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    « Mi servirebbe anche un sacchetto di ortica » dice, continuando a scorrere velocemente la lista che ha tra le dita. « E anche un po' di bacche di vischio. Fai conto..due manciate. » Fa rifornimento di ingredienti per fare pozioni, per avere sempre una scorta ben fornita in casa. Non che ne abbia davvero bisogno, al momento, visti i tirocini che si avvicinano e le materie decisamente poco pratiche che avrà nel primo semestre, a detta dei nuovi orari, ma Olympia ama essere preparata. Ama avere tutto sotto controllo, tutto pronto all'uso, anche quando non serve. E soprattutto ha bisogno di non pensare ai recenti e inaspettati casini di cui si è colorata la sua vita. In quel momento ha solo bisogno di fare cose, starsene il meno possibile in casa, parlare a vanvera e, se ce n'è l'occasione, bere per dimenticare che è la soluzione ad ogni male. « Signorina Potter, ha bisogno d'altro? Ho delle pupille d'anguilla fresche fresche, pescate questa notte e pronte all'uso. » Arriccia il naso, la rossa, leggermente inorridita da quelle parole. Non è per lei una novità, quella che nelle pozioni si utilizzino parti di animali, ma solitamente fa di tutto per evitare di preparare simili intrugli. L'anno precedente si è rifiutata di elaborare una pozione a base di Occhi di Coleottero Nero e il professor Turner l'ha elegantemente invitata a non partecipare alle sue lezioni. E' un paradosso, per lei, quello di entrare in conflitto tra quello che vorrebbe diventasse il suo lavoro e quello che la sua morale le dice. Suo padre, spesso e volentieri, le ha consigliato di piegare i suoi desideri in virtù del suo futuro. "Cambierai certe politiche quando sarai arrivata alla meta, non partendo semplicemente da zero" e per lei, una rivoluzionaria nata, pronta a battersi sempre e comunque per quelli che crede essere degli ideali giusti, quello è un discorso che non sta in piedi. E proprio per questo, è sempre più convinta di volersi specializzare in Pozionistica alternativa, così da poter usare ingredienti non animali che diano comunque lo stesso risultato finale. « No, grazie mille. » Si ritrova a dire, stringendo le labbra in un sorriso tirato, rivolgendo lo sguardo all'anziana signora dell'Emporio. « Ma per caso ha delle radici fresche di Asfodelo? » Continua, riacquistando un po' di lucentezza in volto, prima che gli occhi ricadano sull'orologio di nonno Arthur che porta al polso. E' quasi ora. Un paio di giorni prima ha scritto a Mals, per vedersi. E' innegabile ormai il piccolo muro che si è andato creando tra di loro. Pur essendo decisamente brilla, alla festa di James, prima del dramma generale, non ha potuto non notare le occhiate della mora, occhiate che, l'indomani, l'hanno fatta stare talmente male da doverle scrivere. Le sembra di essere tornata con lei a quei momenti di puro gelo in cui hanno vissuto i primi istanti di quarantena, qualche anno prima. Costrette a star insieme, pur non standosi particolarmente simpatiche. Costrette a condividere una pena senza pari, che le faceva sanguinare dal naso, dalle orecchie e dagli occhi e che le faceva tossire, di giorno e di notte. « Se non ti serve altro, sono quindici galeoni. » Alza lo sguardo, la ragazza, richiamata alla realtà dalla voce gentile dell'anziana. Come un automa, prende i soldi dalla tasca, glieli porge, si stringe al petto il sacchetto di cartone e la saluta, prima di incamminarsi per le stradine di Diagon Alley. Si ritrova al Paiolo in men che non si dica e lei non è ancora arrivata, così prende posto in un tavolinetto, poco distante dal caminetto ancora spento, essendo soltanto ai primi di Settembre, e appoggia tutte le sue cose a terra, vicino alla seggiola designata, prima di andare verso il bancone ad ordinare. « Un caffè, una tazza di tè e dei pasticcini al cioccolato. » Paga in anticipo e torna a sedersi, proprio quando vede, con la coda dell'occhio, la figura della mora entrare nel suo campo visivo. Per un attimo la tristezza l'assale nel domandarsi in che modo sarebbe più consono salutarla, come non sapesse più come comportarsi in sua presenza, ma alla fine decide di fregarsene, scoccandole un bacio sulla guancia come il suo istinto le dice di fare. « Ho già ordinato. C'è anche roba al cioccolato. » Alza le sopracciglia ripetutamente, con un sorriso birichino a piegarle le labbra per qualche istante, prima di tornare alla loro naturale posizione. « E prima di passare all'argomento serio..- perché lo sappiamo entrambe che è dietro
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    l'angolo
    - questo è per te. » Tira fuori una bottiglietta di vetro color lilla dalla borsetta. Uno shampoo alla lavanda, niente di appariscente, di costoso o modaiolo. Un regalo utile, molto nel suo stile. « Promette lucentezza esagerata. E dona riflessi violacei ai capelli. Sono temporanei, ma credo si sposerebbe benissimo con il tuo colore. » Sorride per qualche istante, prima di capire che sia effettivamente arrivato il momento di mettere le carte in tavola. « Mals, che succede? » Le domanda, con una punta di tristezza ad impastarle il tono di voce. E' una domanda che si è fatta molte volte, ultimamente, e l'unica risposta che sia davvero a darsi è che il problema potrebbe essere June. Ma non vuole chiederglielo in maniera diretta, per non mortificare lei o magari andare incontro ad un momento imbarazzante del tipo "Eh? Che cazzo c'entra June?" Così la guarda negli occhi qualche istante, prima di prendere a tamburellare le dita contro il tavolo, a disagio. « Se ti ho fatto sentire..esclusa, mi dispiace. Non era mia intenzione, mi conosci, lo sai come sono fatta. » Fa una pausa, deglutendo. « E' stato un anno particolare per me. E anche per te lo è stato. Sei entrata nei Falcons, avevi e hai nuove esperienze da fare e io mi sono sentita sbagliata, nei tuoi confronti. » Si stringe nelle spalle, riconoscendo di non essere stata l'amica che si meritava di avere accanto. « Ma non volevo starti accanto e continuare a parlare di Rudy, delle mie paturnie. Capisco che dopo un po' sono diventata anche snervante, con il mio essermi trasformata in un'ameba che aveva voglia soltanto di starsene a casa, a mangiare gelato davanti all'ennesimo documentario sfornato da Netflix. » Arrossisce e allora ride, come a voler nascondere l'imbarazzo che prova nel ricordare quanto pallosa debba essere stata. « So benissimo che tu non mi hai chiesto niente, ma io preferivo così. Avevo bisogno del mio spazio, come te del tuo momento di pace e gloria. » Un angolo delle labbra si alza improvvisamente verso l'alto. « E quindi..niente, mi dispiace non essere stata proprio in grado di mettere la nostra amicizia davanti a tutto il resto. Mi dispiace essere stata un po' un'amica di merda, davvero. » La guarda negli occhi, prima che i suoi si accendano di entusiasmo. « Però, ai tempi, volevo farti una sorpresa. E un giorno sono andata da zia Angelina a Holyhead. » Spera di aver catturato la sua attenzione, aspettando a sganciare la bomba. « Lei mi ha dato un paio di lezioni e ora..so cose di Quidditch. Ci capisco sempre molto poco, ho ancora il terrore di salire su una scopa, ma credo di essere in grado di seguire la tua prima partita da titolare. » Se mi vorrai al tuo fianco.
     
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    « Che. Due. Palle. » Al solito, l'eloquenza di Malia Stone non tarda a manifestarsi, accompagnata da una delle sue classiche espressioni scocciate. « Avreste potuto dirmelo, che le Conferenze Stampa non sono altro che uno straparlare infinito di budget, finanziamenti, sponsor e numeri. Che ci stavamo a fare noi, lì? Le belle statuine? » Prima riunione effettiva della nuova squadra sotto gli occhi di telecamere e giornalisti: hanno trascorso due ore - due ore intere - seduti l'uno accanto all'altro (in postazioni strategicamente studiate), tutti vestiti coordinati, ad ascoltare i manager e l'allenatore della squadra parlare per lo più di cose inutili e poco interessanti alle orecchie della giovane. « Ma che stai a dire, Stone. Guarda che questa volta è stata quasi avvincente. » « Già. Tutti questi drammi familiari in squadra sono pane per i denti della stampa. A parte che avranno parlato di denaro non più di dieci o quindici minuti. Sei tu che sei entrata in trance. » Arriccia il naso, puntando gli occhi prima su Jackson e infine su James, che se la ridono di gusto sotto il suo sguardo. « Davvero? Così poco? Mi prendete in giro, dai. Non so, a me è sembrata una vita intera... » Si stringe nelle spalle. In effetti nemmeno le domande personali rivolte a lei sono state particolarmente piacevoli. Partendo dalle poco velate insinuazioni che quel posto da cacciatrice l'avesse guadagnato con altre abilità, per poi arrivare alle insistenti domande sulla vita privata che hanno imbarazzato sia lei che il povero Sam. Fortunatamente tutti i presenti sono stati in grado di condividere la sete di gossip dei reporter, perché, a quanto pare, ce n'era per tutti: tra Rudy, James, June, Sam e tutti gli altri, Malia ha avuto modo di sentirsi meno sola nel disagio causato da quelle incessanti e del tutto impertinenti curiosità. « In ogni caso, è stato tremendo. La parte peggiore. Poi appena aprivo bocca davanti al microfono vedevo almeno venti persone fulminarmi con lo sguardo dal fondo della stanza... È troppo stressante. » Per una come lei, che non è proprio in grado di misurare le parole, e che spesso blatera prima di pensare? Sì, è proprio un bel problema. « E ancora non hai visto niente... » « Già, farai bene ad abituarti, perché non sei la bimba speciale e nessuno di quei giornalisti ti tratterà bene dopo la prima partita che perderemo. Perché presto o tardi succede anche quello, e allora sì che si vede il peggio in sala stampa. » Jackson, a quelle parole, sembra quasi rabbrividire ad un ricordo lontano, ma Malia è certa che la sua reazione sia amplificata soltanto per spaventarla. Un po' come quando i bulletti della scuola vogliono spaventare il nuovo arrivato. « Lo so che mi prendete in giro. Mi dispiace per voi ma il culo da quella scopa non lo muovo comunque. » Rivolge una gomitata scherzosa al ragazzo, prima di allontanarsi verso gli spogliatoi femminili. « Vieni a prendere una birra? » Scuote la testa, e si volta per un attimo in direzione dei due, senza tuttavia smettere di camminare. « Non posso, sono suuuper in ritardo! Ma ci vediamo domani! » Si congeda con un cenno della mano e sparisce negli spogliatoi, dove si cambia nel giro di qualche attimo. Mette via la tuta istituzionale scelta dall'ufficio stampa per la conferenza e indossa un vestitino comodo ma leggero, ideale per combattere il caldo che ancora imperversa in quelle zone del Sud della Gran Bretagna.
