A brand mad world

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    - Ho un nuovo amico
    - Vero o immaginario?
    - Immaginario


    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    194
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    tumblr_myvrxaM8jT1qjmwu8o1_250
    Il clima era teso abbastanza da poterlo affettare, cosa che al minore dei Sanders avrebbe recato un po' di divertimento. Teso sì ma non più che nei precedenti giorni, da che Edric ne avesse memoria: incolpava il padre e quel suo pomposo, formale e un po' morboso modo di fare le cose, per il quale tutto doveva essere assolutamente perfetto. Perfetto come la tavola imbandita su cui stavano seduti il capofamiglia, la moglie Artemisia ed Edric stesso. Altri tre erano i posti rimasti vuoti: quelli di Viktor e Kaspar, i suoi fratelli maggiori oramai adulti e presi dalle loro vite, e quello di Audrey che non sarebbe stato mai più riempito. Incolpava il padre, Edric, ma la verità era che il clima si tendeva nel momento stesso in cui lui entrava in una stanza. Artemisia lo odiava, di questo ne era oramai certo; in quanto a Hektor, era difficile capire cosa gli passasse per la testa. Cosa di suo gli passasse per la testa. Col tempo aveva imparato a non legarsi telepaticamente al padre, perché ciò che vi si trovava dentro l'avrebbe portato ancora una volta alla pazzia. Forse è tutta colpa tua, in fondo. A occhio e croce, conoscendolo, Hektor nei suoi confronti doveva provare delusione. Viktor era diventato un eccellente magiavvocato e dirigeva la casa farmaceutica che Hektor in persona aveva messo su; Kaspar al contrario era un pozionista di grande spessore e ce la stava mettendo tutta per portare la SANitas ad un nuovo livello di avanguardia. E Edric? Edric aveva preso il diploma alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts per il rotto della cuffia, una volta che era stato rilasciato dalle cure amorevoli del Centro di Igiene Mentale. Cos'aveva fatto per tutti quei mesi? Si era nascosto come un ratto, senza vedere quasi mai la luce del sole. Usciva la sera, per andare chissà dove, e alle prime luci dell'alba tornava nella casa dei propri genitori. Sonno, veglia, una pasticca di escitalopram al mattino, una di alprazolam a lento rilascio a metà mattina, le immancabili due di olanzapina e risperidone al pomeriggio e la notte una di mirtazapina. Non era raro che quest'ultima venisse casualmente dimenticata: non è che un antidepressivo ma con un effetto ipnotico che ha del miracoloso. « Tua madre mi ha detto che hai preso un'importante decisione. » esordì di punto in bianco Hektor, rompendo il silenzio interrotto qua e là dal tintinnare delle posate sulla ceramica dei piatti. Gli occhi di ghiaccio di Edric saettarono verso Artemisia, la quale ricambiò incassando brillantemente la tacita rabbia di quel figlio che le era capitato tra capo e collo. In altre situazioni l'avrebbe insultata deliberatamente, ma di fronte al padre non osò. Masticò tra i denti l'amaro insulto. « E a mia madre chi l'ha detto? » Non certo lui, che con Artemisia non si sarebbe confidato neppure in punto di morte. La odiava quasi quanto reciproco era quel sentimento. L'avrebbe volentieri uccisa, se non gli fosse sembrata già abbastanza morta dentro. Ma lo farò lo stesso, quando meno te l'aspetti. Lo farò lentamente, nel sonno. Voglio vedere la sua faccia mentre ritorni solo per scoprire che stai per andare via di nuovo. La donna fece per aprire bocca ma il marito la precedette. « Smettila di girare intorno alle questioni, è da sciocchi. » E tu, diceva il sottinteso, hai ampiamente dimostrato di esserlo. « Hai intenzione di dirmelo e o mi farai morire aspettando? » Cosa che, per inciso, non credeva Hektor avesse intenzione di fare: da che ne avesse memoria, non lo aveva mai visto malato. Mai, neanche per un solo giorno. Ciò significava dunque che mai, neanche per un solo giorno, aveva saltato il lavoro. Non riusciva mai a vederlo la mattina prima che prendesse il largo verso l'alto grattacielo di proprietà della SANitas; in seguito era partito per Hogwarts e i contatti col padre, se possibile, si erano ulteriormente dimezzati. Ma l'avventura a Hogwarts si era conclusa e Hektor Sanders aveva cambiato radicalmente lavoro, tornando alle origini delle proprie competenze: era già un mese che aveva accettato un ruolo vacante di prestigio all'Ospedale San Mungo, ma soprattutto aveva firmato qualche contratto per delle cattedre al nuovo College. Quello tanto decantato dalla stampa, quello in cui spesso si era intrufolato per osservare da vicino i suoi vecchi amici. Aveva spiato Percy e Nate gonfiare il petto nella loro carica di senior, aveva seguito Fitz mentre tornava alla casa che condivideva con Judah Carrow. E poi c'era Hades: si era diplomato. Avrebbe frequentato anche lui il college? L'idea gli solleticava le viscere. Posò forchetta e coltello, aveva mangiato pochissimo e già non aveva più fame. In quei mesi, se possibile, era dimagrito ancora di più divenendo un macabro scheletro ambulante. Il suo pallore era la cerea carnagione di chi non vede il sole da mesi. « Ho deciso di continuare gli studi. » Hektor non fece una piega, si limitò a bere un sorso del vino pregiato di cui aveva piena la cantina. Italiano, un Barolo riserva 2012. Ottima annata. Per Edric non era stato difficile scegliere: non aveva seguito i suoi gusti, perché in fondo gusti non ne aveva, trovava ogni materia equalmente orribile e priva di reale fondamento. Aveva scelto piuttosto quella che suo padre avrebbe voluto. Inoltre, reputava la propria scelta la migliore possibile per scoprire tutti i segreti e tutte le debolezze dell'uomo. Suo padre, dopotutto, gliene aveva dato più volte conferma. Sapeva dove colpire, dove fare più male. Hektor posò sul tavolo una busta sigillata con il timbro in ceralacca, una bacchetta e un osso incrociati. Lo stemma del San Mungo. « Questa è la tua lettera di presentazione. Ti recherai domattina a Hogwarts e la consegnerai nelle mani della responsabile ai colloqui, la deliziosa signorina Donovan, con cui ti ho già fissato un appuntamento. » Maledetto bastardo, era sempre un passo avanti. Hektor svuotò il bicchiere, per poi fissare i suoi occhi dritti in quelli del figlio. Erano uguali, di un medesimo color ghiaccio. Entrambi facevano venire i brividi. « Domattina, non un giorno di più. Questa è l'ultima volta che mi deludi, Edric. »

