Cold Hearted

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  1. _evans_
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    Hogwarts era esattamente come l'aveva immaginata per tanto tempo dai racconti di sua nonna, la quale decine di anni prima aveva varcato la soglia del castello magico per eccellenza della Gran Bretagna. Beauxbatons era sì una delle scuole di magia più prestigiose al mondo, ma Morgana aveva dimostrato fin dal primo giorno una tremenda e insuperabile mal sopportazione nei confronti di qualunque cosa avesse a che fare con quella che lei definiva "la scuola delle fate", dalla divisa turchese -non era neppure certa che fosse realmente quella la sua tonalità- alle movenze danzanti di tutti coloro che erano fieri di definirsi allievi dell'istituto.
    Perfino il francese le dava il volta stomaco, motivo per cui fu ben lieta di poter smettere di parlarlo una volta giunta a Hogwarts.
    Come si aspettava fu smistata tra i Serpeverde, unica Casa che fin da piccola l'aveva affascinata per i valori che muovevano i suoi esponenti. Morgana aveva alcune qualità, ne era ben consapevole, ma molti più difetti e questi ultimi si abbinavano alla perfezione alle vesti verdi-argento che spiccavano addosso ai figli di Salazar.
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    Quello era il secondo anno che la strega trascorreva tra le mura del castello e, per quanto si sentisse più a casa lì che nella dimora degli Evans a Dublino, non avrebbe saputo dire quanti legami avesse stretto fino a quel momento. Non poteva affermare di aver instaurato vere e solide amicizie, non aveva un ragazzo e più della metà dei professori non le andava propriamente a genio, cosa che la portava spesso a rispondere in maniera sconsiderata e, conseguentemente, a finire in punizione.
    Ciò che la salvava costantemente dalle ire degli esponenti della sua Casa era, per l'appunto, la sua innata capacità nel cavarsela sempre e comunque; nonostante non fosse profondamente dedita allo studio, infatti, riusciva ad avere una media tutto sommato soddisfacente -più che soddisfacente, a dire il vero- motivo per cui nessuno aveva mai troppo da ridire su di lei.
    Tuttavia, non appena aveva l'occasione di sfuggire al controllo perentorio del castello, la mora si rifugiava nel vicino villaggio di Hogsmeade, in quello che era divenuto il suo rifugio preferito. Quel giorno la Stamberga Strillante svettava inquietante e accattivante nel cielo tutt'altro che terso e limpido della Scozia, piuttosto minaccioso e grigio.
    I primi tuoni non tardarono ad arrivare, e la ragazza se ne accorse mentre inspirava la seconda boccata di fumo dalla sigaretta che reggeva delicatamente tra indice e medio della mano destra; aveva le ginocchia raccolte vicino al petto, il braccio sinistro poggiato su di esse e gli occhi chiusi, pienamente soddisfatta di ciò che si stava godendo in un tardo sabato pomeriggio, con il sole che ormai svaniva al di là dell'orizzonte.
    I rumori ambigui della Stamberga non la spaventavano più da un pezzo, al contrario la rasserenavano, poiché fino a quando poteva percepirli era certa che non vi fosse nessuno oltre a lei in quella casa diroccata. Molti le avevano spesso concesso il titolo di "coraggiosa", ma lei era piuttosto certa che non vi fosse nulla di coraggioso nell'entrare in una casa vuota e in rovina, quanto più stupidità.

    I'm not afraid of ghosts,

    Non vi si recava poi molto spesso, ma quando aveva bisogno di pace e tranquillità quello era l'unico posto in cui era in grado di trovarle.

    I'm not afraid of sharks,
    I'm not afraid of cancer.


    Riaprì gli occhi dalla tonalità dello smeraldo, puntandoli al di fuori della finestra contro cui era poggiata con la spalla destra; se qualcuno le fosse stato abbastanza vicino, avrebbe potuto scorgere delle venature grige all'interno di quelle iride tanto luminose, tratto caratteristico della famiglia di suo padre e identiche a quelle di sua nonna. Eppure, nessuno era mai stato tanto folle da avvicinarsi fino a quel punto.

