Tell me you're a keeper

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member
    ★★

    Group
    Member
    Posts
    89
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    tumblr_inline_nhfrquRe9b1t6da4c
    Le nuvole color cremisi si riflettevano sulla superficie screziata dell'acqua del lago, dipingendola di arancio, di azzurro, di lilla e centomila altre diverse colorazioni, tutte perfettamente al loro posto, ben disposte, una dietro l'altra, in fila, in una perfetta composizione. Azura sperò che Seb non tardasse ad arrivare, perché aveva la sensazione che quella visione sarebbe piaciuta a lui tanto quanto la stava adorando lei. Erano uguali in questo, pensava, mentre sedeva assorta sul brecciolino in riva al lago, le dita lasciate sfiorare con leggerezza sui polverosi sassolini biancastri. Immagini, scorci, sprazzi di secondo che pochi erano capaci di notare, ma Azura e Seb, all'unisono, sussultavano quasi per la meraviglia, la stessa meraviglia, nel coglierli a quel modo così istintivo che solo sguardi artistici come i loro sapevano catturare. Discreti, si aggiravano stupefacendosi per le stesse eccezionali minuzie che alla maggior parte delle persone, per disattenzione o differente sensibilità, il più delle volte sfuggivano.
    Una papera marrone si lasciava trascinare dalla corrente, pigra, starnazzando ogni tanto, e Azura si sentì come affezionata a lei, per il solo fatto di essere insieme a condividere quel momento della giornata così piacevole. Si sentiva pesante, aggravata dagli eventi orribili di qualche settimana prima, che adesso non riusciva bene ad inquadrare come accadimenti reali, sbiaditi dal desiderio di dimenticare e di andare avanti. Scrisse ancora qualche riga sul taccuino aperto che teneva davanti, decisa a rincorrere una sensazione che avrebbe voluto trascrivere e riportare a parole ma che continuava a sfuggirle, scivolandole via dalle dita proprio quando stava per afferrarla. Tamburellò sul foglio con la punta della penna, esitante. Il fruscio del vento e il gracchiante verso delle cicale coprivano il suono delle scariche elettriche che, se chiudeva gli occhi, la sua mente riusciva a ricreare con quasi assoluta precisione. Non ci avrebbe più pensato. Non quel weekend, e forse mai più. Andare avanti, si era detta; era quella l'unica possibilità, e quello avrebbe fatto.
    All'udire la voce di Seb, confortante e familiare, mutò l'espressione contrita sul suo volto, e Azura sorrise, tirandosi su. Della tristezza di poco prima non era rimasta che una flebile ombra. «Sei arrivato!» lo salutò entusiasta, abbracciandolo avvolgendogli la vita e poggiando la testa contro il suo petto per qualche secondo. Il suo profumo. «Benvenuto a Loch Morlich!» fece poi, slegandosi dall'abbraccio e spalancando le braccia verso il lago, davanti a loro. Lo sguardo di Azura rimase fermo sulla figura di Seb, però, mentre lui ammirava il paesaggio. È arrivato in tempo, pensò con un moto di tenerezza.

