«Non c'è nessun taglio, e sei ancora tutta intera, no?» Il tono paternalistico del professore di Addestramento magico le causò improvvisamente più fastidio di quello zigomo pulsante.
«Non è possibile pensare di apprendere tecniche di difesa senza un livido o due, signorina Jackson. Tenga premuto questo per qualche minuto, e la prossima settimana mi auguro che non sarà una spinta accidentale da un compagno di corso a fermarla dal proseguire la lezione» Strinse le labbra, Azura, in un sorriso di ringraziamento incredibilmente forzato, mordendosi la lingua per evitare di controbattere. Anche perché difficilmente avrebbe potuto dire qualcosa di effettivamente rilevante: aveva ragione lui a tutti gli effetti; si stava preparando per diventare un Auror, e sapeva che questo significasse doversi abituare ai lividi, alle sgomitate, alle ginocchia sbucciate – se era fortunata. Premette l'impacco di ghiaccio sullo zigomo, dondolando appena le gambe, seduta sulla panca dello spogliatoio. Non proferì parola, a parte un
«grazie» bisbigliato, troppo mortificata e in soggezione per aggiungere altro. Non riusciva ancora a superare quella strana referenza che provava per gli Addestratori e gli Auror, e continuava ad assumere quel dissonante comportamento da bambina, fragile e da proteggere, che tanto stonava in quel particolare contesto. Ma non poteva farci molto, dopotutto: era quella la sua natura, e per quanto la infastidisse essere così incredibilmente
inadatta per quel mondo, la strada era stata scelta per lei dai suoi genitori, e da brava figlia diligente Azura avrebbe obbedito, si sarebbe abituata ai lividi e si sarebbe fatta crescere la corazza, e li avrebbe resi fieri. Non si interrogava su se quella fosse o meno la cosa più giusta da fare per
lei, non si permetteva di fantasticare come sarebbe stato poter decidere per sé, poter sognare e illudersi di poter realizzare i propri obiettivi: per le sue passioni ci sarebbe stato spazio, forse, in un secondo momento; adesso la meta era una soltanto, e avrebbe combattuto contro quella sua indole così fragile per riuscire a raggiungerla. E poi le condizioni erano quelle: tornare a studiare in Inghilterra a patto che lo facesse per diventare un Auror, come da tradizione per la famiglia Jackson.
Quindi stai zitta e tienitelo. Nonostante ci stesse provando, comunque, certe cose non potevano essere finte o nascoste, e ben presto i suoi compagni di corso si erano accorti del fatto che la giovane strega fosse l'anello debole. Difficilmente veniva scelta nelle esercitazioni a squadre, e ancor più di rado riusciva a farsi valere in quelli individuali, dove finalmente avrebbe potuto dimostrare a se stessa e agli altri che, in fondo, non era poi del tutto una frana. Se Thompson le aveva sganciato una gomitata nell'occhio, dopotutto, la colpa era soltanto sua, che non l'aveva visto arrivare, che gli si era messa troppo vicino, che non aveva saputo calcolare e prevedere il movimento del compagno. “Eccellenti doti deduttive e creative, Jackson, non c'è che dire. Riesce a cavarsela bene negli esercizi di Trasfigurazione da duello, e gli incantesimi sono quasi sempre estremamente efficaci...”
...Ma non sai combattere. Questo era il sottotesto implicito dei feedback che l'addestratore le aveva dato.
Rimase qualche altro minuto da sola nello spogliatoio, assorta in questi pensieri, fino a che i suoi compagni, ancora intenti ad allenarsi, non iniziarono ad entrare, per cambiarsi. A quel punto si alzò, e si avviò verso il suo armadietto per fare lo stesso. Quando lo aprì, un singolo bigliettino di carta volò fuori, depositandosi dolcemente per terra. Aggrottando la fronte, lo raccolse, augurandosi che non si trattasse di uno scherzo cattivo dei suoi compagni – non perché necessariamente fossero i tipi da prenderla di mira, ma perché non li avrebbe biasimati più di tanto, se avessero voluto divertirsi sulle sue spalle. Fu piacevolmente sorpresa quando realizzò che l'artefice del messaggio fosse Albus Potter.
Nocturn Alley. Non ci era mai stata prima, e quello non faceva che aggiungere alla trepidazione che provava la giovane strega all'idea di avere l'opportunità di svolgere il suo primo appostamento. Si era persino vestita come i migliori film di spionaggio suggerivano fosse appropriato per l'occasione, ma soltanto quando si smateralizzò nella casa affittata dal Quartier Generale e vide come l'amico fosse vestito si rese conto di aver esagerato anche in quel campo: pantaloni mimetici, canottiera nera e capelli raccolti in una coda alta apparivano decisamente ec
cessivi, a paragone con la tenuta disinvolta e
ordinaria di Albus.
