Real queens fix eachother's crowns

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    L'8 Marzo, giornata della donna. Giornata di festa? No, non propriamente. Fawn che quel giorno, per chissà quale allineamento astrale, non aveva avuto lezione, la mattinata l'aveva passata a studiare, con la ferma intenzione di portarsi avanti. Ma, arrivata al primo pomeriggio con il cervello in pappa ed il muro che ricordava quello di una persona non troppo sana di mente, pieno com'era di foglietti, appunti, e post-it vari ed eventuali, aveva deciso di averne avuto abbastanza. Almeno fino a quella sera. Perché quella sera, come ogni studente che si rispetti, sarebbe caduta in una spirale di sensi di colpa per non aver studiato abbastanza, ed avrebbe finito per fare le ore piccole su quegli stessi appunti. Perché si sa, il college è così - se ti distrai per un attimo, fosse pure per respirare o espletare necessità fisiologiche assolutamente urgenti, ecco che all'improvviso devi metterti in pari con dieci saggi, tre esami, cinque letture facoltative e un incontro per alcolisti anonimi, che è quello che potresti diventare nel qual caso fallissi nelle imprese precedenti. In quel momento, tuttavia, alla mora non importava più di tanto. Aveva decisamente bisogno di staccare. Era sicura che, sull'orlo di un esaurimento nervoso com'era, non avrebbe portato a termine poi troppe cose. E poi, diamine: non aveva nemmeno vent'anni, e la sua vita sociale cominciava a ricordare quella di Cassie, la sua coinquilina. E, pur con tutto il bene che poteva volere a quella ragazza, l'americana non aveva ancora intenzione di trasformarsi in una reclusa. Insomma: lei era l'estroversa della casa per un motivo ben preciso, ed un'inversione dei ruoli non rientrava nei suoi piani. Perciò, dopo una rapida doccia e dopo aver indossato qualcosa di carino, decise di riprendere in mano le redini della situazione. E poi aveva già preso un impegno assolutamente improrogabile, al quale non poteva rinunciare. Non tanto perché la sua controparte se la sarebbe presa particolarmente - erano entrambe oberate di studio, dopotutto -, ma perché ne andava della sua sanità mentale. Aveva come il sospetto, insomma, che tra i requisiti per diventare una brava psicologa, ci fosse quello di non essere impazzita del tutto nel frattempo. Altrimenti uno psicologo sarebbe servito a lei. Così si infilò gli stivaletti e, dopo una rapida occhiata allo specchio per appurare che fosse tutto in ordine ed un'altrettanto veloce passata di rossetto, bussò alla porta della stanza della propria coinquilina. Due colpetti rapidi ma decisi, come suo solito: « Cass? Sto uscendo! Ci vediamo stasera, ok? » Approfittò della pausa tra le proprie parole e la risposta della bionda per finire di allacciare gli ultimi bottoni del cappottino rosso, sistemare la sciarpa e mettersi un cappellino, poi uscì alla volta del gelo. Perché aveva una missione da compiere. Anche più d'una, in realtà, ed il gelo inglese imponeva di velocizzarsi, se non voleva arrivare ad Inverness sotto forma di statuina di ghiaccio. Che poi, io davvero mi chiedo come mai questo posto non abbia stagioni. Sbuffò, svoltando rapidamente nel vicolo di Londra dove si trovava la sua prima tappa. Il profumo sprigionato da quel posto, che in qualche maniera misteriosa era riuscito a spargersi un po' per tutta la via, la accolse ancor prima dell'insegna e della vetrina. Fawn fece il suo ingresso a passo rapido e leggero, come sempre, con un sorriso appena accennato sulle labbra.
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    « Ciao! » Salutò l'uomo dietro il bancone, accompagnando le proprie parole con un gesto della mano. « Oggi prendo da portar via. Fammi un vassoio bello grande - mettici anche qualcosa che possa piacere ad un bimbo piccolo, per favore, fai tu -, che vado a trovare Mun e di certo non posso presentarmi a mani vuote! »
    Un paio di minuti dopo, saldato il conto e col suo bel vassoio in mano, Fawn si stava già muovendo alla volta della seconda e penultima tappa di quel giorno: un fioraio. L'accolse una giovane donna sulla trentina, alla quale vennero date istruzioni più precise di quelle che invece aveva ricevuto Pierre, una volta scambiati tutti gli auguri del caso. « No, niente mimose per favore. Vorrei qualcosa di diverso, le dispiace? » I seguenti quindici minuti furono impiegati per comporre un piccolo, ma elegante, mazzolino composto di vari fiori nella gamma dell'azzurro e del blu, tenuti insieme da un elegante nastrino.
