro della camera. Istintivamente un sospiro mi risale lungo la gola, tramutandosi in una specie di guaito nel'uscire dalle labbra mentre poggio la schiena contro lo stipite. Inumidisco le labbra con un sorso del liquido ambrato prima di prendere parola, sostituendo al silenzio un vero e proprio fiume di parole. “Seriamente, Ren, ho quasi trent'anni e passo tutto il mio tempo a lavoro, coperta di sangue o di vomito. Condivido la casa con un maledetto Jarvey che mi insulta ogni volta che gli è possibile e non ho il piacere di accogliere un uomo nel mio letto da circa un anno. Questa non può essere definita una vita dignitosa.” Sbuffo fuori risentimento e disperazione, tentando poi di cancellarne il sapore dalla lingua con un altro lungo sorso di Whisky mentre mi avvicino alla proprietaria del Tre manici, attirando definitivamente i suoi occhioni chiari su di me, ormai china e con l'indice puntato verso di lei. “Quindi, in qualità di mia amica, hai l'obbligo di finire con le scartoffie, lasciare le chiavi del locale alla biondina al bancone e portarmi a ballare e, se Dio vuole, farmi da spalla per rimorchiare un qualche essere di genere maschile che abbia almeno un paio di neuroni funzionanti.” Lo so, sembro un tantino disperata persino alle mie stesse orecchie, ma credo di essere arrivata ormai al limite della sopportazione. Ho bisogno di riprendere le redini della mia vita, di staccare dai pensieri che mi assillano ogni giorno per almeno un dannato Sabato sera. Renton dovrà trovare una scusa davvero convincente se vuole lasciarmi da sola proprio in questo momento e non passare per una pessima amica. “Andiamo, con che cuore puoi dirmi di no?”
     
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    Se qualcuno le avesse raccontato un paio di anni prima che questa sarebbe stata la sua vita, Renton non ci avrebbe minimamente creduto. Si sarebbe piuttosto messa a ridere cosciente di vivere in un baratro dal quale non solo non aveva scampo, ma dal quale, non voleva nemmeno avere scampo. Se le avessero detto che uno sconosciuto si sarebbe presentato a casa sua e le avrebbe completamente sconvolto la vita, non solo non ci avrebbe creduto, ma lo avrebbe anche buttato fuori da quella bettola ammuffita in cui viveva, accusandolo di alimentare in lei vaghe quanto inutili speranze. Se le avessero detto che si sarebbe innamorata, che si sarebbe unita a una ribellione e sarebbe anche stata coinvolta in un gioco di luci e ombre ben più grande di lei, probabilmente mi sarei fatta una canna e poi sarei andata a dormire. Eppure tutto ciò era accaduto. Un incubo ad occhi aperti che non sarebbe mai scomparso completamente dalla sua memoria. « C'è qualcuno in casa? » Trasalisce appena, prima di posare la piuma nel calamaio sollevando gli occhi grigi dalle numerose pergamene che sta analizzando. Ogni sera, mentre al piano di sotto i clienti si intrattengono fino a tarda ora tra liquori e stuzzichini, Renton è lì sopra, cercando di districarsi tra numeri e consegne da organizzare. Non si sarebbe mai immaginata nemmeno di diventare così brava con i numeri, eppure, i ribelli le avevano insegnato anche questo. La Blake, la sua posizione di soldato in seconda linea lo ha sempre accettato con piacere, persino con una certa delizia. Mentre molti altri rischiavano la propria vita sul campo ogni giorno per raccogliere provviste e mantenere al sicuro le loro posizioni, Renton era una di quelle rimasta nelle retrovie, ammettendo i suoi limiti. « Seriamente, Ren, ho quasi trent'anni e passo tutto il mio tempo a lavoro, coperta di sangue o di vomito. Condivido la casa con un maledetto Jarvey che mi insulta ogni volta che gli è possibile e non ho il piacere di accogliere un uomo nel mio letto da circa un anno. Questa non può essere definita una vita dignitosa. » In tutta risposta Renton solleva un sopracciglio con fare divertito scuotendo la testa. Sorride all'amica e le fa cenno di sedersi mentre a sua volta si porta alle labbra il bicchiere d'acqua che aveva sempre a portata di mano, ben disposta a svuotarlo il prima possibile per servirsi di qualcosa di più forte.
