What a waste of a lovely night

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    È la prima serata di ciel sereno in una settimana. Fuori dalla piccola finestra blindata dell'ufficio legale di Azkaban brilla una luna piena luminosa come non mai, che si riflette sullo specchio d'acqua scura che circonda l'isola; perfino le indomabili onde sembrano essersi quietate questa sera e, con il mare ridotto ad una tavola piatta, il panorama di quel luogo muta completamente. Pare quasi un posto pacifico. Non fosse per quell'insopportabile senso di angoscia che governa tutte le anime dell'edificio, quasi indistintamente, si potrebbe definire quella scena qualcosa che vale la pena sperimentare. Nello spazio angusto dell'ufficio, lo scenario è ben diverso. Pile e pile di cartelle dominano l'ambiente, lasciando ai presenti poco spazio per muoversi se non all'interno di un piccolo percorso delimitato, appunto, da queste cataste disordinate. La luce è fioca, l'aria soffocante e anche piuttosto maleodorante. Il mignolo grassottello di Gideon Hornette, rispettabilissimo avvocato del Ministero della Magia e titolare di quell'ufficio, s'infila con rigorosa precisione nell'orecchio dell'uomo, e ruota un paio di volte, a destra e a sinistra, come una chiave inglese, prima che quest'ultimo distolga lo sguardo dalle scartoffie sulla sua scrivania per esaminare minuziosamente il raccolto del suo polpastrello. « È anche questa causa è persa » dichiara qualche secondo più tardi, e per un momento Nate, sedutogli di fronte, si domanda se stia parlando della pratica che ha per le mani o dell'irrisolvibile problematica della sua igiene personale. Quando il giovane Serpeverde lo racconta in giro, sembra quasi una cosa da niente, un'argomentazione così superflua da spingere gli altri a smettere di ascoltarlo, ma la realtà dei fatti è che non c'è nulla di semplice nell'essere costretti per più di sei ore al giorno nella stessa stanza con una persona che alla veneranda età di cinquantacinque anni non ha ancora scoperto i benefici dell'acqua e del sapone. Trattiene una smorfia inorridita, mentre con lo sguardo segue i movimenti di Hornette, e lo vede - finalmente - mettere da parte la stessa pratica su cui ragiona da quella mattina. Nate non è di certo un esperto in materia, e possiede quanto meno l'umiltà di riconoscere la superiorità dell'uomo che ha davanti, eppure la miriade di carpette che affollano il suo ufficio ed il fatto che sia in grado di spendere giorni sulla medesima pratica gli suggeriscono che l'uomo non deve essere il più sveglio nel suo campo. Una volta messa da parte la suddetta pratica, si sfrega dalle mani un po' di polvere, e guarda Nathan soddisfatto. « Che giornata eh, Nate? Nemmeno mi sono accorto che si sono già fatte le otto. » Il giovane fa scivolare lo sguardo sull'orologio a forma di clessidra appeso alla parete del muro. Già, come passa il tempo quando ci si diverte. Solleva un angolo delle labbra in un sorriso forzato. « Eccome. Se non le serve altro, io andrei. Il prossimo traghetto parte tra un paio di minuti e... » Mentre si alza all'impiedi e distende con le mani la stoffa dei pantaloni, l'uomo gli rivolge un gesto d'assenso con la mano, e pare fare lo stesso. « Ma sì, sì, vai pure! Fretta di tornare dalla ragazzetta, vero? Eh eh! » Voltategli le spalle, alza gli occhi al cielo con aria esausta, sognando l'abbraccio caldo del suo letto ma soprattutto il silenzio. Hornette è uno che parla troppo e, com'è ovvio, nessuna conversazione con lui risulta mai piacevole. Assaporando già la libertà di quelle poche ore serali, prima che l'indomani ricominci tutto da capo, apre la porta dell'ufficio, ritrovandosi di fronte un altro uomo sulla cinquantina, alto e tarchiato, che riconosce immediatamente.
    « Oh, siete ancora qui. Perfetto. » Gustave Crow gli rivolge un'occhiata annoiata prima di sorpassarlo ed entrare nella stanza, con al seguito la sua tirocinante. Nate rivolge un sorriso di saluto ad Amunet, prima di concentrare l'attenzione sullo scambio tra i due avvocati. « C'è un problema, Gideon. Il Wizengamot non ha mandato la proroga per la consegna delle pratiche con i rapporti completi. » Nate strabuzza gli occhi, guardando prima Mun, poi Crow, e infine Hornette, la cui fronte è già imperlata di grosse gocce di sudore. « Che vuol dire?! Avevano detto che era quasi certa! » « Quasi, per l'appunto. Tu come stai messo? Io ho almeno una trentina di pratiche da rileggere e catalogare. » Hornette, per tutta risposta, si guarda intorno, accennando agli immensi catasti che affollano il suo ufficio. L'espressione di panico nel suo sguardo a questo punto è sempre più evidente. Nate, dal suo canto, non può che sospirare affranto, capendo già che la sua libertà per questa sera è ancora ben lontana, considerato che, in mancanza di una proroga, la scadenza per la consegna delle pratiche è, beh... domani mattina.

    « Mi spiace che sia rimasta bloccata qui anche tu. » Sono seduti per terra, al centro della stanza, circondati da pratiche e fogli volanti. Il loro lavoro, in teoria, sarebbe pure alquanto semplice: riordinare cronologicamente e catalogare ogni pratica, prima di portarla nella stanza limitrofa, dove Hornette e Crow, muniti di caffè e pozione antisonno stanno rivedendo tutto velocemente e scrivendo alla cieca le relazioni mancanti. Sarebbe un lavoro semplice, appunto, un'ora al massimo, se Hornette non fosse tremendamente disordinato, e se ognuna di quelle pratiche non fosse disseminata un po' in giro per tutta la stanza. « Qui manca pagina sette... E nove... E ventiquattro, e quarantacinque. Trovato qualcosa? » Solleva lo sguardo su Amunet, circondata da un'infinità di fogli volanti. Dalla stanza accanto si sentono delle risate sguaiate, che lo costringono a sbuffare pesantemente. « Se non siamo fuori di qui prima di mezzanotte, io impazzisco. » Non c'è niente, in quel dannatissimo posto, che sia anche minimamente sopportabile per lui. Quell'ufficio piccolo e buio, il suo tutor, l'angoscia, la stanchezza. Gli sembra un incubo.
