Me or you

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    @fakeharrypotter - Albus Potter? Che grande errore da parte mia trascurarti, davvero. Dopo lo scherzetto della bomboniera non mi sono fatta più sentire, però non pensare che mi sia dimenticata di te. No, assolutamente; non ti nascondo che ultimamente sia stata davvero impegnata, ma oggi potrò finalmente dedicarmi a te, così da rimediare alla mia noncuranza nei tuoi confronti. Che fai durante questo noiosissimo sabato pomeriggio, caro Albus? Sei a casa? Chiacchieri con Amunet davanti ad una grossa tazza di tè fumante? Oppure giochi con il tuo piccolino...mhh, come è che si chiama? Ah, sì, Jay. No, purtroppo non credo nè alla prima ipotesi, nè alla seconda, sono estremamente convinta che tu non sia in compagnia nè di Amunet, nè di Jay, e non perchè io ti abbia pedinato e sappia cosa tu stia facendo e dove sei. No, ma perchè so esattamente cosa stiano facendo loro. Mun è in ottime mani, così come tuo figlio, del resto. E' un bambino così simpatico, ed ho potuto constatare che ti somigli parecchio, anche per la parlantina! E' tanto goloso, vero? Difatti non è poi stato così complicato convincerlo a seguirmi, sono bastate un paio di caramelle e mi è venuto dietro senza alcun problema. Ho sempre voluto un bambino e, sai, forse sto pensando anche di tenerlo con me; dopotutto con due genitori come voi non può che essere un bene, per lui. Lo so, lo so, adesso penserai che ti stia raccontando solo un mucchio di cavolate per convincerti a fare qualcosa che non vuoi fare, ma lascia che ti dimostri che tu stia commettendo un gravissimo errore a non fidarti della mia parola.

    Non appena Albus finirà di leggere il messaggio, quest'ultimo sparirà, lasciando spazio sullo schermo ad un messaggio vocale di qualche secondo:
    * voce contraffatta * Jay, vuoi salutare papà? Gli inviamo un audio, così sa che stai bene, mh?*qualche secondo di silenzio, rumori di sottofondo vari* ciaaaooo papà!

    @fakeharrypotter - Albus Potter? Ti starai chiedendo come io sia arrivata a lui, beh, ti dico solo che è stato facilissimo trovarlo. Lo avevi affidato a James, sbaglio? Ed ora è con me. Comunque, se proprio ci tieni a rivederlo prima cambi idea sul volere un bambino tutto per me, ti consiglio di venirtelo a riprendere ed anche in fretta, ma a delle condizioni:
    1) Non chiamare nessuno, per nessuna ragione al mondo: d'ora in poi dovrai usare il cellulare solamente per comunicare con la sottoscritta;
    2) Porta con te la bacchetta;
    3) Non lanciare alcun tipo di richiesta di soccorso, perchè lo vengo a sapere semmai dovessi farlo;
    4) Non inviare a nessun altro la posizione che ti sto per mandare e spegni il localizzatore sul tuo telefono, altrimenti lo disattiverò da me.
    Quindi, che fai? Ti ho convinto a raggiungermi o preferisci rischiare, continuando a fare ciò che stai facendo ed ignorando i miei messaggi?
    Ricordati che se mi farai saltare i nervi, la punizione da scontare sarà pesante.


    Sul cellulare appariranno due pulsanti - accetta e rifiuta - e, contemporaneamente, si abbasserà anche la tendina superiore delle notifiche, mostrando un messaggio proveniente direttamente dal cellulare di James Potter: "Albus, torna subito a casa, Jay è sparito!"; il tutto seguito da una dozzina di chiamate a cui Albus non potrà rispondere.
    Se Albus cliccherà su accetta: si aprirà una mappa che lo condurrà dritto ad un capanno malmesso, ai confini di Nocturn Alley, davanti al quale dovrà attendere maggiori istruzioni per accedere.
    Se Albus cliccherà su rifiuta: il cellulare mostrerà una prima foto di Jay, e ricompariranno nuovamente i tasti accetta/rifiuta; se dovesse nuovamente rifiutare, la cosa si ripeterà all'infinito finchè non accetterà.