    «Ti faccio vedere, la adorerai, ne sono sicura!» Lo trascinò su per le scale del piccolo porticato in legno che percorreva il perimetro dell'abitazione. Era arrivata con una passaporta quel pomeriggio, solo per assicurarsi che fosse tutto in ordine e premurandosi di fare un salto al mini market in città per fare un po' di spesa. «Pronto? Chiudi gli occhi» gli ordinò, prima di aprire la porta. Entrando, lo guidò tenendolo per mano e lo posizionò al centro del salottino. Estrasse la bacchetta, rimanendo alle sue spalle. «Aprili» disse, nello stesso momento in cui, con un movimento di polso deciso, fece srotolare dal soffitto un festone che recitava a caratteri cubitali “congratulazioni per il tuo bambino diploma!”, con la correzione scritta a mano in uno stampatello obliquo di colore rosso. Sotto lo sguardo entusiasta di Azura, stelle filanti e scintille argentate fluttuarono attorno a loro. Con un altro movimento di bacchetta, il giradischi si azionò, e le note di She Moves In Her Own Way dei The Kooks si diffusero nella stanza. Azura si voltò verso Sebastian, radiosa, cercando di decifrare la sua reazione per decidere se tutto quello spettacolino arrangiato, preparato di fretta quel pomeriggio, avesse sortito l'effetto desiderato. Posò lo sguardo sullo striscione, mordicchiandosi il labbro. «Mi dispiace per quello, avevano solo festoni per nascite o compleanni... Ho rimediato come potevo», fece, stringendosi nelle spalle. «Lo so che come festa di diploma fa un po' schifo, e che siamo solo noi due, però ho pensato che potesse essere carino passare qualche giorno insieme». La verità era che dopo gli eventi di quel sabato di qualche settimana prima non avevano avuto modo di tornare alla normalità, almeno non completamente, entrambi troppo scossi e presi dalle proprie preoccupazioni. Poi c'era stata la questione di Nate e Fawn, quella strana tensione tra loro, e poi Seb aveva dovuto prepararsi per i MAGO, lasciando a loro due poco tempo per parlare di quanto accaduto, per darsi una mano a risanare le proprie ferite. Sapere che lo Zio Randy e la famiglia sarebbero tornati in America per qualche settimana, lasciando la casa di Aviemore libera proprio nello stesso periodo in cui Seb avrebbe finito gli esami, sembrava essere stata la più fortunata delle coincidenze. La casa era piccola, ma estremamente calda e accogliente, e un weekend via dalla civiltà, da qualche parte nelle Highlands, dove la ricezione del segnale telefonico non era che una vana speranza, non le era sembrata una cattiva idea. Adesso però, rivelata la sorpresa e rimasto solo quello striscione scritto male e cadente, non era più così sicura che a Seb potesse far piacere essere costretto lì, in una casetta in riva al lago, senza nessun altro con cui parlare se non lei, senza nessun particolare programma o attività a cui Azura avesse pensato per poterlo salvare dalla noia. «Oddio, ma come mi è venuto in mente di forzarti a venire qui? Avrai accettato soltanto per essere carino, ma magari tu avevi voglia di festeggiare diversamente, con i tuoi amici... Magari non volevi dover stare qui con me, da soli, in mezzo al nulla» pensò ad alta voce, mentre pian piano dentro di lei l'entusiasmo di poco prima scemava. Le sue insanabili insicurezze, le solite, sbocciate da relazioni complicate da cui era uscita riuscendo sempre, in qualche modo incredibile e puntuale, a colpevolizzarsi per il loro fallimento, tornavano a fare capolino. La paura di sbagliare, di forzare, di tirare troppo finché qualcosa, inevitabilmente, si fosse strappato, rieccola spuntare indisturbata. «Non sei obbligato a rimanere qui però, eh! Sappi che se ti annoi domani stesso possiamo ripartire e torniamo a casa. Io non mi offenderei, anzi, capirei la tua esigenza, assolutamente...» Si mordicchiò le unghie, in piedi nel salottino illuminato dalla luce calda dell'abat-jour sul comodino accanto al divano, le stelle filanti sul pavimento e l'assolo di chitarra di Hugh Harris in sottofondo.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    223
