Would you kill the fat man?

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    In Uno, nessuno e centomila Basil Greengrass aveva trovato enorme conforto. Da sempre rifugio sicuro e calda coperta con cui proteggersi dal mondo esterno e dalle sue pretese, così estenuanti ed insistenti per la sua indole affaticata, era stata la letteratura. Come ogni lettore che si rispetti, Basil catalogava meticolosamente i suoi libri, dividendoli in gruppi distinti sulla base del suo umore, delle sue necessità, della fantasia che meglio avrebbe saputo saziarlo; la letteratura italiana babbana apparteneva a quella specifica sottocategoria a cui Basil attingeva in momenti estremamente particolari, quelli di forte ispirazione, quelli in cui la voglia di viaggiare lontano con la mente si faceva più presente. In treno, seduto in una carozza semivuota, alle 7:20 del mattino, l'uomo viaggiava verso Hogwarts, accompagnato dalle parole di Pirandello e da un bicchiere di carta contenente del caffè fumante. La luce aranciata dell'alba filtrava dal finestrino, e lui si godeva silenziosamente quei colori caldi tingergli le pagine del libro e le dita, che accarezzavano i fogli mentre con l'altra mano mescolava, lento, il contenuto del bicchiere. Inutile dire che non c'erano molte cose al mondo capaci di innervosire Basil Greengrass, e non è che in quel momento si sentisse propriamente teso. Quello che provava era trepidazione, curiosità, genuino e quasi scientifico interesse per come quel nuovo esperimento sarebbe andato. Non aveva mai fatto niente del genere prima, e sebbene il tempismo dell'arrivo della richiesta da parte del College di Hogwarts l'avesse colto senz'altro di sorpresa, era stato più che lieto di accoglierla. Gli scandali vanno e vengono. Basil non l'avrebbe mai confessato, ma da quando aveva dato spettacolo alla festa dell'Astra, quasi un anno prima, nuovi orizzonti gli si erano aperti, e finalmente si era sentito libero; tremendamente spaventato, ma libero. Per questo motivo non c'erano vacilli nella sua voce, o nei sorrisi che avrebbe dispensato con oculata parsimonia, o nelle strette di mano che avrebbe elargito. Non temeva domande indiscrete, occhiate insinuanti, beffe o scherzi; non perché credesse che fosse impossibile che li avrebbe incontrati, prima o poi, ma perché non dava loro alcun valore.
    «E gli altri? Gli altri non sono mica dentro di me. Per gli altri che guardano da fuori, le mie idee, i miei sentimenti hanno un naso. Il mio naso. E hanno un pajo d’occhi, i miei occhi, ch’io non vedo e ch’essi vedono. Che relazione c’è tra le mie idee e il mio naso? Per me, nessuna. Io non penso col naso, né bado al mio naso, pensando. Ma gli altri? gli altri che non possono vedere dentro di me le mie idee e vedono da fuori il mio naso? Per gli altri le mie idee e il mio naso hanno tanta relazione, che se quelle, poniamo, fossero molto serie e questo per la sua forma molto buffo, si metterebbero a ridere.» Il treno fischiò, annunciando la sua fermata. Basil richiuse il libro con un tonfo.
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    «Bene, se possiamo fare silenzio, comincerei.» Il professore di Filosofia del Diritto dovette battere le mani solo un paio di volte per attirare l'attenzione della classe. Si schiarì la gola, si posizionò al centro dell'aula, e attese il totale silenzio. «Dunque. Come comunicatovi la scorsa settimana, quest'oggi la lezione si svolgerà in maniera diversa dal solito. È con enorme piacere che vi presento Basil Greengrass, Stregone Capo del Wizengamot.» Che pomposità. Basil chinò il capo in cenno di saluto, rimanendo seduto accanto alla scrivania del professore. «Avrete l'opportunità di avere a che fare con un Inquisitore per provare a capirne l'etica