    lust for life - Fawn Byrne? So per te quanto sia importante mantenere fede alla parola data e, ancor di più, so quanto significhi per te l'amicizia; un sentimento che non conosce confini, nè regole se non quella di esserci sempre, in qualsiasi momento. Stare sempre dalla parte delle persone a cui teniamo non è da tutti, soprattutto non nei momenti di difficoltà e, sai, io ti ammiro davvero tanto, Fawn. Ammiro anche parecchio il modo in cui non ti lasci trascinare dal rancore, da come le cose ti scivolino addosso benchè ti abbiano probabilmente segnata. Lo ammetto, ho provato a spargere zizzania tra te ed Albus, ma solo adesso ho capito quanto sia stata stupida a metterti contro di lui, o contro Amunet, che tu sembri aver accettato alla stragrande benchè sia il motivo della vostra rottura. Davvero, tanto di cappello per il tuo senso di perdono. Quindi, adesso, ho scelto di porre rimedio ai miei errori, dandoti la possibilità di aiutare Albus invece di continuare a mettermi in mezzo. Beh, lascia che ti aggiorni su ciò che sta accadendo: mi annoiavo terribilmente, ho l'influenza e non posso uscire di casa, così ho pensato bene di prendere il cellulare ed iniziare a divertirmi un po', solo che probabilmente ho esagerato. Non mi va di scendere nei dettagli, lascia solamente che ti dica che Albus potrebbe essersi fatto male, molto male, per colpa mia. Perde sangue, forse, ma potrebbe non essere così visto che è svenuto davanti la mia telecamera ma, ouch, si è accasciato di spalle. Forse avrei dovuto risparmiarmi l'effetto sorpresa con pugnali incantati, perchè lui non se li aspettava davvero, chissà. Comunque, è ufficialmente arrivato il tuo turno, Byrne, devi fare la crocerossina per me. Ti consiglierei di portarti qualche benda dietro, ed ovviamente la bacchetta, così come ti consiglierei di non diffondere a nessuno le condizioni di salute di Albus e non chiamare rinforzi. Voglio testare la tua lealtà, e sappi che semmai dovessi trasgredire ho ancora tantissimi assi nella manica per il povero ed incosciente Albus.
    Sta a te scegliere di credermi o meno, cinquanta-cinquanta, ma io non rischierei se fossi in te.


    Se Fawn accetterà le condizioni dello Shame: sul suo telefono apparirà la stessa identica cartina di Albus, che condurrà anche lei al capanno abbandonato dove incontrerà l'amico vivo e vegeto, privo di ferite.
    Se Fawn accetterà le rifiuterà le condizioni dello Shame: Lo Shame inizierà ad inviare sul telefono di Fawn foto di un corpo senza volto di costituzione simile a quella di Albus, accasciato a terra in una pozza di sangue, continuando a far apparire sullo schermo i pulsanti accetta/rifiuta, ripetendo il sistema all'infinito finchè non accetterà.

