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    Nella vita di Hermione Granger ogni cosa ha un ordine prestabilito: dall'orario della sveglia al mattino, al tipo di completo da indossare a lavoro. Per la precisione con cui tutto è organizzato, si potrebbe dire impieghi secoli a far combaciare anche il più insignificante dettaglio, di modo che il complesso ingranaggio dei suoi impegni funzioni a meraviglia, come un macchinario ben oleato. E invece no, è questione al massimo di cinque minuti, perché una volta stabilito il meccanismo di base - con lo stesso ruolo, in fondo, del gradino più basso di una piramide, a sostegno all'intera struttura -, il gioco è fatto. Le modifiche sono abbastanza semplici da apportare, non hanno il potere di sconvolgere quella cassaforte a prova di manomissione. Eppure nell'ultimo periodo sembra andare tutto letteralmente a rotoli. Le variabili del caso si trasformano in bestie feroci pronte a fare fuoco e fiamme ovunque, le ansie e le preoccupazioni si moltiplicano come l'oro delle camere incantate della Gringott - con l'obiettivo di ingannare gli sciocchi ladri, speranzosi di guadagnare qualche Galeone grazie all'animo impavido ed al contempo sprovveduto che si ritrovano -, il suo cuore tende a battere troppo veloce per una donna in buona salute. Rudy che piomba fuori dal nulla, pretendendo non si sa cosa; i ragazzi che svolgono il tirocinio ad Azkaban; gli incubi ricorrenti su Hugo. E' un turbine di emozioni irrefrenabili che la rende costantemente inquieta, in uno stato di allerta che non la abbandona neanche, appunto, quando poggia la testa sul cuscino speranzosa di addormentarsi in pochi istanti. L'unico suo rifugio, se così può esser definito, è tra le scartoffie dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, nel frangente in cui il signor Malfoy decide di non avere nulla da discutere con lei. Evento abbastanza raro, e proprio per questo prelibato più del miele di una preziosissima ape regina. Partendo da questo presupposto, se qualcosa va storto nell'unico attimo di rilassatezza che le è concesso, è chiaro venga da riflettere sulla possibilità di recarsi da uno sciamano per purificare l'anima dalla nera sfortuna di un uggioso Ottobre. «Vi giuro che non ho idea di dove sia finita la carpetta.», comunica il Magiavvocato più accorto del gruppo di colleghi. Hermione finge di non sentire, perché se fosse davvero connessa nessuno la tratterrebbe dall'esprimere il profondo malcontento che tutti, della sua persona, temono. Ma quel giorno proprio non le va di attirare occhiatacce in direzione della sua scrivania, per quanto possa essere nel giusto. D'altro canto, le cartelle dei casi non si perdono da sole, giusto? Evidentemente qualcuno è stato poco attento. «Non so neanch'io, ci ho lavorato fino a ieri.», afferma un'altra collega, una di quelle più precise - senza ironia, davvero. A questo punto l'attenzione di Hermione si catalizza sul fattaccio del giorno; se persino Amy non trova l'ago nel pagliaio è necessario che intervenga lei, se non altro per chiarificare quanto grave sia la situazione. «Qual è il problema?», chiede, senza staccare gli occhi dal monitor del computer, continuando a picchiettare nervosamente sulla tastiera per concludere la relazione cui lavora da una settimana piena. Eccola, la frase che fa tremare persino le segretarie: qual è il problema. Quando la Granger domanda i dettagli di una discussione accesa, è segno che stia per introdursi senza troppi convenevoli in quel contesto, allo scopo di raddrizzare le storture che la sua mente puntigliosa nota - o immagina, perché a volte vede imperfezioni persino in un lavoro svolto con cura. «Oh, non ti preoccupare Hermione, tutto sotto controllo.», risponde Amy senza esitazioni, probabilmente piccata per esser stata colta in flagrante. Già la immagina che esclama obiezione, Vostro Onore, in un disperato tentativo di difendersi senza aver raccolto neanche uno straccio di prova. «Non sono preoccupata. Volevo sapere come posso aiutarvi.», comunica, sempre senza stabilire un contatto visivo, realmente non intenzionata a riferire ciò che pensa, o almeno non per intero. Amy, in fondo, le sta pure simpatica. E' una gran lavoratrice, ma ha il brutto vizio di atteggiarsi a civetta con la gran parte della popolazione del Dipartimento, per cui la distrazione è dietro l'angolo. «Non...», inizia lei, subito zittita dalla combriccola al suo fianco, ben decisa a non rivelare il motivo del trambusto. «Sì?», questa volta la guarda, sfidandola a lasciare la frase in sospeso oppure a completarla, sotto il perentorio incoraggiamento della signora Granger.