professionale, l'incredibile preparazione e la riguardevole forza d'animo. Il Signor Greengrass è qui per rispondere alle vostre domande, che spero saranno di un certo livello, considerato che avete avuto una settimana di tempo per prepararle.» Il professor Bobbins fece vagare lo sguardo sugli studenti, solenne. «Non è tutto. L'Ateneo ha concordato con il Wizengamot la possibilità per quattro di voi di intraprendere un tirocinio supervisionato dal Signor Greengrass. È chiaro che si tratta di una posizione estremamente ambita. I posti messi a disposizione sono distribuiti in questo modo: due per studenti del corso di Magisprudenza, e due per studenti del corso di Psicologia Criminale.» Il brusio conseguente queste parole venne sedato con qualche colpo fermo sulla superficie della cattedra. «Mi auguro di aver spiegato tutto.» Bobbins posò lo sguardo su Basil, in cerca di assenso. Questi rispose serrando le labbra e alzandosi dalla sedia.
    «Buongiorno a tutti. Come già anticipato dal vostro professore, il mio ruolo oggi è diverso da solito. Si tratta di una prima volta per me, per cui vi chiedo di esser clementi.» Camminò davanti alla scrivania, tenendo le mani dietro la schiena. «Sono sicuro che sarete tutti estremamente emozionati all'idea di rientrare nei fortunati quattro a cui è permesso questo tirocinio, ma posso assicurare a chi di voi non riuscirà a farcela che esistono tirocini validi e sicuramente meno boriosi di questo.» Il senso dell'umorismo non gli apparteneva naturalmente, ma faceva del suo meglio per stemperare quell'atmosfera referenziale che pareva avesse instillato il professore. «Ma proporrei di procedere con ordine. Per prima cosa, direi che è essenziale porci una domanda: chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato Si fermò, poggiandosi al piano della cattedra e incrociando le braccia al petto. Attese che dopo un primo momento di timidezza le prime risposte cominciassero ad arrivare, e annuì piano. «Vedete, suppongo che sia chiaro a tutti voi che il lavoro del magistrato è un lavoro che comporta una costante e continua presa di decisioni. È la chiave stessa della professione, questa. Sta tutto nella decisione. Saprete bene che il principio napoleonico ha introdotto il divieto di denegata giustizia, che indica che un procedimento non può essere terminato senza una decisione.» Fece una pausa, tenendosi il mento e muovendo il pollice da destra a sinistra, pensieroso. «Ed è la cosa più difficile di tutte.» Sorrise, onesto. Poi riprese a percorrere l'aula, salendo gli scalini della stanza per poter raggiungere il punto più alto. «Chi di voi ha sempre saputo cosa fosse meglio fare? Chi di voi non ha mai avuto dubbi? Chi di voi non ha mai commesso un errore. Capita. Quello che conta è la decisione che prendete a fronte delle evidenze, della cosiddetta verità processuale. Come ragionate. Per cui vi pongo una domanda.» Tornò al centro dell'aula. «Più che una domanda, direi un piccolo dilemma morale.» Estrasse dalla valigetta che aveva poggiato sulla sedia un libriccino. «Un carrello ferroviario fuori controllo corre verso cinque uomini che sono legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e cinque. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Tuttavia, un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi accanto a voi: se lo spingete facendolo cadere sui binari, la notevole stazza del suo corpo fermerà il carrello, salvando cinque vite, anche se lui morirà.» Prese un'altra pausa, per dirigersi verso la lavagna e scrivere rapidamente “Voi uccidereste l’uomo grasso?”. Quindi si voltò, soppesando i volti degli studenti nell'aula. «Scrivete una risposta, quindi lasciatela nella coppa che il professor Bobbins farà girare. Avete 20 minuti.»

