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    « Cass, metti giù quel libro per mezzo secondo? Per favore? » Fawn Byrne, poggiata allo stipite della porta della stanza della propria coinquilina, dove era piombata all'improvviso come suo solito tanto per non smentirsi, stava facendo quel che meglio le riusciva. No, non irrompere nelle camere altrui senza preavviso - anche se pure quella capacità in particolare rientrava tra i suoi mille pregi -, ma multitasking. Infatti, la nostra giovane americana non stava soltanto cercando di attirare l'attenzione di Cassiopea Partridge, ma tentava pure di infilarsi una scarpa, saltellando ovviamente su un piede solo, dato che lo stivaletto non voleva saperne di farsi indossare. Certo, forse sarebbe stato più pratico prendersi un attimo per sedersi, ma Fawn, ovviamente, come suo solito, non aveva tempo da perdere. Infatti, nonostante tra i suoi buoni propositi per l'anno nuovo ci fosse stato quello di avere i ritmi di una persona normale, come ogni proposito che si rispetti era andato presto a farsi benedire. La Byrne non aveva tempo di perdere tempo. Di conseguenza, come le sue due coinquiline avevano presto imparato, convivere con lei significava anche accettare passivamente di stare in casa con una persona che avrebbe smesso di essere di corsa... beh, circa mai. Il problema a monte era che non soltanto fosse una persona molto attiva, ma anche, o almeno così sembrava, geneticamente incapace di stare ferma per più di mezz'ora, a meno che non avesse una buona ragione per farlo. Era sempre in movimento. Lo stereotipo ambulante della new yorkese che cammina sempre a passo svelto, che non sopporta le persone lente - in nessun senso - e che rischia costantemente di far tardi ad un qualche appuntamento, ma che alla fine riesce sempre ad arrivare appena in tempo perché il ritardo è un concetto inconcepibile. Un piccolo tornado, insomma. Una gioia da avere attorno.
    Comunque, aveva appena finito di infilarsi la scarpa, quando la bionda si degnò finalmente di volgere lo sguardo nella sua direzione. « Deo gratias. Ok, ricapitolando: pulizie fatte, sto uscendo - vado in biblioteca e poi becco Erik alla veloce - e dovrei tornare per ora di cena. » Strinse rapidamente i laccetti dello stivale destro - quello maledetto di cui prima - in un fiocchetto, poi fece lo stesso con l'altro.
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    « Che ti dovevo dire? » Alzheimer? « Ah, giusto: la cena. Non cucinare. Allie torna stasera - ti ricordi che era andata dai suoi, no? - e quindi faccio anche un salto a Londra e prendo qualcosa al cinese. Offro io. Non dirle niente, altrimenti salta la sorpresa di bentornato. E poi dobbiamo aggiornarla su quel che è successo all'assemblea: indorare la pillola con del buon cibo, a me sembra il minimo che possiamo fare a questo punto. » Ovviamente. E non perché ogni scusa fosse buona per mangiare. Comunque, nel parlare fitto fitto si era tirata finalmente su, ed ora - giusto perché come già detto non sapeva fare le cose ai ritmi delle persone normali -, si stava abbottonando il cappottino di tutta fretta. La parte più divertente di questa sua ossessione dell'incastrare gli impegni? In realtà si metteva fretta da sola, una buona metà delle volte. Come quella, per esempio, dato che l'unico appuntamento che avesse un orario era quello col suo ragazzo, per forza di cose. Ma questo non poteva saperlo nessuno, se non pochi intimi. Si era quindi voltata verso lo specchio. Un'occhiata, una giravolta, una seconda occhiata. Una sistemata veloce ad un paio di ciocche colorate sfuggite al suo controllo. « Che dici, sto bene? Sì? Ok, comunque era tutto. Ci vediamo dopo. Scappo! » E, afferrata la borsetta, si precipitò fuori di casa come se avesse una qualche creatura infernale alle calcagna.