    Una volta fuori dallo stadio, si smaterializza e nel giro di qualche attimo appare per le strade affollate di Diagon Alley, proprio accanto ad una folla di ragazzini radunati intorno ad una vetrina, dove è appena stata esposta la nuova Firebolt 9000. I Falcons giocano con dei prototipi dall'anno scorso, offerti in gentile concessione dalla famiglia Douglas, principalmente per effettuare test sul campo. « Mamma mia, guarda che bella! Volarci sopra deve essere tutta un'altra storia. » Malia sorride, intenerita dalle parole del ragazzino che parla col naso appiccicato al vetro. Lei ci ha volato per la prima volta qualche giorno prima, agli allenamenti, e non può che confermare mentalmente come sì, è proprio un'altra storia. Una parte di lei vorrebbe davvero fermarsi a chiacchierare con quegli scriccioli che tanto le ricordano di sé a quell'età, ma una rapida occhiata all'orologio le ricorda del suo ritardo e della solita puntualità svizzera che invece caratterizza Olympia, dunque scatta in direzione del Paiolo Magico, qualche strada più in là.
    « Scusa il ritardo immenso. Abbiamo fatto una conferenza stampa che è stata una palla allucinante, non puoi capire. » Si presenta così al tavolo in cui ha subito individuato la rossa non appena è entrata, e la saluta con un rapido abbraccio. Non si vedono da un po', loro due. O meglio, si sono viste alla festa di James, qualche tempo prima, ma non hanno esattamente parlato più di tanto. È molto tempo che non sono quelle di una volta, e a Malia sinceramente un po' dispiace, ma ha semplicemente imparato a conviverci, nel corso degli ultimi mesi. « Ho già ordinato. C'è anche roba al cioccolato. » Sorride, ricambiando l'espressione birichina della mora, e batte le mani con visibile entusiasmo. « Fantastico! Sto morendo di fame. » Si guarda per un attimo intorno, ed è inspiegabilmente felice di notare come la sala del Paiolo sia quasi del tutto deserta. Un po' di pace. I click delle macchine fotografiche ed il vociare instancabile dei reporter l'hanno davvero affaticata, e se ne rende conto soltanto adesso. Una parte di sé inizia a capire le reazioni, dal suo punto di vista esagerate, di un Sam intrattabile dopo giornate di questo tipo a lavoro. In fin dei conti, non puoi davvero capirlo se non lo vivi in prima persona. Sta per chiedere a Olympia come stia, e di raccontarle qualcosa di interessante sulla sua vita degli ultimi mesi, ma viene interrotta dalla ragazza e dall'apparizione di un sacchetto, un regalo per lei dal suo ultimo viaggio. Lo scarta in fretta, avida, e si rigira tra le mani quella piccola bottiglietta color lilla che la rossa descrive come uno shampoo capace di donare ai suoi capelli riflessi violacei. « Oddio, che figata! Grazie » esclama, entusiasta e sorridente. « Anch'io ti ho preso una cosina. Aspetta, ce l'ho proprio qui... » Fruga qualche altro momento nella borsa a tracolla, per poi estrarre un sacchettino di cuoio scuro, contenente una collanina d'argento, sottile e delicata, con un ciondolo a forma di fiore. « L'ho presa al Gran Canyon. Quello del ciondolo è un fiore particolare, una specie protetta che cresce solo in quel posto al mondo. Si chiama... Oddio, non me lo ricordo più. Ma c'è scritto sul cartoncino che c'è dentro alla confezione, ecco, proprio lì! » spiega, indicando il piccolo sacchetto di cuoio. Quando l'ha visto, ha subito pensato a lei. In realtà, durante tutto il viaggio, si è sforzata di trovare qualcosa di perfetto per tutti quanti: un modo per spendere finalmente nel modo migliore dei soldi che non aveva mai avuto prima, quando doveva accontentarsi di fare regali parsimoniosi e poco soddisfacenti ai propri amici, che invece, non avendo mai di questi problemi, non badavano a spese per i suoi. Sicuramente il modo migliore per dilapidare il primo stipendio dei Falcon, se non altro.
    « Mals, che succede? » Corruga la fronte, presa evidentemente alla sprovvista da quelle parole. Che succede? Assolutamente niente, le verrebbe da rispondere, piuttosto dimmi tu che sta succedendo. È impossibile ignorare il repentino cambio nel tono di voce della ragazza, e negli occhi un velo di tristezza e malinconia che Malia non è in grado di spiegarsi. « Se ti ho fatto sentire..esclusa, mi dispiace. Non era mia intenzione, mi conosci, lo sai come sono fatta. » « Esclusa? » ripete lei, quanto meno incerta, inclinando leggermente la testa di lato. Non capisce. O forse, semplicemente, fa finta, perché una parte di lei aveva già sotterrato nel suo inconscio qualunque tipo di remora nei confronti di Olympia, e aveva fatto pace con l'idea di non dover mai affrontare la questione a tu per tu. Un atteggiamento poco da lei, sempre abituata a sputare qualunque cosa le passasse per la mente in faccia alla gente il prima possibile, ma la verità è che anche lei sta cambiando. Sta crescendo. E quando cresci, non puoi far altro che costruirti una corazza intorno per proteggerti da chi può ferirti dall'esterno. Pian piano, Malia Stone, la persona più trasparente al mondo, si sta trincerando dietro a un muro fatto di compromessi e arrendevolezza, sta iniziando a prendere le cose più come vengono, mentre perde l'abitudine di lottare perché cambino. Anche questo è crescere. Lasciarsi trasportare dagli eventi e perdere, giorno per giorno, un briciolo della propria personalità. Non sa esattamente quando è iniziato tutto quanto. Forse la prima pietra l'ha messa dopo Sam. Forse c'era già prima. In ogni caso, quella reattività focosa che le animava lo sguardo si è affievolita, e mentre Olympia le parla la giovane Stone non può far altro che stringersi nelle spalle. E allora?, sembra quasi volerle dire, con un'espressione afflitta e l'aria un po' stanca. « E' stato un anno particolare per me. E anche per te lo è stato. Sei entrata nei Falcons, avevi e hai nuove esperienze da fare e io mi sono sentita sbagliata, nei tuoi confronti. Ma non volevo starti accanto e continuare a parlare di Rudy, delle mie paturnie. Capisco che dopo un po' sono diventata anche snervante, con il mio essermi trasformata in un'ameba che aveva voglia soltanto di starsene a casa, a mangiare gelato davanti all'ennesimo documentario sfornato da Netflix. So benissimo che tu non mi hai chiesto niente, ma io preferivo così. Avevo bisogno del mio spazio, come te del tuo momento di pace e gloria. E quindi..niente, mi dispiace non essere stata proprio in grado di mettere la nostra amicizia davanti a tutto il resto. Mi dispiace essere
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    stata un po' un'amica di merda, davvero. Però, ai tempi, volevo farti una sorpresa. E un giorno sono andata da zia Angelina a Holyhead. Lei mi ha dato un paio di lezioni e ora..so cose di Quidditch. Ci capisco sempre molto poco, ho ancora il terrore di salire su una scopa, ma credo di essere in grado di seguire la tua prima partita da titolare. »

    In quell'esatto momento, il cameriere si avvicina per portare le ordinazioni al tavolo. Un piatto di pasticcini al cioccolato al centro tavola, tè per Olympia e il caffè, chiaramente, per Malia. Così tipico. Una sempre estremamente calma, razionale, logica in tutto; l'altra iperattiva, energica dalle punte dei capelli alle dita dei piedi, una vera e propria bomba a orologeria pronta a scoppiare da un momento all'altro. Adesso, però, la mora si ritrova letteralmente senza parole. Fissa per qualche momento Olympia, incerta, e proprio perché non ha nulla da dire si risolve a prendere qualche sorso del proprio caffè, così, per guadagnare tempo.
