Money laundering

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    «Non ha scritto neanche un articolo da quando è qui, ti dico. Non ci farei caso, normalmente, figurati se mi metto a fare la spia... Sai bene che non sono il tipo, e neanche sparlare mi diverte. Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: non avrebbe avuto il posto se non fosse il figlio di suo padre. Le cose stanno così e basta» Priscilla Pulsifer soffiò sul caffè solubile fumante che teneva in mano, appoggiata alla parete accanto alla macchinetta di caffè della redazione. «È inaccettabile. Qualcuno dovrebbe fare qualcosa al riguardo». Phil Newton, redattore ordinario, scriveva per il Cavillo da ormai 5 anni, e non era stato particolarmente entusiasta quando, una settimana prima, Thomas Montgomery, un giovane rampollo buono a nulla e raccomandato, si era presentato lì in redazione, con un'entrata che Phil aveva definito inequivocabilmente aristocratica. Per lui, quello semplicemente non era il posto adatto ad uno come Tom. Gli occhietti lucidi e vispi dell'omino si erano puntati sulla figura allungata del giovane Montgomery dal primo momento in cui aveva varcato la soglia della redazione, e di questo, chiaramente, il ragazzo era ben consapevole. «Priscilla, Phil. È sempre una delizia incontrarvi al mattino» salutò Thomas, scoccando agli adorabili colleghi un seducente occhiolino e assestando, per buona misura, una pacca sonora sul sedere del secondo, che trasalì e si scostò, rivolgendogli uno sguardo scandalizzato. «Sono le 6 del pomeriggio, per l'amor del cielo». Dal canto suo, Thomas non avrebbe potuto chiedere di meglio. Cioè, sì, chiaramente avrebbe potuto farlo, ma iniziare il praticantato presso il Cavillo, una delle poche testate magiche sulle quali non pendesse il cognome del padre, e di stampo così squisitamente complottista e controcorrente, era stata decisamente una buona idea. In tutta onestà, qualsiasi rivista sarebbe stata migliore della precedente. Qualsiasi. E così, con un borsalino calato sulla fronte su cui era attaccata la scritta PRESS, a caratteri cubitali, indossato solo ed esclusivamente per infastidire ulteriormente i suoi colleghi, Thomas giunse alla propria postazione, inguaribilmente provocatorio.
    «Iniziavo a temere che non ti saresti proprio presentato oggi...» Sollevò lo sguardo dalla propria scrivania, su cui regnava indisturbato il disordine, per incontrare quello del capo redattore. «Doyle! Eppure eccomi qui. Non potrei mai deluderti così presto. Dammi almeno qualche altra settimana» scherzò il biondo, stringendo la spalla del capo. Era un ragazzo più o meno della sua stessa età, di una famiglia amica alla sua. Per questo Thomas lo conosceva sin da quando era più piccolo; con nostalgia ricordava di quando lui e Nate passavano i pomeriggi d'estate ad appenderlo per le mutande ai rami degli alberi più bassi della residenza estiva dei Montgomery. Ah, i bei tempi. Doyle lo guardò di sottecchi, visibilmente in imbarazzo, sforzandosi di sorridere. «Ah-ah... Già... Senti, avrei un'interessante storia da sottoporti. Niente di confermato, ancora, per cui non è ancora chiaro se effettivamente vi sia o meno una storia. Dovresti indagare, scavare un po', ecco. Che ne dici?» Non ci voleva un genio per capire che, molto probabilmente, l'intento ultimo del ragazzo fosse quello di mettere Tom in estrema difficoltà, se non direttamente in pericolo, ed era persino comprensibile l'intento di sbarazzarsi di lui, se non per la sua presenza fastidiosa quantomeno per vendetta personale. Per questo il giovane Montgomery sorrise, serafico, in attesa di sentire di più.