    tumblr_inline_ntgotvC7RQ1qlt39u_250
    [...] « Medimagia. » sussurrò la signorina Nessie Donovan rigirandosi fra le mani le carte firmate e controfirmate, le quali riportavano la richiesta di iscrizione del signor Sanders Edric al College, presso al facoltà di Medimagia. « Medimagia. » confermò il ragazzo, atono, cercando tuttavia di sorridere affabile. C'era stato un tempo in cui riusciva a farlo spontaneamente, collegandosi empaticamente alla psiche del proprio interlocutore e carpendo da lui le emozioni necessarie per fingere. Ma sembrava passato un millennio ed era prima delle cure al CIM, prima delle Loggia, prima di scoprire il proprio posto nel mondo. Non seguire i fratelli alla direzione della casa farmaceutica, né diventare un glorioso e bonario medimago. Il Caos è il mio destino (caos caos caos) Nell'animo della signorina Donovan, riusciva a percepire soltanto diffidenza. La responsabile passò ad un'altra pagina. Era l'ultima pagella. « Voti eccellenti ma.. noto nomi e date.. particolari. Si è diplomato qui da noi? » Sì e no. Edric non si era visto agli esami di diploma che la scuola aveva messo a disposizione per i reduci dalla catastrofe del Lockdown. Nessuno aveva più saputo nulla di lui. Sarà morto là dentro. Speriamo. « A causa di.. problemi di salute, il diploma l'ho conseguito da privatista. » Un modo carino ed edulcorato per sottointendere che Hektor Sanders aveva oliato molti ingranaggi. Di fatto, i M.A.G.O. di Edric erano notevolmente gonfiati, soprattutto nelle materie teoriche. « Ma sì, tecnicamente mi sono diplomato a Hogwarts. » La signorina annuì, poco convinta, senza tuttavia trovare alcunché da dire. Non c'era nulla a cui potersi aggrappare: l'attestato di diploma recava il timbro del Ministero della Magia e della presidenza della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, le carte di iscrizione erano firmate e recanti addirittura la ricevuta di pagamento delle tasse. Tutto era in ordine, fin troppo in ordine. E poi c'era quella mirabolante lettera di presentazione, firmata da una sfilza di nomi di medimaghi dirigenti dei vari reparti del San Mungo. In calce, la firma di Hektor Azrael Sanders, il padre del candidato. Nel caso non fosse palese il conflitto di interesse. « Qui leggo che non si è iscritto l'anno scorso per.. compiere un anno di.. servizio volontario presso l'Ospedale San Mungo? » Rialzò gli occhi verso il ragazzo, piuttosto perplessa. La sua faccia urlava "mi state prendendo in giro?" da ogni singolo poro. Il candidato tuttavia era più serio di una sfinge e si limitò ad annuire. « Presso il Centro di Igiene Mentale, nella fattispecie. Sa, ho molto a cuore la salute mentale. Penso che addirittura venga prima della salute del corpo. Dove speriamo di andare, se la nostra mente vacilla? » e sorrise, ancora quel sorriso freddo e inconsistente. Sì, quel ragazzo la stava prendendo in giro, suo padre e tutti i medici del San Mungo la stavano prendendo in giro. E lei avrebbe preso in giro loro, facendo orecchie da indiano. Non era affar suo, dopotutto il signor Sanders non avrebbe ricevuto trattamenti di favore. Avrebbe seguito le lezioni come tutti, sostenuto gli esami come tutti, frequentato i tirocini come tutti. Questo importava alla signorina Nessie Donovan, nient'altro. Finché le carte erano a posto, e quelle di Edric Sanders lo erano in maniera sospettosamente impeccabile, le sue responsabilità erano finite. Inumidì il timbro della segreteria del College e appose nella richiesta di iscrizione. « Allora non mi resta che dirle: benvenuto al college, futuro dottor Sanders. »

    Libero. Felice? Non proprio, non sapeva dirlo. Appagato? Giusto in parte. Questo piccolo passo verso una rinnovata decenza non avrebbe smesso di farlo essere a tutti gli effetti la pecora nera della famiglia Sanders. Ma una cosa la sapeva per certo: non era standosene chiuso in casa imbottito di psicofarmaci che sarebbe ritornato nella Loggia. Non era al buio che si sarebbe fatto notare di nuovo. E allora sarebbe ritornato alla luce del sole, là dove loro avevano sempre voluto che stesse. E tu (tu) tornerai da me. I miei pensieri fanno eco (eco eco eco) Oltrepassò l'anticamera dell'ufficio della consulente e, oramai nel corridoio, gli capitò di imbattersi per ironia della sorte in una vecchia, cara conoscenza. Un'altra amica che aveva prestato servizio volontario al CIM. « Se continuiamo ad incontrarci così, tanto vale che tu mi dia il tuo numero. » commentò lapidario Edric, abbozzando un sorriso gelido che non aveva la benché minima sfumatura di malizia e così la sua voce. Semplicemente, era una constatazione. L'ultima volta che aveva visto Jack era stato durante quel bizzarro Sabato in cui il resto della casta era stato riunito per una piccola festicciola. Tutti, perfino la maggior parte dei suoi vecchi compagni del Clavis Aurea. Ah, sembrava passato un secolo da quando si divertivano tutti insieme a ciondolare di qua e di là, combinando quelle che oramai ai suoi occhi erano perlopiù marachelle. Il vero divertimento era altro. Jacqueline avrebbe potuto capirlo molto più di Nate Douglas o Fitzwilliam Gauthier. Le stupide sciocchezze umane non mi saziano più. Abbassò gli occhi sulle carte che l'ex corvonero stringeva tra le dita affusolate. Dita da pianista. « Un cambio di corso? O rinunci agli studi per imprese più nobili? » Parole enigmatiche che Edric lasciò cadere nel vuoto, lì per lì. Esattamente dove voleva che fossero. Solo infine aggiunse, con una noncuranza disarmante. « Come la musica. Eri brava, lo ricordo ancora. »

     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member
    ★★

    Group
    Member
    Posts
    53
