I’ll be watching you

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    Con le spalle poggiate contro la parete ed il respiro spezzato, Vladlen guardava l'ennesima opera d'arte appesa al filo che, sospeso, tagliava in modo obliquo la piccola area della casetta di legno che aveva occupato abusivamente durante il lockdown. La luce del giorno penetrava a fatica dalle assi di legno pericolanti, mangiate dai tarli, ed il ragazzo era stato ben attento a sbarrare con particolare cura tutte le finestre presenti, cosicché lí dentro potessero essere padroni solamente lui e l'assoluto buio. A fargli compagnia, oltre alle molteplici foto appese, c'erano una lampada che irradiava una flebile luce rossa e due vaschette di plastica, poggiate su un minuscolo quanto traballante tavolo improvvisato. Quella ormai si poteva definire la piccola bottega dell'ex corvonero, un rifugio dove, in modo indisturbato, potesse esprimere la propria natura senza sentirsi inappropriatamente giudicato. I rullini sviluppati erano talmente tanti che le cartucce di plastica usate riempivano un angolo del nascondiglio, ben impilate l'una sull'altra, e le foto ormai erano diventate carta da parati per quante ce n'erano appese attorno a lui. Era tutto cosí confuso, a partire dai soggetti degli scatti, sin ad arrivare alla realtá dinamica in cui si muoveva Vladlen, che adesso se ne stava imbambolato davanti al disegno di curve sinuose impresse sulla carta lucida. Pelle, carne nuda compressa dal tocco di una mano, dalle dita che erano affondate decise fino a cambiargli colore: da un rosa pallido ad un grigio tendente al violaceo. Chi fossero i soggetti degli scatti non era dato saperlo ma, seppur fossero molteplici le istantanee senza identitá, altrettante avevano un volto, portavano dei nomi: Theo Watson, Marion Manchard…Malia Stone. Ed a quest'ultima in particolare Vladlen aveva affidato uno squarcio preciso della propria tela, un posto tutto suo dove adesso sorrideva, adesso era pensierosa, aveva gli occhi chiusi e poi leggeva con profonda concentrazione. Il codino per capelli che si era persa durante una rapida fuga nei corridoi, forse dovuta ad un ritardo, ancora era custodito fra le mani del giovane Sokolov che, oltre quell'oggetto capitatogli per puro caso fra le dita, era riuscito ad appropriarsi anche di altre cose appartenenti alla ragazza: una matita mangiucchiata, la carta argentata della gomma da masticare che hai accartocciato e gettato a terra due giorni fa, un minuto prima che scoccasse mezzogiorno ed un vecchio libro di artimanzia scordato sotto il banco dell’aula. Dove hai la testa, Stone? Oppure volevi che fossi proprio io a trovarlo cosicchè te lo riportassi? Difatti, ormai da giorni, Vladlen se lo trascinava in giro nella tracolla verde militare, aspettando il momento giusto per ridarglielo. C'aveva provato giá diverse volte, in realtá, ma c'era sempre qualcosa che interrompeva sul nascere i suoi tentativi di avvicinarla, cosí da dover sempre rimandare, rimandare e ancora rimandare. C'era solo una condizione per la quale Sokolov si sarebbe avvicinato alla giocatrice, e questa era quella che la vedeva completamente sola, senza distrazioni attorno a sè; perchè dovrai ricordarti di me, non sarò semplicemente un tizio a caso fin troppo gentile che ti ha riportato il libro. Per l'ennesima volta nel giro di una settimana, l'ex corvo abbandonò la piccola capanna con la netta sensazione che quello sarebbe stato il giorno favorevole, si sentiva fiducioso verso le rinnovate possibilitá di poter portare a termine i propri piani, difatti proseguí con passo spedito verso il college, sicuro, scavalcando l'ingresso prima di iniziare a cercarla. Questa volta, però, sarebbe stato tutto differente, a partire dal semplice fatto che Vlad non avrebbe cercato Malia semplicemente con lo sguardo, ma questa volta lo avrebbe fatto come una persona normale; inizió a chiedere di lei in giro, beccandosi di tanto in tanto qualche sguardo torvo: ”e tu che devi farci con la Stone?!”, sembravano dirgli. Alla fine, dopo svariati tentativi ed altrettanti buchi nell'acqua, trovó una ragazza del suo stesso anno, poggiata contro il colonnato del cortile, intenta a torturare i propri polmoni con una sigaretta arrivata giá a metá della sua breve vita « ...Penso tu possa anche tenertelo, non credo quello le tornerà utile visto che Malia ha appena mollato il college. »