    Nel giro di mezz'ora, sono riusciti a mettere insieme soltanto quattro pratiche complete, che con un colpo di bacchetta hanno spedito ai due avvocati. L'orologio segna quasi le nove di sera. C'è un silenzio quasi spettrale su quel piano, dedicato unicamente agli uffici amministrativi e dunque ormai deserto a quell'ora, se non per Hornette, Crow e loro due. Nate non è nemmeno certo se ci sia qualche traghetto che parta dall'isola dopo quell'ora. « Puoi passarmi pagina... » La voce gli muore in gola, mentre la stanza diventa buia per qualche istante. Nate sente il cuore battere più forte nel petto, e una strana ansia montare dentro. Una sagoma scura sorpassa la loro finestra, oscurando la poca luce che proviene dall'esterno, e si allontana noncurante, con la stessa rapidità con cui si è avvicinata. Nate chiude gli occhi per un momento, poi sospira, appoggiando la testa al muro alle proprie spalle. « Che... cazzo. Mi fanno prendere un colpo ogni volta. » Un breve cenno del capo verso la finestra, mentre cerca di riprendere il respiro. Si dice che l'effetto dei Dissennatori sia più efficace sulle persone che hanno visto e subito cose orribili, nella vita. È come cibo, per loro. Negli ultimi giorni Nate non ha fatto altro che domandarsi, ad ogni passaggio di quelle creature agghiaccianti, se fosse il suo animo ad essere particolarmente influenzabile o se quello fosse, piuttosto, un effetto comune a tutti. D'altro canto, Hornette gli sembrava alquanto tranquillo. Forse ci è abituato. O forse, più semplicemente, lui non è rimasto per mesi prigioniero di un edificio pieno di trappole infernali. Nemmeno Amunet in quel frangente pare cambiare espressione, ma di sicuro non perché il passaggio di un Dissennatore così vicino non la influenzi. Che ci siano traumi, nel suo passato, di cui quelle creature possano cibarsi, è indubbio: deve essere piuttosto la costante aria sconsolata della ragazza, in quei giorni, a mascherare, almeno in superficie, qualunque effetto negativo. Non ha potuto fare a meno di notare, il giovane, cose abbastanza ovvie, atteggiamenti e situazioni che gli hanno dato un'idea di che cosa possa star succedendo. Sospira, lo sguardo ancora fisso sulla ragazza, che pare persa in tutt'altro mondo. « Probabilmente mi consideri la persona più sbagliata al mondo con cui parlarne. » Non sono una spalla su cui piangere, gliel'ha detto tante volte, negli anni passati, esausto delle sue recriminazioni, e questo ne è l'inevitabile risultato. Ma tutto, si sa, è pressoché relativo, ed esistono situazioni e situazioni. Pur tuttavia, prima di continuare, Nate deve chiederlo a se stesso: ne sei proprio sicuro? « Ma mi sembra evidente che c'è qualcosa che non va. Non so quale sia il problema, e mi rendo conto che effettivamente non sono affari miei - puoi anche mandarmi a quel paese, se vuoi. Ma, credici o meno, non è importante, mi spiace vederti così. » Si stringe nelle spalle, con una certa naturalezza. Parla con sincerità, mentre allinea distrattamente un mucchio di fogli di carta, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata alla ragazza. « Non so se può servire a qualcosa, ma siamo in una stanza isolata, in un carcere di massima sicurezza - potrebbe essere il momento giusto per sfogarti e dire tutte le cattiverie che ti passano per la testa. Lo sai che per queste cose io sono una tomba. » Fondamentalmente perché non m'interessa nemmeno un po'. « Puoi anche insultare malamente Judah, se vuoi. Anzi, mi unisco volentieri, visto che abbiamo un paio di questioni in sospeso. Il suo elfo domestico mi ha ristretto in lavatrice cinque camicie italiane. Uno scempio. » Inarca un sopracciglio con fare eloquente, nella speranza di strapparle quanto meno un sorriso.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Nonostante fossero stipati nello stesso ufficio già da un paio di giorni, Amunet Carrow e Frederick Travers continuavano a studiarsi come due belve suscettibili. Nessuno dei due si sarebbe aspettato di trovare l'altro in quell'ambiente arido e ostile, eppure il destino aveva fatto sì che i due finissero sulla stessa barca, nell'ultimo posto in cui si sarebbero aspettati di trovarsi assieme. Frederick Travers non era di certo un nome del tutto nuoco nell'ambiente da cui proveniva Amunet; non certo il più famoso, ma nemmeno il più anonimo. Travers era stato un Mangiamorte nei suoi anni di gloria, in gioventù; ad Azkaban ci era già finito, con una condanna per favoreggiamento e corruzione, ma dopo aver scontato la sua pena, era tornato a lavorare per il Ministero della Magia, come avvocato di terza categoria. Si è salvato da una condanna per omicidio colposo ai danni della famiglia McKinnon, dichiarando di esser stato imperiato per rendersi complice di quel terribile massacro, e così si è evitato per un pelo anche il ritiro della licenza. Le sue vicende si intrecciano nuovamente con le note imprese del Prescelto ai tempi in cui quest'ultimo aveva poco più di diciassette anni. Ai tempi Travers, ancora una volta sotto Imperio - questa volta per davvero, giurerebbero alcune fonti -, avrebbe agito agli ordini di Lord Voldemort per mettere in croce i Nati Babbani. Fu infatti il censore capo della presenza dei nati babbani nel mondo magico, durante il periodo oscuro. Nessuno sa fino in fondo quanto tutto ciò sia vero o falso; certo è che la Wizengamot lo ha assolto di tutti i crimini compiuti in quegli anni, concedendogli di tornare nelle sue schiere come semplice avvocato d'ufficio. Il suo contrappasso era ed è tutt'ora passare carte ingiallite dal tempo e mostrare poco interesse nei confronti di qualunque caso. Rispetto alle foto che lo ritraggono giovane e bello nei libri di storia più approfonditi, l'uomo che Mun ha di fronte, sfiora la sessantina, odora di alcol e ha uno sguardo quanto mai vacuo. Una parte di lei sembra quasi essere smossa da quella figura, martoriata da un trascorrere degli anni non propriamente gentile e da una passione troppo ardita verso i liquori. Le mani di Frederick tremano di continuo, osserva le figure incappucciate fuori dalla finestra con disprezzo e, paradossalmente, con un timore quasi riverenziale; parla poco e quando lo fa è solo per chiedere a Mun di passargli qualche scartoffia, oppure per ordinarle di duplicarne qualche altra. È scorbutico e perennemente teso, e chiaramente non del tutto a suo agio con la figura di Mun nel suo spazio vitale. Frederick e suo padre dovevano essere pressoché coetanei, ma nonostante ciò la piccola Carrow non ricorda di aver sentito una sola parola spesa in merito di questo suo vecchio compare. In seguito al loro primo incontro, Mun ha appreso durante una visita di cortesia alla madre che Travers era stato considerato un traditore della causa; da pentito di mafia non solo in pubblico, ma anche nel privato, si era attirato le antipatie e l'odio di molti simpatizzanti di Tom Riddle, che lo espropriarono di ogni suo merito durante la guerra dei maghi. Durante i processi pubblici di quegli anni, Travers ne tradì molti, a tal punto che per paura di rimarci secco nel sonno per mano di qualche ex Mangiamorte, aveva dovuto trasferirsi chissà dove. Paradossalmente Azkaban è stata per anni, la sua ancora di salvataggio. Di dove fosse la lealtà di Frederick ora come ora, Mun non ne aveva la più pallida idea, ma a giudicare dal suo evitare di salire oltre il secondo piano della prigione, era evidente non si trovasse dalla parte dei detenuti - non di certo quelli dei piani alti. Non era di certo un pericolo: poco ma sicuro. Era invecchiato davvero male e si portava i suoi anni sulle spalle ancora peggio. A Mun dava l'impressione di un uomo annoiato che, giunto circa alla metà della sua esistenza, aveva già perso l'interesse verso qualunque forma di umana letizia. Di certo però si divertiva a dare il tormento a lei. Non più lontano di un paio di giorni prima le aveva fatto catalogare tutti i dossier dei detenuti più anziani della prigione. In alcune di quelle celle c'erano persone che sfidavano le vette del centinaio; mi chiedo come abbiano fatto a non trovare un modo per impiccarsi in tutto questo tempo. Perché in fondo, al di là di tutto, vivere lì giorno dopo giorno per anni, doveva essere di certo peggio del passarci venticinque ore settimanali. « Carrow. La posta di oggi? » Mun solleva lo sguardo dalle scartoffie che le sono state assegnate da compilare osservandolo con uno sguardo interrogativo. Glielo chiede come se in precedenze le avesse già detto di occuparsi della posta - cosa assolutamente mai accaduta. « La posta? » « La posta Carrow, la posta. Lettere.. gufi.. hai presente? Ricevete ancora posta a Cambridge, vero? » Travers la tratta come se fosse stupida, come se il suo grado di comprensione fosse inferiore al limite minimo consentito da quel lavoro. Sembra sapere molto su dove Mun sia nata e cresciuta. Di certo non sa tuttavia la piccola Carrow, a Cambridge non vive più da qualche anno. Non lo so.. me lo dica lei se riceviamo ancora posta a Cambridge. Questa la risposta che vorrebbe rivolgere al suo supervisore. Si morde tuttavia la lingua e si stringe nelle spalle. « Nulla dal Ministero? Niente che rechi il timbro della Wizengamot? » Gli occhi di Mun sembrano illuminarsi. Una lettera dall'Wizengamot può significare qualche caso, forse qualcosa per cui valga finalmente la pena di essere chiusa lì dentro. « Stiamo aspettando notizie del tribunale? È per un caso? » Chiede con sin troppo entusiasmo per il suo stesso bene. In tutta risposta il mago si alza in piedi, attraversa la stanza ed esce sbattendosi la porta alle spalle sotto lo sguardo confuso di una Mun sull'orlo di una crisi di nervi. Ma che problemi ha questo? Non le ci vuole molto per scoprire la fonte di tanto nervosismo. « CARROW! » Urla l'ubriacone dall'altra stanza. In tutta risposta Mun sbatte la piuma sulla scrivania abbandonando le pergamene che stava compilando per seguire la fonte della voce rauca che si sposta già verso l'altra estremità degli uffici amministrativi. « Oh, siete ancora qui. Perfetto. C'è un problema, Gideon. Il Wizengamot non ha mandato la proroga per la consegna delle pratiche con i rapporti completi. » E da qui, tutto il resto è storia già nota.

