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    GRYFFINDOR PRIDE

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    E anche quella tremenda, lunga e stressante sessione estiva alla fine era giunta al proprio termine. Dean Moses ne aveva sorpresa di gente da quando aveva cominciato il college! La maggior parte delle persone, tra compagni ed ex insegnanti, sarebbe stata pronta a scommettersi casa e famiglia sul fatto che il Grifondoro non sarebbe rimasto all'Università abbastanza a lungo da mangiarci il panettone. E invece, contro ogni previsione, Dean si era rivelato uno studente più che eccellente nel suo campo. Che avesse avuto una maturazione tardiva? Forse, un po'. Ma per lo più il nodo era un altro: studiava ciò che aveva sempre amato, e la svogliatezza trova poco posto dove c'è la passione. Aveva persino voltato le spalle al Quidditch, quando si era ritrovato a dover tagliare occupazioni dal proprio tempo; e questo la dice lunga! Con un lavoro indispensabile a sostenersi e l'impegno oneroso dell'università, il tempo libero tra le mani non era poi così tanto, e delle attività extracurriculari, il Quidditch era quella che impegnava più tempo e fatica - così aveva deciso di tagliarla, per quanto ciò potesse dispiacergli. Si era tuttavia lasciato il club di lettura (che per il suo corso offriva dei crediti extra sempre ben accetti) e il teatro, nel quale poteva dare sfogo alla sua verve più fisica e creativa. "Capisci? Il problema è che..beh..siamo tutti bianchi, ecco." disse, stringendosi nelle spalle mentre con un colpo di bacchetta ordinava alle sedie di poggiarsi sui tavoli per dargli modo di passare lo straccio sul pavimento. June era passata a trovarlo quella sera, e come spesso capitava, erano finiti per perdersi in chiacchiere fino all'orario di chiusura, quando tutti i clienti se ne erano andati e per Dean giungeva il tempo di pulire la confusione che si erano lasciati dietro. Inutile dirlo: avere compagnia in quei momenti rendeva il lavoro molto più divertente. A Dean, d'altronde, il lavoro in sé non aveva mai pesato (anzi, gli piaceva pure tenersi occupato), ma farlo scambiando due chiacchiere era certamente un altro paio di maniche. Così, giunto il tempo di pulire, aveva chiesto all'amica di sedersi sul bancone o su uno dei tavoli, aveva tirato fuori lo straccio, e aiutandosi con un po' di magia aveva iniziato a darsi da fare. "Che è la ragione per cui la mia proposta di mettere in scena Hairspray è stata bocciata. Sarei stato un Link Larkin perfetto. Anzi..sono nato per interpretare Link fottuto Larkin. Però capisci che è un po' offensivo se a una parte della produzione devi pitturare la faccia di un colore diverso. Fosse Wicked sarebbe un altro paio di maniche, però ecco..mi capisci. Cioè, non si può fare, tutto qui." Tirò un sospiro, intozzando lo straccio nel secchio di acqua e sapone. "Così alla fine abbiamo optato per West Side Story. Classicone. Bellissimo. Un capolavoro. Sì, ma il problema rimane. I portoricani avranno pure un colore di pelle più simile al nostro, ma capisci comunque che io biondo con gli occhi azzurri e pallido a fare Bernardo stono un po'." Una parte, quella di Bernardo, che Dean adorava e che riteneva più che adatta per sé; non si sarebbe mai visto come un Tony o un Riff, però era anche vero che mettere in scena determinati personaggi senza avere alcune importanti caratteristiche un po' lo disturbava. "I nostri Sharks - tolte poche eccezioni - sembrano l'ala secessionista dei Jets. Giusto Fawn e Roxie hanno il physique du rôle." Ma in fin dei conti l'importante era divertirsi, e andare alle prove era uno dei momenti migliori delle sue giornate, sebbene ormai giunti a una sola settimana dallo spettacolo queste si stessero facendo molto più lunghe e intensive. Si scrollò quindi nelle spalle, come a voler suggerire una certa noncuranza nei confronti di un argomento a cui aveva dedicato già più parole del dovuto. "Vabbè..tutte lamentele sterili, perdonami. L'importante è che lo spettacolo venga bene, e l'atmosfera è decisamente buona, quindi penso che sarà un successo." Alzò lo sguardo sull'amica, sorridendole nell'indicarla con un finto fare minaccioso. "Sappi che ti voglio vedere assolutamente in prima fila. Se poi fai partire la standing ovation dopo i miei pezzi, pure meglio." Ridacchiò in seguito a quelle parole, allungandosi verso il bancone per prendere un sorso dal proprio bicchiere d'acqua prima di rimettersi all'opera. "Tu invece? Che mi racconti di nuovo? Di certo hai roba molto più interessante della mia da condividere, superstar." Ormai era diventata quasi una barzelletta per Dean quella di avere tra i propri amici più stretti metà della formazione dei Falcons. Ogni giorno uno dei suoi compari sembrava unirsi alla squadra, fintanto che Dean era arrivato a ipotizzare fosse un requisito necessario a curriculum quello di averlo tra gli amici. Sanno che Moses è un marchio di affidabilità: mi scelgo bene la scuderia - diceva di tanto in tanto a Sam, Malia, June o James. Dovrei mettermi nel business tipo come reclutatore, o manager: farei più soldi di Paperone con le credenziali e i contatti che vanto a questo punto. Tutte cose che, ovviamente, diceva per scherzo. Per quanto Dean avesse imparato ad amare il Quidditch fin dal suo primo giorno ad Hogwarts, non lo aveva mai veramente valutato come uno sbocco futuro di carriera. Per lui era sempre stato solo un hobby, mentre nel suo cuore era molto più radicata la passione per la letteratura e le discipline creative. "La sessione? Andata liscia?"
