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    Il rumore del cucchiaino d’argento che urtava il bordo della tazzina di ceramica infranse i suoi pensieri, riportandola alla realtà. Battè le palpebre, sforzandosi di mettere a fuoco la vista appannata. « …quindi credo che dovrò comprare altre stoffe. Come se non avessi già abbastanza cose da fare. » Evelynn esalò un sospiro delicato, posando il cucchiaio sul piccolo piattino da thè. Erzsébet la osservò avvicinare la tazzina alle labbra e sorseggiarne il contenuto, momentaneamente dimentica del liquido ambrato che riposava dentro la propria. Era seria, le labbra strette e una lieve increspatura tra le sopracciglia chiare turbavano il suo visetto angelico. Sebbene tentasse di non darlo a vedere, Erzsébet riuscì a cogliere un’impercettibile nota di disappunto nel silenzio che seguì le sue parole. Non che potesse darle torto; la realizzazione degli ultimi bozzetti sembrava procedere per il meglio ma, sebbene mancasse ancora qualche mese alla data della sfilata, anche solo una piccola casualità avrebbe potuto rallentare l’intero processo di lavorazione. Fece scivolare l’indice all’interno del manico di porcellana e sorseggiò lentamente il thè al gelsomino, assaporando il sentore intenso e floreale della bevanda. In quei pochi istanti di silenzio, il mormorio di sottofondo della sala da thè sovrastò i suoi pensieri, insinuandosi nella sua mente. Erzsébet spostò lo sguardo sulle donne di mezz’età accomodate al tavolo accanto, da cui provenivano risatine e futili pettegolezzi. Infine, posò la tazzina sul piattino e si inumidì le labbra. « Se mi dai una lista di quello che ti serve posso darti una mano. » Propose, riportando lo sguardo su Lynn. Le sorrise, fissandola nei grandi occhi azzurri animati da un barlume di sorpresa. « Sei sicura? » Lynn esitò. « Non voglio approfittare della tua disponibilità. Mi fai già da modella, chiederti di svolgere anche le mie commissioni mi sembra un po’ troppo. » Erzsébet ridacchiò, scostando una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio. « Sei piena di cose da fare, a me è toccata la parte facile del lavoro. » Replicò. « Mi fa piacere se posso esserti d’aiuto. Sempre se ti fidi, ovviamente. » Il suo tono di voce rimase leggero, appositamente calibrato per allentare la tensione. Aveva scoperto ben presto che Evelynn Gauthier era una perfezionista, in particolar modo quando si trattava dell’arte. Per tale motivo, Erzsébet si era sempre resa disponibile ad ogni sua richiesta ma, al contempo, si era premurata di esercitare ogni propria opinione con estrema delicatezza. Non voleva risultare fastidiosa o – peggio ancora - ficcanaso. Tuttavia, a sua volta aveva particolarmente a cuore la perfetta riuscita della sfilata, per più di una ragione. Lasciando momentaneamente cadere l’argomento, afferrò un biscotto al burro e vi diede un morso, masticando lentamente. Lo posò immediatamente sul bordo del piattino, quasi nauseata. Non aveva mai amato granchè i dolci, quelli pieni di burro, poi, tendevano a stomacarla. « Se davvero non ti disturba… mi risparmieresti un sacco di stress. » Al suo cenno del capo, Evelynn estrasse un foglio su cui, in bella grafia, spiccava una breve lista di commissioni, facendola scivolare nella sua direzione con un piccolo sorriso sulle labbra rosee.
