You don't tug on superman's cape

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    "Dai dai, questa volta ce ne stiamo un po' più in disparte e non ci facciamo vedere. Proprio zitti zitti." era stato il suo incitamento ad Harry, con tanto di gomito, in quella mattina di inizio Settembre. Un incitamento che, tuttavia, suonava anche un po' come un mettere le mani avanti per dire che questa volta si sarebbe comportato bene. Non come l'anno scorso, in cui aveva fatto la figura del genitore al primo giorno di scuola elementare del figlio. Il suo cuore si era riempito di orgoglio quando Hugo gli aveva comunicato la sua scelta di corso al college, e ancora di più quando aveva appreso che avrebbe svolto il tirocinio al QGA - e dunque gomito a gomito con lui e zio Harry. Ecco, forse era stato un po' troppo orgoglioso; inutili, infatti, erano state la raccomandazioni di sua moglie e di suo figlio riguardo al rimanere professionale. No, fanculo alla professionalità: Ron, non appena Hugo aveva messo piede al QGA, lo aveva presentato a mezzo mondo, vantandosi di quanto fosse intelligente e bravo - il primo della classe, bravo a papà. Solo più tardi gli era stato fatto notare quanto quel comportamento fosse stato imbarazzante, non di molto dissimile a quello di nonna Molly di cui lui per primo, da giovane, si era sempre lamentato. Una critica che, suo malgrado, Ron aveva dovuto accettare a testa bassa. Ma quell'anno sarebbe stato diverso, prima di tutto perché Hugo era stato mandato ad Hogsmeade e poi perché Ron giurava di aver imparato dai propri errori. Della loro famiglia, quasi nessuno era finito al Ministero. Nessuno, tranne Olympia, sua diretta nipote. "Vediamo solo l'accoglienza, dai. Ci mettiamo in un angolino senza rompere i coglioni a nessuno." Ma probabilmente Ginny doveva aver minacciato Harry di dormire sul divano se fosse venuta a sapere che aveva assecondato la vena invadente di suo fratello, e alla fine fu intimato gentilmente a lasciar perdere la questione e pensare semplicemente ad andare al lavoro. Probabilmente una buona scelta, dato che conoscendo Ron, si sarebbe fatto di certo scappare qualche esuberanza di troppo - e questa volta c'era pure la Ministra, quindi non è che gli convenisse troppo.
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    A malincuore si era presentato in Ufficio senza assistere al primo giorno ministeriale della sua nipotina, ritrovandosi per diverse ore a compilare scartoffie e sospirare con aria affranta mentre Harry, dalla scrivania accanto, faceva finta di non sentirlo per non dargli il modo di iniziare una filippica su quanto ingiusta fosse quella condizione. Il tutto andò avanti fino all'ora di pranzo, che condivideva quotidianamente con la moglie alla mensa del Ministero. Di solito anche Harry si univa a loro, ma quel giorno aveva detto di avere alcune commissioni urgenti da sbrigare, seppure Ron si fosse fatto il film in testa che l'amico volesse evitare le sue lamentele. Una volta arrivato in mensa, dunque, il penultimo degli Weasley era decisamente giù di corda, tanto da riempirsi il vassoio due volte più del normale. Con il muso lungo si mise a sedere al solito tavolo, salutando la moglie con un bacio svelto sulla guancia. "Ehi.." disse, con tono un po' melenso, riempiendosi subito dopo la bocca con una manciata di patatine fritte. Intento a trangugiare il suo bottino, cominciò a guardarsi intorno alla ricerca della presenza della nipote. Non è qui. Storse appena il naso, rincuorato tuttavia di non aver visto la faccia di Draco Malfoy. E a proposito di lui.. "Quanto ha gongolato Draco da uno a dieci sul fatto che sua figlia è stata presa per il tirocinio nel vostro ufficio?" chiese, a bocca ancora mezza piena, voltandosi