the debt i owe

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    Se mio padre potesse vedermi adesso.
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    Questo pensiero si era fatto strada frequentemente negli ultimi mesi nella mente di Thomas, e di per sé, in questo, non c'era niente di nuovo: per gran parte della sua vita aveva cercato di andare contro qualsiasi regola il padre avesse mai fissato, forse mosso dal desiderio instancabile di attenzione, forse da banale ribellione adolescenziale. La novità, adesso, stava nel fatto che non si trattava più di semplici marachelle infantili; non si trattava di rubargli le sigarette, o entrare nel suo studio di nascosto per sgraffignare uno dei suoi preziosissimi sigari cubani, o ancora sgattaiolare fuori dalla finestra della sua camera nel cuore della notte, per incontrarsi con Nate o con una ragazzina conosciuta qualche giorno prima. Thomas era cresciuto, e mentre si guardava attorno con aria circospetta, la sciarpa avvolta attorno al collo sistemata in modo da lasciare scoperti soltanto gli occhi grigi, si era chiesto se, dopotutto, ne fosse davvero valsa la pena. Se ci fosse qualche tipo di fondamento sensato, che spiegasse come mai si fosse ritrovato lì, a Nocturn Alley, qualche minuto prima della mezzanotte, per incontrarsi con un contrabbandiere di bacchette. Perché di tutta quella rabbia e quel rancore che era abituato a provare, con cui quasi si identificava, non c'era più traccia. Dentro di lui gli usuali moti di ribellione avevano trovato quiete nella visione fuggevole di cosa potevano creare, di fin dove potevano spingerlo, e ciò che avevano visto non gli era piaciuto.

    Dicembre 2018
    «Lilian Murphy.» Kadmus fece tamburellare le dita nodose sul tavolo; con un gesto rapido di bacchetta fece volare la foto fino a Thomas, poggiando le gambe sul tavolo e lasciandosi dondolare sulla sedia inclinata. Il giovane alzò un sopracciglio, senza scomporsi troppo. «Una donna?» «Proprio così, principessa. La cosa ti crea problemi?» Thomas deglutì. Scrollò le spalle. Osservò la fotografia che fluttuava di fronte a lui, e la afferrò. La donna ritratta non doveva avere più di 60 anni; sorrideva, e profonde rughe di espressione segnavano i suoi occhi, che gli parvero spenti, distanti, persi. «Nessun problema.» Lasciò cadere la foto. «Sono solo perplesso... Non mi sembra il genere di persona che possa dare rogne al Ministero.» Kadmus sbuffò, tirando giù i piedi, e avvicinando il viso a quello del giovane inglese. «Beh, è così, invece» scandì piano, l'accento meridionale che calcava le sue parole. L'alito maleodorante sapeva di tabacco e qualcos'altro che Tom non avrebbe saputo definire. Il ragazzo fece una breve smorfia, quindi strinse le labbra, annuendo. Il ghermidore rimase a fissare i suoi occhietti lucidi in quelli di Thomas per qualche secondo, quindi si ritrasse, si alzò, e sputò il tabacco masticato sul pavimento di legno del capanno. «Si parte domattina presto. E stavolta non voglio esitazioni, ragazzo. Altrimenti sei fuori», concluse poi, prima di uscire, lasciando sbattere la porta dietro di sé.


    La porta del locale accanto al quale stava aspettano Florian tintinnò all'apertura, per poi richiudersi sonoramente. Thomas sobbalzò, riportato al presente. Florian era in ritardo, e sebbene a Thomas non piacesse starsene lì, in piedi, nel bel mezzo della notte, non gli dispiacque troppo avere qualche momento per raccogliere i pensieri. Alla fine, comunque, si decise a entrare e iniziare a prendere posto, convinto che l'amico non ci avrebbe messo troppo a raggiungerlo.
    Come aveva fatto un Montgomery, un ragazzo distinto dell'alta borghesia magica dell'Inghilterra, a stringere amicizia con un tizio come Florian Gregorovitch? Come era possibile che ora sedesse su uno sgabello mal ridotto, avvolto da nubi di fumo e rumoroso brusio della clientela poco raccomandabile del locale, e che una taglia pendesse sulla sua testa, quando soltanto un paio di anni prima a quest'ora si trovava a sorseggiare vino costoso e a discutere pretenziosamente con i suoi compagni di modi nuovi e sovversivi di conquistare il mondo? L'unica persona a cui poteva confessare ciò che aveva fatto e a cui poteva chiedere aiuto era Florian. Non avrebbe mai coinvolto i suoi amici più fidati rischiando di metterli in pericolo, e in ogni caso non era sicuro che ci fosse molto che questi avrebbero potuto fare per lui. Cercava disperatamente una guida, perché sebbene Thomas non fosse uno sprovveduto, non riusciva a fidarsi di se stesso adesso che si sentiva coinvolto in un gioco di scacchi che era molto più grande di lui. Essere ricercati contemporaneamente dal Ministero della Magia Inglese e Americano significava non potersi più permettere di sbagliare. Non aveva idea di come avrebbe fatto ad uscirne, ma quello che sperava era che ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo, qualcuno con cui parlare.