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    «... E dovresti lavorare con Allison, Jenkins. Anche lei tirocinante, forse l'hai già conosciuta. Te la presento» Rimase in attesa, Tom, sfogliando il fascicolo che gli aveva consegnato Doyle, sinceramente interessato all'intera faccenda che gli era stata raccontata, e sempre più convinto che sì, era stato scelto chiaramente con l'obiettivo di metterlo in difficoltà, e affiancato da qualcuno che probabilmente sarebbe stato molto più competente di lui, per assicurarsi che, alla fine, un articolo più o meno soddisfacente riuscisse a venirne fuori. «Allison, lui è Thomas. Ti spiegherà tutto quello che ti serve sapere su questa storia. Conto su di voi, ragazzi.» Doyle si allontanò, e Tom avrebbe potuto giurare di aver intravisto un sorriso malefico comparire sul suo volto poco prima di voltar loro le spalle. Noncurante, sorrise alla collega. «Ci siamo già visti da qualche parte, mi sa». Assottigliò gli occhi, incerto. «In ogni caso, se non ti dispiace, io non perderei tempo, e mi avvierei» Raccolse la giacca di pelle, abbandonata sullo schienale della sua sedia. «Andiamo a piedi, che è qui vicino» Sistemò il fascicolo di Doyle nello zaino, e lo infilò avviandosi verso l'uscita.

    Con una sigaretta accesa tra le labbra, Tom passeggiava per le vie acciottolate di Diagon Alley senza troppa fretta. La luce delle serate estive colorava le strade di un leggero arancione. «Si tratta di riciclaggio di denaro», cominciò, dopo qualche minuto di silenzio. «Hai presente quel nuovo b&B che ha aperto all'angolo tra la gelateria Florean e il Ghirigoro? A quanto pare c'è dietro un affare un po' losco. Dei noti riciclatori di denaro sono stati avvistati scambiarsi mazzette con il gestore dell'albergo. Guarda» Estrasse il fascicolo con una mano, la sigaretta pendente dalle labbra che lo costringeva a parlare muovendo un angolo della bocca. «Il nostro compito è curiosare. Soggiorniamo lì per stanotte, ficchiamo il naso in giro, proviamo a parlare con il gestore, ci accertiamo che non abbia una madre imbalsamata in cantina, teniamo gli occhi aperti. Insomma, cerchiamo di coglierli con le mani nel sacco». Si strinse nelle spalle, facendo un tiro di sigaretta. Espirò una nuvoletta opaca, premurandosi di voltare la faccia per soffiarla lontano da Allison. «Non so quanta fortuna avremo, ma vale la pena provare. Sei brava con lo spionaggio?» scherzò, sorridendo appena, e lanciandole un'occhiata divertita. «Direi che delle spie che si rispettino dovrebbero avere una buona copertura. Scegli cosa preferisci: potremmo essere soci, colleghi, o una coppia sposata insoddisfatta che prova a riaccendere la passione soggiornando in squallidi bed&breakfast ricavati da denaro sporco. Io personalmente, è ovvio, propendo più per quest'ultima, ma dimmi tu». Fece una pausa, fumando un altro po'. «Forse siamo un po' troppo giovani per essere sposati. Colleghi sia».
    Giunti all'albergo, Tom si schiarì la gola, per attirare l'attenzione del receptionist. Furono accolti da un ragazzino che avrà avuto su per giù 17 anni, rachitico, e visibilmente annoiato. «Benvenuti all'Olly&Milly Inn. Come posso aiutarvi?» fece, in un tono che più che una domanda faceva pensare ad una lamentela. «Ciao... Peter.» Si avvicinò, sporgendosi per leggere il nome appuntato sulla targhetta. «Meraviglioso conoscerti. Io sono... Rupert. Lei è mia moglie Barbra. Speravamo di poter soggiornare da voi per stanotte». Lanciò un'occhiata ad Allison, piegando gli angoli della bocca verso il basso come a dire ops, mi è scappato. Peter consultò pigramente il registro. «C'è una doppia con letto matrimoniale libera. È l'unica che abbiamo. Stanza 103» Guardò Allison, per soppesarne la reazione al sentire che avrebbero dovuto condividere il letto. «Perfetto, andrà benissimo!» Peter, con una smorfia infastidita davanti all'entusiasmo di Tom, si alzò, e raccolse dal gancio le chiavi della stanza. «Primo piano» fu tutto quello che si limitò a dire, per poi risedersi, e assentarsi completamente. Thomas si voltò verso Allison, sorridente. «Primo piano sia! Andiamo, amore?»
