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    Un passo dopo l'altro. Non c'è fretta. Ricordati di respirare, ogni tanto, perché deve entrare nuova aria diretta ai polmoni. Nuovo ossigeno deve mescolarsi al sangue, nuovo sangue deve giungere al cervello. Non è semplice rispettare e ripetere questa sequenza, soprattutto se sei l'ultimo arrivato. Per di più, non solo Aurelia - Camila, devi abituarti a dirlo più spesso possibile, o ti tradirai nel giro di poco - è appena arrivata al college, è direttamente appena arrivata in Inghilterra. E' la prima volta che sente l'accento britannico, ha persino difficoltà a capirlo. Per questo non ha aperto bocca per tutto il tragitto sino alla segreteria della propria facoltà, al contrario di Caleb, suo gemello, che sta già familiarizzando, oltre che col percorso, persino con i colleghi. Cami lo invidia tantissimo, ma allo stesso tempo è contenta per lui. Almeno uno dei due sembra intenzionato a rifarsi una vita, lontano dal dramma emotivo che è stato in grado di spezzare una famiglia intera. Sospira, la piccola Davis, mentre raccoglie i capelli in una coda di cavallo, uscendo dal bagno pubblico all'incirca una ventina di minuti dopo. Si è creata una coda di cinque persone, la guardano in cagnesco. O forse è lei a percepire il sentimento negativo... Forse, a loro, non interessa affatto cosa abbia combinato in quel cesso dimenticato da Dio. Importa soltanto che lei si tolga di mezzo e che faccia svuotare le loro vesciche, o qualunque altra cosa la coppia prossima all'ingresso abbia intenzione di fare. Non riesce neanche a mormorare scusatemi, temendo che persino la sua ammissione di colpa possa essere interpretata male. Scivola via lungo l'asfalto, lasciandosi trascinare da quei piedi misura trentacinque come la pioggia in direzione di un tombino. Cade qualche goccia dal cielo, i capelli le gonfiano e gli occhi s'incupiscono. Le pagine del libro che tiene stretto al petto iniziano ad inzupparsi, costringendola ad evocare un incantesimo di essiccamento per far evaporare l'acqua. Fortunatamente, si è sbiadita solo qualche parola, lasciando il resto del tomo intatto.
    Nulla è perfetto, e se lo sembra è una bugia. Se il meteo suggerisce che sarà una bella giornata, non dare per scontato che il sole continui a splendere senza esaurirsi mai. Dopo questa lezione carinamente impartita dal karma, giunge infine a destinazione. Non abitano troppo lontano, i Davis, ma neanche troppo vicino. Potresti affittare una stanza, ha suggerito zia Ariana, ma lei ha subito scosso la testa. Non sono pronta, ha risposto sottovoce, perché dirlo troppo forte equivale a farlo ammettere a se stessa, ed è pur sempre un brutto colpo da incassare. Non sono pronta, l'ha detto anche quando è arrivato il momento di presentare domanda per i tirocini curriculari, perdendo così l'opportunità di fare esperienza sul campo. Non ti preoccupare, le hanno risposto, visibilmente preoccupati loro in primis. Non sono pronta - ma lo sarò mai?, si chiede, legittimamente. Sa di aver bisogno di più tempo rispetto ai colleghi, ma per quanto resterà nascosta tra i libri della biblioteca, prima di mettere il naso fuori dal perimetro del college? E, possibilmente, prima di avere il coraggio di presentarsi a qualcuno, stringere amicizia, prendere anche soltanto un caffé al bar - piuttosto che attendere il proprio turno alla macchinetta, picchiettando con le dita sullo schermo del cellulare al quale, in realtà, non sta arrivando proprio nessun messaggio?
    Ho da fare, ha risposto a Caleb quando le ha proposto di uscire insieme ad alcuni ragazzi, sabato.
    Non vuole, lasciatela in pace... Deve per forza affezionarsi a qualcuno in tempo record? E' così impellente il bisogno di affidarsi a terzi? Ha già il fratello. Per il momento va bene così. Quando troverà una persona disponibile, gentile, non eccessivamente invadente, sincera, cordiale, accetterà quel famoso caffè. E' chiedere troppo?
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    Sono le otto del mattino: è arrivata in anticipo, considerando che la lezione si terrà alle dodici.
    Cami siede su una panchina e li guarda. Sono una casta. Si conoscono tutti. Sì, è vero, la popolazione universitaria conta anche persone timide, che non prendono l'iniziativa, un po' come lei. Ma persino i timidi hanno qualche amico, per quanto nel loro ristrettissimo gruppo. Lei è totalmente fuori dal gioco, come se la sua linea non prendesse, in questo terribile e spaventoso mondo chiamato Inghilterra. Bisogna firmare un nuovo contratto, pagare un nuovo abbonamento, accettare le regole del territorio in cui si trova. Il problema è che non sa dove trovarle - persino la panchina su cui ha preso posto sembra quasi di proprietà di qualcuno. Sopra ci sono delle scritte... Jamie ed Alex... Hope è stata qui... Professor Fitzy ti odio...
    Non le appartiene nulla di tutto ciò. E' come quando vai sempre nello stesso villaggio vacanze ogni anno, affitti sempre la stessa casa, la stessa postazione dell'ombrellone. Ti riconoscono tutti, anche se a distanza di tempo. I bambini crescono insieme, giocano, ridono, scherzano, cadono dalle biciclette e si sbucciano le ginocchia ed allo stesso tempo continuano a scalciare e a dare pugni perché devono vendicare l'altro amichetto che è stato preso di mira da quello scemo che abita nella casa con piscina... E poi ci sono i turisti che frequentano il villaggio solo per una settimana. Anche loro hanno dei figli, anche i loro bambini frequentano il mini-club, ma non sarà mai la stessa cosa. Non potranno mai competere con l'amicizia stretta quando ancora non si è nemmeno in grado di pronunciare nome e cognome; amicizia basata su pianti disperati, gare di gattonamento, nottate insonni frutto di un fusorario completamente sballato - quello dei neonati. «Hai per caso una sigaretta?», Camila trasale a quella richiesta. Non ce l'ha, ma vorrebbe tanto dire di sì, solo per guadagnarsi un sorriso d'incoraggiamento. Però no, non ce l'ha, non ha mai fumato, neanche saprebbe come aspirare. «Mi dispiace...», non arriva a dire 'no' che già è stata abbandonata. Serra le labbra, rimproverandole per non aver saputo inventare qualcosa di meglio. La prima chiacchierata della sua permanenza al college è durata quattro sillabe.
    Hai parlato con la senior? - questa volta il messaggio le arriva davvero. E per fortuna, perché ha dimenticato di mettere l'orologio a destra, atto che serve a ricordare un impegno ben preciso, un'incombenza, un esame. Ha preso appuntamento con Fawn Byrne per le undici, poco prima della lezione. Ha bisogno di chiarire alcuni dubbi sul piano di studi - dobbiamo pagare le tasse!, continua il messaggio - e sulle tasse universitarie. Grazie ancora, Caleb. Abbandona la panchina usurpata ai presunti legittimi proprietari, per arrivare puntuale di fronte alla Biblioteca centrale, uno dei pochi luoghi che sa trovare senza perdersi e senza bisogno di chiedere indicazioni, che sistematicamente le vengono fornite di malavoglia. Come se fossi un peso a priori. «Ciao.», dice alla ragazza, non appena la scorge. Impossibie il contrario, d'altronde. Se c'è qualcuno che non si confonde in mezzo alla folla, quel qualcuno è Fawn, mano sul fuoco. Cami, invece, potrebbe arrivare a perdere persino se stessa, se non avesse la consapevolezza del cuore che batte fortissimo nel petto, a ricordarle che effettivamente sta vivendo anche lei. Agita le dita in direzione della senior, a richiamarne l'attenzione.
    Soltanto dopo, si avvede di aver fatto un passo indietro persino rispetto allo standard della conversazione di prima. Da quattro sillabe a... Quattro lettere.

     
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    Fawn era sempre stata il tipo di persona alla quale piaceva farsi gli affari propri. Questo non voleva necessariamente dire che le piacesse trovarsi dietro le quinte - in fondo aveva una personalità talmente spumeggiante da finire sotto i riflettori per forza, suo malgrado -, ma che non aveva mai rincorso le posizioni di potere. Per intenderci: se c'era una categoria di persone che ambiva a ricoprire incarichi quali quella del Prefetto, del Caposcuola, o del Senior... beh, lei non ne faceva parte di certo. Non tanto perché le dispiacesse avere a che fare con le persone; quello, anzi, lo sapeva fare piuttosto bene, le veniva naturale, il motivo era un altro. Dopo anni di acuta osservazione, dopo aver trascorso molto tempo attorno a gente che verso quelle particolari posizioni pareva gravitare, aveva avuto modo di appurare che, oltre ai venti minuti di gloria che una carica simile poteva portare con sé, oltre al mezzo secondo di autocompiacimento, ricoprirla significava anche far fronte ad un numero immenso di oneri. E non solo quello. Fare da figura di riferimento a chicchessia, significava automaticamente doversi fare in quattro per far fronte ai mille impegni che una definizione del genere presupponeva. E la Byrne, che per natura era una persona abbastanza impegnata - i club richiedevano tempo, lo stesso si poteva dire dello studio, poi c'era il tirocinio, ed ogni tanto anche il desiderio di vivere, molto semplicemente -, non immaginava nemmeno cosa avrebbe significato per lei ricevere una spilla del genere. Non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea, per la verità, finché la spilla non le era stata recapitata. E, quando era successo, non solo era rimasta a fissarla con aria inebetita, ma l'aveva anche mostrata ad Erik con estrema confusione, come a dire che dovesse esserci stato un errore. Per forza. E poi - suo malgrado - si era trovata a domandarsi come avrebbe fatto, di preciso, non tanto per paura di mancare di un qualche requisito essenziale, ma per la questione del tempo di cui prima. C'era stato un momento di puro orrore, sentimento che si era riflesso nei suoi occhioni da cerbiatto, all'idea di dover incastrare anche questo nella sua personale tabella di marcia. Ma, una volta capito di non poter andare a sindacare col preside, disertando la posizione ancor prima di averci provato, aveva preso la sacrosanta decisione di smetterla di lamentarsi e fare del proprio meglio. In fin dei conti, come aveva detto anche a June, nessuno era ancora mai morto per le troppe responsabilità. Certo, i casi di esaurimento nervoso dovuti alle stesse erano tantissimi, ma la giovane aveva deciso di ignorarli. Perché, se partiva con l'idea di non farcela, allora non ce l'avrebbe fatta di sicuro. E poi, per quanto volesse lamentarsi del poco tempo a sua disposizione, Fawn era sempre stata il genere di persona che mille cose insieme le faceva comunque, e che era dunque abituata a ritmi che altri avrebbero definito folli e basta. Sempre in movimento com'era, non soltanto sembrava in grado di incastrare innumerevoli cose tra loro, ma finiva anche per avere conoscenze un po' ovunque, ed essere quindi in grado di rapportarsi alle persone più diverse. In conclusione? I suoi livelli di stress potevano anche essere altissimi - anche per via di motivi che con la sua nuova carica non avevano niente a che vedere -, ma in qualche maniera se la stava cavando. E poi, in fondo, le piaceva avere sempre qualcosa da fare.