    « Mhm... Non so che dire. » Si gratta la nuca, visibilmente in imbarazzo. Chiaramente non se lo aspettava. Forse agli occhi della rossa quel confronto era qualcosa di dovuto, di atteso e di scontato, ma non per Malia. Si era preparata ad un pomeriggio tranquillo, tè, biscotti e gossip, un po' come una volta, e si ricomincia da lì. Ma come al solito, quello che lei pensa di risolvere un po' con i fatti, Olympia ha intenzione di dispiegarlo per bene a parole, perché è una delle cose che sa fare meglio. Si stringe nelle spalle, insicura. « Cosa dovrei... mhm. » Si morde il labbro inferiore, e punta gli occhi in quelli della rossa, visibilmente a disagio. Poi, qualche istante più tardi, raccolti i pensieri, prende un profondo sospiro e comincia. « Sinceramente, Olympia... Io non mi sento di poter dire che sei stata "un'amica di merda". Voglio dire, non spetta a me giudicarti, no? » Quante stronzate ho fatto io? Quante volte sono stata un'amica terribile? « Se tu sei convinta di questa cosa, è un'altra storia. A me dispiace per l'anno che hai passato, davvero. Lo sai. E l'hai trascorso nel modo che più ti si addiceva e con le persone che preferivi. A me sembra più che... legittimo, ecco. Non mi sono mai sentita esclusa da niente. Perché avrei dovuto? C'era qualcosa in cui avresti dovuto includermi? » Aggrotta la fronte. Se c'è una cosa che detesta, è questo tipo di confronto. Non tanto per il calibro, quanto più per la tempistica. Adesso che ha semplicemente esaurito le cose da dire, e le ha sepolte sotto quintali di remissività, è tutto semplicemente fastidioso. Si stringe nelle spalle. « Neanche il mio anno è stato una passeggiata, comunque. Ma penso che tu lo possa immaginare. Entrare in squadra è stato meraviglioso, è vero, ma non ha cancellato certi problemi. Anzi, per certi versi li ha anche amplificati. » Anch'io sono stata un'ameba per mesi. Anch'io ho trascorso settimane rinchiusa in casa sotto le coperte a piangere. Ma certe cose, almeno per me, non sono mai cambiate. Sospira a fondo, mentre con il cucchiaino inizia a girare distrattamente il caffè nella propria tazza. « Cioè... Aiutami, perché non ho ben capito qual è il punto della questione, qui. Se c'è stato un... mhm... allontanamento, non credo sia stato dovuto al tuo sentirti sbagliata nei miei confronti o al tuo desiderio di spazio. Perché, da che mondo è mondo, certe cose non si risolvono mica circondandosi di persone completamente nuove. » Si morde il labbro inferiore, e solo in quel momento si accorge che la voce le trema leggermente. Aiutami, perché stavo davvero cercando di fare la persona matura io, qui. Prende un altro respiro, riacquistando così lucidità. « Quindi... sinceramente, io non so proprio che dirti. E non capisco il punto della questione. Non me la sono presa, né per le tue scelte, né per come ti sei comportata. » In realtà sì, ma farò finta di no, perché, appunto, hashtag faccio la persona matura, presente? « Certe cose semplicemente succedono, non vedo nemmeno il motivo di parlarne. Stai tranquilla. » Le rivolge un sorriso un po' forzato, prima di allungarsi e prendere un biscotto al cioccolato. « Piuttosto! Dimmi del Quidditch. Che ti ha insegnato Angelina? »


     
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    « Oddio, che figata! Grazie. Anch'io ti ho preso una cosina. Aspetta, ce l'ho proprio qui... » Sorride, Olympia, mentre l'amica le porge un piccolo sacchettino scuro. « L'ho presa al Gran Canyon. Quello del ciondolo è un fiore particolare, una specie protetta che cresce solo in quel posto al mondo. Si chiama... Oddio, non me lo ricordo più. Ma c'è scritto sul cartoncino che c'è dentro alla confezione, ecco, proprio lì! » Tira fuori la collanina, guardando il ciondolo per qualche istante, con un sorriso che si distende da orecchio a orecchio. « Dovrebbe essere una Gentiana Nivalis » dice, per poi prendere il bigliettino per accertarsene davvero. « Fare Erbologia comincia a dare i suoi frutti » commenta, annuendo, mentre continua a rigirarsi il monile tra le dita. « E' un pensiero dolcissimo, grazie mille! » Commenta infine, prima di chiederle una mano per indossarla. « Come mi sta? » Alza le sopracciglia, mentre una smorfia simile ad un sorriso le gonfia una guancia. « E soprattutto, ti è piaciuto il Gran Canyon? Impressioni? Avevo ragione nella mia descrizione? » Vuole sapere tutto, la rossa, di quel viaggio a cui anche lei avrebbe dovuto partecipare, ma che aveva accantonato per provare a dare gli ultimi due esami della sessione. Vuole sapere come si sono trovate, cosa hanno fatto di bello, cosa le è rimasto più impresso, ma prima di tutto vorrebbe semplicemente chiudere quella finestra che continua a farle venire i brividi sulla nuca. Ha bisogno di chiarire la situazione, sapendo perfettamente che, con ogni probabilità, Malia non sarà del suo stesso avviso. « Mhm... Non so che dire. » L'unica reazione che ottiene, per il momento, dalla mora. Sorride al ragazzo che porta loro le ordinazioni e prende a guardare intensamente la sua tazza di tè. Loro sono sempre state un po' così: Malia più di pratica, più diretta e di fatti, lei estremamente più riflessiva, di teoria e di retorica. « Sinceramente, Olympia... Io non mi sento di poter dire che sei stata "un'amica di merda". Voglio dire, non spetta a me giudicarti, no? Se tu sei convinta di questa cosa, è un'altra storia. A me dispiace per l'anno che hai passato, davvero. Lo sai. E l'hai trascorso nel modo che più ti si addiceva e con le persone che preferivi. A me sembra più che... legittimo, ecco. Non mi sono mai sentita esclusa da niente. Perché avrei dovuto? C'era qualcosa in cui avresti dovuto includermi? » Quelle parole le lasciano leggermente l'amaro in bocca. Si sente strana di fronte a quella domanda finale, si sente come se Malia non abbia davvero idea del perché Olympia abbia deciso di parlarle. E forse quella domanda rispecchia veramente il problema di comunicazione che c'è tra di loro, ultimamente. Forse per la mora non è cambiato davvero nulla, ma per la rossa già il non sentirsi più libera di essere se stessa in sua presenza è triste. Un sentirsi, il suo, nato esclusivamente da lei e da quel suo disagio nel sentire Malia sempre un po' più distante. « Neanche il mio anno è stato una passeggiata, comunque. Ma penso che tu lo possa immaginare. Entrare in squadra è stato meraviglioso, è vero, ma non ha cancellato certi problemi. Anzi, per certi versi li ha anche amplificati. » E lo sa perfettamente. A volte si chiede come faccia l'amica a stare in squadra con Sam, si immagina come facciano a mantenere i rapporti abbastanza tranquilli da non crollare. Ma loro, dopotutto, si sono lasciati di comune accordo, una scelta sofferta sì, ma condivisa e per una volta, Olympia si sente che, egoisticamente, a lei sia andato un po' peggio. Perché la scelta che Rudy aveva fatto non era stata condivisa con lei, nessuno l'aveva interpellata, non si erano messi seduti ad un tavolo e ne avevano parlato, come due persone grandi abbastanza da usare la parola per comunicare. No, lei era stata semplicemente lasciata, senza spiegazioni, senza alcunché che giustificasse un impegno mandato a monte come era stato fatto con il loro matrimonio. « Cioè... Aiutami, perché non ho ben capito qual è il punto della questione, qui. Se c'è stato un... mhm... allontanamento, non credo sia stato dovuto al tuo sentirti sbagliata nei miei confronti o al tuo desiderio di spazio. Perché, da che mondo è mondo, certe cose non si risolvono mica circondandosi di persone completamente nuove. » Persone completamente nuove. Per un attimo, mentre si porta la tazza alle labbra, si domanda se tutto ciò si riferisca a qualcuno di specifico e non prettamente generico. Perché Malia è solita essere diretta, senza troppi filtri tra bocca e cervello, ma in quel momento appare evidentemente trattenuta agli occhi della rossa. Come se avessi così tanto da dire da decidere di rimanere in silenzio, per non
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    litigare. Ma preferirei litigare, se servisse a far ripartire le cose da zero.