     
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    "Jay, vuoi salutare papà? Gli inviamo un audio, così sa che stai bene, mh?" Quei pochi secondi di attesa furono forse tra i più lunghi della sua vita. Secondi durante i quali Albus smise di respirare, e il suo cuore perse più di un battito. "Ciaaaooo papà!" E il sospiro di sollievo che tirò nel sentire la voce del figlio, non fu altro che un brevissimo attimo di conforto prima che il suo cervello realizzasse quanto magra fosse come consolazione. Perché se da una parte la testa ragionava in maniera logica, dall'altra l'istinto paterno alimentava le peggiori preoccupazioni possibili. Coscientemente sapeva quanto fosse impossibile che la sua famiglia avesse perso di vista i bambini per anche solo un secondo, ma d'altronde se c'era anche solo la minima possibilità che ciò fosse realmente accaduto, Albus non se la sarebbe sentita di affidare quel rischio al proprio intuito. Che lo Shame avesse mezzi strabilianti, questa era cosa nota, così come era anche vero che i Potter-Weasley non avrebbero atteso più di cinque minuti a sguinzagliare le unità cinofile se Jay fosse davvero sparito. E il punto era proprio quello: Albus non credeva a ciò che lo Shame gli stava presentando come una realtà provata, ma questo non cambiava nulla. Non si trattava di crederci o meno, quanto piuttosto del fatto che nel trattarsi dei suoi affetti, il giovane Potter non avrebbe mai lanciato la moneta - e questo, chiunque fosse dall'altro lato dello schermo, lo sapeva bene. Nel ricevere dunque la seconda notifica, il ragazzo prese un respiro profondo, cercando di richiamare a sé tutta la calma e il sangue freddo che aveva dovuto necessariamente imparare ad avere negli ultimi due anni della sua vita. Fece scorrere velocemente lo sguardo tra le righe delle istruzioni, immagazzinandone velocemente il contenuto prima di cliccare su accetta senza titubanza alcuna. In fin dei conti, che scelta aveva? Il messaggio di James e le chiamate perse sembravano non lasciare alcun dubbio sul fatto che Jay fosse effettivamente nelle mani dello Shame. Il che, statisticamente, aumentava la probabilità che le parole dell'app corrispondessero alla realtà. Rimaneva tuttavia in lui il dubbio; tanto i genitori quanto i fratelli di Albus erano stati messi al corrente dell'esistenza di quel gioco sin dalle sue prime apparizioni, e a scanso di equivoci il giovane aveva più di una volta sottolineato loro quanto importante fosse tenere costantemente d'occhio Jay e Lily - le leve di ricatto più ovvie nei suoi confronti e in quelli di Amunet. James era distratto per natura, questo era vero, ma voleva un bene dell'anima a quei bambini, e non li avrebbe mai messi in pericolo nemmeno involontariamente. Era semplicemente impossibile da credere, ai suoi occhi. Ma ancora una volta - poteva davvero permettersi di rischiare se era la vita di suo figlio quella messa a repentaglio?
    Una volta accettata la sfida, lo schermo rivelò una mappa che sembrava indicare un edificio poco al di fuori di Nocturn Alley. Bacchetta alla mano, richiamò a sé un piccolo avversaspecchio portatile e una sacchetta di pelle contenente un bezoar, riponendoli nelle tasche interne del giacchetto di pelle per poi smaterializzarsi all'istante alla volta di Nocturn Alley.
    Ciò a cui la mappa lo condusse era un capanno abbandonato e malmesso, di quelli che più volte gli Auror avevano dovuto sgomberare e sottrarre dai sotterfugi di maghi oscuri e semplici malviventi. Non avendo ricevuto istruzione di entrarvi, rimase al di fuori, ben attento a non riporre mai la bacchetta. Estrasse tuttavia l'avversaspecchio, controllando velocemente; più di un volto galleggiava sulla sua superficie, ma la maggior parte apparivano sfocati, difficilmente distinguibili - il che poteva solo significare che chiunque lo stesse costringendo a fare quelle cose non fosse lì, anzi, che fosse ben lontano da quel luogo. Però tu sei uno di questi, e un giorno ti avvicinerai abbastanza da mostrarmi il tuo volto. Non sarà oggi, ma ho imparato a portare pazienza. Sospirò, riponendo il piccolo oggetto magico nella tasca. D'un tratto, nell'udire un rumore di passi farsi più vicino, sussultò sull'attenti, voltandosi per puntare la bacchetta contro il punto da cui proveniva il suono. Era pronto a scattare, quando dall'angolo sbucò niente meno che Fawn, lasciando sul suo volto un'espressione sbigottita e confusa. Non abbassò immediatamente la bacchetta, paranoico e malfidato com'era, ma i muscoli del braccio che la teneva si addolcirono notevolmente. "Fawn? Hanno mandato lo stesso messaggio anche a te? Dicono di avere Jay. Cosa sta succedendo?"

