Rhythm of the night

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    Cosa fa un Sebastian Grindelwald qualunque quando ha appena deciso di fare un uscita ufficiale con quella che, presumibilmente parlando, potrebbe ritenere la sua fidanzata? Si dispera, in preda al più totale panico. Si volta e si volta ancora, continuando a camminare in lungo e in largo nello spazio libero di fronte ai baldacchini della sua camera. « Boh, e se la portassi in un posto che le fa letteralmente schifo? Carina e gentile com'è, fingerebbe pure di starsi divertendo per tutta la sera. » Riprende a blaterare, con gli occhi bicolore sgranati e la faccia da pazzo impallato. Randy, dal canto suo, scuote la testa, piuttosto divertito nel vederlo in quella situazione. Una situazione piuttosto nuova e recente, a dire il vero. E' cominciato tutto con dei mi piace tattici su instagram, niente di troppo pretenzioso, ma abbastanza azzeccato da riuscire ad aprire una breccia piuttosto consistente, trasformando i mi piace in qualche DM più coraggioso e spavaldo e lentamente, il resto era venuto da sé. Ma non c'era mai stato un vero e proprio appuntamento pubblico, ufficiale a tutti gli effetti, un qualcosa che confermasse visibilmente quello che poteva essere nient'altro che un intrallazzo, fino a quel momento. « O ancora peggio..se non volesse farsi vedere in giro con me? » Occristo, questa non l'avevo valutata. Non mi è passata nemmeno per l'anticamera del cervello. « Seb, caro, devo girare uno spinello per farti calmare? » La richiesta del biondo arriva tagliente e affilata, tanto da riuscire a far sorridere il giovane Grindelwald. « Cioè, mi sembri tuo fratello Jesse alle prese con la Mavor. E non è un complimento, lo sai bene. » I loro sguardi si incontrano, per qualche istante, prima di scoppiare a ridere in contemporanea. « E' la cosa peggiore che potessi dirmi. » Risponde, mettendosi a sedere sul proprio letto, per poi rialzarsi subito, quasi avesse una molla sotto il sedere. « Ma hai ragione. E' solo che vorrei che non si annoiasse.. » ..che stesse bene, ecco. Si mordicchia il labbro inferiore, sentendosi estremamente ridicolo e allora appoggia la testa contro l'asse verticale del baldacchino. « Ovunque la porterai, sappiamo entrambi che trasformerai tutto in un enorme circo grazie alla tua eterna e aggrazziata goffaggine. Non avrà nemmeno il tempo di pensare ad annoiarsi che sarà troppo presa ad asciugarsi le lacrime dal troppo ridere. » Si è mai sentito così insicuro con una ragazza? Probabilmente no e le parole dell'amico riescono a rincuorarlo, perlomeno in parte, tanto da strappargli un sorriso. « Sei riuscito pure a farmi sentire uno stupido. Grandioso. » Dice, lanciandogli un'occhiata mentre si avvia verso il proprio baule, lì da dove tira fuori lo skate. « Vabbè, vado a farmi un giretto, prima di improfumarmi per stasera. » E' più sciolto nello scherzare ora che è anche più tranquillo. « Prima di andare, dato che volevi un consiglio, sono magnanimo e uno voglio dartelo. » Il moro si ferma sulla porta, guardando il biondo. « Attento alla Scott che voci di corridoio dicono abbia già un piano tutto suo per far fuori la dolce americana. »

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    Puntuale come un orologio svizzero, con addosso un paio di jeans, una maglia a maniche corte e l'immancabile giacchetto di jeans imbottito, è sotto la nuova casa di Azura che passeggia, avanti e indietro, con la tracolla che batte di tanto in tanto contro il suo fianco. Le ha mandato un messaggio per dirle di scendere e da quel momento si è perso all'interno degli account di fotografia magica. Sogna talmente ad occhi aperti, leggendo info su pellicole che non potrà mai permettersi nemmeno tra tre vite, di macchinette fotoniche che rendono la vita di un fotografo nettamente più semplice, che non si accorge della presenza della bionda fin quando una ciocca dei suoi capelli svolazza dentro il suo campo visivo. « Oh, ma buonasera. » Il sorriso si apre automaticamente sul suo volto, mentre si abbassa di alcuni centimetri con il capo per arrivare a coprire le labbra di lei con le proprie. Un bacio veloce, che ha ancora il sapore del sorriso di pochi istanti prima. Si scosta giusto quei pochi centimetri, mordicchiandosi il labbro inferiore nel contemplarla per qualche istante. « Forse dovrei smetterla di stupirmi del fatto che ogni giorno sei più bella. » Sussurra, come se niente fosse, nella sua estrema onestà, prima di scivolare accanto a lei per dirigersi verso il centro del villaggio. « Allora, voglio sapere tutto del tuo sabato costretta dentro quelle quattro mura del Quartier Generale. » Un sabato davvero di merda, a prima vista. Il suo, d'altro canto, è stato all'insegna della fotografia e sessioni di skate con Quentin ad un piccolo park che si sono creati, appositamente, poco lontano dalla Foresta Proibita. A volte, quando lei gli racconta dei suoi studi, di quanto sia impegnata nel crearsi un futuro solido e pieno di aspettative, lui si sente rimpicciolire, sapendo perfettamente di essere