    Eeeee ce la fa! Una rapida occhiata all'orologio da polso, ormai un accessorio indispensabile nella sua caotica vita di studentessa, le confermò che non soltanto era ancora perfettamente in orario per la cena, ma che era in qualche modo riuscita a portare a termine i suoi impegni addirittura prima della scadenza mentale che si era data. Se avesse potuto, e non fosse stato un gesto oltremodo ridicolo, si sarebbe data una pacca sulla spalla da sola. Cosa che non fece, optando invece per un'appena percettibile accelerazione del passo sull'ultima rampa di scale, che percorse alla velocità della luce. Una volta davanti alla porta, però, si rese conto di avere un piccolo problema: le mani occupate. Non poteva suonare il campanello o tirare fuori la bacchetta per aprire la porta da sé, dato che portava due bustone enormi cariche di cibo. Il cellulare, dopo quanto si era detto all'assemblea, l'aveva direttamente abbandonato in un cassetto del comodino, in camera. Un attimo di riflessione. Vabbé, la fortuna aiuta gli audaci, fu il suo pensiero prima di dare un paio di colpi all'uscio con il piede. E, proprio perché la fortuna la stava assistendo a modo suo, nessuno vide quello scricciolo di ragazza carica di buste, compiere questo gesto. Quello che accadde, invece, sempre ringraziando il cielo, fu che il suddetto venne aperto nientemeno che dall'altra coinquilina, quella per la quale quella sorpresa a base di cibo era stata pensata in primo luogo. « Nooo, eccoti! » Entusiasta, la Byrne entrò in casa e, con un sorriso a sessantaquattro denti, si diresse in cucina per liberarsi di quel peso. Poggiato il tutto sul ripiano, però, fece subito un giro su sé stessa per stritolare la Jenkins in un abbraccio. « Com'è andata dai tuoi? » Approfittò della risposta per cominciare a mettere sul tavolo le diverse cibarie che aveva portato, rendendosi conto solo in un secondo momento di un dettaglio che le era sfuggito. Un dettaglio biondo e molto asociale. « Ma Cass? Non dirmi che si è rintanata in camera a studiare... io boh. » Prima o poi glieli brucio, quei libri. « Partridge! LA CENA! » Un mezzo giro ed era di nuovo faccia a faccia con Allison, alla quale rivolse un occhiolino. « Se ci mette più di due minuti, mi sento autorizzata a sfondarle la porta. Con tutto l'affetto del mondo, s'intende. »


    Edited by lust for life - 7/4/2019, 19:07
     
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  2. Sleeping sun
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    << Cass, metti giù quel libro per mezzo secondo? Per favore?>>. Cassie sussultò a quell’entrata improvvisa, interrompendo la scrittura. Fece un profondo respiro, socchiudendo le palpebre, allontanando la tentazione di sbottare. “Ed eccola qui, premurosa come sempre!”. Si piegò maggiormente sulla sedia, lanciando un’occhiata alla nuova arrivata. Un movimento fugace, il tempo di vederla saltellare, per poi tornare a fissare la scrivania. “Vorrei dirti che non hai bussato, ma tanto so che sarebbe inutile”, protestò silenziosamente, alternando gli occhi tra un quaderno e un grosso volume lì accanto. << Prego Fawn, accomodati pure >> replicò immediata, senza esitazioni. Non arrabbiata, non stizzita, bensì piuttosto ironica nel timbro. Ormai si era abituata a quelle intrusioni. Appartenevano al difficile ruolo di coinquilina. Non poteva fare nulla per fermarle. Certo, inizialmente ci aveva provato, spinta dalla necessità di avere i suoi spazi. Lamentele, cartelli affissi alla porta, persino biglietti sparsi per l’intero appartamento. Tutto inutile. Fawn ed Allison non volevano saperne di collaborare. Specie la Grifondoro, che spesso si divertiva a sfruttare o accampare scuse per intrufolarsi. Quando ne aveva voglia, chiaro. Pian piano, Cassie aveva finito col rassegnarsi alla faccenda. Era sciocco sprecare energie in banali discussioni. Aveva di meglio da fare. Perciò era giunta al compromesso che sì, almeno in casa, poteva sopportare quel disturbo. Sforzarsi di essere una persona socievole. E in fondo, sebbene lo negasse, rifugiandosi dietro a motivazioni razionali, non si trovava poi così male. Persino i vari