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Emily, tu conosci un modo per liberarsi delle incrostazioni particolarmente ostiche? » Emily Lewis è ormai una delle sue ex compagne di corso. Prima di lasciare le schiere dei divinatori, Jack si è premurato di liberarsi di tutti quei libri di testo che non aveva nemmeno aperto, vedendoli per una somma profumatissima che le sarebbe stata di grande aiuto per l'acquisto del nuovo materiale per l'anno accademico in arrivo. Quella domanda suonò strana alla moretta che la osservò con uno sguardo interrogativo. « L'appartamento in cui io e il mio coinquilino viviamo è una topaia. Il bagno è una rovina e nemmeno decine di gratta e netta sono bastati per ripulire la vasca da bagno. » La storia era un po' diversa. Immaginatevi un valzer di Chopin, diciamo il opus 3 numero 2. Ora immaginatevi una leggiadra figura dai lunghi cappelli simili a spicchi di grano che vi si muove a tempo. Una siringa e un po' di pozione esplosiva, il braccio smorto della zia Francine e numerosi tentativi per cercare di iniettargliela nelle vene senza nemmeno veder l'ago traforare quel pezzo di marmo. Ora immaginatevi la stessa figura. Una fiala di pozione esplosiva e la bocca di zia Francine spalancata a forza con l'ausilio di un paio di pinze da cucina particolarmente resistenti. La pozione scorre lungo il primo tratto digestivo e boom. Morale della favola: zia Francine è esplosa. Volendo ricercare le cause remote di questa infelice scelta, il tutto si potrebbe riassumere a una sopraggiunta consapevolezza di Jack sulla presenza dell'amorevole zietta in casa. Non la vuole più; è noiosa, antiquata, e poi non parla mai. La sua utilità è pari a quella dei suoi soprammobili da salotto, tutti posizionati dignitosamente sopra un centrino confezionato in lunghi anni di fatiche primordiali, durante la guerra, da una sua zia altrettanto zitella, col sudore della fronte. Thank u, next. Per quanto la sua pensione di invalidità fosse allietante, il baule di gioielli che nascondeva dietro il doppiofondo dell'armadio, lo era ancora di più. Vecchia stronzetta di merda! Aveva conservato bene i gioielli di famiglia, gli unici tesori su cui il fisco non era riuscito a mettere gli artigli e che evidentemente giustificavano finalmente la presenza di quelle pellicce che ora, orfane della sua proprietaria, sarebbero finite sempre in mano alla qui presente Jacqueline. Ora capisco dove hai trovato i soldi. Li avevi sempre lì, sotto il materasso. Cazzo, zietta sei un genio. Un genio fottutamente morto. Ma tornando a noi, zia Francine doveva sparire anche per una ragione più logica: l'assenza prolungata avrebbe cominciato a insospettire qualcuno, specie ora che quella fastidiosissima zia Malfoy, sorella di sua madre, aveva deciso di ricordarsi della sua esistenza. Che spina nel fianco. Il piano era deciso nei minimi dettagli. Aveva calcolato tutto.. tranne come sbarazzarsi del corpo. Di certo non avrebbe potuto scongelarla e metterla in un campo. Qualcuno si sarebbe accorto che era stata avvelenata.. per non parlare del fatto che era morta da più di due anni. D'altronde la fortuna era stata sin troppo sfacciata con la giovane Lestrange fino a quel momento, ma se è vero ciò, è altrettanto vero che la fortuna non va mai sfidata troppo. Per tutta questa serie di motivi zia Francine doveva sparire. Puff. Eppure, invece di puff, zia Francine aveva fatto boom. Perché? Potremmo considerare Jacqueline un essere estremamente stupido; forse non ci ha pensato sufficientemente, o forse semplicemente aveva solo voglia di vedere cosa sarebbe successo se l'avesse fatta esplodere. Era stato di certo meno divertente di quanto si era immaginata. Ghiaccio o non ghiaccio le budella refrigerate della signora si erano sparse un po' dappertutto, riducendola a brandelli, lembi di pelle e ossa spezzate sparsi in tutto lo scantinato. Uno spettacolo sgradevole e miserabile che aveva sparso il corpo della signora un po' ovunque. Chiazze di sangue gelatinoso e secrezioni congelate per due anni le erano finiti in faccia e sulla tuta da lavoro che aveva indossato; un dente le si era addirittura conficcato nella guancia. Hai idea di quanti soldi potrebbe farmi fare questa faccia, zietta? Per fortuna la ferita era stata curata con pochi accorgimenti. Sul momento, aveva urlato, la povera piccola Jackie, presa dallo conforto di quello spettacolo deplorevole. Tutta quella sporcizia, le interiora di zia Francine addosso a lei.. quanti germi e malattie poteva contenere il corpo liquefatto di un'ottantenne morta e congelata?
    E quindi siamo giunti alle incrostazioni. Per quanto abbia tentato di pulire affondo la cella frigorifera, le cazzo di budella di zia Francine non si tolgono.. per non parlare del fatto che braccia, gambe, parte della cassa toracica e quella testa quadra, restano intatte anche dopo la mini esplosione in casa. Insomma, la vecchia non vuole proprio schiodare. Va fatta sparire. Sciolta, preferibilmente. Come se non fosse mai esistita. « Hai provato con della pozione corrosiva? » I mitici segreti delle casalinghe disperate. « Oh.. pozione corrosiva. » « Si.. all'Emporio la vendono in piccole fialette da 10 ml. Però devi stare molto attenta. Compra un paio di Guanti Miracolosi. Se tocchi anche una goccia potresti finire al San Mungo. » « Corrode.. tanto? » Oh, quel tono spaventato, di chi proprio non vuole sentirsi dare la risposta più ovvia a un quesito altrettanto ovvio. Quante fialette mi servono per far sparire una vecchia? « Mia sorella ha quasi perso un dito del piede. Le è caduta giusto una goccia per sbaglio.. Non l'aveva diluita bene. Un disastro. Bisogna sempre utilizzare la quantità d'acqua indicata sulla filala, altrimenti sono guai. » Cosa potrebbe mai pensare una Jacqueline Lestrange di fronte a quella dettagliatissima descrizione. Cosa pensereste voi d'altronde? Una gallina dalle uova d'oro. Il metodo perfetto a impatto ambientale - apparentemente - zero. Niente incendi, braccia nascoste nel giardino o altre diavolerie simili. « Povera creatura.. » Asserisce con un tono accondiscendente mentre di tanto in tanto getta uno sguardo in direzione della porta della segreteria. « Se continuiamo ad incontrarci così, tanto vale che tu mi dia il tuo numero. » Lo sguardo della giovane Lestrange canalizzò la sua attenzione in direzione della voce, trovandosi di fronte la figura smilza di niente meno che Edric Sanders. Sgranò per un istante gli occhi prima di alzarsi in piedi e sorridere radiosa.