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Quindi te ne vai, tutto l'intero weekend, così, senza avvisare prima? » Seb continua ad infilare roba a casaccio nello zaino, senza stare a soffermarsi troppo sul mettere i vestiti piegati in un certo modo, le scarpe in apposite buste, affinché non sporchino il resto dell'equipaggiamento e i libri sopra tutto perché così non si sgualciscono. No, mette tutto alla rinfusa, perché vuole andarsene prima possibile da quella camera. Non ne può più. Ci ha passato fin troppi pomeriggi, durante lo studio matto e forsennato per riuscire a diplomarsi e in un modo vagamente convincente. Ma ora che ha finito tutto, non gli interessa nemmeno più di aspettare i risultati. Vuole soltanto andarsene, per un paio di giorni, per staccare la spina, senza avere noie né fastidi. « Oh, allora? » « La prossima volta ti avverto con una missiva con tanto di marca bollata. Quanti giorni di preavviso vuoi? » Le lancia un'occhiata, mentre sorride, lasciandole quindi intendere quanto stia scherzando. Angelica Grindelwald è così. Vivace, fin troppo giovanile e spensierata per gli anni che ha, ma pur sempre sua madre, con picchi di palese apprensione. « Ah, quindi è così? Ora che ti sei diplomato, pensi di poter fare tutto quello che vuoi, mh? E no signorino, fino a prova contraria questo non è mica un albergo. » Sbuffa sonoramente, il ragazzo che si rialza in piedi, dopo essersi piegato sul letto per tentare di chiudere lo zaino. Un ciuffo riccio e assai ribelle si sposta all'indietro, sulle note del suo respiro. « Mamma, sto via soltanto un paio di giorni. Niente di più. Poi quando torno, non farò altro che stare a casa, a commiserarmi perché non hanno accettato la mia richiesta di borsa di studio e il prossimo anno lo passerò a fare il lavapiatti al Paiolo Magico. Quindi, starò con te. Tutti i giorni, 24 ore su 24. Contenta? » Forse la nota sottile di esasperazione nel tono di lui la fa desistere, perché dopo qualche istante, si sente abbracciare da dietro. Lei, evidentemente più piccola di statura di lui, poggia la testa contro il suo gomito. « Vai con la biondina di cui metti le foto su Wiz, ogni tanto? » Lui scuote la testa, rassegnato a non avere un attimo di tregua con la bionda alle sue spalle. « E' molto carina, sai? » « Lo so. » L'unica risposta che riesce a tirare fuori, mentre un sorriso ebete gli compare sul volto. E' quello l'effetto che gli fa, si sente un completo cretino nell'avere sempre la medesima reazione, ma è un qualcosa di completamente irrazionale. Non può farci niente. Ha bisogno di sorridere, ogni volta, perché è probabilmente la cosa migliore che gli sia capitata nell'ultimo periodo. « Quindi ti metto nello zaino anche un pacchetto di preservativi? » L'espressione muta, irrimediabilmente, sul viso del giovane, che si scrolla via la madre. « Mà, eddai! » Lei scoppia a ridere ed è inevitabile che lo faccia anche lui, mentre si mette lo zaino in spalla, per poi depositare un bacio sulla fronte di lei, per salutarla. « Buona serata, va! » Si allunga velocemente verso le scale che portano al piano di sotto, mentre sente la madre bofonchiare qualcosa dietro le sue spalle. « Mi raccomando che sono troppo giovane per diventare nonna. »

    [..] Una Passaporta, programmata per le 18.50, lo fa atterrare su di un prato accarezzato dalla brezza fresca montanara. Respira a fondo, trovando subito giovamento in quell'aria genuina, pulita da ogni sporcizia cittadina. E' quando riapre gli occhi, con le caviglie gentilmente toccate dall'erba sopra cui cammina, che la vede, in riva al laghetto sul quale si affaccia la casetta. Non vi è molto altro intorno e il tutto è reso ancora più bucolico dalla presenza di una fitta vegetazione dai colori sgargianti. Si ferma a guardarla, da lontano, mentre è costretto a portarsi davanti l'occhio destro il mirino della macchina fotografica. E' uno spettacolo, quello, che