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    «Non riusciamo a trovare la carpetta del caso Miller.», conclude, sottovoce. Hermione si rasserena: non le compete. Allo stesso tempo, però, quell'imprevisto la irrita più del ronzio di una zanzara, e sa benissimo che non avrà pace finché al Dipartimento, o quanto meno nel gruppo in cui lavora, torni a regnare la serenità. «Mh.», dice soltanto, tradendo una nota di rimprovero in quella mezza sillaba, per poi alzarsi di gran carriera ed iniziare a bussare ad una trentina di porte. La domanda è sempre la stessa, 'avete visto la cartella Miller?', e dopo un bel po' di no secchi, arriva all'ufficio di Daphne Greengrass. «Buongiorno.», la saluta con la dovuta cortesia, poi parte subito all'attacco: «Per caso ti è stata...», ha appena iniziato la frase, quando scorge il documento sul mobile al suo fianco. Legge il cognome Miller a caratteri cubitali sul frontespizio, e lo agguanta all'istante. «Perfetto. Stavo cercando proprio questo, appartiene al nostro gruppo.», comunica, iniziando a sfogliare le pagine della carpetta. C'è ancora un sacco di lavoro da fare, a giudicare dalle numerosissime righe lasciate in bianco e dai fogli volanti spillati tra loro.

     
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    La sua mania di calcolatrice aveva preso decisamente il sopravvento. Starsene seduta ad una poltrona a contare galeoni, ecco come Daphne Greengrass aveva sempre immaginato la sua vita dopo Hogwarts. Tuttavia, aveva tutto il tempo per farlo. Magari anche riempire una vasca di monete d’oro e farsi il bagno in esse. Una sorta di Cleopatra moderna, soltanto con un intuito migliore. Certamente l’avrebbe aiutata a rilassarsi, visto e considerato che quel caso l’aveva fatta sedere lì per ben cinque ore di fila. Un altro da aggiungere a quelli più assurdi della quale si era occupata.
    Poteva comunque dirsi soddisfatta, dato che la sua fama andava via via crescendo sempre di più. Presto si sarebbe occupata d’altro che di semplici dispute tra allevatori di draghi che si contendevano il territorio. Per Salazar, quella causa è stato un vero incubo, durato per settimane! Fortunatamente poteva tornare a respirare serenamente, giacché le altre carte che erano passate nelle sue mani erano casi semplici, che si vincevano davvero con uno schiocco di dita.
    Del suo lavoro amava ogni cosa. Dai costosi tailleur professionali che indossava, alla toga porpora che portava in aula, fino al momento dell’inizio del processo vero e proprio. Da quell’istante partiva un gioco a scacchi immaginario, fatto di sguardi, di battaglie, di botta e risposta e soprattutto di prove. E se non c’erano… beh, le si creavano a loro piacimento. Su questo particolare, Daphne poteva vantare astuzia e intelligenza. Non lasciava mai nulla al caso, nel vero senso della parola.
    Digitò un’ultima lettera, seguita da un punto. Infine, tirò un sospiro di sollievo. Anche l’ultimo buco, in una delle cause alla quale stava lavorando, era stato miracolosamente chiuso. Si stiracchiò, ancora seduta alla scrivania e immersa di fogli sparsi qua e là. Avrebbe dovuto mettere ordine prima di dileguarsi nella sua abitazione e grazie all’aiuto della bacchetta non si sarebbe neanche stancata. Tornando in una posizione corretta della schiena, si passò una mano tra i capelli biondi, lasciati morbidi sulle spalle, privi di qualsiasi forcina o accessorio vario. Solitamente amava decorare le ciocche con qualcosa ma quel giorno aveva optato per un outfit sobrio ma comunque elegante. Il rosso del maglioncino, poi, le donava terribilmente. Specialmente se si aveva una pelle così chiara come la sua. Approfittò di quei pensieri e di uno specchio lì accanto, posto sulla scrivania, per mirarsi un secondo. La giornata lavorativa iniziava ad influire sul suo viso, più pallido del solito. Una volta a casa si sarebbe data una bella rinfrescata.
    Nel momento in cui fu presa da quell’attivo di relax apparente e i suoi occhi fecero per tornare sul monitor del computer, questi cambiarono direzione di scatto, fissando la porta del suo ufficio che veniva aperta. Daphne alzò un sopracciglio, vedendo entrare Hermione Jane Granger. Mezzosangue ben nota per essersi fatta una certa posizione e, benché non nutrisse proprio grande simpatia per lei, doveva ammettere di essere un po' invidiosa. Ma ovviamente non era un particolare che avrebbe urlato ai sette venti. Ci teneva tremendamente alla sua reputazione.
    L’ultimo ricordo che aveva della Granger era durante i G.U.F.O, nell’ormai lontano ’96, poi vista la posizione che ricopriva lì al Ministero era quasi abituale incontrarla per i corridoi o immersa nel suo stesso lavoro. Anche lei instancabile stakanovista, a quanto si diceva.
    «Buongiorno.»
    Daphne fece un cenno di sorriso, in modo cordiale e non prettamente amichevole. Anche se la sua testolina conveniva che fosse il caso di fare uno sforzo, visto che la Granger era una personalità importante e, più di qualsiasi altra cosa, la bionda amava il suo lavoro. «Buongiorno anche a te. Posso fare qualcosa?» Chiese, volgendo la sua completa attenzione alla Granger, lasciando il suo lavoro per un momento. Non sarebbe di certo scappato. Unì le mani sul suolo della scrivania, assumendo una espressione professionale.
    «Per caso ti è stata...»
    La bionda alzò un sopracciglio, non riuscendo a comprendere del perché la Granger si fosse fermata, lasciando la frase in sospeso. All’avvocatessa, però, bastò seguire proprio lo sguardo dell’ex Grifondoro per scoprirlo. Ed era orientato verso una carpette. Quello del caso Miller. «Perfetto. Stavo cercando proprio questo, appartiene al nostro gruppo.»
