Another one bites the dust

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    Fawn accolse l'alba con uno sbuffo di fumo, seduta su una panchina anonima di un altrettanto anonimo posto di Londra. Non avrebbe nemmeno saputo dire come ci fosse finita: sapeva solo di essersi Smaterializzata da qualche parte in centro dopo aver avvertito Erik del fatto che sarebbe uscita, e di essere andata a correre. E di aver corso anche parecchio, fermandosi soltanto quando i suoi polmoni gliel'avevano letteralmente imposto, e di essersi calmata soltanto qualche minuto prima, quando aveva trovato quella panchina e vi era letteralmente crollata sopra. Aveva freddo - Londra poteva essere poetica, ma non si poteva dire altrettanto del suo clima -, la bocca asciutta, ed una certa sicurezza nel fatto che la sua reazione fosse spropositata da qualche parte nel suo cuore, ma non aveva potuto farci niente. Era furiosa, e la furia si accompagnava sempre ad una scarica di energia troppo grande per essere contenuta in un corpo così piccolo come il suo, e per quanto avesse provato a restarsene tranquilla, ad adottare un approccio zen e a non rodersi il fegato, semplicemente non aveva funzionato. La Byrne non le aveva mai vissute bene, queste cose. E non si intendeva nemmeno l'invasione della privacy - per quanto le avesse fatto storcere il naso -, o il casino del messaggio. Era il ricatto, il problema. Era stato l'ultimatum a farla scattare fino al punto di non ritorno. Era stato quello a trasformarla letteralmente in una iena. Da fastidioso ma innocuo a cosa potenzialmente pericolosa, il passo era stato breve. La parte peggiore? Che si sentisse paranoica. E una testa di cazzo - perché chi è che passa la notte a correre in un parco dimenticato da dio, probabilmente zeppo di soggettoni, nella piena consapevolezza di essere un fuscello di nemmeno un metro e sessanta? Giusto io. Sì, probabilmente la sua non era stata un'idea particolarmente intelligente. Altrettanto probabilmente, se qualcuno del suo giro l'avesse saputo, sarebbe stata immediatamente etichettata come fuori di testa. Ed il problema era che non avesse minimamente aiutato. Si sentiva, se possibile, più idiota di prima. E le veniva da piangere. Non riusciva a mandare giù la situazione, aveva tutta la sensazione di aver sbagliato ad esternare lo spavento che si era presa - che ancora non era certa le fosse passato del tutto -, e per giunta aveva anche male ai piedi. Ed aveva anche dimenticato di cenare. « Vaffanculo pure tu! E ora, a quanto pare, era anche riuscita a non accorgersi di aver finito la sigaretta, ed aveva finito per scottarcisi. Giuro che non sto piangendo, è solo che non me l'aspettavo. Va tutto benissimo. Pensò, mentre si asciugava le lacrime con la manica del giubbotto.
    Diverse ore, una doccia e due caffé dopo, Fawn stava percorrendo le ormai familiari strade di Inverness. Sembrava aver ritrovato un contegno e, per quanto non fosse chiaro se fosse effettivamente così o meno, si era comunque sforzata di rendersi presentabile. Prima di tutto, non aveva nessuna intenzione di dare nell'occhio e tradire idi essere arrivata a casa quando il sole era ormai sorto e a pezzi, poi aveva come la sensazione che presentarsi prima a lezione e poi a casa Potter in tuta e con l'aria sconvolta, non fosse poi un'idea così geniale. Sì, perché nella sua follia, la giovane era andata anche alla prima lezione, quella delle otto, per far finta di avere qualcosa da fare. Doveva ammettere che la cosa non avesse giovato al suo umore - forse perché non faceva che sentir parlare dello Shame -, ma si era imposta di farlo comunque. E poi, come da accordi, si era diretta verso Inverness, dove doveva incontrare Albus. Percorse l'ormai familiare strada che la separava dalla porta e, appena prima di raggiungerla, estrasse il cellulare dalla tasca per mandare un rapido messaggio all'amico: "Non so se Lily sia sveglia quindi non suono, ma tra un attimo sono alla porta. Mi apri?" Alle spunte blu - e constatato che il cellulare fosse sul punto di scaricarsi -, percorse gli ultimi passi che la separavano dall'uscio. « Potter, buondì. Dici che se ti chiedo due caffé doppi contano come un quadruplo o rischio di iniziare a vedere i suoni? » Abbozzò un mezzo sorriso, forse una punta più stanco del solito, meno acceso sicuramente, mentre seguiva l'amico all'interno dell'abitazione. Ecco, forse niente del suo aspetto esteriore tradiva la sua notte brava al parco - dopotutto aveva nascosto le tracce di notti insonni in circostanze peggiori di quella, e