A little party never killed nobody

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    GRYFFINDOR PRIDE

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    509
    Reputation
    +319
    Location
    Denver, Colorado

    Status
    Waiting!

    Da quando Dean aveva iniziato il college, la sua vita aveva cominciato a farsi ancor più frenetica del solito - il che, da uno come lui, lasciava piuttosto di stucco dato che già di suo non aveva mai avuto pace. Studiava, giocava a Quidditch, partecipava al club di lettura e lavorava pure. Il tutto condito da una vita sociale piuttosto soddisfacente, perché in fin dei conti sempre di Dean Moses si trattava, e chi nasce tondo non muore di certo quadrato. Il corso di lingue e culture magiche si era rivelato essere la sua strada: una vocazione a cui dava tutto se stesso e che non intendeva di certo mollare. Il Quidditch era stato sin dal primo giorno al castello la sua piccola passione da coltivare a parte. La lettura, quella era inerente al suo corso e gli portava crediti da non prendere sottogamba. Il lavoro, invece, quello ahimè era una necessità, poiché senza di esso non avrebbe potuto permettersi ne' gli studi ne' la vita di tutti i giorni. E la sua quotidianità, a ben vedere, era abbastanza scevra - costellata da quelle piccole rinunce che era stato abituato a fare sin da bambino e che dunque, ora, altro non erano per lui se non la normalità. Dean Moses era un ragazzo paradossale: viveva appieno i suoi vent'anni come uno qualunque dei suoi coetanei, ma allo stesso tempo vantava più esperienza di vita di molti altri adulti da cui era circondato. Il giovane americano, infatti, non sapeva richiamare alla propria memoria i ricordi di un momento della sua vita in cui non aveva mai lavorato; persino ai tempi di Hogwarts si era sempre dovuto rimboccare le maniche per guadagnare qualche soldo, tanto per le vie lecite quanto per quelle illecite. Ai Tre Manici, ormai, Dean era un impiegato storico: aveva iniziato come cameriere quando aveva circa quindici anni, e piano piano aveva imparato il mestiere di barista al punto da essere una presenza di riferimento per i numerosi avventori della locanda. Non a caso era stato proprio lui a proporre al gruppo di lettura di tenere alcuni dei loro incontri ai Tre Manici, facendo da intermediario con la proprietaria per creare una sorta di convenzione: clienti fissi in cambio di un piccolo sconto sulle loro ordinazioni durante le riunioni fissate. Un do ut des che si era rivelato piuttosto vincente - ma in fin dei conti, non poteva essere altrimenti: il fiuto per gli affari del Grifondoro era pressoché infallibile. Ma non puoi fare affari se non conosci le persone - specialmente se lavori in un bar. Un lavoro, quello, che il ragazzo aveva amato sin dal primo giorno, poiché gli dava modo di conoscere tante persone diverse e ascoltare le loro storie, imparandone spesso lezioni interessanti. Gli habitué, Dean ormai li conosceva tutti: Horace con tre divorzi sulle spalle che stava sul lastrico per tutti gli alimenti che doveva pagare, Jean che era sempre a un passo dallo sfondare come scrittrice ma che alla fine non lo faceva mai, Peter che aveva insegnato Aritmanzia per tutta la sua vita e ora si godeva la pensione e così via. Perché tanti erano i clienti ricorrenti, ma pochi erano famiglia: quelle facce che con il brutto o il cattivo tempo venivano tutte le sere al solito bar per fare due chiacchiere, alzare un po' il gomito e poi tornare a casa. Il moro voleva bene a quelle persone, e quelle persone volevano bene a lui di rimando, in un circolo che alimentava costantemente la clientela mantenendo gli affari sempre in positivo.
    "Ehi Moses, se vuoi staccare non farti problemi. Questa settimana hai già fatto un bel po' di ore." Rivolse un sorriso a Joseph, scrollando appena le spalle. "Penso che rimarrò un altro po' qui a darti una mano e poi torno a casa a studiare." Il collega gli fece cenno di fare come preferiva, tornando subito dopo a servire i due clienti seduti al bancone. Una serata piuttosto moscia, quella - tipico dell'infrasettimanale, soprattutto sulla prima serata. C'erano tutti i clienti fidati, ma il lavoro poteva essere tranquillamente sostenuto da Joseph e dai due camerieri che la proprietaria aveva preso in prova da una settimanella buona. Due ragazzini svegli che di certo sarebbero stati assunti ufficialmente nel giro di pochi giorni. Lo sguardo del moro andò a cercare le lancette dell'orologio: non erano ancora nemmeno le nove di sera. Scrollò le spalle tra sé e sé con noncuranza: di tempo per studiare ne aveva eccome, essendo lui uno di quelli abituati a stare svegli la notte. Come Dean Moses si tenesse in piedi, questo era un mistero che nessuno sembrava saper risolvere.
    tumblr_nib2vvasSZ1tho95mo1_250
