Da quando il Ministero della Magia aveva inviato le sue famosissime lettere ai tirocinanti, Hermione aveva il cuore in gola. Albus e Sirius Potter ad Azkaban? Non vedeva assolutamente il motivo di quella scelta. La gavetta si poteva fare in altri contesti, senza provocare inutilmente l'innalzamento della pressione in genitori preoccupati come lei. A quarantacinque anni, poi. Era un po' presto per iniziare le cure. Eppure le avevano detto:
rassegnati. Se persino i Carrow sono finiti ad Azkaban, per i Potter non c'è speranza. Certo... Proprio lei, proprio
loro - il golden trio - erano noti per ingoiare bocconi amari in silenzio. La questione non era chiusa, affatto. Quel giorno avrebbero iniziato il percorso formativo in tutti i poli: San Mungo, Ministero della Magia, Hogwarts, Hogsmeade... E Azkaban. Già si immaginava i nipotini ad attendere il traghetto, magari persino eccitati all'idea di avere a che fare con criminali pericolosissimi. Le sue raccomandazioni non si erano fatte attendere, comunque. Aveva scritto loro un messaggio chilometrico - ormai il cellulare sapeva usarlo bene, dopo le prime incertezze sulla concezione di
cos'è un social e
perché la gente dovrebbe spiattellare lì i propri affari - pregandoli di contattarla qualora avessero avuto problemi d'ogni genere. Essere un Magiavvocato poteva tornare utile.
Tranne nei casi in cui doveva rendere conto e ragione a Draco Malfoy, direttore del Dipartimento di Applicazione della Legge sulla Magia. Il sopracciglio sinistro di Hermione svettava verso il confine tra esosfera e spazio extraterrestre ogni qualvolta le veniva richiesto da magici uccellini di incontrarlo. Il loro rapporto lavorativo rasentava lo zero, e andava bene ad entrambi. Nelle rare situazioni in cui la Granger si vedeva costretta a varcare la soglia dell'
ufficio del capo, cercava di usare il minor numero possibile di parole. Rapido ed indolore. Non che ci fossero problemi in particolare, né tanto meno Hermione era tipo da legare al dito episodi del passato. O meglio, qualche nodo lo faceva... Ma non troppo stretto.
Solo che Draco continuava ad incarnare l'idea che, se vieni da una famiglia importante, ti sarà necessariamente riservato un posto nel mondo. Non doveva scavare nel fango per cercare l'oro, ci sarebbe sempre stato chi l'avrebbe fatto per lui. Erano altri a sporcarsi le mani. I classici Magiavvocati, ecco. Quelli come lei, dal sangue sporco che ribolliva nelle vene.
E' storia vecchia, si costringeva a pensare ogni volta che la cicatrice sull'avambraccio prudeva.
Hermione attraversò l'atrio spedita, superando la fontana dove un cumulo di tirocinanti spezzava il silenzio tetro del Ministero della Magia. Eurus Flamel e la sua distinta figura li capeggiavano. Impossibile non notare la chioma fulva di Olympia, cui riservò un sorriso a distanza, per poi prendere la via dei documenti che oggi la attendevano sulla scrivania. Approssimativamente, avrebbe messo un centinaio di firme nel corso della giornata. Di attività che richiedessero particolare coraggio, neanche l'ombra.
Meglio così, non era dell'umore giusto. Era stato preventivamente spezzato con la grazia di una coltellata al petto. Da
lui...
Quando scattarono le dodici, tirò un sospiro di sollievo. Avrebbe visto Ron, e ne aveva bisogno come nessun'altra cosa, davvero. Doveva tirare fuori tutto.
«Eccomi.», gli risponde, sedendosi davanti a lui. Oggi era stranamente puntuale, cosa che di una Granger indaffarata col lavoro non avresti detto mai. Di solito, perdeva almeno altri dieci minuti a sistemare tutto, portandosi
avanti prima ancora di iniziare la pausa pranzo. Invece, oggi, se possibile, era arrivata alla mensa contemporaneamente al marito.
«Non l'ho visto, sai?», comunica, volendo intendere:
ho fatto finta di non vederlo.
«Lyra, invece, sì.», dice distrattamente. L'aveva conosciuta tramite sua figlia, Rose. Erano amiche. Inutile storcere il naso, la bocca o quant'altro: se l'avesse fatto, avrebbe agito esattamente come le persone che denigrava, cioè coloro che giudicano dal cognome o dai soldi in tasca. Per cui, finché durava... L'avrebbe lasciata durare.
Osserva Ron che trangugia letteralmente una quantità indefinita di patatine fritte. Di norma lo rimprovererebbe con lo sguardo. Oggi, invece, quella scena alleggerisce un po' il peso della bomba, gliene è quasi grata. Gli sorride, immaginando che lui possa pensare:
bene, finalmente niente più scenette quando mi sporco col cibo. Eh no, caro, è solo per oggi.
«Hugo lasciamolo dov'è, per favore... Non voglio prenotare un'altra visita cardiologica. E poi al Quartier Generale avete troppe cose da fare... I ragazzi si devono allenare», risponde, sottolineando in maniera esagerata il concetto di allenamento. Come se il
suo Hugo dovesse allenarsi per sempre, senza mai mettere in pratica. Senza mai giocare la partita - che poi è l'obiettivo dell'allenamento stesso. Insomma, mamma chioccia che più di così non si può.
«Guarda, Ron... Sono d'accordo con te.», afferma, certa che le avrebbe regalato uno dei suoi migliori sorrisi. Non lo faceva per ingraziarselo...
... O forse solo il
giusto. La bomba stava per arrivare.
«Azkaban non doveva proprio essere messa in mezzo. A costo di prenderli tutti con me, i ragazzi. Almeno per il corso di Magisprudenza. Per gli altri si poteva trovare una sistemazione migliore, anche affidando due tirocinanti ad un reparto... Spiegami cosa sarebbe cambiato. Due al posto di uno. Perfettamente gestibili.», si sta innervosendo, quindi agguanta un pezzo di verdura grigliata con la forchetta, e la mastica finché non si calma. E' arrivato il momento. Lo deve fare, adesso o mai più.
Prima un altro boccone.
Adesso... Continua a salare le verdure, troppo insipide.
Basta.
Fallo.
«Ron. E' tornato... Rudy. Me l'ha scritto Olympia.»