l'aveva fatto anche piuttosto bene -, ma di sicuro non era il solito raggio di sole, sebbene si stesse sforzando di non lasciar trasparire troppo tutti quei sentimenti all'esterno. Dopotutto, come aveva già detto, voleva evitare reazioni spropositate. Peccato che io sia un'unica reazione spropositata per indole, a quanto pare. « Che mi dici? » Gli rivolse il migliore dei suoi sguardi incuriositi e, almeno sperava, vispi, anche se non se di garantire sul risultato non se la sentiva. Era stata una nottata intensa e, in generale, aveva in corpo una quantità di caffeina troppo esigua per poter rendersi conto al cento percento di quale impressione di preciso proiettasse all'esterno. « Ah, già... » Quell'osservazione, più che un qualcosa di rivolto ad Albus, fu un commento al cellulare che sentì vibrare in tasca. Batteria scarica. Avevo proprio rimosso. «...posso chiederti il favore di prestarmi un caricabatterie? Mi sono dimenticata di caricarlo, stanotte. E stamattina sono uscita presto. » Sbuffò una mezza risata mentre scuoteva leggermente la testa. « La vecchiaia avanza, e con lei la perdita di memoria a breve termine. »


    Edited by lust for life - 4/4/2019, 17:11
     
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    Con il baby monitor fissato alla cintura, la bacchetta alla mano e tanta buona pazienza, Albus Potter aveva trasformato casa propria in un vero e proprio centro di addestramento abusivo per auror. Quella mattina, svegliatosi di buon ora e impossibilitato a fare jogging fuori per via di Lily, si era dedicato ad un allenamento più casalingo. Prima di tutto colazione e riscaldamento; poi, appesi alcuni bersagli di legno in giro per la casa e fatto uscire Arthas, si era messo in cima alla scalinata per dare inizio al proprio training personale. Smaterializzati-Materializzati-Colpisci. Una routine su cui nelle ultime settimane la sua classe si era concentrata con particolare attenzione, e che tutto era tranne che semplice. Non c'era da stupirsi se li facessero entrare nella simulazione uno alla volta, allungando di molto il processo di apprendimento ma assicurandosi che non si schiantassero a vicenda. Senza contare l'immensa concentrazione e mole di allenamento che servivano per padroneggiare una simile tecnica. Se già di per sé l'arte della smaterializzazione non era un gioco da ragazzi, farlo per giunta con i secondi contati e una precisione tale da materializzarsi precisamente nel punto desiderato per colpire un determinato bersaglio tutto era tranne che uno scherzo. E ancora lo facciamo con i bersagli fissi! Pensa quando si muoveranno! - erano state le parole che aveva rivolto a Hugo dopo la prima esercitazione ufficiale in quella tecnica. Insomma, di quegli allenamenti Albus aveva bisogno come l'aria che respirava, in quel momento specialmente. Se infatti da un lato vi era l'impellente priorità di tenere la propria media alta per finire il percorso al più presto e inserirsi nel Corpo Auror, dall'altra vi era anche la necessità di concentrarsi su qualcosa che non fossero i problemi sorti negli ultimi giorni - lo Shame in prima istanza. Il lavoro era la cosa migliore per prendere due piccioni con una fava. Così, prendendo un profondo respiro, si posizionò in cima alla scalinata principale, sciogliendo i muscoli delle spalle e del corpo prima di iniziare a contare mentalmente per canalizzare la concentrazione. Tre..due..uno..VIA! Scomparve immediatamente dal quel punto, comparendo un istante dopo sul tavolino del salotto. "Stupeficium!" Il fascio di luce rossastro che uscì dalla sua bacchetta andò a colpire nel segno la tavoletta di legno appesa al muro, facendola cadere pesantemente a terra. Nel giro di un batter d'occhio, eccolo invece sul corridoio in cima alla scalinata. "Diffindo!" E questa volta, il fascio di luce andò a tagliare di netto in due parti l'altro bersaglio, facendo oscillare il lampadario a cui l'aveva appeso, ma portando con sé una scheggia di vetro in una piccola mancanza di precisione. Nulla di serio, nulla per cui valesse la pena fermarsi, sebbene un piccolo "Oops." uscì comunque dalle sue labbra un istante prima di smaterializzarsi di nuovo e comparire accanto all'armadio delle stoviglie buone. Si sporse appena in avanti, oltre il limitare della sua copertura, veloce come il vento. "Incarceramus!" disse, facendo avviluppare da solide corde un dinosauro giocattolo di Jay. Un'altra smaterializzazione, ma questa volta, apparso sotto alla tromba delle scale, lanciò un piccolo urlo di dolore che lo costrinse a fermarsi, cercando