Catfish.

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    Ma cosa…
    Oh, merda. Sono Randy!


    Aula di Letteratura Inglese, ore 16:45.
    Daphne Baker spense la sigaretta sul legno umido del davanzale e lanciò il mozzicone fuori dalla finestra dell’aula. Chiuse il vetro e strofinò le mani l’unica con l’altra. Fece un paio di passi e sobbalzò quando Hubert, il gatto che Eleonor Smith che gironzolava sempre in giro, le sfiorò la gamba con il fianco, facendola trasalire e schizzare all’indietro come una molla. Era già la seconda volta nell’arco di quella giornata che tale felino dagli occhi spropositatamente grandi tentava di farle prendere un infarto fulminante. Eleonor era una ragazza del secondo anno che aveva conosciuto il primo giorno al campus. L’aveva trovata in giro per i corridoi mentre gridava il nome della bestia felina ed agitava una scatola di croccantini, sperando che Hubert accorresse come Ulisse al canto delle sirene. Glielo aveva regalato sua nonna, dal Connecticut. A quanto pareva Nonna Margaret aveva una grande passione per i gatti. Eleonor le aveva detto che in casa dell’anziana signora non c’era nulla che non avesse un gatto raffigurato sopra. Piatti, bicchieri, cuscini, statuette di ogni forma e colore. A quanto pareva, la nonnina sentiva il bisogno di spargere felini in giro per il mondo, come se questi servissero a spargere gioia nell’aria. «Prima o poi ti lanciò giù da quella finestra.» Gli puntò il dito contro, ma lui continuava a guardarla con quell’espressione sorniona stampata in faccia. Aveva delle guance enormi e il pelo grigio perfettamente pettinato. Alla piccola di casa Baker non erano mai piaciuti particolarm
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    ente i gatti. Li trovava particolarmente fastidiosi ed ogni volta mettevano a dura prova i suoi nervi e il suo cuore. Doveva già vedersela con uno di questi e la sfida era veramente dura. Duchessa era la gatta persiana di sua madre. La donna aveva una specie di venerazione per quella gatta e sia Daphne che Oliver erano sicuri che tra i suoi figli e quella micia, mamma Tanya non si sarebbe fatta scrupoli scegliendo la gatta. “Voi ve la cavereste per strada!” Le pareva quasi di sentirla. “Ma lei è solo una gattina indifesa! Non sopravviverebbe un giorno tra tutti i gattacci per strada!” Indifesa.. Daffy avrebbe detto “viziata”, più che altro. Ogni anno, quando la famiglia Baker si radunava intorno al tavolo per il cenone natalizio, come prima cosa doveva sorbirsi un’intera Odissea su quanto Duchessa fosse la gatta perfetta, su come passava le sue giornate, e ancora una volta dovevano sorbirsi il racconto di quando la micetta fosse stata eroica a cacciare quel topo che si era intrufolato in soffitta. Un paio di volte i fratelli Baker avevano persino pensato di darsi malati e raggiungere la famiglia solo qualche giorno dopo, giusto per evitare il marasma di parenti che amavano quella storia. Ogni volta qualcuno incitava la donna a raccontarla di nuovo, perché magari qualcuno non la sapeva o semplicemente l’aveva dimenticata. Dovettero però mettere in conto che mancare in quel giorno era il peggior affronto che qualcuno potesse fare alla signora Baker. Le rare volte che qualcuno aveva pronunciato le fastidiose parole “io avrei un altro impegno”, chissà come e chissà perché alla fine era comunque presente alla cena natalizia. Si narravano leggende sui poteri di mamma Tanya. Suo fratello sosteneva che fosse un cyborg venuto dallo spazio e che con i suoi poteri psichici riuscisse a convincere chiunque a fare quello che lei voleva. Secondo suo padre l’orologio che mamma portava sempre al polso serviva per ipnotizzare le persone ed obbligarle a seguire i suoi ordini. Per Daphne, invece, semplicemente sua madre era la reincarnazione di Adolf Hitler. Alla fine doveva esserci un motivo se papà la chiamava “la dittatrice”. La ex-Grifondoro si sedette su un banco, guardandosi intorno, lentamente. Non riusciva a credere di essere al College. E non era solo un modo di dire. Diciamocelo, Daffy non era mai stata una grande studiosa. Girava come una trottola da un tutor all’altro, elemosinando ripetizioni, ed improvvisando riti portafortuna nella speranza di superare i vari test. In alcune materie era veramente una somara patentata. Non credeva seriamente di riuscire a finire la scuola insieme ai suoi compagni. Se l’era vista male, soprattutto dopo il Lockdown. Era sola, in un paese sconosciuto e lontana chilometri dalla sua famiglia. Quando tutto finì