a guardare la moglie. Non ci credo che non le ha fatto nemmeno una battutina, quel pirla ossigenato. Una volta mandato giù il boccone, Ron sospirò, cominciando a infilzare con veemenza altre patate tra i denti della sua forchetta. "Ancora non ci posso credere a questa storia dei tirocini. A Hugo non sarà nemmeno andata male in confronto ad altri, ma comunque si meritava di stare al QGA. Te lo dico io, secondo me lì al Centro d'Addestramento non gli fanno fare niente.." scosse il capo, mettendosi in bocca altre patatine e bofonchiando un "Che Fpreco!" Tutto al contrario hanno fatto. Olympia doveva essere nel polo di Hogwarts come voleva, e Hugo ed Albus dovevano stare qui. "Cioè.." cominciò, facendole poi segno con la mano di aspettare mentre deglutiva il boccone "..io ci posso pure stare al concetto del tenere i figli fuori dagli uffici dei genitori. Ha senso. E' normale che possa dare adito a preferenze. Però si deve applicare a tutti. Mica che i nostri vengono mandati chissà dove a fare chissà cosa e invece Lyra Malfoy fa il tirocinio col papino." Dire che Ron avesse il dente avvelenato su quella questione era un eufemismo. Per giorni, da quando erano usciti i tirocini, non si era dato pace, millantando di fare chissà cosa per poi essere riportato alla ragione con degli eloquenti 'ma che cazzo pensi di fare?'. Scosse il capo un'altra volta, con ancor più veemenza, puntando verso Hermione la forchetta su cui aveva infilzato un broccolo. "Te lo dico io. Dopo la ribellione ci hanno dato il contentino solo per tenerci buoni. E' tutto un magna magna..proprio come prima."

     
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    Da quando il Ministero della Magia aveva inviato le sue famosissime lettere ai tirocinanti, Hermione aveva il cuore in gola. Albus e Sirius Potter ad Azkaban? Non vedeva assolutamente il motivo di quella scelta. La gavetta si poteva fare in altri contesti, senza provocare inutilmente l'innalzamento della pressione in genitori preoccupati come lei. A quarantacinque anni, poi. Era un po' presto per iniziare le cure. Eppure le avevano detto: rassegnati. Se persino i Carrow sono finiti ad Azkaban, per i Potter non c'è speranza. Certo... Proprio lei, proprio loro - il golden trio - erano noti per ingoiare bocconi amari in silenzio. La questione non era chiusa, affatto. Quel giorno avrebbero iniziato il percorso formativo in tutti i poli: San Mungo, Ministero della Magia, Hogwarts, Hogsmeade... E Azkaban. Già si immaginava i nipotini ad attendere il traghetto, magari persino eccitati all'idea di avere a che fare con criminali pericolosissimi. Le sue raccomandazioni non si erano fatte attendere, comunque. Aveva scritto loro un messaggio chilometrico - ormai il cellulare sapeva usarlo bene, dopo le prime incertezze sulla concezione di cos'è un social e perché la gente dovrebbe spiattellare lì i propri affari - pregandoli di contattarla qualora avessero avuto problemi d'ogni genere. Essere un Magiavvocato poteva tornare utile.
    Tranne nei casi in cui doveva rendere conto e ragione a Draco Malfoy, direttore del Dipartimento di Applicazione della Legge sulla Magia. Il sopracciglio sinistro di Hermione svettava verso il confine tra esosfera e spazio extraterrestre ogni qualvolta le veniva richiesto da magici uccellini di incontrarlo. Il loro rapporto lavorativo rasentava lo zero, e andava bene ad entrambi. Nelle rare situazioni in cui la Granger si vedeva costretta a varcare la soglia dell'ufficio del capo, cercava di usare il minor numero possibile di parole. Rapido ed indolore. Non che ci fossero problemi in particolare, né tanto meno Hermione era tipo da legare al dito episodi del passato. O meglio, qualche nodo lo faceva... Ma non troppo stretto.
