Magic beet tops' princess

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    Diciamo che rimettersi in riga, dopo un annetto - e mezzo abbondante - di vacanza, non è esattamente quello che si potrebbe definire il sogno della vita. Peter aveva organizzato un viaggio, che si era protratto un po' più del previsto, con alcuni ex compagni di scuola, molti dei quali avevano messo radici dove non l'avrebbe detto nessuno. Chi in America, chi in Australia, chi insieme a Dorsorugosi di Norvegia nei Paesi Scandinavi. Ma in tutto questo, ovviamente, era proprio lui a non aver trovato dimora, per quanto si fosse divertito tra spritz delle sette del mattino e tramonti mozzafiato rigorosamente fotografati per non dimenticare nulla. Probabilmente era tutta colpa del cerchio della vita, quello che ti fa tornare indietro al punto di partenza: un Paciock poteva essere figlio di Neville solo se ereditava almeno un ottavo della sua passione per il mondo dell'Erbologia. Peter era diverso dal padre sotto ogni aspetto, ma almeno quello era un punto in comune. E poi gli mancava Luli, fratello-mini che doveva assolutamente smettere di crescere ancora, dato che già l'aveva superato in altezza. Che vergogna. «Te ne vai? Così presto?», gli chiede una voce assonnata. Di certo non più della sua, così impastata che si fatica a distinguere preziose parole inglesi in un marasma di borbottii inconcludenti, che ricordano un po' il verso del coccodrillo. Ma, un attimo, nessuno sa come faccia... «Coccodr... Ehm. Sì. Sì, sì, aereo ore...», un'occhiata di sfuggita all'orologio. Piccola extrasistole non richiesta a causa delle lancette più inclementi del secolo. Poi si ricorda: le ho spostate in avanti per non essere in ritardo. Palla al centro per Peter. «Sette! Vi voglio bene, ragazzi. Non divertitevi troppo senza di me.», tra un batti cinque a qualcuno ancora abbandonato sul divano e qualche colpo testa-contro-testa agli impavidi già in piedi - o che, probabilmente, non hanno mai dormito - il Paciock versione demo fa Accio alla valigia e giura solennemente di non smaterializzarsi, non in mezzo ai No-mag. Sì, li chiamano così in America, si credono alternativi... Contenti loro.
    «Prega che mamma non si ricordi delle calamite che non hai portato.», lo informa l'altro Paciock, quello versione ultimata con correzione dei bug di sistema, una volta atterrato. Merda fino al collo, ma è un problema solo per chi non sa nuotare. Peter abbraccia Luli e gli ricorda che, beh, è lui il regalo! Che domande. «Mia madre è la donna più bella del mondo!», esclama non appena la vede, ed è pace fatta. Luli lo guarda un po' disgustato, forse non si rende conto della lezione di vita impartita dal fratello maggiore. Un giorno capirà, ma quel giorno si troverà alle strette perché non si sarà esercitato abbastanza nell'antichissima arte dell'adulazione. E la prova del nove arriverà non con la mamma - che è facile da combattere -, ma con Teresa, Jude, o magari Madeleine. Sarà pronto, «Louis»?
    Lo chiama senza diminutivi, il tono sembra minaccioso, ma in fondo è solo quello di un Peter Pan che ha dimenticato la polvere di fata di Trilly. «Questo è un giorno importante. E' il giorno in cui la stanza di cui sono padrone, anche se in realtà la condividiamo, passa all'erede illegittimo. Al figlio adottato - ops, non dovevo dirlo. Non dovevo proprio dirlo.», gli piace parlare per citazioni, sa che il fratello capisce al volo. Louis, semplicemente, solleva le sopracciglia. Peter lo abbraccia e vorrebbe dirgli "campione", ma ha diciassette anni ed è cosa buona e giusta ricordarglielo: «Sei la stella più bella del firmamento.». Mica può dargli così tanta importanza da chiamarlo campione! Altrimenti non lo rispetterebbe più.
    «Vabbè, magari la prossima volta mi ricicli una frase migliore, con questa non acchiappi nessuna, Peter.», e tanti saluti alla famiglia Paciock, adesso si sbarca nel mare in tempesta che è il campus dei collegiali.
    E il bello è che credeva di essere in anticipo. Urge correzione della concezione del tempo - evidentemente il trucco delle lancette in avanti non va bene -, perché Paciock è niente di meno che l'ultimo arrivato. E come sempre, sa ben poco di "burocrazia collegiale": tanto per cominciare, dov'è che devo firmare?
    Una manciata di informazioni, però, gli è stata riferita. "Niente, amico, è come Hogwarts, ma per gente seria".
    No, aspetta, definisci gente seria.
    Un attimo, forse non ce n'è bisogno, perché scorge Olympia Potter che, possibilmente, quel concetto lo incarna. Seria non di seria seria. Seria più di... volenterosa, ecco! Altrimenti non sarebbe senior, no?
    «Mi hanno detto che qua funziona come ai tempi del Medioevo, con tutto il discorso delle gerarchie, cazzi e mazzi. Secondo l'opinione popolare, tu saresti la principessa delle erbette magiche.», la conosce da tanto, per quanto ne sa non dovrebbe prendersela. E poi, è un complimento! Giusto?
    Meglio rincarare la dose, ad ogni modo. «Mi puoi essere utile in qualcosa, o devo tirare dritto, ritentare ed essere più fortunato?»


    Edited by peterpan - 22/9/2019, 19:52
     
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    Non le capita spesso, ma ha la luna storta da fin troppi giorni. Si alza, studia per l'esame di Tossicologia fino a pranzo, mangia, non mette il naso fuori casa nemmeno a pagarla, si rimette a studiare e parla poco. Anche Willy Wonka la guarda storto, ormai, perché non riceve la sua dose quotidiana di coccole. Ha beccato Azura a guardarla, di sottecchi, durante il rituale silenzioso che ormai è diventato la colazione in quella casetta dai colori pastello sulle pareti, in netto contrasto con il grigiore che ruota intorno alla rossa. "Certo, benissimo, sto benissimo, tutto okay." Classica risposta standard di una Potter che è sempre più vicina allo sbottare, da un momento all'altro, ma che si trattiene, volta dopo volta, stringendo i denti e tirando avanti. Nell'ordine, nell'ultimo periodo: ha scoperto di non essere stata riconfermata Senior - e di per sé, questo, è anche stato un sollievo per lei -, è tornato Rudy e ha deciso di farle la bella improvvisata alla festa dei Grifondoro, alla festa di James c'è stato un dramma dopo l'altro, coronato dall'arrivo delle lettere ministeriali che l'hanno informata che è finita al Ministero, a rispondere alle lettere e alle lamentele delle casalinghe disperate che non sanno come gestire uno Kneazle selvatico o un'infestazione di Purvincoli. Senza contare il casino che ha creato con Albus e Fawn, quel lento slegarsi che sente nei confronti di Malia e il rapporto con i fratelli che non è mai stato così a minimi storici. Ma per il resto, insomma, tutto okay. « Zura, vado a studiare in biblioteca. Devo comprare qualcosa in particolare per cena? » Le chiede, affacciandosi sulla porta della cucina. « Vogliamo prendere una pizza e un po' di birra? Magari facciamo quattro chiacchiere. » Quattro chiacchiere mi puzza di intervento immediato. Pensa, ma annuisce, noncurante. Sa già che troverà una scusa per deviarsi, non appena la bionda comincerà a chiederle qualcosa di quel suo cattivo umore perenne, negli ultimi giorni, per questo si sforza di sorridere e si volta, lasciando
