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    Slytherin pride

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    È completamente cambiato. Si ritrova a pensare non appena Renton Blake la accompagna giù per la scalinata a chiocciola dell'ex Pandemonium accendendo le luci con un energico battito delle mani. Gli occhi della piccola Carrow restano sbalorditi. È nuovo di zecca nei minimi particolari; il gusto di chi lo ha pensato e arredato questa volta sembra essersi posto in completa discontinuità con la vecchia gestione. A Mun il Pandemonium non era mai piaciuto. Sin da quando quel posto era stato aperto nei sotterranei di Hogsmeade, la piccola bigotta di casa Carrow vi aveva storto il naso. Chi mai poteva andare in un night club a Hogsmeade, perchè proprio a Hogsmeade! L'attività tuttavia aveva ricevuto non pochi feedback positivi e seppur all'inizio avevesse dimostrato una certa reticenza nei confronti di quel posto, alla fine lei per prima si era lasciata trascinare negli oscuri spazi del Pandemonium, forse più che per curiosità che altro. La prima volta che Beatrix l'aveva trascinata lì, era ancora solo Beatrix, la sua compagna di stanza. Non le era piaciuto; né il posto, né la compagnia. Poi qualcosa cambiò. Tante cose cambiarono a dirla tutta di lì a poco e così quando Beatrix la ritrascinò lì molti mesi dopo per una festa di inizio anno, Mun provò gusto nell'esserci. Si lasciò trasportare dal volume alto della musica ballando e dimenandosi con le sue amiche durante una festa clandestina in cui più di un loro amico e compagno si era imbucato. Paradossalmente, l'ex Pandemonium aveva servito poco al suo obiettivo principale. Era piuttosto spesso e volentieri luogo di ritrovo dei ragazzi più grandi nonché dei diplomandi appena usciti dai banchi di scuola che tentavano di rimorchiare carne fresca. Poi ancora, nel suo immaginario, il Pandemonium cambiò di nuovo - divenne la casa della sua migliore amica. L'ultimo ricordo che ha di quel posto è il suo privato baby shower in compagnia della ragazza. Deglutisce Mun mentre si morde il labbro inferiore. Spero che tu abbia trovato la famiglia che cercavi. Sospira e osserva i nuovi spazi con una certa diffidenza. Quello non è il luogo che lei conosce, non è il luogo al quale, seppur apprezzasse solo dal punto di vista dei ricordi, si era affezionata. Quel locale era qualcos'altro. Un'orda di operai era venuta a fare di quella casa qualcosa di completamente nuovo che, seppur Mun trovasse elegante e di classe, non era più parte dei suoi ricordi. Le superficie luccicanti, nuove di zecca, brillano sotto una serie di luci e candele dalle fiamme calde, decide e decine di tavolini tondi sono rivolti verso un palco dalle impeccabili tende rosse. Il parquet laccato sembra non aver ancora visto suola alcuna, non a caso sembra quasi in soggezione a camminare nell'ampia sala con i suoi tacchi a spillo. Persino gli scorrimano delle scale sono ancora avvolti nella plastica, così come tutta l'attrezzatura del bar. « È.. diverso. » « Perchè i nuovi proprietari sono diversi. » Ma non così tanto.. si ritrova a pensare con un moto astioso. Non ha niente contro Renton, né contro il suo compagno, anzi; l'hanno accolta in un momento difficile della sua vita. Ma quei tempi erano finiti e ora Mun aveva nostalgia di ciò che c'era prima. Le sembra che tutto cambi in maniera troppo precipitosa. Il tempo sembra sfuggirle come acqua tra le dita. « Hai già pensato a un nome? » La Blake si stringe nelle spalle. E' sempre così noncurante, apatica, sembra che tutto le scivoli di dosso come se niente fosse. Renton non sembra lasciarsi intimidire da niente, a differenza di Mun - il pregio di chi pare non abbia quasi nulla da perdere. Io invece di cose da perdere ne ho tante. « Non ancora. Stavo aspettando la lista ufficiale dei miei soci, sai.. i prodotti che offrono, possono cambiare di molto il vibe di un posto. » Mun annuisce, seppur non abbia la più pallida idea di come si gestisce un locale, specialmente uno di quelle dimensioni. La piccola Carrow era a conoscenza di quanto ramificato fosse l'ex Pandemonium in precedenza. Sapeva già in parte cosa avesse intenzione di farci la nuova proprietaria - un progetto ambizioso che aveva portato su di sé tutta l'attenzione della Gringott che aveva deciso di investirci. Un mutuo che sulle spalle della Blake avrebbe pesato per oltre trent'anni. « E quindi che cos'ha lui rispetto agli altri? » Mun si siede a uno dei tavoli, apre il fascicolo di Reginald Tiedemann e lo sottopone alla Blake. Ovviamente non le fa sapere che in realtà il suo credito è già stato accettato dagli alti funzionari della banca. Mun è ufficialmente incaricata di valutare la posizione di Tiedemann rispetto ai requisiti della Gringott, ma in realtà, le interessa sapere se può essere un buon biglietto da visita per promuovere la nuova era dell'istituto bancario. E' questo il suo compito all'interno dei quartieri dell'alta finanza; gettare fumo negli occhi dei creditori e dei correntisti. Rendere agli occhi di tutti la Gringott non solo una banca affidabile, ma che investe in progetti giovani e innovativi, nelle nuove speranze, in giovani talentuosi e lungimiranti. E' questo ciò che vuole l'opinione pubblica.. è questo ciò che vorrebbe anche Mun. « Non lo conosco molto bene, ancora, ma pare sia un ragazzo davvero in gamba. Di origini umili, ha fatto per un sacco il barista e sembra avere molta esperienza nel settore. Poi ha investito in questo birrificio.. ho provato la loro birra per caso. Un ottimo prodotto di qualità superiore. E' questo ciò che mi ha spinto a volerlo. » Mun annuisce, e proprio quando sta per chiedere dell'altro, dei passi lungo la scala a chiocciola la interrompono. La figura del giovane uomo corrisponde alla foto presente nel suo fascicolo. Renton sorride, saluta Reginald e accarezza la spalla di Mun con premura. « Oh.. eccolo. Direi che il resto può raccontartelo direttamente lui. Reginald, lei è Amunet Carrow; si occuperà del tuo credito. » Non proprio, ma nel dubbio Mun sorride e si avvicina lisciandosi la gonna per stringere la mano al giovane. « Buongiorno. Come sta? » Asserisce con eleganza. « Se avete bisogno di me, sono nel mio ufficio al piano di sopra. » Un occhiolino in direzione del ragazzo prima di mimare sulle labbra un buona fortuna che Mun riesce a individuare alla perfezione.