    « Quindi... sinceramente, io non so proprio che dirti. E non capisco il punto della questione. Non me la sono presa, né per le tue scelte, né per come ti sei comportata. Certe cose semplicemente succedono, non vedo nemmeno il motivo di parlarne. Stai tranquilla. Piuttosto! Dimmi del Quidditch. Che ti ha insegnato Angelina? » Sospira, Olympia, nel rendersi conto che Malia ha deciso di adottare la tattica "va tutto bene, alla grande, parliamo di altro?" Ma no cazzo, non parliamo di altro, mi dispiace. « Quindi non c'è alcun problema, no? » Le domanda, come a volerne stuzzicare le reazioni. La fissa, con gli occhi verdi che si induriscono appena. « A te sta bene che ormai sia così, tra noi, giusto? » Continua. « Ti prego, non farmi passare per stupida propinandomi questa storiella buonista. Mals, ne abbiamo passate di ogni, ti ho scelta come mia damigella d'onore, per Merlino, ti conosco come le mie tasche e stai fingendo. » Dice,con le labbra che tremano appena. Non è abituata a fare la voce grossa, a farsi prendere così dalle emozioni. Non con lei. Non ricorda nemmeno l'ultima volta che hanno davvero litigato, loro due. « Davvero ci vogliamo ridurre a questo? » Le chiede poi. « Parliamo del più e del meno, senza mai scendere in profondità, io perché ho paura di romperti con l'ennesima paturnia su Rudy, tu perché boh.. perché non mi parli più delle cose importanti? » Forse non è davvero così, forse Malia lo fa ancora, non ha mai smesso di farlo, ma lei è troppo poco lucida al momento per rendersi conto delle stronzate che sta dicendo. « Cos'è successo? Perché è così, ora, tra noi? » Prosegue, cercando di cavare un ragno dal buco, decisa a far crollare qualsiasi barriera, anche soltanto prendendola per sfinimento. Non mi arrenderò così facilmente, non con te. « Da parte mia, posso darti la mia versione dei fatti. Dopo un po', non riuscendo a superare la cosa, evidentemente, mi sono sentita un peso. Il continuare a parlare di lui, il piangere senza motivo mi faceva sentire talmente stupida e inetta da pensare che ti saresti stufata di tutto questo, prima. » Che ti saresti stancata di me. « E così, ho smesso di parlartene, ho smesso di dirti quello che sentivo, ho smesso di essere un po' me stessa come una vera scema. Ma non ho cercato nessuna nuova persona per rimpiazzarti. »Mette subito in chiaro le cose, perché è quella la sua verità e vuole che Malia ne sia messa al corrente, usando la sua tattica abituale: nessun pelo sulla lingua. « Quindi, assunto che sono stata una cogliona nel pensare determinate cose, è evidente, vorrei capire cos'è successo dall'altra parte. » Voglio sentire la tua campana. « Ho tutto il pomeriggio. E posso anche sequestrarti, in qualche modo. Sto già elaborando un piano mentale, se dovesse servire. » A te la scelta. « Il non parlare, però, non è più accettata come soluzione. Mi rifiuto. E' andata da schifo finora e dovremmo aver capito che non funziona, per niente. »
     
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    « Quindi non c'è alcun problema, no? » Non sa bene perché si ostini a mandare avanti quella recita. Con Olympia, poi. Le sembra una situazione quasi paradossale, che avrebbe deriso incredula, gli fosse stata descritta appena un anno prima. E invece sono proprio lì, sedute l'una di fronte all'altra ma con lo spirito di due fazioni contrapposte, l'una che si avvicina in punta di piedi e l'altra che cerca di allontanarsi un po' di più, giusto lo spazio necessario per non subire altri colpi. « No. » Guarda il proprio caffè, perché è un po' improponibile parlare con serenità guardando Olympia in viso. « A te sta bene che ormai sia così, tra noi, giusto? Ti prego, non farmi passare per stupida propinandomi questa storiella buonista. Mals, ne abbiamo passate di ogni, ti ho scelta come mia damigella d'onore, per Merlino, ti conosco come le mie tasche e stai fingendo. » Sbuffa, pesantemente, come se con quel gesto volesse trasferire alla rossa tutta la stanchezza che sente. Sta fingendo, è vero, non è tutto allo stesso posto come un tempo, ma Malia è anche stanca. Dei litigi, che hanno caratterizzato tutto l'ultimo anno passato, dei drammi e di parlare di cose che le sembrano tutte un po' ineffabili. « Davvero ci vogliamo ridurre a questo? Parliamo del più e del meno, senza mai scendere in profondità, io perché ho paura di romperti con l'ennesima paturnia su Rudy, tu perché boh.. perché non mi parli più delle cose importanti? » Tace, semplicemente guardandola. A questo non vuole replicare, e non perché non conosca la risposta. In realtà se lo ricorda perfino bene, il momento in cui ha scelto di lasciar perdere, di tenersi certe cose per sé. Forse il suo era stato un atteggiamento un po' infantile, perché l'amicizia non è necessariamente un do ut des come aveva finito per interpretarlo, ma è un po' anche quello. Il suo caffè fumante fa viaggiare la propria aroma fino alle sue narici, ma in questo momento sarebbe proprio fuori luogo prenderne un sorso. Non se lo aspettava così, questo incontro. Forse in modo infantile, ma s'immaginava lei e Olympia che si raccontavano storie dei loro rispettivi viaggi, con quella leggerezza che da mesi a quella parte caratterizzava i loro discorsi, e le sarebbe andato bene in ogni caso. Malia sa accontentarsi, l'ha sempre fatto. Negli ultimi sei mesi è quasi diventata un'esperta in materia, poi. Di certo non si aspettava questo discorso a cuore aperto, così all'improvviso, senza un motivo. In realtà forse un motivo c'è, ma per Malia in quel momento è comodo pensare altrimenti. « Cos'è successo? Perché è così, ora, tra noi? » Solleva gli occhi al cielo. Il suo intento non è quello di apparire irrispettosa, per quanto forse le sue azioni possano far tralasciare un atteggiamento di quel tipo. Ma è semplicemente stufa delle domande a cui non trova una risposta - e quella è l'ennesima. Perché è così, ora, tra noi? Resta in silenzio, preferendo lasciarla concludere il proprio discorso. Perché glielo legge negli occhi, ed è evidente anche dal tono della voce, che non ha finito. « Da parte mia, posso darti la mia versione dei fatti. Dopo un po', non riuscendo a superare la cosa, evidentemente, mi sono sentita un peso. Il continuare a parlare di lui, il piangere senza motivo mi faceva sentire talmente stupida e inetta da pensare che ti saresti stufata di tutto questo, prima. E così, ho smesso di parlartene, ho smesso di dirti quello che sentivo, ho smesso di essere un po' me stessa come una vera scema. Ma non ho cercato nessuna nuova persona per rimpiazzarti. Quindi, assunto che sono stata una cogliona nel pensare determinate cose, è evidente, vorrei capire cos'è successo dall'altra parte. Ho tutto il pomeriggio. E posso anche sequestrarti, in qualche modo. Sto già elaborando un piano mentale, se dovesse servire. » No, è chiaro che a questo punto sarò bloccata qui fino a nuovo ordine. Sembra paradossale da dire, eppure Olympia è in grado di essere perfino più testarda della mora, se lo desidera. « Il non parlare, però, non è più accettata come soluzione. Mi rifiuto. E' andata da schifo finora e dovremmo aver capito che non funziona, per niente. »
    Scuote piano la testa, lo sguardo basso, l'espressione chiaramente contrariata. Ha evitato in tutti i modi di imboccare quella strada, sorvolando il discorso, mantenendo il silenzio, conservando ogni dispiacere per sé. « Se vuoi che ti dica che mi sta bene, o che sono contenta per qualunque cosa sia quello a cui si è ridotto questo - e nel parlare indica con l'indice lo spazio che le separa - non ti dirò di certo di sì. E non sto facendo la buonista, Olympia... Sono semplicemente... Non lo so. Realista? Mi sembra di star guardando ad un quadro fatto e finito e non sapere bene da che parte mettere le mani per aggiustarlo. Mi capisci? » No, forse non ha senso. Ma Malia non sa mai spiegarsi, e dopo anni di conversazioni con lei Olympia dovrebbe essere più o meno in grado di afferrare anche solo a grandi linee i concetti delle sue metafore astruse. « Non so
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    come far tornare indietro le cose. »
    Si morde il labbro inferiore, ed è evidente il profondo dispiacere nella sua voce in quel frangente. Tentenna, visibilmente a disagio. « Ma Olympia... Onestamente... Per quale motivo pensi io non ti parli più delle cose importanti? » Si stringe nelle spalle. Inutile negare, a questo punto, perché è evidente ad entrambe che qualcosa è cambiato. E quella forse è la punta dell'iceberg, la manifestazione più tangibile di quel mutamento di orbite nelle loro vite. Hanno smesso di confidarsi. « Per me l'amicizia non è una cosa che prendi e aggiusti così, che basta una chiacchierata e siamo a posto. Mi dispiace riprenderne il discorso, perché ne abbiamo già parlato a Giugno e conosco le tue motivazioni, non ti voglio assolutamente giudicare, credimi, ma devi anche capire che io ho trascorso mesi senza capirci un cazzo della tua vita. Forse non sono stata abbastanza sensibile da farti confidare. Forse non ho saputo chiedere nel modo giusto. O più probabilmente era il percorso fisiologico di cui avevi bisogno tu. » Però a me ha fatto male. Sono stati mesi difficili per entrambe, e proprio nel momento in cui Malia avrebbe voluto confidarsi, gettarsi nelle braccia della rossa e sfogare tutte le sue insicurezze e i suoi dolori, e ascoltare quelli dell'amica, quest'ultima si era chiusa in se stessa, lasciando chiunque altro al di fuori. « Capisco che un po' di privacy era quello di cui avevi bisogno, che avessi paura di far sapere quello che era davvero successo - ma guardala un attimo dal mio punto di vista: Rudy era sparito nel nulla, e tu eri diversa, assente, chiaramente era successo qualcosa. E quando provavo a indagare te ne uscivi con una scusa. Non ti sto giudicando, lo ripeto, ma non puoi nemmeno cancellare del tutto quel periodo come se non fosse esistito. A me ha fatto male. » Sarò egoista, insensata, ma mi sono sentita tagliata fuori dalla tua vita. Poco importa che tu l'abbia fatto con chiunque altro indistintamente. « Credo sia stato in quel periodo che ho perso la confidenza. Perché avrei dovuto raccontarti ogni stronzata che mi succedeva con Sam quando mi sentivo respinta dall'altra parte? Non la sentivo una cosa... equa. » Si stringe nelle spalle, e improvvisamente, pur sentendo un peso in meno addosso, sente anche l'angoscia di aver parlato. Di aver detto qualcosa di spiacevole e doloroso, che avrebbe preferito tenersi per sé, proprio perché a Olympia ha sempre voluto un bene dall'anima e detesta l'idea di addossarle anche quella colpa. La guarda negli occhi, sentendo già i propri pizzicare. « Mi sento una merda ad avertelo detto. » Ma l'hai detto tu. Volevi la verità. Non vuole piangere. Sbatte più volte le palpebre, nel tentativo di asciugare quelle lacrime che si formano sugli angoli dei suoi occhi color nocciola. « Non capisco come tu abbia potuto pensare che mi avresti stressata con questa storia di Rudy. » E invece hai fatto tutto l'opposto. Sospira a fondo. « Ti è successa una cosa orribile Olympia. Orribile. Di cui non hai nessuna colpa. Spero tu sia arrivata a questa conclusione. » Anche se da sola. Anche se io te l'avrei detto il primo giorno, quando ancora il tuo cuscino odorava di lui e c'erano in giro le sue scarpe per casa. Ti saresti semplicemente risparmiata questo calvario in solitaria.