    « Mi spiace che sia rimasta bloccata qui anche tu. » Seppur a malincuore, Mun aveva mandato un biglietto a casa per avvisare che avrebbe fatto tardi. Si era astenuta dall'utilizzare il cellulare, anche perché spesso non prendeva neanche e, a dirla tutta non aveva alcuna voglia di mandare messaggi ad Albus. Un biglietto aveva un retrogusto più impersonale, garbato, ma pur sempre distante, esattamente come intendeva rimanere finché non avrebbe ricevuto delle scuse convincenti. Con un moto di pura apatia si era trascinata in quella stanzetta, iniziando a lavorare silenziosamente sul compito assegnato, dialogando di tanto in tanto con Nate con la stessa distanza. Non fredda, ma nemmeno particolarmente di grande compagnia, semplicemente sciupata persino della voglia di tentare di muoversi in alcuna direzione. Voleva solo finire il lavoro, farsi una doccia e mettersi a letto finché un nuovo giorno non si sarebbe ripetuto con la stessa scansione di quello precedente, ormai convinta che nulla sarebbe cambiato, ma ben intenzionata dalla sua di non muovere alcuna pedina in una direzione o in un'altra. « Qui manca pagina sette... E nove... E ventiquattro, e quarantacinque. Trovato qualcosa? » « Ventiquattro e venticinque.. » Asserisce quasi automaticamente qualche minuto dopo interrompendo un pesante silenzio mentre afferra le due pagine allungandogliene con naturalezza, prima di tornare sul suo fascicolo rimettendo in ordine le pagine disordinate. A tratti presentano qualche bruciatura dovuta alla cenere di una disattenta sigaretta e una grafia spenta. Questo qua scrive coi piedi, oltretutto. « Se non siamo fuori di qui prima di mezzanotte, io impazzisco. » È chiaro che Nate non si sia ancora adattato ad Azkaban. A dirla tutta nemmeno Mun ci riesce, ma in fondo ha deciso di tenere la testa bassa, remando dritto, nella speranza che una volta compiuto quello step avrebbe finalmente potuto aspirare al suo tirocinio dei sogni. Che poi, qual era il suo tirocinio dei sogni? Un tempo avrebbe detto di aspirare solo ed esclusivamente all'Wizengamot; ora invece, in seguito al rifiuto ricevuto durante il periodo estivo, non era più così convinta. C'erano altre prospettive oltre l'organo di punta della legislazione magica inglese. C'era altro oltre quella cortina di fumo che immaginava dovesse essere la sua vita. Le aspettative cambiano, si aggiustano, si ridimensionando.. oppure sono le prospettive a cambiare, ad allargarsi, a diventare più dinamiche e flessibili. « Non è così male.. se non consideri che Travers probabilmente mi detesta e l'unica altra dipendente donna è la segretaria di Gaunt. » Storce il naso e si stringe nelle spalle. Anche quel disagio era passato in sordina, così come le continue battutacce delle guardie, il loro accanirsi contro la carne fresca e il loro palese tentare di rendere la loro vita impossibile.
    « Puoi passarmi pagina... » Mun solleva lo sguardo con fare interrogativo prima di seguire gli occhi di Nate pietrificati, rivolti a seguire una delle nere presenze fluttuanti che svolazzano oltre la finestra, portando nella stanza un vento di aria gelida. Il suo sguardo appare quanto mai impassibile. I Dissennatori di certo non le sono indifferenti, anzi, sembrano esercitare su di lei una fascinazione inedita verso il regno della segregazione e dell'apatia. Quel luogo la rende ermetica, sigillata a qualunque forma di tentativo di rianimazione fisica e psichica. Riabbassa istintivamente lo sguardo sul terzo e quarto fascicolo che sta riordinando contemporaneamente, scuotendo appena la testa con un moto divertito. Allora c'è qualcosa che ti fa paura. Nate è sempre sembrato impenetrabile, una figura enigmatica quasi impossibile da leggere fino in fondo. Mun vantava una conoscenza piuttosto profonda del ragazzo, ma nonostante ciò, non poteva dire di conoscerlo per davvero. Non era mai chiaro quando provasse affetto e quando indifferenza, quando interesse o disprezzo. A tratti sembrava, la sua figura fosse congelata, costretta sottovuoto, affinché non lasciasse trasparire nulla - nulla di negativo per la sua immagine perfettamente confezionata. « Che... cazzo. Mi fanno prendere un colpo ogni volta. » La fragilità di quel Douglas che nulla sembrava scalfire, si staglia ora di fronte ai suoi occhi con una certa insistenza, mentre Mun dal canto suo sembra tutto fuorché impressionata da quel senso di terrore che volente o nolente i Dissennatori sono in grado di instillare nell'anima di chiunque. La Serpeverde dal canto suo, una sorta di Dissennatore invisibile, per giunta comunicante, l'aveva avuto al seguito per molto tempo. E Lui era di certo molto più terrificante. È di quelli come lui che bisogna aver paura. Di quelli che parlano. Di quelli che ci leggono dentro e ce lo sbattono pure in faccia. « Devi imparare a ignorali. » Una cosa che tra l'altro ricordo sapessi fare molto bene, ma quel commento acido evita di farlo a voce alta. « ..e poi, se dovessero attaccarti puoi sempre sbattere lo scandalo in prima pagina. » Stira un leggero sorriso prima di tornare a gettare sul tavolo un'altro fascicolo completato che prende il volo e si dirige automaticamente verso la stanza accanto, in cui i loro rispettivi supervisori parlano a voce alta, bestemmiando e probabilmente bevendo ancora una volta troppo whisky. « Probabilmente mi consideri la persona più sbagliata al mondo con cui parlarne. » A quelle parole non sembra reagire, seppur lo ascolti. Mantiene lo sguardo basso e sospira appena mentre tenta di destreggiarsi tra altre pagine disordinate, foto e liste di prove che vanno allegate ai fascicoli. « Ma mi sembra evidente che c'è qualcosa che non va. Non so quale sia il problema, e mi rendo conto che effettivamente non sono affari miei - puoi anche mandarmi a quel paese, se vuoi. Ma, credici o meno, non è importante, mi spiace vederti così. » Istintivamente Mun solleva lo sguardo per osservarlo.