    Intercorre qualche istante di silenzio, tempo in cui Mun si guarda attorno, con un che di spensierato. C'è per un istante un velo di insicurezza nel suo operato. Mi prenderà sul serio? Gli sembro forse troppo giovane? Ah, accidenti Mun, smettila! Sei passata sopra come un carrarmato a uomini più potenti di lui. Gli sorride quindi con naturalezza e con un cenno lo invita a sedersi allo stesso tavolo di prima, richiudendo il suo fascicolo. Quell'incontro non si gioca sui numeri o sui calcoli al millimetro - si gioca sulle idee, sull'ispirazione, sulla passione, sulla determinazione. Spoggia la schiena contro la sedia e lo osserva per qualche istante; gli occhi di ghiaccio sembrano analizzarlo in ogni piccolo dettaglio, come se cercasse di metterlo in un certo qual modo in soggezione.
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    « Questo posto significa molto per me.. non so quanto conosce della sua storia, ma.. in precedenza apparteneva a.. una persona a me molto cara. » Deglutisce appena prima che il suo sorriso si faccia leggermente più amaro. « ..non propriamente. Non era suo, però lei ci aveva messo molto del suo. Poteva piacere o non piacere, ma.. ci aveva messo tutto il suo cuore nel trasformarlo a sua immagine e somiglianza. » Di tutto ciò non c'era più niente. Del cuore di lei ne era stata cancellata quasi ogni traccia. Qualcosa che Mun non sembra riuscire ad accettare del tutto. Si sentiva in un certo qual modo abbandonata e ora, abbandonato era anche il posto in cui quell'anima irriverente si sentiva più a suo agio. « L'ha mai frequentato, il Pandemonium, prima? Prometto che non la giudicherò se così fosse. » Era pur sempre un locale a luci rosse. Ora invece sembrava tutt'altra cosa. Un locale elegante, in cui facilmente avrebbe potuto immaginare i suoi amici altolocati. Su quelle sedie non sarebbe stato difficile immaginare i componenti dell'Astra, il gruppo variopinto di ragazzi di cui ne era stata mascotte per molti anni. Sì.. era bello, ora era affascinante - ma prima era.. diverso. « Era decisamente altro. Non posso dire che sia mai stato la mia meta per eccellenza, né il luogo in cui preferivo passare i miei sabati sera, però ai miei compagni piaceva molto tentare di evadere da scuola per arrivare al passaggio segreto più prossimo al locale. » Era eccentrico. A lungo l'ho considerato di pessimo gusto. Troppa lussuria, troppa droga, troppa gente che vi entrava comunque in maniera illegale. Io per prima non avrei dovuto essere qui a sedici anni. « Era una grande attrazione ai tempi. Però, adesso Hogsmeade sta cambiando, la topografia della città è più che raddoppiata con l'edificazione del campus, quindi sicuramente questo luogo sarà più adatto al nuovo polo culturale che si sta formando attorno a Hogwarts. » Riesce a immaginare con facilità professori ed esperti a incontrarsi tra quei tavoli, a sorseggiare un drink di fronte a quell'elegante bar in ottone e mogano. Può già vedere i futuri laureandi intenti a scambiarsi oppinioni intellettuali di fronte a un ottimo scotch o una birra di qualità e i dottorandi a scontrarsi su opinioni e ipotesi più o meno concordi. « Che cosa pensa lei di preciso di questo nuovo polo culturale e come pensa che questa attività può inserirsi nel nuovo piano urbano? » Pausa. « Cosa pensa di portare e offrire - lei, personalmente - a questo grande piano di sviluppo? »



     
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    Che tattica usi per riconoscere un'occasione, quando ti si presenta sotto il naso? Sei più un tipo riflessivo, oppure ti lanci di petto in situazioni che magari potrebbero metterti nei guai? Di certo Reginald Tiedemann rientrava a pieno titolo nel primo profilo, quello del personaggio silenzioso, presumibilmente calcolatore, anche se come termine appare un po' dispregiativo. Lui era da sempre stato abituato a ponderare bene ogni scelta, perché le opportunità che aveva incontrato lungo il suo cammino si potevano contare sulla punta delle dita. Di una mano. Ecco, al massimo saranno state due, tre. D'altro canto, se devi occuparti di cinque fratelli ed una madre vedova non c'è praticamente nulla che faccia al caso tuo. Dovresti proprio essere fortunato a trovare la sistemazione ideale, con un lavoro serio, pagato bene, e al contempo almeno mezza giornata libera per sbrigare commissioni apparentemente stupide, ma sotto sotto indispensabili. Spesa, bollette... E se a tutto questo aggiungi una figlia di tre anni, le ventiquattro ore giornaliere sembrano dimezzarsi e le preoccupazioni elevarsi all'infinito, secondo una di quelle curve di crescita logaritmiche che non hai mai capito.
    Alicia aveva lasciato un vuoto incolmabile, e a conti fatti se n'era andata solo l'anno prima. Reginald non si era ancora ripreso - non del tutto - ed era ancora più difficile farlo ogni volta che metteva piede nella sua stanza da letto, con la loro foto da sposati in bella vista sul comodino. E col sorriso della piccola Daisy, identica in tutto e per tutto alla madre. Però, quanto meno, un motivo lo aveva davvero. Una di quelle fiammelle che iniziano a bruciarti nello stomaco, informandoti che è ora di lasciare andare tutto, di liberarti di quel peso, di vomitarlo via. Di andare avanti, se non per te stesso, per chi c'è al tuo fianco. Daisy, è un nome soltanto di cinque lettere, ma ne vale molte più di cento. Era il pensiero della piccola che aveva spolverato in Reginald le passioni assopite, la voglia di fare, di mettersi in gioco... La decisione di voler fare qualcosa. Di voler contare qualcosa.
    Già il solo fatto di crederci, rendeva tutto più semplice. Perché tutto parte da dentro, non da fuori. Potresti anche ricevere la notizia più bella del mondo, ma se il tuo stato d'animo non è pronto ad accoglierla non sarai mai in grado di realizzare sino in fondo la fortuna che hai avuto. Invece, rimboccandosi le maniche giusto un pochino - per non sporcarsi mentre preparava cocktail di ogni tipo al "Le Rouge et le Noir" - riusciva a vedere le cose da una nuova prospettiva. Il suo obiettivo era la stabilità economica, certo... Ma, appunto, gli si era presentata la fantomatica occasione. E lui l'aveva riconosciuta, suggellando con qualche firma quel patto.
    Chi l'avrebbe mai detto che il birrificio in cui aveva investito non più di una manciata di Galeoni avrebbe attirato l'attenzione? Renton Blake era rimasta assolutamente soddisfatta dei loro prodotti, e aveva proposto a lui in persona di prendere parte alla nuova gestione del Pandemonium. Si trattava di un vecchio locale di Hogsmeade, nel quale non aveva mai messo piede quando frequentava il villaggio nei pressi della scuola. Tuttavia, ne aveva sentito parlare. Circolavano tante, troppe storie su quel posto. E Reginald sapeva che quando un luogo - così come una persona - si crea una fama particolare, risulta poi molto difficile distruggerla per costruirne una nuova. Un po' come la fenice che a un certo punto brucia, si trasforma in cenere, e poi rinasce... Il procedimento dovrebbe essere quello: rinnovo. Togli il brutto e lascia il bello, elimina le imperfezioni e migliora i punti di forza. E non è una passeggiata. E', al contrario, un percorso che presuppone profonda conoscenza del passato, per non cadere nelle stesse falle in futuro.
