If I fall, you're going down with me

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    Le feste sono bellissime. Divertimento puro. Il giorno della festa ti svegli e sorridi subito, perché sai che ci saranno la musica, scherzetti di Zonko, coriandoli verde-argento e, soprattutto, Max, la tua migliore amica. Quando vieni investita del ruolo di Caposcuola, oltre alle innumerevoli responsabilità che ti piombano sulle spalle, prima tra tutte quella delle ronde serali - dove ti tocca rimproverare i ritardatari rimasti fuori dalle Sale Comuni -, hai anche il dovere, l'obbligo morale di far divertire, almeno un po', i tuoi commilitoni. Altrimenti, il rispetto non potrai guadagnartelo mai. E quel giorno, Nana avrebbe messo alla prova le proprie capacità organizzative. Insieme ad un sorridente Carrow, il cui nome non riusciva a pronunciare bene perché era tipo francese, e lei veniva dal quartiere più coatto di Roma. Ma guai a ricordarglielo. Adesso prevaleva nettamente il lato sofisticato della sua figura, quello che ostentava all'inverosimile pur di nascondere l'eredità romana che il padre, Rocket, le aveva lasciato. Non che Roma non andasse bene, sia chiaro. E' caput mundi, e di questo si può solo essere fieri. L'unico problema era la geolocalizzazione precisa, che nel caso dei Dragomir indicava il quartiere zingaro dove per la prima volta la signorina Domiziana, sempre quella che impartiva ordini in lungo e in largo alle cameriere del papà, aveva aperto gli occhi per la prima volta.
    Il giorno della festa le ore scorrono più veloci, al punto che quasi non noti il bigliettino incantato che ti arriva a Difesa Contro le Arti Oscure, con su scritto cagacazzi. Sorride, Domiziana, perché vuol dire che sta facendo bene il suo lavoro. Meglio essere odiati che ignorati, giusto? Qualche Grifondoro, probabilmente deluso per non aver ricevuto l'invito, se l'era legata al dito. «Diffindo», mormora, mentre quel pezzo di carta sgualcito si disintegra in mille granelli sul banco. Li soffia via, si dà un'occhiata in giro, e continua la lezione. L'unico suo rammarico è non conoscere il mittente, che altrimenti non avrebbe mancato di accusare di fronte al mondo intero. Ma ci saranno altre occasioni, perché ovviamente la sua condotta non cambierà, restando sempre quella dell'instancabile perfezionista senza peli sulla lingua. I Serpeverde sono una questione a parte: quando può, evita di fare la spia. La sua etica le suggerisce: è sbagliato, ma i punti in Sala Grande le confermano: vai, continua così.
    Ci vediamo a mezzanotte, Cenerentola, manda un messaggio al Carrow, aggiungendo poi: non è che hai bisogno di una Ricordella, giusto?
    Perché se non mangia pane ed acidità non è lei. Possibilmente, è l'unica cosa di cui si nutre, data la dieta ferrea condotta, con occasionali abbuffate opportunamente purgate per mezzo di due dita ficcate in gola. I due colleghi di Serpeverde e Tassorosso hanno deciso di rallegrare un po' gli animi dei compagni di Casata, organizzando un festino nella Sala Comune dei verde-argento. Sarà la prima volta quell'anno, per cui non possono permettersi errori. Hanno appena iniziato la loro carriera di Caposcuola, se qualcuno dovesse fare la soffiata sarebbe una bella gatta da pelare. Nana non ci vuole pensare, affatto. «Dici che andrà bene?», chiede a Max nel cambio d'ora. La sua Max, roccia nel mare in tempesta, non fa che rassicurarla, e al contempo punzecchiarla sul fatto che non ti sarai rammollita, no?
    Possibilmente, questo la convince ancora di più.
    Ed infatti la festa è un successone. Non fosse per alcuni Tassorosso che in faccia hanno scritto sfigati, la si potrebbe dire perfetta. Ma trova che il giallo stia bene col verde, per cui lascia correre. E quel Carrow se lo può anche fare andare giù. Forse. Comunque è il prezzo da pagare, quindi lo salda senza remore. Gli sorride, anche se sembra un po' il sorriso del malvagio dei cartoni Disney quando ha finalmente in pugno la situazione. Ma, per quel che vale, è sincero. E così, dopo shot di Jagermeister e patatine fritte, ecco che arriva il momento di cacciare fuori tutti, a gruppetti di non più di tre persone, perché se ci scoprono è la fine. Va tutto liscio come l'olio, eccezion fatta per un dettaglio... «Vedo che qualcuno ci ha dato dentro qui, eh???», ti prego, non adesso. La voce stridula di Pix si diffonde per i Sotterranei, proprio quando tutti si trovano già al sicuro sotto le coperte. E' lei a doverlo fronteggiare, dopo una lunghissima discussione pomeridiana in cui il Poltergeist la intimava ad accoglierlo tra gli studenti festaioli, affinché potesse far baldoria anche lui. «Non se ne parla!», aveva risposto lei, tagliando corto. E questo è il risultato.
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    «Il Preside sarà felice di conoscere i dettagli del vostro festino alcolico! Dopo questa marachella ad Azkaban ci mandano voi, non i collegiali! AHAHAHAHAHAH», e se ne va, continuando ad ululare e svegliando tutti i quadri. Persino i cobra della porta d'ingresso non sono troppo felici, probabilmente perché interpretano come errata la presunta parola d'ordine fornita da Pix - Azkaban - ed iniziano a sibilare inferociti. «Sono io!», si lamenta Nana, aggiungendo poi: «Sectumsempra», varcando quindi la soglia della Sala Comune. Si lascia cadere su un divanetto, mormorando alcuni Gratta e Netta in giro, e al contempo sperando che le macchie di vino rosso un po' dappertutto vadano via.