    Daphne annuì, alzando le mani al cielo. Si era ritrovata quel documento nel pomeriggio di ieri e ci aveva dato un’occhiata. Curiosità e forte senso del dovere l’avevano spinta a cercare qualcosa, informazioni, prove… e aveva fatto dei passi avanti. Non molti e non aveva segnato nulla, lasciando tutto in bianco. Aveva una buona memoria. Non riusciva a capire del perché fosse stata consegnata a lei, però, visto che non era un caso che le apparteneva. «Hai degli assistenti davvero distratti, Granger. Fossi in te, userei più polso duro. Esattamente il consiglio che ti do per vincere quella causa.» Che poi, nell’analizzare la cosa, il polso di ferro era ciò che ogni avvocato utilizzava nelle cause. Daphne aveva unito così bene lavoro e vita privata da usarlo quasi sempre. Parte del suo lato caratteriale era stato fortificato proprio da quello.
     
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    Daphne Greengrass è una rinomata Magiavvocatessa del Wizengamot, chiunque al Ministero lo sa. Ed Hermione, tipo di persona cui sfuggono solo poche cose, è a conoscenza di quanto la donna sia meticolosa nello svolgimento del proprio lavoro. Un po' come la sua Amy, a parte quel piccolo imprevisto. Non può fare a meno di apprezzare, silenziosamente, l'ordine che regna nell'ufficio di lei, il profumo di carta ed inchiostro, nonché l'impeccabilità della donna stessa: come se le avessero appena acconciato i capelli. La Granger sistema una ciocca dietro l'orecchio, provando fastidio per la cespugliosità della propria chioma, difficile da domare. Tanto quanto la lingua affilata di Daphne, che le suggerisce di utilizzare il fantomatico pugno di ferro con gli assistenti, per farsi rispettare di più. Hermione le rivolge un sorriso forzato, auspicando di non perdere la calma per quanto i presupposti, purtroppo, ci siano eccome. La giornata si preannuncia delle peggiori, e l'esperienza insegna che in situazioni del genere la soluzione più idonea sia fare buon viso a cattivo gioco. Esattamente la sua politica. «Ti ringrazio per il consiglio -», ma rifiuto l'offerta e vado avanti, «- ma credo che sapremo cavarcela lo stesso, grazie, conclude, calcando un po' troppo quella parola affatto sentita. Va per imboccare la via del corridoio, tornando al suo antro di sicurezza nel Dipartimento, ma un tornado in piena regola la travolge - Amy - rovesciandole un'intera tazza di caffè americano addosso. Ora, il vestiario non sarebbe poi un problema, basta un Gratta e Netta rapido ed indolore, ma le carte... Le carte sono perse, del tutto. E lei non ha mai aperto quel documento, dunque non ha la più pallida idea del tipo di testimonianze raccolte, deposizioni del diretto interessato, della famiglia, degli avvocati. Non sa niente del caso Miller, e dubita che gli altri se ne siano occupati - non per altro cercavano proprio quella cartella, giusto? Probabilmente avevano intenzione di cominciare quella mattina. La Granger trattiene un rimprovero da polso duro, nello stile che la Greengrass ha appena consigliato, e rivolge ad Amy un'occhiataccia delle sue. Questa volta se la merita, sì, amicizie a parte. «Sono mortificata, Hermione, scusami.», lei porta le mani avanti, non avvedendosi del vero disastro causato. «Ma quello è...?», scorge anche lei, evidentemente, il cognome tanto discusso quel giorno, Miller, sul foglio inzuppato caduto per terra. Hermione cala la testa, non proferisce parola e raccoglie dei pezzetti di carta dal pavimento, ormai praticamente sciolti dato il calore del caffé. Le parole sono sbiadite, non si distinguono più le vocali dalle consonanti. «Immagino abbiate fatto delle fotocopie.», sussurra, speranzosa, ma non ci crede più di tanto. Quando Amy scuote il capo, Hermione si vede già obbligata a richiamare tutti i testimoni e gli avvocati del caso, nella ricostruzione di quel lavoro d'ufficio andato perso. «Può darsi che... Signora Greengrass, mi scusi.», si fa avanti, Amy, provando a risolvere la questione. «Ha per caso letto la cartella?», chiede, timida. D'altronde il materiale è stato abbandonato lì da qualcuno, ed è possibile che Daphne l'abbia visionato giusto per appurare non fosse di sua competenza. In quel caso, appunto, sarebbe tornata utile a tutti. Hermione si fa avanti, in attesa di una risposta, mentre con un colpo di bacchetta dà una sistemata al completo e alla moquette, cancellando tutte le macchie provocate dall'incontro-scontro con la collega.