    Probabilmente, nessuno al mondo avrebbe potuto capirlo più della giovane Carrow. Quando aveva saputo che l'avrebbe incontrata, Reginald si era accuratamente documentato - non che fosse così difficile reperire informazioni. Quel cognome era sulla bocca di tutti. Amunet aveva fatto delle scelte che andavano contro gli ideali della sua famiglia, che la discostavano dal pomposo stile Carrow e che la avvicinavano di più al mondo di ogni giorno. Aveva commesso degli errori, certo. In molti pareva non la tollerassero. Altri continuavano a venerarla. D'altronde ci si divide sempre in fazioni, salvo gente dall'indole profondamente indecisa.
    Amunet era come il Pandemonium: era stata qualcosa, e adesso si preparava ad essere qualcos'altro. Il suo turbamento era visibile, palpabile neanche fosse un pomfo cutaneo. Come se cercasse di combattere qualcosa, ma allo stesso tempo accoglierla. Semplicemente, voleva capire di cosa si trattasse, valutare se fosse fuoco o fosse ghiaccio - per quanto entrambi, alla fin fine, provochino ustioni. A Reginald toccava l'arduo compito di convincerla di se stesso, quando in realtà non ne era convinto neanche lui. Come si fa ad esser certi che andrà tutto bene? Che farai un mutuo e che sarai in grado di ripagarlo? Che domani sarà un bel giorno? Che lunedì non pioverà?
    E' tutto come gli Imprevisti del Monopoli, uno dei pochi giochi babbani che conosceva. Un giorno ritiri qualche soldo, il giorno dopo devi ipotecarti la casa...
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    «Sarò sincero, non sono mai entrato. Ma posso capire come ti senti... A proposito, dammi tranquillamente del tu.» , si affretta ad aggiungere. Per altro, se tutto fosse andato bene, avrebbero dovuto parlare altre volte. Le porge la mano: «Molto piacere.» , aggiunge, mentre si schiarisce un po' la voce. «Comunque ne ho sentito parlare tanto, come tutti ad Hogsmeade. Non era il luogo adatto neanche ai miei sabati sera, ma non nego che potesse rappresentare uno svago alternativo apprezzato, all'occorrenza. Forse era proprio la ricerca di qualcosa di diverso che spingeva ad entrarci.», esprime i suoi pensieri ad alta voce. Meglio essere sinceri sino in fondo e avere le ali carpate subito, piuttosto che protrarre l'eventuale agonia all'inverosimile per poi non farcela lo stesso. «Ultimata la ristrutturazione sarà diverso, come già immagini. Penso che tutto questo mi spaventerebbe, se avessi un legame così solido come il tuo con questo locale... Ma spero che la nuova proposta possa farti tirare un sospiro di sollievo, almeno. Non sarà lo stesso, la clientela sarà diversa, lo stile si adeguerà ad un gusto più moderno.», informa, indicando punti indefiniti qua e là. «Ma i colori, ad esempio, resteranno quelli. Tonalità calde, le stesse che c'erano prima.» , aggiunge. Si versa un bicchiere d'acqua, giusto per riuscire a continuare il discorso, e fa lo stesso per Amunet, porgendoglielo benché non l'avesse richiesto. Sua madre, da piccolo, gli aveva insegnato che "le donne non dovevano mai versarsi da bere, bensì farselo versare". Era un'ideologia decisamente antiquata, ma un po' di gentilezza non fa mai male a nessuno. «Ovviamente io non mi occuperò dell'arredamento o dell'organizzazione degli eventi. Il mio contributo riguarda i prodotti offerti, dunque il servizio bar. Le birre, ad esempio, sono a produzione artigianale -» , le dice, mostrandole un listino con tutte le formule chimiche - come lui si divertiva a chiamarle - che avrebbero portato alla birra finale, «- la scelta dei cocktail andrà di pari passo con la tematica delle serate. Anche se ci saranno sempre quelli più richiesti, i classici.»
    Prende un altro taccuino, dove ha buttato giù qualche idea sui nuovi miscugli. «Qui ci sono alcune delle mie proposte nel locale in cui attualmente lavoro. Immaginatele come delle "pozioni" vere e proprie - anche se prometto che non avranno il sapore della Polisucco.» , ridacchia, temendo di aver detto la cosa sbagliata. Cerca quindi di spiegare meglio: «Ad esempio, questo è il "jive". Perfetto per una serata tra amici, in quanto somma gli effetti dell'alcol e quelli dello yerba mate, un'erba energizzante che viene dall'America Latina.»
    Le mostra alcuni dei titoli dei cocktail, poi conclude: «Nulla di troppo pesante. Sappiamo che il locale verrà frequentato soprattutto da ragazzi, benché maggiorenni. Comunque, se volessi provare qualcosa, faccio volentieri. Abbiamo anche i cocktail da giorno.» , sorride, nella speranza che la giovane Carrow apprezzi tutto quello sforzo.

     
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    « Sarò sincero, non sono mai entrato. Ma posso capire come ti senti... A proposito, dammi tranquillamente del tu. Molto piacere. » Mun stringe la mano al giovane con un sorriso radiante stampato sul volto. Lui non può saperlo ma quel cambiamento di tono la mette molto a suo agio. Seppur il distacco professionale renda tutto più semplice, è molto più naturale giungere al succo del suo vero intervento in quella sede attraverso una colloquio più impersonale. A Mun interessa la persona, non l'uomo d'affari; le interessa se l'investimento già approvato dalla Gringott su di lui possa risultare un buon biglietto da visita per suo fratello.