    Come sempre, da che mondo è mondo, i nodi vengono al pettine l'indomani. Le minacce del Poltergeist non promettono nulla di buono, ed una piccola Dragomir inferocita non ha intenzione di sottovalutarle. Non all'inizio della rigogliosa carriera che si è conquistata con le unghie e con i denti! Per questo, quando scorge un Emi - ormai si è arresa a chiamarlo così, per quanto non abbia assolutamente intenzione di dargli troppa confidenza - con tutti i postumi della sbornia dipinti in viso, lo afferra per il colletto della divisa e se lo porta dietro. «Tu vieni con me.», dice soltanto, conducendolo al Bagno dei Prefetti. Una volta dentro, richiude la porta alle spalle, vi si appoggia con le spalle come a dire tu non scappi, incrocia le braccia al petto ed inizia il suo sermone: «Abbiamo un problema. Pix ci ha scoperti e ha intenzione di riferirlo al Preside. Dobbiamo necessariamente fare qualcosa.», ci sei dentro tu quanto ci sono dentro io, ne è convinta, anche se forse Pix non sa della partecipazione dei Tassi. Ma c'erano lo stesso, e lei non si farebbe alcun problema ad accusarli, con tanto di documentazione di foto nei cellulari. Se cadi tu, cado io, il motto più vero di sempre. «Non mi interessa come -», non mi sono mai fatta problemi sui "come", non ho intenzione di iniziare proprio adesso, «- non mi interessa in quanto tempo. Ma va bloccato. Fuori la bacchetta.»
     
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    « Per me sei ridicolo e basta. » La lingua del Tassorosso scocca sul palato, mentre sale le scale che dai Sotterranei portano al piano terra. « Non capisci proprio niente. Questi mi servono. » Asserisce, accennando al proprio viso, con l'aria di chi la sa lunga. In effetti è una scelta strategica quella di indossare gli occhiali da sole al chiuso, quella mattina. Vuole trasmettere una certa immagine di sé, e quel particolare accessorio, unito al suo saltuario portarsi una mano a massaggiarsi il capo per simulare un leggero mal di testa, gli sembra la maniera più accurata per farlo. Dopo tutto, sta già circolando tra gli studenti la voce del party pazzesco organizzato la sera precedente dai Caposcuola Tassorosso e Serpeverde. Una serata indimenticabile: già solo per il fatto che avevano per la prima volta avuto accesso all'antro segreto della casata verde-argento, da sempre avvolto da un'inspiegabile aura di mistero. Alla fine dei conti, non l'ha trovata poi tanto diversa dal ritrovo dei Tassi. « Continuo a non capire per cosa, nello specifico. » Otis è fatto così: sempre a cercare di smontarlo, sempre incapace di cogliere quei ragionamenti sottili che guidano le sue ingegnose scelte all'interno di quel castello. Non ha notato, evidentemente, lo sguardo di rispetto che gli rivolgono un paio di ragazzi dell'ultimo anno, oppure i sorrisetti timidi di un gruppetto di ragazze che gli passano accanto. È così tra le nuvole, così poco presente. « Uffa, e quante altre volte te lo devo ripetere... » sbuffa, guardandolo da sopra le lenti scure « Questi mi servono per non far notare le occhiaie. Ecco, le vedi? Sono in preda ai postumi della sbornia Otis, è così che funziona. » È così che fanno tutti. Ha passato gli anni precedenti a osservare i più grandi le mattine successive alle epiche feste a cui lui, puntualmente, non era invitato: e tutti quelli più importanti - ma proprio tutti: Moses, Scamander, Montgomery, e via dicendo - avevano esattamente quel tipo di atteggiamento. Aria stanca e strafottente, occhiali da sole scuri, un po' di barcollare qua e là. E così fa anche lui, fingendo di inciampare negli scalini, andando a sbattere contro le armature che adornano i corridoi. Un po' per scena, un po' perché ha davvero perso sonno quella notte. « Ma se hai bevuto due birre a malapena... » Eccolo là, sempre a minimizzare le cose. Lo incenerisce con lo sguardo, facendogli con la mano segnale di abbassare il tono di voce. « Senti chi parla. Ieri sera eri l'unico con la Coca-Cola in mano! » Guarda l'amico di sbieco, chiaramente non cogliendo il punto focale del discorso. Ma non può, perché è troppo distratto da un gruppo di ragazzi del sesto anno - del sesto! - che si dirigono nella sua direzione sorridendo contenti.