    Role aperta a tutti gli studenti di Magisprudenza e Psicologia Criminale.
    Scadenza: 15 aprile
    Valenza: 10 G.R.A.M.O. a chi completa tutti i turni


    Edited by flâneur - 16/4/2019, 21:25
     
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    « Ti dirò, alla roba del ritiro spirituale ci credo poco. » Si stringe nelle spalle, mostrando un certo scetticismo, mentre percorre gli ampi corridoi affollati del college al fianco di Percy. « Settimana scorsa sono tornato a casa a Londra e lui è rimasto chiuso nello studio con mio padre per ore. Non so, in generale è una situazione poco lineare. » Basil Greengrass, capo del Wizengamot, una figura su cui negli ultimi mesi i tabloid magici, insieme a tutte le bocche dell'alta borghesia, avevano speculato nei modi più disparati. Sparito nel nulla, all'improvviso, nel momento del bisogno: proprio mentre tutti stavano per essere inghiottiti da quell'inferno incombente, il capo della giustizia magica aveva ben deciso di dare il proprio benservito e dileguarsi, senza nemmeno una spiegazione che fosse plausibile. Qualcuno alla scusa del meritato riposo ci aveva creduto, ma ciò era chiaramente impossibile per le persone che gravitavano più da vicino intorno al nucleo della famiglia Greengrass. « È più gay di Judah, Greg e Fitz messi assieme, questo è sicuro. » Che poi Fitzwilliam non è nemmeno poi così gay, ma dettagli. Abbassa la voce, mentre si avvicinano al corridoio dell'aula in cui si terrà la lezione di Filosofia del Diritto dello Stregone Capo del Wizengamot. « Solo che a quanto pare, forse per salvarsi la faccia, ha intenzione di andare avanti con questa farsa dell'uomo eterosessuale e innamoratissimo della moglie. » Che poi lo sanno tutti che lei si fa mio padre.
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    Ma anche questi sono dettagli.
    « Ma diciamocelo, è una cosa abbastanza ridicola. » I due Serpeverde continuano a chiacchierare in modo spensierato, fino a quando non giungono all'aula indicata per la lezione, dove, ovviamente, si piazzano in prima fila. Passare inosservati quando ci sono in palio dei posti negli Uffici del Wizengamot non è un'opzione.
    Nate saluta con un paio di cenni della mano qualche volto conosciuto, prima di accomodarsi insieme al compagno nel proprio posto. « 'Giorno, Carrow. Mi sembra quasi un miraggio vederti in anticipo a lezione, per una volta. » Rivolge un sorriso sardonico in direzione di Amunet, accanto alla quale si sono accomodati. D'altro canto, nessuno in facoltà sembra volersi perdere questa lezione: a dieci minuti dall'inizio, la grande aula dagli ampi spalti è gremita di studenti, affollata dal chiacchiericcio e da qualche risata. « Ma Fitz invece? Sapete se viene alla fine? »
    Non appena con la coda dell'occhio individua la figura di Basil Greengrass fare il proprio ingresso nell'aula, lo sguardo di Nate si affila. Segue i suoi movimenti con apparente noncuranza, seguendo piuttosto le chiacchiere di Percy ed Amunet accanto a sé, e sorseggiando di tanto in tanto il proprio caffè d'asporto; ma nell'esatto momento in cui si accorge che l'uomo ha concluso i propri convenevoli con il professore di diritto, non perde un istante: si congeda rapidamente dai propri amici e con un paio di falcate ha già raggiunto l'uomo, salutandolo con un enorme sorriso ed un'espressione affabile dipinta sul volto. « Buongiorno, signore. » Un cenno della testa in un'idea di riverenza, per poi allungare la mano verso l'uomo e stringerla vigorosamente, senza mai smettere di sorridere. Nate è abituato a chiamarlo Basil e a dargli del tu, in un contesto più familiare, ma non si lascerebbe mai andare ad un'informalità del genere in quell'occasione: sarebbe una mancanza di rispetto. « Tutto bene? Sono felice di rivederla. Siamo tutti quanti molto entusiasti di questa lezione - come può notare da solo. » Compie un rapido cenno in direzione dell'aula gremita di gente. « Spero che il benvenuto della facoltà sia stato di suo gradimento. Se avrà tempo, più tardi, mi piacerebbe accompagnarla a fare un giro del campus. » Così, dopo qualche chiacchiera di circostanza, sempre accompagnata dal suo sorriso entusiasta, si congeda dall'uomo, attento a non trattenerlo oltre misura con le proprie parole, e ritorna al proprio posto.