mamma, papà ed Olly presero il primo aereo e si fiondarono tra le braccia della piccolina di casa. Daphne passò settimane senza chiudere occhio. Appena lo faceva lampi di luce colorata comparivano davanti ai suoi occhi. Ancora oggi le sembrava di sentire qualcuno gridare. I coniugi Baker avevano fatto di tutto per far tornare Daffy la ragazzina sorridente e spensierata che era sempre stata. Accadde all’improvviso, dopo giorni di silenzio. Daphne uscì dalla sua camera e sorrise. Era viva. Era uscita viva da quell’inferno e non poteva essere morta dentro. Trattenne un grido quando quel gatto panzone di Hubert le saltò sulle ginocchia, affondando le unghie fin sotto i jeans della ragazza. «GIURO che se non lo metti al guinzaglio, Hubert sarà un bellissimo scaldacollo quest’inverno.» Eleonor era entrata nella stanza, la solita scatola di croccantini che usava come richiamo ogni volta che quel gatto spariva dalla sua vista. Ridacchiò divertita accorrendo in aiuto della giovane ed afferrando il felino cercò di staccarlo dalla presa mortale sui jeans dell’ex grifondoro. Daffy si irrigidì mentre le unghie di Hubert scivolavano sopra i suoi pantaloni. «Non osare mettere le mani addosso al mio splendido micione! Io e lui ormai siamo grandi amici!» Ma se lui non ti calcola neanche! Sembra molto più impegnato a rompermi le scatole. Daphne lanciò un’occhiataccia al gatto che, se lo chiedete alla ragazza, la guardò male a sua volta. Quindi questo voleva dire guera.. «Cosa ci fai qua dentro?» Oh. Quella si che era una bella domanda. Ad essere sincera Daphne non aveva la più pallida idea del perché si trovasse lì. Dal momento in cui aveva messo piede nel campus non aveva fatto altro che andarsene in giro, tirando fuori la piccola Coccinella Esploratrice che era in lei, cercando di memorizzare la piantina di quel luogo. “Adulto” era uno dei tanti termini che le veniva in mente. Era diverso da Hogwarts, nonostante vi fosse conservata dentro la stessa quantità di sorprendete magia, ma lì la gente la usava con più consapevolezza. Non c’erano ragazzini che si rincorrevano nei corridoi e questo, infondo, le sarebbe mancato. Doveva crescere, Daphne Baker. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare quelle responsabilità che tanto temeva. «Ad essere sincera niente di che. Penso che andrò a prendere un caffè e poi tornerò a casa. Devo ancora finire di disfare un sacco di scatoloni.» Eleonor annuì, accarezzando Hubert che adesso si era messo persino a fare le fusa. Uscì, senza aggiungere altro, salutando la ragazza con un gesto della mano. Si strofinò le braccia ritrovandosi nella corte interna del campus dove si accese un’altra sigaretta. Il cortile era completamente sgombro, salvo per due ragazzine sedute su di una panchina intente a parlare tra di loro. Una di esse parlava velocemente, rigirandosi una ciocca di capelli biondi tra le dita, l’altra la fissava ed annuiva. Ogni tanto ne usciva con un ”oooh” oppure con un ”non mi dire”, ma l’altra sembrava non darle il tempo di aggiungere altro. Quel Francis Lowell del corso da Pozionista sembrava essere davvero un gran bastardo, da come lo stava descrivendo. Non è carino dare appuntamento ad una signorina e poi non presentarsi, lo sai, caro Francis? Daphne roteò gli occhi, scuotendo leggermente la testa. Non era mai stata brava a socializzare con le ragazze. A lei non interessava un fico secco dei pettegolezzi, del nuovo taglio di capelli della cantante delle Sorelle Stravagarie o di quale fosse il nuovo colore di tendenza per lo smalto del 2020. «Scusami, sei tu Daphne Baker?» Daffy alzò lo sguardo. Il ragazzino, oltre ad un leggero difetto di pronuncia, aveva degli occhiali a lenti molto spesse. Non doveva essere un tipo molto popolare. «Dipende. Per cosa la cerchi?» Il giovanotto si grattò la punta del naso mostrando finalmente ciò che stringeva nella mano destra. «Randy Blackwater mi ha chiesto di consegnarti questo.» Mhm? Randy? Randy il suo ex ragazzo? La ragazza arricciò un sopracciglio mentre afferrava l’ampolla di vetro che il ragazzino le stava porgendo. Era piena di un liquido verde, quasi melmoso. Perché diamine Randy aveva incaricato qualcuno per consegnarle un oggetto del genere? «Ehm... Grazie.» Il ragazzino accennò un sorriso, e sparì proprio come era apparso. Dall’ampolla dalla forma panciuta pendeva un bigliettino. ”Benvenuta al campus, novellina. Bevi tutto e buon divertimento. Randy. Eh? Che cavolo voleva dire? Si accorse che la ragazzina di poche parole e quella mollata da Francis Lowell