    « Émile! Ti chiami Émile, ho detto giusto? Festa top ieri sera. È il giusto modo per cominciare l'anno scolastico. » « È vero. Tassorosso si è fatta riconoscere per qualcosa finalmente. Complimenti! » Il giovane Carrow gonfia il petto e lancia una rapida occhiata al compagno che gli sta accanto, seppure i rayban scuri ne celino l'espressione compiaciuta ed entusiasta. Fa per rispondere ai due ragazzi, ma non ne ha effettivamente il tempo perché nel giro di pochi istanti sta venendo strattonato verso il bagno per il colletto della camicia, con non poca eleganza, da niente popò di meno che la Caposcuola di Serpeverde. « Ferma! Che fai? Lasciami! » è tutto ciò che riesce a dire, mentre lancia un'occhiata di supplica a Otis, poco più in là, che semplicemente si stringe nelle spalle, con serafica noncuranza, e gli volta le spalle, procedendo in direzione della Sala Grande. Traditore, è l'ultimo pensiero che il Tassorosso gli rivolge, prima di essere schiaffato nell'antro del bagno dei Prefetti da una decisamente non poco stabile Domiziana. La bionda si chiude la porta alle spalle e vi appoggia la schiena, rivolgendogli poi uno sguardo perentorio. Il messaggio è chiaro: Di qui non si esce. In quei pochi istanti di silenzio, la mente di Émile compie viaggi stratosferici, mentre non può che domandarsi che cosa possa aver fatto nel corso della serata precedente per aver causato... quello sguardo.
    « Ascolta » comincia,
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    mettendo le mani avanti nel tentativo di calmarla. « Se è per la questione dell'arazzo di Salazar Slytherin che i ragazzi hanno preso dalla vostra Sala Comune ieri sera, giuro che era uno scherzo. Cioè, dicevano souvenir, ma lo sai come si dice, così, per ridere. Ve lo restituiamo subi- » « Abbiamo un problema. Pix ci ha scoperti e ha intenzione di riferirlo al Preside. Dobbiamo necessariamente fare qualcosa. » « ...Cosa? Vuoi dirmi che rischiamo che Yaxley venga a sapere della festa? » E che io ti ho appena ricordato la questione dell'arazzo preso in prestito senza motivo? Si gratta la nuca, mentre gli occhi color nocciola si perdono in punti indecifrati di fronte a sé, la mente che elabora quelle informazioni. Se davvero Pix si è messo in testa di fare la spia, non c'è proprio nulla da fare. Yaxley li scoprirà e verranno sospesi. O peggio espulsi. Niente più carica e addio sogni di gloria. Addio bagno dei Prefetti e addio ragazzine che gli sorridono in corridoio! « Non mi interessa come, non mi interessa in quanto tempo. Ma va bloccato. Fuori la bacchetta. »
    Émile prende un respiro profondo, mentre guarda la bionda sfoderare la propria arma di combattimento. Poi, quasi automaticamente, si ritrova a scuotere la testa e avvicinarsi, chiudendo le dita intorno al polso sottile di lei, con delicatezza, per intimarla a fermarsi. « Aspetta un attimo. Non ci servirebbe, tipo... Una strategia? Se facciamo stronzate ce lo ritroviamo nel giro di due secondi nell'Ufficio del Preside. Ti ricordo che lui può attraversare i muri: come facciamo a stargli dietro? » No, si ritrova a pensare il giovane Tasso, sarebbe proprio impossibile cercare di batterlo sulla velocità o con qualche incantesimo scagliato tempestivamente: e poi, quali incantesimi esistono per immobilizzare un Poltergeist? Mica lo si può schiantare! « Secondo me qui bisogna tipo... contrattare. Fargli capire chi è che comanda, mi spiego? » Non finisce quella frase, che nel medesimo istante dal muro appare il piccolo Poltergeist, che svolazza ridacchiando sopra le loro teste un paio di volte.

    « Del festino non ho ricevuto nessun invito,
    ma di questo oggi qualcuno si sarà di certo pentito:
    perché con Yaxley impunita non resta la maleducazione
    e ora, statene certi, vi spetta un'esemplare punizione! »

    Fantastico, si ritrova a pensare Émile, mentre la creatura non smette di schizzare a destra e a manca nello spazio vuoto del bagno, è perfino entrato in modalità canzoncine insopportabili. Quando Pix si mette a inventare un'armonia stupida, lo sanno tutti, è davvero finita: Émile sceglie di farsi il segno della croce, e capisce che farà bene ad aspettare semplicemente il momento del giudizio, perché Yaxley prima o poi lo verrà a sapere. Però tentar non nuoce, si dice in ogni caso; e allora, dopo aver scambiato un'occhiata d'intesa con la giovane Dragomir, comincia a parlare, cautamente, in direzione di Pix. « Pix... Ci dispiace tanto non averti invitato ieri sera. Ci è sfuggito di mente. » « Piccolo Carrow, ma non lo sai che le bugie non si dicono? La tua amica Dragomir mi ha vietato di presentarmi. Ve la siete cercata! » Il Tassorosso inarca un sopracciglio, fulminando Domiziana con un'occhiata eloquente. Dai, che palle. Lo sanno tutti che Pix deve essere trattato con gentilezza. E adesso per colpa tua ci toglieranno le spille! « Grazie tante » pronuncia a denti stretti, a bassa voce, in direzione della ragazza, prima di sospirare profondamente. « E se... Ti facessimo un favore? Che ne dici, Pix? Uno scambio equo? » Il Poltergeist smette per un attimo di volteggiare, e pare riflettere sulla proposta appena fatta. « Intendi tipo essere i miei schiavetti? » « Intendo un favore. » « Ma a me servirebbero degli schiavetti. » Émile alza gli occhi al cielo. « No. Ti faremo soltanto un... » « SIGNOR PREEEEESIDEEEEEE!!! » I due Caposcuola sussultano. « Okay, okay - Sta zitto per la miseria! » sussurra il giovane, con fare concitato, mettendo le mani avanti. « Faremo tutto quello che vuoi. Basta che non spifferi a Yaxley della festa. » Pix sorride malefico, guardando entrambi i giovani dall'alto, e inarca un sopracciglio. « Tutto quello che voglio? » Émile sbuffa, scocciato, alzando gli occhi al cielo, e preparandosi psicologicamente ad ascoltare gli ordini di uno stupido Poltergeist che, non si sa come, è riuscito a raggirare due maghi. « Tutto quanto. »
     
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    La sbadataggine di Émile Carrow gli fa compiere un passo falso prima del tempo. Sarebbe stato meglio, per lui, non comunicarle che qualche Tassorosso desideroso di torture corporali e mentali avesse avuto la magnifica idea di rubare l'arazzo di Salazar. Certo, al momento non è il problema principale della Dragomir, ma giungerà l'ora di saldare il conto, prima o poi. Carissimo, in quanto avrebbe sommato anche il respiro più corto esalato dal Carrow nello scontrino a lui presentato. Già pregusta la sua espressione da agnellino innocente con gli angoli della bocca che vanno verso il basso, in sintonia con quelli di Domiziana che schizzano in alto, impiattando un sorriso inquietante, molto simile a quello dei serial killer l'attimo prima di uccidere la loro vittima. «Passi il tuo tentativo di cestinare l'argomento, almeno per ora. Ma sappi che non scordo nulla.», lo fulmina. «'sto citrullo», commenta, tra sé e sé, in romano stretto.