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    Dopo la richiesta alla Greengrass, Hermione suggerisce ad Amy di tornare sugli altri casi del giorno, per portare avanti un po' di lavoro. Meglio che resti lei a fronteggiare Daphne, personalità da prendere con le pinze e da trattare... Con delicatezza. L'impetuosità della ragazza, già artefice di un piccolo disastro mattutino, potrebbe essere d'intralcio. «Non so da quanto il documento sia qui, ma ti ringrazierei se potessi illuminarci anche sul dettaglio più insignificante, eventualmente.», sostiene Hermione, un po' maledicendosi per l'affermazione di poc'anzi 'sapremo cavarcela lo stesso'. Per come gira la ruota della fortuna, infatti, ci sono previsioni tutt'altro che rosee per il futuro. Nel frattempo, un'altra nuova personalità - possibilmente una segretaria della Greengrass - fa il suo ingresso domandando se ci fosse bisogno di caffè, tè o qualsiasi altra bevanda venisse in mente. Rabbrividendo anche al solo pensiero della scenetta di prima, la Granger declina gentilmente l'offerta: «E' tutto a posto, per me, grazie. »

     
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    La pazienza era una delle qualità che ogni avvocato doveva avere, se si voleva fare quel mestiere. Ogni giorno si aveva a che fare con i peggiori soggetti della società e, se ti capitava bene, potevi sperare di uscire vincente da una causa nel giro di quaranta minuti massimo. Se si avevano le giuste informazioni, ovviamente, e se si sapeva giocare le carte giuste. Andare senza nulla di certo o senza conoscere le giuste caratteristiche del caso, era come avventurarsi in un vicolo buio, sperando di incontrare una luce che non ci sarebbe stata. Per questo la pazienza e i consigli erano di vitale importanza in quel mestiere.
    La Granger, a quanto pare, non era di questo avviso. «Ti ringrazio per il consiglio -» «- ma credo che sapremo cavarcela lo stesso, grazie.» Sguardo fiero e il classico tono di chi non ammetteva alcuna replica. Passavano gli anni, ma costatava che la Granger mantenesse ancora alto il suo orgoglio, da degna ex Grifondoro.
    Daphne annuì appena, facendo un mezzo ghigno, senza dire altro. Tipico non accettare consigli, e lei non si sarebbe affatto offesa per quello. Del resto, usare il pugno di ferro non era propriamente un consiglio, era un metodo che usavano tutti i mangiavvocati che volevano vincere una causa, senza farsi ridere dietro dai colleghi. Quello, era stato il primo insegnamento che aveva ricevuto a sue spese, nel suo primo caso. Da allora aveva imparato la lezione e non si faceva mai cogliere impreparata. Vero era che neanche lei accettava facilmente consigli, avendo un orgoglio sproporzionato. Magari, una tecnica che usava, era rubare con gli occhi possibili informazioni o metodi da usare a proprio vantaggio. Non doveva per forza accettare un consiglio, ma solo rubarlo, facendolo passare per suo.
    Tornando con lo sguardo fisso sul monitor, avvertendo che la Granger se ne stava andando, sentì un rumore pochi secondi dopo che la portò a riportare la propria attenzione sulla donna e su un’altra, che sembrava scusarsi in ogni lingua conosciuta. Quando Daphne fece cadere a terra lo sguardo, capì perché. Non poté sottrarsi dal ghignare, sentendo la loro breve conversazione. «Sono mortificata, Hermione, scusami.» «Ma quello è...?» Il fascicolo del caso Miller era completamente zuppo di caffè. Ogni informazione contenente al suo interno era andata a farsi benedire. E dallo sguardo della Granger, si poteva intuire chiaramente che stava ricorrendo ad un mantra mentale per non perdere la pazienza. «Immagino abbiate fatto delle fotocopie.» Cercando di non apparire troppo pettegola, Daphne riportò lo sguardo sul suo ormai lavoro ultimato, dandogli una piccola lettura. Il caso Miller, del resto e come le aveva ricordato in modo impeccabile la Granger, non era affar suo. «Può darsi che... Signora Greengrass, mi scusi.» «Ha per caso letto la cartella?»
    Daphne rialzò solo allora lo sguardo dal suo lavoro sul monitor del computer, per l’ennesima volta e osservò la collaboratrice della Granger. Touché. Poggiò la schiena allo schienale in una posizione del tutto rilassata con un’espressione più professionale possibile, ma nel momento stesso in cui stava per aprire bocca, la Granger la interruppe, facendo eclissare la sua collaboratrice altrove, con ogni probabilità alle sue mansioni. «Non so da quanto il documento sia qui, ma ti ringrazierei se potessi illuminarci anche sul dettaglio più insignificante, eventualmente.»
    Doppio touché. Daphne doveva sospettare che, quella richiesta, doveva essere abbastanza faticosa per una donna che aveva, da sempre, la reputazione di so-tutto-io e di saper fare qualsiasi cosa senza l’aiuto di nessuno. L’avvocatessa rilassò appena i tratti angelici del viso, annuendo di poco. «Sì, per tua fortuna gli ho dato sia una letta, che preso appunti. Sai, bisogna sempre rubare con gli occhi oggi, ciò che ti può servire domani.» Le rispose, aprendo i cassetti della sua scrivania fino a tirar fuori una cartellina azzurra dove, a lettere cubitali, c’era scritto “appunti personali”. La aprì, iniziando a sfogliare una manciata di fogli uniti tra loro tramite una graffetta. Voleva essere certa che fosse in possesso delle giuste informazioni, senza fare ulteriori buchi nell’acqua, non era da lei. Nel mentre cercava, rimanendo a testa china, Daphne avvertì l’arrivo di Dorothy, una delle sue segretarie e collaboratrici. «E' tutto a posto, per me, grazie. » Una volta che la Granger ebbe declinato l’offerta, proferì parola. «A me invece mi porti un caffè macchiato con mezzo cucchiaino di zucchero. Mezzo, mi raccomando! Non uno di più.» Ordinò la bionda, sottolineando con voce più autoritaria la quantità di zucchero anche se, conoscendo la sua segretaria, era difficile che avrebbe sbagliato una cosa che conosceva così bene.