    Solo che Draco continuava ad incarnare l'idea che, se vieni da una famiglia importante, ti sarà necessariamente riservato un posto nel mondo. Non doveva scavare nel fango per cercare l'oro, ci sarebbe sempre stato chi l'avrebbe fatto per lui. Erano altri a sporcarsi le mani. I classici Magiavvocati, ecco. Quelli come lei, dal sangue sporco che ribolliva nelle vene. E' storia vecchia, si costringeva a pensare ogni volta che la cicatrice sull'avambraccio prudeva.
    Hermione attraversò l'atrio spedita, superando la fontana dove un cumulo di tirocinanti spezzava il silenzio tetro del Ministero della Magia. Eurus Flamel e la sua distinta figura li capeggiavano. Impossibile non notare la chioma fulva di Olympia, cui riservò un sorriso a distanza, per poi prendere la via dei documenti che oggi la attendevano sulla scrivania. Approssimativamente, avrebbe messo un centinaio di firme nel corso della giornata. Di attività che richiedessero particolare coraggio, neanche l'ombra. Meglio così, non era dell'umore giusto. Era stato preventivamente spezzato con la grazia di una coltellata al petto. Da lui...
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    Quando scattarono le dodici, tirò un sospiro di sollievo. Avrebbe visto Ron, e ne aveva bisogno come nessun'altra cosa, davvero. Doveva tirare fuori tutto. «Eccomi.», gli risponde, sedendosi davanti a lui. Oggi era stranamente puntuale, cosa che di una Granger indaffarata col lavoro non avresti detto mai. Di solito, perdeva almeno altri dieci minuti a sistemare tutto, portandosi avanti prima ancora di iniziare la pausa pranzo. Invece, oggi, se possibile, era arrivata alla mensa contemporaneamente al marito. «Non l'ho visto, sai?», comunica, volendo intendere: ho fatto finta di non vederlo. «Lyra, invece, sì.», dice distrattamente. L'aveva conosciuta tramite sua figlia, Rose. Erano amiche. Inutile storcere il naso, la bocca o quant'altro: se l'avesse fatto, avrebbe agito esattamente come le persone che denigrava, cioè coloro che giudicano dal cognome o dai soldi in tasca. Per cui, finché durava... L'avrebbe lasciata durare.
    Osserva Ron che trangugia letteralmente una quantità indefinita di patatine fritte. Di norma lo rimprovererebbe con lo sguardo. Oggi, invece, quella scena alleggerisce un po' il peso della bomba, gliene è quasi grata. Gli sorride, immaginando che lui possa pensare: bene, finalmente niente più scenette quando mi sporco col cibo. Eh no, caro, è solo per oggi. «Hugo lasciamolo dov'è, per favore... Non voglio prenotare un'altra visita cardiologica. E poi al Quartier Generale avete troppe cose da fare... I ragazzi si devono allenare», risponde, sottolineando in maniera esagerata il concetto di allenamento. Come se il suo Hugo dovesse allenarsi per sempre, senza mai mettere in pratica. Senza mai giocare la partita - che poi è l'obiettivo dell'allenamento stesso. Insomma, mamma chioccia che più di così non si può. «Guarda, Ron... Sono d'accordo con te.», afferma, certa che le avrebbe regalato uno dei suoi migliori sorrisi. Non lo faceva per ingraziarselo...
    ... O forse solo il giusto. La bomba stava per arrivare.
    «Azkaban non doveva proprio essere messa in mezzo. A costo di prenderli tutti con me, i ragazzi. Almeno per il corso di Magisprudenza. Per gli altri si poteva trovare una sistemazione migliore, anche affidando due tirocinanti ad un reparto... Spiegami cosa sarebbe cambiato. Due al posto di uno. Perfettamente gestibili.», si sta innervosendo, quindi agguanta un pezzo di verdura grigliata con la forchetta, e la mastica finché non si calma. E' arrivato il momento. Lo deve fare, adesso o mai più.
    Prima un altro boccone.
    Adesso... Continua a salare le verdure, troppo insipide.
    Basta. Fallo. «Ron. E' tornato... Rudy. Me l'ha scritto Olympia.»

     
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