    Ed anche questa è fatta.
    Qualche tempo dopo, la rosso-oro stava già percorrendo le strade di Inverness, diretta verso casa Potter. C'era stata altre volte, e lei e Mun avevano entrambe convenuto che, col tempo che non era dei migliori, sarebbe stato più logico passare quel paio d'ore insieme in casa e non a bighellonare per Hogsmeade - piena di studenti - o Londra. Senza contare che, con questa storia dello Shame tornato all'attacco, io personalmente preferisco di gran lunga starmene tranquilla in un posto privato. E le sembrava soltanto logico che un'abitazione fosse effettivamente il posto più privato dove potessero stare. Una volta raggiunta la porta, suonò il campanello. Anche se potevo ricordarmelo di avere soltanto due mani in dotazione. Che palle. E quel pensiero venne seguito da uno sbuffo scocciato. Non dovette attendere molto - dopotutto si erano messe d'accordo per vedersi, era soltanto ovvio che Mun la stesse aspettando - e, non appena la Carrow apparve sull'uscio, l'altra si sciolse in un sorriso. « Ehi! Non sono in ritardo, no? » No, probabilmente non lo era: il college aveva trasformato il suo senso del tempo in una macchina infernale per cui non aveva quasi più bisogno di guardare l'orologio, per capire che ore fossero e dove dovesse trovarsi di preciso. Obsessive - compulsive much? Si fece strada in casa, entrando non tanto perché volesse essere scortese, ma per evitare che Mun prendesse freddo. Dopotutto aveva anche dei bambini piccoli a cui pensare, e di certo una boccata di finta primavera non era un qualcosa che potesse fargli bene. « Beh, buona festa della donna. » Le disse, una volta entrata. « Questi sono per te - ho pensato di non ricadere sul classico della mimosa.» Le porse i fiori con un mezzo sorriso che cominciava a nascere sulle labbra, ed ecco che assumeva subito una piega divertita. « In teoria anche i pasticcini sono per te, ma quelli mi sa che ti toccherà condividerli. Come va? »

    Edited by lust for life - 8/3/2019, 21:35
     
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    Lily è ormai una bambina curiosa. Sgrana gli occhi di fronte a ogni novità e si meraviglia. Ride quando Albus pronuncia alcune parole rivolgendogliele e piange quando il fratello scompare dal suo campo visivo. Ora che è reattiva e ha dei ritmi quasi umani, la buona disposizione sembra essere all'ordine del giorno a Inverness. Albus e Mun dormono di più, hanno superato una sessione davvero infernale ed entrambi si stanno dedicando ai rispettivi tirocini. C'è un matrimonio da organizzare, ma nonostante i mille impegni, la loro vita sta proseguendo a gonfie vele. A volte Mun sembra sentirsi addirittura in colpa; ha iniziato a imparare a distaccarsi dalla figlia molto prima del tempo. In cuor suo sa che era stato necessario farlo - tutto avrebbe voluto tranne che diventare la la madre e moglie casalinga fallita; impunta la sua capacità di distacco a una situazione famigliare decisamente disastrata, ma nonostante ciò nemmeno per lei è davvero facile lasciarla con qualcun altro. Ha iniziato a piccoli passi. Prima mezz'ora, poi un'ora poi ancora di più, allungando i tempi di lontananza dalla bambina man mano che le settimane passavano. Non poteva dirsi ancora fuori dal tunnel dell'apprensione, ma in fondo aveva sviluppato un rapporto di cieca fiducia con le persone a cui riusciva ad affidarla, a tal punto da riuscire a raccontarsi nel profondo che le sue erano appunto solo ingiustificate ansie. Il più delle volte era Ginny a occuparsene o nella peggiore delle ipotesi ci pensava nonna Molly, che per quanto soffocati dal suo punto di vista, di certo di bambini ne avevamo visti molti più di lei. Tuttavia, quando nessun altro impegno la separava dalla piccola, Mun amava restare a casa con lei. Riconnette di continuo con la piccola Lily era importante ma anche estremamente piacevole; una specie di terapia farmacologica di cui la giovane Carrow non