battibecchi, le numerose rimostranze, rappresentavano più una consuetudine che non un reale fastidio. << Dammi qualche secondo per finire questo esercizio. Devo risolverne dieci. Adesso sono al terzo. Se mi fermo, poi dovrò ricontrollare dall’inizio, perdendo altro tempo >> spiegò in maniera assorta, ricominciando a scrivere sul foglio. Questione di priorità. Nell’ottica di Cassie, prima veniva l’apprendimento, poi il resto. Ovvero una zona ristretta, dai contenuti indefiniti, alla stregua di una leggenda. Insomma, il suo mondo ruotava attorno all’impegno accademico. In confronto, anche una compagna in difficoltà, tendeva a cadere in secondo piano. E allo stato attuale, Fawn non era vittima di alcuna crisi, quindi poteva attendere. << Ma tu continua pure a parlare e a saltellare. Tanto non mi disturbi >> aggiunse con palese sarcasmo, liberando un sospiro rumoroso e prolungato. “Fai come se fossi nella tua stanza”, la rimbeccò il suo cervello, inducendola a spingersi gli occhiali sul naso. Aggrottò la fronte, facendosi più concentrata, aumentando la velocità della penna. Alla faccia dei precedenti timori. No, non sembrava turbata dalla complessità del compito, semmai il contrario. Inoltre, a discapito delle sue parole, già sapeva che avrebbe ricontrollato. Tanto per mettersi la coscienza a posto. << Ok, ho fatto! >> esclamò dopo lunghissimi minuti di silenzio, interrotti solo dal ticchettare della sua coinquilina. Si drizzò bella soddisfatta, voltandosi verso la ragazza, in contemporanea al suo trionfo. << Complimenti, sei riuscita a metterlo! >> non nascose una nota perplessa, portandosi qualche ciocca bionda dietro alle orecchie. << Stai migliorando i tuoi tempi >> mosse un rapido cenno d’assenso, schioccando la lingua contro il palato. Non lo stava dicendo tanto per dire. Si trattava di un dato di fatto. D’altronde, quello non era il primo spettacolino a cui le toccava assistere. Il minimo che poteva fare per rendere meno noiosa la scena, era contare i secondi che trascorrevano, fornendo eventuali pareri. << Hai fatto le pulizie? Ottimo! >> inarcò un sopracciglio, mordendosi la lingua per risparmiarle il terzo grado. La Corvonero era fissata con la pulizia e l’ordine. Infatti, la sua stanza era splendente e perfettamente organizzata. Lo stesso trattamento che pretendeva per gli ambienti in comune, a costo di riassestarli lei stessa. Non a caso, aveva il vizio di accertarsi dell’operato altrui, a scopo preventivo. << Ah, giusto: la cena. Non cucinare. Allie torna stasera - ti ricordi che era andata dai suoi, no? - e quindi faccio anche un salto a Londra e prendo qualcosa al cinese. Offro io. Non dirle niente, altrimenti salta la sorpresa di bentornato. E poi dobbiamo aggiornarla su quel che è successo all'assemblea: indorare la pillola con del buon cibo, a me sembra il minimo che possiamo fare a questo punto. >>. Ruotò la nuca davanti a sé, indirizzando la visuale verso un calendario appeso al muro. << Sì, mi ricordo di Allie, la nostra coinquilina che è andata a trovare i suoi genitori. Non sono cieca e non ho problemi di memoria! >> borbottò piccata, allungando un dito per indicare l’annuncio segnato sull’agenda. Emise uno sbuffo lamentoso, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla Grifondoro. << Va bene, ho capito. Compri il cinese per farle una sorpresa. Non le dirò niente. Abbiamo finito? Devo tornare agli esercizi >> ricapitolò abbastanza in fretta, quasi con noncuranza, facendo un cenno alla sua postazione. Ok, non sembrava particolarmente entusiasta, ma era contenta della notizia. Alla sua maniera, s’intende. Cioè con parecchio distacco. << Che dici, sto bene? Sì? Ok, comunque era tutto. Ci vediamo dopo. Scappo! >>. La guardò dall’alto al basso e viceversa, scrollando delicatamente le spalle. << Certo, stai bene. Come sempre. Ora vai! >> una risposta istintiva, meccanica, standard di fronte a commenti su look e abbigliamento. Non era il suo campo, dunque non le interessava. Gli occhi la seguirono nei movimenti, osservandola uscire. Attese un paio di minuti, impalata in mezzo alla stanza, per poi accostare lo stipite e tornare alle sue mansioni.