     
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    «Ho una storia per te, Jenkins!» La voce di Doyle la fece sobbalzare leggermente. Alzò lo sguardo dalla macchina da scrivere e con un gesto imbarazzato si sistemò gli occhiali rotondi sulla punta del naso. Stava per scattare in piedi, ma poi si ricordò che non era a scuola e che gli altri la stavano fissando. Aveva saputo da Jessica Smith - una tirocinante del corso di fotografia che aveva l’abitudine di riferire senza filtri tutto ciò che le giungeva all’orecchio - che tra i suoi colleghi, Allison era conosciuta come “la precisina”. Qualcuno sosteneva addirittura che la sua pignoleria riguardasse anche la sfera privata. Sembrava fosse uno degli argomenti più gettonati davanti alla macchina del caffè. Spesso l’ex Corvonero li vedeva ridere, guardando nella sua direzione. Allison aveva imparato ad essere impermeabile. Era una capacità che aveva sviluppato fin dai primi anni ad Hogwarts. La giovane Jenkins non era mai stata una di quelle che vengono invitate alle feste. Era una ragazzina non convenzionale, ma che in mezzo ad una folla sarebbe sicuramente passata inosservata. Non possedeva una bellezza spavalda. I capelli castani avevano da sempre avuto il compito di nasconderle il viso, creando come un guscio dentro il quale proteggersi dal resto del mondo. Doyle la stava ancora fissando, un sorriso che arrivava da una parte all’altra del suo viso. Eppure nel suo sguardo c’era qualcosa. Un qualcosa che Allie non riusciva a spiegarsi. I colleghi accanto a lei erano tornati al lavoro, ma tenevano un orecchio teso nella loro direzione. «Conosci Thomas Montgomery?» Allison fu presa dall’impulso di roteare gli occhi verso il soffitto. Oh, si conosceva decisamente Thomas Montgomery. Oh meglio, tutti lo conoscevano. Era pressappoco impossibile non averne mai sentito parlare, o non averlo mai visto comparire nei social. Anche lui era iscritto al Corso di Giornalismo. Aveva scambiato qualche parola con lui, ma era una di quelle persone con cui la Jenkins credeva di non avere assolutamente niente in comune. Thomas aveva un giro di amici con i quali era sempre sotto i riflettori. Se fossero stati i personaggi di una sceneggiatura teatrale, Thomas e i suoi sarebbero stati i protagonisti, mentre ad Allison sarebbe spettato il compito di aprire e chiudere il sipario. Aveva sempre avuto l’impressione che Thomas Montgomery fosse un superficiale, uno di quei figli di papà a cui è stata sempre aperta ogni tipo di porta. Ma cosa c’entrava Montgomery con la sua storia? Allison annuì e Doyle allargò ancora quel sorriso. Stava diventando inquietante. «E’ perfetto allora. Lui sarà il tuo partner. Qui c’è scritto tutto ciò che sappiamo per il momento.» Gettò un fascicolo sulla sua scrivania. «Vado ad avvertirlo.» «Ma io..» «Ottimo lavoro Jenkins.» Non la stava neanche ascoltando. Doyle era uscito dalla stanza così in fretta da non darle neppure il tempo di replicare in qualche modo. Allison sospirò, abbandonandosi sullo schienale della sedia. Sfilò gli occhiali e pulì le lenti con un lembo della camicetta. Si prese un momento per realizzare tutto ciò che era accaduto fino a quel punto, cercando di fare ordine. Afferrò il fascicolo e lesse il titolo. “Riciclaggio denaro “Olly&Milly Inn”.”. Riciclaggio di denaro. Qualcosa non tornava. Insomma.. Perché proprio lei? Fino a quel momento l’articolo più emozionante che le era stato affidato era quello sul nuovo menù stagionale de “Il Paiolo Magico”. Si chiama “gavetta”, le aveva detto Marcus Lowell, un uomo sulla cinquantina con la cravatta sempre bel allacciata. Quando entra qui dentro, per più di un anno mi fecero scrivere sulle corse dei cavalli. Da quando aveva messo piede là dentro aveva fatto di tutto per non passare inosservata. La giovane, come una brava bambina, eseguiva tutti i compiti che le venivano affidati con estrema minuzia, dando del suo meglio, ma chissà per quale motivo le venivano sempre affidati articoli minori. Non si era mai lasciata abbattere eppure sembrava che quel che faceva non fosse mai abbastanza. La prossima volta farò meglio, si ripeteva. Non era abituata ai fallimenti scolastici e di conseguenza non accettava che un suo compito fosse considerato “mediocre”. Lei non era mediocre.