riusciva a farne a meno. Quel pomeriggio aveva abbandonato i libri in un angolo concedendosi di leggere qualcosa di diverso. Qualche candela profumata accesa in salotto emanava un buon profumo alla vaniglia mentre sul bancone della cucina troneggiava un bel bouquet di orchidee blu. Cosciente del fatto che la piccola non ha ancora perfetta concezione di ciò che esiste effettivamente nel suo campo visivo, ogni tanto Mun fa un gioco stupido con lei. Cela il proprio volto dietro il libro, solo per assaporarsi la sua espressione imbronciata, prima di ricomparire da dietro le pagine, facendola ridere. La sua risata è contagiosa, buffa. E' già così bella che il cuore di Mun sembra scoppiare di gioia ogni qual volta la veda. Io pensavo di aver già visto la qualità più travolgente d'amore che l'essere umano possa provare, ma poi sei arrivata tu, e ho capito di non aver capito assolutamente nulla. La vita con Lily non era mai uguale; ogni giorno accadeva qualcosa di diverso sorprendendo tanto sua madre quando suo padre; cresceva a vista d'occhio e ogni giorno sembrava essere in grado di fare qualcosa di nuovo. Questo era il periodo dei piedini in bocca, in cui sembra che tutto la incuriosisca. E' diventata anche dispettosa però Lily. Quando ha le sue paturnie, getta per terra qualunque cosa le viene offerto, tira le orecchie di Arthas e strilla gugu-gaga contro Jay, si fissa sui capelli del padre fino a volerglieli strappare e picchia le manine un po' ovunque finché non le viene offerta completa attenzione. Come i suoi genitori, Lily non è sempre una bambina facile, non sempre seguire i suoi ritmi sono onorevoli e dignitosi, per questo motivo, ogni qual volta potesse, Mun si godeva quel silenzio, quella gentile sensazione di pace e tranquillità. Per l'occasione si era accordata con Fawn per un tè che stavano ormai da parecchio. Tra impegni di ogni sorta, esami, figli e imprevisti, riuscivano sempre a rimandare, ma quel giorno i pianeti si erano allineati. Mancava non più di mezz'ora all'appuntamento quando il suo cellulare iniziò a squillare all'impazzata. Si dà il caso che proprio in questi giorni giù al campus si svolgono le giornate di vita universitaria; cosiddetti giorni di orientamento in cui studenti di Hogwarts e di tutte le scuole di magia, sembrano aver richiesto di accorrere per scoprire l'offerta formativa del nuovo campus di Hogsmeade. Seppur i GRAMO non fossero cosa da niente, la Carrow ha declinato gentilmente l'offerta. Approfittando dello stop di qualche giorno delle lezioni, si era detta che passare qualche giorno nella quiete di Inverness le avrebbe solo che fatto bene. Diverso sul punto era stato il pensiero di Albus che nei bagni di folla ci sguazzava a tratti come un tossicodipendente alle prime armi. Il pensiero la divertiva; immaginarselo nel tentativo di attirare nelle schiere degli Auror le nuove future matricole, lottando contro i suoi agguerriti compagni di corso, doveva essere uno spettacolo irripetibile. La Carrow dal canto suo aveva deciso di fare un passo indietro. D'altronde, ce ne sarebbero stati di orientamenti, e poi, lei, era piuttosto contenta già con il lavoro presso l'aula di pozioni e con tutte le attività extracurricolari che già svolgeva. Non da ultimo, a breve avrebbe anche iniziato il tirocinio presso la Wizengamot. Troppe cose perché non si concedesse quella piccola oasi di tranquillità. Oasi che venne disturbata appunto dalle sopracitate notifiche mandate un po' ovunque in rete e che diffondevano senza vergogna alcuna informazioni sensibili della sua vita personale con il suo ragazzo. Prova a chiamare Albus, mentre giocherella distrattamente con le manine di Lily, posta sul seggiolone di fronte a sé. Non risponde. Ritenta e ritenta ancora. Alla fine, decide di cambiare strategia. E la seconda vittima risponde. « Oi Siri, ciao. Albus è con te? » Silenzio mentre dall'altro lato del telefono sente un insistente rumore di monete.