la stavano guardando, perciò si spostò di qualche metro e, guardandosi intorno circospetta, decise di fare ciò che il biglietto diceva. Bevve tutto, in un fiato. Se era un regalo di Randy doveva essere sicuramente qualcosa di sospetto, ma alla fine era meglio seguire il consiglio dell'amico piuttosto che restare ancora un minuto con la chiacchierona scaricata. Bevve la sostanza velocemente, sperando di non sentire il sapore che dalla densità e il colore non prometteva niente di buono. Purtroppo quel provvedimento fu praticamente inutile. Sentì un brivido viscido percorrerle la gola, poi, attese. Per qualche manciata di secondi non accadde nulla. Oh, ma perché diamine l’aveva fatto? Era sospetto che Randy le facesse un regalo.. Ma erano i suoi primi giorni al campus! Non l’avrebbe mai umiliata pubblicamente.. Giusto? Giusto? No, a dirla tutta non era così sicura. Stava per convincersi che quell’ampolla contenesse qualcosa di totalmente innocuo quando il suo corpo iniziò a tremare. Non era per il freddo. Qualcosa sotto la sua pelle si muoveva. Il battito del suo cuore accelerò. Scappò di corsa, barcollando verso il bagno, mentre un conato di vomito sembrava voler salire su dallo stomaco. Si aggrappò al lavandino e chiuse gli occhi.. Cosa diamine stava succedendo? Non aveva più il controllo del proprio corpo. Sentiva i muscoli contrarsi, le vene pulsavano forte nelle sue tempie. Poi, improvvisamente, tutto finì, nella frazione di un secondo. Rimase ancora attaccata al lavandino, per una manciata di secondi. Aveva il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore. Aprì il rubinetto e si sciacquò la faccia. Poi alzò lo sguardo verso lo specchio. Fu di nuovo costretta a sorreggersi al lavandino e per poco non le venne l’ennesimo infarto della giornata. Riflesso nello specchio, a fissarla con gli occhi sbarrati, c’era Randy. Si toccò la faccia ed il ragazzo nello specchiò imitò alla perfezione i suoi gesti. Si guardò le mani. Lo smalto mangiucchiato non c’era più. Al posto delle dita ossute c’erano due grandi manone.. Le manone di.. Randy. Ma cosa… Oh, merda. Sono Randy! Quel brutto figlio di un goblin l’aveva Polisuccata in una copia di sé stesso. Questa gliel’avrebbe fatta pagare cara. Eccome. Strinse il mascellone il quale sfoggiava un leggero accenno di barba ed uscì dal bagno con passo militaresco. Il maglioncino bordeaux che aveva addosso le stava decisamente corto ed i pantaloni le stavano così stretti da sembrare una seconda pelle. Era ridicola. Lo avrebbe ucciso. Ne era certa. I corridoi erano deserti.. Per fortuna. COSA? Oh no, e ora cosa diamine poteva fare? OH PORCO MERLINO! UN MOMENTO! ECCOLO IL SUO SALVATORE! Un ragazzo, un giovanotto con il ciuffo alla Elvis voltò l’angolo ed avanzò nella sua direzione. Lo riconobbe. Peter!. Peter, il suo dolcissimo Peter! Era lì e lei non potè fare a meno di esserne entusiasta. Si diresse a grandi falcate verso di lui. Quando gli fu di fronte gli avvolse le braccia intorno al collo, piagnucolando. «Oh, Peter!» Persino la sua voce sembrava diversa. Forse era colpa di quelle stupide corde vocali da uomo. Maledetto pomo d’adamo del cavolo. «Non ci credo che sei qui! Hai visto Randy, eh?? Randy Blackwater! Ti prego, dimmelo! DIMMELO Randy Blackwater che chiedeva di Randy Blackwater. Davvero divertente.



    Edited by peppermint. - 12/9/2019, 21:51
     
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    Cercasi qualcuno che dica a Peter che al college si fa sul serio. I tempi di Hogwarts in cui puoi scopiazzare, in tutta tranquillità, dal compito del compagno accanto, sono finiti da un pezzo. Qua sei solo con te stesso, per cui se hai davvero intenzione di costruirti un futuro, non dico roseo, ma almeno lilla, c'è da informarsi come minimo sui manuali da acquistare. E fin qua ci siamo, uno l'aveva preso insieme ad Hugo Weasley, anche lui sotto con Tossicologia. Al mondo ci sono un sacco di cose pericolose di cui neanche ci rendiamo conto... Per non parlare di quelle che sappiamo benissimo essere deleterie, tipo il fumo di sigaretta, che Peter sta aspirando proprio adesso. Il pensiero della quantità di cancerogeni che stanno bruciando nei suoi polmoni dura meno di mezzo secondo e, per evitare di rifletterci ulteriormente, decide di accendere un'altra sigaretta. Perché alla fine è un semplice circolo vizioso: fumi per non pensare, il fumo fa male, il dolore ti spinge a fare qualcosa per non pensare, quindi fumi di nuovo. Poi se sono quasi le cinque del pomeriggio, la pausa è d'obbligo.