quel tipo di ragazzo che non sa cosa farà l'indomani, figuriamoci il dover pensare quali obiettivi raggiungere a lungo termine. Così, solitamente, si interessa ai suoi sogni, alle sue giornate, senza parlare troppo della propria vita piuttosto fallimentare. « Dimmi che avete avuto nuovamente combattimento e sei riuscita a mettere k.o. quel deficiente di Thompson. » Lo stesso cretino che le aveva tirato una gomitata in faccia, la settimana prima, da averle lasciato un livido sullo zigomo per dei giorni. Camminando e parlando, arrivano lentamente al Toyland, talmente luminoso e colorato dall'esterno, da palesare la sua presenza da chilometri di distanza. E' infatti lì che ha deciso di portare Zura. Un po' per staccare, un po' per mostrarle la parte più goliardica e bambinesca di sé, in quei primi baby step della loro reciproca conoscenza. « Spero però tu non sia talmente stanca da non poterti godere un po' di sano divertimento. » Alza le sopracciglia, ritmicamente, con gli occhi che si illuminano di una scintilla divertita. « Ti aspetta una lunga e sentita partita di bowling.. » Comincia ad elencare, alzando il dito indice per tenere il conto. « O magari un'estenuante e competitiva partita a Dance Battle, dove ti darei del filo da torcere con le mie mosse da Tony Manero » Dimmi che conosci questo film! « Oppure un qualcosa che va più sullo sportivo, come una bella partita a ping pong magico. O ancora meglio, il biliardo incantato. A quello ti batterei sicuramente, quindi magari meglio di no. » La prende in giro, ridendo, mentre apre la porta del locale e la lascia che sia lei ad entrare per prima. La musica anni 80 li investi, così come la rifrazione della luce dovuta alla gigantesca palla disco che troneggia sulla pista. E sopra di essa, c'è gente che si dimena su quelli che sembrano essere..«..pattini a rotelle. Disco anni 80. Ommioddio. » Ride, con gli occhi sgranati per la sorpresa di trovare quella particolare serata, prima di voltarsi verso di lei. Alza un sopracciglio interrogativo. « Che ne dici? » Le fa un cenno con la testa ad indicarle la pista. « Ti va di assistere ad una mia quotatissima figura di merda? »
     
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    «Non lo so, lui mi piace davvero tanto... E quando un ragazzo mi piace tanto generalmente significa che ha un disturbo di personalità o tre o quattro ragazze nascoste nell'armadio, non soltanto in senso figurativo». Azura inclinò la testa, sospirando nell'osservare il suo riflesso nello specchio. Si alzò sulla punta dei piedi, provando ad immaginare l'abito abbinato a un paio di tacchi. «In più, più mi piace più sarò nervosa, e più sarò nervosa più sarò...» Lanciò il vestito sul letto, per poi sedercisi stancamente. «...imbarazzante.» Olympia, in piedi nel vano della porta, la ascoltava poggiata allo stipite, Willy Wonka che strofinava il manto sulle sue gambe. Azura raccolse dal pavimento la tazza di tè fumante che la coinquilina le aveva gentilmente preparato per aiutarla a distendere i nervi, ma era inutile dire che non stesse sortendo l'effetto desiderato. Quella scena le risultò improvvisamente fin troppo familiare. «Perché non riesco a godermi una cosa e basta? È un appuntamento, nient'altro, e neanche il primo... Ma più ci vediamo più sento di legarmi a lui e questa cosa mi fa paura». Si rese conto di star rendendo tutto eccessivamente drammatico, come al solito, e di starlo facendo proprio di fronte alla sua nuova coinquilina, mostrandole quel lato peggiore di sé, quello iperanalitico, paranoico, insicuro. Quello che possediamo tutti, in realtà, ma che riusciamo a celare come possiamo, in pose pericolanti da equilibristi improvvisati. Azura traballava, instabile su un piede solo, troppo mentale, troppo preoccupata, e non c'erano delle fondamenta solide alla base a conservare il suo equilibrio; storie passate di amori mai davvero corrisposti, di batticuori detestati e soppressi con la forza, perché sbagliati, inopportuni. Era spaventata, e negarlo sarebbe stato probabilmente più funzionale, ma poco onesto, e una come lei non riusciva a nascondere a se stessa quello che provava. Per cui eccola in preda al panico, a inghiottire tè bollente scottandosi la lingua. «Ci stai pensando troppo, Zura» disse Olympia, come leggendole nel pensiero. Si avvicinò alla finestra, scostando appena la tenda bianca. «E il momento per pensare è finito, perché lui è arrivato» «Che? Ma... Ma è in orario! Come gli viene in mente di essere in orario?» Si precipitò alla finestra, per accertarsi che la rossa ci avesse visto giusto, e scostò anche lei la sottile tenda di lino, sbirciando senza farsi vedere. La notifica che ricevette confermò la puntualità di Sebastian, suo malgrado. Ebbe il tempo di scegliere il primo dei possibili abbinamenti testati, una t-shirt grigia e un paio di jeans a zampa, e con le sue fedeli converse invecchiate e i capelli parzialmente raccolti da un fermaglio, salutò la coinquilina con un rapido bacio sulla guancia e lasciò l'appartamento, finalmente senza più avere il tempo di rimuginare.