non può non catturare, gelosamente, tra le trame di una foto. Scatta una volta soltanto e poi guarda lo schermino. Un fascio di luce aranciata passa perpendicolarmente ad incontrare l'acqua del fiume. E lei è lì, che gli dà le spalle, immersa e integrata perfettamente in quel quadro che ha un sapore quasi di natura impressionista. « Signorina, buonasera! » Si introduce, con una risata facilmente udibile nel suo tono di voce. «Sei arrivato!» Il sorriso che lei gli riserva riesce a scaldarlo, più di quei raggi che riescono a sfuggire alle nuvole, per dipingere la superficie dello specchio d'acqua. L'accoglie a braccia aperte, stringendola a sé, depositandole un bacio tra i capelli. « Ammettilo che pensavi mi sarei perso per strada, facendo di testa mia. E invece no. "Le Passaporte sono più sicure", come dice sempre qualcuna. » Ridacchia, mentre lei si scosta da lui. In fondo, lo sanno entrambi che il dono dell'orientamento non rientra esattamente nel suo patrimonio genetico e proprio per questo, la bionda ha sempre cercato di fargli capire che, se esistono i mezzi magici per spostarsi in giro per il mondo, un perché ci deve pur essere. «Benvenuto a Loch Morlich!» Si volta a guardare l'orizzonte, sentendo il rilassarsi progressivo di ogni suo muscolo, ogni centimetro del suo corpo. « E' proprio un posto da me e te. » Alla fine commenta, sovrappensiero, prima che l'entusiasmo di lei lo travolga in pieno. «Ti faccio vedere, la adorerai, ne sono sicura!» Con un sorriso, stringe la sua mano nella propria, seguendola, con una falcata lunga ogni tre, quattro passi di lei. « Nel frattempo raccontami. Quante volte sei venuta in questo angolo di paradiso? » Le chiede, prima di eseguire gli ordini, serrando gli occhi con una mano posta di fronte. Si muove incerto, lasciandosi guidare da lei dentro la casa. Il cambio di ambiente è percettibile ad orecchio. Le pareti di legno della casa fanno quasi perfettamente da scudo per i rumori naturali provenienti da fuori e dentro è tutto più attutito e tranquillo. «Aprili» Come un bambino la mattina di Natale, apre gli occhi bicolore e al loro interno è possibile scorgervi la pura meraviglia. E' sorpreso dalla premura che la bionda ha messo per congratularsi. Sorride, nel guardare lo striscione e poi ride, scorgendo la piccola cancellatura fatta a penna. I colori scintillanti dei festoni e i coriandoli che vorticano intorno alle loro teste si riflettono negli occhi chiari di lei quando lui si sofferma a guardarla, con un sorriso imbarazzato sul volto. «Mi dispiace per quello, avevano solo festoni per nascite o compleanni... Ho rimediato come potevo» Una risata roca gli scuote il petto, pensando alla faccia di Angelica, di fronte ad una scritta del genere. «Lo so che come festa di diploma fa un po' schifo, e che siamo solo noi due, però ho pensato che potesse essere carino passare qualche giorno insieme» Non dice nulla, Seb, ancora per qualche istante, mentre gira su se stesso, con i piedi che vanno quasi ad accavallarsi, uno sopra l'altro. E' davvero carina e accogliente, la casa degli zii di Azura. La classica casetta di montagna, lontana dai rumori cittadini, lontana dal suo frastuono, lontana da tutta quella frenesia che ti obbliga sempre a stare sull'attenti, senza potersi mai rilassare. Ha avuto una bella idea, la sua biondina. Starsene lì, con lei soltanto, è quello che vuole, dopo le settimane angoscianti che ha avuto. Quel Sabato terribile che poi aveva
    tumblr_inline_pnp8fwLyvz1u9urvd_400