    I'm just afraid of snakes!
    They really creep me out,
    where are their arms and legs?


    D'altro canto, spesso le veniva detto di somigliare a un fiore data la sua bellezza, ma per lei era chiaro essere il serpente sotto di esso.

    It's not okay.
     
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    « Merda, merda, merda. » Borbotta un piuttosto concitato Sebastian, mentre le prime gocce lo raggiungono, bagnandogli il viso. Tutto si aspettava tranne che avrebbe piovuto, alla fine, in quel sabato pomeriggio. Certo, le nuvole nere che andavano via via facendosi sempre più nere, sarebbero dovute essere un chiaro segnale per lui. O anche il forte vento che, durante la sessione di skating, gli aveva sferzato il viso con talmente tanta violenza da fargli credere di avere dei profondi tagli lungo le guance, avrebbe dovuto far scattare il campanello d'allarme nella testa del giovane Grindelwald. Ma niente. Il suo animo speranzoso e proiettato sempre verso il mondo dei sogni aveva continuato a pensare che il tempo avrebbe resistito abbastanza da fargli finire le sue due orette di skate. Povero ingenuo. E mentre i tuoni si fanno sempre più insistenti e ritmati, anche i primi fulmini decidono di fare il loro ingresso trionfale, costringendo il moro a trovare un'immediata soluzione. Si guarda intorno, mentre si tira su il cappuccio della felpa, che non basta a ripararlo del tutto, fin quando lo sguardo bicolore non individua la Stamberga, poco lontano, sulla piccola collinetta alle sue spalle. Prende a correre, con la tavola sotto un braccio, la tracolla sull'altro e i jeans che si inzuppano d'acqua, ogni metro che fa. Il respiro si fa sempre più corto, fin quando non riesce ad arrivare oltre la porta sgangherata della casetta più infestata d'Inghilterra. Almeno, a quanto dicono le voci, perché io qua dentro non c'ho mai trovato nulla. Lascia scivolare via il cappuccio, mentre decide di rimanere lì fin quando non spioverà abbastanza per tornarsene di gran filata al castello. Ho con me il portatile, potrei ritoccare qualche foto nel frattempo si dice, mentre scrolla la criniera riccioluta, con alcune goccioline che vanno a liberarsi nell'aria. Decide di salire al piano di sopra, lì dove Apple insieme a Brandon avevano risistemato il salotto per renderlo più confortevole per chiunque decidesse di sostarvi. Sta già pensando alla meravigliosa birra che si prenderà dal mini frigo che è stato appositamente inserito nell'arredamento della Stamberga, risalendo le scale sinistramente cigolanti, quando sente una voce femminile provenire da sopra. Una voce che canta. Così, ora spinto anche dalla curiosità, sale gli ultimi gradini, cercando di fare meno rumore possibile, per poi piazzarsi dietro la porta, come la migliore delle comari di paese, con l'orecchio ben