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    che la cascata di boccoli ramati svolazzi intorno alla sua testa, prima di chiudersi la porta dietro le spalle. Dopo minuti a passeggiare, con la testa completamente da un'altra parte, assente e bianca, sbatte gli occhi e capisce di ritrovarsi dentro il dormitorio Grifondoro. Flash della festa, di appena qualche giorno prima, le tornano alla mente, costringendola a scrollare il capo, come a volerli scacciare via, più lontano possibile da lei. Si guarda intorno, sovrappensiero ancora una volta, e sbatte contro qualcuno. « Ehi, ma guarda dove metti i piedi. » « Scusami, io.. » Nemmeno lo guarda negli occhi, mentre si muove in avanti, verso la sala principale. Non sa perché si trovi effettivamente lì, doveva andare in biblioteca, così ha detto, eppure continua a guardarsi tutt'attorno, con gli occhi verdi che si sgranano appena, di tanto in tanto, come se non fosse la prima volta che vede quel posto. La prima volta dopo tutto quel bordello. E' diverso, lo vede con occhi diversi, o forse è soltanto lei ad essere diversa, tanto da non riuscire a ritrovare niente di familiare in quella sala. «Mi hanno detto che qua funziona come ai tempi del Medioevo, con tutto il discorso delle gerarchie, cazzi e mazzi. Secondo l'opinione popolare, tu saresti la principessa delle erbette magiche.» All'inizio nemmeno capisce di essere proprio lei la persona a cui vengono dirette quelle parole. Sbatte le ciglia, un paio di volte, tornando con i piedi per terra per focalizzare la sua attenzione su niente di meno che Peter Paciock. Lo guarda, si guardano e per un attimo si domanda se la stia effettivamente prendendo per i fondelli o sia serio. «Mi puoi essere utile in qualcosa, o devo tirare dritto, ritentare ed essere più fortunato?» Una riga leggera compare tra i suoi occhi, proprio sopra il naso. Oh, intanto ti calmi. « Credo tu sia in ritardo di un annetto buono, se credi di trovarti in presenza di una principessa. Ho perso la corona proprio qualche giorno fa. » Si stringe nelle spalle, in un moto di divertimento che riesce ad arrivare persino ai suoi occhi, per una volta, lasciandoli brillare per qualche istante, prima di spegnersi, nuovamente. « Eh sì, devi essere proprio in ritardo. Non vedo McCallister qua in giro, il che significa che ti sei perso la visita guidata del campus. E anche un anno scolastico. Anno sabbatico, dico bene? » Lo canzona, leggermente, mentre il sorriso sulle labbra le arriccia un po' il naso. « Però è un piacere riaverti tra noi, Peter. » Alza le sopracciglia, finalmente salutandolo. Lo conosce, più di vista che per conoscenza vera e propria. Sua madre le ha raccontato spesso che, essendo molto amica della mamma di lui, spesso giocavano insieme, da piccini. « Hai smesso di correre nudo per i giardini altrui? » Quell'episodio d'infanzia, seppur non se lo ricorda affatto, è uno dei preferiti dei racconti di suo padre, durante le cene in compagnia dei coniugi Paciock. Sorride, candidamente, prima di lanciare un'occhiata dietro di lui. « Anche se mi hanno fatto secca, sei fortunato. Posso esserti utile in qualcosa. » Lo cita, sentendo che, lentamente, il malumore sembra scivolarle addosso, almeno per il momento. Per questo motivo si costringe a continuare a parlare, a trattenerlo in sua compagnia, per giovare di quei benefici che, ne è certa, saranno temporanei ma efficaci. « Anche se, da amichetta d'infanzia ad amichetto d'infanzia, lasciatelo dire: con le ragazze, meno spocchia è meglio e la storia che, se le tratti male poi cadono ai tuoi piedi, credimi, non funziona. » Accenna un sorriso, prima di voltarsi verso il resto della sala. « Allora, vuoi fare un giro del campus o vuoi sapere soltanto dov'è che si fa festa, solitamente? » Puntigliosità e sarcasmo tutte made in casa Potter.
     
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    Sei alle strisce col semaforo rosso, ti volti e vedi Tizia. Quanto tempo! La devi salutare per forza, saranno secoli che non vi vedete! Qualche battuta sul meteo, giornata grigia o soleggiata che sia, qualcuna sui capelli - ti ricordavo bionda! - e poi, infine, la fatidica domanda. Come sta Tizio? Insomma, il fidanzato di Tizia da, più o meno, un'eternità. Ci siamo lasciati. E l'incudine ti cade sui piedi. E' proprio quello che succede a Peter quando non tiene la bocca chiusa per cinque secondi di seguito: dà voce ai suoi pensieri, e non sempre è un bene. Perché potrebbero non corrispondere alla realtà, o almeno, non più, se non sei ben informato. Infatti Olympia non è una senior. Niente raccomandazioni in vista... Ce la dobbiamo vedere dura, dall'inizio alla fine. Ricordategli perché si è iscritto al college, che l'ha un attimo dimenticato. «Semmai sono avanti, coi tempi!», la informa, picchiettando con l'indice sul quadrante dell'orologio, che in effetti è spostato avanti. Ve l'ho detto, prima, è un sistema di sicurezza: serve a far bruciare il culetto di Peter affinché si smuova senza troppi preamboli o passate di cera nei capelli. Indomabili, come sempre, ma di un'indomabilità paradossalmente ordinata, come se avesse deciso dal principio dove ogni ciocca si dovesse trovare. «Comunque, dopo avermi dato del ritardato, puoi anche abbracciarmi per farti perdonare.», le dice, quasi serrando le palpebre per assumere un'espressione corrucciata. Dopo di che, la abbraccia lui per primo perché, si sa, le ragazze ne hanno bisogno. Soprattutto dopo aver perso la corona; chissà per quale ragione, poi. Della signorina Potter cantavano le lodi da Londra a Singapore - lo stesso Neville non faceva che ripetere quanto fosse sveglia, Olympia, fantastica ragazza che aveva deciso d'intraprendere la strada dell'Erbologia. Una sorta di sua rivale universitaria, adesso. «Noto con piacere che mi hai stalkerato su Wiztagram, dato che conosci vita, morte e miracoli del mio anno sabbatico. Però forse anche tu sei un po' in ritardo: dovresti sapere che non ho smesso di correre nudo in giro per i giardini. O le spiagge.», comunica, riferendosi a quella storia di Capodanno in cui si avviava verso la riva... Senza mutande. Però girato, dai, non si vedeva quasi nulla. Ride, al pensiero di un piccolo Paciock che sgattaiola sotto le braccia di due disperatissime donne in carriera, mamma e Ginny, desiderose soltanto di un bel massaggio e una pizza fumante da gustare di fronte alla televisione. E invece lui e James - soprattutto - si divertivano a far saltare in aria petardi, pentole a pressione, Caccabombe. Insomma, tutto quello che capitava a tiro, con conseguenze non troppo piacevoli. «Tu hai smesso di cadere dalle scope?», le chiede, ricordando di averla salvata almeno qualche volta, quando capitava di giocare a Quidditch alla Tana, tutti insieme. «A proposito, mi devi un bel po' di favori. Possiamo cominciare con tutti gli appunti che hai, per dire.», fa spallucce, come se fosse il minimo da parte della rossa. D'altro canto, tra colleghi ci si aiuta, no? Il fatto che lui avesse intenzione di superarla in tutte le materie - competitività levati proprio - è un dettaglio irrilevante. Quando si dice... Ti offrono la mano e ti prendi tutto il braccio. Beh, quando lo dici, intendi Peter Paciock.
    Comunque lei non sembra tirarsi indietro, tant'è che si offre di accompagnarlo in quel tour improvvisato. Rimproverandolo giusto un pelino per la sua irruenza non richiesta. «Mammina, scusami! Non mi sono reso conto di averti trattata male, poco fa. Giuro che non ci stavo provando, comunque.», le fa la linguaccia, se la merita. Ma non vuole che si offenda, questo no, davvero. Le mette il braccio attorno alle spalle e continua: «Guidami tu, sono un perfetto straniero.», è la verità. Hogsmeade è completamente cambiata. Il campus universitario, nuovi locali - gli è giunta voce di un certo Suspiria che ha da poco completato la ristrutturazione -, nuova gente. I volti sembrano più sereni... Quello di Olympia un po' meno. Ma forse sono le mestruazioni. Meglio farla ridere un po', nel dubbio: «Però ti devo smentire, funziona.», le sussurra. Fino a prova contraria, è lui che ci ha provato con tot ragazze, e loro l'hanno assecondato. Per cui, se quello di poco fa era essere spocchiosi, beh, accende l'ormone. Garantito.
    Camminano tra la folla, che ha deciso di riversarsi tutta insieme nel campus. Siamo ad inizio anno: c'è chi fa la fila in libreria per acquistare manuali di studio, chi fa un giro per familiarizzare con viuzze sconosciute, chi va a pagare l'affitto delle stanze. E poi c'è Peter, che adocchia la Caffetteria Starbucks. «Alt!», costringe Olympia a fermarsi, «Vuoi qualcosa? Io prendo un caffè perché ho fatto tardi stamat... Ieri. Aspettami qui un secondo.», dice, attendendo gli ordini della Principessa. Pochi minuti dopo - e scavalcato qualcuno alla fila, scusatelo - torna col bottino. «Dove si va, quindi?»