    Quella mattina in particolare, era diretta verso la biblioteca perché il dovere chiamava. Era stata contattata da una ragazza, una studentessa nuova, che le aveva chiesto di poterla incontrare per dei chiarimenti, e la grifondoro non aveva potuto far altro che accettare. Certo, questo voleva dire fare tutto di corsa per l'ennesima volta, ma anche occuparsi di cose come quella rientrava tra le sue mansioni. Senza contare che alle undici, che era poi l'ora stabilita per l'appuntamento, avrebbe comunque avuto mezz'ora di tempo per fare colazione. E quindi facciamo anche questa, si era detta. Si era alzata di buon mattino e, dopo una lezione di due ore, si era presa un'oretta per studiare. Di qui era scaturito il luogo dell'incontro - la biblioteca. Così, Fawn sarebbe stata di sicuro puntuale, e Camila - questo il nome della ragazza - avrebbe avuto possibilità pressoché nulle di perdersi. Dopotutto, dove fosse la biblioteca centrale, lo sapevano tutti. Maggiormente perché l'edificio svettava sugli altri ed era impossibile non notarlo.
    Così, a due minuti dall'orario stabilito, dopo aver messo via il manuale dagli argomenti improbabili ed aver mandato un paio di messaggi in giro, si era diretta all'esterno. Passò qualche attimo a guardarsi intorno alla ricerca di quella che sarebbe stata la sua compagnia per quella mattina, incorrendo invece in George, un suo compagno di corso, alla palese disperata ricerca di qualcosa.
    « Fawn! » La Byrne fece mezzo giro su sé stessa, rivolgendogli un'occhiata divertita. « George! » Gli fece eco, esagerando l'urgenza nel tono di lui, sforzandosi di non sciogliersi in una risata. « Ce l'hai una sigaretta? Ti prego, sto impazzendo, ho dimenticato i soldi a casa e- » « E nel frattempo scommetto che ti è anche morto il criceto, rotto il frigo, ed hai scoperto di essere affetto da una qualche malattia incurabile. » Rilanciò lei che già tirava fuori un pacchetto dalla borsa per porgergliene ben due. L'espressione sul viso del compagno era così gioiosa, che la ragazza azzardò persino l'ipotesi che avrebbe attaccato a saltellare per esternare quella sua incontenibile contentezza. Cosa non si fa, per il tabacco. « Byrne, sei da sposare. Ti giuro che ti bacerei. » L'americana scosse la testa, esagerando il suo passo indietro, e sbuffando pure una risata mentre metteva le mani avanti: « Facciamo come se l'avessi fatto. E non dire più quella brutta parola » sposare « in mia presenza. Ciao, grazie, ciao. » E, a sottolineare in concetto, agitò la mano nella sua direzione, facendo ancora un paio di passi. E fu a quel punto che scorse l'esile figura di una ragazza che la stava palesemente salutando. Trovata!, pensò mentre le si avvicinava a passo leggero. « Ciao, tu devi essere Camila. Io mi chiamo Fawn. » Sulle labbra della Byrne si dipinse un sorriso cordiale, mentre le allungava la mano per stringere brevemente quella di lei. « Hai aspettato molto? Nel caso mi spiace, ma sono stata intercettata da uno scroccone seriale. » Pausa. « Ti ascolto, comunque. Dicevi di volere qualche chiarimento sul piano di studi? » Aveva parlato in tono morbido, il suo solito, mentre si sistemava una ciocca dietro l'orecchio. « TI va di mangiare qualcosa, nel frattempo? »


    Edited by anagapesis - 13/10/2019, 20:23
     
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    Il corridoio è così affollato che Camila ha difficoltà a stare dritta in piedi, ricevendo gomitate un po' da tutte le parti. Comunque non attende molto, Fawn arriva nel giro di poco, e le due si spostano in un luogo più appartato. «Sono io. Molto piacere.», conferma, stringendole la mano. Poi la ritira subito, posizionandola nella tasca della giacca ed iniziando a giocare con le chiavi che vi ha riposto all'interno, giusto per avere qualcosa da fare e non concentrarsi troppo sulla figura della Byrne. Non vuole dare l'impressione sbagliata, e sa che fissare a lungo potrebbe essere interpretato male. Quindi abbassa lo sguardo, controllando le espressioni di Fawn solo di tanto in tanto. «Sì.», dice soltanto, probabilmente in risposta ad entrambe le domande della senior. Sì?! E come hai intenzione di chiederle informazioni sul piano di studi e sulle tasse, se ti limiti ai monosillabi?, risponde la coscienza della Davis, in maniera decisamente più esaustiva rispetto alla sua persona. Cami accoglie anche la proposta della merenda - o colazione, dipende dai punti di vista - non perché abbia fame, semplicemente in quanto un no potrebbe apparire sgarbata, come risposta. Si sentirebbe una guastafeste. Per altro, non può sapere se gli inglesi considerino una mancanza di rispetto rifiutare un invito del genere. Non ha intenzione di rischiare proprio adesso. Per quanto, fino a quel momento, si fosse sempre servita alla macchinetta, evitando accuratamente i contatti sociali con i colleghi di corso o qualsiasi altro universitario, decide di fidarsi di Fawn Byrne, convinta dal suo modo di fare gentile. Giungono ad un bar e Cami ordina dei pancakes con sciroppo d'acero, piatto che sua madre cucina da dio. Essendo anche abbastanza sostanzioso, potrà camuffare la sua spiccata timidezza inghiottendo giganteschi bocconi di quella prelibatezza americana, spezzando così eventuali silenzi nel corso della chiacchierata che si accinge ad avviare. Le due ragazze prendono posto di fronte. Cami tira fuori dalla borsa il piano di studi opportunamente stampato, ed una penna biro per prendere qualche appunto. «Ehm... Allora. Sì...», dice, mentre gira le pagine spillate, sino ad arrivare a quella che le serve. «Dunque. Frequenterò il primo anno di Medimagia. Volevo assicurarmi che il piano che ho trovato sul sito fosse aggiornato, perché a lezione sentivo delle ragazze parlare di alcune materie a scelta, e qui non risulta.», afferma, indicando l'elenco delle materie del primo anno. Assalita dall'ansia, dopo aver posto mille domande a Caleb - che, poverino, non può saperne niente, dato che frequenta il corso di Giochi e Sport Magici - si è infine decisa a contattare Fawn per ulteriori delucidazioni. «Non sono riuscita a trovarle da nessuna parte...», mormora, visibilmente preoccupata. A lezioni iniziate, venendo a sapere soltanto adesso degli ulteriori corsi da seguire - per quanto a scelta - avrà già accumulato un po' di assenze. Sospira profondamente, per poi affondare la forchetta nel pancake più condito di tutti i tempi, lasciando che la senior visualizzi il piano. Dopo di che, un dubbio l'assale: e se avessi stampato quello dell'anno scorso?, strabuzza gli occhi, Cami, e quasi pare si sia affogata. In realtà quel boccone le muore in gola, letteralmente disintegrato dall'ansia che ha in corpo. Picchietta nervosamente col dito sul tavolo, mentre il succo d'acero pizzica le papille gustative. «A parte questo, volevo chieder...», bene, non sa neanche se dare del lei. Per carità, Fawn sarà al massimo di un anno più grande. Però ha pur sempre una 'carica'; deve riconoscerglielo mentre parlano? Come se stesse discutendo con una professoressa, o qualcosa di simile? Alla fine, Cami opta per un'opzione sicura: l'infinito del verbo. «Chiedere se la votazione fosse numerica. Mi sono trasferita da poco, quindi ho un po' di difficoltà col metro di valutazione...», mette le mani avanti con la storia del trasferimento, per sembrare un po' meno fuori dal mondo di quanto effettivamente non sia.