    « Mun. Puoi chiamarmi Mun. Solo mia madre mi chiama Amunet. » Quando si ricorda di avere una figlia. « Comunque ne ho sentito parlare tanto, come tutti ad Hogsmeade. Non era il luogo adatto neanche ai miei sabati sera, ma non nego che potesse rappresentare uno svago alternativo apprezzato, all'occorrenza. Forse era proprio la ricerca di qualcosa di diverso che spingeva ad entrarci. » La depravazione. Ecco cosa ci spingeva lì. Il fascino del proibito, e il fatto che il precedente proprietario chiudeva un occhio su chiunque tentasse di entrare. Seppur fosse un locale proibito ai minorenni, molti di loro ne avevano fatto la gentile conoscenza molto prima dei loro diciassette anni. Ricorda una sua versione ben più giovane, stretta in un vestito decisamente corto mentre si lascia squadrare dai buttafuori solo per immergersi in quell'aria proibita. Non faceva al caso suo, è vero. Non ricorda una sola serata passata al Pandemonium in cui si sia sentita davvero a suo agio, eppure non ne ricorda nemmeno una in cui non si sia lasciata trascinare dalle sue amiche lì sotto già pronta ad abbandonarsi a qualche abitudine sfrenata. Non beveva e non fumava, non le piaceva la compagnia, non riusciva a fare conversazione, eppure era brava a farsi agganciare. Quella era la sua massima perversione, il suo personale inferno, il suo pandemonio. Mun andava lì per sentirsi bella, per sentirsi desiderata; una lieve illusione che durava il tempo di una sveltina e una promessa mai mantenuta di essere richiamata. Ci andava per cercare suo padre, per trovare un degno sostituto a quello che un tempo fosse l'amore della sua vita - Fred. Di quella ragazzina ormai sembra esserne rimasto poco, o questo quello che pensa. Questo quello che vuole sperare. « Ultimata la ristrutturazione sarà diverso, come già immagini. Penso che tutto questo mi spaventerebbe, se avessi un legame così solido come il tuo con questo locale... Ma spero che la nuova proposta possa farti tirare un sospiro di sollievo, almeno. Non sarà lo stesso, la clientela sarà diversa, lo stile si adeguerà ad un gusto più moderno. Ma i colori, ad esempio, resteranno quelli. Tonalità calde, le stesse che c'erano prima. » Mun annuisce guardandosi attorno con un misto di curiosità e melanconia. È entusiasta di rimando di fronte alle idee piuttosto definite del giovane che ha di fronte. Si rende conto di parlare con una persona che ha una certa esperienza, che tutto sommato sa il fatto suo. « Beh, avevo un legame molto solido con una persona che ci teneva molto, ma credo a mia volta che debba cambiare. Io sono una sentimentalista.. sono entrata in quella fase della mia vita in cui durante un terremoto penserei prima agli album di fotografie e poi alle cose di prima necessità. » Ride appena stringendosi nelle spalle. È una caratteristica principe di chi come Mun stava lentamente diventando donna e madre. Si inizia a dare molto più peso alle radici, ai ricordi. « Però non credo che un locale a luci rosse frequentato da minorenni fosse la scelta più saggia per Hogsmeade. E in ogni caso, chiunque ci sia stato qui, non c'é più. Probabilmente sta vivendo mirabolanti avventure a Bora Bora proprio mentre noi cerchiamo di remare avanti con delle vite decisamente più noiose. » Non vuole sembrare prevenuta nei confronti di una nuova gestione. A dirla tutta è sollevata all'idea di veder ripartire quel posto. In fondo quegli spazi possono risultare un impressionante luogo di aggregazione. « Alla Gringott piace il concept di ciò che state realizzando. Ed io, conoscendo il prima e il dopo, lo trovo delizioso. È elegante, più luminoso. La comunità accademica ne sarà entusiasta. » Un luogo elegante, decisamente più adatto a certi gusti rispetto al Tre Manici o La Testa di Porco, ancor più della caffetteria e tutti quei piccoli cubicoli in cui vendono caffé scadente. « Ovviamente io non mi occuperò dell'arredamento o dell'organizzazione degli eventi. Il mio contributo riguarda i prodotti offerti, dunque il servizio bar. Le birre, ad esempio, sono a produzione artigianale - la scelta dei cocktail andrà di pari passo con la tematica delle serate. Anche se ci saranno sempre quelli più richiesti, i classici. » Mun allunga istintivamente il nasino in direzione del listo che Reginald le mostra, seguendo con lo sguardo i titoli specifici che il giovane le indica, annuendo di tanto in tanto. « Qui ci sono alcune delle mie proposte nel locale in cui attualmente lavoro. Immaginatele come delle "pozioni" vere e proprie - anche se prometto che non avranno il sapore della Polisucco. » Istintivamente, assottiglia lo sguardo con un'aria scherzosa osservandolo piuttosto intrigata. « Non scherzare con me sulle Pozioni. Potresti ricadere in un terreno scivoloso. » Asserisce in un tono di sfida sorridendogli gentilmente. Mun era un'appassionata del ramo pozionistico, una delle migliori della sua promozione, a tal punto che per anni ha svolto il ruolo di tutor tanto a scuola quanto al college, quando con quel ramo non aveva più niente a che vedere. E' anche il modo in cui ha cominciato a vorticare con una certa insistenza attorno alla sfera di quello che ora era il suo fidanzato e futuro marito; un legame piuttosto saldo che durava ormai da anni. « Ad esempio, questo è il "jive". Perfetto per una serata tra amici, in quanto somma gli effetti dell'alcol e quelli dello yerba mate, un'erba energizzante che viene dall'America Latina. Nulla di troppo pesante. Sappiamo che il locale verrà frequentato soprattutto da ragazzi, benché maggiorenni. Comunque, se volessi provare qualcosa, faccio volentieri. Abbiamo anche i cocktail da giorno. » A quel punto viene risvegliata dalla curiosità e con un moto propositivo indica il bancone, allargando il braccio nella sua direzione stringendosi nelle spalle. « Non posso certo rifiutare una simile offerta. » Il bar è già stato da quel che può osservare in parte attrezzato, e Mun è anche certa che, dopo un bicchiere non troppo forte persino la conversazione si scioglierà un po' di più. « Niente di troppo forte però. Non reggo tantissimo l'alcol. » E' stata per molto tempo astemia, motivo per cui anche ora, non appena si concede qualcosa di troppo forte, tende a prendere una piega decisamente sbilenca. Non è il caso considerato si tratti pur sempre di un incontro di lavoro. Si alza quindi di conseguenza in piedi dirigendosi verso il bancone a passo spedito ma pur sempre elegante. « Credo che tu abbia un progetto piuttosto solido per adesso, o almeno, delle idee piuttosto concrete, e decisamente interessanti. E' una novità a Hogsmeade. Farà sicuramente colpo. Però.. » E dicendo ciò si siede su uno degli sgabelli, iniziando a osservare con attenzione il suo lavoro, quasi affascinata da quel mondo che sembrava non conoscere quasi per nulla. « ..alla Gringott interessano anche le persone che si celano dietro ciascun finanziamento. Sono affari, certo, ma sono affari con le persone, e le persone possono essere imprevedibili. Certo non si ha mai la certezza di chi si ha di fronte o del valore di coloro su cui si decide di scommettere.. » Scommetto che nemmeno tu hai idea di chi hai di fronte, Reginald. Dietro l'aspetto della brava ragazza acqua e sapone, chi la conoscesse, sapeva ci fosse molto di più, e non di certo in un'ottica positiva. « Quindi, insomma. Vuoi scommettere su questo progetto; ma perché? » Si ritrova a chiedere, sottolineando l'ultima parte del discorso. « Quali sono i tuoi obiettivi. Perché pensi che questo sia il tuo affare rispetto ad altri? Dove credi che ti porterà tra cinque anni? E tra dieci? Insomma.. qual è il tuo progetto a lungo termine. » Lo ferma prima che possa darle una risposta di cui non gliene importa niente. « Non m'interessano le curve, e i numeri. Quelli sono un tuo problema molto più di quanto non siano un nostro problema - certo potresti essere un pessimo investimento se dovessi risultare un pessimo contabile, ma.. sinceramente quello è il lavoro dei Goblin e dei direttori e su quello nessuno di noi due può fare niente per convincerli a pendere per la buona riuscita del tuo finanziamento o meno. » Se sei un pessimo investimento, lo sei indipendentemente dai tuoi obiettivi personali e dal fatto che potresti risultare o meno una persona affidabile. « Però, una componente importante dell'attuale amministrazione è anche la componente umana delle proprie scommesse. Ci teniamo a finanziare attività pulite, e progetti e persone nuove. Costruire un nuovo mondo diverso dal precedente. » Insomma, evitiamo delinquenti e perditempo. Ne abbiamo già troppi sui libri contabili. Ed è proprio per questo che gli investitori ci danno la caccia.