    Una volta che fu certa di essere nuovamente sola con la Granger, Daphne tirò fuori da quella cartellina azzurra gli appunti di ben quindici pagine unite da diverse graffette che assicuravano, ai documenti, di non spiegazzarsi. Li ondeggiò per un breve istante e poi li consegnò alla donna. «Tutto ciò che ti può servire è scritto qui. Breve riassunto delle due parti, le dinamiche della ricostruzione, cosa è stato trovato fino ad oggi, eventuali testimoni che hanno deposto la loro confessione, e i miei personali appunti, di cinque pagine, circa il caso. Furto ai danni di un negozio di magia. Non è poi troppo complesso.» Le illustrò brevemente con tono abbastanza rapido. Aveva un modo di parlare estremamente veloce e professionale, specialmente quando si trattava di qualcosa che conosceva. Dorothy irruppe nuovamente nel suo ufficio, portandole il caffè ordinato. La liquidò con un breve gesto della mano, sorseggiando il contenuto della tazzina. Il calore procurato da esso le dava un senso di sollievo, come succedeva in giornate lavorative come quelle.
     
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    Ogni tanto la vita, chissà perché, decide di farci vestire i panni di altre persone, indumenti che non potrebbero essere più lontani dal nostro stile quotidiano. L'impatto è forte, come quando una donna decide di tingere i capelli: dal castano scuro al biondo platino - è chiaro che si resti un attimo sconvolti. Quel giorno, il piccolo esperimento tocca ad Hermione Granger, che si trova ad elemosinare appunti su un caso che appartiene al suo gruppo e che, per combinazioni astrali particolari, è stato recapitato a Daphne Greengrass. Il ghigno della Serpeverde tormenterà i sogni della Granger per un bel po', ma si tratta di dettagli che deve necessariamente mettere da parte per il quieto vivere. Ed anche perché, volente o nolente, è l'unica scelta che ha. Una volta rimaste sole, Hermione prende posto sulla sedia all'altro lato della scrivania della Greengrass, sfiorando con delicatezza la carpetta azzurra che le viene mostrata. Apprezza la scelta di quel colore, in quanto infonde una parvenza di calma, emozione di cui ha disperatamente bisogno in quel momento. Non di meno, apprezza anche la scelta di parole, poiché rubare con gli occhi, in fondo, è un atteggiamento che sfrutta lei stessa, all'occorrenza. Persino quella mattina ha rubato, con gli occhi e con le orecchie, frammenti di conversazione tra i suoi collaboratori, appurando il misfatto che l'avrebbe costretta a trascorrere piacevoli minuti - si augura che la rimpatriata non si prolunghi oltre - con la magiavvocatessa. Daphne fa recapitare un caffè macchiato con mezzo - sottolineato più volte, come se avesse agguantato un evidenziatore giallo ed iniziato a cerchiare nervosamente una preziosa parola chiave - cucchiaino di zucchero. Facendo due più due, dunque, l'interlocutrice dovrebbe appartenere alla categoria di donne compulsivamente attente alla linea, quando in linea di massima non avrebbero motivo di preoccuparsi. Il fisico asciutto di Daphne tradisce una qualche attività in palestra, oppure, nell'eventualità che si tratti di una sedentaria, una notevole generosità da parte delle divinità al momento di distribuire una genetica favorevole. «Mh.», commenta Hermione, visibilmente colpita dall'ordine della collega. E ringrazia mentalmente che la sua grafia sia leggibile, a differenza di quella di molti altri avvocati sbrigativi, piena di abbreviazioni ed errori grammaticali - cosa che lei, da instancabile precisina che è, non tollera. «Conosco il negozio ed anche il proprietario.», aggiunge, volando con la mente al botteghino londinese di articoli sportivi, al quale spesso ha accompagnato i nipoti appassionati di Quidditch. Si rammarica per il signor Miller, un uomo per bene, dal modo di fare pacato e gentile, e si augura che ci si possa attivare per assicurare un risarcimento al negozio allegro che ha mandato avanti per molti anni. Sfila dalla tasca della giacca la penna prendi-appunti, e la incanta affinché trascriva le note segnate da Daphne. Un brivido le percorre la schiena al pensiero di copiare il lavoro svolto da altri, ma l'alternativa sarebbe deludere il dolce, caro e buono signor Miller. Per cui, ingoia il boccone amaro e procede. «Un esempio di grande e profondo senso civico.», bisbiglia distrattamente, a rinforzare le sue lodi circa la parte lesa del caso. Frase che, in realtà, si potrebbe applicare anche alla Greengrass - la quale, sciocche rivalità a parte, presumibilmente derivate dall'appartenenza a casate diverse, in fin dei conti sta collaborando attivamente alla risoluzione del problema. «Devo ringraziarti ancora, Daphne -», la chiama per nome, poiché sarebbe ancor più strano se mostrasse freddezza nei confronti di una persona che, di fatto, conosce da molto tempo, per quanto le loro strade si siano incrociate di rado. «- è chiaro che ricambierò il favore, qualunque cosa dovesse servirti.», le sorride cordiale.