    Fu una ripresa di breve durata, interrotta dal suono del campanello. Si affrettò a raggiungere l’ingresso, gettando una sbirciata dallo spioncino e spalancando l’uscio. << Ciao Allie! Bentornata! >> salutò allegra, distendendo le labbra in un sorriso spontaneo. Si sporse addirittura in avanti, esibendosi in un fugace quanto goffo abbraccio. Un gesto di portata eccezionale, riservato a pochissimi elementi. Un esiguo gruppo di persone, che non contava neppure i suoi genitori. Chissà, forse era una cosa esclusiva, limitata alle due coinquiline. << Forza, entra! >> si staccò di slancio, scostandosi di lato, invitandola ad entrare. Fine della dimostrazione affettuosa. << Fawn è fuori per delle commissioni. Tornerà prima di cena >> dichiarò convinta, contemplando prima la sagoma di Allison e poi le sue borse. << Bene, immagino che tu voglia disfare i bagagli…>> poteva sembrare una proposta, ma non lo era. Purtroppo, si era già disegnata il suo programmino, senza interpellare la diretta interessata. << Perciò ti lascio alle tue faccende >> cominciò ad incamminarsi verso il suo alloggio, saltando il frangente in cui si offriva di darle un aiuto. O quello in cui s’informava sulle sue condizioni. Non era nelle sue corde. Non al momento. Doveva ancora concludere le prove. << Noi ci vediamo dopo, quando torna Fawn. Così ci racconti com’è andata >> nessun imbarazzo, nessun dispiacere, nessun tentativo di voler rimediare. Dopotutto aveva fatto la sua parte, comportandosi in maniera gentile. << D’accordo, allora vado a finire le mie cose. Sono proprio contenta di vederti! >> sparì nel suo nascondiglio, dove rimase fino al richiamo di Fawn. << Partridge! LA CENA! >>. Impossibile non sentirlo. Fortunatamente, aveva terminato gli esercizi. << Arrivo! >> la voce acquistò una tacca di volume, mentre si concesse qualche attimo per sistemare il materiale. << Eccomi, ci sono! >> sbucò di getto, raggiungendo le compagne. Lo sguardo scivolò su entrambe, soffermandosi infine sulla sacca contenente il cibo. << Ti aiuto >> annunciò con apparente innocenza, tendendo le mani al sacchetto e iniziando a collaborare. Una mossa strategica, finalizzata a constatarne il contenuto, per assicurarsi che ci fosse tutto. In caso contrario, l’avrebbe prontamente sottolineato, facendone un affare di stato. << Fawn ha pensato di farti una sorpresa, comprando il cinese per festeggiare il tuo ritorno >>. Fawn, ovvio, poiché lei non ci aveva mica riflettuto sopra. Feste, regali, pensieri, esulavano dal suo stile. Normale amministrazione. Convivere, implicava il tollerare anche le sue mancanze. << Quindi come stai Allie? >> si ricordò di chiedere alla fine, leggermente in ritardo sulla tabella di marcia. Meglio tardi che mai.
     
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  3. strawberry fields.
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    Uno dei maggior difetti di Allison Jenkins era la completa e totale assenza di capacità nel dire la parola “no”. Era sempre stato così, fin da quando aveva memoria. Allie, puoi andare volontaria domani all’interrogazione di Pozioni? Ma certo. Jenkins potresti passarmi gli appunti di Rune Antiche? Non c’è problema. Ho bisogno che tu mi copra! Stasera esco con Kevin. Ma è naturale! A volte si era praticamente fatta in tre per riuscire a compiere tutti gli impegni che si era presa, solo perché non era riuscita a declinare la proposta. Era chiaro che si sarebbe fatta convincere dai suoi genitori a partecipare al settantacinquesimo compleanno di suo nonno. Aveva deciso di andare via da scuola qualche giorno prima. Se proprio doveva prendersi una pausa era giusto fare le cose per bene. Inoltre avrebbe avuto un po’ di tempo da passare con mamma e papà. La tenuta di Richard ed Emily Jenkins si trovava a Liverpool, appena fuori dalla città, arroccata in una collinetta lontana dagli occhi indiscreti. Allison aveva sempre reputato esagerato quel gusto sfarzoso di cui trasudava ogni centimetro di quella casa. A quanto aveva capito c’era una sorta di sfida silenziosa tra nonna Emily e le sue amiche. Vinceva chi più volte era in grado di far rimanere a bocca aperta le altre. Come in un torneo di scherma, dopo una scoccata ne arrivava un’altra, più maestosa. Chissà a quale provocazione doveva rispondere la nonna quando aveva dato l’ordine di impiantare quella fontana in giardino. Se le avessero chiesto di descriverla con una sola parola la Jenkins