    Mentre sfodera la bacchetta, ignorando le richieste del collega di elaborare una strategia vincente - perché è certa non possa essere vincente in alcun modo, se la squadra è composta da questi soli due elementi -, è costretta ad interrompersi per via dell'ingresso trionfale di Pix. Stringe i denti e si obbliga a tirare due profondi respiri, mentre con l'indice strofina la bacchetta, come se il legno provasse improvvisamente prurito, e le sue unghie fossero l'unica arma a disposizione per placarlo. Deve stare calma, o rovinerà tutto. In una cosa ha ragione, Emi: il Poltergeist va trattato con cura, e lei in questo ha peccato. Ed anche se il compagno la guarda con aria di rimprovero, lei non può far altro che sottolineare ulteriormente, nei propri pensieri, quanto il Tassorosso sia rammollito. Non so, volevi offrirgli un tè mentre i due tipi del sesto che adesso ricordano come ti chiami stavano a guardare? Ci facevamo le treccine a vicenda e, poi, a letto dopo aver giocato con le Barbie?
    In fondo, la Dragomir ha semplicemente evitato che la festa risultasse un fiasco - situazione inevitabile se a Pix fosse stata accordata la partecipazione. Avrebbe monopolizzato il Sotterraneo verde-argento, magari iniziando a canticchiare con la sua voce stridula motivetti sull'infanzia di Nana, ormai argomento di dominio pubblico ad Hogwarts. Lei si è opposta, e adesso ne subisce le conseguenze. Ma a testa alta, senza coda tra le gambe. Per cui dà una lieve gomitata ad Emi quando propone uno scambio equo. Ma parla per te! 'Sto citrullo le vuole rovinare l'esistenza a scuola. Mai abbassare la cresta, o darai al nemico la possibilità di scalfire l'armatura. O peggio, la carne fresca sotto le maglie d'acciaio. Comunque non può annullare quel ch'è fatto, per cui lei stessa si rivolge a Pix: «Pix. Non...», già sta iniziando a dire qualcosa tipo non rompere le scatole e vatti a fare una passeggiata, sbollisci e ritorna, sarai più fortunato, ma si trattiene. «... Urlare.», lo intima, mentre lancia occhiate preoccupate alla porta del Bagno dei Prefetti. E' ovvio che con tutto quel trambusto stiano attirando l'attenzione. Nana prega che Janis e Louis, gli altri due colleghi, non siano a portata d'orecchio. Ci mancano solo loro ad infierire. «Non devo URLARE???», risponde il Poltergeist, alzando il tono di voce. «IMPEDITEMELO ALLORA! SIGNOR PREEEESIDEEEEEEEE», ed è come quando le campane iniziano a suonare a mezzogiorno, ricordando sia giunta l'ora di andare a messa. «PIX!», sta per mettersi ad urlare anche lei, ma non vuole bloccare la crescita del Carrow più di tanto, per cui si sforza di addolcire i toni: «Pix. Sono d'accordo con il mio lungimirante collega. Saremo i tuoi...», rabbrividisce al pensiero del ruolo che sta per attribuire a se stessa, e se possibile le si accappona ancor di più la pelle perché la stessa sorte spetta anche al Carrow, ergo dovranno passare altro tempo a sopportarsi: «...gentilissimi schiavetti. E tu il nostro Aladdin.», rigira la frittata, perché per come si stanno mettendo le cose il loro anno si preannuncia un inferno. E la storia non può durare così a lungo, almeno non per lei. Ha troppi impegni, deve studiare, deve mantenere la media alle stelle, deve frequentare i trecentoventicinque mila club cui si è iscritta, ha le prove con le Naughty Nymphs e le gare coi compagni di atletica leggera. Il Carrow può rigirarsi i pollici quanto vuole, ma lei non può stargli dietro per sempre. «Conosci la storia di Aladdin, giusto?», inizia a calmarsi, forse perché l'argomento diventa interessante per le sue orecchie di Poltergeist. «Certo che lo conosco!!! So un sacco di cose, io.», bene, non si sta lamentando, continuiamo a scavare un altro pochino nella sua memoria babbana. «Allora saprai di certo che Aladdin, coraggiosissimo ed...», più ruffiana, più ruffiana, dai che ce la fai! «...aitante, bellissimo ed intelligentissimo ragazzo, ha scovato nel deserto una lampada magica. E qui entriamo in gioco io ed Émile, nel ruolo di genio della lampada. Hai a disposizione...», dai che forse non lo conosce così bene, provaci: «... due desideri da esprimere. E noi li esaudiremo, costi quel che costi.», si confronta con lo sguardo col Tassorosso. Prima che possa aggiungere qualcosa, Pix svolazza in giro per il Bagno dei Prefetti, riflettendo sul da farsi. Regna un religioso silenzio, a volte interrotto dal mugugnare del Poltergeist, per almeno due minuti pieni. Domiziana si costringe a rispettarlo, per quanto, fosse per lei, sarebbe già scattata in direzione della Biblioteca a cercare informazioni su come farlo fuori. «Ci sto. Ad una condizione!!! Esaudirete due desideri a testa, poteva andare peggio fossero stati tre, come nel cartone, riflette la Dragomir, ingoiando quel boccone amarissimo.