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    « Quindi, in qualità di mia amica, hai l'obbligo di finire con le scartoffie, lasciare le chiavi del locale alla biondina al bancone e portarmi a ballare e, se Dio vuole, farmi da spalla per rimorchiare un qualche essere di genere maschile che abbia almeno un paio di neuroni funzionanti. » Le scartoffie ai Tre Manici non finivamo mai. Era un continuo, specie da quando Renton aveva iniziato a impegnarsi per rilevare anche il Pandemonium, rimasto quasi completamente disabitato e alle stregua del miglior offerente sin da quando il precedente proprietario lo aveva lasciato a un completo incompetente. « Non è così difficile invitare un uomo nel tuo letto. » Asserisce con un sorriso sornione. Parla l'esperienza. Renton ha imparato che gli uomini sono tutto fuorché svegli. Hanno bisogno di poco per essere abbindolati. L'importante è vendersi come il miglior partito sul mercato, anche quando si è perfettamente consapevoli che non è così. Quando poi si è semplicemente alla ricerca di niente più che un'avventura oppure il semplice scaricare la tensione, le questioni si fanno ancor più semplici. « Anche se sono piuttosto certa di aver perso il tocco. » La osserva con attenzione piuttosto pensierosa, mentre nella sua mente si stanno dispiegando gli scenari che hanno contornato la sua vita prima di diventare ciò che è oggi. « Andiamo, con che cuore puoi dirmi di no? » Ride Renton, alzandosi con fare svogliato dalla sedia. Con un tocco di bacchetta, fa scendere sulla parete opposta rispetto al cammino, una specie di bacheca in tela, colma zeppa di fogli, disegni tecnici e minuziose scritte qua e là, indicandola alla giovane, mentre le fa cenno di avvicinarsi. « Potrei mai dirti di no? » Asserisce con un sorriso sornione mentre si avvicina alla plance, carezzando dolcemente un paio di campioni di tessuti che vi ha appuntato con un paio di spille. « Ti dirò di più.. sono sul punto di acquisire questo posto in cui spero vivamente tu possa non solo trovare uomini piacenti da invitare a casa, ma anche -forse - qualcosa di più. » Pausa. « E' l'ex Pandemonium. Te lo ricordi vero? » Chi non si ricorda l'ex locale a luci rosse di Hogsmeade. E' stato un punto nevralgico paradossale della piccola cittadina di Hogsmeade. Un posto in aperto contrasto con la visione pulita e rispettabile della zona. « Ho chiesto un prestito per rilevarlo. La risposta dalla Gringott dovrebbe arrivare a giorni. Voglio trasformarlo in una specie di locale old fashion. Un elegante speakeasy che offra un'alternativa elegante tanto per i giovani adulti nel campus quanto per tutti gli investitori che Hogwarts sta attirando in questo periodo. » Le cose a Hogsmeade si stanno muovendo. La città si sta espandendo, sta crescendo. Lentamente sta diventando un attrattiva per i maghi di tutto il Regno Unito, raccogliendo ormai il punto massimo della cultura magica. « Immaginati.. professori, politici, liberi professionisti, medimaghi, esperti di ogni ambito attratti dall'accademia che prestano i loro servigi nel campo della ricerca.. durante le ore più buie delle notti scozzesi, tutti attirati da un raffinato pezzo di storia di Hogsmeade. » Fa una leggera riverenza di fronte all'amica, orgogliosa della sua idea, stringendosi infine nelle spalle. « Non so.. sentivo il bisogno di espandermi. I Tre Manici frutta parecchio, però ecco.. ho scoperto che gli affari chiamano altri affari. » Si diventa stranamente avidi. Si vuole sempre di più. « Un gran salto di qualità rispetto al gestire le risorse dei ribelli. » Renton Blake, giovane imprenditrice. Sì.. ci avrebbe decisamente riso sopra se gliel'avessero raccontato qualche anno fa.

     
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  3. Dawson!