    tumblr_inline_pnlxj33Ivk1wv1b20_1280
    « Ommioddio! Anche tu qui! EDRIC! CHE BELLO RIVEDERTI! » E senza troppi rituali gli carezza appena entrambe le braccia e si avvicina per stampargli un bacio sentito sulla guancia sinistra prima di osservarlo dalla testa ai piedi con premura, come se stesse rivedendo un vecchio amico, o un parente che le sta particolarmente a cuore. A modo suo, Jacqueline, a Edric si è davvero affezionata. Non è certa che sia la stessa cosa per lui, ma nonostante ciò, la sua mancanza di spirito non l'ha mai scoraggiata dal prendere confidenza con lui. Bipolare di natura, a volte i loro incontri rasentavano una freddura impressionante, a volte semplicemente, da parte sua erano così, colmi di carinerie e manifestazioni d'affetto non richiesti. Perché Jack in fondo, era uno spirito caldo, colmo di amore da donare. Guardiamo in fondo quanto calore e gioia ha donato a zia Francine negli ultimi due anni. Non siamo mai state così vicine come da quando è finita nel freezer. Un tale salto di qualità nel nostro rapporto! « Un cambio di corso? O rinunci agli studi per imprese più nobili? Come la musica. Eri brava, lo ricordo ancora. » Il suo sorriso apparentemente inconsapevole si allarga. A volte Jack sembra così innocente, così pura, uno spirito che non potrebbe far del male nemmeno a una mosca. Povera creatura, nessuno la capisce. « Cambio di corso. Ho passato lo scorso anno a Divinazione, ma.. non faceva per me. Non c'è niente in questa topaia che possa sviluppare il mio Terzo Occhio. » Semplicemente perché il suo Terzo Occhio, ammesso e concesso che ne possedesse uno, agiva secondo vie misteriose. Non sarebbe stato né il corso di Divinazione, né tanto meno quegli stolti dei docenti che li seguivano a capire quanto talento avesse e quanto sprecato risultasse senza l'ausilio di un pianoforte - informazione che, a ragione veduta, Jackie ha evitato di riferire ai suoi insegnanti così come ai suoi colleghi. « Se mi dai cinque minuti, ti faccio un giro del campus. Si dà il caso che io sia la Senior uscente di Corvonero. » E dicendo ciò, gli sorride con un che di malizioso, sollevando le sopracciglia con un tono allusivo. « Permetti che questo sia uno dei miei ultimi atti. » Si gira infine in direzione di Emilie. « Lei è Emily Lewis, divinazione. Ti lascio in sua compagnia mentre finisco. Raccontagli della pozione corrosiva, Emily. Anche a Edric serve qualche consiglio in merito. » E dicendo ciò afferra la sua borsa, fa un veloce occhiolino al biondo e sparisce dietro la porta della segreteria dove lo sguardo indagatore della consulente la sta già scrutando con scetticismo. Quanto vorrei che finissi nel freezer anche tu, insipida sgualdrina quattrocchi.
    Firmate le carte e conseguito il nuovo libretto, Jack si affaccia dalla porta con un sorriso smagliante. Non più un'insipida studentessa di Divinazione bensì un futuro Medimago. Un Medimago. Mio papà sarebbe così orgoglioso di me. Si rende conto che in quei dieci minuti passati a sentirsi in soggezione a forza di attendere che la consulente passasse in rassegna ancora e ancora tutti i suoi documenti, Edric è rimasto da solo. Non più assoggettata dalla presenza della mora, che deve aver finalmente deciso di tormentare qualcun altro con le interessantissime storie sulla perdita del piede di sua sorella, Jacquelie si para davanti al ragazzo e lo osserva con uno sguardo più serio inclinando la testa di lato. « Allora hai intenzione di abbandonarmi anche questa volta, oppure resterai? » Non c'è né malizia e nemmeno un velo di scherzo in quell'espressione neutra. Sembra anzi esserci un velato senso di accusa. A modo suo la piccola Lestrange è leggermente arrabbiata con Sanders. « Appari e scompari sempre dal nulla. Non si fa così, 2237.. » Asserisce con una nota dispettosa, citando il numero che ha letto per mesi sul suo camice mentre entrambi erano chiusi in quel luogo dimenticato da ogni santo, imbottiti di sedativi, circondati da quel perenne blu tinto alle pareti con sbarre alle finestre e alle porte. « ..non è educato da parte tua, sai? E nemmeno gentile. Potresti almeno chiamare qualche volta, mandare una cartolina.. » Annuisce convinta mentre tira fuori il suo cellulare dalla tasca passandoglielo. « Scambiarci i numeri mi sembra un'ottima iniziativa. » E dicendo ciò si guarda attorno con fare circospetto prima di sedersi accanto a lui, osservandolo con attenzione. « Qui è pieno di serpi in seno. Non c'è quasi nessuno di cui fidarsi. Hanno dimenticato.. » E dicendo ciò gli occhi azzurri si fanno più espressivi, più eloquenti, osservandolo con molta attenzione, cercando una conferma del fatto che almeno lui non ha dimenticato. « Però si sono anche adagiati sugli allori. Dimmi Edric, anche tu ti sei adagiato sugli allori? » Because you're a man of tremendous gifts, and it would be a shame to see them go to waste. Sussurra infine al suo orecchie sciogliendosi nuovamente un leggero sorriso apparentemente tenero e innocente.