    portato ad accrescere la sua ansia di fronte agli esami di fine anno. E se non ci fosse stata lei, Seb è certo che non sarebbe riuscito a concentrarsi sullo studio di nemmeno una singola materia. Lei prende a blaterare, a macchinetta, lasciando che tutta la sua insicurezza esca allo scoperto. Ama anche questo tratto di lei: l'estrema sincerità e l'innocente naturalezza con cui riesce a mettersi a nudo di fronte a lui. Gli piace vedere come le venga facile mostrarsi per quello che è, senza bisogno di maschere e sovrastrutture. Gli piace un po' meno il saperla così insicura nei suoi confronti, ma su questo punto ci sta lavorando. « E' tutto così perfetto. » Se ne esce fuori, mentre l'agguanta da dietro, con le braccia che si fermano a cingerle la vita. La stringe, in quell'abbraccio, mentre le posa un bacio sulla spalla. « Non dovevi impegnarti così tanto per me, ma grazie davvero. Non me l'aspettavo proprio. » Azura riesce a tirare fuori il meglio di sé, quando deve far sentire importante una persona, questa è una cosa che Seb ha capito da tempo, eppure, ogni volta, è una sorpresa. Lo scoprire di essere stato al centro dei suoi pensieri, così tanto da mettere su una piccola festicciola, come quella, lo fa sorridere, ancora di più, contro il tessuto della sua maglietta. « Quanto è sdolcinato, da 1 a 10, se dico che non c'è altro posto in cui vorrei stare, al momento, se non qui, con te? » Farfuglia, un po' imbarazzato, ringraziando il cielo di essere alle sue spalle, così da non poter vedere le sue guance leggermente arrossate. La musica, nel frattempo, fa da dolce accompagnamento a quel dolce quadretto e i fianchi di Seb, all'improvviso, prendono a muoversi, così come fa la sua mano destra, che scivola dolcemente verso quella di lei. « E' quello che mi ci vuole. » Riprende a dire, facendole fare una piroetta su se stessa, per poi ritrovarsi faccia a faccia. « E' quello che ci vuole ad entrambi. » Le scocca un bacio sulle labbra, prima di allontanarla da sé, per prendere a ballare quello che a lui sembra un'ottima imitazione dell'hand jive anni 40. « Anche perché non voglio tornare a sprofondare nell'autocommiserazione di non sapere che fare da grande. » Ridacchia, alzando il braccio per farle fare una giravolta e ancora un'altra. L'accompagna, impacciato, in quello che dovrebbe essere un casquè, ma che si rivela essere solo l'ennesima scusa per rubarle un bacio. « Quindi, se non hai niente in contrario, io direi di cancellare tutti i tuoi impegni dei prossimi mesi. Poi chiamiamo tuo zio, gli diciamo che occupiamo ufficialmente casa sua e rimaniamo qua. A vivere di pittura, fotografia e poesia. » Alza le sopracciglia, come a voler ottenere da lei una risposta, mentre la fa volteggiare tra le dita. « Che ne dici? E' fattibile secondo te? »
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member
    ★★

    Group
    Member
    Posts
    89
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    tumblr_inline_p93j8x4a8l1rk450s_540
    «Nel frattempo raccontami. Quante volte sei venuta in questo angolo di paradiso?» La voce di Seb faceva quella cosa che le piaceva tanto quando parlava a bassa voce. Come un riflesso istintivo, una sorta di memoria muscolare, quando si facevano più vicini Seb cominciava a parlarle con quella voce più rauca, e Azura pareva leggervi dentro come l'ombra di un sorriso, senza neanche doverlo guardare. Lo stesso che aveva lei mentre si incamminavano dal lago alla casa, e la mano di lei andava a incontrare la sua, intrecciando le dita con disinvoltura. «Uhm... In realtà forse soltanto un paio di volte. Sicuramente molto meno di quanto avrei voluto, ma col fatto che i miei lavorano tanto a casa non abbiamo potuto spostarci molto spesso per venire a trovare i miei zii. Poi c'era di mezzo quella storia che mi ammalavo sempre... Te ne ho mai parlato?» Lo guardò, inarcando un sopracciglio. Probabilmente non l'aveva fatto. «Magari lasciamo le conversazioni sulla nostra infanzia e le nostre figure genitoriali a più tardi, che dici?» fece poi, sorridendo. Le parve strano, per qualche secondo, che non ne avessero mai parlato prima, e che ci fosse qualcosa della sua vita di cui Seb fosse all'oscuro. In un attimo che fortunatamente passò con la stessa rapidità con il quale era arrivato, Zura pensò che non avrebbe sopportato l'idea che ci fosse qualcosa di lei che il ragazzo non conoscesse. A quel tipo di disperata appartenenza si guardava bene dall'abbandonarsi.