     
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    Reginald non si aspettava che l'incontro con Mun - così come gli aveva suggerito di chiamarla - potesse essere così... Tranquillo. Come una chiacchierata tra amici. Era una ragazza molto cordiale, benché a tratti un po' insicura. Probabilmente sentiva la differenza d'età, e trovarsi dal lato di chi deve giudicare qualcuno è sempre una faccenda spinosa. Sarà per le domande da porre, sarà perché all'inizio - se ci si impegna - tutti possono tranquillamente fare una buona impressione. Bastano un bel completo, stirato, dei fiori freschi, o senza andare tanto lontano delle parole gentili. A Reginald tutto questo riusciva a meraviglia: sua madre non faceva che ripetergli sei un uomo d'altri tempi. Sì, era tutto corretto. Sembrava realmente piombato lì da un'epoca precedente, più antica. Non fosse stato per l'abito moderno, per quanto classico come l'intera sua figura, la domanda sull'esistenza di una macchina del tempo sarebbe sorta spontanea. Peccato che, ad averla davvero, non avrebbe esitato ad usufruire di quel prezioso ingranaggio per cambiare le cose. Magari avrebbe impedito che suo padre scadesse nell'alcol come la gran parte degli amici da lui frequentati, o ancora che Regina sparisse dalla loro vita.
    Una volta gli hanno detto: sai, i gemelli riescono sempre a capire quello che l'altro pensa. Ebbene, no, se le cose stavano così, lui aveva fallito in pieno nel suo ruolo di fratello. Ma c'era forse da biasimarla? Regina aveva messo un punto ad un'esistenza fatta di soprusi, di litigi, di pianti che culminavano con urla, e ancora piatti rotti, trucco sbavato... Poteva davvero prendersela con lei perché li aveva abbandonati? Avevano semplicemente fatto due scelte di vita diverse. Lei, quella dell'amore - un amore pieno di soldi fino al soffitto, dato che il marito contava possedimenti in lungo ed in largo. Lui, quella della famiglia. Non se ne pentiva, ma ogni giorno che passava era sempre più difficile. Mettere d'accordo i fratelli e la madre era un'impresa titanica; non sempre il carattere di Reginald, abbastanza remissivo, riusciva a prevalere. «Sono anch'io un sentimentalista», conferma il "signor Tiedemann", come recita la sua firma sul listino dei cocktail proposti. «Ma a volte preferirei lasciare più spazio alla testa -», dice, indicandola con l'indice, «- alcune scelte, ne sono certo, riuscirebbero meglio.», conclude. Se Mun è lì per conoscere lui, il vero Reginald, non il lavoratore che c'è dietro, allora è giusto sia messa al corrente del suo modo di pensare. Perché è vero che le scelte vanno ben ponderate, ma è anche vero che i motivi dietro le scelte sono, per lo più, gli affetti. Al solo pensiero, è quasi logico che scatti una scintilla, come quella di una stella cometa, ad indicarti la strada. All'improvviso, sai perfettamente cosa fare. Perché tutto quello che fai è per loro e, di rimando, per te. «Sono contento ti piaccia il risultato. Ai piani alti si danno molto da fare, sono davvero convinto che ne tireremo fuori un bel locale. Non vorrei, però, che passasse l'idea che sia... Solo per pochi, ecco.», forse la parola elegante lo aveva fatto riflettere un po' sul concetto, talvolta associato, di selettivo. «E' vero che la clientela sarà diversa, come dicevo. Ma non perché ci sia il rischio di... Restare fuori. Semplicemente perché il tipo di esperienza offerta sarà diverso rispetto al passato. E magari molti dei frequentatori abituali non saranno più interessati a tornare. Per il resto, la porta è aperta.», sorride, indicandola. Reginald sa bene come ci si senta ad essere esclusi, ostracizzati, soprattutto negli ambienti in cui il tasso di reddito pro capite supera persino quello del parente benestante che credevi di avere. E invece scopri che paga il mutuo da dieci anni.