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    Altro boccone, perché non sa se continuare ad elencare i dubbi o attendere le risposte della Byrne. Decide di cambiare argomento, almeno per un attimo, chiedendole se vuole versato un po' di tè. Le sorride, incoraggiante, perché anche se l'ha ordinato lei, insieme ai pancakes, non è mai troppo tardi per offrirlo. «Infine, non sono riuscita a capire se ci siano delle agevolazioni, per quanto riguarda il pagamento delle tasse, dato che anche mio fratello è uno studente universitario. Ho letto qualcosa da qualche parte, ma... Al solito, non so bene dove cercare.», conclude, per poi abbassare nuovamente lo sguardo sui pancakes. Il bar è quasi pieno, forse perché si tratta di un orario di punta; uno dei pochi momenti di pausa nel corso di una lunghissima giornata feriale. Fawn viene interrotta almeno due volte al minuto, perché la salutano tutti. Tutti. Cami è impressionata dal quantitativo di conoscenze della ragazza - per arrivare a questi numeri, molto vicini a quelli delle star di Wiztagram, social che ovviamente la Davis non ha - lei impiegherebbe una vita. Cami, tutto bene al college?, messaggio. Mamma. Spera che Fawn non abbia letto il nome sullo schermo. Non vuole che passi l'idea della bimba oppressa da genitori iper-protettivi, per quanto i suoi lo siano a tutti gli effetti. E hanno ragione da vendere a comportarsi così... Sì, mami, tranquilla. Sono con un'amica, comunica, attribuendo alla Byrne quel ruolo, pur non avendo alcuna confidenza con lei. Al suo rientro a casa, mamma le farà trovare una torta con su scritto auguri per la tua nuova amicizia!, dopo quella rivelazione, garantito. «Niente, Byrne, è destino. Oggi ti incontro ovunque.», un ragazzo poggia le mani sul loro tavolo, rivolgendo a Fawn un'occhiata complice. «Posso unirmi a voi? Non mordo.», chiede. Cami lo riconosce al volo: quello della sigaretta.

     
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    Il primo step di qualunque interazione sociale di successo, o quantomeno non proprio disastrosa, era quella di inquadrare il proprio interlocutore. La Byrne, che era sempre stata una persona piuttosto percettiva anche senza particolare necessità di sforzarsi, comprese piuttosto in fretta di avere di fronte una persona sulle sue, se non addirittura timida. Certo, col numero esiguo di vocaboli che Camila aveva utilizzato, a capire di non avere di fronte la persona più espansiva del pianeta, ci sarebbe arrivato anche un sordo. Tuttavia, di solito - almeno questo era quanto la Byrne aveva notato - le persone tendevano a lasciarsi intimorire dall'introversione del proprio interlocutore, seguendolo per le strade di quel mutismo, e finendo così per riempire l'ambiente di un disagio che si sarebbe potuto tagliare con un coltello. O, ancor peggio, di trattare il semplice fatto di avere a che fare con una persona silenziosa come un problema, e di qui le classiche quanto fastidiose domande: "ma quanto parli?!", "tutto bene?", e chi più ne ha più ne metta. Tutte ottime strategie per mettere l'altro ancora più a disagio. La nostra rosso-oro, al contrario, preferiva di gran lunga ridimensionarsi un pochino, in modo tale da permettere al proprio interlocutore di sentirsi libero di farle tutte le domande del caso, senza tuttavia sentire la pressione di dover per forza riempire ogni silenzio. Una via di mezzo, insomma. D'altro canto, secondo la sua modesta opinione, non soltanto gestire il proprio atteggiamento era effettivamente il miglior modo per non rendere la situazione invivibile per entrambe le parti, ma era pure l'unico fattore sul quale avesse effettivamente controllo. Per cui, sebbene la sua aria generale fosse rimasta piuttosto affabile, una volta compreso che la Davis non avesse nulla contro quel brunch improvvisato, il loro percorso fu piuttosto silenzioso. La senior attese che Cami ordinasse qualcosa - ripiegando a sua volta sul solito caffé - e quella (e a guardarla meglio, piuttosto timida lo sembrava davvero), non impiegò molto a sciogliersi. «Ehm... Allora. Sì...» Le fece cenno, in un delicato svolazzo della mano, di continuare mentre mandava giù il sorso che aveva appena preso. «Dunque. Frequenterò il primo anno di Medimagia. Volevo assicurarmi che il piano che ho trovato sul sito fosse aggiornato, perché a lezione sentivo delle ragazze parlare di alcune materie a scelta, e qui non risulta.» Ah, il famoso cruccio delle materie a scelta. Il sito del loro college, come d'altronde ogni sito accademico che si rispetti, su quel piano aveva dei problemi. « Fammi un po' vedere... » Esordì la mora. E, poggiato il bicchierone sul tavolo, si allungò appena per prendere qualcosa dalla propria tracolla. Una cartellina, all'interno della quale, aveva i fogli presumibilmente gemelli di quelli della new entry di Medimagia. « Posso? » Le domandò dunque, sfilandole dalle mani in un gesto rapido i fogli che la castana aveva accuratamente spillato. « Qui sembrerebbe tutto in regola, tranne... » Ma fu proprio Camila ad anticiparla. «Non sono riuscita a trovarle da nessuna parte...» Appunto.
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    L'americana si lasciò sfuggire un sospiro. La tentazione, resa più forte dalla sua indole melodrammatica, sarebbe stata quella di mettersi le mani tra i capelli. O attaccare a sbattere la testa contro la superficie più vicina - nel suo caso, quella lignea del tavolo -, ma si trattenne. Quello per cui optò, fu invece sollevare lo sguardo smeraldino sulla propria interlocutrice, scuotendo appena la testa. « Non preoccuparti, non è colpa tua. » Le spiegò in tono pacato, sperando di sollevarla un po' con quell'affermazione. Poi proseguì, sempre mantenendo la voce morbida - ed ignorando in tronco l'ennesimo idiota di passaggio che aveva cercato di farsi notare, non capendo che il suo essere seduta in compagnia di qualcuno, con un sacco di scartoffie alla mano fosse, come dire, indice del suo essere in qualche modo troppo impegnata per salutarlo. Certe persone vagano per il mondo senza cognizione di cosa accade loro intorno, ma davvero. « Sono stata in segreteria giusto qualche giorno fa per far notare a chi di dovere che la selezione delle materie facoltative richiedesse un giro dell'oca senza pari. » Far notare? Far notare era ancora un termine piuttosto diplomatico. La Byrne, di fronte all'addetto per la gestione telematica, aveva puntato i piedi, risparmiandogli per tanto così una scena madre. Quello sarebbe stato forse un racconto più fedele alla realtà dei fatti, ma la newyorkese decise di non rendere partecipe di quel piccolo grande evento anche una povera matricola, che sembrava già abbastanza smarrita e a disagio anche così. Dunque, fatta una breve pausa, riprese: « Per cui, se il tuo piano di studi l'hai compilato prima, è solo logico che tu ci abbia capito poco e niente. Guarda, facciamo così - » La mora si allungò nuovamente verso la tracolla e ne estrasse il proprio portatile. Se lo mise accanto e tornò a guardare Camila. « Se ti ricordi le credenziali, ti lascio usare il mio computer e, se qualcuna delle materie di cui hai sentito parlare ti interessa, puoi selezionarle già ora. Altrimenti lo accendiamo e, dato che stamattina ho visto che avessero sistemato, ti mostro come fare. » Si sistemò una ciocca dietro l'orecchio, lasciando alla giovane il tempo di riflettere. Poi, sempre dalla cartellina da cui aveva tirato i vari piani di studio - perché ricordarsi quello di ogni facoltà era troppo anche per lei - estrasse un ulteriore foglio. « Intanto, anche senza pc, puoi dare un'occhiata all'elenco. Sono divise per primo e secondo semestre, le materie che vedi evidenziate sono quelle i cui corsi sono già attivi. » Ritenne superfluo specificare che la terza colonna contenesse il nome del docente di riferimento per cui si limitò a far scivolare il foglio sul tavolo dopo averlo girato in modo tale che la Davis potesse leggerlo senza problemi. «A parte questo, volevo chieder... Chiedere se la votazione fosse numerica. Mi sono trasferita da poco, quindi ho un po' di difficoltà col metro di valutazione...» La Byrne aggrottò appena la fronte a quell'esitazione - stavi per darmi del lei? - e, insieme all'informazione appena fornita, un pezzo del puzzle su Camila Davis prese il suo giusto posto. C'era qualcosa, dal momento in cui la ragazza aveva aperto bocca, che le aveva dato uno strano senso di familiarità. Qualcosa nel suo speech pattern. Fawn, tuttavia, non era riuscita a svelare subito l'incognita - un po' perché Camila era di poche parole e un po' perché la mora, dal canto suo, era stata troppo presa a dispensare informazioni. « Degli esami, dici? Sí, in trentesimi. Ah, da quest'anno fa credito anche il tirocinio...fai qualcosa? » Chiarificò. E si sciolse in un sorriso. « New York City, comunque. Scommetto - ehi, sono una veggente! - che vieni da lì. » Ovviamente, per quanto determinate capacità la Byrne le avesse davvero, in quel caso aveva indovinato perché il suo orecchio aveva colto la cadenza di casa. E, se la timidissima Cami ci avesse fatto caso, avrebbe notato che quell'inflessione fosse un tratto che avevano in comune. « Sono a posto col caffè, ma grazie mille. » Disse con un largo sorriso. «Infine, non sono riuscita a capire se ci siano delle agevolazioni, per quanto riguarda il pagamento delle tasse, dato che anche mio fratello è uno studente universitario. Ho letto qualcosa da qualche parte, ma... Al solito, non so bene dove cercare.» La Byrne si trattenne dal ridere. Per quanto la questione tasse fosse chiarissima, quella delle varie agevolazioni e borse di studio, per quanto sicuramente esistente, pareva una postilla. Una specie di asterisco. Roba scritta in minuscolo. E, di nuovo dopo un secondo giro dell'oca, lo studente in questione avrebbe scoperto che le informazioni contenute fossero poco esaustive. « Foglio numero due in arrivo. » Affermò, porgendole il povero incriminato. « Questo è quello che dice il sito, ma ti aspetta comunque una visitina in segreteria. Per queste cose, lo sportello è aperto lunedì e giovedì, dalle 10 alle 13:30. Ai tuoi serviranno un po' di certificazioni e scartoffie varie ed eventuali, ma comu- » Ma venne interrotta sul comunque da un volto noto. George, noto anche come scroccatore seriale, come una processione di gente prima di lui, aveva deciso di ignorare il tacito invito a non rompere. «Niente, Byrne, è destino. Oggi ti incontro ovunque.» Fawn sollevò la testa - perché chiaramente l'alto e losco figuro aveva optato per un'imboscata, apparendo da dietro. Se avesse reclinato la testa, avrebbe rischiato di poggiarglisi addosso, per cui si spostò leggermente - finendo in bilico sulla sedia e decise di ruotare testa e busto da quella posizione, evitando contatti indesiderati. « Destino? Questa è una persecuzione in piena regola. Stalking, hai presente? » Ribatté in tono scherzoso, ma alzando comunque un sopracciglio con scetticismo. «Posso unirmi a voi? Non mordo.» Ma scusa, non avevi dimenticato i soldi a casa? E, per quanto il pensiero decise di tenerlo per sé per non metterlo in imbarazzo, decise anche di non esimersi dal lanciargli un'occhiata parecchio eloquente. « Non so, George - hai voglia di parlare di piani carriera e tasse? » Un modo come un altro per dire: siamo impegnate. E tu sei cieco.



