Pyro

Agosto 2018

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  1. Moth.
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    Il piccolo naso si arriccia mentre ancora gli occhi rimangono ben chiusi. Forse ha captato l'intenso odore dell'incenso, o forse ad allungare i tentacoli su di lei attraverso l'incoscienza è il profumo proveniente dal petto su cui si è addormentata, quel profumo che parla di libertà e di perdizione, quel profumo che non può in qualche modo iniziare a catalogare come familiare. Riconosce le note di pittura acrilica che provengono dalla punta delle sue dita ancor prima di riprendere completamente i contatti con la realtà che la circonda ed istintivamente inspira profondamente, lasciando che i polmoni si riempiano di quei dettagli che vanno a comporre lentamente la realtà che la attende dietro le palpebre ora frementi. Non ha bisogno di fare affidamento sulla vista per poter riconoscere i diversi tendaggi che come fantasmi si muovono lentamente nell'aria, smossi dalla leggera brezza che si intrufola nella camera da letto attraverso la finestra lasciata socchiusa, né i diversi dipinti appesi alle pareti o semplicemente poggiati contro di esse, come se fossero pronti ad essere portati altrove. Percepisce l'eccessiva altezza del soffitto di quella stanza che sembra intrisa di lussuria in ogni suo angolo, ma soprattutto sente il suo respiro, quel ritmico fiato di vita che muove il petto su cui il suo capo ha trovato riparo e che sembra muoversi come placide onde contro la sua guancia. Non è difficile immaginare Alek come la trasposizione vivente del mare più limpido, o del fuoco pronto a lambire la carne... è in quelle sue contraddizioni che risulta tanto facile perdersi senza quasi rendersene conto, ritrovandosi poi incastrati nella sua tela di ragno. Meredith lo sa bene, come una stupida mosca è rimasta intrappolata tra i suoi fili e tra le sue coperte diverse volte, andando vicino all'annegare nel suono della sua voce o nel lasciarsi bruciare dalla punta della sua lingua. Fa finta di essere ancora addormentata, ma si concede un profondo sospiro di rassegnazione. Odia essere ancora una volta tra quelle braccia e sa che non potrebbe essere altrimenti. Nessuno le impedirebbe di andare via, così come nessuno l'ha mai obbligata a presentarsi ad una delle sfrenate feste che hanno luogo alla corte dei miracoli... ma fuori da lì, da qualche parte, ad attenderla c'è la vita vera e tutte le conseguenze che derivano dalla sua codardia. Lì fuori gli occhi di Camden non le permetterebbero di respirare ed i ricordi le afferrerebbero le caviglie per tirarla verso l'abisso. Non è pronta ad affrontare la realtà, non ancora, non quando l'alcool e le varie sostanze stupefacenti che le scorrono in corpo le permettono come di volare al di sopra di ogni giudizio su se stessa. Stringe di più gli occhi, ranicchiandosi meglio contro il fianco caldo del corpo a cui si è aggrappata per le poche ore della notte che erano rimaste a loro disposizione e per una buona parte del mattino... ed i ricordi tornano lentamente ad affiorare, vaghe immagini della sera precedente e della caleidoscopica ruota di sgargianti colori ed accattivanti suoni che hanno fatto da sfondo alla festa alla quale entrambi hanno partecipato. Tra la musica, ballando a piedi scalzi e ruotando freneticamente per la stanza, passando tra braccia sconosciute e ridendo insieme a volti di cui non ricorda alcun dettaglio, aveva visto una donna avvicinarsi alla massiccia figura di Alek e, egocentrica e capricciosa bambina, aveva allora sentito il viscerale bisogno di dimostrare a tutti come ogni suo desiderio fosse legge. Quell'uomo che non le era mai appartenuto doveva darle ogni attenzione di cui credeva di aver diritto, era a quel punto di vitale importanza. Ignorando completamente la donna che rideva civettuola a pochi passi da lui aveva attraversato la stanza, sedendo sulle sue gambe con il corpo reso caldo dall'alcool e morbido dalla generosa madre natura ed a quel punto aveva avvicinato le labbra al suo orecchio, così da potergli sussurrare lascivamente cosa