    «Eccoti! Scusami per l'attesa, ma tu hai questo vizio di essere puntuale che è veramente disorientante» Esordì, tirandosi la borsa più su sulla spalla, vagamente in imbarazzo. Lo trovò così bello che faticò a realizzare che quel tipo lì stesse aspettando proprio lei. «Oh, ma buonasera» Si chinò appena per salutarla con un bacio leggero che lei ricevette con una certa sorpresa, ricambiandolo quasi esitante. Uscivano da circa un mese, ma non era ancora abituata a tutto questo: all'adrenalina prima di rivederlo, al suo profumo, ai nervi a fior di pelle al desiderio che quel bacio venisse seguito da altri, più tardi. Si riscopriva pronta a mettersi in gioco, forse persino capace di darsi di nuovo a qualcuno, per la prima volta. E a quel pensiero, d'improvviso, si sentì perfettamente a suo agio, magicamente al posto giusto, adatta, tranquilla. «Forse dovrei smetterla di stupirmi del fatto che ogni giorno sei più bella» E lei sorrise, chinando la testa, semplicemente avvolgendo il braccio attorno al suo, prima di lasciar scivolare la mano nella sua per intrecciarle. «Allora, voglio sapere tutto del tuo sabato costretta dentro quelle quattro mura del Quartier Generale» Ecco, il discorso era che Seb la ascoltava, genuinamente interessato. Lei si morse brevemente l'interno delle guance. «Non c'è molto da raccontarti... Nessuno vuole fare coppia con me, come al solito» Calciò debolmente l'asfalto, nuovamente frustrata al pensiero del suo scarso rendimento accademico. «Hanno capito che sono scarsa in Combattimento e Addestramento, per cui sono sempre in panchina o assegnata alla squadra che sceglie per ultima... Riesco a cavarmela in Riconoscimenti e classificazioni però, e questa settimana non ho preso gomitate né pugni, che è un bonus» Scherzò. «Dimmi che avete avuto nuovamente combattimento e sei riuscita a mettere k.o. quel deficiente di Thompson» «Il giorno in cui Thompson sarà al tappeto sarà il giorno in cui potrò dire di avercela fatta nella vita. Ma sembra tutto molto distante, al momento. Non demordo, però. Ogni tanto mi piazzo proprio davanti a lui così non mi vede e inciampa, ma non so quanto conti questo come k.o.» E poi me la cavo molto meglio di lui in Trasfigurazione da duello. Ci provava, Azura, ad essere una buona recluta, ma dire che fosse portata per quella strada avrebbe significato mentire. «Ma sono stanca del College, non parliamone», disse infine, avvicinandosi un po' di più a Seb e stringendosi attorno al suo braccio. «Spero però tu non sia talmente stanca da non poterti godere un po' di sano divertimento. Ti aspetta una lunga e sentita partita di bowling... O magari un'estenuante e competitiva partita a Dance Battle, dove ti darei del filo da torcere con le mie mosse da Tony Manero» Azura alzò le sopracciglia in un'espressione sorpresa quanto compiaciuta
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    , e rise a quell'immagine, per poi fermarsi a guardarlo con una smorfia che pareva dire “ah, però”. «Oppure un qualcosa che va più sullo sportivo, come una bella partita a ping pong magico. O ancora meglio, il biliardo incantato. A quello ti batterei sicuramente, quindi magari meglio di no» Spalancò la bocca, fintamente oltraggiata da quell'affermazione, e si portò una mano al petto. «Io ti confesso le mie debolezze e tu te ne approfitti così, Grindelwald!» Entrarono da Toyland, un locale in cui Azura non era mai stata ma che conosceva di nome, e le loro espressioni combaciarono simmetriche nel constatare il tema di quella serata. Si accostò a lui, entusiasta. «Seb... Ma quelli sono...» «...pattini a rotelle. Disco anni 80. Ommioddio. Ti va di assistere ad una mia quotatissima figura di merda?» Rise nuovamente, tenendosi la fronte, figurandosi già la scena. «Sarà un onore per me».
    Venti minuti dopo Azura era caduta quattro volte, ridendo a crepapelle ogni volta, e finalmente si decideva a prendersi una pausa. «Okay, in mia discolpa, però, devo dirti che non pattinavo da qualche anno. E che l'unico errore che ho commesso è stato peccare di arroganza, e intraprendere manovre acrobatiche decisamente al di sopra delle mie capacità. Ma il talento c'è», disse, con espressione seria e solenne, per poi scoppiare a ridere una volta incontrato lo sguardo di lui. «Qual è la tua scusa per essere finito addosso a dei bambini, invece?» Lo punzecchiò, spintonandolo appena mentre, ancora sui pattini, si dirigevano verso il bordo della pista, fermi per qualche minuto. Attorno a loro il locale sembrava spruzzare energia da tutti i pori: pullulava di gente che sembrava divertirsi sinceramente, e a quella visione Azura sorrise appena, consapevole che anche lei fosse tra quelle persone. «Sono sempre così... nervosa, prima di vederci» Decise di confessare poi, voltandosi verso Sebastian e mordicchiandosi le labbra. Gli prese una mano, tirandolo verso di sé, e giocherellando con le sue dita, senza guardarlo. «Invece ogni volta poi sto così bene che mi dimentico di tutto» Alzò la testa, finalmente. «Mi piace davvero, stare con te» Disse infine, con semplicità. Lo tirò a sé un po' di più, in modo da avvicinare le labbra alle sue. Gli posò una mano sulla guancia, facendosi più vicina, ma a pochi millimetri dal contatto lo scostò, spingendolo nuovamente, e svincolandosi con uno sguardo furbo per riprendere a pattinare. «Vieni?» Chissà da dove venisse, quell'improvvisa spavalderia.