    […] Nonostante fosse una bella giornata le strade di Diagon Alley erano insolitamente deserte. Persino il Mondo Magico era stato investito da un’ondata di caldo e, conseguentemente, la maggior parte delle persone aveva cercato rifugio altrove: al mare, in montagna o, più semplicemente, nelle verdeggianti campagne del Regno Unito. Erzsébet percorse velocemente la via principale della cittadina, i cui negozi erano poco affollati e, per lo più, impegnati nel riassortimento del materiale necessario per l’imminente anno scolastico. Un piccolo campanello di gente spiccava davanti a un’attività, per lo più bambini schiamazzanti e genitori spazientiti, in attesa che giungesse il loro turno. Gettandovi una rapida occhiata senza fermarsi, la ragazza riconobbe l’insegna colorata della Gelaterie Fortebraccio, per cui gli affari dovevano essere volati alle stelle con l’arrivo dell’estate. Proseguì sino ad un centinaio di metri ed, infine, si ritrovò davanti all’entrata di un negozio di sartoria. In vetrina, diversi tipi di stoffe, bottoni e decorazioni erano stati disposti in maniera accattivante mentre, sui manichini, facevano sfoggio dei completi realizzati su misura. Il nome sull’insegna elegante recitava “Cloth-house, textiles & fabrics”, esattamente come Evelynn le aveva detto. Quando aprì la porta, la campanella sopra l’entrata avvisò i proprietari dell’arrivo di un nuovo cliente. Guardandosi attorno, Erzsébet notò che il negozio era più grande di quanto avesse immaginato, composto da diversi ambienti non visibili dall’entrata principale. Rispetto alla strada, la temperatura all’interno della bottega era piacevolmente fresca. Girovagò all’interno della stanza ed osservò alcuni bottoni esposti in contenitori trasparenti dalle forme bizzarre. Ne prese in mano un paio, osservandone i pregiati rilievi, nell’attesa che qualcuno comparisse dal retrobottega per servirla. Pigramente, sfiorò uno scampolo di seta, su cui erano impressi motivi floreali. Il tessuto era liscio, morbido, delicato. Qualcosa che, in estate, non risultava fastidioso ed opprimente sulla pelle. Estrasse la lista di Lynn dalla borsa e, giunta al bancone, tamburellò con le dita sopra il legno scuro. Attese qualche istante e, infine, suonò il piccolo campanello d’argento. Il suono spezzò il silenzio ma, dopo essersi spento nell’aria, non comparve alcun impiegato. La giovane sbuffò, inclinando il viso di lato. Stava iniziando a spazientirsi e, se non avesse promesso a Lynn di aiutarla, probabilmente se ne sarebbe già andata. « …proprio non è possibile. » Erzsébet tese l’orecchio. Il suono di una voce maschile, attutita dalla distanza, proveniva da un punto imprecisato nella stanza accanto. Si allontanò dal bancone e, istintivamente, si sporse oltre lo stipite della porta, affacciandosi su un secondo ambiente dalle dimensioni più ampie. Con una rapida occhiata notò che era provvisto di specchi e camerini, nonché di tutto il necessario per rifinire le linee di un indumento creato su misura. « Il lavoro è già stato finito e personalizzato. Se accettassimo un reso sarebbe praticamente impossibile rivenderlo. » Due figure maschili spiccavano vicino ad un tavolo; parlavano animatamente ed accanto al più giovane volteggiava un completo scuro, forse blu o addirittura nero. Li osservò per un paio di istanti, intuendo che il mago dalla postura rigida e dai modi eleganti doveva essere il proprietario del negozio. Aveva un viso dagli zigomi affilati ed intensi occhi scuri; sul naso spiccavano degli occhiali dalla montatura sottile, a mezzaluna. Era pallido, con lineamenti difficili da decifrare, ed indossava un completo impeccabile, di un verde talmente scuro da risultare quasi nero; infine, al collo portava un nastro da cucito, casualmente abbandonato sul petto come se si trattasse di un indumento pregiato. « Cerchi di capire, signor Potter… se prendessimo a carico tutte le rinunce di questo tip- » Non riuscì a concludere la frase, improvvisamente interrotto dal suo interlocutore. A dispetto della distanza e del fatto che le desse le spalle, Erzsébet notò che era piuttosto alto, slanciato e dai folti capelli scuri. Potter. Quante possibilità vi erano che si trattasse di un caso di omonimia? « È un peccato restituirlo. È davvero bello. » Esordì, facendosi avanti. Pur non avendo seguito le sue parole, aveva intuito che la ragione della discussione dovesse risiedere nel completo elegante. Entrambi si voltarono nella sua direzione, sorpresi da quell’interruzione. « Mi dispiace disturbare ma non ho potuto fare a meno di sentire. » Ammise, scostandosi una ciocca di capelli ed accennando ad un sorriso imbarazzato. « Ho suonato il campanello ma immagino che non si sia sentito. » Si giustificò, affiancando il ragazzo. Il sarto le rivolse un sorriso forzato; sembrava a disagio, probabilmente imbarazzato dall’essere stato sorpreso a rifiutare un reso. « Sono desolato. Emily deve essere in magazzino. » Si scusò con un veloce cenno del capo. Esitò per un istante, gli occhi scuri che guizzarono velocemente dall’uno all’altra dei giovani clienti. « Se mi scusate un momento vado a chiamarla. » E, con un movimento fluido, scomparve oltre la porta del retrobottega. Erzsébet si voltò verso il ragazzo al suo fianco, inclinando appena il capo in un cenno di saluto. « Spero di non averti messo in difficoltà. Per quel che vale, penso davvero che sia un bel completo. » Ammise, rivolgendogli un piccolo sorriso intriso di leggero imbarazzo. Abbassò lo sguardo sulla lista che teneva in mano e, dopo qualche secondo, lo riportò su di lui. « Nel caso in cui tu sia davvero intenzionato a restituirlo, ti consiglio di approfittare della mia presenza. Credo che il signor… » Si accigliò, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa che potesse suggerirle il nome del proprietario. « …che il sarto fosse piuttosto a disagio. Dubito fortemente che rifiuterà il reso con altri clienti presenti. Dopotutto, il cliente ha sempre ragione, no? » Il sorriso sulle labbra si ampliò, lasciando spazio a due graziose fossette sulle guance. A dispetto dell’aria angelica, negli occhi scuri era percettibile un barlume di complicità.