    tumblr_pnmc3ge4AT1rz101bo9_250
    Così come? vorrebbe chiedergli, ma persino tentare di far sentire Nate a disagio è diventato un passatempo di cui Mun riesce a fare benissimo a meno. « Non so se può servire a qualcosa, ma siamo in una stanza isolata, in un carcere di massima sicurezza - potrebbe essere il momento giusto per sfogarti e dire tutte le cattiverie che ti passano per la testa. Lo sai che per queste cose io sono una tomba. Puoi anche insultare malamente Judah, se vuoi. Anzi, mi unisco volentieri, visto che abbiamo un paio di questioni in sospeso. Il suo elfo domestico mi ha ristretto in lavatrice cinque camicie italiane. Uno scempio. » Per un istante Mun sorride appena all'idea di una scena di Nate nei confronti di Jude su un argomento talmente sciocco come un paio di camice. Perché è diventato così difficile parlare? E' mai stato facile? A dirla tutta, tutto ciò le crea in un certo qual modo una sorta di imbarazzo. Sembra quasi non ricordare nemmeno più come fossero i tempi in cui erano amici. Forse perché precedentemente la loro amicizia era tarata su un certo tipo di convenzioni sociali che, col tempo, Mun aveva lentamente cancellato dalla sua vita. Adesso, pensando a un amico, pensa a un abbraccio sincero, pensa a qualcuno con cui riesce davvero a lamentarsi dei piccoli problemi della vita quotidiana. L'amicizia di Mun e Nate non è mai stata basata su ciò; ai tempi lei era una bambina sin troppo ambiziosa per il suo stesso bene, e Nate, a sua volta era un bambino troppo arrogante per lasciarsi anche solo tentare dall'idea che Mun potesse in qualche maniera giungere fino in fondo ai suoi sogni di gloria. Mun era pungente, e lui la trovava adorabile per il modo in cui si sforzava per misurarsi con i suoi ragazzi.« Di Jude me ne sono occupata. » Asserisce infine stringendosi nelle spalle prima di ordinare sul tavolo un altro paio di fascicoli prima di appoggiarvisi contro il naturalezza. « Ho messo le cose in chiaro, e ora sta a lui decidere cosa vuole fare della sua vita. Ad essere onesta mi sono un po' stancata di tentare di conquistarmi la sua approvazione. » Una cosa che Mun ha fatto per molto tempo. Vincere l'approvazione di Jude, di Nate, dei suoi ragazzi, di suo padre, della società intera. Basta. Ne ho abbastanza. « Sono giunta alla conclusione che non devo conquistarmi l'approvazione di nessuno. Forse in fondo sono gli altri a doversi conquistare ogni tanto la mia. » ..e se non la voglio, beh, non abbiamo alcun problema. Non sa quanto Nate sia al corrente con le vicende della famiglia Carrow, e poiché non vuole creare l'ennesimo caso diplomatico con il gemello, decide di tenere le cose sul vago. « Per il resto.. beh, non so cosa vuoi che ti dica. Nemmeno tu hai la faccia di uno che ha passato le ultime notti al Four Season. » Si stringe nelle spalle volgendo lo sguardo verso il soffitto; un soffitto sporco, giallo, le cui incrostazioni fanno venire il voltastomaco. « Sai.. credo di aver esaurito le energie per.. lamentarmi. » Una rivelazione che le viene lì sul momento, forse sulla scia degli ultimi giorni di silenzio assordante che ha dovuto subire nella sua stessa casa. « Non mi ha giovato più di tanto fino a questo momento, quindi penso sia tempo di cambiare strategia. Ci sono posti peggiori di Azkaban, e siamo stati decisamente peggio di così. » Pausa. « Bicchiere mezzo pieno. » Continua come se fosse una cosa ovvia, seppur non lo sia affatto. « E poi, in fondo, ti conosco abbastanza bene da sapere che te ne pentiresti non appena dovessi cominciare, quindi, credo che per oggi ti ti concederò la cortesia di salvarti dal girone è così difficile essere Amunet Carrow. » Le ultime parole, dette sull'orlo di un leggero sorriso, nascondono tuttavia una profonda verità. Quel sua irrefrenabile voglia di ricercare, appunto, l'approvazione di chiunque, finendo solo per rendersi ridicola agli occhi di ogni essere umano sulla faccia della terra. Lentamente sparirà anche lei. E vi mancherà. Perché state creando di peggio. E questa, signori e signore, è l'essenza del detto si stava meglio quando si stava peggio. « Il tuo responsabile sembra una persona.. estremamente allegra. »



     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    « Devi imparare a ignorarli... E poi, se dovessero attaccarti puoi sempre sbattere lo scandalo in prima pagina. » È curiosa, se ci si riflette su, la presenza di quel forte senso di disagio e inadeguatezza che lo assale ad ogni passaggio di una di quelle creature; è curioso perché Nathan è sempre stato fin troppo bravo a ignorare: le cose, le persone, i sentimenti. La sua personalità è in qualche modo costruita interamente intorno al concetto dell'indifferenza pura, che gli permette di rendersi freddo e imperturbabile dinanzi al divenire del mondo. Il passare degli anni, e in particolar modo il susseguirsi delle incresciose vicende che l'hanno visto protagonista, gli hanno fatto intuire di star gradualmente perdendo questa sua dote - in questo modo l'ha sempre considerata, per lo meno. Non crede di star sviluppando alcuna forma di empatia o sintonia con il mondo esterno, ma piuttosto è convinto si tratti di una spiacevole perdita di bilanciamento: si è lasciato travolgere forse troppo, e può avvertire dentro di sé qualcosa oscillare con maggiore intensità e frequenza, come l'asticella di un metronomo impazzito che non riesce più a trovare il proprio centro. Allo stesso modo Nate non trova più il fulcro di ogni suo equilibrio, ciò che prima gli concedeva quella placidità e atarassia perfetta, che oggi non saprebbe più riscoprire. Si domanda se ciò lo rattristi o meno, e prevedibilmente non sa rispondersi. « Certo che farebbe scalpore » osserva, sospirando in una smorfia divertita per commentare la battuta dell'amica. « Sai? Quasi quasi lo gradirei. Giusto per godere della povera figura che farei fare al Ministero e all'Ufficio Tirocini per gli studenti. » Il tono piccato ma ironico che assume deve ricordare alla giovane Carrow della sua profonda insoddisfazione nei riguardi di quella occupazione che, seppur temporanea, non riesce proprio a farsi andar bene. Si crogiola per qualche secondo ancora nel silenzio che cala tra loro immediatamente dopo a quelle parole, e si dedica a qualche altra pratica, prima di riprendere la parola. Formula un interrogativo davvero poco da sé: anche con Mun, che annovera nella lista delle persone a cui è più legato, ha sempre evitato di fare questo tipo di domande, in parte per disinteresse, in parte perché si è sempre sentito fuori luogo nei panni del Confessore. Non sarò mai una spalla su cui piangere, gli aveva detto anni prima, e a conferma di quella promessa aveva fatto di tutto nei mesi successivi per dimostrarle la sua sostanziale assenza da quel punto di vista. Troppo orgoglioso per ammettere perfino a se stesso di essersi pentito di certe scelte, e degli effetti che avevano poi sortito, ha preferito raccontarsi che non avrebbe saputo fare altrimenti - era semplicemente la sua natura. Ma i suoi stati d'animo più recenti ed un sostanziale (seppur poco percepibile dall'esterno per alcuni) cambio di atteggiamento gli dimostrano sempre più come quella che un tempo reputava mera noncuranza nei confronti dell'altro era forse in realtà un'incomprensibile chiusura in sé, difficile - ma non impossibile - da contrastare.