teso, pronto a captare ogni minimo suono che provenga da dietro il legno. I'm just afraid of snakes! They really creep me out, where are their arms and legs? Aggrotta le sopracciglia, cercando di capire dove ha già sentito quel simpatico motivetto che la ragazza continua a canticchiare, fermandosi di tanto in tanto, in quelle pause tipiche di chi sta fumando, nel frattempo. E' mentre ripensa assorto al perché conosce quella canzoncina che non si accorge di essersi appoggiato con tutto il peso alla porta. Questa si apre, di colpo, e lui sta quasi per cadere a faccia in avanti, dritto dritto sul pavimento, se non fosse che riesce a riprendersi aggrappandosi ad una seggiola, poco distante. Beh, che dire? Grandissima figura di merda, non c'è che dire. Si schiarisce la voce, fingendo totale indifferenza in ciò che è
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    appena accaduto. Mette su un gran sorriso e guarda la ragazza che è alla finestra. « Beh, buon pomeriggio. Giornata davvero terribile, non trovi? » Prima regola per uscire dal disagio più totale: essere disinvolto e ostentare quanta più sicurezza possibile nello spostare l'attenzione altrui su un campo nettamente più neutro. Fissa per qualche secondo la ragazza, aggrottando le sopracciglia. L'ha già vista in Sala Comune, un paio di volte e abbastanza certo che sia più piccola di qualche anno. « Mi dispiace averti disturbato..ovviamente non stavo mica origliando, ti pare? » Inserire qui la risata nervosa che fuoriesce dalle labbra del moro, a cercare di coprire l'imbarazzo evidente che lo anima. « Però, visto che non stavo assolutamente origliando..stavi per caso cantando la Snake song? » La stessa canzoncina per cui suo fratello ha avuto una fissa epocale quando aveva sette anni, tanto da cantarla giorno e notte, fino al più totale sfinimento mentale suo e di sua madre. Si ritrova a sorridere, facendosi avanti nello spazio che vi è tra di loro. Appoggia la tavola da skate a terra e la tracolla su un divanetto, prima di voltarsi nuovamente verso di lei. « Fuori sta piovendo troppo per rientrare al castello. Ti dispiace se.. ? » Non conclude la frase, sapendo di essersi dato già da solo il permesso di rimanere lì con lei. In fondo è uno spazio comune, questo. Si stringe nelle spalle, avviandosi verso il piccolo frigo, incantato magicamente per entrare dentro un vecchio mobile di legno. « E' un segreto che non dovrai mai svelare a nessuno. » Le lancia un occhiolino, prima di accasciarsi sulle ginocchia, per frugare meglio al suo interno. Trova una birra per sé, per poi mostrarla alla mora. « Ne vuoi una? » Domanda, istintivamente, prima di bloccarsi. « No, aspetta - la guarda, con sguardo interrogativo -..non voglio offrire alcol a minori. Sarei penalmente perseguibile. Quanti anni hai di preciso, scusa? »
     