     
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    « James, tesoro, ma questo non va bene per l'autunno. Il tessuto è troppo leggero! » La figura snella di Ginevra Potter si sposta all'interno del suo appartamento con la solita eleganza. A James piace averla attorno; ogni momento passato con sua madre gli ricorda l'infanzia, i momenti in cui lo abbracciava teneramente baciandogli dolcemente i capelli. Fa roteare il completo blu notte con l'ausilio della bacchetta in tutte le direzioni e continua a osservarlo con aria pensosa. Di tanto in tanto accarezza la stoffa pregiata di cui è fatto e sospira amareggiata. I grandi drammi della famiglia Potter ormai girano attorno a pochi tarli. Matrimoni saltati. Matrimoni alla deriva. L'unico ancora in piedi, è quello dei genitori, che reggono botta di fronte a ogni pasticcio combinato da uno o l'altro figlio. A volte James Sirius Potter si chiede perplesso se sua madre smetterà mai di ficcare il naso negli affari degli altri. Quella mattina in particolare si era recata a casa sua per portargli una teglia del suo pasticcio preferito, cosa che James avrebbe volentieri evitato andando a ritirare il suo premio di consolazione da sè. Tuttavia, quello non era l'unico impegno della giornata in compagnia di Ginevra Potter. Purtroppo, sapeva che la madre non si sarebbe fatta sfuggire l'occasione di verificare come procedesse la vita del figlio, se finalmente avesse deciso di mettere la testa a posto; forse in quei due giorni di lontananza aveva finalmente trovato una ragazza fissa, forse qualcuna da far conoscere a lei e Harry, una creatura bellissima che James avrebbe sfoggiato a breve come sua ragazza ufficiale. Niente di tutto ciò; tuttavia, James si era svegliato di buon ora per mettere la casa in ordine, perché una cosa è farsi fare la ramanzina per essere ancora scapolo, e una ben diversa è sentirsi dire di vivere in un porcile. « Ma' smettila, non sappiamo nemmeno se si sposano in autunno. Per quanto ne sappiamo non si sposano proprio. » Un'evenienza che qualcuno doveva pur mettere nero su bianco all'attenzione di Ginevra Potter che sembrava saperne una più del diavolo su tutto e su tutti. Lei era convinta che Albus e Mun si sarebbero sposati, James non sapeva nemmeno se avrebbero resisto alla tentazione di tagliarsi le vene prima di Natale. Sempre quegli sguardi vacui, la percezione che qualcos'altro attraversava quelle menti labirintiche. Di suo fratello, James, ha sempre ammirato la sua complessità. Anche quando sembrava di averlo capito, non ci aveva capito proprio niente, e questa sì che era una perenne lama a doppio taglio. « Non essere sciocco James, certo che si sposano. E questo completo va restituito, subito! Sia mai che il testimone è sprovvisto dello smoking giusto. » « Ma quindi fammi capire: ora papà e Siri se ne fanno fare altri? Tu cambi vestito? Olympia pure? L'intero mondo riconsidera il confine dell'outfit giusto? » Chiede con aria spazientita osservando la rossa. No, James certe dinamiche non le capisce proprio e per giunta ci fa anche polemica sopra per non farsi mancare proprio niente. « Certo! Un matrimonio in autunno è tutt'altra cosa. » « Ma allora posso usare quello che ho usato l'anno scorso al matrimonio di Olympia, no? » A dirla tutta persino lui arriva a comprendere di aver fatto una domanda davvero stupida. Il matrimonio di Olympia si è tenuto in circostanze non molto favorevoli. Chi come James uno smoking non l'aveva proprio ai tempi, si è trovato ad arrangiarsi e così all'ultimo aveva comprato un vestito di seconda mano in ottime condizioni al mercato di Inverness. Quelli erano tempi in cui le risorse erano decisamente più limitate e tutti si arrangiavano come potevano, ma ora, le convenzioni sociali sembravano richiedere molto di più specie se ommioddio si sposa la Carrow. Alza gli occhi al cielo automaticamente e scuote la testa. « Va beh andrò a vedere quando ho tempo. Magari mi avvisate prima della cerimonia del secolo però eh, sia mai che non ho il completo adatto. Per l'inverno devo chiedere sciarpa e guanti? Il capello lo posso mettere o è vietato per decreto di legge? » La madre lo osserva con aria canzonatoria prima di appendere lo smoking nell'armadio scuotendo la testa con disapprovazione. Il sarcasmo di James non perde mai un colpo, nemmeno quando si tratta dei fratelli - specie perché quest'ultimi hanno un'abitudine piuttosto impellente di mettersi e metterlo indirettamente in situazioni ostiche. Infine esce dal bagno, si sistema il colletto della camicia inamidata e si liscia appena i capelli. Gin lo osserva con ammirazione, gli sistema il fazzoletto nella tasca della giacca e sospira. « Ho fatto proprio un bel lavoro. » James scoppia a ridere e scuote la testa. E così culmina la discussione più dura che hanno avuto nelle ultime settimane.