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    Non lo dice perché deve, lo dice perché ha sinceramente voglia di dare una mano come può, ed è infatti il motivo per cui si trova lì quella mattina - recuperare il caso Miller e risolvere il battibecco tra colleghi. «Lavoro a parte, spero sia tutto tranquillo per te. Notizie di Astoria? Porgile i miei saluti.», introduce il discorso per spezzare il silenzio glaciale che si è creato tra le due donne, decisamente poco in confidenza l'una con l'altra. Ed anche perché non chiederebbe mai di Astoria a Draco Malfoy, date le voci che circolano in giro. Comunque non sa in che termini si regoli il rapporto tra le due sorelle, né ha intenzione di impicciarsi in alcun modo, è solo una frase detta per caso, giusto il tempo che la penna prendi-appunti completi l'opera. Anche se è stata lei per prima a spostare la discussione più su un piano personale, prega che non le si chieda dei figli e del trambusto che in casa Weasley si sta recentemente creando. Argomento motivo di ansia, doloroso come un dardo conficcato nel petto. «Vedo che hai viaggiato molto.», commenta, notando alcune fotografie della Greengrass in molteplici località, dando una rapida occhiata all'ufficio ben arredato. La segretaria fa il suo ingresso in quel momento, consegnando a Daphne il caffè macchiato e poggiando una brocca colma d'acqua sulla scrivania. Hermione ne approfitta per versarne un po' in un bicchiere di vetro, cercando di rassettare le idee per un attimo e rilassarsi, cosa impensabile per la gran parte del suo tempo.

     
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    C’era stata una leggera nota di soddisfazione, quando Daphne ha elencato per filo e per segno ciò che aveva trascritto nella cartella azzurra. Nota che sie era decisamente sentita ed era convinta che, mezzosangue o meno, la Granger avesse un cervello grande come una biblioteca e che quindi l’avrebbe capito chiaramente. Era noto a tutti, del resto, come la Greengrass fosse precisa in ogni minimo particolare sul suo lavoro. Professionale, senza mai lasciare davvero nulla al caso. Curava ogni cosa, dal suo ufficio al suo primo giorno di lavoro, dal suo abbigliamento sempre impeccabile, dalla sua alimentazione da seguire fino al metodo d’acciaio che usava nell’ambito professionale. Sapeva distinguersi anche per quello. Lei non cercava solo la grandezza del successo, ma cercava anche cosa c’era dietro. Dietro quel visino angelico, pochi conoscevano la diavola che si celava. Tuttavia, dispensare consigli a favore dei colleghi, la faceva sentire dannatamente importante. Era come andare a lezione e alzare la mano per rispondere alla domanda del docente perché conosceva la risposta, quando tutti facevano scena muta. Beh, quando frequentava Hogwarts succedeva l’inverso, giacché la Granger si era guadagnata il soprannome di so-tutto-io e c’era un motivo per quello. La guardò con aria curiosa, mentre la vedeva interessarsi sia alle sue parole che a quel caso. «Mh.» «Conosco il negozio ed anche il proprietario.» Le fece sapere in seguito.
    Daphne fece un’espressione pensierosa e annuì. Era ben noto a tutti, del resto, che la famiglia Weasley era ben numerosa e con zii, nipoti, figli e quant’altro, la Granger -almeno una volta nella vita- aveva sicuramente messo piede in quel negozio. Personalmente, alla bionda ex Serpeverde, il Quidditch annoiava. L’aveva sempre annoiata, anche quando frequentava la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Assisteva alle partite della sua casata ma se si guardasse verso la tribuna, non si sarebbe mai vista Daphne Greengrass a saltare sul posto, battere le mani, gridare. Oh, cielo! Al pensiero di quel caos, che aveva regnato per i suoi sette anni di studi, riusciva a sentire una fitta al centro della testa. Era quasi sicura che suo nipote nutrisse un sentimento per quello sport. Non aveva mai indagato a fondo su quel particolare. «Mhm… appassionati di sport in famiglia?» Chiese, beandosi ancora del calore procurato dal suo caffè, mandando giù in gola un altro sorso. E mentre lo faceva, cercò di non distogliere mai lo sguardo dalla Granger. Ne studiò i movimenti, gli occhi che si muovevano tra le righe scritte da lei, i lineamenti che cercavano di rilassarsi. Non doveva essere facile, per una persona come lei, abituata da sempre a cavarsela da sola, a chiedere l’aiuto di qualcun altro. Lo comprendeva. Lei stessa, specialmente nel suo lavoro ma anche nella sua vita privata, raramente chiedeva aiuto a qualcuno. Solo ai suoi elfi domestici e per lavori strettamente casalinghi. Come molte donne dall’animo forte e dal carattere temprato nel fuoco, anche lei voleva farsi da sola, senza dover dire grazie a nessuno.