    « Di Jude me ne sono occupata. » Un sorriso divertito e vagamente ammirato non può che accarezzare le sue labbra piene, nel sentirla pronunciare quelle parole con un tono tanto deciso. Me ne sono occupata, un'espressione così tipicamente in armonia con il personaggio di Amunet Carrow e la sua flemma autoritaria. « Ho messo le cose in chiaro, e ora sta a lui decidere cosa vuole fare della sua vita. Ad essere onesta mi sono un po' stancata di tentare di conquistarmi la sua approvazione. Sono giunta alla conclusione che non devo conquistarmi l'approvazione di nessuno. Forse in fondo sono gli altri a doversi conquistare ogni tanto la mia. » Nate nel sentirla parlare avverte una specie di ingiustificato orgoglio interiore. Quella che ha davanti ha smesso di essere la piccola Carrow già da un pezzo: è diventata una donna a sé stante, capace di autodeterminarsi indipendentemente dall'approvazione dei fratelli maggiori. E notare questi dettagli gli fa piacere, per quanto Nate non possa definirsi testimone di nessuna parte di quel processo di crescita. Allarga le braccia, con fare accondiscendente. « Non avrei saputo dirlo meglio. » Conosce Judah da tempo, e sa perfettamente quanto difficile possa risultare il suo carattere in più occasioni. « Ma sai com'è tuo fratello. Dagli un po' di tempo e si calmerà - qualunque sia il problema. » Non è certo del motivo delle discussioni tra i due gemelli, vista la riservatezza del coinquilino, ma può tuttavia immaginarne la natura. « Sai.. credo di aver esaurito le energie per.. lamentarmi. » Inarca un sopracciglio, rivolgendole un'occhiata sbalordita. « Dici sul serio? Ero convinto che per quello prendessi energie da fonti illimitate e sempre rinnovabili. » Un sorriso di scherno e una risata canzonatoria alleggeriscono per qualche secondo l'atmosfera di quell'ufficio angusto. « Non mi ha giovato più di tanto fino a questo momento, quindi penso sia tempo di cambiare strategia. Ci sono posti peggiori di Azkaban, e siamo stati decisamente peggio di così. Bicchiere mezzo pieno. » Il giovane serra le labbra, prima di lasciar scorrere lo sguardo sulla finestra con le sbarre di fronte a loro. Non sa vederla allo stesso modo. « Però non è da te. » Si lascia scappare quell'osservazione apparentemente innocua, ma che non può che nascondere una punta di giudizio. Amunet Carrow non si è mai accontentata. Se esiste qualcosa che negli anni Nathan ha imparato dell'amica, è che possiede un innato senso di giustizia, a cui mai avrebbe rinunciato. Amunet non si lamentava per il mero piacere di infastidire chi le stesse vicino, ma lo faceva perché era evidente come sentisse, nel profondo del suo animo, un'irrefrenabile bisogno di risanare equilibri del mondo. Quella passività pare infastidire vagamente il giovane, che per la prima volta avverte intorno a sé come un macigno il peso dell'altrui inerzia: si fosse ritrovato nella posizione migliore tra tutte, con un interessante tirocinio negli Uffici del Ministero, certamente lui stesso avrebbe partecipato a tale inerzia - un problema non è un problema se non ti riguarda, questa la sua filosofia di vita, che adesso forse gli mostra i suoi lati peggiori. Ma Mun non era fatta così, e le sue proteste non necessariamente nascevano da una necessità personale: più che altruista Nathan l'avrebbe definita equa. E il fatto che questa sua ricerca per l'equità fosse venuta a mancare proprio in quei momenti, proprio quando lui stesso avrebbe gradito un'alleata (per cosa, poi? Per il suo solo sdegno? Probabilmente sì), era per lui come ricevere una puntura fastidiosa. « E poi, in fondo, ti conosco abbastanza bene da sapere che te ne pentiresti non appena dovessi cominciare, quindi, credo che per oggi ti ti concederò la cortesia di salvarti dal girone è così difficile essere Amunet Carrow. » Nate tace, volgendo lo sguardo verso le scartoffie ai loro piedi. Gli verrebbe da suggerire che in effetti potrebbe pentirsene, ma che accetterebbe comunque la sfida. In fondo i loro scambi pieni di sincerità e brutalità gli mancano. Gli verrebbe da dire che per una volta potrebbe subire lei le viziose torture del girone chiamato "È così difficile essere Nate Douglas", che forse ne beneficerebbe, ma per qualche motivo tace. Pensa che certe cose evidentemente devono essere così. Si stringe le spalle, recuperando un plico di fogli più pesante degli altri, e scuote la testa. « Come preferisci. »

    « Ti posso parlare due secondi? » Sfrutta l'ora di pausa che è concessa loro per intercettare la giovane Serpeverde. La trova in uno dei corridoi del primo piano, fortunatamente sola, intenta a fissare lo schermo del proprio telefono. Potter fortunatamente non sembra essere nei paraggi, il che gli suggerisce come questo sia il momento perfetto per questa conversazione. In lontananza nota Judah e Sirius mano nella mano avvicinarsi nella loro direzione. « In privato, possibilmente » aggiunge, con pacatezza, e solo quando ha ottenuto il consenso della mora le fa cenno di seguirlo, e comincia a camminare lungo il corridoio, in direzione dell'ufficio della Kernberger, la quale si è concessa una lunga pausa pranzo insieme ad un paio di amiche a Londra. Gli sembra il luogo più consono (e più lontano da orecchie indiscrete) per poter parlare di quello che ha a mente. Dopo il colloquio con il Ministro della Magia, Nathan si è senza dubbio sentito rassicurato dal pensiero che qualcuno ai piani alti del Ministero avesse preso seriamente la questione - ma, fuori da quell'ufficio, col passare del tempo e l'assenza di novità, la sua mente ha ricominciato a rimuginare inevitabilmente, talvolta gettandolo in momenti di parziale sconforto. Non si è mai ritenuto una persona particolarmente audace - e probabilmente denunciare i fatti riguardanti lo Shame rappresenta una delle cose più difficili che abbia mai fatto: e per quanto tale denuncia non sia stata fatta a cuor leggero, solo dopo il colloquio avuto con la Flamel ha iniziato davvero a sentire il peso delle potenziali ripercussioni delle sue azioni. Prima di entrare, si sfila il cellulare dalla tasca e lo indica alla ragazza, facendole cenno di fare lo stesso. Con un colpo di bacchetta allontana entrambi i dispositivi, protetti da una bolla insonorizzata che fa apparire all'istante, verso la fine del corridoio. Una volta dentro l'ufficio, si chiude la porta alle spalle, e aspetta qualche momento prima di parlare. Non è certo di che cosa stia cercando in questo momento, forse una mera rassicurazione da parte dell'amica che il loro nemico potrebbe essere sopito per sempre, o quanto meno ancora per un po'. « Ho bisogno di sapere una cosa. E mi faresti un enorme favore ad essere il più sincera possibile, Mun. » Sospira, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi alla porta alle proprie spalle, gli occhi chiari che scivolano da un punto imprecisato in fondo alla stanza in quelli della mora. « Quand'è stata l'ultima volta che hai ricevuto un messaggio dallo Shame? » Aggrotta la fronte. Probabilmente un interrogativo che sembra sbucare fuori dal nulla, dal punto di vista della giovane Carrow. « Io non ricevo nulla dal primo giorno qui ad Azkaban, quando ci ha contattato tutti. Tu sai di qualcuno che ha avuto contatti più recenti di quel giorno? »
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Mun è china su un paio di fascicoli che il suo responsabile le ha affidato per la giornata. Rodolphus Pratt non le piaceva né più, né meno del suo predecessore. Aveva la vaga sensazione tuttavia, che in quel momento avrebbe dovuto pensare ad altro. Un uccello del malaugurio aveva portato cattive notizie quella mattina nell'ufficio al secondo piano della giovane Carrow. Si tolse gli occhiali da vista e uscì nel corridoio; cellulare alla mano per scorrere le notizie del giorno. E allora che, incontra gli occhi chiari di Nathan Douglas che percorre la distanza che li divide con una certa rapidità. « Ti posso parlare due secondi? » Mun annuisce e lo invita a sedersi su una delle poltroncine della piccola stanzetta a lei adibita, mentre rientra per rimettere in ordine il suo lavoro arretrato. Sembra voler continuare imperterrita sulla strada dell'ignoranza finché non avrebbe dovuto fare diversamente. Nessuno metteva Amunet Carrow in un angolo; quello era ormai un fatto risaputo. E questa volta, la giovane, era pronta a trasformarsi in un'arpia più di quanto non avesse già fatto in passato. Ecco perché non ha smesso di lavorare nonostante la sospensione di cui era stata informata quella stessa mattina. Sospirò affondo pronta ad affiancarlo su una delle poltroncine del piccolo ufficio che Pratt le aveva assegnato, ma fu Nate a fermarla, con uno sguardo piuttosto eloquente. C'era emergenza tra le pieghe delle sue iridi. « In privato, possibilmente » Corruga la fronte, Mun, in tutta risposta, piuttosto confusa e si guarda attorno constatando che tutto sommato sono da soli. Non capisce quindi a cosa si riferisca il giovane Douglas, ma decide di allargare le braccia osservandolo con un'espressione interrogativa. « Va bene.. » Asserisce con un tono circostanziale. Non capisce che cosa intende con in privato. Azkaban per tanti versi è una delle realtà più private che esista. Oltre alle guardie, che spesso badano agli affari loro, ci sono solo loro: i piccoli tirocinanti