     
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    «Semmai sono avanti, coi tempi! Comunque, dopo avermi dato del ritardato, puoi anche abbracciarmi per farti perdonare. » Si ritrova ad emettere una risatina, mentre fissa l'orologio che ha il polso, con le lancette spostate in avanti, probabilmente per avere sempre l'idea di essere in costante ritardo, così da provare a velocizzarsi, in qualche modo. « Ottima tattica, ma non sembra aver funzionato alla grande og- Non fa in tempo a finire la frase che lui l'abbraccia, senza preavviso. Ci rimane di stucco, con le guance che le prendono fuoco all'istante e le braccia che si portano lungo i fianchi. Non sa bene come reagire perché non sa bene nemmeno cosa provare. Il non volere alcun contatto fisico è un problema che, con gli anni, è riuscita ad arginare, pian piano, eppure, di tanto in tanto, quando lo stress è troppo e le cose si fanno fin troppo incasinate nella sua testa, torna a fare capolino, giusto per ricordarle che il disturbo post traumatico ottenuto con l'incidente non l'ha mai superato del tutto. Così arriccia il naso, mentre si lascia abbracciare, reprimendo l'istinto di scivolare all'indietro all'istante. « Sei sempre il solito cretino » mugugna, mentre la lascia andare e il rossore scema via, velocemente così com'è apparso sulle sue gote. «Noto con piacere che mi hai stalkerato su Wiztagram, dato che conosci vita, morte e miracoli del mio anno sabbatico. Però forse anche tu sei un po' in ritardo: dovresti sapere che non ho smesso di correre nudo in giro per i giardini. O le spiagge.» Quelle parole la lasciano interdetta, con un sopracciglio ramato che svetta verso l'alto a palesare tutto il suo stupore. Cosa? Ma se non ti ho mai nemmeno commentato una foto. « Ti piacerebbe. » Commenta con un sorrisetto serafico, mentre si liscia la gonna con il dorso della mano destra. « Ti ricordi sì che mia madre e tua madre sono tipo migliori amiche e mio padre e tuo padre hanno messo su quell'orchestrina imbarazzante insieme? Ergo, non c'è segreto che tenga quando cominciano a chiacchierare a ruota libera, durante le cene del venerdì sera. » Che io e te saltiamo da un sacco di tempo, come mi ricorda spesso mia madre. « A tal proposito, quindi è vera la storia di te che ti becchi una bella malattia venerea per aver deciso di girare bell'e nudo la notte di Capodanno? » Gli domanda, con un cipiglio divertito ad illuminarle il viso, con tanto di mano che scivola verso il fianco, aggrappandocisi. « A detta di tua madre, nemmeno ricordavi con chi fossi stato la sera prima. Notte da leoni proprio! » Aggiunge, con una certa punta di un qualcosa di non ben decifrabile. Forse è invidia perché lei non è mai riuscita a lasciarsi andare così tanto da fare un qualcosa di così sconsiderato e fuori dagli schemi. Il massimo che ho fatto è ubriacarmi e mischiarci l'erba, per poi dare di stomaco tutta la notte. Fa una smorfia, mentre viene messa di fronte alla realtà, per l'ennesima volta, del fatto che è una sessantenne intrappolata nel corpo di una diciannovenne. «Tu hai smesso di cadere dalle scope? A proposito, mi devi un bel po' di favori. Possiamo cominciare con tutti gli appunti che hai, per dire.» Rotea gli occhi, la rossa, mentre si avvia verso la porta d'uscita del dormitorio. « Oh, di certo ti devo ringraziare. Mi hai fatto cadere talmente tante volte che ho smesso di salire sopra una scopa. » Alza le sopracciglia, annuendo. « L'ultima volta avevo cinque anni. Grazie per avermi traumatizzato talmente tanto da farmi venire la fobia. E per gli appunti, puoi anche scordarteli. » Si volta a guardarlo, con un sorriso da bambinetto che si palesa sulle sue labbra carnose. « Ho ripagato tutti i miei debiti, da brava Lannister, quando in sesto ti ho parato il sedere con Carter. » Quella sera lei era di turno per la ronda notturna, con il prefetto di Corvonero e Peter, oltre ad aver saltato di qualche ora il coprifuoco, si era messo a pregare la Signora Grassa che lo facesse entrare. Olympia si era domandata se ricordasse ancora il suo nome, tanto era ubriaco e alla fine, più per spirito di brigata che per altro, l'aveva fatto rientrare nel dormitorio prima che il professor Carter decidesse di apparire da dietro l'angolo, svegliato dalle cantilene stonate del ragazzo. « Ma se vuoi, sono sempre pronta a dar lezioni, in caso fossi interessato. » Sa benissimo quanto Paciock sia competitivo, specie quando si tratta della materia che insegnava suo padre, per questo non può fare a meno di prenderlo in giro
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    bonariamente. « Potrei farti anche uno sconto in amicizia, pensa un po'. » Strano ma vero, sorride e continua a farlo, mentre prendono a girare per il campus. «Mammina, scusami! Non mi sono reso conto di averti trattata male, poco fa. Giuro che non ci stavo provando, comunque.» « Beh, meglio così! » Risponde secca, tagliando corto per poi precederlo nel camminare lungo il vialetto che porta allo Starbucks. Ma lui l'agguanta, passandole il braccio sulle spalle. Il secondo contatto fisico non richiesto nel giro di poco. «Guidami tu, sono un perfetto straniero.» Le lancia un'occhiata indecifrabile, mentre mette tutta la sua concentrazione nel risultare assolutamente naturale sotto il suo tocco. «Però ti devo smentire, funziona.» Sospira, Olympia, con l'accenno di un sorriso divertito. « Eh lo so, la disperazione è tanta in giro. » Annuisce, seria, come se avesse appena detto qualcosa di veramente importante. « Parlando di cose serie, quella lì è la biblioteca centrale. E' fornitissima ed è completamente ad usufrutto dei collegiali. La signora Carlton, la bibliotecaria, è davvero carina, ma se alzi leggermente la voce di un'ottava, ti fa arrivare un tomo svolazzante a darti una botta in testa. » Non che sia a favore di certe punizioni corporali, ma assistere a certe scenette, l'anno precedente, le miglioravano decisamente le giornate passate tra quelle quattro mura. «Alt! Vuoi qualcosa? Io prendo un caffè perché ho fatto tardi stamat... Ieri. Aspettami qui un secondo.» Olympia ci pensa su qualche istante, arricciando le labbra in una smorfia. « Un tè verde per me, grazie. » Rimane per qualche minuto da sola, fuori dalla caffetteria. E allora sorride a quello e l'altro volto, per poi battere il piede a terra, come a scandire il tempo, con le mani poggiate contro il muro alle sue spalle, costrette contro la sua schiena. «Dove si va, quindi?» Lui torna e lei si distacca dal muro, con un sorriso, Gli si fa più vicina, fino ad arrivargli sotto al viso. Lo guarda dal basso, con la mano destra che si muove verso di lui. Verso il basso. Scivola lungo i jeans, fino alla tasca nella quale fa cadere le falci che gli deve per il tè. « Sono una Lannister, ricordi? » Lo batte sul tempo, prima di ottenere una qualsiasi replica da parte di lui. « Comunque andiamo in segreteria. » Dichiara poi, riprendendo a camminare verso una palazzina poco distante, dal verde pastello tenue. « Per girare per il campus hai bisogno del badge. Ti serve ad identificarti per gli esami, ti serve per avere sconti da Toyland, in alcuni localini e persino in palestra. » Prende a spiegargli, rientrando perfettamente nel suo vecchio ruolo di guida. « E soprattutto ti serve per la biblioteca. Senza non entri, non puoi consultare i libri, non puoi portarli a casa e non puoi nemmeno usare le postazioni computer.» Insomma, non puoi fare niente senza. « Ma devi avere una foto, ovviamente. » Si blocca, voltandosi a guardarlo. « E ovviamente non ne hai una a portata di mano, dico bene? » Certo che non ne hai una dietro, che domande del cavolo! « Dobbiamo farti una fototessera. » Dichiara ad alta voce, mentre procede verso destra a grandi falcate. Poco più avanti c'è una cabina magica, di quelle dove entri e una macchina fotografica incantata ti fa la foto. « Vai, è il tuo turno! » Gli dice, dopo aver inserito un galeone nell'apposito buco, per poi tenergli la tenda rossa scostata, per invitarlo ad entrare. « Non ti vorrai far pregare, vero? » Alza un sopracciglio, sarcastica. « Vuoi fare un salto in bagno per controllare che la tua fluente chioma sia in ordine? »
     
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    Cretino è una definizione appropriata per Peter. Ma, se speriate lo ammetta, vi sbagliate di grosso. Però concedeteglielo, lo fa con stile. E' una di quelle cretinaggini che, se non ci fossero, si dovrebbero andare a cercare, altrimenti sai che noia la vita. Davvero, rinuncereste ad una delle brillanti battute del suo repertorio, fatte - senza cattiveria - al puro scopo di animare la situazione? Senza queste, le conversazioni sarebbero un incessante sciorinarsi di come va, che fai, bella giornata, studio al college, pranzo fuori, pago l'affitto, domani si butta l'indifferenziato... Meglio farsi ricoverare al San Mungo a questo punto, almeno là ti fanno una flebo di allegria e per qualche ora sei tranquillo. Comunque non può biasimare Olympia, che giustamente reagisce con fierezza, da brava Grifondoro, alle sue accuse infondate con richiesta di perdono. Però almeno un sorriso a trentadue denti, dato che non lo vede da tanto e ovviamente le è mancato da morire, potrebbe regalarglielo. Peter ride di fronte all'immagine della rossa, del tutto fasulla, che lo accoglie a braccia aperte al momento del ritorno in patria. A parte qualche piccolo pugnetto di apprezzamento negli ultimi anni, magari per due punticini guadagnati a beneficio della casata in comune, non si sono mai calcolati più di tanto. Vuoi per interessi diversi, che per la piccola Potter di certo non riguardavano il Quidditch, vuoi perché l'attenzione di Peter era principalmente riservata a James, si scambiavano al massimo gli auguri di Natale. 'Buon Natale Olimpia' - ed in tutta risposta 'guarda che si scrive con la y'... Una discussione del genere, insomma. E poi, spesso, si prendevano argomenti da maschi, ai quali giustamente le principesse non erano ammesse. Ma si trattava di altri tempi.