    Peter ha deciso di studiare in Biblioteca, quel giorno, perché ci sono meno distrazioni.
    Sì, certo, non ci sta credendo manco lui: in Biblioteca si rimorchia. Ecco, diciamo le cose come stanno. Arriva lì col suo bel malloppo immacolato, sceglie un posto abbastanza centrale e lo apre, iniziando a sottolinearne le prime frasi. In giallo, così sono più disturbanti. Di fatto, per rimanere qualcosa impresso, che ci sia un pelo di disturbo è l'ideale. Si tende sempre a ricordare meglio quello che ci dà fastidio. Le classiche cose che ci si lega al dito, insomma. Tipo quella volta in cui Zip gli ha fatto notare che la player di Fortnite - che aveva annunciato un imminente topless - probabilmente era un cinquantenne che voleva soltanto distrarli per vincere la partita. E sogni di gloria andati in fumo, come la cenere della sua sigaretta ormai a metà. Fuori dall'aula della Biblioteca, c'è un'aria più pulita. Dentro è tutto così cupo, così silenzioso, così serio. Le ragazze, almeno al momento, non hanno alcuna intenzione di chiacchierare. Forse perché all'inizio dell'anno scolastico sei propositivo, hai voglia di impegnarti, di farcela. Questo Peter non l'ha messo in conto. Leggermente deluso dalla piega degli eventi, il Paciock alla soglia dei venti si dirige sconsolato verso il cortile. Gliel'ha mostrato Olympia qualche giorno fa, per cui sa esattamente come arrivarci. E' stata davvero un'ottima guida turistica, per quanto i sorrisi le si dovessero strappare a forza con tenaglie in acciaio inossidabile. Probabilmente l'essere brontolona è direttamente proporzionale all'essere... «Sto sognando o sei davvero tu?», una voce stridula lo richiama sulla terra, tipo forza di gravità che ti schiaccia senza farsi troppi problemi. In quel caso, comunque, il problema è decisamente un altro, e si chiama Katie James. Il nome e cognome che Peter non avrebbe voluto sentire più per il resto dei suoi giorni, perché quella ragazza era davvero una spina nel fianco, una di quelle che si spezzano così non le puoi estrarre manco a pagare. E ovviamente ce l'ha ancora con lui per la relazione che hanno portato avanti due settimane e tre giorni, il tempo che Peter si rendesse conto di quanto la Serpeverde fosse stressante all'inverosimile. L'ho sempre detto che dei verde-argento non ci si deve fidare. «No, ovviamente sei davvero tu. Che cazzo, potevi portare la tua faccia di culo in qualche altra università.», ehi, piano con le parole.
    A Katie piacciono i paragoni con la parola "culo". Tanto che quando sono stati insieme, lei voleva che... No, lasciamo stare. Non ve lo posso raccontare. «Ancora con 'sta storia? Ma seria?», le dice lui, spegnendo il mozzicone in un posacenere. Davvero, i cinquantaquattro messaggi whatsapp che gli ha inviato in circa sette minuti non sono bastati? La sua razione giornaliera di insulti colorati ormai dovrebbe essere esaurita. «No, tranquillo. Me ne vado, con te non vale la pena parlare.», ma guarda che hai iniziato tu, vorrebbe rispondere, ma evita perché la bionda se ne sta andando. Grazie Morgana, finalmente hai sturato le orecchie ed iniziato ad ascoltare le preghiere di Peter.
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    E' proprio quando i muscoli si rilassano, le palpebre si socchiudono e il respiro si fa più profondo, che la vita ti dà la mazzata finale. Peter vuole tornarsene a casa, a mangiucchiare cereali e guardare la serie tv targata netflix in cui fa una comparsa - sì, ci stiamo lavorando, un giorno diventerà famoso sul serio. Credeteci.
    Ecco, proprio in quel momento, un ragazzo biondo come il sole gli piomba davanti e gli salta letteralmente addosso, avvolgendogli il collo stile fidanzatina che incontra di nuovo l'amore della sua vita tornato dall'addestramento militare. «Ma che cazz...», dice solo questo, scrollandoselo di dosso quanto meno per riconoscerlo. Randy Blackwater - mai avuta tutta la confidenza che improvvisamente sembra essersi creata tra loro. Al massimo si saranno salutati due volte, con la mano. Nulla di più. «Ma... In che senso?», chiede Peter, con gli occhi di fuori. Terzo giorno di college e c'è già un caso di abuso di LSD e altre droghe psichedeliche. Randy che cerca Randy. E' il momento di chiamare Zip e vedere se ha qualche intruglio tipo bibitone che ammazza il neurone schizzato. O magari porta Randy dritto al San Mungo, che di certo il Dottor Sanders non vede l'ora di mettere le mani su carne fresca cui succhiare il sangue. Perché è un vampiro, lo sanno tutti, no?