    «È tutto così perfetto», e Azura si rilassò improvvisamente, espirando mentre veniva travolta dall'abbraccio di Seb, che l'avvolgeva da dietro. Doveva ricordarselo più spesso, quanto facili fossero le cose con lui. Quanto non avesse motivo di preoccuparsi. Eppure non poteva farne a meno. Aveva imparato a diffidare dalle cose troppo belle, troppo pure, troppo rassicuranti. Niente la preoccupava quanto il periodo da luna di miele in una relazione, perché significava che quello fosse l'apice, e che da lì in poi non ci fosse altro che discesa. E lo sapeva, lo sapeva di non dover dare ascolto alle voci che le dicevano di diffidare dalla bellezza delle cose, di fidarsi soltanto di ciò che è imperfetto e mediocre; e lo sapeva non soltanto perché pensando troppo avrebbe rovinato il momento, ma anche perché quella voce mentiva, e, forse, Azura ne riconosceva l'origine morbosa, malata, infetta, la radice più nascosta che in realtà, nel sussurrarle quei pensieri cattivi, stava solo suggerendole di non meritarsi niente che fosse veramente bello. «Non dovevi impegnarti così tanto per me, ma grazie davvero. Non me l'aspettavo proprio». Si voltò, incontrando così lo sguardo di Sebastian, prima di farsi più vicina, e sfiorare le sue labbra con le proprie. Catturò un bacio più pieno, e paradossalmente più fragile, stringendo quella cosa bellissima che era lui, per lei, con la cura di farlo piano, di non sciuparla. «Quanto è sdolcinato da 1 a 10, se dico che non c'è altro posto in cui vorrei stare, al momento, se non qui, con te?» Azura gli rivolse il sorriso più grande di cui era capace, prima di passarsi la lingua sulle labbra e mordicchiarsele. Scosse appena la testa, veramente felice. «È quello che mi ci vuole. È quello che ci vuole a entrambi» disse, prima di farla girare su se stessa. Lei roteò fino ad allontanarsi completamente da lui, muovendo i lembi del vestitino che indossava a ritmo di musica. Scoppiò a ridere, come faceva ogni volta, quando lui si cimentò in quello che doveva essere una sorta di hand jive mal riuscito. Gli si riavvicinò, attirandolo a sé con un lasso immaginaria, e continuarono a sfoderare alcune delle più patetiche e imbarazzanti mosse del loro repertorio, sempre però incredibilmente a ritmo. «Quindi, se non hai niente in contrario, io direi di cancellare tutti i tuoi impegni dei prossimi mesi.» «Mh-mh», rispose, mentre il giradischi incantato passava al vinile successivo, che, fluttuando, prendeva il posto del precedente. «Poi chiamiamo tuo zio, gli diciamo che occupiamo ufficialmente casa sua e rimaniamo qua. A vivere di pittura, fotografia e poesia». Per qualche motivo scoppiò a ridere, intenerita e come, da qualche parte che non avrebbe saputo spiegare, triste che quella non fosse una possibilità reale. Sospirò, dondolando più piano sulle note della nuova canzone. «Che bello sarebbe? Io non dovrei tornare a quello schifo di Corso Auror, e tu non dovresti preoccuparti di capire cosa vuoi fare della tua vita. Vivremmo così, fino a stancarci l'uno dell'altra e a odiarci follemente» commentò, lasciando forse trapelare più cinismo di quanto non intendesse, o di quanto non fosse consapevole di possedere. Era questo, forse, quella voce. Forse non era più capace di sognare come prima. E si chiese se fosse colpa dell'età e delle esperienze, se Sebastian invece fosse ancora pieno di aspettative, se pensasse fosse possibile per due persone passare tutta la vita insieme.