    Lei non è solo mia madre; è anche la mia migliore amica. Su simili statement qualunque giornalista va in un brodo di giuggiole. Così ha presentato James Potter la sua manager agli esordi della sua carriera, e col tempo, l'oppinione pubblica non aveva fatto altro che confermare il fatto che quei due almeno sulla carta erano un'ottima squadra. Ginevra non era solo sua madre nonché incessante rottura di palle; in pubblico era la sua manager onoraria - o quasi, una donna forte, con grandi capacità, che James aveva accettato saggiamente di avere spesso al proprio fianco. Non si occupava certo delle sue questioni legali, né di tutto ciò che aveva a che fare con le trattative di tipo legale e finanziario rispetto alla Lega - sarebbe stato un forte conflitto di interesse, ma agli occhi dell'opinione pubblica quello di James e Ginny era comunque un dinamico duo invidiabile. Diranno comunque di te che sei un raccomando, gli aveva detto Johnny, il suo manager e avvocatouna sera durante una partita di carte a casa del ragazzo; un tipo sveglio e arguto quel Johnny, giovane e dinamico come il suo assistito. L'unica cosa che puoi fare è sfruttare le tue carte e dimostrate di essere un fottuto figlio di puttana in campo. E così aveva fatto. Non poteva negare che avere in famiglia più di un giocatore di Quidditch - sua madre, sua zia Angelina, lo zio Charlie impegnato come allenatore, era stato di grande aiuto - ma in fondo, nella major league, le raccomandazioni non reggono. I tifosi metterebbero su una rivolta tempo cinque secondi. E invece, i tifosi amavano Potter, il mitico numero 10 dei Falcons. Occhiali da sole scuri e camminata fiera, madre e figlio percorrono il corridoio di giornalisti aperto dalle guardie del corpo al centro della della sala stampa della sede principale dei Falcons. E' il giorno della presentazione del nuovo Cercatore. Quell'informazione non era di certo nuova. James aveva sentito il bisogno di sbattere in rete la sua nuova conquista il giorno stesso della firma del suo nuovo contratto. Un accordo che raddoppiava le sue entrate e gli faceva guadagnare ulteriore attenzione e prestigio nella Lega. Quel Potter era un figlio di puttana come battitore, ma ora? Chissà cosa riserverà. Decine di flash li ritraggono, mentre James viene accompagnato sul palchetto. Ginny dal canto suo attende i piedi che le orde di affamati di notizie si calmino. « Ragazzi, buongiorno. Il signor Potter risponderà alle vostre domande per quindici minuti. Conoscete le regole. » Regole che ovviamente non rispetteranno, perché cosa diavolo significa "niente domande personali"; e allora di cosa parliamo?E dicendo ciò si dilegua facendo l'occhiolino a James, mentre dal canto suo, il giovane rampollo di casa Potter si toglie lentamente gli occhiali, sedendosi comodamente sulla propria poltroncina mentre un coro di James, James e domande annesse inizia. Johnny è seduto al suo fianco pronto ad assisterlo semmai si trovasse in difficoltà, anche se ormai, è chiaro che James sembra entrare in una specie di parte che gli è stata cucita e tagliata addosso quando parla coi giornalisti. Li mette a proprio agio, ci scherza, ride assieme a loro e in tanto se li lavora per bene. « ..James, cosa rispondi alle voci secondo cui tu e Kristen Hudson stareste insieme. » Kristen, una bellissima modella con cui James è stato fotografato a un paio di feste. « Beh, Jane » James conosce i nomi di tutti i giornalisti. Johnny gliel'ha fatti imparare tutti a memoria. Crea un coinvolgimento emotivo diverso con gli intervistatori. « ..cosa dovrei rispondere? Kristen è una buona amica. Hai visto la sua nuova campagna per Luxury Wiz? » Product placement: done. « Ha tanto talento. » « James, James, non trovi che sia piuttosto sospetto il fatto che tu sia stato promosso a Cercatore proprio nello stesso momento in cui tuo zio, Charlie Weasley, ha occupato la poltrona di primo allenatore dei Falcons? » James scoppia a ridere. « Ciao anche a te, Rusty » Polemico e palo in culo come sempre. « ..immagino che dovremmo solo attendere l'inizio del campionato per scoprire se si tratta di un conflitto di interesse. » Qualcuno ride. « Quello che dico sempre, ragazzi, è che queste polemiche si risolvono da sé una volta scesi in campo. » « Quindi non hai paura di un'eventuale inchiesta in merito. » « Rusty.. sono figlio di un Auror: ti sembro il genere di persona che si sottrae alle indagini? La legge faccia il suo corso. » Tutte