    « Sono sicuro che sarete tutti estremamente emozionati all'idea di rientrare nei fortunati quattro a cui è permesso questo tirocinio, ma posso assicurare a chi di voi non riuscirà a farcela che esistono tirocini validi e sicuramente meno boriosi di questo. » Nell'esatto momento in cui Basil Greengrass apre bocca all'interno della grande aula del campus universitario di Hogsmeade, il chiacchiericcio degli studenti si frena, e lo spazio cala nel silenzio più assoluto. Tutti gli occhi sono puntati su di lui, e qualcuno comincia già a prendere appunti dalle prime parole - scrivendo probabilmente informazioni inutili, riguardanti dettagli organizzativi e legati unicamente ai tirocini massi a disposizione dal Wizengamot. Nathan rimane in silenzio ad ascoltare, seguendo con gli occhi chiari i movimenti dell'uomo, che inizia a passeggiare con disinvoltura di fronte ai presenti. « Per prima cosa, direi che è essenziale porci una domanda: chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato? »
    Il Serpeverde sembra riflettere per qualche momento, e lascia che qualche altro studente prenda la parola, prima di intervenire per rispondere alla domanda posta dal giudice. « È qualcosa di naturale, insito nell'uomo. Giusto dovrebbe essere tutto ciò verso cui le nostre scelte tendono in modo naturale. Sbagliato è qualcosa di innaturale, difficile da concepire. Chiaramente con il tempo e con la nascita delle società e delle regole comuni il concetto si complica, ma credo che comunque alla base di tutto ci sia questo: la sopravvivenza. Il desiderio di andare oltre come comunità e non come singoli. » Un'evoluzione continua, che dalla legge della giungla, e del più forte, porta alle basi della convivenza. Non perché l'uomo sia buono o giusto per natura, ma semplicemente perché non possiede altra scelta. Nathan sa che quelle non sono tutte congetture lette da qualche parte, teorie astratte di un tomo di diritto qualunque. Lui ha provato sulla propria pelle cos'è lo stato brado, si è ritrovato a combattere per la propria sopravvivenza e alla fine ha compreso, con la stessa innocenza di un primate qualunque, che la costruzione della società è l'unica risposta. Stabilire delle regole per sopravvivere insieme.
    « Chi di voi ha sempre saputo cosa fosse meglio fare? Chi di voi non ha mai avuto dubbi? Chi di voi non ha mai commesso un errore. Capita. Quello che conta è la decisione che prendete a fronte delle evidenze, della cosiddetta verità processuale. Come ragionate. Per cui vi pongo una domanda. Più che una domanda, direi un piccolo dilemma morale. Un carrello ferroviario fuori controllo corre verso cinque uomini che sono legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e cinque. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Tuttavia, un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi accanto a voi: se lo spingete facendolo cadere sui binari, la notevole stazza del suo corpo fermerà il carrello, salvando cinque vite, anche se lui morirà. » Ascolta con una certa attenzione il quesito posto dall'uomo, e segue i suoi movimenti, leggendo poi dunque l'interrogativo che il gesso scrive sulla grande lavagna al centro dell'aula. Che cosa farebbero, loro? Il giovane Serpeverde pare riflettere un istante appena, prima di recuperare il proprio quaderno e strapparne un foglio, per poi iniziare a scrivere quasi immediatamente. Completa il proprio lavoro relativamente presto, ed è uno dei primi ad infilare la propria risposta all'interno della coppa che il professore fa girare tra i banchi. Dopodiché si rilassa meglio sulla propria sedia, appoggiando le spalle allo schienale e incrociando le braccia al petto, in attesa che Basil riprenda i proprio discorso.