     
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    Sbatteva gli occhi in uno stato semi-lucido mentre apriva e chiudeva le dita fasciate, a sgranchire le nocche sbucciate. La mascella indolenzita dai troppi colpi ricevuti, a malapena riusciva a sopportare di essere ancora serrata sul morso che Florian tratteneva fra i denti, mentre i suoni gli giungevano alle orecchie in modo ovattato, attutiti dal fischio ripetitivo che gli riempiva i timpani. « Sei stato grandioso, cazzo! Grandioso.» Florian, abbozzò un sorriso mentre si sentiva strattonare in piedi e stringere in un abbraccio ferreo che gli riservò un uomo sulla sessantina, sovrappeso e sudaticcio, il quale gli assestò anche qualche dolorosa pacca sulla schiena. Bruciarono sulla pelle. « Non ci avrei scommesso il becco di uno zellino, ed invece questa mezzasega ha i coglioni di ferro» Brontolò a tutti quelli che lo circondavano, estraendo dalla tasca dei jeans sudici che indossava un rotolo di dollari inglesi, probabilmente il frutto delle scommesse racimolate durante l'incontro « Te li sei meritati, brutto bastardo » Entusiasta, spinse alcune banconote contro il petto del giovane, sputacchiando a terra del tabacco masticato. Ci volle un po' prima che Florian, ancora barcollante e col fiato corto, si accorgesse di non aver ricevuto la cifra pattuita, ed appena tentò di lamentarsi con il proprio interlocutore, questo si fece minaccioso e gli serrò un palmo sulla spalla, con l'intento di fargli male « O te li fai andare bene, o da qui esci con una parte del corpo in meno. Decidi tu Ecco che fine aveva fatto Gregorovitch, l'uomo che col contrabbando ormai tirava su poco e niente, tanto da dover ripiegare su bordelli clandestini per sopravvivere. In realtà non ne avrebbe avuto alcun bisogno, se non fosse stato per il suo orgoglio smisurato che lo spingeva a non chiedere nulla alla famiglia, perchè fortemente bisognoso di dimostrare di sapersela cavare anche da solo, lontano da casa. « Vaffanculo » Biascicò frustrato, piantando lo sguardo livido e stizzito sull'uomo prima di trascinarsi fuori dallo scantinato, a strattoni, saltando le corde del ring improvvisato con una certa fatica. Se non fosse stato per la prospettiva di poter guadagnare altro denaro una volta uscito di lì, probabilmente Florian non si sarebbe lasciato mettere i piedi in testa ed avrebbe scatenato una di quelle epiche risse da far parlare la gente per mesi. Sarà per la prossima volta, questa me la lego al dito, stronzo. Nocturn Alley non era mai stata tanto desolata così come lo era quella sera, ma sicuramente la colpa andava attribuita al freddo ancora troppo pungente, il quale costringeva anche i barboni più temerari a rintanarsi in qualche topaia abbandonata. Dopotutto gli inglesi erano come le lucertole: uscivano allo scoperto solo con un po' di sole. Florian era fottutamente in ritardo, come spesso accadeva quando aveva un appuntamento, però per strada non diede alcun accenno di fretta, e questo perchè era perfettamente cosciente del fatto che Thomas avrebbe pazientato: era nei casini e, guardacaso, Florian era l'unico che potesse aiutarlo davvero. Nessuno scappa dalle persone che potrebbero salvarti il culo. La bettola in cui aveva scelto di rintanarsi per trattare di affari, era una delle meno sicure che ci fossero in tutto il mondo magico e che offriva prodotti davvero scadenti ai propri clienti, ma almeno nessuno cercava di allungare il naso e, semmai questo sottilissimo confine di privacy veniva superato, potevi sempre farti giustizia da solo. « Joe, muovi il culo e porta una bottiglia di quella merda che chiami incendiario » In tutto il suo splendore, Gregorovitch varcò l'entrata del locale, visualizzando da subito l'amico che lo attendeva seduto a pochi tavoli dall'ingresso. Con la faccia ammaccata ma un sorriso smagliante disteso fra le labbra, scivolò verso il proprio posto, sistemandosi il ciuffo moro fra le dita gonfie. « Il tuo faccino pulito stona terribilmente qui dentro come...ohh, sì, come questa bella sciarpa da uomo d'affari di Wall Street, potevi dirmelo che questo era un party elegante» Divertito, allungò i gomiti sulla superficie legnosa del tavolo, tirando appena la stoffa a scacchi rosso-blu per poi tornarsene poggiato contro lo schienale della sedia. Che simpaticone. « Allora, Principe William, della lettera che mi hai scritto non ho capito poi molto » e questo anche perchè ho ancora molte difficoltà con l'inglese, ma sorvoliamo « spero comunque tu mi abbia portato la tua bacchetta, ed abbia fatto ciò che ti ho chiesto » Scostò il busto non appena il cameriere arrivò con una bottiglia anonima fra le dita e due bicchieri sbeccati tra le mani « l'errore di molti è quello di credere che spezzare le bacchette basti ad eliminare del tutto la traccia, e poi tengono