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    « Oi Siri, mi senti? Ma sei per caso in una tesoreria? » « Ehm... ciao Mun ahahahah, come stai? Bene? Sì? Ancheiostobenissimo! » Si ok. « Albus è con te? » Ci riprova la piccola Carrow, nella speranza di poter capire che cosa sta succedendo. Non realizza neanche la portata di ciò che è appena successo sulle strade di Hogsmeade. « Eeeeeeehm.. noooooooo? » Ma Albus in realtà di sottofondo si sente. « ..Lo Shame.. è arido. Un fenomeno disgregativo che mira ad abbrutire le proprie vittime. Ma io personalmente, oggi, ho deciso di vederlo come un'opportunità, e invito tutti a fare lo stesso. » « Sirius Cedric Potter, lo sto sentendo in sottofondo passamelo, grazie. » Mettere sotto pressione Sirius è tanto semplice quanto rubare le caramelle a un bambino. « Seeeeeenti Mun io ho le mani un po'.. ti chiamo dopo va bene? » « DIGLI DI CHIAMARMI! » « Ok cià, salutami Lily. Adopociao! » E così le chiude il telefono in faccia lasciandola di sasso. Poche sono le certezze al mondo, ma una di queste è che quando Sirius Potter è evasivo e adopera un tono di voce imbarazzato, come minimo una catastrofe naturale o sociale si è appena dispiegata all'orizzonte. Prima che tuttavia Mun possa realizzare cosa sia successo, si distrae da quel dramma; stretta nella morsa di Inverness percepisce a malapena la portata delle stupide questioni di Hogwarts, e stringendosi alla fine nelle spalle scuotendo la testa, scatta in piedi non appena sente il campanello. « Uuuuuh ma chi sarai mai? Andiamo a vedere? » Asserisce con quella tipica voce buffa che fa tanto sorridere Lily mentre la prende tra le braccia stampandole un grosso bacio sulla guancetta paffuta. Apre la porta con un grosso sorriso per ritrovarsi la Grifondoro oltre la soglia. « Ma è Fawn! Ciao, Fawn come stai oggi? » Gli occhi curiosi della bambina si posano sulla mora mentre Mun si allunga appena per salutare la giovane con due baci sulle guance. « Ehi! Non sono in ritardo, no? » Scoppia a ridere la ragazza mentre le fa cenno di entrare, richiudendo la porta dell'entrata con un fianco mentre Lily le sta tirando appena una ciocca di capelli. « Beh, buona festa della donna. Questi sono per te - ho pensato di non ricadere sul classico della mimosa. » Gli occhi di Mun si illuminano appena, mentre le indica di posarli sul bancone. « Non dovevi davvero. Però sono meravigliosi, grazie. » « In teoria anche i pasticcini sono per te, ma quelli mi sa che ti toccherà condividerli. Come va? » Riesce a riconoscere all'istante la confezione della pasticceria di Pierre, così finemente lavorata ed elegante. Unica in tutta Londra, come unici sono i suoi dolci. « Aspettami un secondo. » Si dirige in salotto, posando Lily nella sua piccola palestrina color blu pallido, accanto alla quale, un fedele quanto attento Arthas si siede pronto a fare da guardia come una sentinelle, mentre Lily tenta di gattonare piuttosto maldestramente nella sua direzione. Lo guarda mentre al contempo inizia ad armeggiare con i suoi buffi peluche facendo versi colmi di gaudio. E a quel punto, posato un bacio sulla fronte della bambina, sempre ben in vista dal bancone della cucina, torna dalla sua ospite, sorridendole. « Scusami, dovrai abituarti al casino. Ormai è all'ordine del giorno. » Si stringe nelle spalle invitandola a sedersi dall'altra parte del bancone. « Metto su l'acqua.. in tanto.. » Si allunga appena verso le credenze più in alto e le passa un vassoio per sistemare i pasticcini. Sarà un pomeriggio all'insegno di zero diete e tante chiacchiere. Posa sul bancone anche due tazze piuttosto generose e la sua selezione di té preferiti racchiusi in una scatola in legno pregiato. « Allora, raccontami un po'.. come stai? Che cosa mi sono persa in questo periodo? » Mentre accende i fornelli per mette su l'acqua ripensa all'episodio di prima e alza gli occhi al cielo. « Noto con piacere che la vita a Hogsmeade non smette mai di essere.. provinciale.. » E anche di pessimo gusto.