    Adesso Peter è cresciuto, ed Olympia... Anche lei, decisamente. Forse più veloce di lui. «Sì, hai ragione. A me piacerebbe. A te... Rilasserebbe.», conclude, perché la figura di un Paciock all'interno di una sauna è abbastanza scontato sia in grado di pacificare gli animi. Compresi quelli più precisini. «Ah, divertente essere l'argomento principale dei vostri venerdì sera. Ve li passate bene, non c'è che dire.», la canzona un po', rabbrividendo al contempo al pensiero di mamma che spiattella tutti i suoi segreti al mondo intero. Spero non mi chiami Piti, se lo augura, altrimenti dovrà far finta che non gli interessi. E' così che gira la vita: se qualcosa ti dà fastidio, deve diventare la tua arma segreta, prima che se ne approprino gli altri. Altrimenti sei spacciato. Quindi, ben venga il Piti, se qualcuno lo cita - ma continuiamo a pregare di no. «No, niente malattie veneree se è questa la tua preoccupazione. Non rischi nulla.», le sorride, con una faccia da schiaffi davvero imperdibile. Da prendere e sbattere al muro. «E correggerei in notte da Grifoni, erano tutte di Grifondoro. La migliore delle etnie. Ma non ti montare la testa.», mette le mani avanti, come a voler dire non sto insinuando nulla. Ma forse lo sta facendo, ed in modo piuttosto evidente. Non saprei dirlo, la sua testa è tipo un casino che ad entrarci ci si confonde peggio di prima. «Ah vero, la storia di Carter. Ma vai tranquilla che la Signora Grassa mi avrebbe fatto rientrare in tempo. E' innamorata di me dal primo anno, le ho scritto una poesia. Che verteva sulla sua bellezza folgorante.», soddisfatto della sua invenzione su due piedi, perché in realtà tutti i quadri, appena lo scorgevano per i corridoi, si andavano a chiudere nella stanza del Preside pur di non averci a che fare, continua: «Però va bene, facciamo finta che tu abbia saldato il debito.», brontola, deluso di aver perso il vantaggio su cui contava. Non può averla sempre vinta lei, per quanto possa contare innumerevoli armi a proprio favore, tra cui quella dell'essere avanti di un anno rispetto ad un Peter versione l'acqua mi bagna, il vento mi asciuga. «Certo che sono interessato. Però non ti offendere quando l'allievo supererà il maestro, mh? Poi mi illustrerai i dettagli del pagamento e dello sconto. Mi aspetto sia significativo...»
    Consuma il caffè in men che non si dica. Quando butta il contenitore con su scritto "Petar", Olympia non ha ancora iniziato il suo tè. Si avvicina a lui e, prima che possa elaborare pensieri maliziosi dato il movimento della mano della ragazza, si ritrova con tre falci in più nella tasca. «Potevi dirmelo in altro modo che volevi essere invitata di nuovo per un tè, perché dopo questa sono costretto a farlo.», sbotta. Non gli va di essere preso in contropiede, ma ci ha guadagnato una... Chiamiamola lezione privata gratis. O incontro. Insomma, una cosa in cui due persone vanno a prendere insieme da bere, o da mangiare, o altre cose da pagare. E dai, non può lasciarla dividere la somma! Non è mica Judah Carrow, tanto ricco quanto tirchio. «E' in biblioteca che mi darai lezioni? O preferisci l'intimità del tuo domicilio? No perché se la signora Carlton sbuffa te la vedi tu che sei se...», fermatelo, vi prego, prima che la figuraccia sia compiuta. Ok, ha detto solo "se". Potrebbe essere qualsiasi cosa all'infuori di senior. Per cui, sfoderando la migliore delle tonalità di voce, completa: «sexy». E fin qui, nulla da obiettare.
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    Il giro continua, e purtroppo in direzione di edifici che urlano burocrazia da tutti i pori. La loro tappa sembrerebbe essere la segreteria, almeno prima che Olympia ricordi gli step necessari ad ottenere il badge. La sta per bloccare, in quanto, essendosi iscritto al club di Teatro, ha già altre fototessere di riserva nel portafoglio. Ma lei è così disponibile che non ha cuore di farlo. «Dici sempre bene, signorina Potter!», così la segue, verso l'infinito ed oltre. La magica cabina è al loro servizio, due piccoli eroi ultimi della fila. Sfoltita molto in fretta, tanto che Peter si ritrova a dover sistemare i capelli in quattro e quattr'otto. «Niente bagno, mi fido di te. Fantastico, vero?», le chiede, dopo aver ravviato la chioma una dozzina di volte. Entra quindi nella cabina, iniziando a seguire le istruzioni. Clicca qui per ottenere dieci fototessere... Quando sei pronto, schiaccia il tasto rosso ed attendi tre secondi prima dello scatto automatico. Chiarissimo.
    Fa capolino al di là della tenda, nascondendo il resto del corpo all'interno della cabina, come se stesse provando una nuova mise e avesse bisogno dell'approvazione incondizionata di quelli che accompagnano. «Lei che è tanto esperta, signorina Potter, vorrebbe darmi una mano?», chiede, sbattendo più volte le palpebre stile cerbiatto indifeso che non farebbe mai del male a nessuno. La tira dentro la cabina e schiaccia il tasto rosso. Tre, due - Olympia è dentro - uno, le sorride, scatto! Prima ancora che lei possa tirarsi fuori dalla cabina, le solleva l'angolo della bocca a destra e a sinistra. Così, ecco, sorride anche lei. Scatto!
    E non dimentichiamoci di prevenire la fuga. Peter si mette dal lato della tenda e, pronto a far partire di nuovo la macchina, le dice: «Cheeeeese!»