avrebbe potuto fare di lui se solo fossero stati soli in quell'esatto momento. Non risparmiò alcun dettaglio alla sua attenzione, dipingendo il bramoso percorso che le sue labbra avrebbero creato sul suo corpo, tappa per tappa. Ecco come sono finiti sul materasso matrimoniale, un puzzle di braccia e gambe da cui Meredith riesce a liberarsi solo dopo qualche pigro tentativo. Finalmente gli occhioni di bambina tornano ad aprirsi sul mondo, prontamente feriti dai raggi di un sole troppo alto e troppo caldo. È Agosto e fuori dalla finestra le cicale proseguono con un concerto che deve ormai andare avanti da ore... ma non è merito del caldo se nessun velo copre il suo corpo, o quello di Alek. Cercando di non far rumore scende dal letto ed avanza per la stanza a piedi scalzi, passando davanti al quadro che riprende la sua immagine, opera creata proprio dalle dita che per tutta la notte si sono nascoste tra le lunghe ciocche dei suoi capelli. Sente il sudore attaccarle i capelli alla base della nuca. Ha bisogno di una doccia e di tornare a volare un po' più in alto di così, proprio qui dove già i pensieri sembrano pronti a raggiungerla. Passano molti minuti prima che l'esile figura torni a riempire la camera in cui Alek ancora la attende, perso tra le lusinghe di Morfeo. Tra le dita stringe una cartina colma di tabacco ed erba e già qualche tiro ha avuto modo di raschiarle la gola, ma il corpo è ancora costellato da tutte quelle minuscole gocce d'acqua che la doccia le ha incastonato sul ventre pianto e sui piccoli seni. Le ciocche di capelli ricadono umide sulla schiena mentre si avvicina all'uomo di cui contro ogni logica torna ad essere gelosa. Persino il sonno sembra un nemico da dover combattere. A gattoni sul materasso, china in avanti, lascia un bruciante morso sulla spalla destra del gitano. « Torna da me... »
     
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    Si rigira sopra le lenzuola, mentre il suo corpo sembra cominciare a risvegliarsi, lentamente. Le orecchie prendono nuovamente a sentire i suoni, riuscendo a percepire il lento suono dell'acqua che picchetta contro il vetro della doccia. Gli occhi, ancora chiusi, sono già stuzzicati dalla luce che entra dal finestrone che dà su Rue Bourbon, la strada principale del quartiere. Seppure nel sonno più profondo non ha patito quel caldo torrido che si va innalzando dall'asfalto, giù in strada, si sente già terribilmente accaldato, con le goccioline di sudore che gli corrono dalla schiena, fino a lambirgli il fianco sinistro. Dorme a pancia in giù, con un braccio sepolto sotto il cuscino e l'altro aperto e scomposto sopra le lenzuola di seta chiara. Le narici del naso vengono stuzzicate dal profumo di pane appena sfornato che proviene dalla bottega di Madame Angelique. Ho proprio voglia di una bella fetta di pain au lait. Si ritrova a pensare, in quel turbinio di idee sconclusionate, che Morfeo cerca di mettere a tacere, richiamandolo a sé, per qualche altro minuto di sonno. Ma le sue orecchie, ormai sveglie, si concentrano sui rumori che provengono dalla stanza a fianco. La manopola della doccia che si chiude, l'acqua che smette di tintinnare, un dolce rumore di passi leggeri che prendono a muoversi sul pavimento piastrellato del bagno. Meredith si aggira per la casa come se fosse ormai padrona di tutto. La conosce bene, conosce ogni angolo di quel loft e, con sua enorme sorpresa, è ancora lì. Ha deciso di rimanere, senza dissolversi nel nulla, come ha sempre fatto dopo i loro incontri. Non riesce a spiegarsi il perché di quel nuovo risvolto, ancora troppo intontito dal sonno, ma sorride, tra le pieghe del cuscino, quando la sente scivolare su di lui. Riconosce all'istante il calore della sua pelle contro la propria e ogni terminazione nervosa sembra essere riaccesa da quel contatto, vibrante, come una corda di violino appena pizzicata. Lo morde, all'altezza della spalla, e lui non può che soffocare una risata, divertito da quel suo comportamento sempre così bivalente. Perché Meredith passa da essere la bellezza statuaria che la sera prima l'ha sfilato alla sua