     
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    « Ma quanto sei cresciuta? » Rivolta alla bambina, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro e gli occhi che brillavano, Fawn sollevò lo sguardo sulla giovane Carrow soltanto in un secondo momento. Il suo sorriso si fece più contenuto, ma non per questo era meno contenta di vederla. Il rapporto tra le due si era disteso con lo scorrere del tempo, e all'americana faceva genuinamente piacere passare un po' del suo tempo in compagnia di Mun. Non si vedevano troppo spesso, alla fine entrambe avevano i propri impegni e le proprie vite, ma quei pomeriggi, per la Byrne, erano sinonimo di tranquillità. Che, vista la velocità pazzesca che la ragazza imponeva alla propria vita di solito, era un lusso da non sottovalutare. E poi le dava la possibilità di calarsi in un ambiente domestico più o meno normale, un qualcosa che lei non aveva mai avuto modo di conoscere davvero. Quella che per molti era sempre stata la normalità, per lei era un terreno sconosciuto, e trovava interessante osservarlo, seppur per poco e a piccole dosi. La casa di Mun ed Albus nello specifico, le piaceva. Forse era la cura evidente dei dettagli a renderla particolare ai suoi occhi, forse era l'arredamento oppure, ancora, il fatto che la padrona di casa vi si muovesse con tanta naturalezza. Come fosse sempre stato il suo habitat naturale. Il che, se si pensava ad Amunet Carrow nel mondo esterno, era un bel contrasto. In qualche modo, Fawn aveva tutta l'impressione che quell'ambiente l'addolcisse.
    Si era avvicinata agli sgabelli dopo essersi sfilata il soprabito e, nell'attesa, si guardava attorno con vivo interesse, cercando di cogliere nuovi particolari di quella cucina mentre ingannava il tempo. Non sapeva perché trovasse estremamente affascinante queste cose. In fondo, una zuccheriera nuova era soltanto zuccheriera nuova. Non poteva esserci nessun significato di natura filosofica dietro. Eppure era bello, confortante persino, osservare un ambiente prendere forma. I particolari insegnavano, ed erano ben più importanti di quanto non pensassero in molti, di questo era sicura. « Scusami, dovrai abituarti al casino. Ormai è all'ordine del giorno. »
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    Fawn scosse leggermente la testa, sbuffando una risata mentre prendeva posto sullo sgabello che la ragazza le aveva indicato ed accavallava le gambe con grazia. « Non capisco di cosa tu stia parlando. » E non lo capiva davvero dato che, oltre a sembrarle perfettamente in ordine, quella casa le sembrava soltanto... abitata. Da una famiglia con dei bambini piccoli. E certo, forse lei non ne aveva di suoi - né aveva intenzione di farne -, ma questo non significava che non fosse in grado di comprendere che un luogo abitato da esseri umani, specialmente molto piccoli e quindi tendenzialmente iperattivi, non potesse essere uno showroom. Il che, francamente parlando, la rendeva accogliente. « Metto su l'acqua.. in tanto.. Allora, raccontami un po'.. come stai? Che cosa mi sono persa in questo periodo? Noto con piacere che la vita a Hogsmeade non smette mai di essere.. provinciale.. » Meno male che lo pensi anche tu, altrimenti sarei finita per passare per la drammatica della situazione. Ecco, sebbene nella sua vita si