     
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    « Se vuoi che ti dica che mi sta bene, o che sono contenta per qualunque cosa sia quello a cui si è ridotto questo non ti dirò di certo di sì. E non sto facendo la buonista, Olympia... Sono semplicemente... Non lo so. Realista? Mi sembra di star guardando ad un quadro fatto e finito e non sapere bene da che parte mettere le mani per aggiustarlo. Mi capisci? » La capisce, capisce sempre le sue metafore dai lineamenti particolari e dalle congetture strane. Si ritrova a dispiegare le labbra, nascoste dalla tazza fumante, da cui arriva un aroma buonissimo. E ha perfettamente ragione. Agli occhi di Malia, il loro quadro sembra finito, senza bisogno di alcuna miglioria. « Ma Olympia... Onestamente... Per quale motivo pensi io non ti parli più delle cose importanti? » Perché ho fatto la cogliona, semplice. Non c'è bisogno di dire quanto sia stata stupida nel pensare di poterla "proteggere" dal fiume in piena che era diventata lei, qualche mese prima, in piena crisi di negazione. « Per me l'amicizia non è una cosa che prendi e aggiusti così, che basta una chiacchierata e siamo a posto. Mi dispiace riprenderne il discorso, perché ne abbiamo già parlato a Giugno e conosco le tue motivazioni, non ti voglio assolutamente giudicare, credimi, ma devi anche capire che io ho trascorso mesi senza capirci un cazzo della tua vita. Forse non sono stata abbastanza sensibile da farti confidare. Forse non ho saputo chiedere nel modo giusto. O più probabilmente era il percorso fisiologico di cui avevi bisogno tu. [...] A me ha fatto male. Credo sia stato in quel periodo che ho perso la confidenza. Perché avrei dovuto raccontarti ogni stronzata che mi succedeva con Sam quando mi sentivo respinta dall'altra parte? Non la sentivo una cosa... equa. » Sì, sono proprio stata una cogliona a dubitare di te. Pensa, mentre annuisce a quelle parole. A parti inverse, avrebbe provato lo stesso. Si sarebbe sentita ferita nel sentirla distante, nel sentirsi tagliare fuori da un qualcosa di così importante per lei. E ora lo capisce, a posteriori, ma mesi e mesi prima non era così lucida da poter pensare e valutare ogni situazione, persona per persona. Ha agito come il suo istinto diceva. Come si sentiva di fare sul momento, senza pensare a tutto il contesto, a tutti coloro che decideva, in questo modo, di escludere dalla propria vita. Una vera amica di merda. « Mi sento una merda ad avertelo detto. Non capisco come tu abbia potuto pensare che mi avresti stressata con questa storia di Rudy. » Forse perché una volta ho sentito mio fratello dire a mamma che cominciavo a rompere con la storia di Rudy. Non lo sa davvero, se è per quello, oppure perché si sentiva talmente stupida di suo, tanto da fare il transfer sugli altri. Ha trasferito l'immagine di sé sui propri cari, cominciando a pensarsi, attraverso i loro occhi, come una povera fallita. Una ragazza che non ha saputo tenersi stretto nemmeno suo marito. Una divorziata a nemmeno vent'anni. E più la storia andava avanti, più fingeva, continuando a dare al mondo
    l'immagine di sé che pensava esso richiedesse. Nulla di più sbagliato. « Ti è successa una cosa orribile Olympia. Orribile. Di cui non hai nessuna colpa. Spero tu sia arrivata a questa conclusione. » Non può che sorridere, di fronte a quelle parole. Se gliele avesse rivolte mesi prima è certa che sarebbe scoppiata a piangere, senza alcun ritegno, ma ora non c'è ombra di quel velo lucido nei suoi occhi verdi. L'unica tristezza che prova è nei confronti di Malia, per come si è comportata con lei, per come si sente in colpa. Così allunga la mano, sopra il tavolo, andando a chiuderla sopra le nocche di lei. La stringe, per qualche istante di silenzio, mentre i suoi occhi fissano quelli scuri di Malia. Non dice una parola, lascia che il calore della sua mano si propaghi verso di lei, facendo fare a quel contatto il lavoro che è certa le parole non farebbero. « Mals, non sentirti una merda. Te l'ho chiesto io di dirmelo, perciò grazie per la verità. » Le sue parole l'aiutano a capire dove ha sbagliato, come il chiudersi a riccio non era stata la soluzione migliore per loro. « Per quanto per un certo periodo ho dimenticato la cosa, il continuare ad essere sincere tra di noi è la soluzione migliore. » E' essenziale. « L'amicizia non è una cosa che si aggiusta a parole, è vero, ma è una cosa che cresce, matura, progredisce. » In ogni rapporto ci sono alti e bassi. « Non ti farò promesse - perché a promettere cose siamo tutti capaci, ma poi il difficile è mantenerle - ma ci metterò tutto il mio impegno per farci rialzare dal basso in cui ci ho fatto cadere. » Per riconquistare la tua fiducia e la tua confidenza. Sorride, con le guance che si gonfiano come al suo solito. Le stringe ancora una volta la mano, prima di fare scivolare la propria verso il piatto al centro del tavolo. Divide un donuts, con il ripieno di Nutella, in due e gliene porge una metà. « Offerta di pace? » Dice, prima di far collidere la sua parte con quella di lei, in uno strano quanto bizzarro brindisi. « Magari, se succede un'altra volta in futuro, che la mia testa decide di andare in stand by - credo e spero non lo farà, ma non si sa mai - te lo dico qui ora: sei autorizzata a darmi tanti ceffoni quanto mi servirà per tornare presente a me stessa. » Cerca di sdrammatizzare, con un angolo della bocca che si piega verso l'alto. « Mi dispiace davvero di averti fatto soffrire. Perdonami, Mals. Non era nelle mie intenzioni, in alcun modo, spero che questo ti sia chiaro. Mi ci è voluto tanto a trovarti e ancora più tempo per capire che saresti stata una compagna di vita fidata, ti voglio un bene dell'anima e sono stata davvero una cretina a non accorgermi di ciò che ti stavo facendo. » Aggiunge, abbassando gli occhi, leggermente imbarazzata. Non ha mai avuto problemi a chiedere scusa, l'ha sempre trovato un processo naturale, un qualcosa di dovuto, quando la situazione lo richiede, ma non ha mai chiesto scusa per aver fatto soffrire qualcun altro, quello è un altro paio di maniche. Come si rimedia a tutto questo? Ripartendo da piccoli passi immagina. « Ora..mi vuoi raccontare qualcosa della tua vacanza? Dei primi allenamenti da Falcon? » Alza le sopracciglia, cercando di essere abbastanza convincente da farla sciogliere un poco. « Della situazione in generale..? »
     
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    « Per quanto per un certo periodo ho dimenticato la cosa, il continuare ad essere sincere tra di noi è la soluzione migliore. » Sospira e annuisce, mentre abbassa lo sguardo. Concorda, in effetti, per quanto quel pomeriggio sia giunta a quell'incontro con l'intenzione di fare l'esatto opposto. Non che fosse effettivamente convinta di poter mantenere a lungo quella posizione: lo sanno tutti, in fin dei conti, che Malia e le bugie non sanno proprio andare d'accordo, per il fatto che è semplicissimo leggerle in viso qualunque emozione. Ci riuscirebbe senza troppa difficoltà un estraneo, e ci impiegano ancor meno tempo le persone, come Olympia, che la conoscono da anni, e che hanno imparato a interpretare con facilità ogni suo sguardo, ogni pausa, ogni piega del suo sorriso che esprime una reazione diversa. « L'amicizia non è una cosa che si aggiusta a parole, è vero, ma è una cosa che cresce, matura, progredisce. Non ti farò promesse ma ci metterò tutto il mio impegno per farci rialzare dal basso in cui ci ho fatto cadere. » Un debole sorriso le incurva le labbra, mentre Olympia le stringe la mano con la sua singolare dolcezza. Malia ha sempre invidiato quella delicatezza di modi, la grazia, e l'innata incapacità di reagire a qualunque cosa le si prospetti con una positività incredibile. Olympia Potter non si arrabbia mai, non infierisce né alza mai la voce, accetta ogni colpo con grazia e impassibilità. Mentre la guarda sorriderle benevola e porgerle un'offerta di pace, quasi senza battere ciglio, Malia ricorda a se stessa che con la giovane Potter non funziona come con tutti gli altri. Non è Sam, con cui potrebbe stare a discutere per ore senza mai trovare una soluzione logica; e non è nemmeno Beatrice, con cui le divergenze l'hanno portata perfino alle mani. Quando si tratta di Olympia, la bandiera bianca sventola già in partenza, e qualsiasi ulteriore recriminazione sembra inutile. Negli anni quell'atteggiamento ha tirato fuori ogni tipo di risposta nella mora - confusione, sollievo, frustrazione. Perfino adesso non sa bene come reagire, nel vedere la rossa spezzare una ciambella e offrirgliene una metà.