    «Allison, lui è Thomas. Ti spiegherà tutto quello che ti serve sapere su questa storia. Conto su di voi, ragazzi.» Doyle le diede una pacca sulla spalla facendole quasi scivolare gli occhiali dal naso, poi uscì dalla stanza canticchiando. Che cosa diamine gli stava prendendo? «Ci siamo già visti da qualche parte, mi sa» Mi sa? Davvero, Montgomery? Allison lo fissò, alzando un sopracciglio. «In ogni caso, se non ti dispiace, io non perderei tempo, e mi avviere. Andiamo a piedi, che è qui vicino» Il corpo di Allison si irrigidì come se avesse appena preso la scossa. Andare a piedi? «Uscire? Adesso?» Thomas stava già infilando il fascicolo nello zaino. «Ma.. Ma non credo di avere il necessario e..» Il giovane stava già lasciando l’ufficio. Ancora una volta qualcuno le stava impedendo di finire di parlare. Sbuffò sonoramente, sistemando la tracolla della pesante borsa sulla spalla. «Oh, e va bene.» Sistemò gli occhiali sulla punta del naso e seguì il ragazzo fuori dalla porta.

    «Si tratta di riciclaggio di denaro. [...]l Il nostro compito è curiosare. Soggiorniamo lì per stanotte, ficchiamo il naso in giro, proviamo a parlare con il gestore, ci accertiamo che non abbia una madre imbalsamata in cantina, teniamo gli occhi aperti. Insomma, cerchiamo di coglierli con le mani nel sacco» Doyle doveva essere impazzito. Affidarle un compito del genere? «Non so quanta fortuna avremo, ma vale la pena provare. Sei brava con lo spionaggio?» «Affatto.» Tagliò corto, il tono leggermente più duro di quanto volesse. «Non ho mai fatto una cosa del genere, Montgomery! Spionaggio? Siamo impazziti?» Si fermò di scatto. Si sentiva un peso enorme sullo stomaco. «Fino ad oggi Doyle mi ha affidato articoli inutili. Hai letto quello del contadino che ha coltivato una zucca di trentasetti chili sulle colline di Hogsmeade? Opera mia.» Si posò l’indice sul petto. «O quello sul look di Basil Greengrass l’ultima volta che si è presentato ad un aperitivo. E non parliamo dell’interessantissimo caso dei gatti che di notte hanno rovesciato tutti i bidoni sul vicolo dietro “Il Piede di Porco”. Quello si che è stato entusiasmante.» Fino a quel momento l’unica con cui si era sfogata era Fawn, ma adesso le sembrava quasi di sentirsi più leggera. Cosa le ripeteva sempre la Byrne? Tira fuori le palle, Jenkins. «Se questo è un modo per Doyle per farmi fuori, bhè troverà pane per i suoi denti!»