    Quando il campanello della porta suonò, annunciando l'entrata di un nuovo cliente, Dean si voltò istintivamente, notando una ragazza bionda dall'aria piuttosto familiare che si guardava intorno come se stesse cercando qualcosa. "Cassie Partridge?" chiese, la voce abbastanza alta da farsi sentire sopra la musica che suonava costantemente in sottofondo dal jukebox stile anni cinquanta, alzando un braccio per farsi notare oltre il bancone. "Cercavi questo, scommetto." disse con un sorriso sulle labbra, estraendo da sotto al bancone un libro consumato dalle riletture, quello che attualmente stavano discutendo al gruppo di lettura. La ragazza doveva averlo dimenticato lì dopo l'incontro di quel pomeriggio, e Dean, per sicurezza, aveva deciso di tenerlo con sé nel caso in cui lei lo venisse a cercare o, in caso contrario, per riportarglielo il giorno dopo di persona. Personalità singolare, quella della bionda, che Dean - come suo solito - aveva osservato con curiosità durante gli incontri del club, notando che mai una volta, nemmeno durante le riunioni serali, si era azzardata ad ordinare un cocktail alcolico. Sempre acqua o bevande sobrie, accomunate a una personalità a tratti chiusa e a tratti vivace nell'esprimere le proprie opinioni in dibattito. Lasciò che la ragazza si avvicinasse al bancone prima di passarle il libro, il celeberrimo capolavoro di Scott Fitzgerald: Il Grande Gatsby. "Noto dall'assenza di segnalibro che l'hai già finito..immagino sarai già bella pronta per la discussione della prossima settimana." Dato che in quella di oggi ci siamo raccontati quattro cazzate, visto che metà della gente non l'ha ancora portato a termine. "Prego, siediti pure. Puoi servirti con noccioline, olive e pistacchi. E...Joseph, passa qui quella ciotola di patatine...graaaazie!" Rimase per qualche istante in silenzio, passando lo sguardo da lei al libro prima di schioccare la lingua sul palato e battere le mani. "Tanto che sei venuta fin qui, ti faccio provare qualcosa in tema. Offro io, tranquilla. Però mi devi promettere di assaggiarlo, anche se poi decidi che non ti piace o che non lo vuoi finire." Sempre il solito Dean: dare confidenza anche agli sconosciuti era la sua massima abilità. D'altronde la sua filosofia di vita era che senza rischiare nulla si poteva correre il rischio ben più grande di perdersi qualcosa di interessante, e lui quella sera non aveva piani migliori che potessero valer la pena di lasciarsi sfuggire una nuova conoscenza. "Non so se ci hai fatto caso.." cominciò, prendendo shaker e misurino "..ma in alcuni passi del libro Jay Gatsby viene descritto con in mano un cocktail molto specifico: il New York Sour." E mentre versava gli ingredienti dal misurino allo shaker, iniziò a illustrarle dove voleva andare a parare. "Nel New York Sour ci vanno due once di Bourbon, una di succo di limone, tre quarti d'oncia di sciroppo di segale..come base." Aggiunto tutto il contenuto illustrato, mise del ghiaccio in un bicchiere pulito, lo incastrò nello shaker e cominciò ad agitare il tutto. Una volta fatto, lasciò riversare il contenuto nel vetro, allungandosi verso lo scaffale degli alcolici. Da lì prese una bottiglia di buon vino rosso italiano e, dal cestello delle posate, prese un cucchiaino. Dispose quest'ultimo al rovescio sopra il bicchiere, versandovi sopra quel poco che bastava di vino per creare sopra alla bevanda aranciata un sottile strato rosso che lo faceva apparire bifasico. "Poi ci va fatto flottare il vino rosso e si aggiunge una fetta di limone a guarnizione." aggiunse, spiegando i suoi ultimi passi prima di farle cenno con la mano verso il drink pronto. "Se ci pensi è un interessante e singolare scelta di drink per una persona che viveva negli anni venti in America - e quindi nel periodo del proibizionismo. Gli alcolici erano difficili da trovare: erano merce rara. E sì, se sapevi il fatto tuo e avevi un bel po' di soldi in mano, un bourbon te lo potevi pure rimediare. Ma un vino rosso italiano?" storse le labbra, scuotendo appena il capo "Se in America c'era il proibizionismo, in Italia c'era l'autarchia. Importazione ed esportazione di prodotti di questo genere erano al bando. L'unico modo per metterci le mani era passare per vie clandestine - il che ovviamente faceva salire il prezzo ancora di più. Si stima, infatti, che una bottiglia di vino italiano nell'America proibizionista costasse circa trecentoventi dollari." A quel punto, con le mani vuote dopo aver ripulito lo shaker e alcuni degli utensili utilizzati, si rimboccò meglio le maniche della camicia fino ai gomiti, appoggiando poi una mano sul bancone e mettendosi in bocca un paio di noccioline con quella libera. Le masticò con cura, sollevando nel frattempo entrambe le sopracciglia come a voler sottolineare ulteriormente la rilevanza dell'informazione che le aveva appena dato. "Fitzgerald non ha scelto quel cocktail a caso tra tanti altri. Gatsby beveva il New York Sour perché era il simbolo di tutto ciò che aveva fatto nella speranza di ottenere l'unica cosa che voleva davvero: Daisy. Pur di averla è passato per ogni strada possibile, arricchendosi come gangster per poi tentare di ripulire quella sua opulenza in ogni maniera - di rendersi rispettabile. Gatsby si poteva permettere tutto, persino di farsi vedere con un cocktail da più di quattrocento dollari in mano ogni sera. Solo una cosa, alla fine, non è riuscito a permettersi: Daisy." Detto ciò, fece un piccolo inchino scherzoso in direzione della ragazza. Perché in fin dei conti Dean Moses questo era: uno showman nato, uno che per intrattenere se stesso cercava di intrattenere anche gli altri. "E questo è come il bartending incontra la letteratura. Spero che la storiella renda più piacevole anche il drink." Ridacchiò divertito, ritornando poi a poggiare una mano sul bancone e rivolgendole un cenno interrogativo. "Allora..ti piace? Le critiche sono ben accette."