     
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    «No, niente malattie veneree se è questa la tua preoccupazione. Non rischi nulla.» Ma tu sei tutto scemo. Reprime l'istinto di rispondergli a dovere, di getto, mordendosi l'interno della guancia per rimanere in silenzio, dietro l'espressione che sembra voler uguagliare l'altrettanto sfacciata di quella di lui. Cerca di rigare dritto, cerca di ricordarsi che lui è soltanto un bontempone a cui piace divertirsi così, con battute semplice e facilmente fraintendibili. Cerca di rammentare tutte queste cose, mentre cammina davanti a lui e le sue chiacchiere fanno da sottofondo quasi ovattato. Non è che non lo stia davvero ascoltando, ma..forse non lo sta davvero ascoltando. Il suo cervello è momentaneamente in stand-by, mandato a riposo per salvaguardarsi.
    «Potevi dirmelo in altro modo che volevi essere invitata di nuovo per un tè, perché dopo questa sono costretto a farlo.» Alza un sopracciglio, rimanendo un attimo interdetta di fronte a quelle parole. « Perché vi crescono tutti così? » Si domanda poi, aggrottando le sopracciglia, con le labbra che si modellano sul bordo del bicchiere di tè, per berne un sorso. Non vuole fargli la ramanzina perché quello che ha appena detto sa di antiquato e anche leggermente sessista, davvero, non vorrebbe, eppure si sente pizzicare la lingua, come se volesse essere lasciata andare, a briglia sciolta. « Tu saresti costretto ad invitarmi fuori, per pagarmi una consumazione, perché io ho deciso di pagare equamente il conto ora? » Lo fissa negli occhi, i suoi verdognoli che si rispecchiano in quelli caramello di lui. « Non dirmi che sei di vedute sull'andante patriarcale. » Lo punzecchia, con tanto di alzata di sopracciglia per andare a sottolineare maggiormente la cosa. « Non devi sentirti obbligato da delle regole sociali imposte in altri periodi storici, poiché le donne non percepivano un salario adeguato a sostenere le loro spese. » Continua, per poi decidere di chiuderla lì, per non farla troppo lunga. « Portala fuori perché è intraprendente e libera, non perché è tuo dovere in quanto appartenente al sesso maschile. » Gli sorride, per poi stringersi nelle spalle, leggermente e riprendere a camminare, come se nulla fosse. «E' in biblioteca che mi darai lezioni? O preferisci l'intimità del tuo domicilio? No perché se la signora Carlton sbuffa te la vedi tu che sei se...sexy » Il sangue affluisce, improvvisamente, alle sue gote, tingendole di un caldo color porpora. Continua a camminar spedita e impettita davanti a lui, così che non possa scorgere quell'imbarazzante rossore che le sta mandando in fiamme il viso. « L'intimità in casa mia non esiste, se consideriamo che Willy Wonka, il mio gatto, detesta il genere maschile. » Chissà perché. Il suo amabile gatto rosso non ha mai apprezzato la presenza di Rudy, in giro per casa, pronto a distoglierla dal dare attenzioni esclusive solo a lui. Se a questo aggiungiamo anche il fatto che Rudy è un lycan ed entrambi riconoscevano l'odore dell'altro come un pericolo, beh, il sodalizio non poteva che uscirne fuori letale. « Sono certa che sarai più che capace di usare lo charme, che dici funzionare su tutte, anche sulla signora Carlton. » A quel punto, solo a quel punto, quando si sente effettivamente padrona di sé, si volta a lanciargli un'occhiata sibillina. « Puoi sempre vederla come la prossima emozionante sfida sul tuo cammino. Dalle ragazze che ti cadono ai piedi non appena le tratti male, alle donne che ti vedono semplicemente come un ragazzino. » E' allora che i suoi passi si arrestano di fronte alla piccola cabina. Beve un altro sorso di tè, analizzando il proprio bicchiere sul quale c'è scritto "Olinda", mentre lo vede armeggiare, con la coda dell'occhio, con la propria criniera. «Niente bagno, mi fido di te. Fantastico, vero?» Lo fissa per un istante, con gli occhi che si riducono a due fessure, simili a quelle feline, per poi allungare una mano, senza nemmeno pensarci, verso un ciuffo che gli ricade in avanti, dando al complesso un risultato fin troppo trasandato. Si accorge del confine che ha appena valicato soltanto quando incontra gli occhi di lui, che la fissano. « Sembravi un sociopatico appena uscito dalla clinica psichiatrica. » Abbozza una risposta recuperata dalla punta della lingua alla bell'e meglio. La prima cosa che le è venuta in mente. Per fortuna, lui entra e lei si può rilassare, mentre continua a sorseggiare il proprio tè in assoluta tranquillità. Si guarda intorno, con gli occhi smeraldini che si soffermano a guardare i vari studenti che girano qua e là, pronti a rianimare di vita il campus universitario. «Lei che è tanto esperta, signorina Potter, vorrebbe darmi una mano?» Non fa in tempo a capire le sue intenzioni, voltandosi a guardarlo, che la tira dentro, prendendola per il braccio, con il bicchiere di tè che le scivola dalla mano, andando a sporcare tutta la tenda. « Cavolo, Pe- un lampo luminoso
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    blocca le ultime lettere del nome del ragazzo dall'uscire dalle sue labbra. « Tu sei tutto matto! » Si lagna, più divertita che effettivamente infastidita, mentre lui la costringe a sorridere verso la camera. E lei accentua ancora di più il sorriso, tanto da sentirsi tirare la pelle delle guance. « Lingua di fuori! » Lo avvisa, prima di mettersi in posa per l'ennesima foto. E continuano così, fin quando non arrivano a scattarne dieci. « Ma tu, no..c'è mai qualcosa che prendi davvero seriamente? » Gli domanda, rimanendo lì, a fissarlo, seduta con metà sedere di fuori su quello sgabellino misero che condivide con lui. E' curiosa, sinceramente curiosa, non lo sta di certo prendendo in giro. « No perché dovrebbe essere davvero bello essere così...- ci pensa un po' su, cercando di pescare la parola giusta -..leggero! » Un sorrisetto bambinesco si profila sulle sue labbra, prima di decidersi a rimettersi in piedi. « Mi fai passare, o stiamo qui tutto il giorno? » Gli domanda, prima di scivolare via verso il fuori. Tira fuori la bacchetta e casta un Gratta e Netta contro la tenda, mentre la macchina avverte, con un suono stridulo, la conclusione dello sviluppo fotografico. Fa uno scatto in avanti, per anticiparlo nel prendere il lungo cartoncino che è fuoriuscito. Osserva le foto, una ad una e scoppia a ridere per le ultime. E' una risata cristallina, come piena di campanelli squillanti. « Sono inguardabile nelle ultime tre! » Sentenzia, prima di girarsi verso di lei. Gli punta contro l'indice, mentre lo fissa con lo sguardo che lentamente scivola nel serio. « Ora io te le do, ma tu prometti di non farle vedere a nessuno. » Gli dice, con convinzione. « Se lo farai, ti do ripetizioni gratis. » Aggiunge, inclinando la testa di lato, aspettando una sua risposta. « Promettilo sulla figurina di mio padre in divisa di Quidditch. » Se la ricorda bene, quella sera di Natale. Harry Potter aveva incartato la sua stessa figurina, da vero egocentrico qual è, ma pur sempre una figurina vecchia rarissima e introvabile, per poi regalarla al piccolo Peter. La cosa che si ricorda meglio, di quella sera, sono le urla schiamazzanti di un nanerottolo alto un metro e un barattolo, in piena fase di nevrosi mistica, che girava per la Tana facendo vedere a tutti quello che definiva il suo "regalo più bello". « Promettilo o non ti do niente. Né le foto, né le ripetizioni. E puoi scordarti di provare anche solo ad avvicinarti alla mia media, superando la maestra. »
     