     
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    Dondolando i piedi nel vuoto, June portò il bicchiere alle labbra, scolandosi l’ultimo sorso del vodka sour che Dean le aveva preparato. Ingoiò un pezzo di ghiaccio, sentendolo sciogliersi contro la guancia. Con un movimento istintivo, fece pressione sul pulsante blocca-schermo dello smartphone, illuminandolo. Nessuna notifica. Sospirò, silenziosamente, avvertendo una sensazione di apprensione farsi largo dentro di lei, a partire dalla bocca dello stomaco. La faccenda dello Shame l’aveva turbata non poco, a tal punto da renderla quasi paranoica. "Capisci? Il problema è che..beh..siamo tutti bianchi, ecco." Riscuotendosi, alzò il viso in direzione di Dean, con espressione assente e sorpresa al tempo stesso. Battè le palpebre, confusa, cercando di ricollegarsi al filo del discorso. Doveva apparire piuttosto stupida, con l’aria accigliata ed il pezzo di ghiaccio che le spuntava sotto la pelle della guancia. « Ed è un problema perché… » Indagò, cercando di fare due più due. La sua soglia d’attenzione quella sera sembrava essere più bassa del solito. Anzi, in realtà, la cosa andava avanti da un po’. Da quel fotuttissimo sabato sera, per essere precisi. « Scusami. Mi sono distratta un attimo. » Ammise, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Frantumò il pezzo di ghiaccio tra i denti e si schiarì la voce, rivolgendo a Dean un ampio sorriso. « Teatro. » Esordì. « Stavamo parlando di teatro. » Confermò, raddrizzandosi, di nuovo pronta a dedicargli tutta la sua attenzione. Sebbene il teatro non fosse uno dei suoi hobby – e, a dispetto dei tenaci tentativi di Fawn, Juniper ne avesse una conoscenza davvero limitata – le piaceva assistere agli spettacoli del club e, a suo parere, Dean e Fawn erano sempre fenomenali. In qualunque ruolo. "Che è la ragione per cui la mia proposta di mettere in scena Hairspray è stata bocciata. Sarei stato un Link Larkin perfetto. Anzi..sono nato per interpretare Link fottuto Larkin. Però capisci che è un po' offensivo se a una parte della produzione devi pitturare la faccia di un colore diverso. Fosse Wicked sarebbe un altro paio di maniche, però ecco..mi capisci. Cioè, non si può fare, tutto qui." Annuì, accigliandosi leggermente. Comprendeva perfettamente la necessità di non snaturare l’opera ed evitare appropriazioni o offese culturali ma, al contempo, il punto di vista di Dean le appariva ugualmente importante: non poter mettere in scena una determinata produzione per mancanza di attori che rispondessero a canoni estetici e culturali, quando il talento del cast era più che evidente, era un gran peccato. "Così alla fine abbiamo optato per West Side Story. Classicone. Bellissimo. Un capolavoro. Sì, ma il problema rimane. I portoricani avranno pure un colore di pelle più simile al nostro, ma capisci comunque che io biondo con gli occhi azzurri e pallido a fare Bernardo stono un po'." Seguì i movimenti di Dean con lo sguardo, cercando di immaginarlo nelle vesti di un portoricano. Dovette attingere non poco alla sua fantasia, con il risultato di aggiungergli un bel paio di baffi scuri, simili a quelli degli spagnoli nella vecchia versione del telefilm Zorro. Inclinò il viso di lato, senza smettere di guardarlo. L’immagine di lui nella sua mente assomigliava più ad un mafioso italiano che ad un portoricano. Muy raro. « E non potresti usare delle lenti a contatto colorate? O tingerti i capelli, anche solo temporaneamente? » Domandò, da profana del teatro qual’era. Nella sua ignoranza, era a conoscenza di simili espedienti nel teatro e nel cinema babbano. Nel Mondo Magico, in teoria, non avrebbe dovuto essere più semplice ricorrere a simili espedienti? "I nostri Sharks - tolte poche eccezioni - sembrano l'ala secessionista dei Jets. Giusto Fawn e Roxie hanno il physique du rôle." June si ritrovò ad annuire per la seconda volta, con aria comprensiva. Ormai si era abituata ad essere bombardata da una serie di riferimenti americani di cui cui, in genere, ignorava