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    “Non è così difficile invitare un uomo nel tuo letto”
    “Parla per te, ragazza. Ormai sei una donna impegnata, ma qui c'è ancora chi brancola alla ricerca di un miracolo.” A passi pigri supero la scrivania che rimane a dividerci, così da poter circondare le spalle esili di Ren con il braccio sinistro, tirandomela dolcemente contro il fianco in un mezzo abbraccio che parla di quel ritrovarsi anche dopo giorni passati totalmente senza contatti. Funziona così per chi ha condiviso i momenti vissuti durante il periodo della ribellione, immagino. Si finisce con il considerare quelli che un tempo erano perfetti sconosciuti come parti indispensabili della propria vita, una specie di problematica ed enorme famiglia. Con l'altra mano ancora stringo il bicchiere colmo di Whisky incendiario, che prontamente porto alle labbra per poter godere di un altro sorso, abbastanza lungo da bruciare piacevolmente la gola e schiarire i pensieri. Lascio che il piacevole tepore scenda fino allo stomaco, creando una scia di calore che scende attraverso i seni e si trasforma in un piccolo stagno proprio in corrispondenza delle mie viscere. Sì, questa sembra proprio la serata ideale per lasciarsi andare alla buona compagnia di un'amica come quella della mora e per lasciar compito all'alcool di allontanare i pensieri di una vita che per metà sembra non appartenermi più. Chi lo avrebbe detto che sarei diventata con il tempo una persona tanto propensa alla malinconia? Indietreggio solo di qualche passo per permettere a Ren di alzarsi dalla poltrona sulla quale l'ho trovata appollaiata, seguendola poi con lo sguardo mentre si avvicina alla parete spoglia della stanza. “Ti dirò di più.. sono sul punto di acquisire questo posto in cui spero vivamente tu possa non solo trovare uomini piacenti da invitare a casa, ma anche -forse - qualcosa di più. E' l'ex Pandemonium. Te lo ricordi vero? Ho chiesto un prestito per rilevarlo. La risposta dalla Gringott dovrebbe arrivare a giorni.”
    “Wo, cosa?” Istintivamente mi faccio più vicina alla bacheca in tela che è comparsa improvvisamente a coprire la parete, sfiorandone con le dita i contorni, quasi ad accertarmi che sia tutto vero. È un piano ambizioso, in progetti del genere sono sempre mille le cose che potrebbero andare storte... ma so bene che non è questo il caso, non quando ad occuparsi dell'affare è la stessa ragazza che da sola è riuscita a tenere le redini del Tre manici di scopa. Il suo fascino è sempre stato per me principalmente legato all'incredibile fatto che alla fine dei conti, Renton è riuscita a crearsi da sola la sua fortuna. Non è mai stata il tipo di persona in cerca della grazia divina, anzi. Come non ammirare traguardi simili, alla sua giovane età? Tesoro, credo sia una notizia fantastica. Ora sì che abbiamo un buon motivo per festeggiare!” Le rivolgo un sorriso privo di ombre prima di prendere posto a sedere sulla poltrona che ha abbandonato da soli pochi minuti, i gomiti poggiati contro le ginocchia ed il busto inclinato in avanti. “Ok, propongo un brindisi al... hai già pensato a un nome per il locale? Non puoi tenere lo stesso, finirebbe con il portare sfortuna, senza contare che ti serve qualcosa che rispecchi il nuovo stile del locale.” Con il bicchiere già alzato, cerco il suo sguardo per incoraggiarla a sputare il rospo, lasciando che il suo entusiasmo si mescoli al mio. Sono quasi sul punto di dirle che forse non riesco a pensare a persona più meritevole di lei di veder i propri sforzi premiati, ma lascio che le parole trovino forma solo in un sorriso più ampio. La mora non è esattamente il tipo di persona che si sente a proprio agio con esternazioni tanto amorevoli. Con il brindisi improvvisato mi assicuro di svuotare il bicchiere, lasciandolo poi sulla scrivania piena di fogli, stando attenta a non macchiarne accidentalmente qualcuno. “Va bene, ora però... ora prendi il giubbotto e copriti bene, perché ho intenzione di trascinarti in un locale. Non pensare che abbia abbastanza pazienza per aspettare fino all'apertura del tuo nuovo locale. Ho bisogno di bere fino a non ricordarmi il mio nome proprio stasera.” Con la voce tinta da un pizzico di impazienza salto nuovamente in piedi, avvicinandomi poi alla figurina esile di Ren per indicarle con aria imperatoria il giaccone che è appoggiato sullo schienale della poltrona. “Conosco un pub dove fanno buona musica fino a tardi, non è distante da casa... così, in caso non fossimo in grado di rispondere a noi stesse, potremmo sempre strisciare fino al mio appartamento. Che te ne sembra?”
     
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