parole che chiaramente aveva preparato a tavolino in anticipo, ma in cui comunque credeva. Charlie non aveva fatto assolutamente nulla per agevolarlo. Quando James aveva tentanto le selezioni per sostituire il Cercatore uscente, una branda di uomo con un record impressionante, Charlie non si occupava neanche delle selezioni. Bastava spolverare qualche atto per rendersi conto di quanto Potter fosse in buona fede. « Che cosa bisogna aspettarsi dalla nuova stagione? I Falcons non hanno ancora comunicato chi sarà il nuovo Capitano con il ritiro di Robert Olsen, il Cercatore uscente. Possiamo aspettarci che tu lo succeda anche in quel ruolo? » E qui vi volevo. Il Quidditch come la politica, come gli affari, si gioca molto sul vedo non vedo, sull'opinione pubblica, su come te la giochi, dentro e fuori dal campo. « No comment » Asserisce con un sorriso d'intensa volgendo un sorriso compiaciuto al suo manager. Il silenzio assenso è più potente di qualunque altra cosa. « Potreste però mettere una buona parola per me. » E dicendo ciò è tempo per le foto di rito. Tra James e fotografi vengono scambiate diverse battute di spirito, prima che il golden boy ringrazi gentilmente per l'accoglienza e fare la sua uscita di scena ancora una volta con gli occhiali da sole sul naso.

    ..ma non tutte le battaglie erano fatte per essere vinte, e se quella mattina aveva assaporato il retrogusto di una vittoria già in tasca, il pomeriggio gli stava riservando rogne ben più grosse. Qualcuno avrebbe potuto chiedergli senza poi troppi giri di parole, per quale motivo si ostinasse così tanto a restituire quel completo. Era una questione di principio in verità. Seppur ora guadagnasse più di qualche centinaio di migliaio all'anno, James continuava a essere un tipo parecchio parsimonioso. Viveva ancora in un appartamento a Diagon Alley e manteneva il suo tasso di spese parecchio basso. Qualcuno avrebbe potuto dirgli che non faceva affatto girare l'economia, ma la verità era che, lentamente, il giovane Potter metteva soldi da parte per la sua casa dei sogni - quel nuovo contratto gli avrebbe permesso di averla soldi alla mano, senza mutui e rogne varie ed eventuali. Si trattava solo di aspettare un paio di mesi, forse un anno, un anno e mezzo semmai le sue spese avessero subito un repentino incremento, ma il suo attico a Oxford Street l'avrebbe avuto comunque. Non c'era quindi da stupirsi che in quella prospettiva quasi 3000 galeoni di completo esclusivo facevano una gran bella differenza. Sua madre gli aveva consigliato la stoffa più cara, le cuciture più pregiate e chi ne ha più ne metta - e nei 3000 non erano inclusi nemmeno camicia, cravatta, gemelli e via così. Figuriamoci poi aggiungerci le scarpe e il barbiere. Fare da testimone al matrimonio del fratello lo stava costando sin troppo, quindi, ritornato dal press call, volendo togliersi anche quel peso dalle spalle, era sceso dal suo appartamento con la custodia sulla spalla, diretto all'atelier di Mr Turner giù all'emporio. La prospettiva di vedersi restituire il completo non deve essergli piaciuta per niente. La sua espressione sorpresa e a tratti offesa, porta James a chiedersi se rivedrà mai anche solo un quarto dei soldi che lo ha pagato. « ..senta signor Turner, non è che non sono soddisfatto del suo operato, è che proprio non mi è più utile. Sono una taglia piuttosto comune, sono certo che riuscirà a rivenderlo. » Ricorre a tutta la sua educazione e diplomazia, tentando di essere il più delicato possibile nei confronti del sarto. Non vuole certo urtare la sua sensibilità. Il completo è davvero bello. E' che non so nemmeno dove tenerlo. James è un esperto minimalista. Ha pochi vestiti e solo quelli che gli servono. Quel completo di certo, non gli serve, e toglie pure spazio alla sua attrezzatura da Quidditch. « …proprio non è possibile. Il lavoro è già stato finito e personalizzato. Se accettassimo un reso sarebbe praticamente impossibile rivenderlo. Francamente lei mi offende anche. » James sbuffa ormai esasperato. Dovevo andare dal sarto di Mun come mi avevano detto tutti dall'inizio, così almeno ora il completo potevo rifilarlo a lei e togliermi almeno lo sassolino di dirle che ha rotto le palle. Lei e il suo matrimonio. Prima che il giovane Potter possa aggiungere altro, sulla scena compare una terza protagonista. Una creatura dai lunghi capelli ramati e un bel sorriso gioviale - dolce, lo definirebbe lì per lì James.