    Più tardi, a cena, Azura si propose per cucinare. Seb era da qualche parte fuori, dopo essere stato praticamente cacciato via a suon di: «Non devi preoccuparti di niente, questo weekend», in risposta alle sue proteste davanti alla prospettiva di non poter aiutare. «Hai tutti gli anni del College per preoccuparti, stressarti, e prepararti cibo mediocre da mangiare. Ora goditi. la tua. libertà.» L'aveva letteralmente spinto fuori dalla porta di casa, dove era certo non avrebbe trovato un modo per infilarsi di soppiatto in cucina. Lei, dal canto suo, sapeva preparare solo ed esclusivamente un piatto, che malamente tentava di scopiazzare al ristorante italiano di Malibu che aveva frequentato quasi giornalmente quando viveva in America: le lasagne. E ci mise tutta la buona volontà di cui era capace, ma persino il più amatoriale dei cuochi sa che non bastano le intenzioni a far riuscire un piatto. La pasta andava prima cotta? E il sugo? Quanto sugo per ogni strato? Ne aveva preparato abbastanza? Fortunatamente parve di sì, o forse era stata la fame a guidarli, insieme alla prospettiva di non poter ripiegare su una pizza d'asporto nel bel mezzo delle Highlands scozzesi. Spazzolarono via tutto in pochi brevi minuti, lei seduta sul bancone della cucina, servendosi direttamente dalla teglia, lui al tavolo.
    Dopo cena, in stato comatoso, Azura e Seb riversavano sul divano, ognuno assorto nella propria lettura. Lei stava rileggendo Fahrenheit 451, le gambe distese poggiate su quelle di lui. Il fuoco scoppiettante nel camino di fronte a loro era l'unica fonte di luce e di rumore all'interno della casa, e pareva accompagnare i respiri cadenzati dei due ragazzi, in una sorta di lenta sinfonia domestica. Per qualche secondo, Azura distolse gli occhi dalle righe del libro, puntandole sul bordo del tappeto intrecciato per terra. Registrò quel momento nella sua memoria. Si disse che, qualsiasi cosa fosse successa tra lei e Seb, comunque le cose fossero andate, quello sarebbe stato un ricordo che mai si sarebbe corrotto. Sarebbe rimasto puro, intonso come il libro che stava leggendo lui, e mentre lo viveva cominciò a sentirne già la mancanza. Chiuse il libriccino con un tonfo, ritirando le gambe al petto. «Ho deciso che questo non è il modo giusto di festeggiare la fine degli esami e l'inizio della tua libertà. Per quanto mi piaccia vivere da pensionati, non è questo il momento. Dobbiamo fare un gioco da giovani.» Gli si avvicinò, sfilandogli il volume dalle mani con uno sguardo vispo. «Hai mai sentito parlare di verità? Bene. Perché è un gioco che ho inventato adesso tipo obbligo, giudizio o verità ma senza i primi due» cominciò, senza neanche lasciargli il tempo di rispondere. «In questa versione di verità, i partecipanti dovranno a turno domandare all'altro di confessare una verità. Se l'altro confessa, allora un capo di abbigliamento di chi ha posto la domanda vola via. Sai, perché “ci si mette a nudo” insieme» recitò, con voce impostata e sguardo serissimo puntato oltre la spalla di Seb. «È una versione un po' modificata al momento, spero non sia un problema», sussurrò poi, uscendo per qualche secondo dal personaggio del presentatore televisivo che stava improvvisando. «Se l'altro si rifiuta, si BEVE! Allora, ci stai?» Chiese infine, saltando su e tendendogli la mano aperta.
     
    .
2 replies since 27/7/2019, 16:07   109 views
  Share  
.