     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    - Ho un nuovo amico
    - Vero o immaginario?
    - Immaginario


    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    194
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Ommioddio! Anche tu qui! EDRIC! CHE BELLO RIVEDERTI! Cambio di corso. Ho passato lo scorso anno a Divinazione, ma.. non faceva per me. Non c'è niente in questa topaia che possa sviluppare il mio Terzo Occhio. » L'intero corpo di Sanders si irrigidì sotto le carinerie della sua vecchia amica, ma durò una frazione di secondo. Il tempo di fare ciò che sapeva fare meglio: se Jacqueline disponeva di un occhio interiore, Edric aveva artigli capaci di scavare l'animo del prossimo. Quando aveva appreso che la Lestrange possedeva tali facoltà, il desiderio di scacciarla era stato forte. Paura, un sentimento che Edric Sanders faticava a provare e che tuttavia gli era spontaneamente fiorito dentro, terrorizzato all'idea di ciò che avrebbe potuto trovare nel cuore di Jacqueline. L'ultimo veggente con cui aveva provato ad empatizzare era stato suo padre e ne era rimasto talmente sconvolto da scivolare in uno stato catatonico per una settimana intera. Shock allo stato purissimo, dritto nelle vene. Ma Jack non era una di quelli, il suo potere era imperscrutabile e un legame con lei innocuo.. fintanto che avesse le mani ben lontane da una tastiera. Con naturalezza, affondò gli artigli nel cuore di Jack e vi trovò una gioia straripante che gli permise di aprire le labbra in un sorriso fin troppo ampio, inquietantemente ampio. « Chi darebbe perle ai porci?! » Io. Perché no? Se la causa lo richiedesse. « Se mi dai cinque minuti, ti faccio un giro del campus. Si dà il caso che io sia la Senior uscente di Corvonero. Permetti che questo sia uno dei miei ultimi atti. » Rise, Edric, di una risata talmente sguaiata e sgraziata che l'intero suo corpo pareva scosso da scosse elettriche. Era più simile ad una crisi epilettica che ad una risata, resa ancora più inquietante dalla spropositata altezza del ragazzo che lo faceva sembrare più simile ad uno spaventapasseri. « Non so cosa sia un Senior.. - Bugiardo. Vi ho spiato abbastanza da sapere cosa sia un senior. Beatrice Morgenstern. Nathan Douglas. Percival Watson. Eris MacBride. Greagoir Olivander. Olivander (olivander) sei duro a morire (morire morire morire) e poi tu, Jaqueline Lestrange. - ..ma sembra proprio quel genere di ruolo che darei a te, Jackie cara. » e le sfiorò la punta del naso con il dito indice, in un gesto affettuoso che non proveniva da lui, non completamente. « Lei è Emily Lewis, divinazione. Ti lascio in sua compagnia mentre finisco. Raccontagli della pozione corrosiva, Emily. Anche a Edric serve qualche consiglio in merito. » Entrambi, Edric ed Emily, osservarono la chioma bionda di Jack sparire oltre la porta della consulente, per poi rimanere soli; la divinatrice si voltò verso il suo sconosciuto interlocutore e lui si voltò verso di lei, senza più neanche l'ombra dei grandi sorrisi e della profonda ilarità che pareva averlo colpito, come una fugace e passeggera malattia. Era, al contrario, profondamente serio. Più che serio: amimico. « Quindi.. hai anche tu bisogno di consigli sulla pozione? ...la pozione corrosiva.. » tubò Emily, irrequieta di fronte alla sua altissima compagnia. Tubò e titubò, perché in fondo perfino lei aveva sentito voci su un tale Edric Sanders. Lo spauracchio di Hogwarts. Edric la fissò insistentemente per un minuto buono, prima di muovere le labbra pallide. « Sei una divinatrice. Credi nelle tavole Ouija? » Emily rimase spiazzata dal repentino cambio di argomento e al tempo stesso dalla domanda. Forse perché, in fondo, quelle tavole poco avevano a che fare con la divinazione: la dottrina maggioritaria considerava inopportuno interpellare i morti circa il proprio futuro. Edric fece un passo verso la sua nuova amica. « Una volta ne ho trovata una a casa, nascosta tra le cose di mio padre. Ho chiesto agli spiriti l'indomandabile. "Quando morirò?" chiesi loro. E sai cosa risposero gli spiriti? » Emily, ammutolita e rigida come fosse paralizzata, riuscì a malapena a scuotere il capo in un cenno di diniego. Entrambi sapevano - lei da studi accademici, lui da cultura personale - che ci sono delle regole perché le tavole Ouija funzionino senza creare problemi. Non si deve mai chiedere di Dio né dell'oltretomba, non si deve mai chiedere il futuro né cercare di predire la propria morte, non si deve mai interrompere una sessione senza prima chiuderla a dovere salutando lo spirito con cui si ha parlato. Si sporse verso l'orecchio di Emily, il ragazzo, sussurrandole all'orecchio la risposta. « Risposero che non sarei morto. Perché ero già morto. Ma potrei rinascere, dicevano, se solo ci avessi messo un pizzico di impegno in più. » E un altro passo ancora, sempre più vicino a quella minuta figura. Gli sembrava tremasse. « Avevo un'amica, una volta. Non credeva alle tavole Ouija ma credeva alle carte. Non faceva che mischiarle e girarle e leggerle, ogni santo giorno. Anche loro le dicevano che si sarebbe dovuta impegnare un pizzico di più. Ma lei non si è impegnata. E' rinata, ma è morta di nuovo. » Oramai non avrebbe potuto avvicinarsi ulteriormente. Si chinò sulle ginocchia, per guardarla dritto negli occhi. Erano vacui e assenti, quelli di Edric. Occhi da morto. « Devi fare attenzione a ciò che credi. E impegnarti. Solo un pizzico di più. » Annuì, Emily, indietreggiando di un passo, due, tre, fino ad arrivare alla porta. « S-s-scusa devo.. devo proprio andare.. » Rimasero a fissarsi, i due.
    s8sTxGJ
    Probabilmente la signorina Lewis si aspettava che l'altro la inseguisse, piantandole un coltello nella schiena. Al contrario, Edric rimase impalato sul posto, limitandosi ad alzare la mano destra per sventolarla lentamente a mezz'aria. Ciao ciao Emily. E' stato un vero piacere.