    Però continua ad esserci qualcosa di strano: perché mai Blackwater dovrebbe rivolgersi a lui? Cioè, impensabile. Neanche avrebbe dovuto riconoscerlo, al massimo solo di nome, data la ex ragazza in comune.
    Un attimo, la ragazza. Daphne Baker. «Cazzo, Daphne. Devi averla fatta grossa, stavolta.», esclama Peter, a metà tra il divertimento e l'essere sconcertato. «Hai usato ancora il tormentone siamo troppo giovani, per caso?», dà una pacca al ragazzo/a, poi lo prende a braccetto. «Ti sei iscritta al college?», le chiede, anche se è difficile mantenere un contegno quando devi usare il femminile per rivolgerti al sesso maschile. «Benvenuta, ti divertirai da matti! Dai che ti presento qualche amico... Ah, no. Dimenticavo. Qualche amica allora.», e se la ride un altro po'. La vita è più bella se l'affronti col sorriso - cit. qualcuno di molto intelligente. «Ragazze!!! Questo è Ran...», ha il tempo di dire, prima che gli arrivi una gomitata nello stomaco. Ehi, simpaticona, guarda che fino a prova contraria quello che ha Eccezionale in Pozioni sono io, ma guarda tu se non la deve lasciare in quella situazione! «Si scherza, dai! Comunque è il tuo giorno fortunato. Ho comprato qualche bezoar ieri. Andiamo a completare la lista della spesa, così ti preparo una bella merendina che ti farà tornare donna... Però se non stai attenta ti lascio i peli sotto le ascelle.»

     
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    «Cazzo, Daphne. Devi averla fatta grossa, stavolta.» La ragazza si scostò di scatto, balzando all’indietro e spalancando gli enormi occhioni che, a causa della Polisucco, invece di essere di un brillante color nocciola adesso erano di un azzurro quasi glaciale. Ma come..? Come aveva fatto a capire che era lei? Bhè, sicuramente c’erano dei fattori a smascherarla: Randy non gli avrebbe rivolto un saluto così entusiasta, ne gli avrebbe avvolto le braccia al collo piagnucolando come una damigella in difficolta. Oh, non ne aveva la più pallida idea ma era così felice che lui l’avesse riconosciuta! Peter aveva un’espressione strana stampata in volto: sembrava fosse sul punto di esplodere in una sonora risata, ma allo stesso tempo pareva anche inorridito dal pensiero che la sua ex fosse imprigionata nel corpo di un ragazzo. «Hai usato ancora il tormentone siamo troppo giovani, per caso?» Aveva usato quel suo solito tono, il tono spiritoso e gioviale di sempre, eppure per Daphne fu come un colpo allo stomaco. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la verità era che non aveva la minima idea di cosa dire. Ancora una volta si sentì solo terribilmente in colpa per quello che era successo anni fa. Stava bene con Peter. La faceva sentire sicura, la faceva ridere, era incredibilmente carino e perspicace. Ma Daphne Baker al tempo si sentiva troppo piccola per rimanere allacciata a qualcuno, anche se quel qualcuno si chiamava Peter e anche se per quel qualcuno aveva una bella cotta. Erano così piccoli, così alle prime armi e Daffy era solo una ragazzina confusionaria e con l’hobby di finire sempre in punizione. Peter le piaceva, davvero, non era questo il punto. Forse, probabilmente, era lei quella che non andava, anche se questa potrebbe somigliare alla scusa più vecchia del secolo. Ma era la verità. La Grifondoro si sentiva sbagliata dentro una cosa tanto perfetta. Perciò aveva fatto ciò che ogni bravo codardo fa: tagliare la fune. E “siamo troppo giovani” era la cosa migliore che le era venuta in mente. Banale ed anche un po’ egoista. Peter le diede una leggera gomitata nello stomaco e lei si piegò su se stessa, ammortizzando il colpo ed irrigidendo la pancia. Neanche il tempo di rimettersi in posizione eretta che il ragazzo l’aveva presa sottobraccio. «Ti sei iscritta al college?» Annuisce. Mentre cammina si guarda i piedi. Ha le gambe incredibilmente lunghe, si sente un gigante e i piedi.. Che cavolo di numero porta Randy? .. Gli sembravano quelli dei giocatori di basket. Chissà, magari avrebbe potuto farne una professione. Doveva essere un sacco figo dire in giro di essere l’ex ragazza del nuovo Michael Jordan in circolazione! Fece un profondo sospiro, socchiudendo appena gli occhi, come a voler riprendere le redini del discorso. «Già. Seguo il corso di giochi e sport magici.. Conta che questo è praticamente il mio secondo giorno qui e.. » .. e guarda come sono messa!.. «.. non mi sembra che partiamo benissimo.» Una leggera alzata di spalle, nessun tocco di malinconia della voce. La frase che aveva detto non era certo per autocommiserarsi o piangersi addosso. Daffy Baker non si demoralizza mai! Neppure quando il frigo è vuoto e lei ha una fame da lupi. Aveva in mente tante cose da fare in quei giorni: stringere amicizie, partecipare alle feste, magari trovare una coinquilina con cui dividere un buon affitto ed andarsene da casa dei suoi genitori. Di sicuro non