    Edited by anagapesis - 14/10/2019, 05:42
     
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    Fawn prende visione delle pagine del piano di studi, stampate in bianco e nero, mentre Camila trae un sospiro di sollievo. Può rifugiarsi nel suo antro di silenzio per qualche minuto, scegliendo accuratamente le parole da utilizzare nella seconda fase di conversazione. Inizia a fare delle buffe prove mentali utilizzando diverse combinazioni di avverbi, aggettivi, punteggiatura, mirando a darsi un tono da ragazza adulta e perfettamente consapevole di quello che fa. La dura verità da digerire, tuttavia, è che Cami sia ancora un'innocente bambina tirata fuori da un libro di favole, con tanto di strega cattiva sconfitta grazie al portentoso aiuto di un magico animaletto parlante. Non riesce ad arrendersi neanche all'evidenza della rottura con la sorella Kendra, figuriamoci prendere atto della realtà corrente. E' come se vivesse in uno stato di trance nebulosa, dove tutto sembra effettivamente esistente ma, in fondo, è soltanto un sogno che si svolge in una dimensione parallela, priva di connessioni col mondo bianco e nero per mancanza di altri toner nella stampante. Nel sogno, invece, c'è qualche colore in più, ed è per questo che Camila preferisce rannicchiarsi lì, in tutta sicurezza, piuttosto che esporsi alle intemperie della vita di ogni giorno. Di essa ha alcuni assaggi, ad esempio quel momento di intimità con la senior Byrne, dolce fata gentile che si erge a ruolo di prezioso deus ex machina, fondamentale per salvare la pelle della protagonista della fiaba. Ma quante volte ciò che sembra innocuo, candido, tenero e rassicurante, si trasforma nel peggiore degli incubi? Cami ne ha avuto esperienza nel contesto della propria stessa famiglia. Kendra non è mai stata una santa, né tanto meno una sorella amorevole. Ma non si può arrivare a credere che il sangue del tuo stesso sangue un giorno ti volterà le spalle, prendendo una via antitetica alla tua. E' innaturale, come un quadrato che cerca di arrotondarsi con scarsi tentativi. A meno che non ricorra alla magia più oscura, che cambia non solo i risultati degli incantesimi - basti pensare alle maledizioni senza perdono, al fine di provocare dolore, o addirittura la morte - bensì direttamente l'indole. Quindi nulla toglie che Fawn Byrne possa trasformarsi nel peggiore incubo di Camila Davis, un giorno o l'altro. «Oh. Grazie per esserti occupata di questo disagio.», le dice Cami, sinceramente colpita dall'attitudine della senior. E' vero, si tratta del suo dovere, ma non è scontato trovarsi di fronte a qualcuno che lo assolva appieno, senza tirarsi indietro alla prima occasione, crogiolandosi negli allori del potere. Cami ha conosciuto fin troppe persone fatte di quella pasta, una di quelle che gonfia nel forno e nello stomaco, prendendosi tutto lo spazio possibile ed esistente e lasciandoti a soffocare dal dolore, togliendoti l'ossigeno perché viene consumato dai lieviti. Ecco, gli uomini e le donne al potere molto spesso preferiscono risultare una pasta che gonfia, di bell'aspetto, piuttosto che una pasta ben lievitata e pienamente digeribile. Preferiscono apparire, piuttosto che essere. Questo li porta a fare discorsoni di facciata, lunghi ore ed ore, in cui ti convincono della loro validità, delle loro infinite conoscenze, in cui ti promettono qualcosa per accaparrarsi il tuo consenso. Ma alla fine della fiera, sono davvero molto pochi quelli che fanno un passo avanti al momento di agire. «Sei sicura non sia un problema? Non vorrei crearti fastidio. Posso benissimo farlo a casa. Potrebbe volerci del tempo...», inizia a blaterare, sulla difensiva. Il che è vero in parte: non vuole annoiare Fawn mentre si crea mille problemi sulle materie da scegliere - perché è certo che ci rifletterà all'incirca ventiquattr'ore ad opzione - ma in realtà non vuole neanche utilizzare le sue credenziali così, dal nulla. Sul computer di un'altra persona. E se non si scollegasse? Fawn potrebbe sbadatamente indirizzare il puntatore sul tasto di chiusura in alto a destra, dimenticandosi di fare logout dal sito. Rimarrebbe l'account di Cami connesso, e solo Morgana sa cosa potrebbe accadere dopo. Iscrizione cancellata, rinuncia agli studi, scelta di materie che non ha richiesto... Fawn è una perfetta estranea per lei. Risulta gentile, sì, ma potrebbe riproporre la stessa gentilezza ad un'altra studentessa dopo di lei, la quale, avendo accesso al computer, andrebbe a perpetuare una reazione a catena risultante in un casino madornale. «Comunque va bene. Accedo e provo a selezionarne qualcuna.», si decide, promettendo di stare con gli occhi bene aperti al momento di chiudere la sessione di navigazione su Wiznet. «Sei organizzatissima.», sorride in direzione di Fawn, accogliendo l'elenco delle materie a scelta come la notizia di una vacanza in un luogo esotico. Fisiologia molecolare, potrebbe essere una scelta interessante. Organi di senso, molto specialistica ma pur sempre un'ottima idea. Non le dispiace approfondire quegli argomenti. Cami cambia idea oscillando da un polo all'altro, con la rapidità di una trottola impazzita. Legge tutti i titoli, disegnando un puntino con una matita accanto alle opzioni più interessanti. Ne seleziona una decina, ma deve ridurre la scrematura a non oltre tre materie, cercando di attenzionare anche il rapporto interesse-difficoltà. Altrimenti il carico di studio diverrebbe troppo gravoso.
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    Mentre lei continua la cernita, Fawn riferisce che la valutazione degli esami sia in trentesimi. Coglie dunque l'occasione per porre la domanda che Cami non vuole fatta, ma che le ha altrettanto servito su un piatto d'argento: in sostanza da dove vieni? E qui ci sarebbe da aprire un capitolo a parte sul perché la nostra timida Davis non sia particolarmente loquace in questo campo. «E' così ovvio?», le risponde a tono, chiedendosi cosa, in lei, urli a gran voce la provenienza dalla Grande Mela. Forse la scelta dei pancakes, forse la sua difficoltà nel comprendere la valutazione numerica piuttosto che quella delle semplici lettere dell'alfabeto, forse semplicemente il suo accento. Sì, deve essere quello. «Un po' mi manca, New York. Immagino anche a te.», si trova ad affermare, poiché non avendo notato differenze tra il suo modo di parlare e quello della Byrne, a questo punto è presumibile sia americana anche lei. Ipotesi chiaramente confermata dal suo aspetto, a tratti tribale, a tratti sofisticato. Una miscela delle due cose. «No. Quest'anno ho preferito prendermela comoda, se così si può dire. Devo ancora ambientarmi... Se avessi avuto l'impegno dei tirocini non avrei saputo cosa fare prima.», risponde, sincera. La Byrne potrebbe pensare sia una scansafatiche, per questo non manca di rimarcare quanto, al momento, sia presa dal ritmo della nuova città, incalzante ogni giorno di più. E dire che Cami, essendo americana, dovrebbe esserci abituata. Ma ogni cosa che la porta al di fuori del suo guscio, inevitabilmente la spiazza e terrorizza circa la necessità di trovare subito una forma di adattamento, per non essere travolta dalle onde di un mare inclemente. «Benissimo. Allora vado giovedì.», annuisce Cami, in risposta all'argomento tasse universitarie. Sarebbe la perfetta conclusione di una favola tranquilla, una di quelle che la Davis adora raccontarsi quando lo stato di ansia attanaglia ogni suo tessuto corporeo... Non fosse per George O'Connell, chiaramente. Arriva, si siede, fa come se fosse a casa sua. E quando la Byrne glielo fa notare, a lui non passa minimamente per la testa l'idea che, in effetti, possa essere di troppo a quel tavolo: «Avrei preferito parlare di cosa fai sabato sera. Oppure dello spettacolo che state mettendo in scena al gruppo di teatro... Ovviamente un biglietto è riservato per me, giusto?», ridacchia George, con fare ammicante. Cami lo guarda con gli occhi spalancati, domandandosi quante prove di coraggio sia necessario fare, allo specchio, prima di poter raggiungere quel grado di rilassatezza muscolare che ti consente di parlare con una persona dell'altro sesso senza sembrare afflitto dal morbo di Parkinson. Eppure lui è sereno come la più calmante delle tisane. «E poi vi ho sentito discutere fitto fitto, quindi ho pensato fosse necessario un intervento da parte mia, allo scopo -», si interrompe, scorgendo la cameriera nei pressi ed approfittandone per ordinare un altro giro di caffè per l'intero tavolo, «- di aiutare due ragazze impegnatissime a staccare per un attimo la spina. A rilassarvi un po', con me», conclude, allargando le braccia sino ad arrivare all'altro capo della sedia di Fawn, avvolgendola in un abbraccio del tutto indesiderato. «Tu come ti chiami?», chiede alla piccola e silenziosa Davis, che osserva la scena boccheggiante, quasi fosse un pesciolino rosso. Impiega una buona decina di secondi a capire che le stia parlando, per poi rispondere con un filo di voce: «Camila», puntando gli occhi azzurri in quelli del ragazzo, temendo di aver detto la cosa sbagliata. Ed in effetti è sbagliata, perché non è il suo vero nome. Ma anche qui ci sarebbe da aprire l'ennesimo capitolo. «Allora, Camila, qualcosa in contrario? Posso stare qui con voi? Oggi non ho lezione, ho tutto il tempo del mondo. E va sfruttato al meglio, perché la vita è breve. Cazzo se è breve.», aggiunge lui, per poi continuare il discorso, senza attendere l'eventuale risposta affermativa o negativa di Cami: «Stavamo dicendo di sabato. Dunque, che fate?»