che hanno invaso la prigione più famosa del Regno Unito, e pochi altri elementi del personale, che il più delle volte non badano nemmeno alla presenza dei giovani che ogni giorno percorrono quegli stessi corridoi. Lo segue fino all'altro capo del corridoio in silenzio, salutando un paio di guardie che passano loro accanto. Hanno imparato ad essere educati con loro, e lei dal canto suo non si è mai permesso di fare diversamente, convinta che, per sopravvivere tra quelle grigie mura, dovesse risultare il più collaborativa possibile. Nate la conduce fino all'ufficio della sua responsabile, e al suo invito, Mun tira fuori il cellulare dalla tasca del blazer, lasciandolo fluttuare in aria assieme a quello di Nate, sotto l'incanto di una bolla insonorizzata. A quel punto allarga nuovamente le braccia appoggiandosi alla scrivania della nota avvocatessa che sta seguendo Nate, e lo osserva con fare interrogativo. « Insomma, hai intenzione di dirmi cosa ti è preso? » Non era da Nate comportarsi così. Aveva negli occhi l'incertezza di un essere paranoico; si guardava attorno con un certo grado di sospetto, come se si aspettasse di veder spuntare un fantasma attraverso le pareti di cemento armato da un momento all'altro. Il Quartier Generale sospende me, e la paranoia prende a te! Questa si che è una novità. Quel discorso però lo evita, anche per una forma di amor proprio. Non è certa di voler confessare a Nate di essere stata sospesa. « Ho bisogno di sapere una cosa. E mi faresti un enorme favore ad essere il più sincera possibile, Mun. »
    Mun corruga la fronte, annuendo. Non è certa di poter essere sincera con Nate su qualunque argomento, ma vuole almeno lasciargli l'impressione che lo sarà. Di certo se è giunto a fargli una simile richiesta deve quanto meno trattarsi di qualcosa di serio e il fatto che non vuole correre il rischio di essere ascoltato, ne è un più che chiaro segnale. « Quand'è stata l'ultima volta che hai ricevuto un messaggio dallo Shame? » Gli occhi di ghiaccio della giovane, si fanno se possibile, ancor più glaciali. Hai ricevuto qualcosa? Di nuovo? Si irrigidisce istintivamente, massaggiandosi le tempie istintivamente. « Io.. io non capisco! » La sua reazione è di puro sgomento e confusione. Non parlano dello Shame da decisamente tanto tempo; senza contare che, Mun in primis tende ormai a ignorare la sua esistenza. Le ha causato sin troppi problemi. Non ne vuole più sentir parlare; quell'argomento, la piccola Carrow lo ha letteralmente archiviato nella sua testa dopo che ha quasi fatto saltare in aria la sua intera famiglia. « Io non ricevo nulla dal primo giorno qui ad Azkaban, quando ci ha contattato tutti. Tu sai di qualcuno che ha avuto contatti più recenti di quel giorno? » Mun, dello Shame, si è solo portata avanti le conseguenze della notte degli orrori. Tolto il messaggio piuttosto minatorio che ha ricevuto a settembre, non ne ha più sentito parlare. E non ne ha più parlato. « No. » Taglia corto e in maniera sbrigativa. « Non ho ricevuto niente e non so niente. » Messa in quella maniera, con un tono talmente freddo da gelare ulteriormente l'atmosfera della stanza, l'atteggiamento di Mun poteva solo che sembrare omertoso. Sospirò quindi e tentò di rilassarsi. « Davvero. Nessuno di mia conoscenza ha ricevuto niente.. » Si stringe nelle spalle. A dirla tutta a quel punto lo Shame le è persino un po' passato di mente. E' facile dimenticare l'origine della propria disfatta quando litighi con tutte le forze che hai nel corpo con la persona più importante della tua vita. Albus e Mun, per esempio, nei confronti dello Shame, si sono annichiliti a vicenda, spolpandosi fino all'ultimo briciolo di energia l'un l'altro. « Perché questa domanda ora, Nate? » Le chiede di scatto alzando lo sguardo per incontrare il suo con fare indagatore. Non parliamo dello Shame da tempi immemori. A essere onesta, Mun non ricordava nemmeno di aver affrontato mai in maniera tanto diretta il discorso con lui. Lo avevano fatto durante l'assemblea, quando il gioco era ancora piuttosto innocente, ma in fondo, non avevano mai tentato di affrontare il discorso in maniera organica. Mun e Nate sembravano spesso distratti da altro l'uno nei confronti dell'altro. Questioni futili; tirocini, Astra, stupide visioni diverse di come dovrebbero prendere le proprie decisioni o di come comportarsi. Cose futili, appunto. « Ti ho detto la verità: non so niente. Ora dimmela tu la verità: perché me lo chiedi proprio ora? » Avanza un passo nella sua direzione incrociando le braccia al petto. In che casino ti sei cacciato? Perché di certo in qualche casino si era cacciato se era stato portato a comportarsi in quella maniera.



     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    Lo sguardo interrogativo di Amunet era prevedibile. È forse anzi la prima cosa che sfiora la mente di Nathan nel momento in cui sceglie di rivolgersi a lei per rispondere a quei dubbi che già da qualche giorno lo attanagliano. Si sente un po' diverso: non sa bene perché, ma è come se negli ultimi tempi abbia perso tutte le proprie certezze d'un colpo. Inizia a percepire come quella sicurezza innata che dimostra in ogni suo gesto si stia lentamente sgretolando dall'interno, come demolita, pezzo dopo pezzo, da un qualcosa che non ha né volto né voce. Questa forse è la parte peggiore - non sapere. Nate è sempre partito dal presupposto che non si può temere ciò che si conosce, perché qualunque cosa comprensibile sul piano logico deve poter essere sconfitta in qualche modo. Ma come circuire, combattere, anticipare le mosse di un'entità mai ben definita, il cui movente resta ignoto, le cui manovre paiono totalmente prive di senso compiuto?
    « No. Non ho ricevuto niente e non so niente. » Il giovane Serpeverde pare emettere un sospiro di sollievo, mentre il suo sguardo si ammorbidisce - eppure si ritrova a serrare i denti nuovamente, nel sentire l'amica tanto rigida e impostata di fronte a quella domanda. Per qualche motivo aveva creduto che parlare ad Amunet di quello che era successo nell'ufficio della Ministra fosse una buona idea. Lei avrebbe capito la sua scelta, e probabilmente avrebbe anche supportato la decisione presa, nel misero tentativo di ottenere un briciolo di riconoscimento dopo tutte le angherie subite. Ma Nate ha dimenticato che Mun non è più la stessa, che la sua sete di giustizia pare essersi prosciugata da qualche tempo, sostituita da un estraneo senso di gelida indifferenza. Non sembra più nemmeno lei. Se non fosse tanto adombrato dai suoi pensieri e riflessioni, forse Nate riderebbe di questa situazione. Lui, a chiedere aiuto all'amica nel voler denunciare (forse inutilmente) un'ingiustizia subita, e lei a stringersi nelle spalle e far finta di niente, con una certa noncuranza. Il mondo capovolto. Un ironico contrappasso che mai avrebbe pensato di vedere, ma che pare esattamente speculare ad una situazione già vissuta. Non può che interrogarsi se la fiducia che ripone in Amunet stia per essere spezzata allo stesso modo in cui lui aveva distrutto ogni speranza che lei nutriva nei suoi confronti, quel pomeriggio di un anno e mezzo prima nella sala privata di quel ristorante. Forse te lo meriti e basta, si direbbe, se non fosse così fermamente convinto di ciò che sta facendo, e se avesse un briciolo di autostima in meno. « Davvero. Nessuno di mia conoscenza ha ricevuto niente.. » Annuisce, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri, visibilmente sollevato da quell'informazione. « Bene » commenta spicciolo, distogliendo lo sguardo da quello della ragazza. Decisamente bene.. Non abbastanza, però, perché per qualche motivo quelle parole non sono sufficienti a placare il suo animo invaso dalle preoccupazioni più svariate.
    Aggrotta la fronte, apparentemente perso in qualcuno dei suoi ragionamenti, e gli ci vuole qualche secondo prima di registrare una domanda che la mora gli ha appena posto, con evidente curiosità nella voce. « Perché questa domanda ora, Nate? » Curiosità legittima. La confusione di Amunet è prevedibile, come abbiamo già detto, ma Nate, per una volta, non ha architettato una giustificazione credibile, né qualche menzogna che possa coprire alla bell'e meglio le vere motivazioni di quella sua curiosità così strana, così fuori tempo e inevitabilmente sospetta. Colto dalla necessità di sapere, togliersi il dubbio nella speranza di ricevere una risposta negativa dall'amica, non ha riflettuto forse abbastanza alle implicazioni successive. Una parte di sé pensava che avrebbe potuto parlarle tranquillamente di tutto, ma la sua reazione immediata a quell'interrogativo gli ha fatto cambiare idea. Tuttavia mentire, a questo punto, è fuori discussione: Amunet non è stupida, e lui, per quanto si ritenga assai intelligente, sa di non essere abbastanza scaltro da inventare così su due piedi una scusa credibile che non la insospettisca ulteriormente. « Ti ho detto la verità: non so niente. Ora dimmela tu la verità: perché me lo chiedi proprio ora? » Corruga la fronte, mentre si stringe nelle spalle e si morde il labbro inferiore, gli occhi chiari che viaggiano da quelli celesti di Amunet a più punti all'interno di quella stanza, come a volerne fuggire. Cerca di prendere del tempo, mentre riflette meglio su ciò che può e non può dire.