    Edited by Dean supertramp - 19/3/2019, 12:50
     
    .
  2. Sleeping sun
        +1    
     
    .

    User deleted


    tumblr_okd4ilFdhm1vmjs6wo4_250
    << Ti prego, dimmi che l'hai preso tu! >> si affrettò ad esclamare Cassie, non appena avvertì lo scatto della serratura. Nessun “ciao”, niente “scusa il disturbo”, subito dritta al punto. Irrequieta, tanto da anticipare l'apertura della porta. << Allora, ce l'hai? >> aggiunse subito dopo, puntando gli occhi sul volto di una confusa ragazza dai lunghi capelli castani. Beverly, un'altra studentessa Corvonero, che in quel momento stava cadendo dal mondo delle nuvole. Vide le sue labbra spalancarsi per lo stupore, accompagnate dallo sgranarsi delle palpebre. << Ciao anche a te, Cassie! >> fu abbastanza rapida nel riprendersi, sottolineando sarcasticamente la sua mancanza di saluto. << Di cosa stai parlando? >> chiese subito dopo, senza celare la perplessità nel timbro. << Il libro! >> una risposta breve e concisa, che nella mente reattiva di Cassie risultava più che sufficiente. Peccato che la compagna non fosse dello stesso avviso, fissandola quasi imbambolata. Emise un sospiro esasperato, alzando e abbassando le spalle. Che aveva fatto di male? Un minimo d'interpretazione era forse chiedere troppo? Non stava parlando in un linguaggio astruso, non aveva neppure usato dei termini complessi. << Il libro per il club di lettura, hai presente? Quello che frequentiamo insieme. Oggi abbiamo fatto un incontro, ricordi? >> meglio tentare con un approccio più semplice, spiegandole per filo e per segno il problema. Parlò lentamente, scandendo bene le sillabe, giusto per andare sul sicuro. << Non riesco più a trovarlo. Ho svuotato l'intera borsa, ho guardato per tutta la camera, ma è sparito. Ti prego Bev, eri seduta accanto a me. Dimmi che ce l'hai tu! >> ed eccola qui, la questione urgente, d'importanza fondamentale. Un libro. Non uno di quelli accademici, indispensabili per lo studio, bensì uno impiegato a scopo ricreativo. Comunque una tragedia nella mente distorta di Cassie, che non aveva mai, mai e poi mai, smarrito nulla. Lei che vantava un ordine irreprensibile, che teneva tutto accuratamente catalogato, come aveva fatto a perderlo di vista? Una volta nella sua stanza, di ritorno dall'incontro, aveva spalancato la borsa e ….apriti cielo! Si era accorta subito che mancava qualcosa, se l'era sentito fin nelle ossa. Una sorta di sesto senso, un sentore di catastrofe imminente. Non era una veggente, divinazione non figurava neanche tra sue materie preferire, però possedeva una dose di paranoia tale da metterla in allarme. Una sensazione simile all'inquietudine, che l'aveva spinta a fare mente comune, per poi partire con le ricerche. Aveva risvoltato la camera per ben tre volte, cercando in ogni angolo, senza successo. E tra un giro e l'altro, tanto per complicare la faccenda, aveva pure risistemato. Operazione inutile, considerato che nell'arco di pochi minuti si era rimessa a rovistare, vanificando le sue azioni. Conseguenze? Aveva sprecato il doppio del tempo, sentendosi ancor più in colpa. Perché quello era tempo prezioso, da dedicare allo studio, non al divertimento. Conclusioni? Era in ritardo sulla sua personalissima tabella di marcia, ma doveva assolutamente risolvere l'inghippo. Altrimenti avrebbe finito con il rimuginarci sopra, distraendosi e lei non poteva proprio permetterselo. Quindi sì, si era presentata davanti alla camera di Beverly, alla ricerca d'informazioni. Che fossero le otto passate di sera, beh era un dettaglio trascurabile. Almeno per la bionda, le cui priorità erano abbastanza sballate. Un'altra persona si sarebbe potuta arrabbiare, decidendo d'insultarla e/o sbatterle lo stipite in faccia. Ma non Beverly, una tipa abbastanza tranquilla, paziente e diligente, che si era guadagnata un posto tra le sue ridotte conoscenze. Non erano amiche, quello era un compartimento ancora più scarno, facevano delle cose assieme e basta. In passato Bev, probabilmente vittima di un fugace attacco di follia, le aveva persino proposto di diventare coinquiline. Una proposta che Cassie aveva prontamente rifiutato, poiché non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo alloggio singolo. Poteva sopportate altra gente a lezione, o nei luoghi pubblici, non nel settore privato. Il suo indicatore di stress avrebbe raggiunto dei livelli stellari, rischiando di farla scoppiare. No, stava benissimo da sola. << Io non ho il tuo libro. Mi dispiace Cassie >> di male in peggio, la faccenda stava assumendo una brutta piega. Le sue speranze, sfiduciate in partenza, sparirono del tutto. Sollevò meccanicamente la mano destra, allungandola per spingersi sul naso gli occhiali da vista. Un gesto non necessario, istintivo, che la caratterizzava nei frangenti di nervosismo. Ovvero spesso, per non dire costantemente, visto che era il ritratto della tensione vivente. Per un attimo, fu attraversata dalla possibilità di chiederle il permesso di entrare a controllare, perché poteva averlo preso per sbaglio, senza essersene accorta. Due paia di occhi erano meglio di uno, così dicevano.<< Ottimo! >> ma chi voleva ingannare! Sarebbe stato l'ennesimo passo falso, perché Beverly non aveva il suo tomo e lei, in fondo, l'aveva sospettato fin dal principio. Si era illusa, rifugiandosi nell'idea di risolverla velocemente, restando fregata. Naturale, sarebbe stato troppo bello. << Potresti andare ai Tre Manici, per controllare >> il suggerimento improvviso, così a bruciapelo, la fece ridestare bruscamente dalle sue riflessioni. << Come?! >> immediata nella replica, con una nota leggermente acuta nel timbro. Sicuro, aveva afferrato l'opzione, ma questa non le piaceva. Aggrottò la fronte, arricciando le labbra, fissandola mezza allibita. << Beh sì, magari l'hai dimenticato là. Dare un'occhiata non ti farà del male. Potresti avere fortunata e trovarlo! >> ma quando mai?! Primo, Cassie non era una che dimenticava. Secondo, se davvero era rimasto ai Tre Manici, per motivi sconosciuti, dubitava che l'avrebbe rivisto. Sicuramente non intero. << Ma è tardi! >> di tutte le frasi possibili e immaginabili, di tutte le repliche che avrebbe potuto fornire, pescò la più stupida. E lo fece con enfasi, convintissima, annuendo per avvalorare il concetto. Che poteva farci? Che c'era di male? Per lei era tardi, nonostante il parere delle lancette. In realtà, ad essere onesti, per la corvonero era sempre tardi. Era tardi con lo studio, era tardi con i compiti, era tardi con le lezioni. Eh già, credeva fermamente di vivere una vita piena, così occupata da non avere spazio per altro. Purtroppo la gente tendeva a pensarla diversamente, criticando il suo stile. Tu guarda che tipi! Se gli altri volevano andare a letto a notte fonda, trascorrere il tempo a bighellonare, erano liberissimi di farlo. Lei non li avrebbe di certo fermati o denigrati. Ok, puntava il dito e si lamentava, ma era dalla parte della ragione. Notò Beverly che allungava la testa alla sua destra, quasi certamente intenta a guardare l'orario, e si preparò mentalmente. << Non sono neanche le nove! >> ed eccola, puntuale e scontata, la protesta. D'accordo, era arrivata l'ora di levare le tende. Dondolò le braccia in un gesto stizzito, muovendo un paio di passi all'indietro. << Certo, lo so! Per questo è tardi. Va bene, ora vado e ti lascio a quello che devi fare >> dubitava che fosse qualcosa d'importante, ma ebbe la delicatezza di non dirlo << Grazie per l'aiuto. Buona serata >> date le circostanze, sarebbe stato più appropriato un “grazie per il non aiuto”, che si costrinse a ricacciare dentro, incamminandosi verso la sua stanza.