     
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    «Eccoti! Scusami per l'attesa, ma tu hai questo vizio di essere puntuale che è veramente disorientante» Toh, già ne hai sbagliata una. Annotare: mai arrivare in orario, che poi sembri asfissiante e pressante. Sorride di tutto rimando, piegando la testa di lato, come a volersi scusare con lei per quell'enorme mancanza di tatto. «Non c'è molto da raccontarti... Nessuno vuole fare coppia con me, come al solito. Hanno capito che sono scarsa in Combattimento e Addestramento, per cui sono sempre in panchina o assegnata alla squadra che sceglie per ultima... Riesco a cavarmela in Riconoscimenti e classificazioni però, e questa settimana non ho preso gomitate né pugni, che è un bonus. » Scrolla la testa, con la mano che si stringe un po' alla sua, come a volerle infondere tutto il suo appoggio e tutta la sua comprensione. In fondo, per quanto non sappia davvero che fare della propria vita, Seb ha sempre ritenuto affascinante il corso Auror. Una missione, simile a quella del medimago. Proteggere i civili, gli innocenti, consegnare alla giustizia i malviventi. Il classico lavoro che ti trasforma in una specie di supereroe, agli occhi di chiunque. Perché è questo che fanno gli auror: salvano le vite dalla magia oscura. «Il giorno in cui Thompson sarà al tappeto sarà il giorno in cui potrò dire di avercela fatta nella vita. Ma sembra tutto molto distante, al momento. Non demordo, però. Ogni tanto mi piazzo proprio davanti a lui così non mi vede e inciampa, ma non so quanto conti questo come k.o.» Sghignazza all'idea della bionda, tutta intenta nel trarre in inganno Thompson, aspettandolo dietro l'angolo come un gatto alla ricerca dell'agguato perfetto al malcapitato di turno. Quel coglione gli sta sulle palle a pelle. L'ha incrociato una volta o due al castello, mentre se ne stava con quel suo naso arcuato rivolto verso l'alto, come se tutto ciò che aveva intorno, alla sua stessa altezza, fosse decisamente poco importante per essere ritenuto degno anche di un solo sguardo. Insomma, come già detto, un coglione patentato. « Dovresti richiedere di far coppia con lui durante l'esercitazione di Riconoscimento. Poi non gli dice che quello che ha tra le mani non è effettivamente un fungo innocuo come crede, ma il velenosissimo fungo a spore libere e boom, k.o. assicurato per qualche settimana buona. » Sciabola le folte sopracciglia, mentre le esplica il suo piano malefico, così favolosamente ben costruito, secondo la sua modesta opinione. «Ma sono stanca del College, non parliamone» Si crogiola nel tepore caldo che il corpo di lei emana a contatto con il suo e si volta verso di lei, con la mano che si para sulla fronte, a mo' di saluto militare. « Comandi. » La canzona, prima di entrare nel vivo dell'azione. Tutto si aspettava tranne che ritrovarsi nel pieno di una serata disco, su pattini a rotelle e per questo lancia un paio di occhiate di sbieco alla bionda, come a volerne valutare la reazione. Un, due, tre e scappiamo di gran filata?Ma la sua risposta è decisamente più entusiasta di quanto si sarebbe mai aspettato, tanto da accettare senza alcun problema la proposta di provare a fare un giro in pista. Un giro che poi diventano due, tre e quattro, costellati di innumerevoli cadute e di figuracce che il riccio colleziona, man mano che i suoi movimenti, oltremodo scoordinati, lo portano ad aggrapparsi persino a sconosciuti, pur di non sfracellare per l'ennesima volta a terra. Alla fine, per un fortuito intervento divino o forse perché la bionda ha un cuore grande, viene chiamato un time out e Seb può sospirare, attaccato alla balaustra come un felino si attacca, con i denti e con gli artigli, alla porta quando gli viene detto "Amore, oggi si fa il bagnetto!" «Okay, in mia discolpa, però, devo dirti che non pattinavo da qualche anno. E che l'unico errore che ho commesso è stato peccare di arroganza, e intraprendere manovre acrobatiche decisamente al di sopra delle mie capacità. Ma il talento c'è» Scoppia a ridere il moro, alzando il pollice nella sua direzione. . « Talento, ora..che parolone. Però ti riconosco la bravura nel non essere andata addosso alla ragazza del fidanzato più geloso dell'intera pista. » A differenza mia, ovviamente, fortunello come sono. «Qual è la tua scusa per essere finito addosso a dei bambini, invece?» Si massaggia il fondo schiena, in tutta risposta, con fare bambinesco. « Ehi, il mio sedere sta ancora chiedendo pietà. Non essere così insensibile. » Annuncia