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    Si avvicina al bancone e tira fuori quello che c'è a disposizione - molto poco, ovviamente: ancora bisogna fare l'inventario, nonché i rifornimenti. Tutto questo, quando i lavori saranno finiti. Ma non ci pensa più di tanto, è solo un piccolo assaggio, giusto per smorzare l'ansia. Sì, anche lui è ansioso, e un occhio attento potrebbe notarlo dal suo modo di mescolare il concentrato di pesca con un cucchiaino di zucchero di canna, un po' troppo vigoroso. Di solito non è così serio, l'atmosfera della Corte dei Miracoli non richiede bronci o malumori nel contratto. Però la giovane Carrow lo mette in soggezione, dall'alto dei suoi... Quanti? Diciotto? Diciannove anni? Non di più. «In teoria, questo è il momento in cui è il cliente a raccontarmi della sua vita, morte e miracoli. O quanto meno dei problemi più recenti.», la informa, porgendole il bicchiere riempito sino all'orlo, con accanto una ciotolina di patatine. «Però hai ragione, tocca prima a me.», conclude, riempendo anche per sé un bicchiere dello stesso cocktail. Leggerissimo, con solo una goccia di spumante a renderlo alcolico e frizzantino. «Scommetto in questo progetto perché sono un sentimentalista, come abbiamo stabilito poco fa. Non nego di averci pensato a lungo. Mi sono chiesto più volte se fosse la scelta giusta da prendere, sia per me che per la mia famiglia.», inizia, non troppo deciso a portare la discussione su quell'argomento. I Tiedemann è meglio lasciarli fuori. «In fondo, come barista e basta è andata piuttosto bene.», dice, alludendo allo stipendio mensile dal quale sempre, per fortuna, riesce a ritagliare un gruzzoletto da conservare. Per ogni evenienza. «Però, fino a questo momento, non mi era mai capitato di avere carta bianca su qualcosa. Non che questa sia una referenza... », si affretta ad aggiungere. «Ma è di certo una cosa nuova. E' quello che mi ha spinto ad accettare. Non capita spesso di poter esprimere la propria opinione, non sempre dall'altro lato si è ben disposti ad ascoltare. Soprattutto se non hai un biglietto da visita.», perché a conti fatti, quello su cui Reginald poteva investire era molto poco. Non aveva un nome, non aveva referenze. Aveva soltanto se stesso. «In sostanza, non posso offrire una garanzia antifurto. Posso soltanto offrire quello che vedi.», continua, alludendo al conto in banca poco clemente. «E cercare di mettere un po' del mio in questa nuova gestione. Ho avuto modo di conoscere i colleghi, siamo abbastanza diversi. Come linea di pensiero, come stile di vita... Come tutto. Ma penso che questo sia un vantaggio. Non ho un gusto esattamente moderno, sono più sul classico. Ma, a mio avviso, il classicismo si sposa bene con la novità. Un po' come le nuove canzoni elettroniche con sottofondo dell'intramontabile violino.», sorride, gustando un altro sorso dell'intruglio improvvisato. «La persona che c'è dietro, sogna come te un mondo diverso. E quindi l'obiettivo, anche se leggermente utopistico, è rendere l'ambiente armonioso e confortevole per tutti. E per tutti intendo che, se ci dovesse venire mia figlia ad esempio, vorrei che questo locale avesse la capacità di renderla felice, di strapparle un sorriso, di farla divertire. E che possa sentirsi, allo stesso tempo, al sicuro. Come se stesse dando una festa a casa... senza genitori, chiaro.», ride, al pensiero di Daisy che cresce e frequenta locali. La piccola ha solo tre anni... Per fortuna, Reginald ha ancora molto tempo davanti prima che questo scenario si realizzi. «E questa è la sintesi del perché mi sto mettendo in gioco. Perché sogno per lei un mondo diverso

     
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    Sono anch'io un sentimentalista. Quelle parole così come quelle che seguono, Mun le ascolta con molto interesse, guardandosi attorno quasi meravigliata. Riesce a immaginare che cosa potranno creare Renton e Reginald di quel posto, riesce quasi ad assaporarne il gusto prelibato, l'odore, la percezione che avrà sul pubblico. Qualcosa di decisamente diverso, di rinnovato, esattamente come la loro stessa speranza di costruire un modo migliore. Affinché accada, bisogna in un certo qual modo slegarsi delle vecchie abitudini, bisogno andare oltre la memoria, senza per questo dimenticare. Lo capisco. E in fondo, ne condivideva il pensiero. Era ciò che andava fatto affinché lentamente si smettesse di vivere all'ombra del terrore del Lockdown e quindi di conseguenza lo segue verso il bancone e lo osserva curiosa mentre inizia a preparare i due cocktail; uno per lei e uno per se stessa. E' sempre affascinante guardare un barista al lavoro. Per molti nell'ambiente di Mun, quel mestiere può apparire come umile e in un certo qual modo denigrante, ma la piccola Carrow ne ha sempre visto una scienza esatta. Non tutti sono in grado di mescolare attentamente i sapori per farne qualcosa di bevibile, così come non tutti sono bravi a fare tante altre cose. E allora, se non ne sei in grado, evidentemente ti manca qualcosa, un talento, una conoscenza, che qualcun altro ha. E la conoscenza, la manualità, la consapevolezza di ciò che si fa, è un qualcosa che non può che essere sempre apprezzato, onorato e rispettato. « In teoria, questo è il momento in cui è il cliente a raccontarmi della sua vita, morte e miracoli. O quanto meno dei problemi più recenti. » Mun non può dire di comprendere appieno quell'idea. Non ha mai frequentato molto i bar nonostante in tempi non poi tanto lontani, la fascinazione per l'alcol era all'ordine del giorno per qualunque suo compagno che rispettasse il suo sacrosanto diritto di essere in cerca di guai. La piccola Carrow dal canto suo, martoriata dall'immagine cruente di una madre alcolizzata, non ha toccato alcol per molto tempo, poi, lentamente la sua bussola si è leggermente spostata, iniziando ad accettare l'idea che poter assaggiare qualcosa di tanto in tanto non era poi così sbagliato. Anzi, i liquori rendono più allegri e più propensi a una qualunque conversazione, quindi perché no. « Però hai ragione, tocca prima a me. Scommetto in questo progetto perché sono un sentimentalista, come abbiamo stabilito poco fa. Non nego di averci pensato a lungo. Mi sono chiesto più volte se fosse la scelta giusta da prendere, sia per me che per la mia famiglia. In fondo, come barista e basta è andata piuttosto bene. » Ma volevi di più. Non è forse ciò che ci spinge sempre a fare di più? Mun annuisce e lo lascia continuare senza interromperlo. « Però, fino a questo momento, non mi era mai capitato di avere carta bianca su qualcosa. Non che questa sia una referenza.. Ma è di certo una cosa nuova. E' quello che mi ha spinto ad accettare. Non capita spesso di poter esprimere la propria opinione, non sempre dall'altro lato si è ben disposti ad ascoltare. Soprattutto se non hai un biglietto da visita. » Di fronte a quelle parole, la mora non può fare a meno di sorridere, con una fierezza rinnovata. Non si aspettava niente di meno da Byron e Renton.