    Passò un quarto d'ora buono, prima che Jacqueline uscisse dall'ufficio della signorina Donovan. Un quarto d'ora che Edric aveva passato buttato su una delle sedie poco distanti dagli uffici amministrativi, più simile ad una marionetta abbandonata dal proprio creatore che ad un ragazzo in carne e ossa. Erano passati diversi impiegati e qualche studente: tutti gli avevano lanciato uno sguardo distratto e lui aveva seguito loro, con gli occhi. Solo con gli occhi, stavolta. Non sono qui per voi. Per chi sei qui allora? « Allora hai intenzione di abbandonarmi anche questa volta, oppure resterai? » L'ex corvonero gli si pianta davanti, costringendolo ad alzare il viso verso il suo. Non aveva bisogno di empatia per capire che l'euforia del primo incontro era sfumata. Forse la signorina Donovan l'aveva fatta indispettire, forse aveva avuto modo di riflettere meglio sul quadro generale della loro relazione. Era unidirezionale: Edric c'era per Jack solo se questa si fosse accidentalmente trovata sulla sua strada. Quando poi i loro sentieri si allontanavano, Edric spariva ancora una volta, senza lasciarsi dietro null'altro che briciole di un aborto di relazione interpersonale. E dopotutto, aveva schiacciato sotto la suola delle scarpe un'amicizia durata anni con i confratelli del Clavis, cosa mai avrebbe potuto provare per quella svitata? « Appari e scompari sempre dal nulla. Non si fa così, 2237.. » Quel numero. « ..non è educato da parte tua, sai? E nemmeno gentile. Potresti almeno chiamare qualche volta, mandare una cartolina.. » La fissò serio, ma senza stizza. O forse sì, un minimo di stizza c'era nei suoi occhi, per quanto la sua malattia mentale glielo permettesse. Ma quel numero. Odio quel numero. « Non so dove abiti. E, ripeto, non ho il tuo numero. » Non che scuse futili come questa gli avrebbero impedito di non badare minimamente a lei anche in caso contrario! Ma non era quella l'occasione né il luogo per far scornare due personalità come le loro. Jacqueline, dopotutto, era la prima e ultima persona che avrebbe incontrato, realmente felice di vederlo al College; tutti gli altri, ed era pronto a questo, lo avrebbero semplicemente lapidato. Ma quanto orgoglio avrebbe provato, quanto piacere avrebbe sentito nel sopportare il dolore delle loro pietre! Sarebbe stato dolce il sangue sgorgato dalle ferite! Avrebbe chinato il capo, lasciando che lo percuotessero ancora e ancora e ancora, finché non ne fossero stati sazi e lui con loro. Della loro violenza si sarebbe cibato, perché ancora una volta avrebbe portato il caos nelle loro vite perfette, proprio quando si erano così tanto impegnati per riportare la pace. Prese il telefono cellulare di Jacqueline e iniziò a digitare, a memoria, il proprio numero. Ecco qua. Ora potrò ignorarti anche virtualmente. Divertente. Molto, molto divertente. « Qui è pieno di serpi in seno. Non c'è quasi nessuno di cui fidarsi. Hanno dimenticato.. » Continuò a guardare in avanti, anche quando le porse di nuovo il telefono. Lasciò che fosse lei ad avvicinarsi a lui, a sfiorargli appena l'orecchio con le labbra morbide. « Però si sono anche adagiati sugli allori. Dimmi Edric, anche tu ti sei adagiato sugli allori? » Era vero. Non si impegnano abbastanza. Aveva seguito le loro ultime peripezie così tanto da vicino, da riuscire ad arrivare zitto e quieto nell'occhio del ciclone, durante un Sabato sera in cui tutti i suoi vecchi amici si erano ritrovati con le briglie ai polsi e nessuna via di fuga. Erano tutti dei topolini in gabbia, sebbene si atteggiassero a grandi maghi e streghe, futuro della Comunità Magica. Eppure, venivano puntualmente travolti da onde anomale. Perché non sanno niente. Sono così profondamente ignoranti. Non sanno niente di niente. « Perché credi che sia qui? Per rifarmi una vita? » Voltò di scatto la testa verso Jack. Le sue parole erano sibili appena percettibili. « Non ci si può fidare di chi non sa. E loro non sanno, nessuno sa, che questa non è la vita. Questo è il Purgatorio, è un limbo, è l'anticamera della vita. » Avvicinò il viso al suo e sgranò gli occhi in un'espressione terrificante. « Credi di esistere, Jackie cara? Credi di essere immagine e somiglianza del Buon Dio? No, Jackie cara, tu non esisti. Non esisti ancora. » Si allontanò appena e le accarezzò una guancia. Con il pollice, sfiorò l'angolo della sua bocca e i lineamenti dolci del suo viso. « Hanno dimenticato perché sono fuorviati dall'illusione cosmica di vivere una vita che giungerà al termine. Ma io so che tu sai che c'è molto, molto di più che possiamo fare che non girare su noi stessi, alla spasmodica ricerca di una ragione d'essere. Possiamo prepararci a vivere, al massimo delle nostre possibilità. Dobbiamo solo impegnarci. Un pizzico di più. » Capisci perché non puoi fidarti di nessuno, se non di me? Perché entrambi abbiamo ricevuto un dono. Io conosco la Verità, e ora anche tu. Scattò in piedi, percorrendo di qualche passo il corridoio della struttura. « Vorrei che tu mi facessi fare quel giro del campus. Come atto finale da senior uscente. » ma non la attese, e si incamminò giù per le scale.