i resti come reliquie perchè oddio ci sono troppo affezionato...sarebbe facile se bastasse una cazzata del genere, no? » Versò un po' di incendiario ad entrambi, tracannando la propria parte in un soffio deciso, arricciando successivamente il naso per il fuoco che gli invase l'esofago. « sottovalutare il Ministero è il primo errore che si possa commettere, ma tu fortunatamente hai avuto la lungimiranza di rivolgerti alla persona giusta » ...e questa non è Olivander. Florian, si massaggiò lo zigomo lacerato prima di scostare il cappotto e afferrare da una tasca interna un panno di pelle scura avvolto da un laccio di spago, posizionandolo alla propria destra. Con Thomas era stato chiaro riguardo la procedura da seguire, la quale prevedeva come prima fase quella di denunciare il furto della propria bacchetta, e poi successivamente di distruggerla prima di prendere possesso di quella nuova. « Lasciati dire che sei uno sculato, Candle, perchè qualunque crimine tu abbia commesso, l'hai commesso in America e non qui. Il Ministero Inglese è sempre restio a passare dati sensibili ad altri ministeri, soprattutto quelli di persone altolocate che hanno una fedina penale impeccabile... ed hanno subito un furto, come nel tuo caso. Le scartoffie non viaggiano velocemente, quindi per quando il Macusa riuscirà ad identificarti come proprietario della bacchetta, riceverà un bel due di picche da parte del Wizengamot perchè, per loro, quella bacchetta risulterà scomparsa nel nulla, e per quanto il Ministero Americano possa dimostrarne l'uso nei propri territori, il Ministero Inglese si riserverà di concederti il beneficio del dubbio » Quante altre volte aveva fatto una manovra del genere? Zero, ma Florian sapeva esattamente quello che diceva. Aveva studiato i cavilli burocratici per anni, visto che per il lavoro che faceva sarebbe potuto capitargli di tutto fra le mani, quindi doveva essere pronto a qualsiasi evenienza. « ...e ti dirò anche di più: se il Ministero Americano muovesse accuse contro di te portando come unica prova - ed intendo sottolineare la parola unica - la bacchetta, potresti addirittura far causa per diffamazione...però ti consiglierei di mantenere un profilo basso, perchè qualcosa sfugge sempre e sia mai che ti sia lasciato alle spalle prove schiaccianti. Rischieresti la pena di morte per aver mentito davanti ad una corte, ovviamente è un aggravante, e puoi chiedere conferma di questo a qualunque tuo amichetto frequenti magisprudenza »


     
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    Il nome di Florian Gregorovitch era un nome che era giunto alle orecchie di Tom in tre diverse occasioni, da parte di tre persone diverse. La prima a menzionarlo era stato Greagoir Olivander, tre o quattro anni prima. Apprese che il cognome Gregorovitch stava al commercio di bacchette illegali come quello di Olivander stava a quello legale, e ne fu notevolmente colpito, sebbene l'informazione, al tempo, non possedesse particolare importanza per lui. La seconda era stata soltanto un anno prima: lui e Nate, rispettivamente Vice e Presidente neo eletti del Clavis Aurea, ricercavano disperatamente una bacchetta che permettesse l'esecuzione del Voto Infrangibile. Ottenere il suo indirizzo non era stato semplice, ma non c'era molto che due giovani facoltosi e confratelli del Clavis non riuscissero a procurarsi. Si erano messi in contatto con lui brevemente, ma i servigi del giovane Gregorovitch non erano più stati richiesti quando il Preside aveva tenuto fede al proprio Voto e aveva fornito loro una bacchetta. La terza ed ultima volta che il suo nome era giunto a Tom, fatalità, era stato poco prima di partire. Affondando le mani nelle tasche di una delle sue giacche, le sue dita avevano sfiorato un biglietto di carta ripiegato. Una felice coincidenza aveva fatto in modo che l'indirizzo ottenuto qualche mese prima fosse rimasto in quella tasca, e Tom, che non credeva nelle coincidenze, aveva deciso di non disfarsene.
    E aveva fatto bene, perché quel piccolo pezzo di carta avrebbe rivelato di possedere un'importanza assolutamente vitale per lui, qualche mese più tardi. Fu proprio grazie a quella particolare serie di eventi che lo avevano portato a imbattersi del nome di Florian in tre diversi momenti che questo gli comparve nella mente, offuscata e confusa dall'urgenza di chiedere aiuto a qualcuno, di fuggire. Rintanatosi nella proprietà di famiglia a Inverness, in cui aveva cercato una sede sicura per elaborare un piano meticoloso e trovarsi pronto abbastanza da sapere esattamente cosa fare, dove andare, chi seguire, Tom aveva iniziato a costrugirsi un alibi e a riprendere in mano le redini della sua vita, con quella razionalità e sangue freddo che distingueva i figli di Salazar, e aveva deciso di iniziare proprio da quel nome.