    Non vi rimase molto, giusto il necessario per darsi una sommaria sistemata, afferrare la borsa e poi uscire. Fuori orario oppure no, doveva mettersi l'anima in pace, e l'unico modo per farlo consisteva nel dare un'occhiata al locale. Certo, si prevedeva un altro buco nell'acqua, ma doveva controllare, togliersi il pensiero. Assurdo! Cassie non voleva nemmeno partecipare ai circoli extrascolastici. Inizialmente aveva scartato la prospettiva, timorosa di vedersi sottrarre delle ore preziose. Tuttavia, in un secondo periodo, si era scoperta ad accettare. Solo per dimostrarsi un minimo sociale, fare qualche conoscenza e mettere in risalto la sua bravura. Esattamente, con la corvonero non esistevano mezze misure. Prendeva quello che faceva molto seriamente, come una sfida. Per esempio, con il gruppo di lettura aveva l'abitudine di concludere in fretta i titoli che di volta in volta venivano assegnati, così da prepararsi alla discussione collettiva. Dare il massimo, sempre e comunque, l'obiettivo che si era prefissata. Ripensandoci, con il senno di poi, forse non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere. Si sarebbe risparmiata simili impicci. << Lo sapevo, non dovevo iscrivermi... >> non riuscì a trattenersi dal bofonchiare ogni tre per due, borbottando in solitaria per la durata dell'intero tragitto. Un tragitto compiuto celermente, con le braccia conserte al petto, imbronciata nell'espressione del volto. Un broncio destinato ad aumentare con l'arrivo ai Tre Manici, sbandierando tutto il suo malcontento. Si fermò qualche secondo davanti all'ingresso, indecisa se proseguire o meno. Guardò a destra, guardò a sinistra, contemplando il paesaggio tranquillo. Ok, era arrivata fin lì, tanto valeva entrare e chiudere la faccenda. O meglio, accertarsi dell'insuccesso e poi sgattaiolarsene a casa. Questione di minuti. Rassicurata da tali elucubrazioni, sciolse l'intreccio degli arti, aprì la porta e fece il suo ingresso. L'ambiente era calmo, non molto affollato, eppure sufficiente a metterla a disagio. Non che avesse paura, ci mancherebbe, solo non le garbava. Normale, visto che la maggior parte dei locali non le andava a genio. Perché erano rumorosi, perché erano caotici e soprattutto, perché lei non era in grado di divertirsi. Perlomeno, non come facevano gli altri. Al riguardo, l'iniziativa di spostare gli incontri in quel posto, era stata una doccia gelata per Cassie. Logicamente aveva espresso un parere contrario, finendo col perdere. Inevitabile. Sapeva che sarebbe stata sconfitta, così come sapeva che quel tentativo era superfluo. Eppure si era gettata in entrambe le vicende, poiché non era da lei tirarsi indietro. << Va bene, vediamo di farla finita >> mugugnò a bassa voce, portando le dita a scostare alcune ciocche bionde dietro le rispettive orecchie. Lo sguardo scivolò tra i tavoli, avviandosi verso la postazione che avevano occupato nel pomeriggio. << Cassie Partridge? >> anzi, diciamo che faceva parte dei suoi piani, bruscamente interrotti dall'inaspettato richiamo. Neppure un minuto dopo si bloccò con uno scatto, in maniera alquanto meccanica, sbuffando silenziosamente. Perfetto! Ci mancava solamente quella! Chi caspita era a disturbarla? Lei non disponeva di un'ampia cerchia di conoscenze, motivo per cui tendeva a passare defilata. Tuttalpiù potevano scambiarsi il suo nome nel miraggio di avere un supporto con i compiti, oppure riconoscerla per via dei suoi genitori. Con la prima ipotesi, gli episodi erano calati notevolmente di numero, data la sua terribile propensione al rifiuto. E per la seconda, beh a meno di accademici o figli di accademici, così su due piedi non credeva che qualcuno l'avrebbe riconosciuta. Si costrinse a ruotare la nuca per individuarne la provenienza, increspando la bocca in un che di contrariato. Probabilmente si trattava di qualcuno scioccato nel vederla lì dentro, intenzionato a lanciarle qualche battutina. E non poteva nemmeno biasimarli, non quando lei per prima si sentiva turbata dalla sua stessa iniziativa. Si scoprì a posare gli occhi su Dean Moses, che si sporgeva da dietro il bancone. Ovvio, chi altro poteva essere, se non il ragazzo che lavorava come barista? Un altro membro del club, nello specifico quello che aveva avuto la brillantissima pensata di cambiare luogo d'incontro. Non lo conosceva, si erano scambiati al massimo qualche battuta, sempre all'interno dell'attività, e ovviamente non aveva mai mostrato interesse nell'ampliare il rapporto. Però era il responsabile della location, dunque non poteva trattenersi dal provare una lieve antipatia nei suoi confronti. In fondo, la colpa di tutto quel casino, dipendeva dalla sua trovata. Quindi, alla fine della storia, era colpa sua. << Che vuoi Moses? Sono molto impegnata >> salutare non rientrava nell'abitudine di Cassie, soprattutto se non aveva voglia di fare conversazione. Impettita nel rivolgersi a lui, rapidissima nell'esprimersi, con quel tono da maestrina supponente che sovente la caratterizzava. “Sto cercando il libro che è scomparso per colpa della tua stupidissima idea. Una ricerca inutile, perché tanto non lo troverò e probabilmente sarà già ridotto in pezzi da qualche parte”, fu il commento che le balenò contemporaneamente in mente, ma che ebbe l’accortezza di omettere. Non era mica venuta per mettersi a discutere! In tutto questo non fece un passo, restandosene impalata a metà strada tra i tavoli e il bancone, alzando la voce per farsi udire sopra il livello della musica. << Cercavi questo, scommetto. >> Era sul punto di riprendersi, ignorarlo e tornare alla sua indagine, quando il ragazzo saltò fuori con quella notizia a tradimento. Gli occhi schizzarono verso il libro, dilagandosi all'istante. Avverti la mascella abbassarsi di scatto, non riuscendo a nascondere una O di stupore. Rimase muta per diversi secondi, alternando la visuale tra Dean e il volume, tentando di riorganizzare il flusso delle sue riflessioni. Ecco una cosa che proprio non si aspettava! Era partita con zero aspettative, sicurissima di fallire, invece era stata smentita. << Quello è il mio libro! >> fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, non sforzandosi neanche di camuffare la sua costernazione. Sollevò un indice a indicarlo, per poi premersi la montatura delle lenti sulla faccia. << Non ci credo, l'hai trovato! >> ah, Cassie e la sfiducia nei confronti degli esseri viventi, un binomio imprescindibile! Scrollò la testa, indirizzandosi verso lo studente, fulminea nell'arrestarsi davanti a lui e acciuffare il testo offertole. “Il Grande Gatsby” non figurava nell'elenco delle sue opere preferite, ma questo non le impedì di tastare entrambi i lati consumati, dando una sbirciata pure tra le pagine. Per assicurarsi che fosse intatto. << Noto dall'assenza di segnalibro che l'hai già finito..immagino sarai già bella pronta per la discussione della prossima settimana. >> Liberò un sospiro carico di sollievo, annuendo alle sue parole, senza guardarlo. Certo che l'aveva letto tutto, ci aveva messo giusto un paio di giorni. E onestamente, non riusciva a