    Seppur colta alla sprovvista, la accetta e la fa collidere con la propria, mentre si mordicchia il labbro inferiore. « Quindi... È tutto okay. » Sembra volersene cautamente accertare, prima di dare un morso alla propria parte di ciambella. « Non voglio promesse, lo sai. » Non mi sono mai piaciute. Con me, evidentemente, non vanno mai a buon fine. Vorrebbe potersi dire di essere sempre stata la parte lesa in merito, ma le basta uno sguardo ai mesi precedenti per capire quanto nemmeno lei sia davvero in grado di tener fede alla parola data. « Ma sono contenta che abbiamo chiarito. » Più o meno. Forse Malia non sente di aver detto tutto quanto, essersi liberata di ogni peso che grava sul suo petto, ma quanto meno i termini di quel rapporto adesso sono chiari. In costruzione. Un po' come anni prima, quando quelle due piccole pre-adolescenti si lanciavano occhiatacce feroci da un letto d'ospedale all'altro, rifiutando di trovare terreno comune; con la sola differenza che adesso sono due ragazze, quasi donne, che hanno attraversato una di fianco all'altra ogni tipo di prova che l'universo aveva da lanciare loro, e che ogni tanto, com'è fisiologico, si sono ritrovate a inciampare. Malia non sa cosa riservano quei prossimi mesi per la loro amicizia, ma quanto meno ora può accogliere la consapevolezza che da entrambe le parti ci sia un certo tipo di comprensione, e quindi l'impegno per ridefinire quello spazio tra loro.
    « Magari, se succede un'altra volta in futuro, che la mia testa decide di andare in stand by - credo e spero non lo farà, ma non si sa mai - te lo dico qui ora: sei autorizzata a darmi tanti ceffoni quanto mi servirà per tornare presente a me stessa. » La risata cristallina di Malia risuona tra i tavoli del Paiolo, mentre la giovane alza gli occhi al cielo e sente già il cuore più leggero. Prova a immaginarsi la scena, ma la verità è che non crede riuscirebbe a far del male a Olympia nemmeno se si sforzasse di farlo. Fa spallucce, prima di prendere l'ultimo sorso dalla sua tazza di caffè. « Farò del mio meglio. » O qualcosa del genere. Di certo non imputa l'allontanamento che hanno subito nei mesi precedenti unicamente alla Potter: in cuor suo, Malia sa che avrebbe potuto, e dovuto, fare di più per aiutarla ad aprirsi, darle il tormento fino a quando non avesse vuotato il sacco. Ma sono stati dei mesi particolari anche per lei, e anche questo fattore deve aver influito nell'equazione finale delle cose. « Mi dispiace davvero di averti fatto soffrire. Perdonami, Mals. Non era nelle mie intenzioni, in alcun modo, spero che questo ti sia chiaro. Mi ci è voluto tanto a trovarti e ancora più tempo per capire che saresti stata una compagna di vita fidata, ti voglio un bene
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    dell'anima e sono stata davvero una cretina a non accorgermi di ciò che ti stavo facendo. »
    Scuote la testa, la mora, visibilmente a disagio nell'udire quelle confessioni. « Lascia stare » sente di dover dire, quasi immediatamente, per troncare quel discorso. Le sorride con bonarietà, seppur non manchi una nota d'imbarazzo nel suo sguardo, per una ragione che nemmeno Malia sarebbe in grado di identificare. Forse sono i mesi di quasi totale silenzio trascorsi tra loro, o la finta e superficiale confidenza, a infonderle quella bizzarra sensazione. Non si sono dette cose di questo tipo da tanto tempo, e all'improvviso sentirla così vicina, dopo tanto tempo, pare quasi qualcosa di estraneo. « Non ci pensare, davvero. »
    « Ora..mi vuoi raccontare qualcosa della tua vacanza? Dei primi allenamenti da Falcon? Della situazione in generale..? » Nell'udire quelle parole si trova a sospirare, più leggera, contenta che si siano appena lasciate la parte più ardua di quella conversazione alle spalle. Se c'è una persona con cui la Stone detesta entrare in conflitto, quella è proprio la giovane Potter; potrebbe stare a discutere con chiunque altro per ore, passare alle mani, urlarsi addosso le cose peggiori, ma con Olympia non riuscirebbe, semplicemente perché con lei è sempre stato diverso. Lei è sempre stata quella più matura, pronta a porgere l'altra guancia, torto o ragione, rendendo letteralmente impossibile qualunque forma di litigio. Fa spallucce, mentre sembra esaminare attentamente con lo sguardo la glassa al cioccolato della ciambella che regge tra le dita, poi sposta la concentrazione sull'amica di fronte a sé. « L'America è stata meravigliosa, davvero. Non saprei neanche più ripeterti le città in cui siamo state... Abbiamo girato mille posti e conosciuto un sacco di gente. A New Orleans c'erano pure degli amici di Tris. » Le parla un po' delle avventure scalmanate che hanno vissuto dall'altra parte dell'oceano, nel corso di quella estate, evitando tuttavia di scendere eccessivamente nei dettagli - perché altrimenti, a raccontare per filo e per segno tutto quello che è successo, potremmo stare qui per almeno un altro mese. « Gli allenamenti stanno andando bene! Voglio dire... Lo sai. A volte ho momenti un po' così, ecco, ma cerco di ricordarmi che sto facendo esattamente quello che ho sempre desiderato fare, nella squadra dei miei sogni per giunta. Sono poche le persone che possono dire di iniziare la propria carriera con questi presupposti. Quindi mi ricordo che sono stata più che fortunata. » Annuisce, appoggiando i gomiti sul tavolino e conseguentemente il mento sul palmo di una mano. « Oh, e mi sto trasferendo a Londra. Avevo bisogno di un posto nuovo, sai? E anche Hugo stava cercando, visto che l'aveva stancato lo studentato, quindi abbiamo trovato un appartamento insieme! Decisamente meglio rispetto a finire con qualche estraneo trovato sugli annunci della Gazzetta del Profeta. » Annuisce, convinta. Quando ha saputo che anche Hugo aveva bisogno di un coinquilino, gli si è letteralmente fiondata tra le braccia. Quale sistemazione migliore che insieme ad uno dei suoi migliori amici, nel cuore pulsante di Londra, a pochi passi da un camino funzionante e dal Ministero della Magia? « E tu invece, cos'hai da raccontarmi? Com'era la Francia? E il tirocinio? Dove ti hanno spedita? »
     
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    « Quindi... È tutto okay. » Annuisce, la rossa, guardandola per qualche istante. « Non voglio promesse, lo sai. Ma sono contenta che abbiamo chiarito. » La osserva, con gli occhi verdi che le ispezionano il volto, come a voler ricercare qualcosa che all'apparenza non c'è. La conosce ben, ormai. Sa che ad ogni fremito di un determinato muscolo corrisponde una reazione silenziosa che ha deciso di trattenere. Sa che se sorride, tirando su un solo angolo della bocca, solitamente quello destro, vuol dire che è rassegnata e c'è dell'amaro in quel suo gesto. Sa che se alza il sopracciglio sinistro allora è davvero arrabbiata e sa anche che se storce leggermente il naso c'è qualcosa che le sta tenendo nascosto. Fissa il naso, con vivido interesso, per poi sorridere tornando a guardarla negli occhi. « E' tutto okay, se credi non ci sia altro. » Asserisce, dando al suo tono una casualità improvvisata. Non che voglia indagare ulteriormente, si fida di Mals e dei suoi tempi e spera che, ripartendo un po' da quella restaurazione, anche lei riprendi a fidarsi di lei.