    All'attenzione del Sig. Florian Gregorovitch
    Caro Florian,
    Mi auguro che il tuo indirizzo sia rimasto lo stesso dallo scorso anno, altrimenti temo che le mie parole cadranno nel vuoto più totale e la mia richiesta di aiuto rimarrà insoddisfatta.
    La questione per cui ti scrivo è estremamente delicata – ma sono sicuro tu sia abituato a questo genere di faccende – per cui richiede la tua massima discrezione oltre che una certa celerità di tempistiche; spero che capirai la mia urgenza. Per lo stesso motivo questa lettera si autodistruggerà una volta che terminerai di leggerla, per cui ti consiglio di segnarti il mio indirizzo prima che sia troppo tardi.
    Il punto è che sono rimasto coinvolto in un giro poco raccomandabile di individui durante il mio soggiorno di America di questi ultimi mesi. Per l'esattezza si tratta di un gruppo di ghermidori. Mi sono unito a loro brevemente, ed è stato commesso un errore increscioso, a cui non c'è modo di porre rimedio. L'unica alternativa all'arresto, per me, è stata la fuga: al momento, come leggerai, mi trovo ad Inverness. È mia intenzione cancellare tutte le tracce che potrebbero condurre il Ministero Americano a me, dunque, e necessito della tua guida affinché questo sia possibile. Mi affido alla tua esperienza e alla tua competenza in questo genere di cose – esattamente ciò di cui io, ahimè, sono privo: la tua assistenza è cruciale, Florian.
    Possiamo incontrarci a Londra. Sarò di ritorno la prossima settimana. Non farti problemi ad aprire un conto alla Gringott a nome mio per qualunque spesa dovessi reputare necessaria – non abusarne, ti conosco, e controllerò prima di saldarlo.
    Rimango in attesa di una tua risposta,
    Tom

    Il tono della lettera avrebbe gettato le fondamenta della facciata che Tom avrebbe mostrato al mondo da quel momento in poi. Non si sarebbe perso d'animo, si sarebbe mantenuto razionale, calmo, fiducioso, e non avrebbe perso la testa. Avrebbe relegato i momenti di debolezza a quelli in solitudine, e anche allora se ne sarebbe concessi pochissimi. Doveva restare il solito Thomas, sarcastico, sagace, intelligente, calmo. Cauto, guardingo, circospetto: questo non lo era mai stato, e soltanto un occhio attento si sarebbe accorto del nervosismo che segnava i movimenti rapidi e analitici dei suoi occhi, i pugni chiusi, la mascella serrata; della voce tremolante, alle volte, se percepiva il rischio troppo alto, il pericolo troppo vicino. La verità è che Thomas Montgomery aveva una paura fottuta, ma non si sarebbe mai permesso di ammetterlo a se stesso o di mostrarlo agli altri. Altri che non fossero il ragazzo con cui stava per incontrarsi.
    «Joe, muovi il culo e porta una bottiglia di quella merda che chiami incendiario.» Un'altra cosa che Tom non avrebbe mai ammesso era come Florian Gregorovitch rappresentasse esattamente ciò che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di diventare, ma a cui segretamente desiderava assomigliare. Non avrebbe mai avuto la sua esperienza, il suo atteggiamento, le sue metaforiche palle. Non avrebbe mai rinunciato al suo privilegio, e non avrebbe mai smesso di disprezzarlo e disprezzare se stesso, per questo. «Il tuo faccino pulito stona terribilmente qui dentro come... ohh, si, come questa bella sciarpa da uomo d'affari di Wall Street, potevi dirmelo che questo era un party elegante» esordì, come a leggergli nel pensiero. Lo sapeva, quanto tremendamente fuori luogo dovesse apparire uno come lui in un posto come quello... Eppure c'era in lui un incredibile desiderio di appartenenza, che cozzava con il disagio per occhiate come quelle che gli stava lanciando lo stregone barbuto allo sgabello del bar, che gli ricordava che mai quello sarebbe stato il suo posto.
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    «Io, piuttosto, non ero a conoscenza che ci saremmo dovuti presentare con la faccia gonfia e sanguinante. Se vuoi posso chiedere a quel tizio lì di darmi una mano a farti sentire meno solo e accompagnarti con un occhio nero. Qualcosa mi dice che non gli dispiacerebbe.» Rispose, accompagnando le sue parole con un cenno del capo verso il tizio al bancone, che continuava a fissarlo. Tom ascoltò le parole di Florian con particolare attenzione, accorto a non perdersi neanche una parola, sorseggiando il whiskey di pessima qualità che Joe aveva servito loro. Non poteva evitare di accartocciare il viso in delle smorfie, ad ogni sorso.