     
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    Fawn ci aveva provato. Ci aveva provato davvero a ridimensionare l'angoscia che l'entrata in scena dello Shame le aveva portato, e nel suo tentativo era persino arrivata a chiudere il cellulare nel cassetto più remoto della sua scrivania. Aveva cercato di distrarsi in tutte le maniere che fosse riuscita a concepire, ma si era presto scoperta ben lontana dall'essere in grado di mettere a tacere i propri pensieri. Non avrebbe nemmeno saputo dire perché - forse mero masochismo -, ma si trovava comunque a controllare il cellulare almeno una volta al giorno. Si diceva di farlo per tranquillizzarsi - in fondo, almeno nell'ultimo periodo, su quel fronte c'era stata calma piatta. Tanto che una qualunque altra persona, se messa al suo posto, si sarebbe probabilmente sentita più serena. Ma lei no. A lei quel mutismo faceva, se possibile, ancora più angoscia. La calma prima della tempesta. In fondo si era dichiarata player, no? Ed era soltanto ovvio che prima o poi le sarebbe toccato giocare. E quella consapevolezza si ramificava ulteriormente, dando vita ad una serie infinita di pensieri ed ansie. Era tutto troppo tranquillo. E lei, con ogni probabilità, stava confinando nella paranoia nonostante tutti i suoi sforzi.
    Era stravaccata sul letto, quando sentì il cellulare vibrare con una certa prepotenza dal mobile sul quale era stato adagiato. Si stava godendo un meritatissimo momento di riposo dopo una sfiancante sessione di studio, al pc, con uno show di Netflix sul cibo in sottofondo. E fu forse per questo, per il fatto che di attenzione non gliene stava davvero prestando, che quella vibrazione la fece sobbalzare. Le parve brusca almeno tanto quanto sapeva fosse inattesa. Come quando ti bucano un palloncino. Eppure, una volta alzatasi dal letto e raggiunto il tavolo interessato con un paio di rapidi movimenti, ci provò pure a dirsi che non fosse nulla di che. Ogni tanto capita che qualcuno mi mandi un messaggio. Ed in effetti, di vero era vero: non passava giorno senza che qualcuno dei suoi compagni di corso, tra quelli che all'assemblea non avevano partecipato o che semplicemente avevano abbandonato la Sala Grande, le inviasse un messaggio. E il loro non farci caso, dimenticandosi completamente delle cosiddette norme di sicurezza, l'aveva se possibile fatta sentire ancor più paranoica di quanto non si sentisse già.
    Ma non si trattava di un messaggio di Josh, Luke, Nadine o chi per loro. Era davvero lo Shame.
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    Ok, forse non è stata la più saggia delle decisioni, ma che potevo fare? Il monologo mentale dell'americana mentre si dirigeva a passo spedito verso il luogo dove lo Shame le aveva dato appuntamento. Già, che poteva fare? L'unica scelta papabile, a ben vedere, era anche quella meno logica di tutte. Accettare la sfida e seguire le indicazioni che le erano state fornite. Se fosse sicura che si trattasse proprio del migliore amico? No che non ne sono sicura, ma su una cosa lo Shame ci ha preso: non mi sembra il caso di rischiare. Perché, inutile prenderci in giro, per un attimo - che però le era parso lunghissimo -, l'impulso di rifiutare la sfida, l'aveva avuto. Perché capita proprio tutti i giorni di beccarsi dei messaggi che neanche l'enigmista che vuole giocare con te, diciamocelo. Poi però si era fermata, ad un attimo dal disastro. Si era detta che lo Shame poteva anche considerarlo subdolo e bugiardo, che poteva anche farle schifo, ma che non se lo sarebbe perdonato davvero mai, se ad Albus fosse successo qualcosa per colpa della sua negligenza. In ogni caso, me la sono sempre cavata. Non vedo perché questa volta debba andare diversamente. Sbuffò pesantemente, quasi imponendosi di scrollarsi quel peso di dosso. Non ci si fascia la testa prima di cadere, Byrne. E svoltò l'angolo, evitando di sobbalzare per un pelo nel trovarsi davanti Albus Potter in carne ed ossa, apparentemente vivo e vegeto, oltre che perfettamente in grado di reggersi in piedi da solo. « Fawn? » La Byrne abbassò lo sguardo per un attimo, rendendosi conto che entrambi, probabilmente d'istinto, si erano puntati contro le rispettive bacchette. « Albus! » Che solo dire il nome dell'amico ad alta voce potesse esprimere al tempo stesso sollievo nel vederlo tutto intero, sconcerto nel trovarlo tanto allarmato ed una vaga confusione - legata al fatto di non sapere cosa diamine ci facessero entrambi davanti a quel capanno, l'avrebbe creduto impossibile se solo non l'avesse visto succedere. « Hanno mandato lo stesso messaggio anche a te? Dicono di avere Jay. Cosa sta succedendo?» Le sopracciglia inarcate dallo stupore e gli occhi enormi di paura per quella dichiarazione, Fawn si affrettò a scuotere la testa con veemenza mentre rispondeva con un rapidissimo. « Mi hanno fatto credere che fossi ferito, che fosse colpa dello Shame, e che se non mi fossi presentata, le tue condizioni sarebbero peggiorate. » Lasciò che fosse il suo sguardo ad esprimere quel tacito Sarò anche stata un'ingenua, ma non potevo permettermi di rischiare. « Mi è stato detto di portarmi dietro la bacchetta, delle bende, e di non farne parola con nessuno... Nient'altro. Nulla che riguardasse Jay.» Nonostante si sentisse ben lontana dall'essere tranquilla, sperò che quelle parole potessero in qualche maniera risollevare Albus. Questo non rendeva le loro prospettive più rosee, ma le era chiaro che sapere il proprio figlio nelle mani di un estraneo, uno come lo Shame poi, fosse - com'era giusto -uno scenario terribile per lui. « Credo fosse un modo per attirarci qui, e farlo in modo tale da renderci impossibile dire di no. » Una trappola. « Ma perché? » Cosa c'è, qui? E, istintivamente, lo sguardo corse ad osservare l'edificio nelle loro immediate vicinanze. come alla ricerca di un segnale qualunque. Ma niente. Non le diceva assolutamente niente.