fossero introdotti dei cambiamenti positivi, nonostante fosse tanto contenta da risultare raggiante, c'erano cose che Fawn non avrebbe mai saputo mandare giù. Non senza infastidirsi oltremodo. So rendeva perfettamente conto del fatto che nel suo caso specifico si trattasse di cose da poco, insinuazioni che non stavano in piedi neanche a pagarle, ma lo spot dello Shame che l'aveva vista protagonista le aveva fatto storcere il naso. Certo, la sua piccola bolla di felicità ed esaltazione generale non era scoppiata, ma la cattiveria gratuita l'aveva infastidita comunque. Non mi piace quando ficcano il naso nelle mie cose, e mi piace ancor meno quando mettono di mezzo le mie persone. Mi urta. Non ci posso fare niente. Ed era stato proprio questo fastidio di base, ad averla portata a lamentarsi di questa cosa con veemenza con un Erik che, giustamente, l'aveva catalogata come stronzata e quindi trattata da tale: ignorandola. Cosa che lei, invece, per disposizione personale, sarebbe stata in grado di fare soltanto nella prossima vita, o dopo un ritiro spirituale in Tibet della durata minima di qualche anno. E forse neanche a quel punto. « E infatti non ti sei persa niente che qualcun altro non abbia già messo in pubblica piazza. » Un leggero fastidio nel tono di voce, uno sbuffo ed un'alzata di occhi al cielo, a conferma del fatto che poteva anche guardare all'approccio di superiorità con ammirazione, ma che non sarebbe mai stata in grado di renderlo proprio. « Sono troppo drammatica, se ti dico che mi urta da morire? Sì che la gente non sa farsi gli affari propri, sì che parlerà sempre, ma... boh. Per una volta... » Per una volta che ho una cosa mia, che non mi sento minacciata, che con una persona sto bene, che bisogno c'è di gettare fango? «... ecco, mi sarebbe piaciuto farne a meno. » Scrollò le spalle, ancora visibilmente infastidita, mentre gli occhi chiari cercavano quelli di Mun. « Forse esagero, ma io ci tengo molto. Sono gelosa delle mie cose e, non lo so, francamente se avessi voluto rendere il tutto di dominio pubblico, lo avrei fatto da me, coi miei tempi. E non di certo in quei termini. » No, proprio non riusciva ad evitarlo, quel fastidio a pelle, convinta com'era che la vita privata fosse privata per un motivo, e tale dovesse rimanere. « E non fraintendere - non è che abbia qualcosa da nascondere o me ne vergogni. Però è una cosa mia. » Ed era convinta di aver trattato l'intera faccenda con abbastanza discrezione da potersi evitare, per una volta, il commento minuto per minuto. Evidente che si fosse sbagliata. « Scusa lo sfogo. » Si sciolse in un mezzo sorriso e, preso un pasticcino, aggiunse. « Questo a parte... vorrei giornate di settantadue ore per poter fare tutto. Però sto benone, sono proprio felice, se ignori il fastidio e la mia immancabile vena polemica. In più sono qui con te, i dolci di Pierre ed il the, invece che ad una noiosissima giornata di orientamento dove avrei dovuto convincere la gente ad iscriversi a Psicologia. No, questa è una scelta suicida che devono fare da soli... e poi ne ho abbastanza delle folle. » Incredibilmente, anche Fawn Byrne, ogni tanto, aveva bisogno di ricaricare le proprie batterie. « Tu invece cosa mi dici? Qualche novità? » E, dopo aver posto quella domanda, addentò finalmente il delizioso dolcetto. Paradiso.