il significato vero e proprio. In genere riusciva a coglierne il significato generale, desumendolo dalla conversazione ma, per il resto, la terra natìa di Fawn e Dean per lei rimaneva quella riportata nei film, con tutti i connotati positivi e negativi del caso. Ebbene sì: nei suoi vent’anni di vita, la primogenita dei Rosier non aveva ancora messo piede negli Stati Uniti. Una vera e propria bestemmia, secondo Fawn. "Vabbè..tutte lamentele sterili, perdonami. L'importante è che lo spettacolo venga bene, e l'atmosfera è decisamente buona, quindi penso che sarà un successo." June si aprì in un sorriso, contagiata dall’entusiasmo di Dean. « Sarà stupendo. Fawn mi aveva anticipato qualcosa al riguardo… la tech week, giusto? » Gli chiese, ricordando la conversazione avuta qualche settimana prima a casa di Fawn. Era incredibile quante cose fossero successe da quel pomeriggio ordinario, a base di chiacchiere e caffè. Il mondo sembrava essersi capovolto unicamente nel giro di una notte. . "Sappi che ti voglio vedere assolutamente in prima fila. Se poi fai partire la standing ovation dopo i miei pezzi, pure meglio." Per l’ennesima volta, nascose i pensieri negativi dietro un sorriso apparentemente naturale. Ormai era diventata piuttosto brava a fingere, a distrarsi abbastanza da potersi comportare in maniera normale. « Non me lo perderei per nulla al mondo. » Rispose, alzando la mano destra nell’imitazione di un giuramento e, al contempo, facendosi una croce sul cuore con l’indice della sinistra. « Anzi, ti dirò di più: a fine spettacolo potrei persino lanciarvi un paio di mutandine sul palco. Hai qualche preferenza al riguardo?. » Scherzò, fingendo un’espressione spaventosamente seria e, per tale motivo, terribilmente in contrasto con il suo tono di voce. Prese in mano il bicchiere e ripescò la fettina di limone dal fondo, portandola alle labbra per piluccarne la polpa acidula. Era un brutto vizio, quello, per cui Alanna l’aveva rimproverata all’infinito. Poteva quasi sentirla: Giocare con il cibo non sta bene, Juniper. Non è un comportamento da signorina. Sbuffò silenziosamente, ficcandosi in bocca l’intera fetta nell’esatto momento in cui Dean tornava a rivolgerle la parola. "Tu invece? Che mi racconti di nuovo? Di certo hai roba molto più interessante della mia da condividere, superstar." June si irrigidì per qualche istante, prima di aprirsi in un sorriso: schiuse le labbra rosee, al posto dei denti diritti e curati comparve la scorza gialla del limone, come se June indossasse un paradenti giallo acceso. « Nuffa di fhé. » Rispose stupidamente, sbattendo ripetutamente le ciglia in una stupida imitazione civettuola. Scoppiò a ridere, togliendosi il limone di bocca con due dita. « Nulla di particolarmente interessante, ad essere sinceri. » Bugia. Grande, grandissima, enorme bugia. Ma non aveva voglia di parlare di tutto ciò che era accaduto. Non in quel momento. Non era ancora pronta a farlo e, soprattutto, non voleva turbare Dean in alcun modo. Fingere era più semplice. La parvenza di normalità era rassicurante. « La mia vita procede come al solito: allenamenti, sbronze, Yaxley che non si rende conto che sono la donna della sua vita. » Scherzò, con finta aria affranta, portando entrambe le mani al petto, sopra al cuore. "La sessione? Andata liscia?" June arricciò il naso, rabbuiandosi appena. Si sfregò la fronte con due dita, infine sospirò. « Uhm. Non è andata così male da chiederti di ripiegare su una domanda di riserva ma… diciamo che ci sono un paio di esami in sospeso. Mi toccherà darli a settembre e, con il primo turno delle qualificazioni della Coppa di Quidditch alle porte, sarà un vero bagno di sangue. » Rispose, spalancando i grandi occhi azzurri. Rimase in silenzio per qualche istante, appoggiando le mani sul bordo del bancone su cui era seduta e inclinandosi lievemente in avanti. « A volte mi chiedo perché continuo a studiare. Voglio dire… se le cose con i Falcons andassero bene potrei benissimo infischiarmene della laurea. » Quel pensiero le