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    «Direi che delle spie che si rispettino dovrebbero avere una buona copertura. [...] Colleghi sia» Colleghi sia. Allie annuì stringendo i pugni ed alzando il naso all’insù. Si sentiva una guerriera. Una guerriera pronta per cavalcare contro i guerrieri nemici. Giunti all’albergo sentì il cuore battere dentro lo stomaco. Coraggio, Allison. Sguaina la tua spada. Si morse il labbro internamente. «Benvenuti all'Olly&Milly Inn. Come posso aiutarvi?» Oddio. E adesso? Aiutoaiutoaiutoaiutoaiutoaiuto. Thomas sfoderò le sue armi attoriali sotto lo sguardo del giovane ragazzino alla reception. Però, era bravo. Davvero bravo. Sembrava lo facesse da una vita. «Meraviglioso conoscerti. Io sono... Rupert. Lei è mia moglie Barbra...» ASPETTA, COSA? MOGLIE!? Non avevano detto colleghi? Oddio, e ora? E ora? Montgomery la guardò, lo sguardo tra il divertito ed il colpevole. Allie lo fissò per un attimo, però poi scoppiò in una risatina trillante per nascondere il disagio. Era imbarazzata. Allison non sapeva dire bugie. Fawn le diceva che era un libro aperto e che le stupidate le si leggevano in faccia. Era sicura che nella sua fronte si fosse materializzato un enorme cartello con su scritto “Sto mentendo, io questo a malapena lo conosco. Ah, giusto, avete per caso un traffico di denaro sporco qua dentro?”. «Primo piano sia! Andiamo, amore?» Lo sguardo della giovane si posò su Peter, poi di nuovo su Thomas. Annuì, le labbra leggermente dischiuse. Ancora stava digerendo tutte quelle informazioni che le erano piombate addosso come un macigno. Oh, forse non era pronta per una prova del genere. Magari non era tanto male quell’articolo sulla zucca gigante.. «C-Certo. Andiamo tesoruccio..» Afferrò il braccio di Thomas, un po’ per copione, un po’ per sorreggersi. Al primo gradino sentì le gambe cederle. Sveglia, ragazzina! «Scusami..» Lo sussurrò a denti stretti, guardandosi intorno, stando attenta che non ci fosse nessuno. «Mi hai colta alla sprovvista! Avevo già una splendida storia su un bel viaggio di lavoro.» Scherzò sempre a bassa voce. Erano arrivati al primo piano e la stanza 103 era la prima sulla sinistra. Attese che Thomas girasse la chiave ed entrò per prima dentro la camera. Era piuttosto squallida. C’era un letto matrimoniale, un candelabro e delle orribili tende marroni alle finestre. Una porta apriva su un piccolo bagno dalla porcellana ingiallita. «Benvenuto nel nostro nido d’amore, tesorino..» Lasciò cadere la borsa sulla sedia e si sedette sul letto facendo rimbalzare il proprio peso. «Per fortuna non sono germofobica.» Si sforzò di sorridere, guardando Thomas ancora in piedi sulla soglia. Sarebbe stato facile se il suo dono avesse funzionato anche per risolvere i casi. Tutto ciò che in quel momento poteva percepire erano pensieri oscene di coppie clandestine che erano venute in quello squallido motel per consumare in poche ore il loro amore proibito. A volte era un dono davvero inutile. «Forse dovremmo cominciare a guardarci un po’ in giro. Che ne dici? E se provassi a parlare con il ragazzino alla reception? Magari riesco a convincerlo a dirmi qualcosa..» Strofinò le mani sui jeans. «Sappiamo una cosa, però. Non viene molta gente in questo posto. Hai notato le chiavi alla reception? C’erano tutte. Le uniche a mancare dal tabellone erano quelle della nostra stanza, la 103, ed altre due: la 156 e la 110. Se c’è qualcosa di sicuro si trova in una di quelle due stanze.» Si alzò in piedi e cominciò a ricoprire la distanza tra il letto e la finestra a passi precisi. La testa continuava ad elaborare. «Se Peter sa qualcosa è chiaro che ci abbia sistemato in una stanza lontana rispetto a quella dove avvengono affari loschi, quindi la più sospetta è la stanza 156. Ma darei anche un’occhiata ad entrambe.» Si fermò ed alzò lo sguardo sul giovane davanti a lei. «Allora? Cosa ne pensi?»
     
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