    «Un esempio di grande e profondo senso civico.» Aggiunse la Granger quasi in un sussurro, così impercettibile all’orecchio della Greengrass che quest’ultima deve assemblare le parole e unirle tra loro. Infine, comprende e annuisce. «Sì, concordo pienamene.» Rispose la bionda, quasi con lo stesso tono e sfumatura usata dalla Granger. «Devo ringraziarti ancora, Daphne -» «- è chiaro che ricambierò il favore, qualunque cosa dovesse servirti.» Dire che la bionda fosse sorpresa era un eufemismo. Tuttavia, non lo diede a vedere e, ad opera d’arte, mascherò quella sensazione con un ulteriore sorriso gentile. A tutti, sarebbe apparsa come una smorfia o un ghigno. Era il suo modo di esprimersi. Fece un gesto con la mano, come per dire che non aveva fatto chissà quale magia strana. «Non devi ringraziarmi, è il mio lavoro. Non era un caso affidato a me ma, in questo caso, ringrazia la mia curiosità.» Le rispose, del tutto sincera. In verità, ora che ci pensava, avrebbe anche potuto non aprire per niente quel caso, non interessarti minimamente. Invece l’aveva fatto. Perché amava il suo lavoro, forse più di sé stessa e della sua vita privata, che non si espandeva a più di qualche relazione occasionale, per divertimento. «Me ne ricorderò.» Aggiunse in seguito, riferendosi al fatto che si fosse messa a disposizione per qualsiasi cosa avesse bisogno. L’avrebbe tenuto a mente davvero. Chiedere aiuto non era da lei ma poteva chiedere favori per conto di qualcuno. Un buon motivo per annotarlo da qualche parte. «Lavoro a parte, spero sia tutto tranquillo per te. Notizie di Astoria? Porgile i miei saluti.» Daphne alzò un sopracciglio. Lei e sua sorella non erano propriamente in buonissimi rapporti, il loro amore/odio aveva creato un muro che negli anni non aveva fatto altro che fortificarsi. Una barriera corallina che le divideva, anche caratterialmente. Non erano mai state simili, sebbene nell’aspetto avessero quel marchio, quel qualcosa che sapeva di purezza e ricchezza. Tuttavia, dire i fatti suoi alla gente è l’ultima cosa che vuol fare. «Penso stia bene, sì. Ti ringrazio. Sarà mia premura dirglielo non appena la incontrerò.» Se ad ogni due per tre non finiamo per lanciarci frecciatine. Avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne nello svelare troppo sulla sua situazione famigliare non proprio rose e fiori. «E tu e Weasley? Famiglia, nipoti? Tutto bene?» Rigirò la domanda, mettendosi in una buona posizione d’ascolto. Non simpatizzava eccessivamente per quella famiglia ma era giusto e educato rigirare la domanda. Chissà… poteva anche scoprire che la Granger e Lenticchia fossero ai ferri corti. Il pettegolezzo era l’hobby preferito della bionda! «Vedo che hai viaggiato molto.» Daphne spostò rapidamente lo sguardo verso dove la Granger stava rivolgendo il suo. Decorare il suo ufficio con foto dei suoi innumerevoli viaggi era qualcosa che la rilassava, le faceva tornare in mente com’era felice in quei posti, che avrebbe sicuramente rivisitato prima o poi. Annuì, posando gli occhi su una foto in particolare. Lei, di spalle, con gli occhiali da sole e in costume, con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte e il mare in lontananza. «Sì, è qualcosa che mi rilassa. Quando ho del tempo libero dal lavoro, ovviamente.» E nell’ultimo periodo raramente succedeva. Avrebbe atteso comunque il Natale, magari poteva andarsene in uno chalet in montagna o ritornare in Norvegia… o ancora meglio, in Islanda!