    « Hanno aperto un'indagine al Ministero. » Una cosa di dominio comune, come d'altronde lo era che lui avesse sporto denuncia. E di questa informazione doveva esserne consapevole anche lo Shame, che si era adoperato per cancellare i suoi dati da quelle pratiche - o almeno così lui era convinto. « Qualche giorno fa sono stato convocato da Eurus Flamel e ho testimoniato. » Si stringe nelle spalle. Capisce che qualunque menzogna sarebbe inutile - primo perché non ha motivo di mentire ad Amunet, e secondo perché non guadagnerebbe nulla dal silenzio e dall'anonimato che ha effettivamente richiesto alla Ministra. « Te ne sto parlando in confidenza, Mun. Mi faresti un gran piacere se non diffondessi estensivamente quest'informazione in giro. Probabilmente è chiederti tanto, ma ti pregherei di non parlarne nemmeno con Albus. » Parole a vuoto, probabilmente, ma tentar non nuoce. Inspira, profondamente. Visibilmente stanco e provato da quella situazione e dalle preoccupazioni e lo stress che gli ha causato. « Forse non sarai d'accordo con quello che ho fatto - spero capirai le mie motivazioni, e che questa era la strada più corretta da prendere. » Su questo non c'è dubbio.
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Era da molto tempo che il discorso dello Shame non tornava in maniera così prepotente nella diretta schiera di interessi di Mun. Persino durante le cruenti discussioni con Albus, Mun ha sempre evitato di parlare del vero problema che in fondo aveva toccato anche il loro rapporto fino a portarlo a un punto davvero critico. Qualunque cosa succedesse, la piccola Carrow sembrava aver perso il coraggio persino di nominare quel meccanismo infernale, che aveva scatenato in lei ricordi dolorosi e non semplici da digerire. L'app maledetta l'aveva messa di fronte ai suoi peggiori incubi: le ha fatto ricordare così tante cose che avrebbe ben volentieri preferito dimenticare per sempre, o almeno assopire finché non fosse assolutamente necessario farli riemergere. In quel momento quindi, colta da una sorta di palese panico, si ritrovò a osservare Nathan con un senso di emergenza e spaesamento, attendendo da parte sua una qualunque risposta. Che cosa non mi stai dicendo? Aveva paura di scoprire la risposta, e il fatto che Nate avesse mandato via i cellulari le fece pensare per più di qualche istante che fosse nei guai. L'idea che quel meccanismo malato fosse tornato la spaventava terribilmente e il fatto che l'amico risultasse così spaventato anche solo all'idea di parlarne, la metteva ulteriormente in guardia. Eppure, a ciò che avrebbe scoperto di lì a poco non era pronta e non lo sarebbe mai stata. Di tutte le cose che Nate avrebbe potuto raccontarle, quella era l'ultima che si sarebbe aspettata. « Hanno aperto un'indagine al Ministero. Qualche giorno fa sono stato convocato da Eurus Flamel e ho testimoniato. » Una doccia fredda. Improvvisamente. Violenta fino al punto di obbligarla a indietreggiare di un passo scontrandosi con la scrivania alle sue spalle appoggiandovisi contro. Si portò una mano sul petto mentre deglutiva, sentendo una chiara fitta al cuore. No; non se lo aspettava e non sapeva nemmeno collegare con lucidità quella notizia che le era stata data in maniera talmente netta e definitiva. Non era un'ipotesi, non un dovrei testimoniare, è possibile che debba testimoniare. Era una situazione concretizzata, già accaduta, incastonata nel passato. « Te ne sto parlando in confidenza, Mun. Mi faresti un gran piacere se non diffondessi estensivamente quest'informazione in giro. Probabilmente è chiederti tanto, ma ti pregherei di non parlarne nemmeno con Albus. » Mun dal canto suo sembra udire le parole di Nate in maniera ovattata, mentre una dopo l'altra in sequenza, le conseguenze di quel atto arbitrario si dispiegano dinanzi a sé con non poca veemenza. Quante volte non avrebbe voluto correre al Ministero e denunciare subito quanto subito dallo Shame. Quanto volte non avrebbe voluto urlarlo ai quattro venti.. eppure, ogni volta desisteva, convinta che, qualunque informazione avesse quell'app sul suo conto, sarebbe bastata per metterla al fresco per più di un paio di mesi. Non era uno scherzo. Chiunque ci fosse dietro sapeva, e aveva anche dimostrato loro di avere il potere di fare qualunque cosa volesse. Non si era stupita quando aveva compreso che non era l'unica che aveva sin troppe cose da perdere semmai avesse deciso di fare la cosa giusta. Lo Shame li aveva incastrati; aveva incastrato lei e Albus, i loro cari e le persone immediatamente vicine. Quando nemmeno Sirius, che sembrava incapace di fare del male persino a una mosca, aveva evitato di parlare di quanto accaduto quella notte, si era quasi sentita rincuorata. Ai tempi era quasi certa che la mina vagante sarebbe stata lui - e invece ho sbagliato tutto. « Capisco.. » Ma non era assolutamente vero. Mun non capiva. Non capiva assolutamente nulla; soprattutto non capiva come mai fosse diventata così poco minuziosa. Le liti domestiche l'aveva distratta sin troppo, e mentre là fuori stava succedendo di tutto, lei era ancora intenzionata a fare a tutti i costi la guerra ad Albus. « Forse non sarai d'accordo con quello che ho fatto - spero capirai le mie motivazioni, e che questa era la strada più corretta da prendere. » Per qualche istante Mun resta in silenzio. E' come se tentasse di processare le sue parole. « Capisco.. » Ripete una seconda volta annuendo. Ma non è affatto così. Non sta capendo. Quando i ruoli si sono invertiti così velocemente? Ad un certo punto solleva lo sguardo e lo osserva freddamente, mentre incrocia le braccia al petto. Compie qualche passo in direzione del ragazzo, mentre il sangue sembra ribollirle nelle vene. Ad un certo punto non sa nemmeno quando accade, ma ripensando alle sue ultime parole, si ritrova a colpirlo. Un schiaffo appena accennato che la obbliga a rigirare la mano stringendosi il polso della mano destra con la sinistra osservandolo colma di rabbia. Ecco cosa mi hai fatto fare. Mun non ricorre mai alle mani; nemmeno di fronte alle cattiverie peggiori che Albus le ha detto in passato, ha mai osato dargli uno schiaffo, semplicemente perché la piccola Carrow è contro qualunque forma atto fisico.