    Due dei leader della ribellione, ma anche due dei pochi che avevano deciso consapevolmente di dare fiducia a niente più che ragazzini. Mun non poteva fare a meno di stimarli, specie Cooper, che nonostante sapesse da quale ambiente provenisse e di quale pasta fosse fatta, non ha battuto ciglio prima di accoglierla tra la sua gente. Persone a cui teneva e la cui sicurezza era inestimabile per lui. Poteva pensare in qualunque momento che li avrei venduti, eppure ha deciso di fidarsi. Si è fidato di me, e soprattutto di Albus. Ha puntato sulla nostra famiglia. « Se so qualcosa, Reginald, su questa gestione, è che i biglietti da visita li stracceranno sempre. » E dicendo ciò si stringe nelle spalle. Non è più una novità il fatto che Byron fosse il capo dei ribelli, e Renton la sua compagna. E di una cosa, Mun era certa: solo perché la pace è stata ristabilita, non significa che smetteranno di essere ciò che sono. « In sostanza, non posso offrire una garanzia antifurto. Posso soltanto offrire quello che vedi. E cercare di mettere un po' del mio in questa nuova gestione. Ho avuto modo di conoscere i colleghi, siamo abbastanza diversi. Come linea di pensiero, come stile di vita... Come tutto. Ma penso che questo sia un vantaggio. [...] La persona che c'è dietro, sogna come te un mondo diverso. E quindi l'obiettivo, anche se leggermente utopistico, è rendere l'ambiente armonioso e confortevole per tutti. E per tutti intendo che, se ci dovesse venire mia figlia ad esempio, vorrei che questo locale avesse la capacità di renderla felice, di strapparle un sorriso, di farla divertire. E che possa sentirsi, allo stesso tempo, al sicuro. Come se stesse dando una festa a casa... senza genitori, chiaro. » In quanto madre, Mun non può fare a meno di empatizzare con quella linea di pensiero. Sì; probabilmente a mia volta lo faccio per lo stesso motivo. Lo faccio per me stessa, ma anche per la mia famiglia. Lo faccio perché vorrei che il mondo in cui loro cresceranno sia diverso rispetto a quello in cui sono cresciuta io. Ed era stato davvero cruento a tratti il mondo in cui la piccola Carrow aveva dispiegato i propri petali. Un mondo che sembrava serbare di continuo rancore, in cui la legge del più forte - la legge della giungla - primeggiava di gran lunga sui criteri di solidarietà e di comunanza. Lei ne era un evidente prodotto, ma al contempo, non voleva essere solo questo. « E questa è la sintesi del perché mi sto mettendo in gioco. Perché sogno per lei un mondo diverso. » E di fronte a quelle parole, Mun sente il bisogno di sbilanciarsi. Attira a sé la propria borsa dalla quale estrae una fotografia che raffigura la sua piccola famiglia. Albus tiene in braccio Lily stampandole un bacio sulla guancia, mentre Jay tormenta il loro cane; una foto che ha scattato quell'estate prima che se ne accorgessero. La allunga sul bancone e glieli indica. « Jay e Lily. Quattro e rispettivamente dieci mesi. » Asserisce indicandogli i due bambini con la fierezza che solo una giovane madre potrebbe dimostrare. « Lui è il mio fidanzato - Albus. » Continua indicandogli il giovane che scoppia a ridere nella foto mentre la manina di Lily raggiunge il suo ciuffo di capelli per tirarglielo appena. « Capisco quello che intendi. Anche io voglio un mondo migliore per loro. E vorrei che ci fossero più luoghi in cui possano essere al sicuro e in cui vengano accettati indipendentemente dalla loro provenienza, indipendentemente da chi sono la loro mamma e il loro papà. Lo vorrei per tutti noi.. » Scuote la testa scendendo giù dallo sgabello per afferrare il dossier della Gringott, aprendolo di fronte agli occhi di lui. Gli indica il sigillo di approvazione del mutuo della banca e si stringe nelle spalle. « La Gringott ha già accettato il tuo mutuo. La mia presenza qui vuole più accertarsi del profilo politico del locale e dei suoi soci. » Insomma. Qual è la vostra politica? In fondo, ogni atto, anche la più semplice delle azioni, è un atto politico. Le persone che animano un posto lo definiscono, e possono influenzare l'opinione di chi lo frequentano in una direzione o in un'altra. « Insomma, stiamo cercando di investire nelle giuste cause. » Qualunque cosa ciò significhi. « Però.. ad essere onesta, nemmeno io so cosa è giusto di questi tempi. » Pausa. « Ciò che state facendo qui, però, è giusto. » Reginald le ha fatto un'ottima impressione.. non tanto a livello finanziari; negli affari in fondo è sufficientemente negata da starsene alla larga. Di certo però, le ha fatto una buona impressione sul piano umano. « Detto tra noi, lascia stare quello che dice la Gringott, o quello che potrebbero dire determinate persone che frequenteranno questo posto. » Un locale elegante ma pur sempre dinamico avrebbe attirato un po' di tutto. Dai più ricchi ai più poveri, specie perché non c'erano molte alternative nel campus. « Potreste subire pressioni; sono quasi certa che non tutti saranno contenti di questo nuovo.. nucleo? Spero però che voi teniate fede a questi buoni propositi. » E a quel punto sospiro e si strinse nelle spalle. « Stai per iniziare a nuotare con gli squali - fidati. » Uno vuole solo produrre birra e invece, non sa nemmeno di trovarsi in mezzo a continui bracci di ferro sotterranei. « Non te lo dico per farti cambiare idea. Anzi, spero vivamente che tu non lo faccia. Ma ricordati, che anche produrre birra, nei.. centri di interesse come Hogsmeade o Londra, può diventare un atto politico. » Ogni atto politico significa di conseguenza farsi amici e nemici. Si portò il bicchiere alle labbra mentre richiudeva il dossier, posandolo da parte, per poi iniziare a tamburellare le unghie contro la superficie di vetro del bicchiere. « Tu non mi conosci, lo so, ed io non conosco te, e quindi offrirti eventualmente il mio aiuto sarebbe davvero forzato. Se però.. » E a quel punto prese il fazzoletto sotto il proprio bicchiere e iniziò a scrivervi il proprio numero. « ..dovessi mai aver bisogno di una voce o un consiglio fuori dal coro, questo è il mio numero. » Di scatto lo guarda di sottecchi con un'aria decisamente più seria. « Sai, dicono che la Restauraizone ci ha riportati tutti sullo stesso livello. In questo nuovo mondo ci stanno vendendo solide realtà. Io di questo non sono così convinta. In fondo non è cambiato niente. E poiché questo nuovo mondo è uguale al vecchio, avere una propria rete fa sempre comodo. » Gli getta quelle parole lì così, senza apparente cognizione di causa. Ma Mun in fondo, nonostante la sua giovane età, sa di cosa parla, e sa anche che, se mentre prima poteva esonerarsi dall'idea che fossero gli altri a costruire il mondo, ora quell'ipotesi non sussisteva più. E' tempo di nuotare nella stessa vasca degli squali. Ed io di certo, non mi farò mangiare, seppur sia niente più che un pesciolino rosso.