poi, con estrema sincerità, prima di riprendere a ridere, come un deficiente. E' facile stare con Zura. E' divertente e così diverso, dalle storie passate che ha avuto Seb. Perlopiù travagliate, piene di dolore e tristezza. No, con lei è tutto uno scoprirsi con il sorriso sulle labbra, non ci sono paure, non c'è alcuna fretta. E' come essere tornato indietro di anni, a quei primi amori adolescenziali, freschi di vita e desiderosi di fare nuove esperienze insieme. E' per questo che è perso in quel suo sorriso ebete, mentre si sofferma sul suo viso. Ne cattura ogni sfumatura, per far sì che gli rimangano impresse nella mente. «Sono sempre così... nervosa, prima di vederci» Poi lei comincia a parlare, senza guardarlo e lui l'ascolta, ancora una volta, con la voglia di arrivare in fondo a quel discorso. Per capire cosa viene dopo quelle parole. «Invece ogni volta poi sto così bene che mi dimentico di tutto. Mi piace davvero, stare con te.» Ha forse trattenuto il respiro fino a quel momento, perché sente i polmoni svuotarsi lentamente, lasciando spazio all'ennesimo sorriso che Zura riesce a tirargli fuori, così, con facilità. Sta per dire qualcosa, quando lei si avvicina a lui. Sente il suo alito caldo contro la pelle del viso e ogni terminazione nervosa si accende, in tutta risposta. Socchiude gli occhi, non appena la mano di lei si ferma sul suo volto e si abbassa, per avvicinarsi ancora di più a lei. Lei..che però gli scivola via tra le mani e allora lui riapre gli occhi, di scatto, con espressione interrogativa. «Vieni?» Spavalda e sfrontata, lo guarda, prima di
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    voltarsi per riprendere a pattinare. Per farsi rincorrere in quel gioco di caccia. « Ah è così che vuoi giocartela? Benissimo. L'hai voluto tu. » Dice, tutto convinto, mentre si stacca dal supporto alle sue spalle, per darsi una spinta in avanti. La musica scema nelle musica di una canzone che Seb conosce fin troppo bene, vista la fissa di sua madre per gli anni 80. « What is love? Baby don't hurt me, don't hurt me, no more. » Comincia a cantare, gracchiando volutamente, affinché chi gli sfila vicino possa accorgersi di come stia effettivamente facendo una serenata alla bionda. « Sei così crudele da volermi spezzare il cuore? » Le urla dietro, cosciente di aver fermato l'attenzione di non poche persone intorno a loro. « Oh, mia dolce donzella, non puoi negarti a me. Non puoi lasciarmi così sul più be- ma non fa in tempo a finire, che un energumeno lo colpisce in pieno, facendolo atterrare di lato. Piuttosto rintronato, sbatte le ciglia, per capire cosa sia effettivamente successo e alla fine si rimette in piedi, non con poca difficoltà, dovuta all'andirivieni dei pattini. « Sto bene, sto bene, ci sono! » Alza le braccia, vittorioso, prima di buttarsi in avanti, per poter agguantare la sua preda e stringerla tra le braccia, come fosse il suo porto sicuro. « Vedi che effetto che mi fai? » Ridacchia, leggermente imbarazzato nel riscoprirsi così vulnerabile e sincero. « Comincio quasi a sospettare che sia tutto un sogno. » Ammette poi, con le mani che si arpionano al parapetto alle spalle di lei, dopo averla spinta lentamente verso di esso. Imprigionata così tra il corpo di lui e la lastra in metallo. « E ho paura di essere svegliato, prima o poi. » Sussurra sulle labbra di lei, prima di prendersi il bacio che lei pochi istanti prima gli ha negato. Il leggero oscillare dei suoi pattini lo destabilizza, costringendolo a staccarsi per ridere sulla sua bocca. « Credo di essere un pericolo pubblico su questi cosi. » Si stringe nelle spalle, cambiando drasticamente il discorso, per poi lasciar scivolare una mano sotto la sua. « Perciò, penso proprio che ti userò come mio bastone della vecchiaia. Sì, puoi anche sentirti fortunata. » La canzona un po', per poi riprendere a pattinare, attentamente, al suo fianco. « Mmmh, ho visto una cosa sotto la tua ultima foto di Instagram.. » prende a dire, piuttosto vagamente, guardando di fronte a sé, leggermente a disagio nel prendere quel discorso. « Le ho chiesto già di smettere ma..per caso Melanie ti sta importunando? »
     