    Edited by lust for life - 22/5/2019, 06:49
     
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    Una volta ricongiunti davanti al capannone, Fawn e Albus riceveranno un breve messaggio da parte dell'applicazione dello Shame, che li istruirà ad entrare nel capanno. All'interno, lo spazio è piccolo e angusto, e male illuminato. L'ambiente è completamente vuoto, eccezion fatta per un piccolo divanetto in fondo alla stanza, sul quale un bimbo sonnecchia innocente, con un pupazzetto tra le braccia. È Jay. Se Albus e Fawn tenteranno di raggiungerlo, scopriranno presto che li separa uno scudo magico impenetrabile, decisamente troppo potente, constateranno, per essere distrutto con magia di due sole bacchette. Nell'udirli entrare, Jay si risveglierà e, guardandosi intorno, smarrito e confuso, troverà sollievo solo nel riconoscere la figura del padre.
    « Papà!! » grida, correndo nella sua direzione, ma venendo scagliato all'indietro dallo scudo. Se i due tenteranno di comunicare con il bambino, si accorgeranno che, sebbene loro siano in grado di sentire lui, il piccolo non può sentire le loro parole. « Papà... Ho paura... » Piagnucola il piccolo, e in quel medesimo istante un nuovo messaggio appare sullo schermo dei cellulari di Fawn e Albus.

    @fakeharrypotter @nycdarling? Mi si spezza il cuore. Albus, di' al tuo piccolo soldatino che non ha nulla di cui temere... Non se seguirete le mie istruzioni, per lo meno. Cari miei, questa nostra piccola sfida funziona come una bilancia: un do ut des. La fisica ci insegna che se il piatto di una bilancia scende verso il basso, il suo opposto sale, e vice versa. Il peso della vostra bilancia, questa sera, sarà il dolore: sta a voi decidere su quale piatto posizionarlo. So che non è una scelta facile, ma non preoccupatevi, vi darò cinque minuti da adesso per raggiungere una decisione definitiva. Dopodiché, da una parte o dall'altra, qualcosa dovrà succedere.
    Per intenderci: il pupazzetto che Jay tiene tra le braccia è stato incantato con una fattura molto particolare, capace di creare un elettroshock anche a metri di distanza. Se voi non farete nulla, sarò costretta a liberare gli effetti della fattura, per quanto mi dispiacerebbe farvi assistere al dolore di questo piccolo angioletto. In alternativa, potrete sobbarcarvi il peso di questa serata, agendo l'uno sull'altro. Decidete liberamente chi tra voi due sarà il torturatore e chi la povera vittima. L'unico incantesimo concesso è la Maledizione Cruciatus. Spero davvero che Jay non rimanga troppo segnato da questa visione. Magari, una volta conclusa questa serata, potrete inventarvi una storiella simpatica per aiutarlo a digerire quello a cui sta per assistere.
    E ricordate, perché funzioni, dovete volerlo davvero.