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member
    ★★

    Group
    Member
    Posts
    53
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Quando pensa al CIM, Jacqueline ha per lo più ricordi sfocati. Lo ricorda come un dolce navigar in acque estranee. Una tortura piacevole, risoluta, sopportabile, eppure estraniante. E' qui che ha realizzato di essere semplicemente sin troppo fortunata per il suo stesso bene - qualcosa che andava al di là della fortuna stessa, qualcosa di talmente potente da poter venire solo da altrove. Come se non avesse mai smesso in realtà di godere di alcuni benefici ben mirati. Era stata dimessa a febbraio, dopo che Inverness l'aveva consegnata tra le fauci degli infermieri come fosse niente più che un pacchetto confezionato male. Nelle celle della Città Santa non aveva sofferto né la fame, né la solitudine. Aveva piuttosto tormentato con discorsi insensati e provocazioni unilaterali chiunque fosse incaricato di farle da guardia. Probabilmente era stato un sollievo più per loro che per lei, lasciarla andare, consegnarla a qualcun altro che potesse udire i suoi discorsi enigmatici e privi di senso. In quella cella, a Inverness, Jacqueline aveva dato il peggio di sé, si era spinta ben oltre i limiti della sua stessa follia per tentare di spaventarli a tal punto da portarli a realizzare che forse, lasciarla andare via, in mezzo a quel grigio, sarebbe stato quasi meglio che tenerla lì al sicuro in attesa di un eventuale processo. Un processo però, Inverness non gliel'aveva fatto. Non avevano avuto né tempo, e probabilmente nemmeno voglia. Mi hanno sottovalutata. Evidentemente non ero sufficientemente importante per le schiere santissime. Avevano passato il testimone allo Stato, forse anche come atto di fede della reciproca collaborazione tra le due nazioni nascenti. E lo Stato, incompetente e ancor più pigro della Città Santa, l'aveva rintanata al CIM come vittima sovraesposta all'influenza della loggia nera. Ciò che molti al CIM non avevano capito comunque, era che né gli psicofarmaci, né un trattamento raguardevole poteva distogliere quei pazienti dalle influenze di quella realtà. Non si torna davvero indietro, non una volta visti gli abissi di quei confini labili con l'altrove. Nessuno di sufficientemente immerso in quella guerra avrebbe mai più guardato a tutto il resto nella stessa maniera. Ricordava in merito una discussione tra alcuni giovani ragazzi dell'Astra, durante la primavera dell'anno precedente. Il castello aveva risputato i giovani sopravvissuti da non più di un paio di mesi. Qualcuno era tornato a casa, qualcun altro aveva semplicemente deciso di restare in seno alla nuova società che si era formata a Hogsmeade. Qualcuno, invece, pensava di poter tenere i piedi in due scarpe; perché qualcuno i piedi in due scarpe li ha sempre tenuti, e non può fare a meno di continuare imperterrito lungo il suo stupido percorso di distruzione. E' lei che stanno prendendo in giro. « Il vero nemico è altrove! » Ridono. Non sa di preciso di chi parlino, Jack, ma sa che chiunque sia, deve aver capito molto più di quegli stolti. « Stiamo perdendo tempo. » Una seconda risata fragorosa. E Jack capisce che di certo, per quanto abbia capito a sufficienza, la lealtà di questa persona è vacillante, tanto nelle sue scelte politiche, quanto in scelte altre. In quel momento la giovane Lestrange si è chiesta perché. Perché una volta viste quelle potenzialità, qualcuno dovrebbe voler voltare le spalle a tutto ciò? Forse per pausa di ciò che non si conosce. Jack, dal canto suo, di ciò che non conosceva non aveva mai avuto paura, anzi ne è rimasta sempre incuriosita, stranamente affascinata. « Bisogna - aspetta aspetta, come aveva detto? - unire le forze per combattere loro. » I ragazzi ridono in quel locale al centro di Londra. Jacqueline, tuttavia, non ride. Li trova degli idioti patentati. Ma ancor più idiota è colei che tanto aveva fatto parlare di sé a forza di sbraitare e implorare chiunque affinché cessassero il fuoco. Il vero nemico sei tu e quelli come te. I vigliacchi e i traditori della causa. Perché alla fine, persino Jack ha capito di chi parlassero. Lei e quelli come lei erano il male assoluto. « Ma come diavolo sta messa! Dio mio quella ha il cervello bruciato! Secondo me i ribelli le hanno fatto il lavaggio del cervello. » No, i ribelli non le avevano fatto il lavaggio del cervello, ma forse sarebbe stato meglio. Tutto ciò per dire che, in fondo anche durante una guerra civile, chi ha visto oltre, indietro non ci è più tornato. Non sarebbe stato né il CIM, né la Restaurazione, né il College, né nient'altro a distogliere chi sa, chi ha visto, chi ha sperimentato, da quel mondo ben più vasto. Le affiliazioni di altri come Jack, la ragazza non le ha mai capite; tra loro, gli affascinati dell'altro, non c'era una vera lealtà. Ognuno faceva per sé. Forse per questo abbiamo perso. Abbiamo perso perché non ci siamo protetti sufficientemente.