    «Imbranatissimo Carrow, tocca a te per primo
    esaudire il desiderio che adesso esprimo
    offendere i ragazzi più grandi tu dovrai
    soltanto così, felice, mi farai»






     
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    « Che. Diavolo. C'entra. Aladdin. Adesso. » Sussurra concitato, a bassa voce, gli occhi puntati sul Poltergeist che fluttua sulle loro teste, attento a non farsi udire. Domiziana, per un motivo a lui ignoto, sembra perfettamente sicura di sé stessa mentre parla, ed il povero Émile, che non ha la più pallida idea di dove voglia andare a parare con quello stravagante paragone, non può far altro che pendere dalle sue labbra e sperare che non se ne esca con qualche stronzata colossale, capace di metterli entrambi ancora più nei pasticci. Non si fida del suo giudizio, è chiaro dal suo sguardo accorto e dal portare le mani avanti con cautela, quasi preventivamente, come a voler anticipare un possibile scatto isterico di Pix. In fin dei conti, chi è che si fiderebbe delle scelte della stessa persona che ha causato quel danno irreversibile?
    Per colpa di Domiziana, si ritrova a riflettere il giovane Caposcuola mentre la Serpeverde è impegnata a riassumere alla creatura la trama di Aladino, entrambi potrebbero perdere le loro spille nel giro di pochi istanti, se solo Pix decidesse da un momento all'altro che quella conversazione lo annoia. Basterebbe un nonnulla: e, in fin dei conti, nessuna promessa fatta al loro fastidioso avversario sarà mai sufficiente da fargli dormire sogni tranquilli. S'immagina già lo sguardo di disappunto di suo padre, che era arrivato a concedergli un angolo di sorriso alla notizia della nomina di Caposcuola. S'immagina l'umiliazione di una punizione simile, di fronte a tutta la scuola, e ancor di più di fronte ai suoi concasata, che finalmente iniziavano a contare su di lui - e a riconoscerlo nei corridoi! E tutto perché questa qui non è in grado di fare affari con un Poltergeist. Ma proprio nel medesimo istante in cui la mente del piccolo Carrow sta formulando questo pensiero, la Dragomir sembra aver convinto Pix a giungere ad un accordo. Troppo preso dai propri vaneggi, Émile non fa caso a come la ragazza raggiunge quel piccolo successo, ma ha quanto meno modo di carpirne i termini. Pix potrà chiedere loro due favori a testa e, per quanto negli scorsi minuti abbia dubitato delle capacità di contrattazione di Domiziana, Émile deve ammettere a se stesso che quella soluzione sia accettabile. Certo, non ci dà la sicurezza che Pix non vuoterà comunque il sacco, ma immagino che questa non l'avremo mai.
    Ciò che davvero non può immaginare il giovane Carrow, però, è la prima, stramba, richiesta del Poltergeist. « Ma fai sul serio? » chiede conferma, gli occhi scuri che attraversano da parte a parte la sagoma incorporea, che gli risponde annuendo con espressione beffarda. « Ma... Che te ne fai? Non è un favore a te! È soltanto... » crudele. Non riesce a completare la frase, l'ultima parte che gli muore in gola al solo pensiero di andare a insultare dei ragazzi più grandi, gli stessi la cui stima sta facendo di tutto per conquistare dall'inizio dell'anno a questa parte. « Beh, un favore è qualcosa che mi provoca piacere. E quale cosa potrebbe divertirmi di più se non vedere voi piccoli studentelli umiliati in ogni maniera immaginabile? Oppure, se preferisci, potrei sempre tornare al mio piano originale e andare a fare quella chiacchieratina con Yaxley... » « No! Aspetta. » Émile deglutisce rumorosamente, portando una mano avanti. Sta per farlo davvero. Se lo sente, è esattamente così che la sua reputazione perderà ogni tipo di valore in quella scuola. Ma non c'è altro modo. Scambia un'occhiata d'intesa con Domiziana, lasciandosi andare ad un sospiro profondo. Dopodiché, raccolto tutto il coraggio che possiede in corpo, si volta in direzione della porta, la spinge con forza e si dirige a grandi falcate verso la Sala Grande. Come un guerriero dedito alla propria missione, non si guarda le spalle, e dunque non nota le figure della compagna Caposcuola e del Poltergeist seguirlo, pur rimanendo a qualche metro da lui.