«Uff. Dici che ho preso il concetto di appostamento un po' troppo alla lettera?» Esordì la ragazza, per poi rivolgere all'amico un sorriso di sincera contentezza nel rivederlo.
«Buondì collega!» «È bello rivederti, Al» Lo baciò a sua volta, trattenendo la mano sul suo braccio per qualche secondo.
«Ho qui con me due bellissimi thermos pieni fino all'orlo di caffè. Il peggior nemico di un appostamento è il colpo di sonno, lo sanno tutti» «Amen. Sei stato poco specifico nella richiesta di "cibo", ragione per cui ho deciso di venire preparata». Prese posto sulla sedia accanto alla finestra, e estrasse dallo zaino, incantato in modo da essere più capiente, qualche sacchetto di carta marrone.
«Mi sono fermata al Mondo della Frittella di Al. Non sapendo i tuoi gusti, ho con me abbastanza provvigioni da sostenerci in questo appostamento per almeno i prossimi due mesi. In ordine abbiamo: ciambelle, un must in situazioni come questa; cheeseburger per una colazione continentale o se ci viene fame verso ora di pranzo, ma in alternativa ho preso anche dei tramezzini vegetariani perché non ricordavo se mangiassi carne o meno.» Mostrò tutta la mercanzia al ragazzo, addentando una ciambella ricoperta di glassa alla vaniglia e continuando a parlare con la bocca piena. Finalmente poteva fare squadra con qualcuno; che l'avesse scelta o meno non era poi così rilevante a quel punto, ma era determinata affinché fosse la collega perfetta.
Perché okay che sono incredibilmente goffa, ma quando si tratta di stare fermi in un punto a osservare la gente, nessuno è preparato quanto me.
«Con chi abbiamo a che fare?» «Nella cartellina trovi tutte le informazioni sul caso. Quello che noi dobbiamo fare è semplicemente tenere gli occhi aperti e scattare foto a raffica nel caso in cui vediamo una di quelle facce... o qualcosa di strano...ma suppongo sia difficile classificare cosa è strano per gli standard di Nocturn Alley.» Annuì, Azura, sfogliando il fascicolo e annaffiando il boccone di ciambella con del caffè.
«Questo lo so fare», commentò ad alta voce. Da quello che poteva vedere a quel punto, non sarebbe stato un compito tremendamente difficile per lei. Richiuse la cartella, la poggiò sul tavolo dietro di loro, e si mise in posizione, molto più rigida ed impostata dell'amico che, ancora una volta, sembrava vivere quell'esperienza in maniera molto più disinvolta di lei. Di fatti, estrasse una sigaretta, e le porse il pacchetto. Azura scosse la testa, alzando una mano. Tornò a fissare fuori dalla finestra, gli occhi socchiusi come per aguzzare la vista.
«Allora... Azura Jackson..io e te non ci facciamo una bella chiacchierata da - bo - tipo più di un anno. Che mi racconti? Scrivi ancora poesie?» Si rilassò un po', rendendosi conto che dopotutto non fosse necessario un tale stato di allerta. Sembrava così
naturale, per lui. Sospirò, quindi, poggiandosi lentamente allo schienale della sedia e distendendo le gambe, incerta su dove cominciare.
«Proprio un anno, mi sa. Mi dispiace essere partita così all'improvviso, ma dubito sarebbe stato possibile fare diversamente, viste le circostanze» Si strinse nelle spalle, strappando un pezzetto di brioche dalla ciambella per mangiarlo.
«Non saprei neanche da dove iniziare. Sono tornata a casa, perché i miei erano terrorizzati all'idea di lasciarmi in Inghilterra, dopo quello che è successo...» Un periodo tremendo a cui si fermava a pensare molto più spesso di quanto non fosse sano fare.
«Ho cercato di riprendere la mia vita lì, ho scritto tantissimo delle cose orribili che ho visto e che ci sono capitate. Suppongo fosse una sorta di catarsi, un modo per... lasciarle andare». Non erano soltanto i ricordi degli eventi tragici che si erano svolti durante il lockdown che Azura aveva lasciato andare, ma anche alcune persone, idee, speranze.
«È stato come ricominciare da capo, tornare. Ma mi siete mancati tutti moltissimo» Si voltò a guardarlo, una fossetta a prenderle forma sulla guancia mentre piegava un angolo della bocca in un sorriso triste. Lei e Albus non erano mai stato altro che amici, eppure c'era stato un istante fugace in cui si era lasciata stuzzicare dall'idea di loro due come qualcosa in più; un'altra delle fantasie che si era lasciata alle spalle.
«E tu, piuttosto? Sono certa che avrai tantissimo da raccontarmi, e ho tutto il giorno per farti da psicologa, se dovesse servirti. Dove la trovi un'altra collega di appostamenti come me?» Sdrammatizzò poi, incrociando le gambe davanti a sé e versandosi altro caffè dal thermos.