     
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    «Sei organizzatissima.» A quell'osservazione di Cami non poté far altro che sorridere. « Con tre facoltà alle quali star dietro, uno lo diventa per forza. » Le rispose con semplicità. In effetti, per quanto non avesse mai davvero ambito alla posizione, la mora quell'incarico l'aveva preso piuttosto sul serio. Il tutto era presto diventato una questione di principio, tanto che si era premurata di stampare tabelle, piani di studi ed orari di ricevimento. Il suo telefono, sebbene fossero soltanto all'inizio dell'anno scolastico, sembrava spesso un centralino. E non solo: non era raro che, chi tra gli studenti si trovava nei pressi di Hogwarts, dove l'americana svolgeva il suo tirocinio, irrompesse in ufficio. Per cui, volente o nolente, per avere almeno una parvenza di vita privata, aveva presto imparato a destreggiarsi, fornendo ai compagni tutte le informazioni del caso, scritte nere su bianco. Poi, comunque, se si escludevano i ritmi folli cui quella vita la costringeva, Fawn restava comunque il tipo di persona alla quale non dispiaceva dare una mano agli altri. Aveva scoperto, con sua immensa sorpresa, che forse quell'incarico non le calzava poi tanto male come inizialmente aveva creduto. Considerato inoltre che quel periodo fosse per lei stressante a livello personale, avere qualcosa di pratico con cui tenersi occupata - fosse anche solo dispensare informazioni alle matricole - la aiutava a non pensare troppo. E col pensare troppo, a dispetto dell'apparente vivacità, la grifondoro aveva sempre avuto dei problemi. La chiacchierata con la Davis si stava perciò rivelando una piacevole pausa; dietro la facciata di assoluta timidezza sembrava celarsi una persona piacevole. Poteva essere di poche parole, ma era certamente una compagnia migliore di quanto non lo fossero state altre matricole in momenti diversi. « Comunque non c'è fretta e l'elenco puoi tenerlo senza problemi, così ti fai un'idea più precisa. » Aggiunse cordiale, prima di prendere un altro sorso dal bicchierone.
    Quando la sua nuova conoscenza le diede una conferma riguardo la propria provenienza, l'altra non poté esimersi dallo sciogliersi in un largo sorriso, specialmente al suo «E' così ovvio?», che le parve quasi imbarazzato. Come se la castana fosse stata colta con le mani nel sacco. Di reazione si trovò a sbuffare una piccola risata. « Lo è per me. » Divertita, sposto lo sguardo sul viso di lei, osservandone i lineamenti per qualche secondo. « Ma è perché la lingua batte dove il dente duole. » Le fece un rapido occhiolino scherzoso, a sottintendere la propria provenienza. Conoscendola, sebbene si trovasse in mezzo ai britannici in pianta fissa da fin troppo tempo, non avrebbe mai smesso di considerare New York casa propria. Non aveva mai perso la cadenza, non aveva mai smesso di festeggiare il Ringraziamento, preparava una Red Velvet che era una bomba... insomma, americana lo era fino al midollo. «Un po' mi manca, New York. Immagino anche a te.» La mora si trovò ad annuire con una certa enfasi. Camila non poteva saperlo, ovviamente, ma Fannie era esattamente il tipo di persona che soffriva di nostalgia di casa almeno una volta al mese. Della classica newyorkese aveva la convinzione che nessun posto al mondo fosse bello quanto New York. Certo, come ogni appartenente alla popolazione indigena che si rispetti, quando era sul posto non poteva fare a meno di notarne i mille difetti, ma restava comunque il suo posto per innumerevoli ragioni. Ricordi, esperienze, un sacco di storie divertenti si erano srotolate tra le strade della Grande Mela - tutte più o meno riconducibili ad un periodo della sua vita dove ancora non sapeva dove stessero di casa le preoccupazioni. I problemi veri, in fondo, erano cominciati quando aveva messo piede in mezzo a quella tribù di bevitori di té compulsivi. Tè che vi abbiamo buttato a mare, non mancava mai di far notare lei scherzosamente. « New York è magica. È come un microcosmo. » Sorrise sincera ed un pizzico di nostalgia si insinuò nei suoi occhioni chiari. « Come fai a riassumere Broadway ad una persona che non c'ha mai messo piede? E Brooklyn? E il Bronx? » Ridacchiò sommessamente dopo aver calcato l'ultima parola. « Diamine, Manhattan! Anche se nessuno di noi » E in quel noi ovviamente erano inclusi tutti i loro concittadini « metterebbe mai piede a Times Square di sua sponte, io per prima... il coraggio di dirti che non mi manchi da morire, io proprio non ce l'ho. Negli USA abbiamo posti bellissimi, ma nessuno di questi è New York. » Sospirò, lasciando andare il discorso e ripromettendosi ancora una volta di tornare in patria alla prima occasione. Aveva ancora dei biglietti e li avrebbe sfruttati ben volentieri se soltanto avesse avuto il tempo per respirare. Il suo fantasticare sulla City, però, venne interrotto dal ritorno ad un argomento in quel momento più pregnante - il tirocinio.
    «No. Quest'anno ho preferito prendermela comoda, se così si può dire. Devo ancora ambientarmi... Se avessi avuto l'impegno dei tirocini non avrei saputo cosa fare prima.» Di nuovo, la senior si trovò ad annuire mentre osservava l'esile figura di Cami con comprensione. Il trasferimento non era semplice nemmeno in età più tenera - figurarsi per una giovane adulta, che in sostanza si era lasciata tutto ciò che le era familiare alle spalle, « Certo, prenditi il tuo tempo che a fare troppe cose insieme, specialmente in una situazione nuova, si finisce per non farne bene neanche una. Specialmente con Medimagia. Non è il mio corso di laurea, ma ho visto abbastanza. » Affermò annuendo con ironica convinzione. I futuri medimaghi, secondo la nemmeno troppo modesta opinione di Fawn, altro non erano che persone che si erano lanciate di loro spontanea volontà in un percorso che non si poteva definire in modo differente da masochistico. Aveva visto coi suoi occhi i vari libri di testo e, sebbene i suoi non fossero poi tanto meglio, aveva provato sincera compassione per quei poveretti che in sessione d'esame ricordavano Samara Morgan a prescindere dal loro sesso, avevano sempre mille cose da fare e, se tra una sessione e l'altra avevano anche il tempo di vivere, ogni tanto, allora potevano decisamente definirsi fortunati. A Psicologia non era tanto meglio - tra compagni chiamavano la propria facoltà "Hunger Games", dove lo scopo era capire se una volta terminato il percorso sarebbero stati i dottori o quelli da ricovero -, ma questo non migliorava la situazione di Medimagia. Erano su barche diverse ma parallele, insomma.