     
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    Hermione non ha mai avuto interesse per il Quidditch. Sin dal primo anno ad Hogwarts, ha capito che Volo non fosse affatto la propria materia del cuore, né tanto meno un ambito in cui poter eccellere. Un po' come la storia di Divinazione, per la quale ha tanto faticato senza mai ottenere i risultati sperati. Ad un certo punto, comunque, se un determinato contesto non è nelle sue corde, comprende sia meglio lasciarlo perdere piuttosto che affaticarsi inutilmente. La saggezza sta soprattutto in questo: rendersi conto dei propri limiti. La Granger si spinge spesso oltre, per avere la certezza che, in realtà, il fantomatico limite non sia quello ipotizzato, bensì leggermente spostato più avanti. Se però ottiene la controprova dell'impossibilità di migliorare, si arrende. I suoi nipoti - più che i figli - tutt'altra storia. James Potter, per l'appunto, è un famosissimo giocatore di Quidditch, ed al contempo un temibile pericolo per gli abitanti della Tana. Hermione ricorda ancora come si dileguasse, di soppiatto, nel bel mezzo dei soliti pranzi e cene di famiglia, arraffando una scopa dall'armadio e librandosi in aria, coinvolgendo fratelli e cugini più piccoli. Olympia, invece, è esattamente come lei - intollerante a quella disciplina. Sarà per questo che occupa un posto speciale nel cuore della zia? Affatto, sarebbe sciocco metterla su questo piano. Olympia è molto di più. Ma, bisogna ammetterlo, il fatto che non sia propriamente appassionata di giochi e sport magici, la colloca ad un livello di conversazione che, per una donna esigente come la Granger, risulta interessante nonostante la differenza d'età. Per cui, sì, Olympia è speciale. «Appassionati è dire poco. Molti ci vivono, di sport.», sorride, in riferimento al primo di tutti i nipoti. Non può evitarlo, perché il solo pensare a James è direttamente collegato al divertimento, alla risata contagiosa, alla gioia di vivere, in poche parole. «Si può dire che non perdiamo una partita.», aggiunge, correndo con la mente a tutte le volte in cui Ron l'ha trascinata allo stadio, con un gigantesco pacco di pop corn a farle da compagnia, e possibilmente qualche guantone da tifosi acquistato per l'occorenza. Ed alla fin fine non le dispiace nemmeno. Se così può far felice il marito, è automatico che sia felice lei stessa. Nel frattempo, Daphne scaccia via tutti i convenevoli del caso sostenendo non ci sia bisogno di ringraziare, avendo semplicemente fatto il proprio lavoro. Hermione non può dissentire, poiché avrebbe agito esattamente allo stesso modo, ma tra sé e sé precisa che, comunque, ci sia stato un accenno di gentilezza da parte della collega, nei propri confronti. Avrebbe potuto benissimo dire che non sapeva nulla del caso, scrollandosi di dosso eventuali rogne, e persino evitando la presenza della Granger per la mezz'oretta a seguire. Eppure decide di aiutarla, senza alcuna retribuzione o richiesta particolare. E' stata una sua scelta personale, un porgere la mano che Hermione apprezza in maniera piuttosto evidente. E' un modo di sentirsi importante, ed è il metodo che adotta lei stessa - dispensare appunti, note, informazioni, piccoli brandelli del proprio lavoro, affinché siano utili anche ad altri. E non è solo una questione di pura generosità - che di base può esserci così come potrebbe non esserci -, è anche un modo per avere riconosciuta la validità della propria persona, agli occhi degli altri.
    La fidata penna prendi-appunti sta per completare il proprio lavoro, ma la conversazione con Daphne Greengrass è invece ancora agli albori, tanto che Hermione non ha cuore di voltare i tacchi ed andarsene, innanzitutto perché sarebbe scortese. In secondo luogo, perché deve alla Greengrass un rinnovato rispetto, da quel giorno in poi, un rispetto che superi la barriera dell'indifferenza che tra le due c'è sempre stata. Pertanto continua a chiacchierare con lei, a tratti persino incuriosita dalle informazioni ottenute. Penso stia bene, sì. Il che sottolinea automaticamente la freddezza del rapporto tra le due sorelle. Altrimenti, Daphne non lo penserebbe, lo saprebbe. Per di più, sceglie l'uso del futuro semplice, che pur essendo prossimo a verificarsi è pur sempre più distante di un banalissimo presente. Dunque, non solo le due sorelle sono presumibilmente poco in contatto, per di più si vedono in rare occasioni. Magari soltanto quelle comandate dal calendario, ad esempio compleanni e ricorrenze familiari particolari.
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    «A casa tutti bene.», liquida rapidamente l'argomento, perché non ha intenzione di avvicinarsi neanche col pensiero all'idea di Rudy tornato in circolazione. Il suo Rudy. Quello che un giorno decide di andarsene, quello dopo di tornare e, con ogni probabilità, la settimana successiva di ripartire. Cosa si aspetta? Che gli venga steso un tappeto rosso per fare un ingresso trionfale alla porta di casa? Che le cose siano rimaste immutate, che sia tutto come l'ha lasciato? E' l'opposto, Rudy, e se non te ne sei ancora accorto è bene che la tua visione del mondo cambi repentinamente. Perché non ho intenzione di subire di nuovo l'ennesimo dolore. «Ron è molto occupato col lavoro, Hugo e Rose sono immersi nella vita del college. Lui è iscritto al corso Auror, mentre lei frequenta quello di Ricerca e sviluppo magici... Una nuova branca, molto particolare. Dei nipoti... Beh, sono così tanti che non saprei da dove iniziare.», ride, all'idea di dover elencare per filo e per segno tutti i componenti della mandria Weasley. Ben più semplice sarebbe stato per il lato Granger: sono pochissimi. Ovviamente non fa alcun accenno a Rudy, ma dubita che Daphne sia a conoscenza dell'esistenza del suo figlio adottivo. Per quanto, insomma, si sia pure sposato con sua nipote... Ma dettagli. Dettagli ai quali non si vuole abbandonare, perché non può rischiare una crisi isterica sul luogo di lavoro. Non sarebbe da lei. «Benissimo, ecco a te.», dice, consegnando i preziosi appunti alla legittima proprietaria, mentre ripone la penna ed il fascicolo nuovo di zecca, copiato dalla prima all'ultima parola, nella borsa che ha con sé. «Già. Qui al Ministero la perifrasi tempo libero penso sia stata bandita da tempo. C'è sempre qualcosa da fare... Anche quando non rientra nel nostro programma lavorativo.», afferma Hermione, riferendosi ancora una volta alla dedizione della Greengrass, la quale, pur non dovendo risolvere il caso Miller, non ha perso tempo a visionarlo ed analizzarlo.




     
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