    Edited by lust for life - 8/4/2019, 19:11
     
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    « ..infatti non ti sei persa niente che qualcun altro non abbia già messo in pubblica piazza. Sono troppo drammatica, se ti dico che mi urta da morire? Sì che la gente non sa farsi gli affari propri, sì che parlerà sempre, ma... boh. Per una volta.. ecco, mi sarebbe piaciuto farne a meno. » Oh my sweet summer child. Annuisce la Carrow seppur sappia che quel una volta a cui Fawn ambisce, non ci sarà mai. « Forse esagero, ma io ci tengo molto. Sono gelosa delle mie cose e, non lo so, francamente se avessi voluto rendere il tutto di dominio pubblico, lo avrei fatto da me, coi miei tempi. E non di certo in quei termini. E non fraintendere - non è che abbia qualcosa da nascondere o me ne vergogni. Però è una cosa mia. » Ascolta, Mun, e in fondo comprendere perfettamente lo stato d'animo della ragazza. Una frustrazione che in fondo ha provato anche lei e dalla quale tenta ormai di sfuggire in ogni modo. Non vuole più pensare a tutto ciò che le chiacchiere ha tentato di sottrarle, perché in fondo, per quanto possano far male, per quanto possano essere invasive, arriva un momento in cui bisogna quanto meno tentare di impegnarsi a scrollarsele di dosso. L'opinione degli altri non conta. Ciò che dicono, ciò che fanno, non è rilevante. Solo tu puoi sapere ciò che stai vivendo. Ed effettivamente, nemmeno il vedersi sbattere ovunque in giro per Londra l'annuncio della sua gravidanza, prima ancora che lo stesso Albus ne venisse a conoscenza, è riuscita in fondo a gettare un ombra su quell'evento, così come su tante altre piccole cose che li riguardavano. « Scusa lo sfogo. » Sosrride Mun e infine le allunga la tazza di té, rubando dal vassoio un pasticcino alla crema. Persino la fissa per la linea è ormai scomparsa, nonostante per molto tempo si sia convinta che la sua 38 fosse una delle cose più essenziali affinché potesse raggiungere il benessere psicofisico. « Capisco perfettamente il tuo stato d'animo, però.. ne vale davvero la pena? » Si stringe nelle spalle osservandola con uno sguardo eloquente. « Insomma, tu sei sicura di quello che stai vivendo, no? Credi davvero che ciò che scriverà lo spot sul tuo conto potrà mai descrivere effettivamente ciò che stai vivendo? Io penso di no. » Si inumidisce appena le labbra, gettando di tanto in tanto uno sguardo verso la palestrina in cui Lily armeggia con diversi giocattoli penzolanti, sotto la fedele guardia di Arthas che la osserva a sua volta di tanto in tanto, scodinzolando ad ogni strilletto della bambina. « Nessuno può davvero entrare nella tua vita. Possono intuire, ma.. nel bene e nel male, nessuno capirà mai davvero. » Ciascuno di noi porta avanti la propria guerra. « Quindi ha davvero senso consumarsi per un intuizione superficiale di quello che gli altri pensano sia la tua cosa? » E in fondo in merito Mun è decisamente zen. E' convinta che nessun eventuale colpo mancino di questo nuovo Shame, potrà in qualche modo destabilizzare la sua vita. E' sicura di ciò che ha, sicura di ciò che la circonda, e di ciò che non è sicura, può farne a meno. [color=salmon« Questo a parte... vorrei giornate di settantadue ore per poter fare tutto. Però sto benone, sono proprio felice, se ignori il fastidio e la mia immancabile vena polemica. In più sono qui con te, i dolci di Pierre ed il the, invece che ad una noiosissima giornata di orientamento dove avrei dovuto convincere la gente ad iscriversi a Psicologia. No, questa è una scelta suicida che devono fare da soli... e poi ne ho abbastanza delle folle. Tu invece cosa mi dici? Qualche novità? »[/color] Anche Mun l'ha saltata. Quando può preferisce semplicemente starsene a casa, godersi Lily e Jay e qualche ora di relax. Ha scoperto più che mai che un eterno quanto silenzioso vivere non le dispiace. Man mano che la loro famiglia coagulava sempre di più, si accorgeva di quanto in fondo, le strutture sociali, per la giovane Carrow, stessero diventando in un certo qual modo quasi irrilevanti. « Novità.. vediamo. In realtà non molte; se non consideri che avere due bambini piccoli per casa, è un'esperienza alquanto nuova e sorprendente ogni giorno. Sto.. insomma.. cercando di capire questa cosa. La maternità. » E in fondo è davvero felice e radiosa all'idea; il suo tono di voce lascia trasparire solo e unicamente orgoglio. « Stiamo.. stiamo organizzando un po' di cose. Sai, il matrimonio, qualche giorno fuori dopo la sessione si spera, e poi.. » Sospira appena mordendosi il labbro inferiore. « Sto anche tentando di mettere su le carte per l'adozione di Jay. » E a quel punto solleva lo sguardo in quello di Fawn, piuttosto preoccupata. « Con Janis non ne ho ancora parlato. Io.. ho un po' paura di come potrebbe reagire. Non è come se stessi cercando di sostituire sua sorella però.. quel bambino si merita una vera chance, capisci? Non voglio che si senta il figlio di troppo, perché non è così. » Cerca una qualche conferma negli occhi scuri della ragazza. Non c'è una persona che conosca Janis meglio di lei. « Tu cosa ne pensi? » E proprio in quel momento, una pioggia di notifiche, fanno tremare il suo cellulare e tutta la sua stabilità. La foto. Mun sgrana gli occhi non appena si rende conto di averla ricevuta da decine di persone; postata su instagram su più e più account. Commenti e insulti sotto le sue stesse foto. « Ommioddio.. » Una foto che sarebbe dovuta restare privata, non lo era più. E com'era possibile, lo avrebbe scoperto sin troppo presto.