aveva messo in conto di Polisuccarsi! Che poi quanto fa schifo ‘sta cavolo di pozione? E se lo dice Daphne, che mangerebbe qualsiasi cosa, credeteci. Per fortuna Peter era sempre stato impareggiabile nelle pozioni! Sperava solo che il gusto dell’antidoto fosse meno disgustoso.. «Benvenuta, ti divertirai da matti! Dai che ti presento qualche amico... Ah, no. Dimenticavo. Qualche amica allora.» Daphne si voltò verso di lui, lentamente, le labbra distese in una linea sottile e gli occhi ridotti a due fessure. Non si scherza su certe cose! «Ah-ah. Sei davvero uno spasso, Paciock.» usò un tono piatto giusto per sottolineare che no, non era assolutamente divertente ciò che aveva detto! «Non mi sbilancio troppo perché non voglio che la gente mi guardi, ma se non mi trattenessi a quest’ ora mi starei rotolando a terra per le risate. » Tutto in un solo fiato, le sopracciglia aggrottate in un’espressione che, più che minacciosa, la facevano apparire solo esageratamente buffa. «Ragazze!!! Questo è Ran...» Il suo corpo in pratica si mosse da solo. Il gomito agì prima del cervello ed andò a piazzarsi tra le costole di Peter.
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    Peter. Peter che fino ad un attimo fa stava sventolando una mano in direzione di alcune ragazze che parlottavano tra loro, cercando di attirare l’attenzione. Le tre pollastre si erano voltate e ora stavano osservando i due con un’aria stranita. Daffy le guardò fisse per qualche secondo per poi scoppiare in una risatina isterica. «AHAHAHA. Scusate ragazze, al mio amico piace scherzare!» si passò nervosamente una mano sulla nuca sorprendendosi di quanto fossero corti i capelli di Randy rispetto ai suoi. «E’ un mattacchione! Aaah, mattacchione Peter!» Lo afferrò sottobraccio, facendo dietro-front e camminando a passo di papera lontano dagli occhi incuriositi delle tipe. «Si scherza, dai! Comunque è il tuo giorno fortunato. Ho comprato qualche bezoar ieri. Andiamo a completare la lista della spesa, così ti preparo una bella merendina che ti farà tornare donna... Però se non stai attenta ti lascio i peli sotto le ascelle.» Si voltò di scatto verso il giovanotto al suo fianco, gli occhi pieni di commozione, il cuore che dalla felicità si scatenato in un trenino con il fegato e lo stomaco tra le note di “Maracaibo”. «Oh, Pete, sei il migliore! Non so davvero cosa avrei fatto se non ti avessi incontrato!» Quell’ ingenuotta di Daphne si era dimenticata che l’effetto della Polisucco sarebbe sparito da solo. Bastava che si nascondesse in un angolino ad attendere. Magari intanto avrebbe potuto leggere un bel libro. Ok, ora non esageriamo. Magari nel frattempo avrebbe potuto perdersi nell’immaginare a quante puffole pigmee ci sarebbero volute per riempire tutta la stanza. Già. Quella era solo una delle cose in cui l’ex Grifondoro si perdeva invece di ascoltare le lezioni. Se solo avesse ascoltato di più avrebbe saputo che l’effetto della Polisucco non sarebbe durato molto. «Allora cosa ti serve? Di che hai bisogno? Sono a tua completa disposizione, SIGNORSI Si mise sull’attenti, come un bravo cadetto, portandosi la mano destra sulla fronte, imitando un soldato che aveva visto in qualche film. «Nell’aula di pozioni! Ci sarà sicuramente ciò che cerchiamo!» Non appena finì la frase afferrò Paciock per un braccio, trascinandoselo dietro con una forza che neppure sapeva di possedere. Vedi che essere un maschio ha i suoi vantaggi? «Sarebbe una bella vendetta andare a seminare appuntamenti in giro. Immagina: Randy che apre la porta e si ritrova davanti una schiera di signorine a cui è stato dato appuntamento tutte allo stesso giorno e stessa ora.» E lei sarebbe stata lì, ma in disparte. Mangiando popcorn e gustandosi la faccia che avrebbe fatto il biondino. «Ma no, gli voglio troppo bene per fargli una cosa del genere.» Sorrise, voltandosi verso Peter Ciuffo al vento Paciock. Avrebbe voluto tanto dire che voleva bene anche a lui e che le dispiaceva per averlo fatto star male, ma rimase in silenzio. Codarda. «Eccola là.» Indicò l’aula di Pozioni, dove quelli molto più dotati di lei facevano lezione. Le sembrava incredibile aver trovato quella stanza. Lei, lei che possedeva il senso dell’orientamento di un gatto morto. Spalancò la porta scoprendo che l’aula era completamente buia. Sfilò la bacchetta dalla tasca, rendendosi conto solo in quel momento di quanto i jeans le stessero stretti. Il maglione lo faceva sembrare come un bambino che era cresciuto all’improvviso e al quale erano stati dimenticati addosso gli stessi vestiti. «Lumus.» Una sfera di luce si materializzò sulla punta della bacchetta, illuminando il buio intorno a loro. «Oooh, ecco qua!» C’era una dispensa, colma di boccette con su scritto il nome di ciò che contenevano. «Secondo me possiamo prendere qualcosa senza che ci dicano niente, giusto? E’ un’emergenza, capiranno!»