    Fawn avrebbe volentieri proseguito la sua conversazione con Camila. L'avrebbe fatto. Ma, come già detto, George O' Connell aveva deciso di irrompere, facendo il suo trionfale ingresso in scena. Erano compagni di corso, avevano seguito qualche lezione assieme, ma il ragazzo aveva una concezione tutta sua dello studio. Non era propriamente stupido, ma aveva sempre preso il tutto con estrema calma. Quasi avesse avuto tutto il tempo del mondo. Di conseguenza, grazie al proprio atteggiamento, si trovava indietro con gli esami. Non che la cosa gli creasse una qualche preoccupazione, da quel che dava a vedere. «Avrei preferito parlare di cosa fai sabato sera. Oppure dello spettacolo che state mettendo in scena al gruppo di teatro... Ovviamente un biglietto è riservato per me, giusto?» Ma hai problemi di comprendonio? Pensava, Fawn, di essere stata abbastanza chiara anche senza essere troppo esplicita, quando gli aveva fatto notare che in quel momento avessero in corso una conversazione che con la straordinaria persona di George non aveva a che vedere. Roteò gli occhi. Così tanto, che se si fosse impegnata appena un po' di più, probabilmente avrebbe vinto un qualche premio per l'arte drammatica. Once a theatre kid, always a theatre kid
    «E poi vi ho sentito discutere fitto fitto, quindi ho pensato fosse necessario un intervento da parte mia, allo scopo - di aiutare due ragazze impegnatissime a staccare per un attimo la spina. A rilassarvi un po', con me» Alla Byrne sfuggì un verso scettico. Una sorta di "hm" che non preannunciava proprio nulla di buono. Lanciò un'occhiata al compagno, una alla povera Camila, costretta non certo per colpa sua ad assistere a quella pagliacciata, quando avrebbe solo avuto bisogno di ricevere informazioni riguardo il suo percorso al college. Ci fu un momento di silenzio in cui la nostra americana tornò a puntare lo sguardo smeraldino sulla figura slanciata di O'Connell. Una seconda occhiata venne lanciata al suo braccio. Serrò la mascella prima di spostare la propria sedia con decisione, scostandola abbastanza dal tavolo da poter prendere la tracolla che vi aveva appeso, alzarsi e rimettersi a sedere accanto alla castana. E fuori una. « Spero tu ce la faccia a bere tre caffè, George. » Asserì, alzando le iridi smeraldine sul volto di lui solo dopo aver girato anche il portatile nella propria direzione. Coronò il tutto con un finto sorriso angelico, sperando ancora che quello cogliesse l'antifona. Ma nulla. Niente. Nada. Comprensione base delle interazioni umane non pervenuta. Assistette in silenzio alla presentazione di Camila - se così si poteva chiamare -, notando subito che si fosse fatta piccola piccola. «Allora, Camila, qualcosa in contrario? Posso stare qui con voi? Oggi non ho lezione, ho tutto il tempo del mondo. E va sfruttato al meglio, perché la vita è breve. Cazzo se è breve.» La tua potrebbe diventarlo inaspettatamente di più - breve, dico - se non la pianti di fare il deficiente. Sospirò, portandosi il bicchiere alle labbra. Una volta mandato giù, si trovò ad aprire il computer, in modo da frapporre almeno la parvenza di una barriera tra loro due e George. Un tentativo discreto di schermare, almeno in parte, Camila. E sé stessa. « Hai mai pensato di studiare filosofia? Sono massime di una certa levatura. » Aveva rapidamente digitato, sulla pagina del programma di scrittura già aperto uno "mi spiace per l'interruzione" prima di sfiorarle appena il braccio, come a richiamarne l'attenzione. Una volta accertatasi del fatto che avesse notato, si trovò a digitare altrettanto rapidamente: "possiamo spostarci anche subito - sono a disagio quanto te" - e spostò appena il computer in direzione della Davis, al fine di permetterle di digitare una risposta. Tornò dunque a guardare il molesto compagno affinché non si insospettisse troppo. « Dunque - sabato. Sabato lavoro, studio, vedo Erik. Cami mi diceva di aver da fare a sua volta. Studi, vero? So che avete una relazione da consegnare mercoledì » Le sorrise amabilmente, sperando la ragazza non si imbarazzasse e riuscisse a reggerle il gioco anche se di consegne imminenti non sapeva se ce ne fossero. « E quindi niente, sabato pienissimo. L'unico momento libero che ho, è quello dove - perdonami la franchezza - mi reggeresti il moccolo. Per quanto riguarda teatro... no, niente di riservato per nessuno. Dovete sborsare. » Un ulteriore sorriso smagliante. « Non hai lezione significa che non fai Generale II? » Sapeva benissimo che di Psicologia Generale, il povero George, non avesse passato nemmeno il primo modulo - ma quella era una tattica per fargli intendere che non ci avesse fatto caso. Tornò al foglio elettronico, dove stava silenziosamente comunicando con Cami: "reggimi il gioco tra qualche attimo." Quindi, dopo la risposta del loro molesto intruso del giorno, decise di buttare un'occhiata all'orologio. « Cami, dannazione! Ma è tardissimo! Non dovevamo andare a prendere quel libro? Ricordami, cos'era? » Mentre l'altra rispondeva, Fawn ne approfittò per mettere via le sue cose alla bell'e meglio. « Scusa, sarà per la prossima volta, eh! Noi ce la diamo.» E, dopo aver preso Cami sottobraccio, si avviò alla cassa, che per fortuna si trovava fuori dalla visuale del loro disturbatore. « Sono mortificata. » Le disse a bassa voce. « Intanto ti offro tè e pancakes per l'imprevisto e, se vuoi sapere altro, ci spostiamo dove la gente » Mimò le virgolette con le dita, concentrando l'enfasi su quell'unico termine « non possa trovarci. »





    Edited by anagapesis - 19/10/2019, 09:31
     
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    Cami ed il suo sguardo sbalordito dovrebbero essere patrimonio dell'umanità, perché non credo esista, al mondo, una persona che si lasci sorprendere da situazioni banali al suo stesso modo. Fawn sostiene di dover gestire scartoffie e problematiche di studenti collegiali di ben tre diverse facoltà. Lei, invece, avrebbe difficoltà persino a scegliere il pacco di cereali da colazione perché, insomma, questo piace a Caleb? E questo va bene alle zie? E se sbaglia a scegliere? Si può cambiare? Lo scontrino lo fanno, vero? Insomma. Persino il sacro momento della breakfast americana diventa motivo di ansie. Vorrebbe avere capacità multitasking, ma deve accontentarsi di riuscire a fare la spesa senza impazzire troppo dietro all'infinita lista che chi di dovere ha compilato per lei. Perché se toccasse a Camila, farla... Probabilmente farebbe provviste tipo dopoguerra, dato il timore di scordare qualcosa o che non piaccia la marca dell'alimento che ha scelto. Purtroppo ha questo brutto vizio: quello di dover per forza compiacere gli altri. Teme il rifiuto, gli sguardi corrucciati, la mancata approvazione. Teme di far del male alle persone che ama - anche se non sarebbe in grado di torcere un capello ad una mosca, figuriamoci -, di risultare noiosa e pesante. Per questo, spesso, si annulla nel proprio minuscolo spazio vitale, fatto di silenzi e di occhi sbarrati, pronti a cogliere qualsiasi dettaglio diverso dal normale, possibile foriero di calamità naturali. Che lei, ovviamente, fugge prima che riescano ad arrivare. «Grazie ancora, Fawn. Davvero, non ti avrei voluto far perdere altro tempo... Non sei obbligata, o forse... Ehm, cioè, non so se questa rientri specificatamente nelle mansioni da senior, ma... Comunque... Non sei obbligata, ecco.», balbetta un po', Camila, mentre picchietta sulla tastiera del computer della ragazza, continuando la sua ricerca sulle materie Medimagiche da aggiungere al piano di studi. Chissà se al college newyorkese hanno lo stesso tipo di percorso... Sarebbe bello confrontarlo. Ma con la sua vecchia vita non ha più alcun legame, ha tagliato ogni ponte al momento del trasferimento. Ha cercato di bruciare i ricordi, per quanto il fumo prodotto abbia creato un alone di profonda tristezza nel cuore e nella mente. Non ha alcun contatto con i vecchi amici di un tempo - pochissimi, da contare sulla punta delle dita, ma pur sempre amici. Nessuno sa dove lei e Caleb - Abel - siano attualmente, trapiantati da una realtà ad un'altra del tutto differente. «New York è... Uno stile di vita, più che una città.», sogna il suo passato, Cami, attraverso le parole di Fawn. Riesce a vedere ogni cosa, ogni strada, ogni vicolo di quel concentrato di energia che è la sua città natale. Riesce a sentire l'odore degli hot dog sulla trentaquattresima, riesce a vedere le luci sfavillanti natalizie che adornano ogni angolo nel periodo di Dicembre, riesce ad ascoltare il frastuono, il vociare, la confusione. Quando c'è così tanta vita, al di fuori, non hai bisogno di costringerti ad essere eccessivamente dinamica - basta lasciarsi trasportare dall'animo newyorkese. «Manca anche a me. Sarebbe bello avere qui un po' di New York... Mio fratello si è messo in testa di voler organizzare il Ringraziamen...» to. Non completa la frase, Camila, improvvisamente investita dalla portata di quell'idea. E' un concetto per lei inconcepibile, sotto ogni punto di vista. Loro due? Dare una festa? Certo, tanto vale scrivere un cartellone con i loro veri nomi ed appenderselo al collo. Ecco, il Ringraziamento a casa loro sarebbe il modo perfetto di attirare l'attenzione, e dunque l'evento più assolutamente sbagliato e pericoloso che abbiano mai organizzato insieme. «Il Ringraziamento, sì. Ovviamente sei la benvenuta.», per Morgana, Camila!, Fawn è una sconosciuta. E tu la inviti così? Tanto per cominciare, non sai nulla di lei. Potresti apparire eccessivamente invadente. Neanche avete scambiato due parole, che già pensi sia la tua migliore amica, pizza, patatine e Netflix sul divano il sabato sera? Ti dirà di no, chiaro e cristallino. E tutto questo per colpa di Abel - Caleb, cavolo, devi abituarti al nome, o farai saltare in aria la copertura -, che vuole apparire figo, amichevole e gentile, offrendo tacchino ed amore a gente di cui ignorate nome, cognome e natali. Insomma, è un piano ridicolo sotto ogni punto di vista.