    Nate Douglas
    Corso di Magisprudenza
    Anno di corso I

    Voi uccidereste l'uomo grasso?
    Il quesito appare indubbiamente complesso. Posto che si sia preso in esame un contesto babbano, in cui dunque l’uso della magia - che permetterebbe di concedere la salvezza a tutti i personaggi presenti - non è consentito, lo scenario si complica. Viene descritta una circostanza in cui qualunque decisione presa dal soggetto comporta una conseguenza alquanto rilevante: la morte di almeno un individuo.
    Si potrebbe affermare che la scelta migliore, per il soggetto protagonista, sia quella di non fare nulla, senza macchiarsi di quello che obiettivamente sarebbe un omicidio vero e proprio, e lasciare che gli eventi si svolgano naturalmente. Ma sarebbe davvero la scelta corretta? Forse, nell’ottica di una coscienza personale dell’individuo, questa soluzione potrebbe essere vista come quella più semplice con cui convivere; ma si tratterebbe pur sempre di una mera convinzione, una verità fittizia.
    Invero, se si considera la realtà dei fatti, ed il vincolo dato che non esistano scelte alternative a quelle due proposte, la scelta di non agire equivale ad un’azione effettiva: nello specifico, all’omicidio di ben cinque persone. Non si può pensare che l’assenza di azioni conferisca una minore colpevolezza - al contrario, chi sceglie di assumere un atteggiamento passivo (o fintamente compassionevole nei confronti dell’uomo grasso) è anzi più condannabile di chi compie la scelta apparentemente più drastica, ma senza dubbio meno drammatica.
    È tautologico che cinque vite valgono più di una. E considerato dunque lo scenario in cui il soggetto protagonista si ritrova ad essere in entrambi i casi un omicida, la scelta appare quasi banale: uccidere l’uomo grasso, e sacrificare una vita per salvarne cinque. L’ottica adottata è quella di scegliere il male minore, ed è l'unica plausibile, a mio parere, perché prescinde dalla moralità, dal rapporto causa-effetto, dalla colpevolezza del singolo e dal concetto di "reato" in sé e per sé, ma trova una soluzione concreta e di indiscutibile giustizia.

    [spoiler_tag][/spoiler_tag]
    Interagito con Percy, Amunet, e Basil.
    Risposto alla domanda + svolto il compito