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    Peter riflette sulla parola patriarcale. Si chiede in che strano modo possa essere associata a lui, che la maturità scorda sempre di portarsela dietro, o probabilmente non l'ha mai avuta. E' un tipo capace di trascorrere anche ventiquattr'ore di fila nell'isola che non c'è a combattere i pirati, figuriamoci assumere l'atteggiamento di un padre padrone. Olympia lo rimbecca perché vuole fare la dura - ho capito che tipo sei, non ti preoccupare, pensa, ricordando un po' l'atteggiamento di Molly Weasley quando inviava strillettere ad ignari nipotini pronti a consumare il pasto peggiore della loro vita ad Hogwarts. Peter risolve il suo impellente problema iniziando a girare intorno alla rossa, un po' tipo cagnolino che cerca il punto adatto per svuotare la vescica. «No, tranquilla, non sto marcando il territorio. Cerco solo il tasto di spegnimento. Se vuoi indicarmelo tu - evitando di fare gestacci che poi ci resto male e la mia compagnia te la scordi! - facciamo prima.», comunica, arrestandosi poi di fronte a lei, dopo circa cinque battute di perlustrazione. Lo potrebbe fare più accuratamente, un po' tipo metal detector in aeroporto quando pensano che stai trasportando marijuana da un continente all'altro, ma decide di trattenersi per il quieto vivere. Non vorrebbe mettersi a correre per scappare da una Grifondoro letteralmente in fiamme dalla testa ai piedi, pronta a schiantarlo senza troppi convenevoli. Potrebbe sempre rubarle la bacchetta, però. Non male come idea, vediamo che si può fare quando abbassa la guardia. «Comunque riferirò a papà quello che pensi, eh! Ma come, Lympy? Quel piccolo bocciuolo di rosa? Non può deludermi così, lei che è tanto intelligente, perspicace, furba, bella, gentile, solare... Più altre mille pippe su quanto sei perfetta. Non sarà felice di vedere il suo mito crollare.», comunica, imitando la voce di un affranto Neville Paciock i cui occhi a cuoricino si riempiono improvvisamente di lacrime. «Tutto questo perché -», fa le virgolette in aria, «- 'mi hanno cresciuto così', quindi è... Colpa loro, secondo te.», conclude, sapendo benissimo che la Potter potrebbe persino fare una strage di civili prima che Neville le volti le spalle. Ma lasciamoglielo credere. Però lo sguardo della rossa che sta pericolosamente incrinandosi non gli piace, non gli piace proprio, può leggere sintomi di tristezza nelle sue iridi verdi cangianti e non vuole che la loro passeggiata prenda quella piega. Per una volta, smette i panni dello scemo patentato e dice una mezza verità: «Ma dai, ero ironico. Te l'avrei offerto con piacere, in nome della nostra millenaria amicizia. Siccome non me ne hai dato la possibilità, e non mi piace essere preso in contropiede dal sesso femminile, sottolinea bene quella parola, in risposta al concetto da lei espresso poc'anzi, «- che poi li stai citando tu i due sessi, Lympy... E comunque l'ho capito che ti piace la parola 'sesso', va benissimo, non c'è problema.», cambia del tutto argomento. Niente Peter, la tua serietà è durata dieci secondi, ma apprezziamo lo stesso il tentativo. Olympia gli cammina davanti da brava bussola, al punto che il Paciock ha difficoltà a starle dietro. Rimane a mangiare un po' di polvere, e ne pregusta altra in vista dello scontro universitario con la numero uno dell'Erbologia. Ma durerà poco, professoressa, le comunica silenziosamente, mentre gli zigomi si arrotondano ad incorniciare un sorriso. Non sa se ridere di più per l'inevitabile, quanto imminente, surclassamento di Olympia, oppure per l'immagine della signora Carlton che gli viene dietro. «Ahhhh, ho capito. Sei ancora offesa per la storia della principessa delle erbette magiche. Intanto -», e solleva l'indice, pronto ad un sermone coi fiocchi, «- 'principessa' non è sinonimo di strega cattiva, quindi non colgo l'origine del tuo risentimento. E poi le erbette magiche...», si avvicina a lei con fare guardingo, recuperando rapidamente la distanza tra loro, «... devo davvero spiegarti perché, è in questo modo che Peter Paciock guadagna per sé e per i posteri qualche fogliolina di Erballegra curata dall'innocentissima Potter.
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    Muove a ripetizione le sopracciglia, come a dire: non ci sono segreti che tengano con me, in quanto maestro nell'arte del pettegolezzo. Per altro, con un Trambley come coinquilino, ha avuto anche accesso a qualche informazione... Particolare. Due frasi in croce, eh, però è pur sempre qualcosa.
    Olympia lo aiuta a sistemarsi i capelli, una volta giunto il suo turno alla cabina. Di norma non gli piace che qualcuno li sfiori, sono pur sempre il suo prezioso tesoro!, ma il tocco della rossa è gentile. La sua lingua un po' meno. Dovrebbe imparare ad usarla in altro modo, piuttosto che dargli del sociopatico. Magari un giorno le mostrerà proprio lui le infinite possibilità di quel muscolo. «Aggiungiamo anche 'acconciature magiche' al tuo curriculum.», commenta, rivolgendosi ad un passante appena posizionatosi in fila dietro di loro. «Cos'è che non sa fare, questa ragazza?», chiede allo sconosciuto, indicando la Potter. Tutto questo, prima di tirarla dentro la cabina a sorpresa. Esce fuori la lingua - a proposito delle disquisizioni di prima! - dietro suo comando, e poi la guarda strano per la prossima posa. Per non farsi mancare nulla, nella sesta foto le dà un pizzicotto, facendola girare verso di lui con la tipica espressione di hai tradito la mia fiducia, mentre il ragazzo assume quella del giovanotto innocente che non ha fatto nulla, per carità. «Sì, certo. L'abbonamento di Fortnite, Super Mario, gli orari dei pasti, la marca dello shampoo -», anche se lì gli ecologisti faranno necessariamente una smorfia, visto che bisognerebbe comprare quelli in saponetta solida, per evitare il contenitore di plastica, come gli ricorda sempre papà, «- le stories su Wiztagram, il Quidditch, le modelle di Victoria Secrets, il cambio stagione, il caffè delle undici... Immagino anche l'università. Mh? Ho risposto bene?», le chiede, come se adesso la Potter fosse tenuta a dare un giudizio da uno a dieci. «Non vedo perché dovrebbe essere il contrario. Non ho motivo di fare il pesante. Ti avrei già annoiato, e invece ti stai divertendo, anche se vuoi uscire dalla cabina perché temi che il contatto fisico con me possa renderti dipendente.», le dà una leggera gomitata, giusto per restare in tema, e le fa l'occhiolino. «Devo precisare che scherzo, o cogli l'ironia con la stessa cura che hai per le erbette, principessa?», conclude, prima di liberarla dal minuscolo spazio vitale della cabina. Attende che Olympia gli mostri le foto che hanno scattato, per poi ritagliarle con la formula Diffindo. Siccome la ragazza si lamenta delle prime tre, le consegna l'ultima, dopo averci scribacchiato sopra qualcosa del tipo con amore, Peter Paciock. Proprio da star del ventunesimo secolo. «Tranquilla, saranno il nostro piccolo segreto.», conferma, sistemandole nel portafoglio affinché non si rovinino. «Promesso! Non perdo l'occasione delle ripetizioni gratis. Improvvisamente sei così gentile... Quasi mi commuovo.», risponde, tirando fuori il labbro inferiore, a conferma del suo stato d'animo. «Andiamo a ritirare il badge. Questa va bene?», chiede, tirando fuori la sua fototessera - quella giusta - ed attendendo la reazione della Potter. «Come dici tu, mi servirà per fare qualsiasi cosa, al college... Bene, la prima della lista è superarti in tutte le materie. Sarà divertente, dato che avrò il tuo aiuto.», ridacchia, dando qualche colpetto sulla tasca dei jeans dove tiene il portafoglio. Ah, un ricatto servito su un piatto d'argento!