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  3. _evans_
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    Nonostante amasse definirsi una persona decisamente ordinaria, era difficile ritenerla tale quando si andava a sfiorare il campo delle preferenze personali. Parliamo del tempo, ad esempio: se alla gente normale piacevano le giornate di sole, lei optava per la pioggia; se le persone bramavano la quiete dopo la tempesta, lei amava la tempesta.
    Le era capitato spesso di sentire i propri genitori lamentarsi della pioggia che, maligna e irrefrenabile, batteva sui vetri della grande casa di famiglia, impedendo alla piccola di uscire e costringendo sua madre a darle più retta di quanto non avrebbe voluto; lei, di tutta risposta, si chiudeva nella mansarda dove i suoi non mettevano mai piede -troppo polverosa, nonostante le numerose cameriere che si occupavano di far brillare la fortezza da cima a fondo.
    Lì, con il viso sollevato verso il cielo e gli occhi che cercavano di distinguere la luna attraverso il vetro del lucernario, la piccola Morgana tirava un sospiro di sollievo, abbassando le palpebre per godersi quella piacevole sensazione data dal profumo della pioggia, che prepotente si infiltrava dalle fessure delle finestre, e dal rumore delle gocce violente contro la superficie di vetro.
    Era sempre stata un po' particolare, fin da bambina. A lei i tuoni non facevano paura, al contrario, le piacevano talmente tanto da spingerla a rifugiarsi spesso in quella mansarda di notte, incurante del buio della casa e dei rumori sinistri che provenivano da quella stanza abbandonata. Le ombre, i cigolii, nulla di tutto questo le aveva mai fatto paura, poiché fin da piccola aveva compreso che ciò che si deve realmente temere si trova in piena luce del sole, a volte da chi meno c'è da aspettarselo.
    Forse era per quello stesso motivo che la Stamberga non l'aveva mai spaventata. Per lo stesso motivo, probabilmente, si sentiva tanto a proprio agio a suo interno; in fondo, non era poi tanto diversa da quella sua vecchia e stretta mansarda.
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    Un rumore alla sua destra la distolse da quei pensieri tanto nostalgici e la costrinse ad afferrare la bacchetta che aveva poggiato sul mantello al proprio fianco, puntandola verso la persona che faticò un po' a mantenere l'equilibrio.
    La ragazza inarcò un sopracciglio nell'osservarlo, nel mentre la sigaretta era caduta sul pavimento e quando Morgana se ne accorse si limitò a passarvi sopra un piede, spegnendola definitivamente.
    «Terribile, dici? Non direi. Non fino ad ora, per lo meno.»
    La mora rivolse uno sguardo incerto al ragazzo aggrappato alla seggiola che, ne era certa, a breve sarebbe crollata sotto il suo peso. Ma non disse nulla, limitandosi ad abbassare la bacchetta e rimettersi seduta; aveva riconosciuto il compagno di Casa nonostante non frequentassero la stessa classe, e non pensava di aver motivo di stare sull'attenti.
    Alla sua successiva affermazione e conseguente domanda, Morgana si limitò a trattenere un sorriso divertito mentre puntava nuovamente lo sguardo verso ciò che stava accadendo fuori da quella finestra diroccata.
    «Non stavi origliando, eh?» Tentò di restare seria, ma era talmente rilassata quel giorno che decise di voler continuare su quella strada: si lasciò scappare una lieve risata e spostò lo sguardo smeraldino verso il volto del ragazzo che, a dire il vero, non conosceva affatto se non di vista. Non sapeva neppure il suo nome.
    «Deve essere stato uno spettacolo orrendo, mi dispiace: non sono affatto intonata.»
    Morgana notò in quel momento lo skate del ragazzo -non ne aveva mai avuto uno, i suoi lo ritenevano un mezzo tutt'altro che adatto a una signorina del suo calibro- e si limitò a scuotere il capo alla domanda del giovane che, resosi conto di non essere in una proprietà privata, fece come se nulla fosse.
    In verità, non seguì il moro con lo sguardo quando lo vide avviarsi verso un punto apparentemente preciso della stanza, ma il suo avvertimento lo attirò, insieme all'attenzione della serpe: a quanto pareva quel posto era più attrezzato di quanto avesse immaginato.
    Quando il ragazzo le offrì una birra, Morgana fece appena in tempo a schiudere le labbra per rispondere, prima che lui ritirasse quella magnanima proposta, cosa che le fece curvare gli angoli della bocca verso l'alto ancora una volta.
    «Che ragazzo leale... sicuro di essere finito nella Casa giusta?» Lo provocò avvolgendo le ginocchia in un abbraccio e poggiando il mento su di esse, senza però smettere di osservare il giovane e ciò che sembrava avere in mente di fare.
    A quanto pareva, date le sue intenzioni e il diluvio che non pareva aver voglia di cessare, i due avrebbero trascorso un po' di tempo insieme e questo implicava due alternative: restare nel più completo e imbarazzante silenzio o, cosa in cui la mora non era affatto brava, lasciarsi travolgere da una qualche conversazione sul più inutile degli argomenti.
    Magari ne sarebbe venuto fuori qualcosa di interessante, no?
    ...
    «Diciamo solo che non ho voglia di bere.» Almeno lo aveva tolto da qualsivoglia impiccio.
    «Non ti denuncerò, tranquillo, ma...» Piegò il capo di lato, mentre lo sguardo vagava divertito dal ragazzo al mini frigo ben nascosto alla vista degli ignari. «Ora mi devi un favore.»
    Non diceva sul serio.
    O sì?
     
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