    « Travis? » Oh mio Dio lo sto facendo. E in Sala Grande, proprio davanti a tutta la scuola. Il ragazzo, un Serpeverde tarchiato del settimo anno, solleva lo sguardo dal proprio piatto di uova strapazzate e lo guarda in un misto di confusione e curiosità. Ha strategicamente optato per un verde-argento, sia perché in questo modo qualunque cosa succeda avverrà sotto gli occhi della Caposcuola responsabile della casata, sia perché, va bene tutto, ma di certo non è così stupido da inimicarsi qualcuno della sua stessa casata. « Posso aiutarti? » Ém strabuzza gli occhi, improvvisamente intimidito da quell'invito del ragazzo, e si guarda per un secondo alle spalle, per accertarsi che Pix sia ancora lì. E infatti ecco il suo sorriso malizioso e compiaciuto nella sua direzione. Sospira, voltandosi dunque di nuovo verso Travis. Sii convincente. Andrà tutto bene. « Sono qui per... uhm... dirti una cosa. » Mentre parla, si sforza d'ingrossare la voce, nel tentativo di apparire quanto meno più minaccioso agli occhi dei presenti, e non uno stupido quindicenne che sta per fare un'enorme, colossale stronzata davanti a tutti quanti. Travis inarca un sopracciglio, in attesa. « E bada bene, quello che sto per dire vale anche per te, Nick. Uhm... » Si gratta il mento. Un'ultima occhiata alle sue spalle: sì, Pix è ancora lì. Rivolge uno sguardo d'aiuto a Domiziana, ma è perfettamente consapevole che nemmeno lei può aiutarlo in questo. Adesso sia Nick che Travis lo guardano, incalzanti. « Io trovo che siate due palloni gonfiati. » Nella sua mente, un fulmine colpisce quella stanza in quell'esatto momento. Ecco, l'ha detto. « Come prego? » Voglio piangere. Si morde il labbro inferiore. « Mi hai sentito bene. » Travis ride, prima di alzarsi lentamente dal proprio posto, puntando gli occhi scuri in quelli di Em. « No, non credo di averti sentito bene, ragazzino. » In quel momento, una voce, inudibile agli altri presenti, gli sussurra nell'orecchio: « Di' loro di più... » « Ho detto - si schiarisce la gola, mentre sente la vista appannarsi. Che stia per svenire per la tensione? - che siete due palloni gonfiati. Siete insopportabili, noiosi e... mhm... puzzate. Sì. Puzzate. » « Vogliamo i dettagli... »
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    lo ammonisce la vocina di Pix nell'orecchio, ed è in quel momento che Émile comincia a sudare, e ad avere il respiro corto. « Puzzate così tanto che Sir Cadogan, al quarto piano, scappa di ritratto in ritratto quando vi vede, e vi sente arrivare da due piani più giù. Puzzate... così tanto che perfino i fantasmi riescono a percepire il vostro olezzo multidimensionale. Mai sentito parlare di acqua e sapone? » Mai sentito parlare di la-tua-vita-è-finita, Émile Carrow? Non ha nemmeno il tempo di aggiungere altro - non che ne abbia la voglia - che i due ragazzoni sono già in piedi, e lo prendono per le braccia, sollevandolo da terra senza un minimo di difficoltà o sforzo fisico. Ed il povero Tassorosso, francamente, non si sente nemmeno nella posizione di poter ribattere o lamentarsi. Basta dunque uno sventolare di bacchetta, una formula che il giovane non conosce, perché si ritrovi a sventolare per aria, a testa in giù, senza possibilità - né effettive capacità magiche - di liberarsi. Sente la Sala ridere intorno a lui, mentre avverte le guance avvampare, non sa più se per l'imbarazzo o per il sangue che comincia ad andargli alla testa. Semplicemente meraviglioso, pensa.
    Nel frattempo Pix, che se la ride in silenzio dietro ad una statua in un angolo, decide di farsi sentire di nuovo, soltanto da lui e Domiziana, per una nuova richiesta.

    « Assai dilettevole è questo teatrino,
    anzitutto per Carrow appeso a testa in giù come un salamino.
    E adesso Dragomir di deliziarmi è il tuo turno:
    e poiché non hai ancora consumato il pasto diurno,
    in cima al tavolo quell'intera torta alla panna mangerai,
    con le mani, perché forchetta né cucchiaino usare potrai!»

    « MA STIAMO SCHERZANDO?! » L'urlo di Émile, apparentemente immotivato, rompe il brusio della Sala Grande, e tutti i presenti per un momento si soffermano a fissare quello strambo ragazzino che sta ancora penzolando a testa in giù a mezz'aria. Nessuno che sembri intenzionato a liberarlo. « Non è giusto. Perché la parte bella ce l'hai tu?! » Guarda Domiziana, offeso, quasi fosse colpa della ragazza l'inequità di quelle punizioni. Per quale motivo lui è stato costretto a perdere la faccia con i compagni più grandi mentre lei dovrebbe semplicemente mangiare una torta davanti a tutta la scuola? È pur vero, magari farlo in piedi sopra ad un tavolo e con le mani, sporcandosi tutta, non è l'aspirazione massima di una giovane Caposcuola, ma, parliamoci chiaramente: cosa è peggio di essere appeso a testa in giù da due energumeni che, molto probabilmente, dopo oggi lo tormenteranno per il resto dell'anno? « Scusa Domi, lo so che non è colpa tua ma mi sembra scorretto. Pix! PIX VIENI QUA! » Urla, sbracciando con le mani che penzolano verso il pavimento, noncurante degli altri studenti, quando vede il piccolo Poltergeist allontanarsi verso l'entrata della Sala. Il Poltergeist rivolge loro un sorisetto malizioso. « Per oggi mi sembra sufficiente. Mi piace razionare le cose! I prossimi favori ve li chiederò un altro giorno. » E con queste parole, la figura capovolta di Pix svanisce nel nulla, sotto gli occhi del giovane.