    Edited by on the edge‚ - 5/4/2019, 00:33
     
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    « Ma ci pensi?! Una lezione intercorso con nientedimeno
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    che Basil Greengrass! »
    Fawn alzò gli occhi al cielo ed emise un sonoro sbuffo, trattenendo l'impulso di stappare il proprio bicchiere e versarne il contenuto - caffè bollente, per la cronaca - in testa al povero Mike. « Nooo, ma non mi dire! E chi è? Non ho proprio presente! » Si premurò di sbattere le ciglia, assumendo un'aria vagamente frastornata, prima di accigliarsi e scuotere nuovamente la testa. « Ti giuro che se me lo nomini un'altra volta, anche di sfuggita, penserò che sei innamorato di lui. Sei impossibile. Davvero. Basta. » Dire che fosse stata lapidaria... beh, sarebbe stato a dir poco riduttivo. E non è che ce l'avesse con quella lezione in particolare, o col pover'uomo costretto a tenerla, no - è che dopo una settimana di sospiri adoranti, gente esaltata ed insegnanti che non facevano altro che ripetere quanto quella fosse un'opportunità decisiva per tutti loro, lei non ne poteva più. E non contestava tanto l'importanza del ruolo ricoperto da Basil Greengrass o la sua conoscenza in materia, quanto il fatto che molti dei suoi compagni si fossero improvvisamente trasformati in un gruppo di fangirl. Di serie b. E che lei ne avesse una, tra l'altro tecnicamente uomo, accanto a sé. Infatti, una volta giunta in aula e notato con quanta determinazione alcuni degli studenti si stessero litigando il posto in prima fila, la Byrne fece un cenno al compagno. « Io lascio perdere la lotta greco-romana, ma solo per oggi. Ti lascio libero di disarcionare la gente e conquistarti il tuo posto, campione. » Tanto ci sento comunque benissimo, e non è che la visuale sia brutta, un paio di file più in là. E, presa la sacrosanta decisione di non trasformare quella mattinata in una rivisitazione degli Hunger Games in chiave accademica, semplicemente si sedette e tirò fuori il proprio blocchetto degli appunti, pronto per ogni evenienza.
    E, francamente, non fu smossa nemmeno dalla notizia del tirocinio, prontamente annunciata dal docente. Si lasciò sfuggire soltanto un piccolo sospiro, consapevole del fatto che quel piccolo dettaglio avrebbe reso i suoi compagni anche più agguerriti. Insomma, chi non avrebbe voluto una cosa del genere in curriculum, per di più al primo anno di college? Soltanto un folle. E questo lo sapeva anche lei. Speriamo che Mike non svenga alla sola idea.
    Fu l'inizio della lezione a richiamare la sua attenzione, portandola ad abbandonare ogni tentativo di fare ironia. In fondo, era lì per imparare. E stare a sentire. Tirocinio o meno. «Ma proporrei di procedere con ordine. Per prima cosa, direi che è essenziale porci una domanda: chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato A quella domanda non rispose. Non perché non avesse niente da dire in merito, ma perché ci pensarono altri ad intervenire in maniera più che esaustiva al suo posto, e non le sembrava il caso di ripetere un concetto trito e ritrito. « Chi di voi ha sempre saputo cosa fosse meglio fare? Chi di voi non ha mai avuto dubbi? Chi di voi non ha mai commesso un errore. Capita. Quello che conta è la decisione che prendete a fronte delle evidenze, della cosiddetta verità processuale. Come ragionate. Per cui vi pongo una domanda. Più che una domanda, direi un piccolo dilemma morale. Un carrello ferroviario fuori controllo corre verso cinque uomini che sono legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e cinque. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Tuttavia, un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi accanto a voi: se lo spingete facendolo cadere sui binari, la notevole stazza del suo corpo fermerà il carrello, salvando cinque vite, anche se lui morirà. » Questa domanda, però, la portò suo malgrado ad aguzzare lo sguardo e a farsi pensierosa. Qualche attimo dopo, esattamente come i suoi compagni, prese a scribacchiare con aria assorta sul proprio foglio.


    Fawn Byrne
    Corso di Psicologia Criminale
    Anno I

    Voi uccidereste l'uomo grasso?

    Una domanda, questa, alla quale a mio parere sarebbe estremamente semplice rispondere in maniera affermativa. La matematica, dopotutto, non è un'opinione, ed è chiaro a chiunque ne conosca le basi che cinque sia un valore maggiore dell'unità.
    Ma la mia risposta è comunque un no. No, non ucciderei l'uomo grasso, anche se questo significasse risparmiare le vite di cinque individui. Il mio pensiero in merito è il seguente: non stiamo parlando di numeri, ma di persone. E l'unica colpa di quest'uomo grasso, da quel che si evince, è quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La sua posizione corrente, tuttavia, come la sua stazza, altro non sono che una serie di coincidenze. Ed io trovo immorale, nonché inammissibile, un simile sacrificio - la cui unica giustificazione sarebbe rappresentata da uno sfortunato intreccio degli eventi, cosa che, a parer mio, non può assolutamente fare da base ad una condanna di tale entità - , fosse anche allo scopo di salvare cinque vite. Certo, per quel che ne sappiamo, innocenti potrebbero esserlo anche coloro che si trovano sui binari. Questo, però, non rende l'altro più sacrificabile. E non mi renderebbe certo meno colpevole di omicidio, nel qual caso decidessi di spingerlo giù dal cavalcavia.
    Quindi, ancora una volta: no, non ucciderei l'innocente poiché, nonostante la scelta contraria sembri logicamente più valida, mi rifiuto di credere che la logica sia l'unico requisito sufficiente a renderla giusta o eticamente valida.




    fatto un po' l'asociale e svolto il compito
    scusate il pessimo post, al prossimo turno mi rifaccio gggggiuro


    Edited by lust for life - 16/4/2019, 03:24
     
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