con la mano destra la propria spalla sinistra, lì dove un taglio sulla camicia aveva cominciato a colorare la stoffa di rosso. "Porco..!!" Si morse il labbro inferiore per non completare quell'improperio, raggiungendo di corsa il bagno più vicino. Ok ok, anche il primo soccorso fa parte delle esercitazioni che devo fare. E' normale, naturale, fisiologico. Nulla di troppo grave - come riuscì a constatare nello sfilarsi una manica della camicia e constatare la spaccatura da smaterializzazione. Roba che per gli studenti del corso auror era un po' il pane quotidiano. Prese quindi un respiro profondo, puntandosi la bacchetta alla zona incriminata. "Ferula." Osservò quindi le bende avvolgersi attorno alla sua spalla, testandone in seguito la tenuta con alcuni movimenti prima di ritenersi soddisfatto. A quel punto, gettata la camicia nel cesto dei panni sporchi, recuperò la prima t-shirt che riuscì a trovare, giusto in tempo per sentire il proprio cellulare vibrare. Non so se Lily
    DRihaFe
    sia sveglia quindi non suono, ma tra un attimo sono alla porta. Mi apri?
    Bloccato lo schermo, si avviò velocemente verso il portone, aprendolo a una Fawn che tutto sembrava tranne che la solita ragazza col sorriso sulle labbra. "Potter, buondì. Dici che se ti chiedo due caffé doppi contano come un quadruplo o rischio di iniziare a vedere i suoni?" Le rivolse un sorriso il più ampio possibile, facendole cenno col capo di entrare. "Vieni vieni. Scusa se trovi un casino qui dentro, ma ho approfittato del sonno di Lily per esercitarmi un po'..e questo è il risultato." disse, alzando appena la manica della maglietta per mostrarle la fasciatura nel mentre di raggiungere la cucina e mettere a riscaldare la caraffa piena di caffè. "Che mi dici?" Sospirò, stringendosi nelle spalle per pentirsene immediatamente quando sentì una piccola fitta alla ferita ancora fresca. "Che di questo passo pur di non pensare a quei maledetti dello Shame finirò senza gambe e senza braccia..ma con un'ottima media scolastica." Sorrise appena, facendo per aprire la bocca e rivolgerle la stessa domanda, ma venendo preceduto dalla ragazza. "Ah, già...posso chiederti il favore di prestarmi un caricabatterie? Mi sono dimenticata di caricarlo, stanotte. E stamattina sono uscita presto. La vecchiaia avanza, e con lei la perdita di memoria a breve termine." Annuì con veemenza, richiamando il caricabatterie con un Accio silenzioso e porgendolo immediatamente all'amica prima di voltarsi nuovamente verso la caraffa ormai calda e versarne il contenuto scuro in due tazze. "Lo zucchero sta nel ripiano dietro di te. Io ho smesso di mettercelo, ma se tu lo vuoi, Amunet ha quello di canna che bo..fa meno male, non so a cosa e non so per quale ragione, ma mi fido." Ridacchiò, prendendo un sorso dalla tazza nel mentre di mettersi a sedere su uno degli sgabelli intorno al tavolo, togliendosi il baby monitor dalla cintura per poggiarlo sul marmo. "Allora.." riprese "..come stai? Hai parlato con Erik riguardo il tiro che ti ha lanciato lo Shame oppure hai preferito non dirglielo?" Un altro sorso, uno sguardo leggermente indagatore. "Hai parlato pure con Mun, per caso?"

     
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    Ecco: per quanto avesse tentato di prendere tutta quella faccenda dello Shame con filosofia - rincuorandosi almeno del fatto che sia il suo migliore amico che il suo ragazzo non avessero preso sul serio la questione della sera precedente - non c'era riuscita. E ad influire sul suo stato d'animo, oltre al fatto che lei e quell'affare avessero dei precedenti se così si potevano definire, c'era anche l'evoluzione dello stesso. Perché se un anno addietro, per quanto fastidioso, il tutto si era limitato alla bacheca, adesso le sembrava che, chiunque ci fosse dietro, avesse preso la cosa ben più seriamente. E poi c'era anche la questione della minaccia non troppo velata, che aveva dato vita ad un giro pressoché infinito di paranoie nella testa dell'americana. È davvero un caso? Ci credo, nei casi? E così, quel piccolo summit con una delle persone che meglio la conoscevano, bersagliata tra l'altro dallo Shame quanto lei, cascava quanto mai a fagiolo. Era diventato, se così si poteva dire, necessario. Se non a risolvere la situazione, quantomeno a tranquillizzarla un po'. Dopotutto, per quante cose potessero essere cambiate nel rapporto tra lei ed il Potter, era chiaro che il legame di profonda amicizia che c'era alla base, non si sarebbe dissolto mai. Si capivano e basta, ed anche meglio di tanti altri.
