Spider's psychology

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  1. #Cece
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    "Novantanove scimmie saltavano sul letto, una cadde a terra e si ruppe il cervelletto.
    Novantotto scimmie saltavano sul letto, una cadde a terra e si ruppe il cervelletto.
    Novantasette scimmie saltavano sul letto, una cadde a terra e si ruppe il cervelletto.
    Novantasei scimmie saltavano sul letto, una cadde a terra e si ruppe il cervelletto."


    Aveva continuato a saltellare sul posto ad ogni strofa, tenendo il ritmo battendo appena le mani in un quasi silenzioso “clap”; girava per i corridoi non curandosi di chi si fosse fermato a guardarla per qualche istante con sguardo di disgusto, come se nella loro normalità vi fosse bellezza. Molto spesso la gente la infastidiva quasi come fosse un prurito pungente sulla pelle, di quelli provocati dalla puntura di una zanzara o come conseguenza del tocco di una pianta orticante; tuttavia nessuno si sarebbe mai aspettato dalla serena Cece che provasse ribrezzo o disprezzo nei riguardi di qualcuno, motivo per cui si sforzava sempre di non dare a vedere ciò che realmente provava, non permettendo a nessuno di guardarla troppo negli occhi che, sapeva, l'avrebbero tradita senza ritegno. Si guardò appena attorno una volta fermatasi al centro del corridoio colmo di studenti con le teste piene ed i calamai vuoti, mentre ripensava alla seguente strofa di quella cantilena sciocca come lei: non la ricordava, eppure era certa che fosse tanto vicina alla soluzione quanto non lo fosse all'ora del tè.
    Scrollò le spalle e mosse la braccia in aria quando si rese conto che rimuginarci ancora sopra non l'avrebbe portata da nessuna parte, perciò riprese nuovamente la sua strada che - pochi minuti più tardi - la condusse dritta alla Biblioteca; in realtà aveva dimenticato anche il motivo per il quale si fosse recata sino a lì, ma ammetterlo a sé stessa sarebbe stato troppo anche per lei. Per questo motivo, con un sorriso carico d'incertezza dipinto sulle labbra carnose ed i capelli mossi svolazzanti qui e là, Cecelia si mosse per le corsie dei polverosi scaffali ricolmi di vecchi libri, battendo i piedi per terra ogni qualvolta che con la punta dell'indice della mano destra andava sfiorando i dorsi dei tomi accuratamente sistemati in ordine di argomento; non si preoccupò nemmeno di leggere i titoli che questi ultimi riportavano, dilettandosi a far finta di cercarne uno in particolare quando qualcuno le passava di fianco e la osservava con curiosità, quasi fossero sul punto di rivolgerle la parola per quanto si mostrassero incerti sul farlo.
    Cecelia Pendleton era tante cose, poteva essere tutto quello che le persone volevano che fosse, ma di certo non era nessuna di quelle.
    Le piaceva che gli altri pensassero che fosse strana, pur nella sua normalità, e la faceva sorridere di gusto il modo in cui la gente la osserva, con i visi molto spesso paonazzi e gli occhi colmi di interesse.
    Sfiorò appena il dorso di un altro libro e batté ancora i piedi per terra, quando distrattamente ne lesse il titolo: "Psicologia criminale: un saggio di James Jenkins". Piegò la testa di lato ed alzò gli occhi al cielo, mentre tutto assumeva all'improvviso un perché: di una cosa era certa, ovvero che non avrebbe mai concluso gli studi se non si fosse data una mossa. Il prossimo esame era oramai alle porte e lasciarsi distrarre ancora non le avrebbe dato modo di raccogliere nulla di buono. E poi di certo c'era un motivo se aveva deciso di portarsi in giro per tutto il Campus una tracolla colma di libri pesanti e pergamene nuove, pronte per essere intrise di inchiostro scuro.
    Passatosi la lingua sulle labbra e gettata la testa all'indietro per la frustrazione, Cecelia tirò fuori con la mano destra il saggio in questione e lo portò con sé verso il primo tavolo da studio disponibile che le venne più vicino: non si preoccupò del fatto che questo fosse già occupato da qualcun altro, anzi fece anche peggio. Infatti, volendo poggiare per prima la tracolla sulla sedia per occuparla - nel caso in cui qualcuno nelle vicinanze avesse l'intenzione di farlo prima di lei -, la ragazza si mosse talmente in velocità da caderle il tomo dalle braccia; quest'ultimo, malauguratamente, finì proprio sulla testa di un'altra ragazza, per poi ricadere per terra con un tonfo sordo. Cece, che nella sua testa aveva visto quella scena a rallentatore, si bloccò di colpo e ridusse gli occhi a fessura, mentre un sorrisetto imbarazzato andava dipingendosi sulle sue labbra.
    « In mia discolpa, dico che proprio lì c’era un ragnetto pronto ad annidarsi tra i tuoi capelli; ho agito prima che potesse tessere la sua ragnatela nella tua chioma. Non so te, ma io non conosco uno shampoo adatto per togliersi di dosso le ragnatele. O forse basta quello normale? »
    Alzò le spalle e guardò altrove, incerta; nel suo tono non vi era stato alcun cenno di scherno: era del tutto seria. In seguito a quell’affermazione, si avvicinò alla testa della ragazza in questione e soffiò appena sui suoi capelli, come a voler spazzare via il corpo inerme di un ragnetto che non vi si era mai posato.
    « Ti direi di ringraziarmi, ma sono sicura che ti ho fatto comunque almeno un po’ male, per cui mi sento in dovere di chiederti scusa. Giuro che la prossima volta cercherò di essere più delicata nel darti un colpo di libro in testa! »
    Le rivolse un occhiolino ed un sorriso, sperando che potesse intendere che - questa volta - stesse scherzando. A quel punto, con un cenno del capo in direzione della sedia libera di fronte alla sua, volle chiederle il permesso di prendere posto, cosa che fece ancor prima di poter ricevere una risposta da parte della compagna: il libro da terra venne raccolto con un veloce movimento della bacchetta ed un incantesimo di appello, per poi sistemarlo di fronte a sé e cominciare a darsi da fare con lo studio.





    Edited by #Cece - 10/5/2019, 19:28
     
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0 replies since 9/5/2019, 23:18   43 views
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