    « È un peccato restituirlo. È davvero bello. » Solleva un sopracciglio piuttosto suscettibile mentre la osserva avvicinarsi. Moretta, credo proprio che non mi stai affatto aiutando. Dopo uno scambio veloce tra i due sotto il tamburellare spazientito delle dita di James sul bancone, il sarto decide per giunta di piantarlo lì in asso andando dietro alla sua assistente. Non per dire niente eh, ma per 3000 galeoni dovrebbe pure lucidarmi le scarpe. « Spero di non averti messo in difficoltà. Per quel che vale, penso davvero che sia un bel completo. Nel caso in cui tu sia davvero intenzionato a restituirlo, ti consiglio di approfittare della mia presenza. Credo che il signor… » « Turner. » « …che il sarto fosse piuttosto a disagio. Dubito fortemente che rifiuterà il reso con altri clienti presenti. Dopotutto, il cliente ha sempre ragione, no?» Il cellulare nella tasca dei pantaloni gli squilla proprio in quel momento. « Perdonami.. potrebbe essere importante. » Un messaggio. MA CHE CAZZO HAI FATTO? A scrivergli è Abigail Ulrich, una delle addette stampa dei Falcons. Non si parla delle posizioni aperte prima di un comunicato stampa. Mi hai messo in un gran casino. Istintivamente James sorride e blocca il cellulare ma non prima di digitare poche parole. Ha di fronte a sé la risposta al suo problema. E' tutto fumo negli occhi, tesoro. E dicendo ciò torna a sorridere alla ragazza, appoggiandosi al bancone del salottino di prova. « Credo proprio che hai ragione. » Asserisce rivolgendole un sorriso di intesa. « Il cliente ha sempre ragione. » Pausa. « A proposito. Non credo di aver afferrato il tuo nome. Io sono James. Potter. » E dicendo ciò allunga la mano nella direzione della dolce donzella accarezzandone appena le nocche stringendogliela appena con delicatezza. « Ti chiederò solo un favore.. » Asserisce sottovoce, notando che il signor Turner sta tornando dal retrobottega, con un passo deciso. E' proprio incazzato, poco ma sicuro. « ..metti una buona parola per me. Ti resterò debitore. » E' tutto fumo negli occhi, tesoro. Si ritrova di conseguenza a ripetersi mentalmente con un sorriso mandrillo stampato sul volto. E non appena il sarto e di nuovo dei loro, James intreccia le dita assumendo una posizione più eretta, pronto a entrare in scena. « Signor Turner, ci ho pensato. La signorina qui presente mi ha fatto realizzare una cosa che forse lei non sta tenendo in considerazione. Vede.. » E dicendo ciò si inumidisce appena le labbra indicandola con candore. « ..si dà il caso che il fratello della nostra dolce compagnia, è un grande ammiratore dei Falcons. Stessa stazza del sottoscritto. Pagherebbe anche un prezzo superiore a quello concordato all'idea di indossare uno smoking realizzato per il Cercatore dei Falcons. » Le leggi del mercato parlano chiaro in merito. I giocatori di Quidditch sono tra i più quotati a dettare le tendenze. E seppur James di tendenze non ci capisca niente, l'anno scorso è stato fotografato con uno stupido capellino di un brand indie locale che poi sfondò dal giorno alla notte. Il negozietto gli inviò altri campioni, cercando di corteggiarlo per un eventuale campagna di marketing, ma il suo manager aveva rifiutato categoricamente tutte le offerte, considerandole troppo basse. Il gioco non valeva la candela insomma, ma il messaggio era chiaro: tutti volevano essere come i loro idoli. « Le propongo un accordo che credo possa giovare ad entrambi. Lo esponga; faccia sapere al mondo che un giocatore dei Falcons è ricorso ai suoi pregiatissimi servigi. Se riuscirà a rivenderlo non le chiederò nemmeno una falce in più rispetto al prezzo concordato. Tutto ciò che riuscirà a ottenere in più rispetto alla somma che le ho già versato restarà a lei e.. » Rincariamo la dose, perché magari la prossima volta, nemmeno me lo fai pagare. Sto per renderti ricco, Cristo santo! « ..ha la mia parola che, quando mio fratello si sposerà, io mi rivolgerò sempre a lei. In fondo.. il gusto della sua gentile cliente parla chiaro: lei è un sarto di prima classe ed io sono stato più che soddisfatto del suo operato, mi creda. » E tu James Potter sei un grandissimo figlio di puttana, paraculo fino al midollo. « Lei signorina cosa ne pensa? Il signor Turner dovrebbe accettare questo accordo? »




     