accompagnatrice, sussurrandogli all'orecchio le sue intenzioni peccaminose, all'essere la dolce fanciulla dai comportamenti bambineschi, che vuole attirare tutta la sua attenzione su di sé. « Torna da me... » Il sussurro della sua voce contro il proprio orecchio lo fa rabbrividire, mentre mugugna qualcosa di non ben definito. Alek, il gitano dal cuore dalle mille camere, trova in quella donna un piacevole posto nel quale fermarsi. Adora la compagnia di Meredith, dall'arguzia spiccata e dalla mente fine, tipica in coloro che venivano arruolati tra le fila degli Auror. Solitamente, dedita al suo lavoro, la ritrova in veste nuove, mentre il suo naso percepisce un nuovo odore nella stanza. Annusa l'aria, per qualche istante, prima di capire che sta effettivamente fumando dell'erba. Deve esserti successo qualcosa di davvero scioccante per essere ancora qui, con me e con il bisogno di perderti tra i meandri della tua mente alle undici di mattina.« Avresti potuto fumarla con la pipa. » Mormora, aprendo un occhio, finalmente, per poter mettere a fuoco il mondo che lo circonda. « Le dà tutto un altro sapore. » Conclude il commento, per poi aprire anche l'altro occhio. Si fissa sul suo volto e sorride. « Bonjour mademoiselle. » La saluta, mentre si muove lentamente, poggiando la schiena contro il materasso. « Hai fatto la doccia senza aspettarmi? » Domanda poi, alzando un sopracciglio, a voler tradire il divertimento che sente nel provocarla. « Ahia, sei stata davvero cattiva. Forse hai bisogno di una bel discorsetto. » Dice, per poi lanciare un'occhiata alla sigaretta che tiene tra le dita. Passa giusto il tempo di sbattere una sola volta le palpebre, che lui ribalta la situazione, dominandola dall'alto. Le carezza un fianco con il dorso della mano, mentre l'altra scende verso il basso. Così come fa il suo corpo, che striscia lentamente su quello di lei, in uno sfregamento che gli provoca eccitazione. « Tu contiens dans ton oeil le couchant et l'aurore. » Prende a dire nella sua lingua madre, con la mano destra che le accarezza una
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    gamba, fino a scendere verso il piede. Si posiziona tra le sue gambe, guardandola dal basso e sorridendo ambiguo, prima di avvicinare le labbra all'interno del suo ginocchio. Vi lascia un bacio caldo. « Tu répands des parfums comme un soir orageux. » Un altro bacio, su una scia ascendente che risale la coscia. Una mano che ormai tiene il suo corpo caldo stretto a sé, poggiata sul fianco sinistro e l'altra che risale la gamba, leggiadra e suadente nel movimento. « Tes baisers sont un philtre et ta bouche une amphore. » Ancora un altro, prima di lasciare che la punta della lingua si insinui tra i denti, così da poter incontrare la sua pelle accaldata. « Qui font le héros lâche et l'enfant courageux.. » E' arrivato all'altezza dell'incontro di tutto il suo piacere, quando alza gli occhi verso di lei, per poter incontrare il suo sguardo ambrato. Alza un sopracciglio, stuzzicandola con il solo magnetismo del suo sguardo ceruleo. « Vuoi che prosegua? » Un altro bacio, sul ventre piatto, questa volta. Poi scrolla la testa, accompagnando il cenno con un diniego verbale e una stretta di labbra. « Non ora. » Ridacchia, scivolando su di lei per andare ad incastonarle il volto con una mano, le dita che si attorcigliano ai suoi capelli e le labbra che si modellano sopra quelle di lei, in un bacio che ha delle sfumature vibranti e fameliche allo stesso tempo. « Oggi pomeriggio devo presentarmi ad Inverness, con mio figlio » prende a dire, con il naso che si strofina contro la sua spalla nuda. « Convocati ufficialmente per il tavolo dei trattati. Roba importante. » Riesce a sorridere, non entrando nello specifico dei dettagli di quella situazione politica e disastrosa nella quale il mondo magico naviga. « Ma io, al momento, ho un certo languorino. » Si mette in piedi, lentamente, prendendo da un cassetto un paio di boxer e dei pantaloni larghi, dai colori sgargianti, tipici del suo popolo. « Mi fai compagnia o devi andartene? »

     
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