    Edited by on the edge‚ - 22/5/2019, 13:06
     
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    "Mi hanno fatto credere che fossi ferito, che fosse colpa dello Shame, e che se non mi fossi presentata, le tue condizioni sarebbero peggiorate. Mi è stato detto di portarmi dietro la bacchetta, delle bende, e di non farne parola con nessuno... Nient'altro. Nulla che riguardasse Jay." Istintivamente Albus aggrottò la fronte, abbassando lentamente la bacchetta mentre nella sua testa si cominciavano a formare innumerevoli ipotesi su quale potesse essere lo scopo dello Shame nel portarli entrambi lì, ma con diversi ricatti. In fin dei conti, se hanno mentito a lei sul mio stato, perché non avrebbero dovuto fare lo stesso a me con Jay? Una flebile speranza, quella del giovane Potter, capace di sopportare qualsiasi cosa purché i suoi affetti non venissero toccati. Per i figli, poi, si sa: saremmo disposti anche a morire. "Credo fosse un modo per attirarci qui, e farlo in modo tale da renderci impossibile dire di no." Annuì, concordando a quelle parole. "Ma perché?" E le congetture si sarebbero sprecate, a riguardo, se solo lo Shame non avesse dato loro pronta risposta, invitandoli ad entrare nel capanno. E lì, c'era davvero poco da lasciare all'immaginazione. Gli occhi di Albus si sgranarono nel mettere a fuoco la figura del figlio che sonnecchiava beatamente sul divano col proprio pupazzo; e senza nemmeno pensarci, cominciò a correre in sua direzione. "Papà!!" Un fragoroso rumore sbalzò sia padre che figlio all'indietro poco prima che la recluta auror riuscisse a stringere le braccia intorno al suo bambino. Una barriera magica. All'improvviso, gli occhi del ragazzo mutarono di sfumatura, spegnendosi in un nero furente. "Maledetti bastardi." sibilò tra i denti, rimettendosi in piedi. "Papà... Ho paura..." Avvicinandosi, questa volta più cautamente, alla barriera magica, il ragazzo cercò invano di tranquillizzare il bambino. "Jay, stai tranquillo. Ti prometto che ce ne andremo di qui in un battibaleno. Ci sono io, ok? Devi solo essere coraggioso e tutto finirà al più presto." Ma il piccolo biondino sembrava incapace di capire cosa il padre gli stesse dicendo. Con l'espressione confusa e le lacrime agli occhi, sembrava completamente ignaro di tutto. "Trattiene anche il suono." disse lapidario, rivolto a Fawn, nel realizzare che quella volta il suo intuito doveva essersi sbagliato. Perché Jay era lì, lo Shame lo aveva preso sul serio, e non aveva lasciato alcun dubbio a riguardo. O meglio: anche se lui avesse voluto tentare di capire se ci fosse un inganno, non avrebbe potuto farlo in alcuna maniera. E a quel punto, a dirla tutta, le sue peggiori paure si stavano realizzando tanto vividamente da non lasciargli nemmeno la forza di pensare in maniera lucida, di rischiare. Giuro che se esco vivo di qui, ucciderò James con le mie stesse mani.
    La richiesta dello Shame, chiaramente, non tardò ad arrivare - crudele come mai prima di allora, dilatando tra i due amici un silenzio quasi tombale. Albus conosceva gli effetti della maledizione Cruciatus, e non solo perché li aveva letti in un libro, ma perché li aveva visti con i suoi stessi occhi. Aveva visto cosa facesse alle persone quell'incantesimo, aveva visto come le riducesse se esposte ad esso per un tempo prolungato. I Potter erano sempre stati legati ai Paciock da un legame quasi di famiglia. Albus aveva quattordici anni quando aveva accompagnato suo padre a far visita a Frank ed Alice. Un tempo due stimati auror, illustri membri dell'Ordine della Fenice, ora rinchiusi nell'ala psichiatrica del San Mungo a trascorrere il resto dei loro giorni in balia della follia a cui la maledizione Cruciatus li aveva condotti. Non avevano avuto la possibilità di veder crescere il proprio figlio, se non tramite quelle visite che Neville gli portava ogni volta che ne aveva l'occasione. Un destino crudele, che nell'animo di un giovanissimo Albus Potter aveva avuto un impatto massiccio. Leggere quel messaggio fu come venir riportato indietro a quel giorno, alle stesse identiche parole che aveva pensato nel vedere il crudele destino spettato ai due coniugi Paciock. E' questa la vera morte. L'oblio. Quando tutto il resto svanisce - l'essere rimasti in vita non conta più nulla. Deglutì, rimettendosi il cellulare in tasca con una calma impressionante. In silenzio, gli occhi scuriti dai troppi pensieri e la sensazione di un freddo che poco aveva a che fare con le condizioni atmosferiche. Prese un profondo respiro, voltandosi verso Fawn. "E' giusto che sia io a ricevere la maledizione. E' colpa mia se ci troviamo qui, ed è mio figlio quello che hanno preso. Tu non c'entri nulla, e non voglio vivere con il peso di aver messo in pericolo sia mio figlio che la migliore amica che io abbia mai potuto desiderare." I suoi occhi si fecero lucidi nel pronunciare quelle parole, costringendolo a prendere un respiro profondo per continuare. "Qualunque cosa succeda, ricordati che non è colpa tua, e mai lo sarà. Qualunque cosa succeda, sarà stata per salvare Jay, e te ne sarò grato per il resto dei miei giorni." Detto ciò estrasse dalla tasca dei jeans quel pezzo di carta e quella penna che portava sempre con sé, scrivendovi sopra poche parole: voltati e non guardare. Mostrò il biglietto a Jay, volgendosi poi nuovamente verso Fawn, serio come la morte. "Potrei pregarti di smettere, potrei piangere, potrei urlare..ma tu devi promettermi che continuerai fino a quando Jay non sarà libero." fece una breve pausa, guardandola implorante "Fawn..ti prego.."