     
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    Peter ascolta con attenzione il biondino al suo fianco, che parla con una voce da maschio ma che, in realtà, esprime i pensieri e le emozioni di Daphne. La piccola Baker ha deciso di mettersi sotto con lo studio, ed anche se questa nuova versione di lei non rispecchia l'idea della ragazzina con cui Peter è stato tempo addietro, non può che condividere la sua scelta. Non è mai stata la secchiona di turno, né tanto meno un asso nelle varie materie di Hogwarts, ma di certo il nostro scherzoso Paciock non è la persona più adatta per fare la ramanzina, se si parla di puntualità nello studio. Non per altro, si è preso circa due anni sabbatici prima di mandare la lettera d'iscrizione al college, ed ha iniziato soltanto adesso a frequentarlo. Nondimeno, benché Erbologia e Pozioni siano da sempre state il suo punto forte, c'è comunque da mettersi la testa a posto ed iniziare ad imparare mille nozioni di tomi infiniti e complessi, quando ci si immerge nel mondo universitario. L'impegno di Daphne, dunque, è da lodare in partenza, perché affrontare un percorso del genere non è mica una faccenda che si risolve dall'oggi al domani. Basti pensare che Peter ci abbia riflettuto due anni, appunto. Nel corso dei quali ha girato il mondo alla ricerca di un obiettivo nella vita - per rendere la cosa un po' più filosofica, ma la realtà è che sia fuggito con la coda tra le gambe al pensiero di perdere la sorella, se proprio dobbiamo dirla tutta. «E non hai ancora visto niente, Daffy. Vedilo un po' come l'antipasto offerto dal piano di studi in prospettiva della sessione invernale. Perché, altro che Polisucco, là c'è proprio da mettersi a piangere fino alla laurea.», afferma Peter, indorando la pillola in una maniera un po' alternativa. Vale a dire demolendo ogni tipo di aspettativa che miss Baker possa essersi fatta, in una visione molto depressa e poco cristallina di un futuro tutt'altro che roseo. Ma siccome non è proprio da Peter, ecco che subito si riprende: «Ma quando hai voglia di divertirti puoi sempre chiamarmi. Lo sai che non c'è niente di meglio sulla piazza.», e l'umiltà lasciamola alla plebe, insomma. Perché Peter vuol dire isola che non c'è, mondo fatato dove tutto è un sorriso a trecentosessanta gradi stile pubblicità della Mentadent, e dove la risata è all'ordine del secondo. Ma è anche modesto, ve lo posso giurare. Tipo, eccovi subito un'altra dimostrazione: «E perché mai dovresti trattenerti? Sei Blackwater, sfrutta il tuo vantaggio, amico. Per carità, lo so che Randy non possa competere con questa -», e si indica, «- mercanzia, però capito, secondo me Lucy, quella tipa là in fondo, un giretto se lo farebbe.», dice, puntando alla biondina del suo stesso corso. «Hai mai pensato che una crociera nella sponda dell'altro sesso potrebbe interessarti? No? Avresti tutte le carte in regola per fare un tentativo, ora come ora.», perché, appunto, nelle vesti del sesso maschile - soprattutto parlando di Blackwater, che è un gran bel vedere - non ci metterebbe molto a rimorchiare qualcuna. E Daffy potrebbe rendersi conto di divertirsi anche così, per cui Peter aggiunge: «Se per caso poi cambi idea, sai chi chiamare. Sarebbe interessante.», e mentre il nostro Paciock già inizia ad intavolare un bell'appuntamento tra Blackwater e delle altre collegiali, in vista di una cosa a tre che promette faville, Daphne gli tira una gomitata che cazzo se c'ha i muscoli. Altro che piccola e indifesa. Vuoi perché agevolata dalla stazza di Randy, vuoi perché visibilmente arrabbiata con lui, gli dà un ben servito difficile a scordarsi. «E tutta questa rabbia repressa, tesoro? No, spiegamela.», scopi troppo poco?, ma questo non lo aggiunge, perché sarebbe poco galante. «Ah, comunque c'è dell'altro oltre al mattacchione, sappiatelo. Per ulteriori informazioni, rivolgersi al numero verde zero nove sei...», ma Daffy se lo tira dietro prima che possa convincerle ad uscire insieme - magari tutte insieme, perché no? -, portandolo nella direzione esattamente opposta, possibilmente verso l'aula di Pozioni, pronti a giocare all'allegro cuoco e a risolvere quel fastidioso problema causato dalla Polisucco. O forse era allegro chirurgo? Comunque, poco importa, i due se ne vanno senza nessun appuntamento fissato in agenda, il che è già una bella bastonata settembrina. Altro che college, feste, divertimento e baldoria...