    « Ti prego, risparmiami l'aria da cucciolo bastonato dilaniato dal peso della giustizia. » L'ho inventata io quella mossa. E sappiamo entrambi che nessuno di noi a fare giustizia è mai stato bravo. Mun e Nate sono uguali; si nascondono dietro il loro concetto distorto di giustizia per giustificare il loro palese egoismo. Quelle parole scorrono in maniera così veloce al cospetto del ragazzo da risultare quasi incomprensibile. « E' una cazzata, lo so io e lo sai te. Tu non hai nemmeno idea di cosa hai fatto. Sei un fottuto egoista! » Si passa le mani tra i capelli sospirando profondamente. Ragiona, ragiona, ragiona. Non è detto che sia talmente grave. Lo è? Cosa sanno? Cosa stanno facendo? Perché non c'è nulla sui giornali in merito? « Perché l'hai fatto? Perché? » Mun stringe i pugni e solleva lo sguardo in quello di lui. « Pensi che qualcuno ti darà un trofeo per quello che hai fatto, Nathan? Credi che qualcuno - il Ministero - ti salverà? Magari ti faremo anche una statuina e ti ergeremo a salvatore della patria. » Scuote la testa e stringe i denti mentre socchiude appena gli occhi colta da un senso di rabbia e spaesamento. « Ci.. ci hai messi tutti nei guai.. » Un filo di voce di fronte alla più ovvia delle constatazioni. Qualcosa che non riesce nemmeno a nascondere. E' terrorizzata. Spaventata a morte dalle conseguenze che quell'indagine potrebbe avere. E se iniziano a scavare? Se arrivano davvero allo Shame? Se scoprono davvero ciò che lo Shame sapeva? Deglutisce. Siamo tutti nei guai.. Qualcosa che immagina non riguardi solo lei, o Albus, ma chiunque abbia deciso di chiudere gli occhi e di fare finta che nulla sia accaduto. Lo Shame aveva una grossa leva nei loro confronti. Enorme. Immensa. E se ce l'aveva su di lei, era probabile che sapesse cose - cose decisamente gravi anche sul conto di altri. « Hai sempre voluto primeggiare, essere il primo della classe. Ora anche il cocco della Ministra. Beh spero ti tenga caldo la notte il tuo stupido egoismo semmai dovesse arrivare il giorno in cui scoprirai che cosa hai combinato. Ricordati però che gli infami non piacciono a nessuno, e tu, in questa storia, avresti dovuto intuire che saresti diventato un infame dato che nessuno - nessuno Nathan - ha denunciato un bel niente. » Azzardò un altro passo nella sua direzione. « Non lo dirò ad Albus. No - non lo farò. » Pausa. Ma non lo faccio per te. Lo faccio solo perché semmai ti dovesse mettere le mani addosso, tu a veder finita l'indagine dello Shame non ci arrivi. E non sta minimamente scherzando nel pensarlo. Lo osserva con eloquenza, perché vuole che Nathan sia consapevole di quanto sia grave la sua iniziativa di agire da solo, alle spalle di tutti. « Non dirò niente - a nessuno. Ma in cambio mi aspetto che tu mi racconti tutto ciò che le hai detto. E ti prego, non ti risparmiare coi dettagli. » Uno scambio. L'unico modo in cui a quanto pare Mun e Nate riuscivano a comunicare. Lo sguardo è inquisitorio e insistente. Non intende cedere finché non saprà esattamente con cosa ha a che fare. Non è certa che riuscirà a mantenere la sua promessa. Le cose a quel punto sembrano precipitare di colpo verso il baratro. A tutto quanto ci si aggiunge anche questo. Eppure.. speravo che avessimo seppellito almeno lo Shame per il momento.



     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    Che Amunet non avrebbe reagito nel modo più composto alla notizia, Nate l’aveva messo in conto. L'emotività dell'amica è stata fulcro di una serie di esperienze che negli anni ha collezionato, per lui occasione di annotare mentalmente i crucci, le reazioni e i timori della ragazza. Quel bacino di conversazioni, scontri e incomprensioni lo convince di poter vantare di un certo tipo di agio, quando è in sua compagnia; stoltamente, crede di poterne anticipare i pensieri, ed è con quel tipo di persuasione a dargli sicurezza che parla, si confida, nella più assoluta convinzione di trovare, dall'altra parte, un'amica capace di rispecchiarsi nelle sue difficoltà - nonostante i coinvolgimenti personali. Sarebbe appropriato affermare che si fida, nel modo più banale e istintivo: un sentimento che non gli è particolarmente frequente. A posteriori, il giovane capirà come proprio quella sia la culla del suo errore - nel guardare all'esterno e cercarvi delle risposte che sarebbe stato perfettamente in grado di dedurre in solitaria. Se ne pentirà, tra qualche ora, sentendo in bocca quel tipico sapore amaro che lascia la delusione, e si rivolgerà in silenzio colpe che non ammetterà ad alta voce. In fin dei conti, sei stato tu a volerti affidare a quella pazza. Questa sarà la natura dei suoi pensieri, alla sera, quando si ritroverà a sorseggiare in salotto un drink insieme a Percy e Jude, senza davvero ascoltare i loro discorsi. Ripercorrerà, con una punta di fastidio ed una strana nota di disagio, quel colpo inaspettato accompagnato da un lieve dolore alla guancia e da un rumore inconfondibile. Nel farlo si darà dello stupido - come d'altra parte capita a tutti di fare in segreto - per un'infinità di motivi, ma primo fra tutti il fatto che, tra gli innumerevoli errori di giudizio commessi negli anni, questa gli si figura come la prima volta in cui sente di aver sopravvalutato qualcuno.
    Sul momento, Nathan non si muove. Gli occhi cerulei trapassano quelli celesti di Amunet, un'inquietante imperturbabilità che tratteggia la sua espressione. Le dita affusolate, quasi automaticamente, massaggiano con delicatezza la guancia colpita, e per un momento il silenzio si fa assordante, denso di parole e significati molteplici che nessuno dei due ha le forze - o la voglia - di esplicare. Questo è semplicemente oltre. « Ti prego, risparmiami l'aria da cucciolo bastonato dilaniato dal peso della giustizia. » Lei comincia a parlare, e per quanto Nathan rimanga lì a guardarla per svariati secondi, in silenzio, non ascolta nemmeno una di quelle parole. È come se non si meritassero più la stessa attenzione. Non è semplice descrivere i meccanismi che s'instaurano in quel momento nella sua mente, ma l'indignazione che prova in quegli istanti sembra essere il catalizzatore di ogni suo ragionamento. Non ne vale la pena, sente di voler consigliare a se stesso, in quegli attimi, mentre una smorfia di disgusto inizia a piegargli le labbra piene.
    Non se l'aspettava, Nate, questo è chiaro. Ma ha analizzato la risposta della ragazza alle sue parole, ed ha avuto modo di carpirne la natura: comprende a pieno come quella reazione sia dettata dalla paura e dal sentimento, probabilmente incontrollabili, considerata la pesante minaccia rappresentata dallo Shame, la cui entità nei riguardi di Amunet lui non può certo nemmeno immaginare - eppure, ciò considerato, non sa giustificarla. Non conosce quell'intensità. Quelle di Nate sono le mezze misure, la pacatezza, i ragionamenti contorti e le discussioni infinite. Qualsiasi exploit di sentimenti, che siano rabbia, dolore, affetto, rammarico, ai suoi occhi non è che futile, se non stupido - o, come in questo caso, tremendamente offensivo. Non è malleabile dal mondo, il più giovane dei Douglas, e forse uno dei suoi maggiori errori è quel suo costante voler pretendere dal mondo la medesima rigidità a cui è stato educato: forse questo lo porterà giù, nel baratro più buio dell'assoluta indifferenza. La violenza di quel gesto è probabilmente ciò che lo turba di meno: ciò che detesta, che sente con tutte le sue forze di non poter accettare, è l'insopportabile arroganza che l'ha dettato, e quell'immotivata quanto eccessiva eruzione emotiva che, a suo dire, non è minimamente propria di una persona con un minimo di senno. E si dispiace, in quel frangente, nel sentire Amunet disperarsi dinnanzi a lui e nel dover pensare quanto quella figura piccola e delirante sia così distante da quella che a questo punto non era che un'immagine costruita di lei.
    « Non dirò niente - a nessuno. Ma in cambio mi aspetto che tu mi racconti tutto ciò che le hai detto. E ti prego, non ti risparmiare coi dettagli. » Scuote piano la testa, nell'udirla ancora parlare, come a volerla frenare in anticipo: non vuole più ascoltare. Non mi interessa più. Non è uno sforzo di mostrarsi eccessivamente drammatico, il suo, ma un sincero e genuino disinteresse improvviso. La guarda negli occhi, con una limpidezza quasi serafica, e la sua smorfia risentita pare assumere il profilo del suo tipico sorriso irriverente. « Lascia stare - non importa. » Non erano queste le mie condizioni. Non era questa la persona con cui speravo di confrontarmi. Fa un passo indietro, già in direzione della porta. « Quando avrai l'occasione di tornare in te e recuperare il tuo senno - se mai tu ne sia stata in possesso, a questo punto - forse avrai modo di capire l'entità della cazzata che hai appena fatto. » Si stringe nelle spalle. Quelle parole non possono che dispiacere a lui, prima di tutto. Ma in qualche modo sente che è tutto ciò che gli rimane. Una mano sulla maniglia della porta, che apre con un gesto secco. Prima di dileguarsi nel corridoio angusto della prigione, si volta un'ultima volta nella sua direzione, gli occhi verdi a questo punto adombrati da un evidente velo di tristezza. L'inclemenza dei suoi gesti e delle sue parole, pronunciate con un'insolita durezza, però, sembrano suggerire altro. « Mi dispiace solo di aver riposto la mia fiducia e le mie insicurezze nella persona evidentemente più sbagliata. Buona giornata, Amunet. » E buona vita.
     
    .
6 replies since 21/9/2019, 12:40   195 views
  Share  
.