     
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    No. Non può essere. Col cuore a mille, gli occhi sgranati e la sensazione che tutto il sangue che aveva in corpo stesse defluendo verso il basso, con una voragine che si formava improvvisamente nello stomaco, la giovane rosso-oro rimase semplicemente a fissare il punto dove si trovava il piccolo Jay. Non può essere. Non è giusto. È sbagliato... è tutto così sbagliato. Già, sbagliato; era tutto così dannatamente sbagliato, storto, contro ogni logica da non soltanto metterle i brividi e ridurre ai minimi termini persino quei pochi pensieri spezzati che riusciva a formulare, ma da costringerla a distaccarsi almeno in parte da quella situazione per non subirne il pieno impatto. Perché se riuscissi a percepirlo appieno, forse non sarei neppure in grado di reggermi in piedi. O pensare. O restare qui senza fare cazzate. Ma come si poteva pensare di restare anche solo lontanamente calmi quando oltre una barriera magica c'era la figura minuta di un bambino, che era anche il figlio del proprio migliore amico? E come si poteva pretendere di mantenere la lucidità, il minimo storico di lucidità, neppure troppa, quando il suddetto amico lo si aveva a pochi passi dalla propria persona? Come, di preciso, si poteva fare ad avere un contegno, quando dietro a tutta quella storia c'era un'entità senza un vero e proprio volto, un qualcosa del quale non soltanto avevano sottovalutato i mezzi a disposizione, ma pure il livello di sadismo? Non lo sapeva. Fawn non ne aveva idea. Non ne aveva la benché minima e più pallida idea, eppure sapeva di non avere scelta. Non aveva scelta perché oltre quella barriera magica c'era un esserino ben più innocente ed indifeso di lei ed Albus.
    Seguì l'amico mantenendosi solo a qualche passo di distanza senza quasi rendersene conto, finché non venne riscossa da quel suo stato di dissociazione dal consueto, ed ormai detestato con tutto il cuore, suono di una notifica. Non si premurò nemmeno di tirar fuori il proprio cellulare - si sporse leggermente in direzione di Albus, scorrendo lo sguardo sul testo. E se prima la situazione le sembrava assurdamente ingiusta ed avrebbe avuto che dire sul sadismo dell'autore, in quel momento ebbe la più assoluta certezza che chiunque ci fosse dall'altra parte fosse non soltanto un sadico, ma anche uno degli esseri più spregevoli che il mondo avesse mai visto venire alla luce. Il cazzo di gemello perduto di EddyKing. E forse in una circostanza differente il tono di quel pensiero sarebbe stato diverso, più ironico; forse in una situazione diversa, di fronte ad una sfida lanciata da qualcuno che non aveva neppure le palle di farsi vedere in faccia, avrebbe alzato la cresta per l'ennesima volta. Perché in fondo era fatta così. Odiava sentirsi in gabbia almeno tanto quanto mal sopportava le imposizioni. Ma in quel momento... non ne ebbe il coraggio. Non ne ebbe il coraggio non perché non avesse mille dubbi riguardo tutto quanto, ma perché non poteva permetterselo. Con che faccia avrebbe potuto chiedere ad Albus di tirare la corda e vedere cosa sarebbe successo, se quei cinque minuti li avessero attesi sul serio? Cpn che cuore avrebbe potuto chiedergli di rischiare l'incolumità di suo figlio, un bambino che aveva fatto tanto per proteggere, e ancor di più per riavere al proprio fianco? E io? Me lo perdonerei mai se succedesse qualcosa a Jay per via del mio scetticismo? No che non se lo sarebbe perdonato mai.
    Ma lo Shame li stava ponendo di fronte ad una scelta impossibile. Non soltanto dal punto di vista morale - era lei che aveva espresso il credo del "non esistono innocenti più innocenti di altri appena qualche settimana prima - , ma anche da quello affettivo. E nell'incrociare le iridi di Albus, che nel frattempo si erano spaventosamente scurite, si rese conto di non avercela neppure una scelta, ancor prima che il giovane Potter dicesse qualunque cosa. «E' giusto che sia io a ricevere la maledizione. » Quell'affermazione da sola la trafisse con la forza di mille pugnali. « Niente di tutto questo è giusto. » Gli disse con voce tanto soffocata da ricordare vagamente il ringhio di un animale ferito qualunque. Non è giusto che qualcuno si prenda gioco di noi, non è giusto che tu debba sottoporti a questo, non è giusto che tuo figlio venga costretto a guardare. Non è giusto che io debba scagliare una Cruciatus. Non è giusto che debba farlo sul mio migliore amico. Non è giusto che oltre quella barriera ci sia un bambino, il tuo bambino, e che non me la senta di cercare di farti ragionare o di farlo io perché se davvero si trattasse di lui, nessuno dei due saprebbe mai perdonarselo. E a ragione.