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    Rise deliziata, Azura, coprendosi la bocca con le mani e arricciando il naso come una bambina alla scena di Sebastian che, piantato poco distante da lei, piuttosto che rincorrerla iniziò ad intonarle una serenata. «What is love? Baby don't hurt me, don't hurt me, no more» cantava Seb, e Azura, in tutta risposta, imbarazzata ma incredibilmente divertita pattinava a ritroso, con il corpo rivolto verso di lui ma allontanando sempre di più, tenendo le braccia tese come a volerlo raggiungere ma trascinata via da una forza invisibile. E quella spensieratezza, quella genuina e sincera libera felicità, Azura non l'aveva realmente provata da qualche mese. Non era una persona triste, per quanto malinconica, e trovarla rabbuiata era generalmente poco probabile – ma negare che l'ultimo anno fosse stato difficile per lei sarebbe mentire. Per lei come per chiunque altro, probabilmente. Ma stava guarendo, e di questo aveva una percezione quasi somatica: si sentiva diversa, più leggera, di nuovo se stessa, e per quanto obbligata da forze più grandi di lei ad affrontare il fatto che non fosse più una bambina, più tardi sarebbe stata grata a quella serata e a quel momento per quella spensieratezza quasi infantile che le avevano regalato. «Sei così crudele da volermi spezzare il cuore?» Seb collezionava sempre più occhiate incuriosite, e lei, guardandosi attorno in imbarazzo, gli si fece più vicina, portandosi l'indice sulla bocca sorridente. «Shhh, lasciami andare, oh mio Romeo!» – recitò, con fare drammatico, tornando poi a voltarsi per pattinare via con uno scenico ondeggiare di capelli. Lo guardò con trasporto, muovendosi come l'eroina di una telenovela spagnola da seconda serata. «Oh, mia dolce donzella, non puoi negarti a me. Non puoi lasciarmi così sul più be-» Ma si coprì la bocca con le mani, trattenendo malamente una risata, quando il povero ragazzo finì, urtato da qualcuno, sballottato verso un lato della pista. Pattinò verso di lui, con un'espressione preoccupata ma mordicchiandosi le labbra per celare il ghigno che quella visione le provocava. «Oddio Seb, stai bene?» Ma lui fu in piedi pochi secondi dopo senza bisogno del suo aiuto. «Sto bene, sto bene, ci sono!» E tiratosi su, gli fu facile agguantarla e stringerla a sé, con Azura che finalmente potè lasciar uscire quella risata soffocata, lasciandosi tenere così, tra le sue braccia. «Vedi che effetto che mi fai?» Si sentì arrossire, non più spavalda come poco prima, nel percepire la sincera serietà di quelle parole. Alzò il volto per incontrare lo sguardo di Seb. «Comincio quasi a sospettare che sia tutto un sogno. E ho paura di essere svegliato, prima o poi», sussurrò lui, e ad Azura il cuore arrivò in gola, perché i ruoli si erano ribaltati e lei, ora, si rivelava per la timida romantica che era veramente. Si chinò finalmente a baciarla, e lei assaporò quel momento stringendolo poco di più a sé, le dita affusolate che gli accarezzavano la nuca. Il risultato però fu un pericoloso oscillare di entrambi, per cui le loro labbra si separarono mentre la fronte della ragazza si poggiava a quella di lui. «Credo di essere un pericolo pubblico su questi cosi» Gli accarezzò con leggerezza la guancia, per poi intrecciare la mano alla sua. «Perciò, penso proprio che ti userò come mio bastone della vecchiaia. Sì, puoi anche sentirti fortunata» Lo guardò, ancora assorta nelle parole che le aveva detto poco prima, e gli sorrise. Ripresero a pattinare, stavolta fiacno a fianco, con più lentezza. Come ballerini a ritmo perfetto, scandito da attimi più intensi seguiti da altri più lenti, in un equilibrio di tempi esatti. «Mmmh, ho visto una cosa sotto la tua ultima foto di Instagram... Le ho chiesto già di smettere ma.. per caso Melanie di sta importunando?» Aggrottò la fronte, senza distogliere lo sguardo dal parquet illuminato di luce viola di fronte a loro. «Chi?» Distratta, tentò di fare mente locale e ricordare a chi appartenesse quel nome. «Ah, la ragazza dei commenti... Ma no, commenta ogni tanto, niente di che... Ma chi è?» Se l'era chiesto, Azura, questo era chiaro, ma si era risposta che probabilmente si trattasse di qualche ex un po' strana, liquidando la cosa senza darle troppa importanza. Non che fosse da lei, quel tipo di comportamento, ma probabilmente aver avuto una storia con un ragazzo come Nate Douglas l'aveva abituata all'idea che i ragazzi con cui si frequentava non fossero oggetto solo delle sue attenzioni. Ma sembrava sostanzialmente innocua, e Seb un ragazzo troppo dolce per star lì a preoccuparsene. Pattinarono ancora per qualche minuto, durante i quali però la ragazza continuò a sembrare come distante. «Seb, ti va se ci sediamo un attimo? Magari prendiamo dei popcorn, ti va? Ho un po' di fame» gli chiese infine, la fronte corrugata e lo sguardo assorto nei suoi pensieri.