     
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    Il gioco è iniziato. Pix non ha perso tempo, attaccando il giovane Carrow per primo. Poi sarebbe toccato a lei, cento per cento. Nana solleva un sopracciglio, incuriosita dalla richiesta del Poltergeist. Che qualcuno dei ragazzi più grandi gli avesse fatto un torto? E' una specie di vendetta, la sua? Non è dato saperlo, ma di certo non è un'imposizione che rende felice Émile. Per altro non sarebbe credibile, lui, ad insultare le stesse persone di cui brama l'approvazione. Sarebbe stato meglio al contrario - dalla Dragomir te lo potresti pure aspettare. Una stoccata di qua, una frase velenosa di là, e la cena è servita. Tanto è già mal sopportata a prescindere, cambierebbe qualcosa se andasse ad infierire? Non farebbe né caldo né freddo a nessuno. Probabilmente è questo il motivo per cui non le spetta l'ingrato compito di spazientire baldi giovani, ignari di quella guerra psicologica che si sta svolgendo nei Bagni dei Prefetti. L'unica cosa che intimorisce Nana, al momento, è la capacità del Poltergeist di affondare il dito lì dove fa più male. E' stato in grado di cogliere i punti deboli del Carrow senza troppa difficoltà, dunque non esclude che al suo turno possa fare terra bruciata. Non coinvolgere Max, prega silenziosamente. Émile le chiede silenziosamente aiuto, lei cala la testa, sperando che la discussione si svolga in maniera rapida ed indolore. Tutto questo perché la festa riuscisse bene... A saperlo, neanche l'avrebbe organizzata. O almeno, non all'inizio dell'anno, fresca di titolo di Caposcuola e di un ottimo voto in Pozioni, studiata fino alle due di notte ogni giorno per recuperare quel terribile Accettabile dell'anno prima. «Stringiamo i denti...», bisbiglia al Carrow, avendo cura di non farsi sentire da Pix. I tre sbarcano in un'affollatissima Sala Grande: molti studenti, ancora assonnati, consumano la loro colazione, mentre i più impavidi ripassano qualche argomento in vista delle lezioni mattutine. Emi si dirige verso il tavolo Serpeverde. Nana assume un'espressione visibilmente sconcertata, ma ancora non fa nulla perché, in fondo, è possibile che il Carrow giri a destra verso i Corvonero, all'ultimo. Niente, Emi è matto da legare!, vuole scavarsi la fossa prima del tempo, e sceglie proprio Travis Walker per zappare la terra. Braccia forti, dita grosse e ruvide: perfetto per quel ruolo, non c'è che dire. Un po' meno per svignarsela senza graffi, ustioni di quarto grado o fratture di ogni sorta. «Dove stai andando?!», cerca di fermarlo, la biondina, ma è troppo tardi. Per di più, il Tasso include Nick Morris nel discorsetto che sta per fare. Nana chiude gli occhi, abbastanza sicura che si arriverà alle bacchette. Affianca il Carrow, pronta a dare qualche pizzicotto all'occorrenza - non esagerare, Emi, e non perché siano suoi compagni di Casata, semplicemente perché ne va della futura abilità del ragazzo di utilizzare gli arti per camminare, correre, vivere. Travis ci starebbe meno di dieci secondi a spezzargli le gambe. «E tu non dici niente?», la accusa il Serpeverde, scandalizzato dalla comunella tra Domiziana ed Émile. «Coglione bugiardo, non la passi liscia.», sbraita puntandogli il dito contro, afferrandolo per le braccia ed incitando i compagni di Casata a dargli manforte. «Ahahahahah qualcuno è nei guaiiiiiiiii!», ulula il Poltergeist, senza che nessuno a parte i diretti interessati possa udirlo. E' questo che vuole, dunque: umiliarli pubblicamente, gustando la propria vendetta personale nello stesso luogo in cui gli studenti assaporano pancetta abbrustolita e spicchi di mela cotta. E all'umiliazione si riesce a rispondere meglio... Facendo squadra. «Se lo sfiori, sei morto.», la minaccia della Dragomir blocca per un attimo sia Travis che il suo scagnozzo Nick. Si voltano a guardarla, chiedendosi qualcosa tipo la vipera fa sul serio?, a giudicare dalle loro facce sconvolte. A quel punto le opzioni sono due: andarle contro e ripulire quella macchia, rappresentata da Émile Carrow, sulla loro fama di intoccabili, oppure starla a sentire e lasciare che la questione muoia lì. La stessa Domiziana è stupita dalla frase che le è uscita di bocca troppo veloce perché potesse frenarla in tempo. Una di quelle classiche cose che pensi e, senza peli sulla lingua, riferisci subito. Non siamo amici, vuole ricordarlo di nuovo a se stessa. Però la sua coscienza dalla voce molto flebile ha preferito farsi sentire più forte, per una volta. Nana sa di doverlo aiutare, dopo aver creato quel trambusto con Pix... Non che sia tutta colpa sua - di fatto si prende l'intero merito di aver organizzato una festa coi fiocchi... Però il Carrow è così indifeso... Non è giusto che lo trattino così. Solo lei può prendersi quel diritto, con un Caposcuola.