    Messo a caricare il cellulare, dedicò quindi tutta l'attenzione ad Albus. « Lo zucchero sta nel ripiano dietro di te. Io ho smesso di mettercelo, ma se tu lo vuoi, Amunet ha quello di canna che bo..fa meno male, non so a cosa e non so per quale ragione, ma mi fido. » A quelle parole si voltò verso il ripiano, soppesando per un attimo l'idea di mettere davvero lo zucchero di canna nel suo amato caffè. Fawn, diciamocelo, non era mai stata una tipa particolarmente schizzinosa per quanto riguardava i cibi, figurarsi i condimenti. E se la si poteva definire tale, era nel senso polarmente opposto a quello solito. Ragion per cui, dopo un paio di secondi di incertezza, prese la sua decisione: « Penso imboccherò la tua stessa strada, quella dei potenziali psicopatici. Senza zucchero sia. » Abbozzò un mezzo sorriso, prendendo un generoso sorso dalla tazza e prendendosi un momento per godersi la sensazione. « Ah, ma lo sapevi che a quanto pare il sale alza la pressione più dello zucchero? Quindi conviene molto di più ingerire un po' di sale in caso di cali di pressione. La mia ipotesi a riguardo è che il mito dello zucchero sia sopravvissuto per così tanto tempo perché mangiare sale in forma pura fa un po' più schifo.» Cose che si scoprono a stare con un'Enciclopedia ambulante. Sbuffò una mezza risata, con la ferma intenzione di farsi passare quel muso. Prima di tutto, sospettava, deprimersi prima del tempo - e senza che ci fossero motivi sufficienti per farlo -, non l'avrebbe resa più operativa, cosa della quale avevano bisogno se volevano concludere qualcosa... e poi, per forza di cose, lei e l'amico non si vedevano più troppo spesso, e non aveva voglia di passare la mattinata immersa nei propri pensieri senza capo né coda. Tamburellò quindi sul tavolo, quasi fare un gesto concreto potesse obbligarla a riportare la propria attenzione sulla realtà, invece della sensazione di vaga inquietudine che ancora non accennava ad abbandonarla. Allora... come stai? Hai parlato con Erik riguardo il tiro che ti ha lanciato lo Shame oppure hai preferito non dirglielo? Hai parlato pure con Mun, per caso?»
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    A quella serie di domande, Fawn sbuffò una seconda risata, decisamente più sarcastica della precedente. Non è che ce l'avesse con Albus, ed era certa che questo sottile dettaglio fosse più che noto al ragazzo, ma la situazione generale era quella che era, e per quanto stesse provando a farsela passare, non significava necessariamente che stesse riuscendo nell'impresa. Era fatta così: perché la questione potesse considerarsi risolta, doveva tirarla fuori. A modo. Non tramite una serie di messaggi vocali deliranti. « Sto che sono incazzata nera. » Ammise alla fine, facendosi immediatamente più seria. « Ci ho pure provato, a fare la persona superiore, Albus. Ieri sera mi sono detta che non fosse niente di grave. Una bambinata come un'altra. » Scosse la testa, passandosi subito una mano tra i capelli colorati con un certo nervosismo. « La verità, però, è che se uno stronzo a caso mi hackera il cellulare e si sente in diritto di andare a confessare il mio imperituro amore in giro, mi girano le palle. E non solo perché non è vero, dato che sono piuttosto certa che questo genere di azioni possano definirsi reati. Ma ti pare normale? » Che a lei tutta questa storia normale non sembrasse, era evidente. E sarebbe bastato guardarla in faccia per capirlo. Dopo un'occhiata ed una pausa piuttosto eloquente, incrociate le braccia al petto, continuò il proprio discorso. « Minacciarmi, poi? Della serie: o dici la cazzata oppure ti roviniamo? Tsk.» Roteò gli occhi, facendo schioccare la lingua contro il palato con irritazione. « La conclusione? Non la so fare la persona superiore. Non in queste circostanze. Non quando mi dicono di voler tirare fuori "cose di quest'estate".» Mimò le virgolette con le dita e lo sguardo le si tinse inevitabilmente di una nota preoccupata. Stava cercando di far capire all'amico quanto si fosse sentita messa con le