probabilmente avrebbe usato “imperiosa”. Sarà stata alta circa due metri e mezzo e in marmo bianco. Rappresentava un trancio di dipladenia rampicante i cui fiori si aprivano e si chiudevano. Da altri che restavano aperti fuoriusciva un piccolo getto d’acqua. La cosa strabiliante era che appena credevi di averla vista tutto subito spuntava fuori un altro particolare che ti faceva rabbrividire. C’erano farfalle che muovevano le loro ali qua e là, coccinelle che si muovevano in fila indiana, c’era persino un picchio dentro un buco nel tronco. Era una delle cose più strane che avesse mai visto. Chissà cosa avevano detto le amiche della nonna davanti a quella.. cosa! Chissà cosa aveva detto il nonno. Oh, probabilmente niente, in realtà. Richard Jenkins doveva essersi ormai abituato a quei treni che partivano continuamente nella mente della moglie. Forse era questo il segreto di un matrimonio duraturo: imparare a mandar giù. «Allora come vanno le cose al College, tesoro?» Suo nonno era seduto a capotavola e la stava fissando, aldilà dei suoi occhiali rotondi dalla montatura sottile. Aveva un sorriso ammirato. Era strano come i nonni stravedessero per lei nonostante quello che era successo. Quando Luke, il giovane rampollo di casa Jenkins, aveva deciso di sposare Lizbeth, una babbana, i genitori di lui avevano fatto di tutto per mettersi tra di loro. Ma Luke era testardo e poco gli importò quando gli dissero che l’avrebbero escluso dall’eredità. Quando Allison nacque, per Emily e Richard fu amore a prima vista. Luke non le aveva mai vietato di vederli, né di volergli bene. E i nonni lucidavano come un diamante grezzo quella bambina che subito aveva dimostrato una grande predisposizione verso lo studio. Questa bambina diventerà qualcuno di importante, un giorno. Richard ne era estremamente convinto. «Molto bene. I corsi sono tutti molto interessanti. Qualche pomeriggio vado a fare tirocinio in una stampa locale. Ho delle coinquiline fantastiche. Sono sempre a battibeccare tra di loro, ma perlomeno non mi annoio mai.» Allie posò la forchettina accanto alla fetta di torta mangiucchiata. Stava per esplodere. Le dicevano sempre che era troppo magra e che non aveva le curve che una donna dovrebbe avere. La verità era che la piccola Jenkins impazziva per il cibo, ma il suo metabolismo funzionava quasi come un inceneritore. «Hai sentito, Richard? La nostra bambina diventerà una giornalista famosa!» Allison sorrise, abbassando lo sguardo. «Quando tornerai a scuola?» «Domani sera, verso l’ora di cena.» Aveva dei programmi per il giorno dopo. Voleva stare con i suoi genitori, prendere un caffè all’anice in quel bar che le piaceva tanto, lungo il Tamigi. «Tornerai presto a trovarci, vero tesoro?» Allison li guardò, prima sua nonna e poi suo nonno. Se li osservava bene, poteva leggere nei loro occhi un mucchio di aspettative che loro possedevano nei suoi confronti. Per un attimo si sentì soffocare da tutta quella pressione. «Certo. Certo che tornerò.» Ed era vero.

    << Ciao Allie! Bentornata! Forza, entra! >> Nonostante fosse palese che la bionda Cassie non fosse una campionessa mondiale di abbracci, apprezzò vivamente il gesto della ex compagna di Casata. Non appena mise un piede dentro casa, subito l’istinto la portò a guardarsi intorno, cercando anche solo un minimo segno di disgrazia. Sembrava tutto a posto. Per fortuna Cassie e Fawn non avevano trasformato casa in un campo di battaglia. Forse piano piano stavano imparando ad andare sempre più d’accordo. Si mosse piano, quasi cercando di non fare rumore, quasi per paura che tutta quella calma apparente potesse andare in frantumi da un momento all’altro. «Ciao Cassie.» le rivolse un sorriso, posando il trolley a terra. << D’accordo, allora vado a finire le mie cose. Sono proprio contenta di vederti! >> «Anche io..» Ma quando si voltò per dirle questa frase, la chioma bionda della coinquilina stava scappando via, in direzione della sua camera. A qualcuno forse sarebbe sembrato un gesto poco carino, ma non per Allison. Ormai conosceva abbastanza bene la Partridge per poter affermare che non ci si poteva affatto mettere tra lei e lo studio. Per nessuna ragione. Se in casa fosse scoppiato un incendio il giorno prima di un importante esame, probabilmente lei e Fawn avrebbero dovuto portare Cassie in braccio fino all’uscita. Magari non se ne sarebbe neanche accorta. Si trascinò nella sua stanza e decise di farsi una doccia.