capacitarsi di quegli iscritti che non l'avevano ancora terminato. << Sì, è così…>> fece una piccola pausa, infilando il libro nella borsa, indietreggiando leggermente, il tutto sempre senza fissarlo << Bene, allora grazie per averlo recuperato. Ora sarà meglio che va…>> e pensare che aveva riconquistato un po'di sano buonumore, contenta di aver risolto il dilemma. Peccato per quell'invito fulmineo, pronunciato all'unisono con lei, capace di farle morire il resto del discorso in gola. << Prego, siediti pure. Puoi servirti con noccioline, olive e pistacchi. E...Joseph, passa qui quella ciotola di patatine...graaaazie! >> Come prego? Aveva capito male? Le aveva chiesto di sedersi e…cosa? Mangiare? Inarcò le sopracciglia, facendosi scettica nei lineamenti, fissandolo impalata sul posto. << Tanto che sei venuta fin qui, ti faccio provare qualcosa in tema. Offro io, tranquilla. Però mi devi promettere di assaggiarlo, anche se poi decidi che non ti piace o che non lo vuoi finire. >> Era uno scherzo? Stava cercando di prendersi gioco di lei? << Cosa?! >> sbottò con una tacca più acuta del necessario, stringendo le mani a pugno. Trattenne il respiro, visibilmente sconcertata nell'atteggiamento. Se non fosse stata così disorientata probabilmente sarebbe scoppiata a ridere. C'era davvero dell'ironico nella situazione. In vent'anni di vita, nessuno aveva mai offerto da bere a Cassie. Tranne i parenti, ma quelli non contavano. << Non ho fame. Ho già mangiato. E non ho bisogno che tu mi offra niente…>> soltanto lei poteva indispettirsi di fronte a un atto di gentilezza. Piccata, aveva la stessa espressione che si poteva avere dinnanzi alla notizia di un test a sorpresa, con la sostanziale differenza che lei era sempre pronta per le verifiche. Ma quella, beh quella era un'altra storia. Non era entrata per fermarsi a mangiare, bere e chiacchierare! Era venuta per il volume, l'aveva recuperato e ora poteva allontanarsi. Un sacco di esercizi la aspettavano in camera ed era molto indietro. Disgraziatamente Dean partì con la preparazione, lasciandola ancor più di sasso. Era assolutamente ridicolo! Ok, niente panico, avrebbe imboccato la porta di soppiatto, abbandonandolo alle sue operazioni. Lei non gliel'aveva chiesto, lui non l'aveva ascoltata, quindi erano cavoli suoi. << Non so se ci hai fatto caso.. >> alt, come non detto, questo era un colpo basso. Un sistema efficace per richiamarla, annullando temporaneamente i suoi piani. << Certo che l'ho notato! >> avvertì l'istinto di ribattere al volo, difendendo il suo eccellente spirito di osservazione. E in mancanza di alternative, essendo stata interpellata su qualcosa di sua competenza, si accomodò su uno degli sgabelli. Senza sbottonarsi o lasciare la borsa, incrociando le braccia al petto. Tanto per sottolineare che lei era contraria, che aveva di meglio da fare, dunque si stava sacrificando. “ Ti prego, continua pure a fare quello che stai facendo. Tanto io non ti ho detto che non lo voglio e che non ho intenzione di berlo. Sai, ho di meglio da fare, sono molto ma molto impegnata e mi stai facendo ritardare. E posso pagare da sola, non serve che mi offri nulla”. Solamente uno strascico della lunghissima e concitata conversazione che stava avendo con il suo cervello, mentre fissava il ragazzo all'opera. Dovette mordicchiarsi la lingua per non esprimerla a tono, sempre più seccata dalle circostanze. Si impose di seguire i suoi movimenti sicuri e precisi, obbligandosi ad ascoltare la conversazione. Era bravo, per quanto riusciva a capirne lei. Insomma, Cassie avrebbe potuto descrivere le formule dei vari componenti, ma preparare drink, ecco non le apparteneva. << Se ci pensi, la cosa davvero assurda, è che Gatsby si mostrava con un cocktail da più di quattrocento dollari ogni sera, solo per cercare di far colpo su Daisy. Tutto quello che ha fatto, tutti i suoi sforzi, avevano come unico scopo quello di riconquistare una donna. Determinato, brillante, eppure al tempo stesso così ingenuo. Insomma, ha costruito la sua intera vita attorno a Daisy, la ragazza che ha amato e che non ha mai smesso di amare. Una ragazza frivola, superficiale, interessata al lusso e alla bella vita. Ha buttato l'amore di Gatsby, come si getterebbe un rifiuto, per avere i soldi. Questo avrebbe dovuto fargli capire che tipo di persona era, ma non è stato così . Invece di darle la colpa, si è sentito responsabile, inadeguato, e questo l'ha spinto a tentare di rimediare. A lei piaceva la ricchezza, quindi è diventato ricco. L'ha fatto per lei, non per sé stesso. Se Daisy fosse stata una povera e semplice donna, disposta ad accettarlo così com'era, non ci avrebbe nemmeno pensato. È rimasto aggrappato a quella fantasia, l'unica cosa che lo faceva andare avanti. Perché, oltre a Daisy, non aveva nulla. E alla fine, cocktail o meno, non è riuscito a riaverla. Forse avrebbe dovuto sfruttarli per impressionare qualcun altro, dedicandosi a qualcosa di più concreto e importante >> no, “Il Grande Gatsby” esulava decisamente dalle fila dei romanzi che apprezzava. Aveva trascorso buona parte della lettura a contestare e biasimare, sollevando obiezioni e lamentele al nulla. Completò la sua opinione, le guance lievemente arrossate dal fervore, allungando un braccio verso la ciotola delle noccioline. Ne afferrò una di numero, infilandosela in bocca, giusto per evitare un commento acido al suo inchino esibizionista. << E questo è come il bartending incontra la letteratura. Spero che la storiella renda più piacevole anche il drink. >> La nocciolina rischiò di andarle di traverso, inducendola a tossicchiare. Roteò gli occhi esasperata, scrollando spalle e capo in uno slancio stizzito. << A me sembra solo un modo per rifilare da bere a qualcuno. E in questo caso, quel qualcuno non ha neanche voglia di bere >> si era contenuta a sufficienza, perciò illustrò il suo parere, logicamente contrariato. Abbassò lo sguardo sul bicchiere, fissandolo in tralice, in una scena quasi comica a vedersi. << E va bene, solo un sorso! >> perché un po', giusto un pizzico, si sarebbe sentita in colpa nel fargli buttare tutto. L'aveva preparato, ci aveva messo impegno, dunque poteva concedergli un piccolissimo assaggio. Lo acciuffò, avvicinandolo con estrema lentezza alle labbra, per poi bloccarsi. Quanto poteva essere difficile tracannare un sorso? Moltissimo, se ti chiamavi Cassiopea Berenice Partridge. Con il massimo della malavoglia, finalmente si azzardò ad assaggiarne un minuscolo sorso, riappoggiando il drink sul bancone. Deglutì con esasperante fatica, per poi strizzare le palpebre, arricciare il naso e contrarre le labbra. Una manifestazione inequivocabile, sinonimo di disgusto. Che poi arrivasse dopo una microscopica goccia, era una questione secondaria. Cassie non beveva alcolici, quindi li detestava a prescindere. << Allora..ti piace? Le critiche sono ben accette. >> Alzò cautamente la nuca, riprendendo a guardarlo con quella smorfia stampata addosso. << No, non penso che sia il mio genere >> un'altra persona si sarebbe sforzata di mentire, tanto per essere carina, ma non la corvonero. << In realtà io non bevo alcolici, quindi hai sbagliato persona a cui offrirlo. E non lo volevo, hai deciso tutto da solo >> tanto per rincarare la dose, facendo sfoggio del suo risentimento.
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    GRYFFINDOR PRIDE