    La fiducia che stava riponendo in lui era massima, e lui stesso si sorprendeva nello scoprirsi così debole e dipendente. Odiava la posizione in cui si era messo, e odiava che ci si fosse messo con le sue stesse mani. Mentre Florian parlava, tutta questa intera storia gli parve così futile, così innecessaria, una mossa sulla scacchiera che non aveva avuto alcun significato, alcun tipo di fine o scopo a spiegarla – semplicemente, una grandissima cazzata, una bravata portata troppo in là. Si passò una mano sul volto, visibilmente stanco. Non dormiva da troppo. Annuì piano, tirando fuori dalla valigetta che portava con sé un astuccio di camoscio nero contenente la sua vecchia bacchetta – o i suoi frammenti, piuttosto. Fece scivolare la custodia sul tavolo, verso Florian, che intanto aveva estratto la sua nuova e rubata bacchetta. «È questa. Per il resto sì, mi sono occupato della denuncia... Hai addebitato il costo di quella sul mio conto, come ti avevo chiesto?»
    «Lasciati dire che sei uno sculato, Candle, perchè qualunque crimine tu abbia commesso, l'hai commesso in America e non qui. Il Ministero Inglese è sempre restio a passare dati sensibili ad altri ministeri, soprattutto quelli di persone altolocate che hanno una fedina penale impeccabile... ed hanno subito un furto, come nel tuo caso. [...] e ti dirò anche di più: se il Ministero Americano muovesse accuse contro di te portando come unica prova - ed intendo sottolineare la parola unica - la bacchetta, potresti addirittura far causa per diffamazione...però ti consiglierei di mantenere un profilo basso, perchè qualcosa sfugge sempre e sia mai che ti sia lasciato alle spalle prove schiaccianti. Rischieresti la pena di morte per aver mentito davanti ad una corte, ovviamente è un aggravante, e puoi chiedere conferma di questo a qualunque tuo amichetto frequenti magisprudenza» Lasciò cadere le spalle, sospirando. «Il punto è proprio questo. Non sono sicuro che l'unica prova sia la bacchetta. Hanno alcuni dei tizi che erano lì, quando il fattaccio è successo, gente a cui mi ero unito e che fa questo di mestiere, che non ha niente da perdere. Li hanno presi poco dopo che io me la filassi, e niente li ferma dal parlare. La buona notizia è che non conoscono il mio nome, ma conoscono la mia faccia.» Sorseggiò dell'altro whiskey, stringendo le labbra mentre deglutiva. Qualcosa come il buon senso, di cui a questo punto Tom non era più così sicuro di esser dotato, l'aveva spinto a non presentarsi come Thomas Montgomery a un gruppo di cacciatori di teste e criminali di professione. «Come funziona, a quel punto? La mia parola contro la loro? Non lo so, Florian... Ho la sensazione che stavolta l'ho combinata troppo grossa, che sto dimenticando qualcosa, un dettaglio insignificante, da qualche parte, che tornerà a mordermi il culo.» Dove si era cacciata la sua spocchia? Il solito aplomb? Il sorrisetto furbo e spavaldo? Doveva tornare in sé. Svuotò il bicchiere con un unico gesto repentino.
     
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    «Io, piuttosto, non ero a conoscenza che ci saremmo dovuti presentare con la faccia gonfia e sanguinante. Se vuoi posso chiedere a quel tizio lì di darmi una mano a farti sentire meno solo e accompagnarti con un occhio nero. Qualcosa mi dice che non gli dispiacerebbe.» Gli occhi affossati di Florian andarono a posarsi per qualche istante sull'uomo alle proprie spalle, che salutò rapidamente con un cenno del capo prima di riportare l'attenzione su Thomas e ridacchiare di gusto « Certo che se ti lasci intimorire da un soggetto del genere, hai ancora molto da imparare. Quello ha una fottutissima gamba di legno, e va praticamente ad alcol da quando è nato, riuscirebbe si e no ad alzarsi dallo sgabello, figurarsi a picchiarti» Thomas era una di quelle persone che a Florian trasmettevano una sorta di malinconia latente, di quelle che apprendi solamente scavando fra le cose non dette a parole. Era una piccolezza che se ne stava lí, incastrata perennemente nel suo sguardo, e ti faceva domandare come fosse possibile che uno come lui, che praticamente aveva tutto a portata di mano, potesse possedere: gli bastava letteralmente uno schiocco di dita per fare quel che voleva, con chi voleva, quando voleva, eppure quella virgola di tristezza immotivata gli macchiava i sorrisi e le espressioni. Seppur Florian ammettesse che si potesse trattare di una coincidenza, visto che l'amico si rivolgeva a lui solamente in casi di “emergenza”, la colpa di quella malinconia non era d'attribuire ai casini in cui si ficcava, benchè venisse naturale e fosse plausibile