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    Sokolov rimase un po' interdetto all'affermazione, aveva spiegato alla sconosciuta per quale ragione cercasse la Stone, mostrando il libro con tanto di cognome scritto sopra per essere il piú credibile possibile, vedi? Ho buone intenzioni; ed invece solo adesso scopriva che lei aveva mollato. Ed io non l'avevo previsto, anche perchè dai social non era trapelato assolutamente nulla a riguardo. « Comunque sono amica sua, quindi puoi tranquillamente darlo a me, credo di vederla in giorna- » Quando questa cerco di sfilare dalle dita del ragazzo l'unico ponte che avrebbe potuto collegare lui e la Stone in questo universo, Vladlen ritrasse la mano con velocitá fulminea, nascondendo il volumetto dietro alla schiena. « Preferirei darglielo di persona, se non ti dispiace » mugugnò con tono addolcito, quasi ad ammorbidire il precedente gesto fin troppo aggressivo. « Oookeeei, come vuoi, gira spesso in caffetteria. Se sei fortunato può darsi che la trovi lì » Congedata la ragazza, rimasto da solo con la sua altalenante impazienza ed una novità che lo aveva colto alla sprovvista, Vladlen s'incamminò alla volta della caffetteria prima di mettersi alla vetrina e sbirciare all'interno. Forse gli aveva detto davvero fortuna visto che Malia se ne stava seduta ad un tavolo, ma purtroppo non era da sola: come sempre se ne stava in compagnia di qualcuno, a chiacchierare. L'ex corvo sarebbe potuto irrompere nel locale ed interrompere la sua conversazione, però l'alternativa che lo vedeva aspettarla fuori di lì gli sembrava ancor più vincente rispetto all' andarla a punzecchiare. « Malia? » Sei uscita finalmente, ti ho osservata così a lungo che saprei riportare parola per parola tutto ciò che hai detto, sai che sono bravo a leggere il labiale? Con te non è stato facile, parli velocemente - a volte inciampi anche sulle parole, quasi ti prendesse la foga di raccontare tutto quello che hai in testa nel minor tempo possibile. « Sei Malia, giusto? » Vladlen aveva atteso la ragazza appena fuori l'entrata, era rimasto nei paraggi per tutto il tempo che era servito a vedersela spuntare davanti; ed ora recitava la sua parte da ragazzo sprovveduto. « Mi dispiace romperti le palle, davvero, però ho trovato questo libro in aula e mi sembrava giusto che tornasse fra le tue mani. E' stata una fortuna incontrarti, stavo quasi per arrendermi: sono sempre impegnato e girovagare per il college per giocare alla caccia al tesoro mi riesce complicato » Spostò i capelli dal volto, rifilandole un sorriso incerto a capire se la sua ironia forzata avesse fatto centro: di certo Vladlen non se la cavava in quanto a simpatia, in realtà non se la cavava proprio nelle conversazioni in generale. « Veramente stavo per darlo ad una tua amica, ma lei non ha voluto prenderselo. Magari ti avrei risparmiato l'imbarazzo...ed il pedinamento. Quando ti ho chiesto se fossi Malia sembravo un agente segreto, vero? Ti hanno solo descritta piuttosto bene. »

     
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    « Che cosa vorrebbe dire devi migliorare il tuo equilibrio? » Aggrotta le sopracciglia, raddrizzando la schiena e allontanando leggermente il busto dal tavolo. È sulla difensiva: niente di nuovo, dopo tutto - un po' come tutte le volte in cui qualcuno critica apertamente qualcosa che sa di saper fare meglio degli altri.