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    509
    Reputation
    +319
    Location
    Denver, Colorado

    Status
    Waiting!

    tumblr_mfpn9z3EIZ1qi9dhho10_250
    Prima regola di ogni barista: ascolta i tuoi clienti. Non importa se quello che dicono non coincide con le tue idee, non importa se ti annoia o se ti fa incazzare: devi sempre ascoltare, a prescindere. Seconda regola di ogni barista: i clienti non hanno sempre ragione, ma se hai rispettato la prima, sai anche come comportarti affinché l'applicazione di questa non risulti aggressiva o scortese. E infatti il giovane Moses ascoltò, ascoltò tutto ciò che Cassie aveva da dire senza proferire parola, limitandosi a sorriderle mentre lei giungeva pian piano al punto del suo discorso riguardo il Grande Gatsby e il drink che lui le aveva offerto. "No, non penso che sia il mio genere. In realtà io non bevo alcolici, quindi hai sbagliato persona a cui offrirlo. E non lo volevo, hai deciso tutto da solo." Wo, osso duro la ragazza. Stava per aprire bocca quando sentì il cellulare vibrargli nella tasca. Le fece dunque cenno con l'indice di scusarlo per un istante mentre controllava il telefono. Aggrottò appena la fronte nel vedersi una notifica da parte di un'app che non aveva mai scaricato. « Fai ubriacare la dolce Cassandra Partridge. Sia lei che noi abbiamo bisogno di vederla sciogliersi in qualche modo. [Ricompensa: 20 galeoni] » - Aspè, ma non si chiamava Cassiopea? Bo, vabbè..la vedo scura, ma venti galeoni non fanno schifo a nessuno. Men che meno a Dean, il quale non aveva poi molto da perdere. Decise dunque di cliccare sul tasto accetta dopo essersi fatto qualche conto in tasca ed essere giunto alla conclusione che l'eventuale relazione economica di entrate-uscite gli avrebbe giovato in ogni caso. In fin dei conti il peggio che poteva succedere era perdere la sfida contro il muro che la ragazza avrebbe eretto di fronte a ognuno dei suoi sforzi. Scosse dunque il capo, come a dichiarare la fine di quella parentesi, per riporre poi il cellulare in tasca e rivolgersi nuovamente alla bionda. "Mmh..quindi sei una cinica, eh?" le domandò retoricamente, ridacchiando tra sé e sé. Con un movimento fluido si avvicinò il bicchiere praticamente ancora pieno, mandandone giù un sorso. "Scherzi a parte..tutto ciò che hai detto è vero - direi innegabile. Ma la tragedia è bella per questo: perché è umana. Gatsby avrebbe certamente potuto fare tante altre scelte, così come anche Daisy - ma noi non avremmo avuto Il Grande Gatsby. E in fin dei conti questo è ciò che importa, no? Che noi, oggi, dopo tutti questi anni, siamo ancora qui a parlarne. Stiamo ancora a scervellarci sull'incomunicabilità, a chiederci se per loro fosse possibile amarsi realmente, a leggere tra le righe - con la coscienza del poi - un ritratto impietoso dell'egoismo aristocratico e della rozzezza dei nuovi ricchi. Senza contare la marca autobiografica del libro, che in fin dei conti parla in maniera un po' più romanzata dello stesso Fitzgerald e di sua moglie Zelda." Si strinse nelle spalle. "Ed è bello anche per questo: perché è vero." Perché non è il virtuosismo di un tizio che le ha avute tutte facili, ma racconta di sentimenti e passioni che lui ci trasmette perché le ha provate per primo sulla propria pelle. A me piace perché non è un libro che mente, o che si vuol fare bello su qualcosa che non gli appartiene. Non è ipocrita, non è romanticizzato - è cruda umanità, della bella e della brutta specie. Scosse tuttavia il capo, facendo un cenno della mano come a voler scansare quel discorso. "Ma libro a parte..per pura curiosità: posso chiederti come mai non bevi alcool?" Sorrise nel porle quella domanda, inclinando appena la testa in un'espressione di genuino interesse. "Cioè..non che sia una cosa brutta, eh, sia chiaro. Però ecco, come è vero che dal 18 al 30 ci stanno tanti voti in mezzo, è anche vero che dal farsi una birra con gli amici al diventare alcolisti ci sta di mezzo letteralmente un mare..di alcool, in questo caso." Come disse Baudelaire: « Un uomo che beve soltanto acqua ha un segreto da nascondere ai propri simili. » - non è che ci nascondi qualcosa, Partridge? E qui entra il gioco la prima regola del barista: ascoltare il cliente, sempre. Dean la sua clientela la ascoltava sempre, la osservava con attenzione, perché se lavori a contatto col pubblico e per guadagnarti da vivere devi vendere qualcosa, allora devi anche trovare il modo di saperlo vendere, il tuo prodotto. E non tutti sono uguali, non tutti vengono attirati dalle stesse cose, non tutti - a volte - vogliono davvero acquistare. Questi ultimi sono i più difficili, ovviamente, perché non solo li devi convincere del tuo prodotto, ma devi addirittura creare dal nulla un interesse che di base non esiste. Inutile dire che anche le tattiche migliore non sempre funzionavano con gli ossi più duri, ma tentar non nuoce. Scansata dunque la via della connessione tra letteratura e bevande, un'altra si era stagliata all'attenzione di Dean mentre la ragazza parlava: la competizione. Cassiopea Partridge aveva tutta l'aria di una persona che non riusciva a starsene buona quando le si faceva intendere che non fosse all'altezza di qualcosa: lo aveva dimostrato il modo piccato con cui si era drizzata sullo sgabello alle semplici parole 'non so se ci hai fatto caso', a cui lei aveva prontamente voluto sottolineare che sì, ci aveva fatto caso eccome. Dunque, come se avesse appena avuto una rivelazione, Dean cominciò ad annuire tra sé e sé in silenzio, sorridendo con un fare a metà tra la compiacenza e l'espressione di chi ne sapeva una di più. "Aaaah..ho capito ho capito. Sei una di quelle persone a cui non piace il sapore.." sottolineò quelle parole facendo cenno di virgolette con indice e medio di entrambe le mani "..ma che alla fine dei conti non beve più per presa di posizione che altro. Sono sicuro che se ti metto davanti due drink con la stessa base non mi sapresti dire quale sia quello analcolico." Prese quindi un altro sorso dal New York Sour preparato in precedenza, stringendosi nelle spalle nel lanciarle uno sguardo condiscendente prima di voltarsi verso l'altro barista. "Joseph..stai facendo un Sex on the Beach?" "Sì." "Ok, puoi farmene anche uno virgin.." e dicendolo, voltato in modo che lei non lo vedesse, gli fece un occhiolino. Segnale per: mettici l'alcool ma un po' di meno. "..e poi passarmeli entrambi? Sul mio conto." In tutta risposta il barista, vecchia spalla impeccabile, annuì in tutta serietà, probabilmente credendo in cuor suo che Dean stesse cercando di rimorchiarsi la biondina con un cocktail in più. Che poi il Sex on the Beach fosse di per sé un drink in cui l'alcool - pur essendoci e facendo il suo effetto - si sentiva a malapena in ogni caso, questo era un altro paio di maniche, ma Cassie non poteva di certo saperlo. A quel punto, dunque, il Grifondoro si voltò nuovamente verso l'interlocutrice. "Ma se non te la senti di provare non fa niente. Cioè..lo capisco: non tutti quanti sono capaci di mettersi in discussione." I due cocktail scivolarono velocemente sul bancone, fermandosi di fronte a loro due. Dean rivolse uno sguardo ai bicchieri e poi uno alla ragazza, sollevando un sopracciglio con aria di sfida mentre si portava l'altro cocktail alle labbra.



    Edited by Dean supertramp - 19/3/2019, 12:51
     
    .
  4. Sleeping sun
        +1    
     
    .