    « L'America è stata meravigliosa, davvero. Non saprei neanche più ripeterti le città in cui siamo state... Abbiamo girato mille posti e conosciuto un sacco di gente. A New Orleans c'erano pure degli amici di Tris. » Si ritrova a sorridere, sospirando di sollievo nel sentirla più tranquilla e rilassata a sua volta. Non si lascia sfuggire nessun dettaglio del suo racconto, mentre si ritrova a fantasticare dietro le sue parole, immaginandosi tutto come se l'avesse vissuto lei, a sua volta. « Qualcuno di interessante? » Fa una faccia strana, la solita che fa quando si prende a parlare di cose dal contenuto sensibile. Diventa più "molesta", con le sopracciglia ramate che sciabolano verso l'alto e gli occhi che si imperlano di luccichi vari. E' felice se Mals si è divertita, allontanando, in tutti i modi, qualsiasi pensiero negativo. Sa benissimo quanto sia stato difficile per lei superare la storia con Sam e, forse, dalle sue parole, si evince che in fondo non è davvero del tutto andata. « Gli allenamenti stanno andando bene! Voglio dire... Lo sai. A volte ho momenti un po' così, ecco, ma cerco di ricordarmi che sto facendo esattamente quello che ho sempre desiderato fare, nella squadra dei miei sogni per giunta. Sono poche le persone che possono dire di iniziare la propria carriera con questi presupposti. Quindi mi ricordo che sono stata più che fortunata. » Momento un po' così. Annuisce, la rossa, cercando di immedesimarsi nei suoi panni. Per sua fortuna, Rudy ha deciso, in maniera sensata, per una volta, di non farsi passare nemmeno per l'anticamera del cervello di mettere piede ad Hogwarts. E' distante, lo vede poco, è perfetto. Ma Mals è lì, tutti i giorni con lui, costretta a parlarci, a starci a contatto, senza potersi prendere nemmeno la briga di cambiare strada se lo incontra, così come potrebbe fare benissimo lei con Black. « Mmh » si schiarisce la voce, per poi prendere un sorso di tè. « Lo stai evitando come la peste, dico bene? » Accenna un sorrisetto, aspettando che l'amica le confessi la verità. E' certa che stia provando a fare di tutto per cercare di stargli alla larga. Magari stando sempre dal lato opposto rispetto a lui, in campo, prima di alzarsi in volo, aspettando le direttive di zio Charlie, oppure quando si tratta di usare la palestra che James le ha spiegato esserci nello stadio. « E come ti trovi in una squadra professionistica? E' come ti aspettavi? Pro e contro? » Aggiunge poi, con un sorriso. « Oh, e mi sto trasferendo a Londra. Avevo bisogno di un posto nuovo, sai? E anche Hugo stava cercando, visto che l'aveva stancato lo studentato, quindi abbiamo trovato un appartamento insieme! Decisamente meglio rispetto a finire con qualche estraneo trovato sugli annunci della Gazzetta del Profeta. » La vera sorpresa si apre sul volto da bambola della ragazza. « No, aspetta » le dice, bloccandola mora con la mano, affinché possa stoppare il suo racconto. « Quando mi volevi dire che ti trasferivi a Londra? » Le chiede poi. L'idea di non averla più vicina, di non poter più decidere di uscire di casa, attraversare la piazza principale di Hogsmeade per essere da lei le mette incredibilmente tristezza. Ma dobbiamo tutti crescere, è una parte essenziale. E il semplice fatto che avesse abitato lì con Sam di certo non doveva averla aiutata fino a quel momento. Alla fine di questo ragionamento, si rilassa, sorridendo. « E poi con Hugo. Che meraviglia. Ti troverai benissimo con lui. » Prende l'ultimo sorso di tè, per poi lasciare andare la tazza sopra il tavolo. Non è stata mai brava nel nascondere quanto Hugo, sopra tutti, sia sempre stato il suo cugino preferito. Interessi comuni, intesa mentale e culturale e, sopra ogni altra cosa, quella strana connessione che la teneva legata a lui, dai tempi del lockdown. Un filo rosso del tutto invisibile. « Vorrà dire che dobbiamo fare un po' di shopping per la casa nuova.
    »
    Si ritrova a dire così, di punto in bianco, mentre si alza in piedi e raccoglie tutte le sue cose, prima di farle un cenno con il capo verso la porta. Forza, andiamo! « E tu invece, cos'hai da raccontarmi? Com'era la Francia? E il tirocinio? Dove ti hanno spedita? » Ci pensa su un attimo, con il labbro inferiore che si arriccia, per qualche secondo, all'infuori. « La Francia è stata davvero evocativa. Passare le giornate immersa nel profumo di lavanda è stato terapeutico e i francesi sanno come coltivare l'uva e soprattutto come trasformarla in vini dall'aspetto innocente ma dal tasso alcolico fin troppo alto. » Annuisce, con un sorrisetto che ha della malizia al suo interno, prima di affacciarsi nuovamente sulla strada principale di Diagon Alley. C'è fermento. Non vi sono più studenti, indaffarati nel rincorrersi per entrare in questo e l'altro negozio, per gli ultimi acquisti scolastici, ma ci sono adulti che, con le loro valigette, escono dalla Gringott, chi entra dentro la Gazzetta, chi semplicemente fa compere qua e là e chi ha bisogno di un po' di sano relax, post lavoro, e quindi si rilassa, godendosi gli ultimi caldi londinesi, fuori dalla Gelateria Florean. « Per il tirocinio, boh, sono ancora confusa a dire il vero. » Prende a dire, lanciandole un'occhiata di sbieco. « Mi hanno spedito al Ministero, al Dipartimento Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Completamente a caso. » Dire che non sia stata una sorpresa sarebbe completamente errato. Ci è rimasta piuttosto di stucco, a dire il vero, convintissima di rimanere ad Hogwarts, lì dove ha sempre avuto più appiglio la sua attenzione. « Cioè, non dico che speravo di continuare a fare la tirocinante ad Hogwarts, dopo che pure Wilde ha deciso di andarsene..ma sì, in realtà ci speravo, cominciava a piacermi e credevo di aver trovato ciò in cui mi piacerebbe specializzarmi, un giorno. » Si stringe nelle spalle, per poi sorriderle, non appena vede la vetrina nel nuovo negozietto di antiquariato alla sua sinistra. « Allora, dimmi cosa avete già comprato, così vi regalo qualcosa di utile, non appena metterò piede, per la prima volta, in casa. » Entrare in un ambiente nuovo, in quella che diventerà il tuo rifugio personale può essere davvero disorientante e Olympia ha quest'idea strana che bisogna sempre avere un oggetto con sé, un qualcosa che ti fa sentire subito a casa, così da facilitare l'ambientazione. « Dov'è che l'avete presa? Che quartiere? » Le chiede poi, alzando un sopracciglio. « Ti serve una mano per il trasloco? Dimmi di sì, ho bisogno di fare qualcosa di pratico che mi tenga impegnata la testa. » Inutile dire che l'intera situazione che vortica intorno a lei la stressa abbastanza. Mun che decide di regolare i conti a modo suo, Rudy che torna pensando di poter fare come vuole, Fawn che non la sente dal giorno in cui le è piombata in casa, il dover dire la verità ad Albus.. A volte, soltanto a volte, rimpiange i tempi addietro. Tutto era più semplice. « Invece, Robert che dice di tutto questo? Dei Falcons, della casa nuova..? » Della nuova te. « Cavolo, è da un casino che non lo vedo. Come sta? »
     
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    « Qualcuno di interessante? » Malia osserva con una certa compiacenza la complessa coreografia dei muscoli facciali della rossa, che presto si tramutano in un'espressione ammiccante, che viene poi accompagnata dal leggero ma perfettamente percettibile cambio di tono della sua voce, la quale risulta ora vagamente più profonda. La classica reazione - che sarebbe in grado di riconoscere ovunque - di fronte alla menzione di qualche ragazzo. Per un momento si sente un po' come catapultata indietro nel tempo, su quei lettoni a baldacchino del dormitorio di Grifondoro da cui lei, Olympia e Tris si confessavano cotte segrete e parlavano di esperienze rudimentali mandando giù quintali di caramelle mou. Loro due erano le più loquaci, sempre pronte a confrontarsi e di tanto in tanto snervare la Morgernstern, decisamente la più riservata fra le tre. Per un momento si sente di nuovo una quattordicenne. Peccato che il tempo delle cotte stratosferiche sia passato, e che ormai non riesce più a ingerire un quantitativo di schifezze simile senza sentirsi in qualche modo in colpa nei confronti del suo nuovo stile di vita salutista.