spalle al muro la sera precedente, quanta fatica avesse fatto a fare una determinata scelta invece di un'altra e, soprattutto, quanto reputasse grave l'avvenimento in sé. « Mi dispiace, se ieri... » Aggiunse, lanciandogli un'occhiata più contrita. Non concluse quella frase, ma era chiaro che si riferisse al fatto che il Potter si fosse sorbito la cosa più vicina ad un attacco di panico ci potesse essere. Ora che gli aveva spiegato i retroscena della questione, tuttavia, si sentiva un po' meno... fuori di testa? In realtà una parte di lei avrebbe ancora voluto essere capace di distaccarsi dalla situazione e di relegarla come una cosa di poco conto, farci una battuta magari, come aveva fatto Erik... ma no. Come aveva appena detto: non ne era capace. E la causa a monte era il suo essersi sentita in gabbia, e poi presa in giro da qualcuno che, se si andava a vedere, nemmeno aveva un volto. Una pausa che riempì con l'ennesimo sorso di caffè che si stava ormai freddando. Un sospiro pesante, prima di riprendere di nuovo la parola. « Ho scritto ad entrambi. » Quella, la sua risposta alla domanda del giovane. « Ad Erik appena mi sono resa conto della questione di Wiztagram. Puoi immaginare, quindi, che delirio si è beccato. » Abbassò lo sguardo con aria dispiaciuta mentre, quasi sovrappensiero, attaccava a disegnare cerchi con l'indice sulla superficie del tavolo. « Lui l'ha presa bene. Mi ha detto che non era niente di grave, che non era morto nessuno, sembrava tranquillo. Sul serio, non tipo "fingo di essere tranquillo perché la mia ragazza è diventata psicotica all'improvviso". Ma hai visto com'è, a lui dello Shame frega niente, e ti giuro che vorrei avere un quarto della sua capacità di farsi scivolare le cose addosso.» Ed invece io questa cosa non ce l'ho, e se fosse stato necessario, mi sarei presentata al San Mungo per spiegargli tutte queste cose di persona. E se qualcuno si fosse messo in mezzo, probabilmente, per come stavo, l'avrei accoppato. « Per quanto riguarda Mun... lei non so come l'abbia presa. Con lei ero già molto più calma, mi sono assicurata di esserlo per non dare l'impressione sbagliata, ma ha visualizzato ieri sera, per rispondermi soltanto stamattina. E boh. » Sollevò nuovamente lo sguardo cercando quello del verde-argento, per continuare con un tono più dispiaciuto. « Non so se ho fatto bene, ma mi sembrava la cosa più giusta da fare. Alla fine non è soltanto la tua fidanzata - cioè, se non ci avessi avuto a che fare in prima persona, probabilmente non avrei detto niente - però ci vediamo, ed anche abbastanza spesso, e non dire niente, visto che ormai avevo iniziato a dare spiegazioni, mi sembrava come non darle importanza. E ho pensato di doverlo fare io anche perché il messaggio è partito dal mio, di cellulare. » Pausa. Si morse il labbro inferiore, come incerta se continuare il discorso o se chiuderlo lì. Alla fine, visto che di fronte aveva il proprio migliore amico, decise di non tenersi niente. « Non lo so, a costo di passare per quella fuori di testa, a me tutte queste spiegazioni sono sembrate più che dovute. Pensa che poesia: tornare a casa dopo una notte di tirocinio, vedere cose strane sull'account della tua ragazza, e questa che nemmeno ha niente da dirti. E poi una parte di me ha anche pensato - visti i precedenti - che il messaggio potesse fare il giro del campus. E volevo tranquillizzare quelli che c'erano finiti in mezzo, ecco. » Un momento di silenzio per far ordine nei propri pensieri. « A tal proposito... » Di cose che fanno il giro del campus. « Tu come stai? » Ovviamente non le era sfuggito quanto stava succedendo tra scuola e college negli ultimi giorni, anche perché era difficile non notare una campagna di slut shaming, specialmente quando era portata avanti da adolescenti rumorosi quanto senza cervello. E, altrettanto ovviamente, oltre a reputare il tutto disgustoso, era lì anche per offrire il proprio sostegno morale all'amico, nel caso questi ne avesse avuto bisogno.
     
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