    User deleted


    tumblr_okd4ilFdhm1vmjs6wo4_250
    Minuti. Doveva essere una questione di pochi minuti. Il tempo di entrare, cercare il libro e poi uscire senza averlo scovato. Logico, si trattava di una causa persa, un modo per mettere a tacere la sua coscienza. Un piano perfetto, di semplice realizzazione, che presto l’avrebbe ricondotta a casa. Niente di più sbagliato. Infatti, non solo aveva recuperato il volume, ma adesso era anche seduta davanti a quello stupido bancone, in compagnia di quello stupido drink non richiesto. In ritardo sulla sua personalissima tabella di marcia. Com’era finita in quella situazione? Perché non se ne andava? Non era vincolata allo sgabello, dunque poteva allontanarsi in qualsiasi momento. Almeno in teoria, sul piano fisico, ma non su quello pratico. Tutta colpa di Dean Moses. Lui aveva proposto di spostare gli incontri del club di lettura, lui aveva trovato il suo testo e ancora lui l’aveva spinta ad accomodarsi, punzecchiandola con una piccola osservazione. Un’osservazione che Cassie non poteva lasciar correre. Innocenti o meno, volontarie o involontarie, le insinuazioni avevano l’effetto di farla scattare. Il suo orgoglio, la sua presunzione, le imponevano costantemente di difendersi, di ribattere, dimostrando di essere la migliore. Un circolo vizioso, una sorta di trappola, da cui era incapace di fuggire. Quindi no, non poteva abbandonare i Tre Manici, non prima di essersi fatta valere. A costo di trascorrere l’intera serata lì dentro, passando la notte in bianco a studiare. Un’eventualità che rischiava di farsi davvero concreta, visto il tergiversare del ragazzo. Inarcò un sopracciglio a quel muto cenno di attesa, sollevando lo sguardo al soffitto. Di male in peggio. Stizzita, riportò le braccia al petto, così da rincarare la sua dose di scontento. “Perfetto! Fatti pure i cavoli tuoi! Con calma, mi raccomando, che qui nessuno ha fretta. Non ho niente di meglio da fare, ho tutta la sera a disposizione. Ma tu guarda che tipo!”. Fu costretta a mordersi la lingua per non dare sfogo alle sue lamentele, emettendo uno sbuffo irritato. << Figurati, fai pure con calma. Tanto non ho niente di meglio da fare, oltre a trascorrere la serata qui, in tua compagnia >> forse avrebbe dovuto mordere con più decisione, risparmiandosi il commento acido, impregnato di palese ironia. Completo di occhiataccia inviperita, perché no, non si vergognava o sentiva in colpa. Che poi lei fosse solita ad ignorare le persone, guardando pagine o fogli mentre le rivolgevano la parola, era un altro discorso. Cassie lo faceva per una causa importante, cioè apprendere nuove nozioni, quindi era nel giusto. Dubitava che Dean avesse delle motivazioni altrettanto produttive, perciò era nel torto. E lei ci stava rimettendo. << Ovviamente scherzo. Sono molto occupata, quindi finiamo la conversazione, così posso andarmene >> dall’alto della sua scarsissima fiducia nel genere umano, avvertì il bisogno di specificare che stava scherzando. Tanto per non essere fraintesa, evitando ulteriori intoppi. Insomma, qualcuno avrebbe potuto pensare che era nervosa per il fatto di essere stata ignorata, ma non era così. O meglio, lo era, ma a causa delle tempistiche. Passare per la tipa gelosa, che si offendeva se messa da parte, esulava dai suoi progetti. << Mmh..quindi sei una cinica, eh? >> oh eccolo, finalmente presente. Chissà, di questo passo magari si sarebbe sbrogliata a breve. La speranza era l'ultima a morire. Il che smentiva la sua domanda riguardo al cinismo. << Sarei cinica perché penso che tra Gatsby e Daisy non avrebbe mai funzionato? O perché reputo lui un ingenuo e lei una donna frivola e superficiale? >> scrollò la nuca un paio di volte, usando un tono comprensivo, a tratti condiscendente. Ovvero quello che adoperava quand'era convinta di avere ragione, l'unica ad averla, perciò poteva sforzarsi di tollerare il prossimo. Un fenomeno che, nella sua ottica, si verificava spesso. << No, non sono cinica. Solamente realista. Dedicare la propria vita a rincorrere l'amore, è un grandissimo spreco di energie e tempo. Si tratta di un dato di fatto. È così e basta >> fece spallucce, indicando che il discorso per lei era concluso. Aveva vinto, dimostrato il suo punto di vista, dunque potevano passare oltre. << D'accordo, hai apprezzato “Il grande Gatsby”. Mi sembra piuttosto evidente. Probabilmente ti piace l’intera produzione di Fitzgerald… >> prese una piccola pausa, sciogliendo le braccia dall'intreccio e appoggiandole sul bordo del bancone << Mentre a me non piace. Non ne faccio un mistero. Fitzgerald non è tra i miei scrittori preferiti e la lettura delle sue opere…beh, diciamo che non mi tiene sveglia la notte, persa in profonde riflessioni >> si drizzò sullo sgabello, passandosi le mani tra i capelli, spostando alcune ciocche dietro alle orecchie. “Dai che ci siamo! È finita. Posso andarmene a casa e scordare questa bizzarra serata”. Già, Cassie credeva di essere arrivata alla fine, e questo contribuì a sciogliere un briciolo del suo malumore. Al punto da aprirsi in un leggero sorriso, accantonando il broncio contrariato << Normale, ognuno ha i suoi gusti >> doveva pur troncare la conversazione, perciò scelse un modo rapido e abbastanza neutro. “Certo, anche se i miei probabilmente sono migliori dei tuoi” il suo cervello percepì il bisogno di specificare, avendo comunque la decenza di esprimersi in modo silenzioso. Non avrebbe rischiato di mandare tutto a rotoli, non ora che era giunta alle battute conclusive. Spostò leggermente indietro lo scranno, con l'intento di far capire i suoi propositi. << Bene, direi che abbiamo finito. Grazie per il libro, per la chiacchierata e per il drink che non ti ho chiesto…>> la frecciatina uscì istintiva, pronunciata con timbro scocciato. No, la questione continuava a tormentarla. Lei non aveva chiesto un drink, non lo voleva, eppure lui gliel'aveva offerto ugualmente. Fregandosene del suo parere. A causa sua, le era toccato bere un minuscolo sorso, giusto per dargli un contentino. E per quanto si sforzasse, non riusciva ad archiviare la cosa. Ok, non voleva farlo, non ci aveva neppure provato. “Sicuro! Al massimo posso ringraziare per il libro, non per la chiacchierata e soprattutto non per quella robaccia che non volevo”, rincarò mentalmente la dose di critiche, gettando uno sguardo al bicchiere che aveva a malapena toccato e di cui il Grifondoro si era prontamente impadronito. << Se non c'è altro, io andrei…>> si alzò sulle gambe, o almeno tentò, poiché a metà strada arrivò la stoccata improvvisa. “No, non c'è altro. Quindi posso andarmene. Buona serata e…” il flusso dei suoi pensieri era già corso avanti, proiettato ai fatidici saluti, per poi bloccarsi di colpo. << Ma libro a parte..per pura curiosità: posso chiederti come mai non bevi alcool? >>. Silenzio radio. Il suo cervello sembrò andare in tilt, confuso da quel repentino cambio di argomento. S'inchiodò davanti al bancone, in quella posa non propriamente in piedi ma nemmeno seduta, disorientata nei lineamenti. Per alcuni, incredibili secondi, rimase totalmente muta, trattenendo addirittura il respiro. Poi, pian piano, gli occhi cominciarono a sgranarsi, lasciando trapelare lo sconcerto. “No, no, no! Accidenti! Ma che problemi hai?! Non puoi semplicemente startene zitto e continuare con quello che devi fare?! Ovvio, non hai niente da fare, ma non per questo devi scocciare una persona molto impegnata! Che domande sono poi?!”