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    Fortunatamente, l'accenno al Ringraziamento lo fa prima che alla loro chiacchierata si aggiunga anche George, il ragazzo che le ha chiesto la sigaretta e che neanche ricorda di averlo fatto. Meglio così, meglio non dare nell'occhio, si dice Camila, per quanto sia un attimino incredula al fatto che lui possa essere così... Scemo, è uno scemo, ed è assolutamente riuscito nell'intento di farla sentire invisibile, trasparente, come un fantasma che se ci passi attraverso senti freddo e finisce qua, non ti rendi conto di cosa sia successo. Povera Mirtilla Malcontenta. «Oh... Ehm. In realtà dovremmo sbrigare delle pratiche... Però, insomma... Come vuoi, sussurra Camila, in risposta all'invadenza del ragazzo. «E qual è il problema! Posso darvi una mano io. Allora, di che si tratta? College? Che palle. Ma non pensate mai a divertirvi? Sempre col naso tra i libri... Fanny, da te non me lo sarei aspettato. Sembri una tipa divertente. Che l'essere senior ti abbia messo coi piedi per terra? Peccato, avrei preferito farmi un giretto sul... Grattacielo che eri prima.», commenta George, utilizzando un chiaro riferimento all'origine americana di Fawn. Che poi è la stessa di Camila, ma questo lui non lo sa. La piccola Davis lo guarda sconvolta, letteralmente allibita per le espressioni da lui scelte, che altro non sono se non la traduzione di: Fawn, scopa con me anche se sei fidanzatissima. George, probabilmente, si sente migliore di Erik, o quanto meno abbastanza attraente da far cadere la Byrne nella sua trappola. Anche se Cami ne dubita fortemente, lo vede un po' troppo insistente per essere un tipo accattivante. Di solito, i ragazzi belli e impossibili, se la tirano finché non sei tu a pregare affinché ti calcolino. Lui no, si mette sulla piazza tipo pezzo di antiquariato da vendere a quattro soldi, schiamazza pur di trovare un acquirente e, poveretto, non si rende conto che sia del tutto controproducente. Tattica sbagliata, caro George. Per l'appunto, Fawn non ci sta. Mentre il ragazzo continua a provarci spudoratamente, la senior digita una frase sul monitor del computer: mi spiace per l'interruzione, possiamo spostarci anche subito - sono a disagio quanto te. «Esatto. Studio... Mi sono già organizzata con una collega. Saremo insieme tutto il weekend. Una... Full immersion.», commenta, in risposta a Fawn, inventandosi una frottola di sana pianta, fregandosene - ed impressionandosi del proprio menefreghismo nei confronti di un essere umano, evento da segnare sul calendario - di ciò che George possa pensare. Che la creda pure una secchiona, meglio, così toglierà baracca in anticipo. «Che immagine celestiale, Byrne... Avrei preferito reggere la tua coppa B, C o quello che è, ma se proprio devo, va bene anche il moccolo.», George le sorride languido, indifferente al riferimento alla relazione tra Erik e Fawn. Camila lo guarda storto, perché non riesce a credere sia così deficiente ed insensibile da provarci nonostante la senior sia più che impegnata. «Già, Generale II. La provo a terzo appello, prima ho... Altro da fare. Ad esempio scegliere il costume per Halloween, pare che la Rosier dia una festa a casa sua. Che gran figa che è...», inizia a blaterare George. Cami approfitta di quel momento per scrivere sul monitor: ti seguo, assolutamente, paghiamo e ci spostiamo. Timidamente solleva una mano, richiamando l'attenzione di una cameriera. «Il conto... Grazie.», ma la confusione che c'è impedisce di risolvere la questione in fretta. Per questo, quando Fawn sbircia l'orario e si tira dietro Cami, lei la segue a ruota, avviandosi alla cassa. «Ma non c'è motivo, Fawn, dividiamo, non c'è problema! Assolutamente...», e inizia a cercare il portafoglio nella borsa, piena sin quasi a scoppiare, appoggiandosi un attimo a terra per far prima. Peccato che scivoli sul didietro, rovesciando l'intero contenuto sul pavimento - a tratti anche sporco di miele, crema pasticcera, al cioccolato e via dicendo. «Oh... Mannaggia.», si lamenta, per poi tirare fuori la bacchetta e risolvere la situazione con un Gratta e Netta. «Non ti devi scusare di niente, Fawn. George... E' stato ridicolo. Non è colpa tua. Per me non è successo nulla, sono tranquillissima.», si tira su in piedi, fronteggiando la senior dal basso della sua statura. «E sei già stata sin troppo disponibile. Non voglio annoiarti più del dovuto... La scelta delle materie posso continuarla da sola...», mormora, impacciata all'inverosimile. «Però, ecco. Se hai ancora tempo, magari, potremmo fare un giro del college. Ho già perlustrato la zona, ecco... Però vedi, ci sarebbe quest'aula...», e tira fuori l'agendina, cercando l'appunto che ha segnato qualche giorno prima. «Sì, aula Ippocrate. Ecco, il professore ha spostato lì la lezione, e non so dove si trovi. Ma in ogni caso è per la prossima settimana, quindi se non hai tempo adesso possiamo rimandare, chiaro. Non ti preoccupare. Assolutamente. Solo se puoi.»

     
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    Al mondo esistono cose finite ed infinite. Una delle cose che certamente rientravano nella prima categoria, e che poteva ormai definirsi prossima all'esaurimento, altro non era che la pazienza di Fawn. Lo squallido siparietto di George O' Connell, le aveva tolto quel poco di buonumore riuscito a sopravvivere in quella giornata zeppa d'impegni, ed il tempismo dello stesso non aveva fatto che confermare due tesi distinte che l'americana aveva formulato parecchio tempo addietro. La prima, di carattere autobiografico, diceva più o meno che, secondo il proprio modesto parere, la sua vita avrebbe potuto prendere due pieghe - una dove avrebbe infine ricevuto il suo meritatissimo Nobel alla Pace, visto quanto i suoi nervi venivano messi alla prova su base quotidiana; una seconda, dove prima o poi, invece, alla tentazione dell'omicidio avrebbe finito per cedervi. Ed allora addio ad ogni sogno di gloria. La seconda tesi era di tipo disilluso, dai toni appena nichilisti, e faceva così: la gente non merita nulla. Se non due ceffoni. E alla prossima volta, perché tanto sono sicura che una prossima volta ci sarà, quando con me non avrò una persona timida ed impressionabile, quei due ceffoni io te li tiro davvero. E non saranno morali. Se con lei non ci fosse stata una persona palesemente introversa e a disagio, la Byrne avrebbe attaccato a far polemica. Gliene avrebbe dette non quattro ma, conoscendola, pure sedici. Tuttavia, per quanto potesse essere una fiera Grifondoro, non era ancora diventata del tutto idiota, ed aveva preferito, in quel frangente specifico, pensare a salvare la pellaccia propria e della Davis. Non soltanto perché non ci teneva a regalare traumi e passare per una persona psicologicamente instabile, ma perché sapeva benissimo che il loro appuntamento non fosse di cortesia. Aveva un compito da portare a termine, chiarimenti da fornire, e di certo non avrebbe anteposto una bega al proprio senso del dovere. «Ma non c'è motivo, Fawn, dividiamo, non c'è problema! Assolutamente...» Fu quella timida affermazione della nuova conoscenza a riportarla alla realtà. La mora, che alle cosiddette corse al portafogli era ormai abituata - motivo per il quale aveva il polso allenatissimo -, aveva già raggiunto il proprio, complice anche il piccolo incidente di percorso della compagna. « Assolutamente no. » Le rispose dunque con tassativa decisione, scoccandole quindi un rapido sorriso mentre osservava l'altra smanettare con la bacchetta. « Dopo un simile idiota, consideralo come la mia maniera di pagarti i danni morali. Non mi pesa. » E, ciò detto, saldò rapidamente il conto di entrambe. Fece cenno alla cassiera di tenersi la mancia, quindi si abbassò per allungare una mano alla Davis per aiutarla ad alzarsi. «Non ti devi scusare di niente, Fawn. George... E' stato ridicolo. Non è colpa tua. Per me non è successo nulla, sono tranquillissima.» Una volta accertatasi che Camila fosse saldamente in piedi, la minuta rosso-oro sbuffò, scuotendo appena la testa. « Sul ridicolo non hai torto. » C'era una punta di fastidio negli occhi verdi dell'americana, segno del fatto che si stesse mordendo la lingua per non ricoprire il ragazzo di cui prima, che si era rivelato essere una specie di persecuzione, di epiteti molto meno lusinghieri di quelli che la castana gli aveva riservato.
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    « Però sai com'è, mi piacerebbe evitare che al mio primo incontro con qualcuno, irrompa un deficiente che si mette a parlare di reggere le mie coppe. O di farsi un giro sul grattacielo. » Una risata sarcastica, mentre mimava quelli che dovevano essere brividi di disgusto. E che, se proprio doveva dirla tutta, sentiva essere veri nel più profondo della propria anima. « Sottile come una trave, non c'è che dire. Mi chiedo se le sue tattiche di rimorchio siano mai state efficaci su qualcuna. E se la risposta fosse affermativa... beh, che tristezza. » Un'ulteriore alzata di occhi al cielo seguita da una scrollata di spalle, quasi volesse ribadire l'assurdità di quella situazione. Conoscendosi, non ci avrebbe messo molto a riderci su, le ci sarebbe voluta appena qualche ora con ogni probabilità, ma il suo prendere la vita con una certa filosofia non rendeva sicuramente la situazione meno assurda. O tragicomica. Ed altrettanto certamente non avrebbe reso più efficaci gli approcci di George O' Connell. O, almeno, questo era ciò che sperava per il genere femminile nella sua interezza. «E sei già stata sin troppo disponibile. Non voglio annoiarti più del dovuto... La scelta delle materie posso continuarla da sola...» Quell'affermazione in particolare, la Byrne la scacciò con un rapido svolazzo della mano. « Troppo disponibile lo sarei stata se mi avessi telefonato alle due di notte ed io fossi corsa da te in pigiama. Questo è niente. » La rassicurò con affabilità, scrollandosi nelle spalle. Sulle labbra le si era dipinto un mezzo sorriso. Decise, con sé stessa, che la Davis le piaceva. O che, quantomeno, la sua naturale propensione alla gentilezza, alla considerazione del prossimo e dei suoi impegni, e quel non dare le attenzioni ricevute per scontate, fossero una boccata d'aria fresca. Almeno, comunque fossero andate le cose, non si sarebbe pentita di quel tempo trascorso in sua compagnia. «Però, ecco. Se hai ancora tempo, magari, potremmo fare un giro del college. Ho già perlustrato la zona, ecco... Però vedi, ci sarebbe quest'aula... Sì, aula Ippocrate. Ecco, il professore ha spostato lì la lezione, e non so dove si trovi. Ma in ogni caso è per la prossima settimana, quindi se non hai tempo adesso possiamo rimandare, chiaro. Non ti preoccupare. Assolutamente. Solo se puoi.» Si era sporta appena in avanti nel sentirla parlare, inquadrando subito l'appunto in questione, ben felice di avere qualcosa di pratico a cui pensare. Per quanto potesse essersi limitata ad un commento sarcastico, era chiaro come il sole a mezzogiorno che quanto appena accaduto col giovane molesto di cui prima, l'avesse infastidita nel profondo. Non tanto perché lo considerasse una vera minaccia - dubitava davvero che George fosse capace di qualcosa di diverso dal dare aria alla bocca -, ma per il principio. Ci sarebbero stati momenti, forse, dove quella sensazione sarebbe stata scacciata in meno di qualche secondo, ma questa non era una di quelle. Si era trattato di una vera e propria mancanza di rispetto. Gli avrei cambiato i connotati, per Godric, se soltanto non avessi avuto troppi spettatori. Trattenne uno sbuffo infastidito, più perché aveva come la sensazione che la compagna l'avrebbe frainteso che altro, e annuì rapidamente. « No, va bene. Oltretutto mi è anche di strada per lezione, quindi non preoccuparti di farmi perdere tempo. » Distese le labbra in un sorriso e le fece cenno di seguirla all'esterno. « Come mai questo spostamento? » Le domandò mentre, dopo averle fatto cenno di seguirla all'esterno, teneva la porta perché la giovane potesse proseguire, e scoccando nel frattempo un'occhiataccia ad un furbone che aveva pensato di tagliarle la strada. « Complimenti. » Gli disse soltanto, il sopracciglio sollevato che sottintendeva tutt'altro. « Perché, chiaramente, non era in grado né di aspettare, né tantomeno di considerare il fatto che, magari, mi sarei premurata di tenere la porta aperta anche per lui. E meno male che il mito li vuole cavalieri, questi britannici. » Si assicurò che Camila le si fosse affiancata e svoltò a destra, spostando nuovamente lo sguardo su di lei. « Dicevo: sai come mai hanno cambiato aula? Sovrannumero? Problemi strutturali? O il professore si sentiva semplicemente più ispirato di là? » Scosse la testa, divertita. Gli insegnanti, a volte, sebbene assolutamente competenti nel loro campo, erano in grado di fare le cose più assurde per le motivazioni più assurde. Ed il cambiare aula, a ben guardare, era la più innocua di queste. Aveva sentito, una volta, di un docente da incubo - che per fortuna non insegnava nessun corso che dovesse seguire - che si era sentito in diritto di chiedere un intero paragrafo. A memoria. E poi ci si chiede perché siamo matti... Svoltò a destra, muovendosi in direzione di uno degli edifici del campus con falcate rapide, la tipica andatura di chi era abituato ai ritmi della città e di New York nella fattispecie, i cui abitanti parevano soffrire della sindrome da fretta persino quando avevano a loro disposizione tutto il tempo del mondo. « L'aula che cerchi è al quarto piano, e se vuoi posso accompagnarti. Intanto... » Le rivolse un'occhiata incuriosita, alzando le sopracciglia un paio di volte, come a sottolineare che stessero per affrontare un discorso di massima importanza. « ..dimmi un po' di questa storia del Ringraziamento. Mi sembra un'idea molto carina. Ti dico, però - » E qui fece una mezza pausa ad effetto, pescando il cellulare dalla tasca. « - che, sebbene apprezzi molto il tuo invito, invadere casa tua dopo appena mezz'ora assieme, mi pare un po' eccessivo anche per i miei standard. Quindi facciamo che ci scambiamo il numero, ci vediamo qualche altra volta e, se nel frattempo non scopri di non sopportarmi e non decidi di bandirmi, allora ben volentieri. Ti va? » Le sorrise ancora una volta, sistemandosi un ricciolo ribelle dietro l'orecchio.