    Si stringe nelle spalle. « Mhm, direi nessuno che lo è stato abbastanza. » Non è da lei essere così criptica, ma le sembra superfluo indugiare su certi dettagli. Si è divertita negli Stati Uniti, non ne è venuto fuori nulla di serio ed erano esattamente queste le sue intenzioni. E d'altra parte lei e Tris si sono ripromesse che le vicende d'oltreoceano rimarranno esattamente lì, dove le hanno vissute, oltre che nei loro ricordi. E puntualmente, la voce di Olympia arriva a pungerla proprio sul suo fianco scoperto, mentre si trasforma nel campanello squillante di quel grillo parlante della sua testa che da tempo ormai ignora con testardaggine. « Lo stai evitando come la peste, dico bene? » La sua reazione immediata è quella di stringersi nelle spalle, e scuotere la testa quasi con eccessiva convinzione. « Ma no. Ma che. Ma figurati. » Mica mi sono messa in ridicolo nel corso dell'estate mandandogli un messaggio a dir poco imbarazzante, per poi bloccarlo da ogni canale. Figuriamoci. Eppure, paradossalmente, quella che immaginava (o sperava?) sarebbe stata una tragedia degna del miglior drammaturgo di tutti i tempi, una volta rimpatriata e iniziati gli allenamenti con la squadra, si è tradotta in una freddezza inconsistente e non ben definita, una lontananza reciproca quasi patteggiata in silenzio da entrambi. Lei non gli si avvicina perché imbarazzata da quel ricordo, e lui fa altrettanto forse perché finalmente scocciato da quelle storie infinite ed estenuanti, o forse perché indifferente a lei, una volta per tutte. Malia ci riflette su per un secondo, e si rende conto che non saprebbe dire quale dei due scenari la infastidirebbe di più. Indifferenza o snervamento? Indifferenza. Non c'è niente di peggio. « La verità è che siamo molto... civili, ecco. Lui non considera me e io faccio lo stesso. Stiamo a distanza l'uno dall'altro, ma non c'è astio, mi spiego? Siamo semplicemente distaccati, perché è la cosa più giusta e professionale da fare. Abbiamo capito che essere amici non funzionava, quindi questa è l'alternativa migliore. Penso che anche lui come me voglia solo andare avanti. » Trovare un modo per non pensarci, dimenticarmene e voltare pagina. E su questo sceglie di non dire altro, perché la verità è che potrebbe blaterare per ore sulla stessa questione, forse in questo modo confermando la tesi della sua incapacità di voltare pagina. « La squadra mi piace da morire. Gli allenamenti sono qualcosa di pazzesco, faticosi, però tutto quello che immaginavo. Dei compagni l'unico con cui ho davvero un rapporto è James, sono sincera. Ma mi va più che bene. » E fortuna che c'era stato James a offrirle una spalla a cui appoggiarsi durante il suo ingresso in squadra. Non che l'ambiente le fosse ostile in qualche modo, ma è pur sempre più semplice integrarsi in un gruppo già formato se c'è un viso amico con cui potersi interfacciare. E dal parlare di lavoro si passa presto ad altro, come l'argomento della sua nuova sistemazione, che la giovane commenta con una semplice stretta di spalle. « Non aveva senso starmene ancora ad Hogsmeade. » Per quale motivo avrebbe dovuto? Ha accettato come ormai la sua vita si svolga da tutt'altra parte, e come sia arrivato il momento di lasciarsi quel villaggio, quel castello e quei ricordi, per quanto cari, alle spalle. « Vorrà dire che dobbiamo fare un po' di shopping per la casa nuova. » Quelle parole le riportano alla mente una miriade di ricordi, di serate trascorse nei negozietti di Hogsmeade e in giro per le case del villaggio a raccattare mobilio per la casa che avevano condiviso insieme a Sam e Rudy, nel periodo in cui tutti loro erano ricercati dal Ministero della Magia. Era stato un bel modo per distrarsi un po', arredare quella piccola dimora alla bell'e meglio, aveva concesso loro di non pensare alla tragedia in cui versavano le loro vite. Non può di certo provare malinconia per quei momenti, che in fondo non erano che frammenti di leggerezza a intramezzare un continuo stato d'angoscia e preoccupazione, per sé stessi e tutti i loro cari. Tuttavia non riesce a non sentire una punta di nostalgia nel momento in cui certi momenti vengono richiamati alla mente. Le è sempre piaciuto cambiare, fare esperienze nuove e mettersi alla prova, ma ha la sensazione che negli ultimi due anni troppe cose siano mutate nella sua vita, e troppo repentinamente. « Io e Hugo abbiamo già fatto il grosso, e servizi da té da principesse non ce ne servono... Però, sì, se hai voglia di metterci un po' della tua creatività ne saremmo entrambi contenti. » Le rivolge un sorriso cordiale, che quasi immediatamente pare spegnersi nel sentirle parlare della Francia. Non è gelosia, la sua, o almeno così si costringe a ripetersi, e in ogni caso non può non provare un lieve fastidio nel sentirla raccontare di quanto si sia divertita con le sue altre migliori amiche. Non ne fa menzione, Olympia, ma è palese da come le brillano gli occhi mentre parla che a rendere speciale quel viaggio sia stata la presenza di Fawn e della Rosier al suo fianco. Non è gelosia, si ripete, però il fastidio di sentirsi sostituita forse sì. Malia ha sempre avuto tantissimi amici, è vero, ma nessuno nella sua vita è al livello di
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    Tris e Olympia - e nella sua mente, probabilmente secondo meccanismi un po' infantili, ha sempre preferito convincersi che anche per loro due la cosa fosse reciproca. Forse perché ai suoi occhi ciò che le legava era qualcosa di più di una semplice amicizia, ma quasi un vero e proprio legame di sangue. Erano sorelle, e lo spezzarsi della convinzione dell'esistenza di un legame tanto speciale, inevitabilmente unico e irripetibile, non può che lasciarle l'amaro in bocca. Non commenta dunque quel racconto, semplicemente rivolge un sorriso a labbra strette alla rossa, e attende che piuttosto risponda alla sua domanda successiva.
    « Mi hanno spedito al Ministero, al Dipartimento Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Completamente a caso. » La mora aggrotta le sopracciglia. « Al Ministero? » ripete, visibilmente incredula. « Cioè, non dico che speravo di continuare a fare la tirocinante ad Hogwarts, dopo che pure Wilde ha deciso di andarsene..ma sì, in realtà ci speravo, cominciava a piacermi e credevo di aver trovato ciò in cui mi piacerebbe specializzarmi, un giorno. » Annuisce, con fare comprensivo. Sa quanto Olympia sia appassionata di ciò che studia, e ritrovarsi in un ambiente completamente estraneo rispetto alle sue amate serre non deve essere per nulla facile. Si immagina il sentimento che proverebbe lei chiusa in un ufficio al posto che in un campo da Quidditch o all'aria aperta. « Questi tirocini sono proprio organizzati a cazzo. I tuoi fratelli ad Azkaban, poi? Scommetto che vostro padre è impazzito. » Sorride, mentre si immagina Harry piuttosto alterato all'idea dei figli in prossimità di Dissennatori. « In ogni caso sono convinta che ve li cambieranno presto. Siete tutti insoddisfatti, da quel che ho sentito. Quindi insomma... Mal comune mezzo gaudio, no? »
    E qui Olympia cambia nuovamente discorso, ritornando sulla nuova casa di Malia e Hugo. « Allora, dimmi cosa avete già comprato, così vi regalo qualcosa di utile, non appena metterò piede, per la prima volta, in casa. Dov'è che l'avete presa? Che quartiere? Ti serve una mano per il trasloco? Dimmi di sì, ho bisogno di fare qualcosa di pratico che mi tenga impegnata la testa. Invece, Robert che dice di tutto questo? Dei Falcons, della casa nuova..? Cavolo, è da un casino che non lo vedo. Come sta? » La mora ridacchia, e si concede un biscotto al cioccolato mentre la sua mente elabora una per una tutta quella raffica di domande che Olympia le ha appena posto. Allunga le braccia sul tavolo per poi incrociarle, l'aria pensierosa. « Alloooora... La casa è vicino all'entrata del Ministero. È comodo per Hugo, ma anche per me, perché da lì partono un sacco di Passaporte per Falmouth. » Ovviamente il mezzo più comodo per raggiungere il lavoro. Ogni tanto si Smaterializza, ma questo diventa quasi impossibile dopo gli allenamenti, quando è troppo stanca per non incorrere nel rischio di spaccarsi. « Ci siamo già trasferiti sabato scorso. Cioè, ancora mi rimane da portare qualcosina, ma il grosso è fatto, ecco. In realtà non so cos'altro potrebbe servirci... Abbiamo tutto, credo. Certo, se poi mi manca qualcosa, conoscendomi, me ne accorgerò nel momento in cui mi serve. Però non credo... Hugo è una persona abbastanza precisa e lui sicuramente ha pensato a tutto. Ma insomma, ogni regalo è ben accetto quindi sentiti libera! » Ride con leggerezza, prima di rispondere alle ultime curiosità della ragazza. « Papà sta bene. E ovviamente è contento che io adesso abiti a Londra. Per il momento è tutto preso dalla sua compagna - non so se ti ricordi, la tipa che campa solo di frutta e verdura - senza offesa - e va a fare i sit-in davanti al Parlamento per protestare contro il testing sugli animali eccetera eccetera. In realtà credo che tu ci andresti pure d'accordo, sai? » Quell'improvvisa realizzazione la fa sorridere, divertita all'immagine della giovane Potter e della compagna di suo padre immerse in una discussione sui danni terribili della plastica monouso. Chiacchierano ancora per un po', raccontandosi aneddoti delle loro vite e ricordandone altri del passato, mentre il locale intorno a loro pian piano si svuota, loro si scoprono più rilassate e i loro cuori un po' più leggeri.
     
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