sfuggì, materializzandosi ad alta voce. In realtà, studiare le piaceva. Il quidditch le piaceva. Ma, in quell’ultimo periodo, le sembrava di non avere nemmeno tempo per pensare. Il che, in realtà, era un bene. « Oppure sono sempre in tempo per accontentare mia nonna e diventare una sua copia in miniatura. Potrei dedicarmi a qualche associazione di beneficienza a tempo perso, sposare qualche ricco partito e passare il resto dei miei giorni a giudicare il prossimo come Dio sceso in terra. » Inclinò il capo di lato, come se stesse seriamente valutando quell’opzione. « Certo, dovrei rinunciare alle gare di rutti ma, tutto sommato, non mi sembra poi così male. » Ammiccò, prima di passarsi una mano tra i capelli. La sua espressione s’indurì appena, una crepa sulla maschera che presentava al mondo. Non era un caso che anche quella sera, come le precedenti, non fosse a casa. Ormai detestava rimanere da sola e, di punto in bianco, qualunque scusa era buona per rimanere fuori, fare tardi, presentarsi all’improvviso a casa di qualche amico. Di quel passo avrebbero chiesto un ordine restrittivo contro di lei, ne era consapevole. « Sai una cosa?. » Esordì all’improvviso, tirando fuori la bacchetta. « Queste pulizie stanno diventando un po’ troppo serie, perciò... » L’agitò leggermente, accendendo la radio e sintonizzandola su un canale di musica rock, ad un volume tale da permettere di parlare e da non causare disturbo a quell’ora tarda. Rivolse a Dean un ampio sorriso, per poi mordersi il labbro inferiore. Tra le sopracciglia le si formò un piccolo solco, segno che stava riflettendo su qualcosa. « Stavo pensando… » Iniziò, titubante, sollevando gli occhi chiari sul Grifondoro. « Sto valutando la possibilità di trovare qualcuno con cui condividere casa mia. Ho due stanze che non uso, entrambe con il bagno privato, ed un po’ di soldi in più mi farebbero comodo. » Sino a quel momento non aveva mai sentito particolarmente il bisogno di un coinquilino. Dapprima, poiché lei e Caesar avevano deciso di vivere assieme, come una vera e propria coppia. Ed, in seguito, perché June aveva smesso di dormire in mansarda, spostandosi in una delle camere al primo piano, troppo turbata dai ricordi del suo ex-fidanzato per continuare a dormire nel letto che avevano condiviso. Ora, sebbene la mansarda fosse ancora piena di roba del giovane Fairchild e June si ostinasse a dormire in una delle camere per gli ospiti, le cose erano diverse: a dispetto della compagnia di Onyx, iniziava a sentirsi sola in una casa tanto grande. Tutto quel silenzio la spaventava, costringendola a pensare. « Credi che sia una buona idea? » Domandò, incerta. Non era mai stata brava ad organizzare le cose, figurarsi gestire simili cambiamenti. « Sono un po’ combattuta. Vorrei trovare qualcuno con cui andare d’accordo, con cui non finire per farci la guerra a vicenda. » Certo, June aveva i suoi difetti come tutti ma se addirittura la Partridge aveva trovato due coinquiline, allora avrebbe potuto farcela anche lei. O, per lo meno, non avrebbe mai instaurato una dittatura Corvonazista nel bel mezzo della sessione d’esame. « Non è ancora nulla di ufficiale, ma se qualcuno dovesse cercare un alloggio ad Hogsmeade, fammi sapere. Preferirei qualcuno che conosco ad un estraneo. » Non era del tutto convinta della faccenda ma, nel caso in cui avesse deciso di dividere gli spazi, avrebbe sicuramente fatto circolare il suo annuncio dapprima in circoli ristretti: i Falcons, gli amici, i conoscenti. E, solo infine, si sarebbe arresa alla bacheca del college. « Tu, invece? Qualche grande decisione all’orizzonte? » Gli chiese, dal nulla, tornando improvvisamente allegra. « Non so perché ma dubito fortemente che la tua vita si sia ridotta unicamente al lavoro e ai drammi teatrali. » Lo stuzzicò, sollevando entrambe le sopracciglia con aria sorniona. Preferiva evitare di concentrarsi troppo su sé stessa. E, al contempo, voleva sincerarsi che almeno Dean stesse bene.

     
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