    « Che devi migliorare il tuo equilibrio? Sfrecci da una parte all'altra del campo come una trottola: sei velocissima, ma se ti becca un bolide ti disarciona in un secondo, perché non hai abbastanza stabilità. Anche perché i bolidi che usiamo alla Lega non sono come i pezzi di stoffa che vi facevano usare a Hogwarts, lo sai. » Corruga la fronte, incrociando le braccia al petto. Chiusura. Non che non riesca a capire cosa James stia cercando di dirle, ma, semplicemente, in questo momento, non vuole sentirselo dire. Tra le tante cose di cui potrebbero discutere, i suoi difetti in volo, che potrebbero costarle l'entrata ai prossimi provini della Lega di Quidditch Britannica, non sono esattamente l'argomento preferito di Malia - anzi, per la precisione sono proprio l'ultimo che vorrebbe affrontare. Ma il più grande dei Potter, che in fin dei conti si è offerto di aiutarla con l'allenamento e che dopo tutto non fa altro che impartire preziosi consigli, decide di continuare, nonostante l'occhiata stremata della giovane possa già suggerirgli che, almeno per oggi, preferisce abbandonare quell'argomento, che a tratti è quasi frustrante. « Per non parlare del fatto che, ovviamente, alle partite dei grandi i bolidi sono colpiti da gente che ha effettivamente superato la pubertà e che ha nelle braccia un attimino di forza in più rispetto a qualche ragazzina di Tassorosso che è capitata a fare la battitrice in squadra per caso. »
    Sospira, la giovane, prima di prendere un sorso della propria tisana, senza nemmeno preoccuparsi di rispondere alle sue provocazioni. Già, una tisana: ha perfino smesso di bere bevande altamente caloriche e mangiare schifezze per trovarsi davvero in forma per il giorno X, che si avvicina sempre di più. E nel frattempo aumentano anche la tensione ed il nervosismo nel suo corpo - motivo in più per darsi alle tisane rilassanti. « Hai finito? » domanda, fiacca, abbassando lo sguardo. « Mi spieghi com'è possibile che più passa il tempo e meno mi sento pronta per questa cosa? » Scuote leggermente la testa, lo sguardo, assente, fisso sui guanti da cacciatrice che le ha regalato Fred, questo Natale, che ha poggiato sul tavolino non appena sono arrivati lì. Hanno trascorso le ultime due ore al campo di Hogwarts ad allenarsi, e hanno deciso di concedersi qualcosa da bere prima di salutarsi. Lei è ancora in tenuta sportiva, la fronte imperlata dal sudore dell'allenamento e da quella piccola quantità di afflizione: cosa può esserci di peggio in confronto alla prospettiva di peggiorare ogni giorno di più, proprio in quell'unica disciplina in cui si ambisce alla perfezione?
    Perfetta: ecco ciò che vorrebbe essere Malia, quando si libra in volo, un falco inafferrabile, dall'incontestabile bravura. La cosa migliore che c'è mai stata. Ingenuamente, non pensa al fatto che l'eccellenza non è davvero di fatto raggiungibile, ma che ogni miglioramento fatto può solo avvicinarla di più al proprio scopo. « Vabbè. Vado a casa adesso. Ho bisogno di una doccia. » Lo saluta con una punta di amarezza nella voce, non prima di essersi accordata per un altro allenamento nei giorni successivi. Mentre si dirige a grandi falcate verso l'entrata del locale, spera tra sé e sé che il ragazzo la perdoni per i suoi modi un po' bruschi, e per la sua offesa apparente. L'ultimo desiderio di James è scoraggiarla: ne è ben consapevole, così come sa benissimo quanto tempo libero gli porti via quel favore che ha deciso di farle da amico. Non vuole essere ingrata: semplicemente, a volte, tutto sembra essere... troppo.