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    A quanto aveva capito la Byrne non sarebbe tornata prima di cena, quindi tanto valeva rilassarsi un po’. Si sentiva stanca, ed appiccicaticcia. Il viaggio in treno sembrava essere durato un’eternità. Inoltre le sembrava di sentirsi ancora addosso lo sguardo dell’uomo di mezza età seduto qualche posto più in là. Aveva decisamente bisogno di sciacquarsi tutto ciò di dosso. Le era mancata quella casa, le erano mancate le sue coinquiline, la scuola. Fin da piccola Allie era sempre stata appiccicata ai genitori e il distacco, quando aveva cominciato Hogwarts, era stato qualcosa che l’aveva dilaniata dall’interno. In tutti quegli anni sentiva di aver acquistato una buona indipendenza. Come una bambina, aveva mosso i primi passi nel mondo degli adulti, e a dirla tutta la cosa le piaceva. Aveva appena finito di cambiarsi quando sentì qualcuno borbottare di fronte alla porta chiusa. Riconobbe immediatamente quella voce. Aprì la porta ed eccola lì! Fawn aveva così tante buste in mano che pareva un’equilibrista. « Nooo, eccoti! » «Ehi!» Ricevette il secondo abbraccio da quando era tornata. Come si faceva ad aver paura in un posto così? In un posto che si poteva chiamare casa. Aiutò l’amica con le buste e le posò su una delle sedie intorno al tavolo. « Com'è andata dai tuoi? » Allie alzò le spalle, storcendo il labbro in una specie di sorriso. «Bene, tutto sommato. Avevo voglia di passare un po’ di tempo con i miei. Ieri sera ho avuto il compleanno di mio nonno. Io gli ho regalato un libro e lui e mia nonna mi hanno regalato un vestito. Ti rendi conto? Un vestito. E, wow, devi vederlo. “Scollato” è un termine riduttivo, sai? E poi continuavano a propormi feste dell’Astra come se niente fosse. Le lanciavano in mezzo alle discussioni, così, quasi a caso. Oh, ma lo so cosa vogliono. Vogliono che mi trovi un bel e ricco partito per cui possano vantarsi con i loro amici. Immagino vogliano ritirare su la nomea dei Jenkins..» Diede una rapida occhiata a ciò che la Fawn aveva posato sopra il tavolo. « Ma Cass? Non dirmi che si è rintanata in camera a studiare... io boh. Partridge! LA CENA! » Allie socchiuse appena gli occhi quando Fawn si mise a gridare. Era tutto decisamente diverso dal tenore di cena alla quale aveva partecipato la sera precedente. Ma sapete una cosa? Preferiva di gran lunga questo. « Se ci mette più di due minuti, mi sento autorizzata a sfondarle la porta. Con tutto l'affetto del mondo, s'intende. » «Accordato, generale. Anche perché ho decisamente una gran fame.» La bionda non si fece attendere a lungo. << Eccomi, ci sono! >> Cominciò anche lei a trafficare con le buste di plastica portate in casa dalla Byrne e ciò che vide riempì di gioia il cuore della Jenkins. << Fawn ha pensato di farti una sorpresa, comprando il cinese per festeggiare il tuo ritorno >>. «Amo mangiare cinese.» Era vero. Ogni volta si sentiva come una bambina il giorno di Natale. << Quindi come stai Allie? >> Alzò leggermente le spalle. «Bene. Stanca e un po’ provata dal viaggio, ma bene. Stavo appunto dicendo a Fawn che ho dei sospetti sul fatto che i miei nonni vogliano farmi far coppia con un figlio di qualche riccone del loro circolo. Ma dico.. Mi vedete così vecchia? Sono in ritardo sulla tabella di marcia? Ho forse qualche colpa se nella mia famiglia hanno deciso tutti di sfornare figlio da giovanissimi mentre io no?» Tirò fuori la bacchetta dalla tasca, agitandola appena. I bicchieri, dalla dispensa, andarono a sistemarsi sul tavolo, nei tre posti dove le ragazze erano solite mangiare. «E qui? E’ successo qualcosa? Ci siete andate a quella riunione?» Finì di riempire la caraffa dell’acqua e la sistemò. Rivolse alle ragazze un gran sorriso. Era tornata. Ed era felice.

     
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