    Non ho bisogno della sua approvazione, ma vorrei che non si sentisse esclusa. Questo quanto Mun si era detta in merito. E così quando aveva scoperto che la giovane Jones avrebbe fatto visita al piccolo Jay aveva preso la palla al balzo decidendo di parlarne con lei. Non le piaceva di escluderla; Jay era anche la sua famiglia, e Mun ci teneva a ribadire che nulla sarebbe cambiato.
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    Di ritorno a casa dopo l'ennesima giornata di studio, ecco quindi che il suo cellulare squilla. Janis la informa di aver portato Jay a prendere un gelato, sotto una silenziosa alzata di occhi al cielo di Mun, convinta che più tardi lei e Albus avrebbe avuto non pochi problemi a convincerlo a mangiare le sue verdure. La cosa che tuttavia riesce a distrarla maggiormente è quanto segue. « ..ho detto a Fawn di raggiungermi da voi, e ho già chiamato la signora Potter per avvertirla eh! Non so se sta già lì, ma nel caso tienile compagnia che noi ritorniamo. » Ma che è casa mia? King's Cross è meno affollata. E addio all'intavolare un discorso serio con Janis. Non si scompiglia tuttavia lungo la strada di casa, seppur stia stringendo i pugno per il leggero fastidio di vedersi sempre piombare le cose all'ultimo. Non da ultimo, la lite con Albus che aveva ancora pronta come colpo in canna, era stata abbandonata a data da destinarsi di fronte al più pressante problema dello Shame. Ciò non significava tuttavia che Mun avesse abbandonato i suoi dubbi, o che sotto sotto avesse smesso di pensare che il suo fidanzato si impegnava un po' troppo a dar contro a lei e difendere vecchie storie. Mun, nei confronti di Fawn si era sempre sentita in colpa. Ha sempre pensato di averle in un certo qual modo sottratto qualcosa - la serenità, più che la presenza fisica di Albus. E per molto tempo quel senso di colpa ha sovrastato di molto le sue intrinseche paranoie nei confronti della forte amicizia tra i due. Le era bastata una risposta decisamente ambigua da parte del giovane Potter perché tornasse sulla difensiva. « Ehilà! » Asserisce mentre entra in casa. Saluta Ginny con due baci sulla guance, ringraziandola per l'ennesima volta del supporto; le consegna una scatola di cioccolatini e infine, si avvicina alla piccola culla che Albus ha installato al piano di sotto per controllare lo stato di Lily che dorme beatamente, e posa un bacio sulla guancia. Infine, si siede di fronte alla mora, mostrandole un sorriso leggermente più stirato rispetto alle ultime volte. « Janis mi ha detto che vi sareste incontrate qui. » Ruba una caramella posato sul tavolo, osservandola con un po' più di distacco. « E' assurdo. Ultimamente io te e Albus ci becchiamo più spesso qui che nel campus. » A meno che voi due non vi beccate spesso anche nel campus. Che ne so? A questo punto non so più cosa pensare. La mia foto era vera. Gli screen anche. Le cose che scrive su ognuno di noi non vanno poi molto lontano dalla realtà. Io odio lo Shame. Lo detesto con tutta me stessa, ma sta davvero rigettando in giro menzogne? Questo non lo possiamo davvero dire. « Brutta fine quella dell'assemblea di ieri. » Butta lì, forse per la prima volta incerta su quale conversazione intavolare con lei in attesa che Janis arrivi. « Che cosa pensano.. uhm gli altri? ..insomma i tuoi compagni, i coinquilini.. mi pare vivessi con qualcun altro giusto? Tu come pensi di affrontarla? »



     
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