pensarlo. Quando si trattava di Thomas, quell'insoddisfazione era una strana costante. «È questa. Per il resto sì, mi sono occupato della denuncia... Hai addebitato il costo di quella sul mio conto, come ti avevo chiesto?» Quando Gregorovitch aprí l'astuccio che Thomas gli passó, le labbra si arricciarono in una smorfia di dolore, accompagnata da un sottile uuuhh appena sussurrato. Faceva sempre male vedere una bacchetta ridotta in quello stato, ma Florian si sentiva di poter fare almeno un'eccezione per quella volta, visto lo scintillante sigillo di Olivander che brilluccicava in fondo all'impugnatura. Difatti sorrise con una certa soddisfazione, portando una mano su quella dell'amico in uno scatto felino, prima che potesse afferrare la merce nuova « Sono stato anche fin troppo onesto riguardo i costi, ti ho addirittura fatto uno sconticino per un pezzo che addirittura Olivander si sognerebbe di avere.» Ci teneva a trattare bene i clienti migliori, peccato però mentisse spudoratamente: seppur la bacchetta fosse un pezzo unico, di manifattura super pregiata, Florian aveva sfilato a Thomas più soldi di quanti effettivamente ne valesse. Beh, gli interessi per il rischio non ce li mettiamo? Rilasciando la mano del biondino che aveva di fronte, Florian si rilassò contro la seduta, ascoltando attentamente la dinamica dei fatti che avrebbero rischiato di rinchiudere in una cella di Azkaban Thomas Montgomery. «Il punto è proprio questo. Non sono sicuro che l'unica prova sia la bacchetta. Hanno alcuni dei tizi che erano lì, quando il fattaccio è successo, gente a cui mi ero unito e che fa questo di mestiere, che non ha niente da perdere. Li hanno presi poco dopo che io me la filassi, e niente li ferma dal parlare. La buona notizia è che non conoscono il mio nome, ma conoscono la mia faccia. Come funziona, a quel punto? La mia parola contro la loro? Non lo so, Florian... Ho la sensazione che stavolta l'ho combinata troppo grossa, che sto dimenticando qualcosa, un dettaglio insignificante, da qualche parte, che tornerà a mordermi il culo.» La situazione in cui si era ficcato non era di certo delle migliori, visto che nemmeno Thomas sapeva quali errori avesse commesso e se rischiasse di essere incastrato per una mancanza a cui non aveva dato abbastanza peso, il che è una sorta di mantra per chi gioca a fare il criminale e viene da tutt'altro mondo. Questa non era di certo la prima volta che Florian sentiva storie di ricconi che si mettevano in qualche guaio, quello che non capiva era perchè Montgomery non avesse un paparino pronto a fargliela sfangare sotto mazzette spropositate. Nel loro sfavillante universo non bastava fare un galà di beneficenza e tirare fuori una generosa donazione per qualche associazione random e far impazzire i tabloid per la propria bontà? A meno che stavolta non si trattasse di qualcosa di davvero serio, per scomodare addirittura il ministero americano sicuramente non si trattava di una barzelletta. Il mago avrebbe voluto essere più diretto di così, avrebbe voluto chiedergli cosa avesse combinato con quella maledetta bacchetta visto che Thomas non si era sbilanciato nemmeno nella lettera, però non l'avrebbe fatto perchè sapeva usare l'immaginazione. Il "fattaccio", così come l'aveva definito l'amico, poteva trattarsi solo di una cosa: omicidio. « ...okei» mugugnò, concedendosi del tempo per soppesare il volto stanco del ragazzo e tirare un'occhiata verso l'orologio da polso che si intravedeva oltre la manica della sua camicia. Florian, non poteva rispedirlo ad Inverness in quelle condizioni, non a quell'ora e non dopo essersi bevuto la sbobba di Joe, che più o meno corrispondeva a tirarsi giù mezza distilleria. Roba troppo forte che oltretutto fa schifo, sono sicuro che in questo stato non la reggi « Ti vedo troppo sconvolto, ti porto a casa mia e cercherai di dormire mentre provo a fare qualche telefonata » Biascicò, sfilandogli il bicchiere dalle dita con la tipica faccia di una madre severa che sequestrava il joystick dalle mani del figlio in punizione. « Se questi stanno in cella come dici, potrei far intervenire qualcuno, mio padre ha un sacco di agganci nelle prigioni e sempre favori da farsi restituire. Basterebbe una zuffa per farli fuori.» Sempre che tu voglia avere altre anime sulla coscienza. Gettò qualche galeone sul tavolo, umettandosi il labbro spaccato prima di alzarsi in piedi e rinfilarsi la giacca sulle spalle, calciando la sedia per rimetterla al proprio posto. « Non starò qui a convincerti di seguirmi, Thomas, quindi muoviti a meno che tu non voglia rischiare di tornartene ad Inverness con un occhio nero.»