     
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    Arriccia il naso, quando lui le gira intorno, come un cagnolino scodinzolante. La mette oltremodo a disagio quel suo osservarla, seppur sia per scherzo. Stringe così le labbra, in una smorfia che si trasforma in una retta, mentre decide di non rispondergli perché altrimenti solo gesti poco carini avrebbe da rifilargli. «Comunque riferirò a papà quello che pensi, eh! Ma come, Lympy? Quel piccolo bocciuolo di rosa? Non può deludermi così, lei che è tanto intelligente, perspicace, furba, bella, gentile, solare... Più altre mille pippe su quanto sei perfetta. Non sarà felice di vedere il suo mito crollare.» Si porta una mano al petto, con fare teatrale, a voler sottolineare quanto sia fintamente colpita da quelle parole e dalle carinerie che Neville Paciock ha sempre detto nei suoi confronti. «Tutto questo perché 'mi hanno cresciuto così', quindi è... Colpa loro, secondo te.» Incontra i suoi occhi, color caramello, e non può che sorridere. « Vorrà dire che gli parlerò anche di questo, dopo la nostra salutare discussione del venerdì sul come ridurre il nostro impatto sull'ambiente. » Lo guarda, con espressione soddisfatta e piena di sé, sapendo benissimo che mai e poi mai sarebbe finita a litigare con l'uomo che, più di tutti, ha lasciato tracce sulla piccola Potter che, vedendo il suo impegno con la natura, l'ha preso ad esempio. Neville, dopotutto, è anche colui che ha scoperto la strana dote di Olympia nell'avere uno speciale rapporto con tutto ciò che è verde e la circonda. «Ma dai, ero ironico. Te l'avrei offerto con piacere, in nome della nostra millenaria amicizia. Siccome non me ne hai dato la possibilità, e non mi piace essere preso in contropiede dal sesso femminile che poi li stai citando tu i due sessi, Lympy... E comunque l'ho capito che ti piace la parola 'sesso', va benissimo, non c'è problema» Alza gli occhi al cielo, la rossa, per poi tornare a guardarlo, decisamente più seria. « Hai ragione, non sai nemmeno quanto mi piaccia quella parola. » Schiocca la lingua contro il palato, voltandosi verso gli edifici davanti a loro. « Allora segnatelo in agenda..che mi devi un caffè. » Aggiunge poi, con un sorrisetto di dubbia natura, prima che il loro battibecco cessi momentaneamente, per lasciare spazio al tour. «Ahhhh, ho capito. Sei ancora offesa per la storia della principessa delle erbette magiche. Intanto 'principessa' non è sinonimo di strega cattiva, quindi non colgo l'origine del tuo risentimento. E poi le erbette magiche..... devo davvero spiegarti perché Oh, oh, oh. Sono affermazioni importanti queste, Paciock. Non si ferma, tira dritto, ma sorride, divertita, tra sé e sé, prima di tornare seria nel lanciargli un'occhiata da sopra la spalla. « Non so proprio di cosa tu stia parlando. » Stringe le labbra, in una smorfia che dovrebbe fargli capire quanto si stia sbagliando. « E anche se lo sapessi, e lo preciso di nuovo, non lo so, mi chiedo come faccia tu, proprio tu, a sapere certe cose. » Lo fissa, incastrandolo con i suoi occhi verdi, per qualche secondo. Alza le sopracciglia, come a dire "Insomma, cominciamo a parlare?"
    Non può fare a meno di arrossire come un peperone quando lui decide di mettere in mezzo alla loro discussione uno sconosciuto a caso, al quale rivolge una domanda. Olympia gli dà, in tutta risposta una manata, intimandolo a zittirsi prima di subito, con una leggera spintarella che gli fa intuire subito che è meglio se entra nella cabina e la fa finita. Ma lui non è d'accordo, d'altronde non sarebbe Peter se non contraddisse sempre ogni cosa che dice la rossa e, ancora una volta, fa di testa sua perché è così che è abituato a fare: piegare il mondo alla sua eccentrica ed assordante volontà. « Le modelle di Victoria's Secret..che cliché che sei. » Commenta, scuotendo la testa. Sapendo perfettamente che, pure lei, quando si tratta di parlare di quelle meravigliose creature celestiali non riesce a connettere perfettamente in modo lucido. «Non vedo perché dovrebbe essere il contrario. Non ho motivo di fare il pesante. Ti avrei già annoiato, e invece ti stai divertendo, anche se vuoi uscire dalla cabina perché temi che il contatto fisico con me possa renderti dipendente. Devo precisare che scherzo, o cogli l'ironia con la stessa cura che hai per le erbette, principessa?» La sua faccia, ancora una volta, assume un'espressione che potrebbe tornarle utile quando si tratta di giocare a poker. Indecifrabile, lo osserva mentre taglia le foto. « Ritiri fuori questa storia sperando che io ti dia qualcosa, prima o poi? » Lo sfida con lo sguardo, mentre sorride, angelicamente. « Dovrai essere più convincente, in tal caso. Sai, tutto l'amore e tutta la cura che metto nel farle sbocciare e nell'accudirle durante la crescita devono essere contraccambiati in qualche modo. » Si stringe nelle spalle. Non le faccio mica io le regole. «Tranquilla, saranno il nostro piccolo segreto.» Allunga una mano, a carezzargli la spalla, per poi darvi sopra
    una leggera e delicata pacca. « Tranquillo, non lo dirò a nessuno dove le tieni. Sei proprio un tenerone! » Sorride beffarda. « Che poi bastava dirlo se volevi delle foto con me. Poi le sposterai dal portafoglio a sotto il cuscino per addormentarti meglio? » Sbatte le ciglia, innocente, mentre si sente estremamente simpatica, probabilmente grazie all'influsso di battute continue del ragazzo. «Andiamo a ritirare il badge. Questa va bene?» Guarda la fototessera, già esistente da prima di tutto quel teatrino, poi guarda lui, con gli occhi che si riducono a due fessure feline. « Sei proprio un coglione, Paciock. » Sentenzia, scrollando il capo, mentre un sorriso tradisce il suo non essere veramente arrabbiata per quella perdita di tempo. «Come dici tu, mi servirà per fare qualsiasi cosa, al college... Bene, la prima della lista è superarti in tutte le materie. Sarà divertente, dato che avrò il tuo aiuto.» Sbuffa, mentre riprende a camminare verso le segreterie. « Toglimi questo dubbio esistenziale: perché? » Gli domanda, con un'espressione sorpresa a dipingerle i lineamenti del volto. « Sono lusingata oltremodo, vorrei precisarlo, ma perché mi hai preso a modello da raggiungere e superare? In fondo non sono l'unica del corso di Erbologia. » Si stringe nelle spalle, con un sorriso tirato. Sa perfettamente di rientrare nella cerchia di quelli ritenuti "più bravi" del secondo anno di quella facoltà, però non si ritiene di certo la migliore. « Dovresti aspirare ad essere come tuo padre, lui sì che è un modello di vita! » L'ammirazione che Olympia prova nei confronti di Neviille trasuda da ogni sua parola. Il tono di voce si addolcisce ogni qualvolta prende a narrare le avventure di Paciock senior, di quanto i suoi insegnamenti l'abbiano ispirata, di quanto il suo apporto alla causa ambientale abbia fatto aprire gli occhi a molti, nella comunità magica. « A tal proposito, sai se verrà alla manifestazione venerdì? » Gli lancia un'occhiata, speranzosa. Ormai quell'appuntamento è diventato un evento fisso nei mesi di Olympia Potter, così come sono diventati d'ispirazione Greta e le sue battaglie incessanti. Nel frattempo, arrivano alle segreterie e Olympia lo intima a raggiungere la giusta fila, davanti allo sportello della loro facoltà. Hanno soltanto due ragazzi, stranamente e l'attesa, spera, non sia così lunga. « Hai fatto domanda anche tu per i tirocini? » Gli domanda poi, un po' per cercare di riempire quel silenzio privo di qualsiasi imbarazzo, ma pur sempre silenzio. Non ricorda molto bene la sera del compleanno di suo fratello. Sa per certo di essersi svegliata con la lettera ministeriale accartocciata di fianco a lei e quando anche June ha rinvenuto la sua, ha fatto due più due e ha immaginato che un po' a tutti siano arrivate durante quella sera. « Non so, forse me ne hai pure parlato durante la festa, ma.. - alza le mani, a mo' di giustificazione per quella sua momentanea perdita di memoria -.. diciamo che già ero arrivata in forma, direttamente da una degustazione in una cantina di vini, poi dopo la sfuriata ai quattro venti di Mun.. Non mi ricordo molto, fortunatamente. » Fa un timido sorriso, che si spegne subito, lasciando spazio alla tristezza che prova in quell'ultimo periodo dove tutto sembra andare a rotoli. E non ho nemmeno ancora parlato con Albus. Quel pensiero l'atterrisce ancora di più, costringendola a guardare altrove per non fargli scorgere nulla dai suoi occhi. « E' stata una bella serata per te? »
     