     
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    Non può non tirare un sospiro di sollievo quando Amunet conferma che i due proprietari non siano il tipo di persone attente alle referenze altrui. Perché appunto Reginald non può sperare in un curriculum coi controfiocchi, ha soltanto la buona volontà dalla propria parte. E l'infinita dedizione al lavoro. E' ciò che l'ha sempre contraddistinto, sin dai tempi di Hogwarts in cui, per altro, non spiccava. Non è mai stato il classico saputello con la mano svettante sopra le altre, bensì un tipo di persona remissiva e pronta ad attendere il proprio turno, per quanto ci fosse da aspettare. Speranzoso che, alla fine, la pacatezza d'animo potesse fare la differenza. Ad ogni modo, invero, si tratta unicamente di una speranza e basta: il signor Tiedemann non crede che tutto gli sia dovuto solo perché sceglie una condotta pulita, piuttosto che giocare sporco. Semplicemente, rimane in un perimetro di certezze, evitando di spingersi oltre, prendendo ciò che sceglie di varcare quella linea che lui stesso ha tracciato intorno a sé e a ciò che ritiene importante. Aspetta dunque che siano gli altri a sferrare l'attacco, per avere il tempo di preparare la mossa idonea all'occorrenza. Le uniche scommesse che ha fatto, nella vita, riguardano il matrimonio con Alicia e la riapertura del Pandemonium, cui sta attualmente lavorando. Nella prima ha azzeccato, ha vissuto degli anni pieni di felicità sino all'ultimo respiro della moglie, che rivede ogni giorno negli occhi di Daisy. Nella seconda, è ancora presto per dirlo. Ma se persino dal versante Carrow arriva una parvenza d'approvazione, allora è probabile che Renton abbia tracciato la strada giusta. E' vero, Amunet non rappresenta appieno la propria famiglia - e non perché valga di meno o altre stramberie del genere; piuttosto perché se ne distacca volontariamente. Non che sia un segreto, ed è chiaro che le voci siano arrivate anche all'orecchio di Reginald, soprattutto in un periodo in cui vanno drizzate per carpire ovunque preziosi dettagli, in vista dell'apertura di un locale che ci si aspetta possa incontrare il favore di tutti. E' chiaro che i collaboratori siano febbricitanti di idee, di cambiamenti, di paure circa il fatto che qualcosa possa non andare bene. Ed è per questo che si è molto attenti a ciò che il pubblico, con la propria voce che fa da sovrana in qualsiasi situazione, abbia da dire. Comprendendo in questa computa, ovviamente, le figure più disparate: dalle fila dei Potter a quelle dei Carrow, che non potrebbero essere più agli antipodi di così, per quanto invero dalla loro unione sia nato... qualcosa. «Ho avuto modo di notare la stessa cosa.», sorride alla giovane Carrow, concordando con lei sulla visione aperta che Renton e Byron hanno del mondo. Su quanto le loro chiacchierate fossero state costruttive, sin dal primo incontro tra loro. Su come, a partire dalle deviazioni di ognuno, sia venuto fuori qualcosa di inaspettatamente dritto. Come se alla fine del percorso non ci fosse altro che quella meta. Quella che tutti riuscivano ad immaginare, da soli, nella propria mente, ma nessuno a tradurre in un progetto reale. Solo quando hanno raccolto, carta su penna, le rispettive idee, ecco che dalla cenere è nata la fenice. Reginald vuota il fondo del bicchiere, riponendolo nel lavabo dal quale ancora non scorre l'acqua. Penserà più tardi a ripulire, quando Amunet concluderà la sua visita. «Ma guardali.», sorride, Reggie, mentre sfiora con le dita le fotografie che la Carrow gli mostra. Due piccoli bambini sorridenti, proprio come la sua Daisy, sventolano le manine in direzione del flash. E poi Albus - Potter, proprio lui - che sorride, in un'altra. «Accio», mormora, in direzione del portafoglio, che subito si adagia sul bancone di fronte a lui. Ne tira fuori una fototessera. Prima di mostrarla, la guarda lui stesso, col cuore che già si scioglie. «Lei è la piccola Daisy. Piccola... Beh, in realtà già oggi sembra più grande di così.», commenta Reggie, correggendosi da solo. «Ma sono sicuro che tu comprenda il mio stato d'animo. Il desiderio che restino piccoli per sempre, ma anche la curiosità di vederli crescere. La paura di affidarli a qualcun altro - pensa, ho dovuto contattare una baby sitter. Solo che non è così semplice, perché vedi... Diciamo che il caratterino di Daisy non sia propriamente semplice da gestire, nonostante il visino angelico.», aggiunge, per poi concludere: «Mai fidarsi delle apparenze.», sbuffa, realizzando che non ci sia frase più vera di questa. Una frase fatta che sintetizza secoli di storia dell'intera umanità.
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    Tornando agli affari, Amunet mostra a Reggie il sigillo della Gringott, confermando l'approvazione del mutuo. Il signor Tiedemann, frattanto, combatte con un brivido che risale lungo la schiena - perché, d'altro canto, non si sa mai, no? Non può avere la certezza che le cose vadano per il verso giusto in ogni contesto, e quando finalmente ciò accade, beh, è sorprendente. «Pf. E' un sollievo, davvero.», si apre, Reggie, smettendo un attimo i panni dell'uomo tutto d'un pezzo. E' pur sempre una persona umana, per quanto non si lasci investire troppo dai sentimenti, possibili armi a doppio taglio in un incontro-scontro di qualsiasi natura. Quando si mettono di mezzo, è meglio correre ai ripari... L'ha imparato sin troppo bene, con una famiglia come la sua. «Sento di poter parlare anche a nome di Renton, per quanto riguarda la politica del locale.», si raddrizza, sicuro del proprio ruolo di portavoce. «In fondo è un po' la stessa cosa che ho detto prima. Sarà un locale per tutti, nessuno escluso. E' proprio l'esclusione quello che si vuole evitare... E sì, certo, non è detto che l'offerta da noi proposta sia accolta all'unanimità...», lascia la frase sospesa, ben sapendo dove Amunet voglia andare a parare. I famosi signorotti non vedranno di buon occhio un locale che reca la firma della Ribellione. «Ma questo non ci farà desistere. Voglio dire, conosci Renton... Forse persino meglio di me. Non ho intenzione di venire meno al nostro proposito.», quello di resistere in questa gabbia di squali, paragone perfetto per la nostra società, signorina Carrow, «Non dopo tutto il lavoro che dietro c'è stato. E a prescindere, anche se fossimo all'inizio dell'avventura.», asserisce, perfettamente convinto che avrebbe compiuto gli stessi identici passi già macinati sul terreno. «Ma sono d'accordo con te sul fatto che non sarà semplice. E si può dire che il gioco sia già iniziato...», già dal momento in cui si è saputo che avremmo riaperto. Reginald afferra il fazzoletto che Amunet gli porge, quasi come in un film. Legge il suo numero sopra, e le sorride. «Ogni aiuto è ben accetto, Amunet. Neanche tu mi conosci, ma sappi che al Pandemonium -», non può ancora rivelare il vero nome del locale, «- avrai qualcuno su cui contare.», e non lo dice solo perché si sente in obbligo, dopo l'offerta di lei. Così come non si aspetta mai niente dagli altri, allo stesso modo sa che gli altri non debbano aspettarsi nulla da lui. A meno che non sia lui stesso a farsi avanti - e ciò accade di raro, come ben sappiamo. «Io invece mi sforzo di crederci. Se non lo facessi, non avrei la forza di lavorare a questo progetto... E spero che anche tu possa cambiare idea. Voltare pagina...», conclude, parlandole come se fosse faccia a faccia con sua figlia, Daisy, in procinto di consolarla dopo una giornataccia. Non vuole fare false promesse, ma non vuole che vengano tarpate le ali prima del tempo, impedendo di spiccare il volo.

     
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