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    « Turner. » Erzsébet annuì appena, ripetendosi mentalmente il cognome dell’uomo per memorizzarlo. Anche se si trattava di un’informazione superficiale, da cui probabilmente non avrebbe tratto alcun vantaggio, le piaceva immagazzinare dettagli; aveva imparato che potevano sempre esserle utili, persino nelle circostanze più disparate. « Perdonami.. potrebbe essere importante. » La giovane si strinse delicatamente nelle spalle, quasi a voler dire nessun problema. Erano pur sempre due semplici sconosciuti che avevano intavolato una conversazione superficiale e dettata dal caso. Senza contare che, da quando aveva avuto modo di sperimentare in prima persona l’intrusione della tecnologia babbana nel Mondo Magico, il modo in cui la maggior parte delle persone passava il tempo incollata allo schermo di uno smartphone – o, in alternativa, in attesa che squillasse – era qualcosa che ancora la lasciava interdetta. Certo, la comunicazione istantanea era utile, decisamente più rapida ed immediata dei gufi. Ma per Erzsébet, cresciuta in un ambiente strettamente magico e controllato, rappresentava un intralcio alla vera interazione umana. Tornò ad osservare gli scampoli di stoffa appesi oltre il bancone. Ve ne erano di particolarmente belle, dalle tonalità scure a quelle più accese, lisce o minuziosamente ricamate. Colse il movimento del ragazzo al suo fianco e, dopo avergli rivolto la propria attenzione, inarcò un sopracciglio, incuriosita dal suo improvviso assenso. « A proposito. Non credo di aver afferrato il tuo nome. Io sono James. Potter. » Non le sfuggì il modo in cui si era premurato di sottolineare il proprio cognome. L giovane lo guardò per qualche istante, prima di battere le ciglia con aria un tantino sorpresa; se per non averlo riconosciuto prima o se impressionata dalla fortuna di quell’incontro, lo avrebbe lasciato decidere al suo modestissimo interlocutore. « Oh, non te l’ho detto. » Replicò, aprendosi in un piccolo sorriso che originò una graziosa fossetta sulla guancia. « Sono Heidi. Godfrey. » Calcò il proprio cognome con una punta di malizia, gli occhi scuri che brillavano di sincero divertimento. Strinse delicatamente la sua mano, più grande e calda della propria, sfiorandogli appena l’interno del palmo con la punta delle dita nel ritirarla. « È un piacere conoscerti, James. » Non era certo sufficiente un cognome per impressionarla, soprattutto non quando, se solo avesse voluto, avrebbe potuto sbandierare il proprio, per quanto adottivo. Poco importava che Gregorovitch e Potter avessero un peso diverso nel Mondo Magico, a seconda delle vicende che avevano coinvolto gli appartenenti alle rispettive famiglie. Né lei né James, dopotutto, avevano conquistato personalmente quella fama. Si trattava di una fortuna – od un fardello – ereditario e, ai suoi occhi, tanto bastava a renderlo un dettaglio di poco conto a livello personale ma, nel caso del giovane Potter, decisamente interessante dal punto di vista materiale. E, difatti, le era bastata una sola occhiata per intuire che l’abito che stava tentando di restituire valesse una piccola fortuna. « Ti chiederò solo un favore… metti una buona parola per me. Ti resterò debitore.» Prima ancora che potesse rispondere, il signor Turner sbucò dal retrobottega, seguito da una donna pallida, con un intreccio di capelli neri sistemato sulla testa. Rivolse ad entrambi un sorriso di scuse ma, prima che Erzsébet potesse rivolgersi all’assistente del sarto, James aveva già preso parola. « Signor Turner, ci ho pensato. La signorina qui presente mi ha fatto realizzare una cosa che forse lei non sta tenendo in considerazione. Vede… […] » Sebbene Erzsébet fosse stata presa alla sprovvista, corroborò le parole del giovane con un sorriso apparentemente sincero. Era curiosa di vedere dove James sarebbe andato a parare e, soprattutto, l’idea che si ritenesse in debito se gli avesse retto il gioco era piuttosto allettante. « ..si dà il caso che il fratello della nostra dolce compagnia, è un grande ammiratore dei Falcons. Stessa stazza del sottoscritto. Pagherebbe anche un prezzo superiore a quello concordato all'idea di indossare uno smoking realizzato per il Cercatore dei Falcons. » “Non male, Potter. I miei complimenti.” Pensò, sinceramente impressionata dalla naturalità con cui aveva