. Il suo intelletto si riavviò velocemente, facendo scattare un marasma di proteste alquanto insistenti. << Ma che problema hai Moses?! >> esclamò indispettita, con una tacca più acuta del normale, lasciandosi cadere sullo sgabello. Tornò ad accomodarsi di slancio, praticamente di peso, emettendo un verso esasperato. Era la seconda volta che tentava di andarsene e per la seconda volta era costretta a desistere. << Per pura curiosità, non hai nient'altro da fare? >> aggiunse piccata, recuperando parte del suo quesito. Si tolse la borsetta, sistemandola sulla sedia accanto, per poi sfregarsi le tempie con entrambe le mani. La serata stava diventando lunghissima e sempre più assurda. << Che domanda è? Cosa te ne importa? Non sono affari tuoi! >> come da manuale, in uno dei suoi slanci caratteristi, incrociò le braccia al busto. Spedita, partita in quarta, il suo atteggiamento sprizzava disappunto ovunque. << Io non vengo a chiederti quanti drink al giorno bevi. O se pensi di essere simpatico >> non che il paragone fosse corretto, calcolando che Cassie non provava nessuna curiosità al riguardo, quindi non si sarebbe mai sognata di chiedere. << Tanto per essere chiara, io non ti trovo affatto simpatico >> con la sua idea di modificare la location, si era guadagnato un po' d'insofferenza da parte della corvonero, ma con tutta quella vicenda…ecco, con quella era ufficialmente entrato nella sua numerosissima lista di persone che non poteva sopportare. Che poi neanche lei fosse il massimo della simpatia, semmai il contrario, era un altro paio di maniche. Non voleva proprio adoperarsi per essere carina, non in quel frangente. E soprattutto non con lui. Al discorso successivo, avvertì l'impulso di sbattere la nuca contro il ripiano, nell'illusione di perdere i sensi e terminare quella conversazione. Per scongiurare qualsiasi rischio, inclinò la testa da un lato, dandosi un'occhiata attorno. << Per quanto mi riguarda, potrebbe anche esserci un oceano di mezzo. Non bevo alcol e basta. Non mi va, d'accordo? Ti piace come risposta? >> arricciò le labbra in una smorfia risentita, obbligandosi a fissarlo di nuovo. “Se non ti piace, vedi di fartela andar bene lo stesso”. Cassie odiava l'idea di bere alcolici, punto e stop. Una maniaca del controllo come lei, non avrebbe mai potuto accettare di perderlo, neanche in minima parte. E l'alcol, in tal senso, rappresentava un nemico. Per questo si limitava a bere un po' di vino, lo stretto indispensabile, durante le riunioni di famiglia. I suoi genitori. Un altro motivo per cui non consumava bevande alcoliche. Un capitolo che non si sarebbe mai sognata di affrontare, specialmente con quello che in fondo rimaneva un perfetto estraneo. Insomma, al di fuori del circolo di lettura, non si parlavano. E alla corvonero andava benissimo così. Quella era soltanto un'eccezione, un incidente che si augurava di non ripetere. << Sono sicuro che se ti metto davanti due drink con la stessa base non mi sapresti dire quale sia quello analcolico >>. Come?! Cosa?! Aveva capito male? Sgranò le palpebre, guardandolo frastornata, contenendo il fiato per lo stupore. “Stai scherzando vero?! Ti sei fissato?!”. Prese una bella boccata d'aria, annullando l'incastro e poggiando i gomiti sul bancone. Non poteva crederci. La stava davvero sfidando a bere due drink, per riconoscere quello analcolico? << Sei serio? >> fu l'unica cosa che riuscì a dire sul momento, ancora spiazzata dalla piega degli eventi. Non avrebbe mai accettato. Mai. Poteva scordarselo. Che razza di sfida era? << Perché sei così fissato? Lo trovi divertente? >> per tutta risposta, il Grifondoro le diede le spalle, rivolgendosi all'altro barista. Sì, stava facendo decisamente sul serio. << ..e poi passarmeli entrambi? Sul mio conto. >> Sul suo conto? Offriva lui? Di nuovo? Ma allora era proprio un vizio! E in tutto questo, ovviamente aveva agito di testa sua, senza attendere una risposta. << A che gioco stai giocando? Hai intenzione di offrirmi ogni singolo drink del locale, senza che io lo voglia, solo per il gusto di doverli poi buttare via? >> certo, perché lei non avrebbe acconsentito a quello stupido gioco. Assolutamente no. Inoltre, che caspita era un Sex on the Beach? Non era esperta in materia, quindi sì, non lo sapeva. Il che contribuiva ad accrescere il suo fastidio. “Che nome sciocco!”. Ecco, ora il suo cervello si metteva a criticare persino i nomi, per protesta. “Come se io avessi il tempo di cercare tutti i cocktail esistenti!”. Già, non aveva mai condotto ricerche al riguardo, proprio perché non le importava il settore. E ora era fregata. Abbassò gli occhi sui due cocktail che gli vennero allungati, contemplando prima un bicchiere e poi l'altro. D'accordo, il colore non era malaccio, però questo non significava nulla. Arricciò il naso, mettendo in evidenza il suo disappunto. Dean non aveva ancora afferrato l'antifona? Non li avrebbe neppure assaggiati. << Ma se non te la senti di provare non fa niente. Cioè..lo capisco: non tutti quanti sono capaci di mettersi in discussione. >>. Affondo bassissimo, a tradimento. Cassie sobbalzò sullo sgabello, drizzando di scatto la testa. << Prego?! >> replicò immediata, in uno slancio piuttosto piccato. Pessima, pessima iniziativa. Oppure ottima. Dipendeva dai punti di vista. L'aveva punta sul vivo, non poteva trascurarlo. Il suo ego era pronto a impedirglielo, a discapito di tutte le raccomandazioni che si era data. Fissò i drink, poi il volto di Dean, ripetendo l'operazione diverse volte. “Non farlo. Non farlo. Non farlo. Non devi farlo!”. Infatti, non avrebbe dovuto. Non voleva. “Non puoi lasciar correre. Che figura ci faresti? Devi bere quei due cosi. Per un goccio non muori mica!”. Pure la sua mente si divertiva a tormentarla, scagliandole pareri contraddittori. Sfortunatamente, era consapevole che avrebbe vinto la seconda. Perché l’aveva messa in discussione e nessuno, proprio nessuno, poteva permettersi di farlo. Si sporse in avanti, allungando le dita per afferrare il primo bicchiere. Lo alzò, avvicinò alla bocca e bevve un paio di sorsi. Giusto due, buttati giù di getto, con tanto di palpebre strizzate e fronte aggrottata in uno stampo concentrato. Prima di ragionarci sopra, altrimenti si sarebbe fermata, adagiò il drink, per poi ripetere la stessa azione con il secondo. Due sorsi, di media entità, buttati giù tutti d’un fiato. Appoggiò il cocktail accanto al suo gemello, facendoli slittare entrambi verso Dean. Il contenuto, seppur diminuito, superava ancora la metà. Dopotutto doveva solo assaggiarli, non finirli. Non era stato specificato niente al riguardo. E Cassie era intenzionata ad approfittarne. Involontariamente, si umettò le labbra, recuperando potenziali residui. Non l’avrebbe ammesso apertamente, ma il sapore non era così malvagio. Anzi, l'esatto opposto. Dettaglio che non l'avrebbe certo indotta a proseguire. Si era già prodigata abbastanza. Il guaio, in mezzo a quell’assurda vicenda, era che non sapeva dare una risposta. Sì, li aveva assaggiati ma no, non riusciva a distinguerli. << Soddisfatto? Abbiamo finito? O hai intenzione di continuare a propinarmi cose che non voglio? >> nel dubbio, onde evitare di rispondere, con la seria minaccia di sbagliare, preferì andare all'attacco. Chissà, magari l'avrebbe indotto a sorvolare sulla prova.
     
    .
3 replies since 2/3/2019, 22:36   201 views
  Share  
.