    « Malia? » Persa nei suoi pensieri, le sembra di sentire pronunciare il suo nome, ma tarda a voltarsi: si arresta sul posto, incerta, ed è costretta a guardarsi intorno qualche istante, prima di individuare alla propria sinistra, proprio
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    accanto la soglia del locale, un ragazzo che la guarda con espressione insistente. Aggrotta la fronte, improvvisamente colta da uno strano presentimento: s'irrigidisce di colpo. Come se, in qualche modo, il suo corpo volesse consigliarle di assumere una certa diffidenza. « Sei Malia, giusto? »
    Il ragazzo deve ripetere la propria domanda prima che lei riprenda effettivamente coscienza di ciò che le accade intorno e risponda al suo nome. « Sì, sono io! Dimmi pure. » Si volta, in modo da fronteggiarlo, e inarca le sopracciglia verso l'alto, in attesa di un suo imput.
    « Mi dispiace romperti le palle, davvero, però ho trovato questo libro in aula e mi sembrava giusto che tornasse fra le tue mani. E' stata una fortuna incontrarti, stavo quasi per arrendermi: sono sempre impegnato e girovagare per il college per giocare alla caccia al tesoro mi riesce complicato. » Prende il libro dalle mani del ragazzo, e ne studia curiosa la copertina: Aritmanzia. Se lo rigira fra le mani, un po' incerta, e solo quando, una volta sollevata la copertina, riconosce la propria calligrafia sulla prima pagina, può confermare a se stessa che quello è, effettivamente, un suo libro come dice il ragazzo. Oh, e quindi mi ero persa un libro? Ma quando? « Veramente stavo per darlo ad una tua amica, ma lei non ha voluto prenderselo. Magari ti avrei risparmiato l'imbarazzo...ed il pedinamento. Quando ti ho chiesto se fossi Malia sembravo un agente segreto, vero? Ti hanno solo descritta piuttosto bene. » Sorride a quelle parole, improvvisamente quasi imbarazzata dal disturbo che questo sconosciuto si è preso pur di riconsegnarle un libro che, lui non può saperlo, ma nemmeno le serve più.
    « Oddio... Grazie. Sei stato davvero gentilissimo a portarmelo fino a qui, non dovevi. Ma quando l'hai trovato? » chiede, curiosa, mentre lo infila nell'enorme borsone in cui porta con sé la scopa e tutta l'attrezzatura da Quidditch. « E poi chi è questa stronza che si è rifiutata di portarmelo? Davvero, mi scuso a suo nome. » Gli rivolge un sorriso un po' impacciato, mentre si stringe nelle spalle. « Soprattutto perché in realtà qualche settimana fa ho lasciato il college e adesso non mi serve più... Ma ehi, tu hai bisogno di un libro di Aritmanzia? Perché, insomma, se lo vuoi è tuo. » Si stringe nelle spalle, con semplicità, sorridendogli. « Mi occupa comunque troppo spazio. Ma senti, piuttosto, noi ci conosciamo vero? Cioè, a me sembra di averti visto in giro. Tipo all'assemblea, l'altro giorno, c'eri no? » Gli punta l'indice contro, assottigliando leggermente lo sguardo. È certa di averlo già visto: anzi, di aver incrociato il suo sguardo già un paio di volte a Hogwarts, in più occasioni. « Non mi sembra molto corretto che tu sai il mio nome e io non il tuo, specie se ti sei preso la briga di venirmi a cercare fino al villaggio per restituirmi il mio libro. Cerchiamo di rendere le cose eque, no? » Scherza, e attende che le riveli il suo nome, giusto per poterlo ringraziare a dovere di quel pensiero anche fin troppo gentile per uno sconosciuto. « Mmmh, io devo andare di qua in ogni caso » indica la piccola strada acciottolata di fronte a sé, che conduce a casa sua. « Tu fai la stessa strada? »
     
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