    « Tu non c'entri nulla, e non voglio vivere con il peso di aver messo in pericolo sia mio figlio che la migliore amica che io abbia mai potuto desiderare. » Non ci aveva mai pensato, Fawn, a quante fossero le maniere per spezzare il cuore di qualcuno. Aveva anzi pensato che il suo fosse fatto di un materiale piuttosto resistente. Povera, piccola, presuntuosa idiota. Povera, piccola e presuntuosa idiota, sì - si era sopravvalutata per l'ennesima volta, a quanto sembrava, perché in quell'attimo lo sentì frantumarsi. E percepì distintamente un'infinità di schegge che andavano a conficcarsi ovunque nel petto. Non dire così. Non me lo merito. Non ora. Dovrei essere in grado di tirarti fuori da tutto questo, di non piegarmi a questo gioco malato, di... di fare qualunque cosa che non sia acconsentire. Sentì qualcosa di bruciante scorrerle lungo le guance. Lacrime. La vista appannata, si trovò a mordersi con violenza il labbro inferiore. « Albus, io... mi dispiace così tanto... » Dispiacerle? Il dispiacere non bastava nemmeno lontanamente ad esprimere quanto male si sentisse in quel momento. I pensieri le scorrevano in testa ad una velocità supersonica, proponendole scenari impossibili, cose che avrebbero potuto fare diversamente, pur di non finire in quel capanno. Costretti a ferirsi a vicenda. Cos'è peggio, subire una maledizione Cruciatus oppure infliggerla non perché si vuole, ma perché l'alternativa è anche più terrificante? « Qualunque cosa succeda, ricordati che non è colpa tua, e mai lo sarà. Qualunque cosa succeda, sarà stata per salvare Jay, e te ne sarò grato per il resto dei miei giorni. » Con le lacrime che scorrevano ancora a fiumi, la giovane si limitò a prenderlo per un braccio. « Ascoltami bene, Albus Severus Potter. Qui succederà soltanto una cosa. » Lo disse a voce bassissima, un po' perché soffocata dal pianto e un po' perché voleva sperare che fosse soltanto l'amico a sentirla. « Porteremo Jay fuori di qui. Tu tornerai a casa, dalla tua famiglia. E un giorno, comunque vada, Jay Potter si guarderà indietro e capirà che suo padre è davvero l'eroe che lui ha sempre pensato fosse perché lo ama più di sé stesso. E sarà dannatamente orgoglioso di te. » Vorrei poter fare qualcosa, qualunque cosa... tutto, ma non questo. Ma questo non lo disse. Non poteva vacillare. Non poteva dire niente. Non era lei la vittima. « Potrei pregarti di smettere, potrei piangere, potrei urlare..ma tu devi promettermi che continuerai fino a quando Jay non sarà libero. » Mi stai chiedendo una cosa terribile, Albus. Ma forse, al tuo posto, ti chiederei la medesima cosa terribile. Si limitò ad annuire, controllando con la coda dell'occhio che Jay si fosse voltato. Ed effettivamente l'aveva fatto. Non che questo mi faccia sentire meglio. E si sentiva effettivamente un mostro. Non lo era, forse? Qualsiasi fossero le circostanze e le motivazioni, stava per mettere a repentaglio la salute psicofisica di una delle persone più importanti della sua vita. Non importava che fosse il minore dei mali. Il male minore, sospettava, altro non era che una giustificazione che il suo cervello stava dando a quanto stava accadendo pur di permetterle di restare lì e non battere in ritirata. Ma davvero non aveva idea di come avrebbe fatto a vivere con sé stessa, da quel momento in avanti. Di come avrebbe fatto a guardare in faccia i famigliari di Albus, il suo bambino, Mun. Chiunque di loro avrebbe trovato una soluzione diversa, una soluzione migliore. Uno sguardo ad Albus, l'ennesimo tacito "mi dispiace", lo sguardo di chi si sentiva morire. Prese un profondo respiro. Un enorme, profondissimo respiro. E chiuse gli occhi per diversi secondi mentre, al posto del Potter, immaginava altri. Gente il cui nome non faceva da tempo. Persone che non aveva ancora perdonato, che le avevano fatto male. Un volto in particolare prese forma. Quando riaprì gli occhi, lo sguardo era diverso, nonostante gli occhi arrossati e il respiro pesante. Nonostante la rabbia, nonostante l'avesse fatto con la ferma intenzione di arrivare proprio a quel risultato, si sentì morire comunque, quando sollevò il braccio destro, quella della bacchetta, e pronunciò quel « Crucio. » E si sentì ancor peggio, se possibile, quando si rese conto che questo fosse andato a segno.



    Edited by lust for life - 25/5/2019, 09:40
     
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