    « Perché credi che sia qui? Per rifarmi una vita? » Quel quesito sembra risvegliare la curiosità di Jacqueline, ma anche il suo appetito per tornare a capire ciò che è quasi impossibile riuscire a comprendere. Non era solo a Loggia a risultare inaccessibile per gli umani, ma anche chiunque ne entrasse in contatto. Lei è certa dalla sua, seppur non lo ammetterà mai, di non aver mai capito fino in fondo nessuno di coloro che avevano agiato a suo vantaggio o a suo discapito. Non è qualcosa di esterno a noi, un parassita. Siamo noi. E' dentro di noi. E' ovunque attorno a noi e ci guarda. Anche adesso. Deve essere così. Non posso immaginare una vita in cui ci hanno davvero abbandonato. Ma questo è solo un meccanismo mentale di Jack per convincersi che qualcosa ancora persiste. Non riesce ad accettare l'idea che tutto sia finito, che la sua vita d'ora in avanti non sarà altro che un complesso di casualità e coincidenze, di persone più inutili degli suppellettili e i merletti a cui zia Francine sembrava tenerci tanto. Jack ha bisogno di credere che da qualche parte ci sono e torneranno. Torneranno da lei e da Edric, seppur in questo momento sia troppo arrabbiata con loro per averla lasciata da sola. « Non ci si può fidare di chi non sa. E loro non sanno, nessuno sa, che questa non è la vita. Questo è il Purgatorio, è un limbo, è l'anticamera della vita. Credi di esistere, Jackie cara? Credi di essere immagine e somiglianza del Buon Dio? No, Jackie cara, tu non esisti. Non esisti ancora. » In tutta risposta a quelle parole, Jacqueline Lestrange sgrana gli occhi ricercando una conferma nello sguardo di Edric Sanders. Quelle parole hanno un significato ben specifico per lei. Tu parli di qualcosa che non esiste più. Noi non esistiamo più. Qualcosa che la portò ad abbassare lo sguardo colta da una certa amarezza e nostalgia. Jack non ricordava di esser stata davvero bene in quel periodo; ma ora sta peggio. Come un tossico privato della sua dose, Jack si sentiva sciupata, priva di energie, superflua, più delle stesse persone che apparivano superflue attorno a lei. Era vuota la vita da un anno a quella parte, era silenziosa, meno variopinta. Era un dolce perdersi, navigare in acque che non sembravano più del tutto conosciute. « Hanno dimenticato perché sono fuorviati dall'illusione cosmica di vivere una vita che giungerà al termine. Ma io so che tu sai che c'è molto, molto di più che possiamo fare che non girare su noi stessi, alla spasmodica ricerca di una ragione d'essere. Possiamo prepararci a vivere, al massimo delle nostre possibilità. Dobbiamo solo impegnarci. Un pizzico di più. » Jack scuote la testa scossa da un'amarezza che non pensava di poter provare nei confronti di quel periodo. Tutto quel parlare e parlare ancora di tutto ciò la porta quasi a voler rinnegare l'ipotesi che un ritorno possa ancora esistere. Non voglio speranze. Non voglio crederci. Non so se voglio lasciarmi tentare.
    tumblr_inline_psjknawy9w1rjxgbh_1280
    « Siamo stati lasciati, Edric. Non importa cosa sapevamo. Ora non sappiamo più niente. Però la gente sembra aver persino dimenticato che.. siamo stati lasciati. » Ed è questo il problema. Jack si sente abbandonata da chiunque. Dai suoi amici là giù, da chiunque potesse averne avuto un dialogo o da chiunque per loro avesse avuto una simpatia in passato. Al CIM erano in tanti, alcuni più o meno coinvolti; è certa poi Jack che non ci siano finiti nemmeno tutti, eppure, nonostante ciò tutti sembrano essersi dimenticati di tutto. Del potere e le sicurezze che sembrava trasmettere quel periodo. « Vorrei che tu mi facessi fare quel giro del campus. Come atto finale da senior uscente. » Prima che la Lestrange possa capire la diretta consecutio tra il loro discorso precedente e la richiesta del ragazzo, quest'ultimo si è già alzato in piedi, pronto a proseguire per la propria strada. Alla fine scatta come una molla in piedi seguendolo. Si direbbe che sai la strada già sufficientemente bene.« Sai Edric, la mamma è morta perchè si è affidata alle persone sbagliate. » L'antifona è chiara: non puoi propinare a me frasi a metà. A me! Quanta maleducazione. « Non ho intenzione di compiere i suoi stessi sbagli. » Continua con un tono innocente ma al contempo altezzoso e in un certo qual modo dispettoso. Non le ha ancora detto dove fosse finito. Una richiesta e una spiegazione ben specifica che nonostante risultasse implicita, Jack gli aveva fatto e a cui pretendeva di avere una risposta più o meno eloquente. Che fine aveva fatto il ragazzo che aveva conosciuto al San Mungo? Dove era andato? Che cosa aveva fatto per tutto quel tempo? Che tipo di vita aveva vissuto? Cosa c'era nella sua testa oltre a poco eloquenti farneticazioni che sembravano solo mandare in confusione Jack. Era chiaro avessero obiettivi comuni, era ovvio che qualunque cosa stesse in un certo modo tormentando Jack, stava tormentando anche lui, ma Edric sembrava non esserne minimamente scosso. Jack dal canto suo lo era. Era estremamente infastidita da quel tono di incertezza che aveva preso la sua vita. « In cosa vorresti impegnarti di preciso? Noi non abbiamo più niente. » E dicendo ciò stringe i denti mentre spinge rabbiosa le porte degli uffici generali del campus che danno sull'esterno. Gli studentati di ciascuna casata si ergono davanti ai loro occhi in tutto il loro splendore. Ciascuno reca i colori e lo stile che i fondatori di Hogwarts hanno pensato per le loro rispettive casate. Jack ha vissuto in quello finemente arredato dei Corvonero per qualche mese senza mai riuscire davvero a integrarsi. Un posto colmo di sapientoni terrificanti con la puzza sotto il naso e un grande desiderio di sbattere in faccia al mondo intero la propria ansia da prestazione in ogni campo - specie al letto; un branco di disadattati con seri problemi di conformità alla vita. Peggiori persino di quelli di Jack. Se i Corvonero erano terribili a scuola, provate a vivere con loro al College. Un disastro. « L'unica cosa che dobbiamo fare è fargliela pagare. Anche se, si stanno rovinando già parecchio da soli. Ma io voglio di più. Si ergono sui loro piedistalli da finti eroi quando in realtà dovrebbero trovarsi lì sotto. Nessuno di loro è un eroe e il fatto che lo pensino mi secca da morire. Non si rendono nemmeno conto di cosa hanno fatto. Loro hanno tradito anche loro stessi. Sono inutili. Tutti noi siamo inutili. Ci tocca vivere di bricioline. » E a quel punto Jack afferra il braccio di Edric obbligando a voltarsi verso di lei. Il suo sguardo è serio questa volta, lucido. Brucia di un ardore e un'eccitazione unica. Il desiderio di rivalsa si propaga nelle sue vene fino a bruciarle le interiora. « Dobbiamo trovare gli altri e dobbiamo fargliela pagare. Non come abbiamo fatto lì sotto qualche mese fa. No no! Quello non era niente. L'hai sentita quella belva? Hai sentito come minacciava lo Shame? Io voglio tappare la bocca a lei e quelli come lei. » Compie una leggera pausa mentre la stretta sulla sua manica si intensifica. « Per sempre. Non sono ancora diventati docili. Anzi! Io. Li voglio. Docili. »

     
    .
3 replies since 5/9/2019, 11:27   78 views
  Share  
.