     
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    Ciò che la nostra piccola Camila non sa, è che il mondo - a giorni alterni - possa anche non straripare di buio e terrore. Nella sua personalissima visione delle cose, ad ogni angolo c'è da preoccuparsi che una calamità naturale, una beffa del destino, o più semplicemente l'assassina della sua migliore amica, possano sbucare fuori e fare piazza pulita di tutto ciò che le resta. Non che si tratti di un'infinità di punti fermi, chiariamoci. Ma quei pochi affetti che le gravitano intorno, sono per lei di fondamentale importanza. La ragione per cui vive. Caleb le manda un messaggio, chiedendole se a pranzo si vedranno. Camila, che si è appena ripulita dallo sciroppo d'acero che minacciava di intrappolarla sul pavimento di quel bar - come la più accanita delle Mandragole - gli risponde brevemente che non sa a che ora finirà. Lui sembra contento. Non perché non voglia condividere con la sorella il solito pasto delle tredici e dieci minuti, ma al contrario perché apprezza l'immane sforzo che Cami sta facendo per inserirsi in una società alla quale neanche ha rivelato il proprio vero nome. Se già si parte col piede sbagliato, a furia di bugie e sotterfugi, come si può sperare di uscirne fuori a testa alta? Non siamo amiche... Mi sta solo facendo fare un giro del college. E' una senior, A - e subito cancella quell'iniziale, per poi correggere in Caleb. Quello che Camila vuole dimostrare, è che Fawn Byrne stia svolgendo la propria mansione e nulla più. Anche se, insomma, il suo sorriso confidenziale ed il suo tentativo di tirarle entrambe fuori da una situazione pietosa in cui un rincretinito George O'Connell continua a scimmiottare penosamente, è probabile che non rientrino nei compiti specifici di un senior. Per la prima volta da quando ha messo piede al college, Cami non si sente sperduta. Avverte un filino di sicurezza, pur essendo un pesce fuor d'acqua che ha costantemente bisogno di immergere la testa a mille metri di profondità per prendere la sua boccata d'aria, attraverso delle branchie che sono fatte in maniera diversa da quelle dei comuni mortali, in grado di sostenere chiacchierate amichevoli e gioviali per più di due minuti di fila. Lei no, le sue branchie sono fatte per respirare solo dove la luce del sole non batte più, in un luogo sicuro e protetto, dove avrà la possibilità di stare in silenzio e di evitare di raccontare la prima scemenza che le passa per la testa, così da non apparire la solita sprovveduta di turno. «Non c'è... Nessun danno morale.», mormora Camila, una volta constatato che l'aguzzino si sia volatilizzato. Niente più George, niente più fiato sul collo. Niente più occhietti vispi che si soffermano su ogni centimetro di pelle, a scartarti i vestiti, la cute e persino l'anima, interrogandoti su cosa tu abbia mangiato a colazione e su quali siano i tuoi piani per il futuro. L'invadenza di George l'ha messa a disagio, certo, soprattutto perché la Davis è costretta a fingere di essere una persona che non è. Neanche le hanno consentito di sceglierselo da sola, il nome. Hanno fatto tutto le prozie.
    Ad ogni modo, per quanto sia stato davvero imbarazzante, Camila è inspiegabilmente tranquilla. Ha persino avvertito quei cinque minuti di complicità, con la Byrne, che le hanno fatto credere che, forse, costruire una piccola sfera di cristallo di conoscenze, lì in Inghilterra, non sia del tutto impossibile. Il caso vuole, poi, che Fawn sia un'americana. E' vero, è un'arma a doppio taglio: potrebbe iniziare a farle domande, a chiederle di Ilvermorny, della gente che frequentava, della sua famiglia... Ma Fawn sembra una di quelle persone che non vivono per farsi i fattacci degli altri. Camila ride quando la senior espone la propria versione della chiacchierata con George, scandagliandone i punti deboli in un batter d'occhio. Non è male come strategia: razionalizzare quello che è successo, smontare il castello di narcisismo che gli altri tendono a creare intorno a sé, cercare di vederli per quello che sono veramente. Per una che si fa prendere facilmente in giro, non è facile. Se non ci fosse stata Fawn, Camila avrebbe impiegato ore a liberarsi di George, e magari gli avrebbe persino creduto. Non dà confidenza, la piccola, ma parimenti non è in grado di vedere i lati negativi delle persone. Avrebbe etichettato O'Connell come persona esageratamente esuberante, ma non se la sarebbe presa, nonostante il ragazzo abbia effettivamente oggettificato il genere femminile come se nulla fosse. «In effetti, è... E' stato come... Vedere uno di quegli sketch alla televisione, con il solito ragazzo belloccio che crede di potere avere tutto... Perché per lui basta dirlo, ed è fatta... Invece, insomma. E' stato... Proprio ridicolo. Neanche gli è passato per l'anticamera del cervello che, essendoci Erik, non saresti stata a sentirlo più di tanto.», commenta, Camila, mentre segue Fawn per le vie del college. Si sente sicura, a starle a fianco, perché la Byrne ha in sé un carisma che può assolutamente valere per entrambe. Compensa l'essere impacciata della Davis.
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    «Non l'ho mica capito, sai. Il prof ha soltanto detto ci vediamo lì. Non ha dato altre spiegazioni... Forse la nostra aula sarà occupata dai ragazzi del secondo anno, la prossima settimana.», aggiunge, fornendole una spiegazione vera soltanto a metà. Non è che il professore non abbia dato altre spiegazioni, è che ha detto che l'aula verrà utilizzata per delle sue cose personali. E Camila non vuole dipingerlo sotto una cattiva stella, agli occhi di Fawn. In fondo, lei stessa non sa come interpretare la notizia, per cui è inutile esporlo ad un giudizio negativo da parte degli studenti immotivatamente. Non che il prof ne abbia fatto un segreto di stato... L'annuncio è stato diffuso online, sul loro portale. Però a Camila non va lo stesso di sbandierarlo ai quattro venti. E'... Irrilevante. No?
    Fawn le indica la strada per l'aula Ippocrate, e poi commenta l'invito ricevuto per il giorno del Ringraziamento. Lo sapevo, sono stata una scema ad accennarlo. Dovevo stare zitta. Ho fatto una figuraccia, adesso crederà di me la stessa cosa di George... Che sono un'invadente. Solo perché mi ha offerto la mano, mi sono presa tutto il braccio... Oddio, che situazione. «Ma... Certo, Fawn. Sì. Allora. Questo è il mio! 3889564224... », attende che la senior se lo appunti sulla schermata del cellulare. «Dai. Sai benissimo che non sopportarti accadrà nell'anno del mai!», ride, Camila, un po' in imbarazzo per la sua ammissione. «Ok, puoi dettare.», afferma, pronta a segnare il numero della ragazza. Sarà molto più semplice parlarsi così, anziché via mail, modalità che le è servita per fissare l'appuntamento con la senior.
    Quello che non sanno, le due amiche in esplorazione, è che George O'Connell se ne sta ad un metro da loro - non le ha seguite, davvero, per puro caso si ritrova anche lui lì - e che sta sentendo tutto.
    E questa è la storia di come abbia avuto i loro numeri di telefono.

     
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