    [...] L'appartamento di Florian non era dei più confortevoli che potessero esistere: si trovava in uno scantinato buio, ai margini di Nocturn Alley, ed appariva più un laboratorio che una tana in cui vivere. Si componeva di un openspace che ospitava un divano ed un piccolo angolo cottura, di un bagno in cui entrava si e no una persona ed una stanza buttata in fondo ad uno stretto corridoio di cui le pareti erano tappezzate di poster. Un sacco da boxe pendeva nel bel mezzo del soffitto, tra il divano consumato ed una tv decisamente troppo piccola e troppo vecchia. « Benvenuto nella mia modesta dimora » mugugnò, accendendo la luce con un buffetto deciso sull'interruttore. Spostò qualche cassa da terra per scavalcare il tavolo e pararsi davanti al frigorifero, dove tirò fuori del ghiaccio per premerlo sulla faccia consunta. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, indicando un fantoccio buttato in un angolo, bruciacchiato. « Thomas ti presento Pedro, Pedro, questo è quello che proverà su di te la sua nuova bacchetta. Perchè vorrai provarla, no? Nel caso in cui non andasse qui ne ho altre venti, tipo » Fece accenno alle casse impilate, sedendosi sul compensato accanto ai fornelli. « Io ho una stanza al campus, vengo qui solo quando ho la testa troppo piena e non mi va di stare con la gente, hai presente? Che poi devo continuare a lavorare, e farlo dentro al college non mi pare la cosa migliore, cioè, che poi non pago nemmeno un cazzo di affitto perchè in pratica 'sto posto l'ho occupato. Quindi sticazzi...» Sorrise, battendo un palmo sullo schienale del divano, allungandosi un po' verso di questo, quasi ad invitarlo a sedersi « C'ho dormito due notti di fila quando è scesa mia sorella da Mosca, è comodo se dormi con la testa voltata verso di qua» indicò il bracciolo di sinistra « dall'altra parte c'è una molla che mi ha trapanato il fianco. » Saltò giù, avvicinandosi per mollargli una pacca sulla spalla mentre lo sorpassava per iniziare a spostare Pedro per trascinarlo in fondo al corridoio, così che l'amico potesse testare la bacchetta su di lui senza alcun impedimento. « Semmai ti servisse, puoi venire qui quando ti pare » Forse un po' si sentiva in colpa per la cresta fatta sul suo conto in banca.




    Edited by the soul of morthacci yours. - 3/3/2019, 20:17
     
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    «...okei». La testa cominciò finalmente a girargli. Tom era perfettamente consapevole che l'atteggiamento che stava assumendo in quel momento, in quella topaia di Notturn, ingurgitando controvoglia del whiskey scadente che non beveva per il gusto di assaporarlo, ma con l'urgenza che facesse effetto e si decidesse ad intontirlo almeno un po', temendo per il suo futuro e incapace di darsi una controllata, gestire la paura e smettere di agitare quel cazzo di piede sul legno scricchiolante del locale, fosse assolutamente inammissibile al di fuori di quelle quattro cadenti mura. Sapeva che quello fosse un frangente, un necessario momento di debolezza che la sua svelta – seppur annebbiata – mente calcolatrice aveva incluso nelle proprie previsioni. Non era una persona particolarmente previdente, abituata a pensare alle conseguenze delle proprie azioni, ma Thomas Montgomery non era mai stato uno stupido, e sicuramente la cosa che sapeva far meglio era fingere di avere assolutamente tutto sotto controllo. Non si faceva prendere dal panico, questo era uno dei suoi mantra, e niente riusciva a farlo scomporre sul serio. Riusciva, in una qualche maniera che può derivare soltanto dall'orgoglio, a non dare mai a vedere il proprio nervosismo, indossando una maschera di infinitesima pazienza, calma, razionalità, colorata da quel sarcasmo che avrebbe fatto di lui un perfetto uomo d'affari. Sapeva bluffare, ma il motivo per cui gli venisse così bene sembrare sempre perfettamente tranquillo era che, di base, Tom sapeva che non ci fosse sbaglio o passo falso a cui non potesse porre rimedio; premere un metaforico rewind, spazzare via ogni conseguenza, occultare le tracce di ciò che era capitato, e andare avanti: non conosceva, cioè, il prezzo che ciascuno di noi è chiamato a pagare per i propri errori, e di conseguenza non aveva mai avuto paura di sbagliare, prima di allora. Era un Montgomery, dopotutto, e per uno come lui il mondo intero non è altro che una tela bianca su cui dipingere ciò che più desidera, e passare uno strato di pittura bianca dove il pennello ha tracciato una linea in più; quella situazione non sarebbe stata un'eccezione alla regola, per lui, e l'avrebbe trattata esattamente come ogni altra bravata compiuta fino ad ora. Sarebbe tornato dai suoi amici del Clavis Aurea sorridente, sicuro, calmo. Avrebbe parlato con suo padre, ingraziandoselo quel poco che gli sarebbe bastato per assicurarsi il suo supporto, qualora qualcosa fosse andato storto. Probabilmente si sarebbe messo persino a lavorare per lui. Si sarebbe messo in riga, avrebbe recitato la parte al meglio, e forse, forse, questo sarebbe stato abbastanza da riuscire a convincere anche se stesso che quella non fosse una situazione poi così grave. Ma prima di allora, prima di ritornare il solito Tom, si sarebbe lasciato avere paura ancora un po', era necessario che fosse così. Una volta terminato quell'incontro con Florian, avrebbe contato fino a dieci, e avrebbe messo tutto da parte. Triste che non si rendesse conto di quanto patetico apparisse, triste che credesse che fosse tutta una questione di atteggiamento e tutto si sarebbe risolto. Non capiva che quel giovanotto, vestito di tutto punto e con i capelli biondi arruffati, profumato di colonia in una taverna di Notturn Alley, sbronzo e spaventato, fosse il vero lui: un ragazzino troppo inesperto, privilegiato e viziato per conoscere davvero il significato delle proprie azioni.