    «Brava, vedo che ora iniziamo a ragionare. Ripetimelo un'altra volta che non ho sentito bene.», ride, quando Daffy afferma - probabilmente ironica, ma chissene - che sia il migliore. E quando finalmente la Baker si rende conto del potere che ha in mano, vestendo i panni di Blackwater, Peter le batte le mani ed esclama: «Proprio quello che intendevo, cazzo!», approvando incondizionatamente il piano di vendetta di lei. Che subito naufraga quando la Baker sostiene di volergli troppo bene. Ma che cazzo vuoi bene a un ex, Daphne? Hai sbattuto la testa troppo forte? Hai il cuoricino ancora pieno delle immagini della Serpe bionda? Non esiste amicizia tra gli ex. Ad esempio: loro due, Peter e Daffy, sono amici?
    Ehm... Ops. Forse sì? Un Peter Paciock estremamente confuso inizia a confabulare qualcosa del tipo: «Che opportunità sprecata.», mentre continua a riflettere sulla natura del rapporto esistente tra lui e la Baker. Non si odiano, quello è certo. Non si amano, l'hanno entrambi superata. E allora cosa sono? Amici? Insomma, non è semplice definirsi tali dopo aver esplorato zone proibite invisibili ai più, ma ci si può provare. D'altro canto, Peter non vorrebbe vederla nei guai, non prova rancore nei suoi confronti. Ha apprezzato la sincerità delle sue parole, per quanto ai tempi risultassero come una delle solite frasi fatte che si dicono quando non si sa con quali altre parole riempire la bocca. Ma adesso che sono grandi e vaccinati, sa che non la odia, poco ma sicuro. «Come vuoi tu. Comunque sì, possiamo prendere quello che ci serve, è a disposizione degli studenti - poi bisogna fare la scorta a proprie spese, ovvio.», dice, iniziando a tirare fuori dalla dispensa dell'aula di Pozioni il necessario. Se ai tempi di Hogwarts la Polisucco appariva come estremamente complessa, 'per un collegiale è una passeggiata', non fa che ripetere il prof attuale di Peter. Per cui il nostro piccolo eroe si tira su le maniche della camicia - ormai veste così perché è passato al lato fighettino della forza, pur non rinunciando ai suoi maglioni vintage che narrano le avventure di Luke Skywalker e del papi Darth Vader -, ed inizia a preparare un intruglio a base di Bezoar che va sempre bene per risolvere qualunque tipo di problema pozionistico. Così, anziché fare la pipì in piedi per un'intera giornata, Daphne potrà tornare a sedere sulle tavolozze sin da subito, cercando di direzionare il getto senza sporcarle e restando in sospensione finché l'ultima goccia non abbia raggiunto il fondale del water. Cioè, in pratica Peter le sta per togliere l'unica cosa che i maschi hanno di buono. «Sì, puoi renderti utile. Inizia a mescolare per trenta minuti, due giri in senso orario e tre in senso antiorario, e mi raccomando: sempre alla stessa velocità e con la stessa forza.», afferma, inventandosi tutto di sana pianta. Basterebbe mescolare anche una o due volte al minuto, ma il vantaggio che ha è una Baker servizievole che si presta a far da spalla, dunque facciamola lavorare - più del dovuto - per rendere l'intruglio privo di qualsivoglia grumo. «E nel frattempo puoi pure raccontarmi un po' la tua vita. Sai com'è, farsi i cazzi degli altri è divertente.», dice Peter, mentre prende posto su una sedia e poggia i piedi sull'altra, tirando fuori il cellulare e rispondendo a qualche messaggio lasciato in sospeso.




     
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