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    Seduti ad uno dei tavoli accanto alla pista di pattinaggio, Azura addentò qualche popcorn con snervante lentezza, sorseggiando dalla sua cannuccia un po' del frappé che stava condividendo con Seb. Era incerta su se fosse o meno il caso di toccare l'argomento. Sospirò, infine, consapevole che se non ne avesse parlato avrebbe sicuramente rovinato quella splendida serata. «In genere odio parlare di... Queste cose, anche perché non so bene come si faccia» Esordì, mescolando distrattamente con la cannuccia il milkshake che aveva di fronte. «Però prima hai detto una cosa che mi ha fatto pensare. Quando hai detto che... che a volte ti sembra di star vivendo un sogno. Per me è lo stesso» Lo guardò, finalmente, decisa a completare il pensiero che poco prima aveva interrotto, sulla pista. «E come hai detto tu, ho paura di svegliarmi da questo sogno, da un momento all'altro, per scoprire che tu non ci sei più.» Il cuore prese a batterle appena più in fretta, quando udì il suono delle sue stesse parole. «Per cui ho bisogno di sapere, e so che probabilmente è presto, che non dovrei chiedertelo e dovrei godermi il momento finché dura, ma... Cosa stiamo facendo? Cosa... significa tutto questo per te?» Cosa sono io per te? Quello era il genere di cose che Azura aveva imparato fosse importante, per lei, definire da subito. Quella, la domanda chiave, che le avrebbe potuto risparmiare, se solo l'avesse posta a momento debito, mesi di tormenti e fraintendimenti. Stavolta sarebbe stato diverso, avrebbe parlato con chiarezza, rischiando di sentirsi incredibilmente stupida, e forse di spaventarlo persino, con quel suo improvviso bisogno di definizioni e certezze. Ma forse era proprio questo, il pensiero che le aveva tenuto la mente impegnata per quegli ultimi minuti. Forse era proprio che sentiva di esserci dentro, sempre di più. Di doversi tutelare, prima che fosse troppo tardi. Di star rischiando di nuovo.
     
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    E' tutto un gioco e un'attesa tra di loro. Un rincorrersi con un sorriso limpido e giocoso sulle labbra. E tutto ciò lascia nel cuore del giovane Serpeverde una sensazione strana, provata - e soltanto a tratti sporadici - poche altre volte in vita sua, un qualcosa che riesce a rendere leggero ogni suo passo. Anche quello che lo fa ruzzolare drasticamente a testa, con una risata che esce fragorosa dalla sua bocca allargata dallo stupore. Si sente stranamente leggero, Seb, mentre guarda dal basso la bionda che si preoccupa per lui, per poi riuscire a strapparle un sorriso non appena si rialza in piedi senza problemi. Si sente leggero mentre le loro labbra si incontrano, mentre assapora il gusto di quel lucidalabbra che non risulta nemmeno troppo appiccicoso, non come quello delle ragazze passate. Ma in fondo lo sa, Seb: è tutto diverso perché lei è diversa, lei non è nessun'altra.
    «Chi?» Le fluttua vicino, smettendo di fare il cretino giusto un momento, quasi sentisse la pesantezza di quel discorso incombere su di loro. «Ah, la ragazza dei commenti... Ma no, commenta ogni tanto, niente di che... Ma chi è?» Per un istante soltanto, sente perfettamente nella sua testa la voce stridula di sua madre. "Ma sei serio? Le servi su un piatto d'argento il poter parlare di una tua ex? Ritirata immediata di fronte ad uno dei discorsi off limits nelle uscite con una nuova ragazza." La sente, distintamente, mentre guarda di fronte a sé, come a voler prendere del tempo per capire come affrontare quello che, in passato, è sempre stato un discorso davvero delicato da dover fronteggiare con una ragazza. Le reazioni ottenute erano state a dir poco al limite della psicopatia. Fa una smorfia, aggrottando le labbra, per poi stringere un po' di più la mano intorno alle dita di lei, quasi in uno spasmo non controllato. « Mh..è una ragazza con la quale sono uscito un paio di volte e con cui, come posso dire.. - è una pazza visionaria che mi ha tenuto segregato in una biblioteca insieme ad altri più la Carrow incinta che sembrava lì lì per partorire?-.. forse, non sono stato troppo chiaro, ma non credevo di dovermi preoccupare dell'etichettare un rapporto da due uscite in amicizia. » A dirla ad alta voce, si sentì leggermente stronzo e, per questo, si voltò subito verso di lei, alla ricerca dei suoi occhi chiari, timoroso nel leggervi una reazione negativa. « Sono stato un po' ingenuo.. » bofonchia poi, imbarazzato, mentre la mano ricerca la balaustra alle sue spalle per attorcigliarsi intorno. « Comunque sia, ormai, è arrivata a livello di stalkeraggio estremo. Tra i dm frecciatine inviati alla mia ex e a qualsiasi essere di sesso femminile che si azzarda a commentarmi le foto su Wiz, le scatoline di cioccolatini inzuppati nei filtri d'amore e le insinuate che giornalmente fa al povero Jessie, non appena lo becca in giro per il castello, è persino arrivata a scrivere a mia madre, per lisciarsela un po'. » Un sorriso, mal trattenuto, compare sul suo volto al ricordo della faccia scandalizzata di sua madre, attraverso lo schermo del cellulare, che gli parlava della svitata che le aveva dato massima disponibilità per aiutarla nelle faccende di casa. "No Seb, non ci siamo. Questa mi ha dato della settantenne e non ho nemmeno