    Si rese conto di star fissando il bicchiere di incendiario, rigirandoselo fra le mani e con gli occhi semi aperti, soltanto quando Florian glielo sfilò dalle dita. «Che fai?!» Protestò biascicando. «Ti vedo troppo sconvolto, ti porto a casa mia e cercherai di dormire mentre provo a fare qualche telefonata. Se questi stanno in cella come dici, potrei far intervenire qualcuno, mio padre ha un sacco di agganci nelle prigioni e sempre favori da farsi restituire. Basterebbe una zuffa per farli fuori.» «Mmm, no.» Scosse la testa, allungandosi sul tavolo goffamente per vuotare anche il bicchiere di Florian. «Nessun altro morto. Non mi macchierò del sangue di altre persone!! Ci dev'essere un altro modo..» Fece, vagamente ispirato, tirandosi su con l'indice alzato e faticando a tenere gli occhi aperti. Quasi affondò il volto nel bicchiere, tenendolo con due mani. «Mmmm.. Noo... Non mi va di andare via. Voglio fare amicizia con quello lì... Secondo me gli piaccio» continuò poi quando Florian si alzò, indicando l'uomo barbuto del bancone e muovendo pesantemente la testa nella sua direzione. «Non staro qui a convincerti di seguirmi, Thomas, quindi muoviti a meno che tu non voglia rischiare di tornartene ad Inverness con un occhio nero.» Sbuffò sonoramente, quindi fece leva sulle braccia per tirarsi su, e con un «Woo..» ondeggiò sul posto per qualche momento. «E va bene, ma potrei star rinunciando all'amore della mia vita...» Prese la bacchetta nuova dal tavolo, se la infilò in una tasca interna della giacca, e seguì barcollando l'amico fino alla porta, voltandosi prima di uscire per mandare un bacio all'uomo con la barba.

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    «Benvenuto nella mia modesta dimora.» Tom si sentiva un po' meglio. Probabilmente lasciare il chiasso e l'aria calda e affumicata del locale l'avevano aiutato a tornare in sé almeno un po'. Si guardò intorno, storcendo il naso in una smorfia. «Che casino... Cos'è questo odore?» Si lasciò cadere sul divano consumato di Florian, sospirando. «Thomas ti presento Pedro, Pedro, questo è quello che proverà su di te la sua nuova bacchetta. Perché vorrai provarla, no? Nel caso in cui non andasse qui ne ho altre venti, tipo.» Tom mosse la mano verso Pedro a mo' di riverenza, inclinando il capo. «Quindi abiti qui?» «Io ho una stanza al campus, vengo qui solo quando ho la testa troppo piena e non mi va di stare con la gente, hai presente? Che poi devo continuare a lavorare, e farlo dentro al college non mi pare la cosa migliore, cioè, che poi non pago nemmeno un cazzo di affitto perché in pratica 'sto posto l'ho occupato. Quindi sticazzi...» Tom continuava a guardarsi attorno, la differenza tra loro due che andava emergendo sempre di più, sempre più evidente. «Quindi dormo qui?» Fece infine, allungandosi sul divano. «C'ho dormito due notti di fila quando è scesa mia sorella da Mosca, è comodo se dormi con la testa voltata verso di qua, dall'altra parte c'è una molla che mi ha trapanato il fianco. Semmai ti servisse, puoi venire qui quando ti pare» Tom annuì, grato. «Sei un amico, davvero. Ti pago per esserlo, tecnicamente, però grazie.» Vi fu qualche momento di silenzio, mentre la testa continuava a ronzargli. «Credi che.. Che ne avrò bisogno? Di nascondermi qui, per esempio. Pensi che potrebbe succedere?» chiese infine. La vera domanda era sottintesa tanto quanto priva di risposta certa: mi troveranno? Mi ritroverò a dover scappare? Posso stare tranquillo?
     
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