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    ...Lei e Travis Walker, a quanto pare. Lasciandosi scivolare addosso il monito della Dragomir, per mantenere il suo status quo, appende Émile per le caviglie, tra le risate generali dei presenti. «Sei una stronza. Renditene conto.», le dice Travis, mentre lei inspira ed espira profondamente per non esplodere. «Ti farà piacere fare un salto da Yaxley con questa stronza, immagino.», risponde lei, calcando l'accento su stronza, parolaccia eccezionalmente detta in quel contesto - non le utilizza mai, crede siano poco aristocratiche. «Ha cominciato lui!!!», si lamenta il Walker, mentre Nick fa cenno di sì con la testa, ripetutamente, volendo sottolineare la loro presunta innocenza. «Non mi sembra che lui ti abbia appeso a testa in giù, Travis. Liberacorpus.», Domiziana punta la bacchetta verso Émile, liberandolo dalle invisibili catene che lo sospendono in aria. «Ringrazialo per non avere tolto punti a Serpeverde.», gli dice, aggrottando la fronte, pur convinta che se avesse osato farlo l'avrebbe appeso lei per prima. E' il Poltergeist a spezzare il filo dei suoi pensieri, rivelandole la personalissima punizione da scontare per non averlo invitato alla festa. Mangiare un'intera torta alla panna davanti a tutti. Rimane di sasso, Domiziana, quasi paralizzata per uno Stupeficium che non è mai stato pronunciato. Il suo stomaco brontola all'idea di ingerire quella prelibatezza: è da tanto che non proviamo, ce lo meritiamo, la implora. Ma l'espressione con la quale si avvicina alla torta è di disgusto, già si sente male senza neanche averla provata. E' troppa. Tutto quel bianco soffice non entrerà mai in un corpicino come il suo. «E' troppa.», comunica al Poltergeist, speranzosa che la punizione - così come la torta - si dimezzi. «Puoi sempre scegliere di perdere la corona ahahahahah», si difende Pix, affatto impietosito dal tentativo della Serpeverde. Una Domiziana letteralmente allibita prende posto al tavolo. O meglio, sul tavolo, come le ha chiesto l'aguzzino. Riesce a scorgere Savannah, una delle sue amiche più care, a qualche sedia di distanza. Si guardano. Con gli occhi, Nana vuole dirle non ce la faccio. La compagna non riesce a capire, nessuno potrebbe... A parte Émile. Ma lui è troppo impegnato a lamentarsi della semplicità del compito della ragazza, a confronto col proprio. Nana agguanta la forchetta come se fosse il nemico. La affonda nel dolce. Ha quasi la stessa consistenza del grasso, gommoso, ben compatto. Starà ancora lievitando, ipotizza, perché quella terribile torta sembra gonfiare all'infinito, ogni secondo che passa. Prende il primo boccone. L'impatto è così piacevole da fare in modo che la vittima si odi ancora di più. Si odia, perché si nega tutto questo ben di dio, piatti sublimi che potrebbe avere con un semplice schiocco di dita. Ma lei no, rifiuta, si ostina a continuare il suo percorso di purificazione verso la forma perfetta che, probabilmente, non raggiungerà mai. Perché ogni volta non sarà mai abbastanza. Ogni volta si potrà fare meglio. E questa corsa non terminerà neanche a pagare, sarà un giro in tondo nel quale l'inizio e la fine si perdono... Nel frattempo, arriva al secondo boccone. La saliva si accumula copiosamente, aiutandola a deglutire - e quasi facendola affogare. Inizia a tossire per quelle goccioline andate di traverso, e si sporca il mento con la panna. Ma non deve fermarsi, non adesso che ha ingranato il ritmo giusto. Prende il terzo ed il quarto boccone. Non commette l'errore di togliersi il sapore con un po' d'acqua, perché, pur essendo un liquido, occuperebbe spazio nel canale digestivo, e non può permetterselo. Deve finire la torta... «Ma che cosa... stai facendo?», le chiede un'altra compagna di casata, ma Domiziana non si volta nemmeno a guardarla. Non si distrae, come se stesse svolgendo un compito in classe e pretendesse, da se stessa, un Eccezionale. E nient'altro. Si è ormai formato un cumulo di persone intorno, che la fissano lievemente sconcertati. Bello spettacolino in Sala Grande, quella mattina, non c'è che dire... Domiziana è arrivata ad un quarto di torta ingerito. Sente un peso fortissimo nella pancia, gonfia sino a scoppiare. E' nel momento in cui le danno un piccolo colpo sulla spalla, forse nel tentativo di aiutarla, forse per farla smettere, che sente il reflusso salire. Spalanca gli occhi e si lancia giù dal tavolo, in direzione della porta principale della Sala Grande. Corre veloce come ha sempre fatto, macina metri e metri di percorso come le hanno insegnato ad atletica leggera, ce l'ha quasi fatta, è proprio sulla soglia... Ed è lì che riversa tutto, tutto, per terra.

     
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