quarant'anni ancora. Non ci siamo, non è giusta per te." « Comunque le ho chiesto ripetutamente di smettere. Spero mi darà ascolto, prima o poi, mi dispiace.. Se non lo dovesse fare, tu ignorala a prescindere. E' l'arma migliore con lei, purtroppo. » Si stringe nelle spalle, leggermente confuso da quel suo primo vero approccio con un discorso del genere. Un approccio che non gli risulta essere traumatico quanto avrebbe creduto, vista la tranquillità con la quale la serata continua, seppur senta come una specie di cortina tra di loro. Continuano a pattinare, per un po, mano nella mano prima, per poi sentirla scivolare via, tanto da costringerlo a voltarsi verso di lei. «Seb, ti va se ci sediamo un attimo? Magari prendiamo dei popcorn, ti va? Ho un po' di fame» Annuisce, senza aggiungere altro e la segue fuori dalla pista. Non si toglie i pattini e, con estrema difficoltà, riesce a portare i pop corn su una mano e il frappè sull'altra, senza cadere, fino al tavolo sul quale si è già accomodata Zura. Il silenzio si protrae tra di loro e lui si ingozza, così da giustificare a se stesso quella distanza. Non posso parlare, ho la bocca piena, sarebbe maleducazione. I denti si scontrano contro gli ennesimi salatini, tentando di sgranocchiare il più silenziosamente possibile. Ma alla fine non ce la fa più e sente il bisogno di dire qualcosa, anche una stronzata qualsiasi, giusto per capire se ce l'ha con lui e se ha fatto qualcosa di male. Apre la bocca, sta per dargli fiato, quando lei sospira e lo guarda negli occhi. Ecco, ci siamo. Ho detto sicuro qualche cazzata su Melanie.. «In genere odio parlare di... Queste cose, anche perché non so bene come si faccia» Per concentrarsi su altro, prende un sorso del frappè che si trova di loro. «Però prima hai detto una cosa che mi ha fatto pensare. Quando hai detto che... che a volte ti sembra di star vivendo un sogno. Per me è lo stesso» Si sente sospirare, accorgendosi di aver trattenuto il respiro fino a quel momento. Sospira di sollievo, mentre allunga una mano a carezzare, in punta di dita, il dorso di quella di lei, poggiata distrattamente sopra il tavolo. «E come hai detto tu, ho paura di svegliarmi da questo sogno, da un momento all'altro, per scoprire che tu non ci sei più. Per cui ho bisogno di sapere, e so che probabilmente è presto, che non dovrei chiedertelo e dovrei godermi il momento finché dura, ma... Cosa stiamo facendo? Cosa... significa tutto questo per te? » Stranamente, quelle parole non gli fanno paura, non lo mettono a disagio, non lo appesantiscono di un fardello che gli risulta insostenibile. No. E' tranquillo, come se sapesse già cosa dire e cosa fare. Come se si fosse preparato da sempre per questo. Perciò le sorride, stringendole appena la mano, per poi far
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    scivolare via la propria per agguantare un paio di pop corn e lanciarseli in bocca. « Neanche io so come si faccia. » Non c'è alcuna vergogna nel rivelarle quanto sia inesperto, a sua volta, in quelle faccende. « Quando mi è capitato, in passato, ero troppo piccolo e scemo persino per riuscire a dire al mio miglior amico che avevo una ragazza. » Le dice, con una tirata di labbra improvvisa. « Ora, però, per quanto sia estremamente sdolcinato da dire ad alta voce, me ne rendo conto, vorrei dirlo a chiunque. Non urlarlo perché mi sembra eccessivo. » Una risata rauca gli risale la gola, andandosi a confondere con la musica retrò che continua a fare loro da sottofondo. « Quindi, non so, la butto lì.. - le dice, picchettando l'indice contro il tavolo, ritmicamente -..cosa stiamo facendo? Stiamo insieme e stiamo bene. » Ne ricerca gli occhi, come a volere una sua conferma, nuovamente. Poi prende il cellulare, sblocca lo schermo e lo gira verso la bionda, indicandole la data. « Ti piace come data? Così avrò un giorno nel quale potrò dare il meglio di me stesso in quanto a smancerie, dolcezze di troppo eccetera eccetera. » Ridacchia, per poi allungarsi sopra il tavolo per rubarle un bacio veloce. « E ora, dato che siamo in tema, dovremmo capire cosa ci piace e cosa non ci piace di questo nuovo mondo, secondo me. » Il suo cervello gira velocemente, così come la sua bocca. « Tipo, so che c'è gente che festeggia i mesiversari. A te piacciono i mesiversari? E poi, uhm..i regali sì o i regali no? Ci sono altre convenzioni che sto dimenticando? » Comincia a sparare a caso, bevendo il frappè di tanto in tanto. « E soprattutto, da ora siamo ufficialmente fidanzati? O bisogna scriverlo su Wiz per renderlo davvero davvero ufficiale? » La prende in giro, facendo il verso alle ragazzine che solitamente dicono certe cose assurde. « Ovviamente, sappilo, non appena ti sentirai pronta e io glielo dirò, mia madre vorrà conoscerti. » L'idea riesce a spaventarlo, tanto da riuscire a figurarsi di fronte agli occhi Azura che se la dà a gambe levate non appena incontrerà Angelica. Ma è troppo euforico per smetterla di parlare insensatamente. « Giuro solennemente che tenterò con tutto me stesso di tenerla a bada. Se poi non ci riuscirò, dalla finestra del bagno di casa è facile scappare, essendo al primo piano. Basterà che tu dica di dover andare ad incipriarti il naso e il gioco sarà fatto. »
     
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