raccontato quella frottola inventata su due piedi. Peccato, però, che a giudicare dall’espressione del signor Turner fosse necessario qualcosa di più per rendere tale menzogna appetibile e veritiera. « Oh, sì. E sono più che sicura che non sarebbe l’unico. » Si intromise, avvicinandosi a James di un passo e sporgendosi appena verso il signor Turner, quasi gli stesse rivelando qualche scabroso segreto. « Inoltre, tutta Londra sa che, per quanto riguarda la moda, lei non ha rivali. Altrimenti oggi non sarei qui. E nemmeno il signor Potter. » Posò una mano sull’avambraccio del giovane Falcon ed inclinò il viso di lato, un’espressione di ammirazione mista a complicità rivolta in direzione del sarto che, malgrado il proprio contegno, era arrossito leggermente. « È molto gentile da parte vostra… » Iniziò, non senza un barlume di orgoglio, prima che James continuasse con la messinscena. « Le propongo un accordo che credo possa giovare ad entrambi. […] In fondo.. il gusto della sua gentile cliente parla chiaro: lei è un sarto di prima classe ed io sono stato più che soddisfatto del suo operato, mi creda. Lei signorina cosa ne pensa? Il signor Turner dovrebbe accettare questo accordo? » Quello sì che era un tocco da maestro. Trascinarla in mezzo, richiedere la sua disinteressatissima ed onestissima opinione. Il signor Turner non poteva certo permettersi di perdere due clienti in un colpo solo, restando fermo sulla sua posizione. Il sorriso di Erzsébet svanì per un istante, sostituito da un’espressione confusa. Spostò lo sguardo dall’uno all’altro, esitante. « Beh… » Iniziò, mordicchiandosi il labbro inferiore. Apparire troppo convinta sarebbe stato controproducente. « Sa anche lei come sono i giovani di oggi, Mr. Turner. Sono sempre in competizione per ottenere il meglio. E i patiti del Quidditch non fanno eccezione, purtroppo! » Si abbandonò ad una risatina e roteò gli occhi al cielo, fingendosi esasperata dalla passione del suo nuovo fantomatico fratello per lo sport. « Non appena si spargerà la voce che quell’abito è stato realizzato su misura per il Cercatore dei Falcons… credo che avrà più di un desideroso acquirente. E, conoscendolo, mio fratello sarà il primo. » Aggiunse, stringendosi nelle spalle e rivolgendo al sarto un sorriso d’intesa. L’uomo li osservò entrambi, in silenzio. Infine annuì. « Credo si possa fare. Ma avrò bisogno che mi firmi un paio di scartoffie circa il recesso, signor Potter. E che faccia una foto con l’abito addosso, per esporla in vetrina. » Concesse, allungando la mano per ricevere la custodia in cui era riposto il capo e accennando ai camerini. Erzsébet lanciò una rapida occhiata a James, sinceramente divertita. Era incredibile che fosse riuscito a spuntarla. Certo, lei gli aveva dato una mano non indifferente ma, doveva ammetterlo, la sua tattica era stata piuttosto convincente. Li seguì allontanarsi con lo sguardo, prima di tornare ai propri affari. Dopotutto, si era recata alla bottega per un motivo ben preciso. Si volse verso l’assistente del sarto, la donna chiamata Emily, e fece scivolare la lista fornitole da Lynn sul bancone di legno scuro. « Devo ritirare questo materiale. Sono Heidi Godfrey, Evelynn Gauthier dovrebbe avervi avvisato che sarei venuta. » La donna lesse la lista e, infine, annuì. « Torno subito. » Detto ciò sparì nel retrobottega. Erzsébet sospirò. Quella commissione si stava rivelando più complicata del dovuto. Giocherellò pigramente con uno scampolo di stoffa abbandonato sul bancone e si avvicinò ai camerini per ingannare l’attesa. Il signor Turner stava sistemando il colletto della giacca che il giovane Potter indossava, lisciandone il bordo per far risaltare le cuciture pregiate. « Non si muova. Vado a prendere la macchina e i documenti per il reso. » Con passo affrettato, il sarto sparì nella stanza accanto, lasciandoli nuovamente soli. Erzsébet si avvicinò, il capo inclinato di lato come se lo stesse studiando per la prima volta. « Oggi è proprio la tua giornata fortunata, signor Potter. » Mormorò, in una sorta di complimento. « O forse no. Sei pur sempre in debito con me. » Aggiunse, sollevando lo sguardo su di lui con aria innocente. Seppur non si trattasse di un grosso favore, non avrebbe certo dimenticato quella promessa.

     
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