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    Chiariamoci, la raccolta differenziata la fa anche Peter, non usa più la plastica e ha comprato una borraccia in acciaio inossidabile per dissetarsi durante le lunghe - per non dire infinite - sessioni di studio. Interminabili in base alla sua personalissima percezione del tempo che, noto il dettaglio delle lancette avanti, fa capire all'istante con che tipo di individuo si abbia a che fare. Però la sua battaglia per l'ecologia si limita a questo: a fare quello che può, nel suo piccolo, per non gravare troppo sul sistema terrestre. Già rinunciare alla lacca gli ha portato via secchi e secchi riempiti di lacrime. Olympia, invece, è una combattente nata, tipo Napoleone Bonaparte alla guida delle truppe francesi. O, senza andare tanto lontano, Greta Thunberg a capeggiare i bambini svegli di tutto il mondo. Tra questi due emblemi di personalità - lui e la Potter - c'è un abisso, essendo i primi dei pigroni cronici, i secondi dei maratoneti incalliti. Paciock, dunque, si trova ad uno di quei bivi esistenziali che se prendi la strada sbagliata vai a quel paese, nel senso scurrile della perifrasi, per sempre: o finge di sapere perfettamente a cosa lei si riferisca, o ammette la sua colpa. Sceglie quindi di andarci piano, con un: «Venerdì, certo. Sì.», cazzo c'è venerdì?, e per evitare di tornare sull'argomento recita un'importantissima chiamata al cellulare che si conclude con una richiesta disperata a Siri di capire quale sia il programma di venerdì, ma lei risponde qualcosa tipo torneo di Fortnite ore ventuno, ricordandogli impegni segnati sul calendario del cellulare. Tutto questo per dire che la tecnologia, quando serve, non ci aiuta mai. La nostra irruenza di esseri umani, invece, un po' di più, infatti la signorina Potter afferma che il nostro simpaticone preferito potrà offrirle il fantomatico caffè, ormai diviso a metà, un'altra volta. Comunque non ha bisogno di segnarselo sull'agenda perché se lo ricorderebbe - e non perché ci tiene, figuriamoci!, macché, scherziamo?, assolutamente non c'è motivo di sostenere ipotesi del genere, mano sul fuoco - quindi Siri potrà dormire sogni tranquilli e non verrà accusata da una caterva di incompetente, scema, buona a nulla ed altre gentilezze che il Peter Pan, quello vero del cartone, non avrebbe detto di certo. Noi, però, dobbiamo accontentarci della sua brutta copia, quindi questo è il risultato. «Segnato nella mia infallibile memoria.», dice, dandosi dei colpetti sulla tempia, incrociando lo sguardo di lei, a metà tra lo sconcertato ed il divertito. Fa sempre questo effetto, Peter, al punto che non sai se prenderlo per scemo patentato - al quale la patente, comunque, andrebbe ritirata - oppure per stronzo bonaccione, due aggettivi che insieme fanno un po' a pugni, ma in realtà hanno un significato. Stronzo perché parla senza filtri, non ha troppi peli sulla lingua e se sei vestito male, per esempio, te lo dice chiaro e tondo; bonaccione perché in fondo non farebbe male ad una mosca - ma alle zanzare sì, cazzo, non le tollera, succhiasangue pestifere. «E secondo te rivelo i miei preziosi informatori?», risponde alle frasi soffuse della rossa, che si chiede il motivo del suo impicciarsi. «So tutto perché sono come il prezzemolo che cresce tra le tue... erbette. Ovunque, afferma, facendo un cerchio con la mano come se potesse disegnare, col suo gesto, l'intero globo terrestre. «Ma come, non sono già stato abbastanza convincente?», le chiede, assumendo un'espressione da cucciolo bastonato. Quant'è cattiva, Olympia Potter! «Io, ad un'amica, un pacchettino regalo l'avrei fatto. Però va bene, contraccambierò come vuoi, principessa. L'opzione è solo Galeoni?», le chiede, per poi avvicinarsi ai suoi morbidi capelli e aggiungere: «Che noia», e fa per seguirla in direzione della segreteria, incassando un coglione che lo fa sorridere, anziché storcere il naso. E' divertente provocare fino a suscitare questo tipo di reazioni, soprattutto perché quando ci si arrabbia si fanno cose folli, e lui non vede l'ora che arrivi quel momento. Potrebbe succedere di tutto. Una volta, da piccola, gli ha letteralmente incendiato il libro che stava leggendo - non la ringrazierà mai abbastanza per l'accaduto, era un manuale di studio e gli ha dato la scusa per non svolgere i famigerati compiti delle vacanze. Dall'asfalto nascono i fiori, sostiene una famosa canzone, e non c'è niente di più vero: non è detto che la rabbia porti, per forza, conseguenze negative. A volte è il contrario.
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    «Sì, in realtà volevo delle foto con te perché, vedi, un caro amico mi ha dato l'idea del secolo. Fingermi una donna alla play - sai quante battaglie si vincono? Tante, te l'assicuro.», si risponde da solo, facendole quel discorso serissimo su quanto importanti e fondamentali siano le pellicole che tiene in tasca. «Ah, ma no, per chi mi hai preso... Non faccio quelle cose sulle immagini delle amiche di famiglia. Oppure... Lo dici perché ti consideri noiosa tanto da farmi crollare subito?», insomma, fare a Peter il suo tipo di battute, vuol dire automaticamente prepararsi a delle risposte infiocchettate da secoli, nell'eventualità che qualcuno sia tanto stiloso da riproporle alla sua persona. «Olympia, sono davvero deluso. Ti sottovaluti troppo. Posso dimostrarti con una prova matematica», inizia, per poi rinforzare: «- matematica, credimi, che ci sono tanti ragazzi che aspettano solo il tuo la. Devo procedere?», continua a darle fastidio per un po', ma non farebbe mai una cosa del genere. Lo dice solo per istillare il dubbio, e in ogni caso le sue parole sono vere. C'è un mondo là fuori che farebbe a botte per un appuntamento con un essere vivente a caso che respiri, se per di più si tratta della Potter è come fare tombola. Non c'è bisogno dell'esperimento. «Tecnicamente, dato che tu e papà condividete molte, moltissime cose, scegliere lui come modello sarebbe come scegliere te, quindi, in sostanza... Bella tattica, non c'è che dire.», afferma, toccandosi il mento come fanno gli intellettuali. «Ma avrei elogiato le tue capacità anche senza questo particolare stratagemma. La verità è che mi hanno parlato bene dei tuoi appunti, come di qualcosa di sacro e mistico. Ma ottenerli e basta sarebbe stato puntare troppo in basso: io, invece, mi sono assicurato addirittura delle ripetizioni private. Geniale.», si auto-gratifica con nonchalance, mentre cammina al fianco della macchina da guerra più famosa del corso di Erbologia. «E sì, ovviamente verrà -», in realtà Peter non ne ha la più pallida idea, ma prende impegni per suo padre con la stessa tranquillità con cui dice a Zip di non far tremare le pareti della sua stanza quando ci dà dentro, «- è un appuntamento galante tra voi o sono ammessi terzi incomodi?», chiede distrattamente, intento a fare un piccolo calcolo su quanto tempo ci vorrà prima che tocchi a lui ritirare il badge. «Sì, sarò al San Mungo a salvare vite.», si dà un tono, Peter, pronto a diventare una celebrità anche nel mondo della Medimagia, del quale ignora, tuttavia, il novanta per cento delle informazioni. «Tu? Scommetto che sei finita ad Hogwarts ad affiancare il professore di Erbologia. Perfetto, farai un po' di esperienza in attesa delle lezioni col tuo allievo numero uno.», se la ride un po', immaginandola alle prese con studenti curiosi di scoprire cosa accade se si tira una Mandragola fuori dal suo dolce vasino. «Mh... Potrei avertelo cantato, dato che io e Malia abbiamo fatto partire una specie di karaoke... Non ricordo molto neanch'io -», a parte il cane della signora Turner preso in prestito, «- però sì, è stata una bella serata. Pane e drammi, ma poteva andare peggio.», ha il tempo di raccontarle, prima che arrivi il suo turno. Porge la fototessera e attende che la segretaria consegni il prezioso aggeggio in grado di aprire tutte le porte della facoltà. Firma qualche modulo, ricordandosi all'ultimo di inserire il secondo nome, e l'impresa è compiuta. «Comunque, immagino che qui le nostre strade si dividano. Non ti perdere, mi raccomando.», le dice, come se adesso i loro ruoli si fossero invertiti, diventando lui la guida indispensabile all'interno del college. «Ci vediamo.», conclude, accarezzando la tasca dei jeans dove ripone il suo prezioso tesoro.




     
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