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    Grace Moore non era mai stata una persona particolarmente espansiva. Per intenderci - nonostante di solito avesse modi piuttosto garbati ed un modo di fare posato -, aveva sempre avuto una spiccata tendenza a tenersi più vicina alle pareti che al centro della stanza perché, per natura, non aveva mai trovato piacevole la sola idea di vedersi tutte le metaforiche luci addosso, con la conseguenza di dover convivere anche con un'infinità di occhi che esaminavano la sua figura, facendosi un sacco di idee sulla sua persona. Idee che, ne era certa sotto sotto, sarebbero state poco vicine alla realtà. Era timida, insomma. Una alla quale piaceva stare per conto proprio, col naso in un libro ed in silenzio. E se questa tendenza era sempre stata presente, quanto avvenuto nella sua vita poco meno di un anno prima, l'aveva in qualche maniera esacerbata all'impossibile. In precedenza, forse, se ci si metteva di buona lena e si beccava la piccola tassorosso di buonumore, si poteva sperare di chiacchierarci. Si poteva, addirittura, credere di aver sfondato le sue personali barriere ed essere entrati a far parte della sua cerchia di amici. Questo perché, prima degli sfortunati avvenimenti che avevano visto sua madre perdere la vita, di barriere vere e proprie non ce n'erano mai state. La piccola Moore, nonostante tutta la sua introversione, la sua naturale preferenza per i personaggi di fantasia anziché per le persone reali, era un individuo normalissimo. Una personcina un po' più sulle sue, forse, ma anche qualcuno a cui, in fondo, le persone non dispiacevano. La sua timidezza poteva imputarsi all'adolescenza, all'essere figlia unica, all'avere bisogno dei propri spazi e a prenderseli in questo modo, senza particolare bisogno di ribellarsi o fare casino, come invece succedeva a molti ragazzi alla sua età. Il mondo dei libri, insomma, e tutto quello che ne derivava, era sempre stato più un piacevole passatempo che altro. Ma poi era successo l'irreparabile, il suo piccolo mondo si era accartocciato su sé stesso, e quei tomi enormi erano diventati un rifugio. Una distrazione. L'unica cosa, oltre forse suo zio - che comunque temeva avrebbe, prima o poi, finito per trovarla invadente, un peso, e chi più ne ha più ne metta - non potesse mai lasciarla. Alla piccola Grace sfuggiva, in quel momento, che trincerarsi in un mondo immaginario, rifiutando con ostinazione ogni contatto con l'esterno per quella che fondamentalmente era paura, non importava quale nome scegliesse di darle lei - non avrebbe migliorato la sua situazione in alcun modo. E, ferma nelle sue convinzioni, di fronte a quella che ai suoi occhi era una crudeltà vera e propria, aveva reagito nella maniera più ovvia. Una reazione - la sua - che chiunque altro, forse, avrebbe definito infantile. Stupida, persino. Ma lei, alla prospettiva di dover passare del tempo con un semi-sconosciuto - come altro definire Rosier, sennò? - era letteralmente impallidita. E lì, all'interno della sua testolina, si erano profilati gli scenari più fantasiosi per scampare alla nefasta sorte di dover comunicare con un altro essere umano. Potrei discuterne con l'insegnante e chiedere di poter fare un compito diverso. Uno qualsiasi. E questa era stata l'ipotesi numero uno. Una, per la verità, che era caduta piuttosto in fretta perché, per sua immensa sfortuna, la sua scarsa loquacità non si estendeva soltanto ai suoi coetanei. Oppure potrei darmi per malata e non consegnare affatto. Ipotesi numero due. Morta e sepolta sul colpo, in un batter d'occhio, perché la giovane si era resa conto piuttosto in fretta che quella fosse una strada per lei impraticabile. Per quanto non potesse certo dirsi socievole, per quanto potesse voler evitare ogni contatto con l'esterno, la Moore restava una persona troppo onesta per mentire in maniera così spudorata quando la sua menzogna rischiava di mettere nei guai qualcun altro. Senza contare che anche la sua media ne avrebbe certamente risentito, cosa che non poteva assolutamente permettersi. Dopotutto, da quando aveva scelto la via dell'eremitaggio, ogni suo sforzo era stato diretto verso il mondo accademico. Una scelta che reputava intelligente tanto quanto insindacabile per diverse ragioni. In primi, perché mantenendo una buona media, avrebbe potuto dimostrare ad RJ, seppure indirettamente, che il fastidio di mantenerla fruttasse qualcosa. Poi, com'era ovvio, studiare le dava la possibilità di formarsi come persona. E poi c'era una terza ragione, una che lo psicologo aveva tentato di sindacare più e più volte, ma che Gracie per prima aveva sempre fatto non esistesse - se aveva sempre da studiare, tutti i suoi problemi sarebbero passati inosservati agli occhi altrui. Nessuno si metteva a discutere, quando la Moore dichiarava apertamente di volersi preparare per questo o quell'altro compito. Nessuno ci vedeva niente di strano, nulla di sospetto. E lei poteva evitare di sentirsi anormale, dare spiegazioni che non avrebbe saputo nemmeno come cominciare. Finché la sua attenzione fosse rimasta fissa sullo studio, sarebbe andato tutto a meraviglia. E così, suo malgrado, con alla mano diversi libri precedentemente prelevati dalla biblioteca scolastica appositamente per l'occasione, si diresse alla volta dell'aula in disuso dove lei ed il corvonero si erano dati appuntamento.
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    « Sono in ritardo? » Questa la prima domanda che sarebbe giunta alle orecchie del giovane Theseus non appena la chioma ramata di Grace fosse apparsa nel suo campo visivo. Un inizio di conversazione meraviglioso, non c'è che dire. Si trovò a complimentarsi mentalmente con sé stessa, reprimendo una smorfia. Sospirò, tentando di non scuotere la testa di fronte a quell'approccio che pareva urlare "sono a disagio", ad ogni sillaba. Ma la Moore era anche intenzionata a non far trasparire nemmeno una goccia di quella sua inadeguatezza - a far venire a galla certe cose, dopotutto, si finisce solo a dover rispondere ad un numero infinito di domande - quindi abbozzò quello che doveva essere un mezzo sorriso. « Grazie di aver aspettato. » Disse dunque, poggiando i tomi su uno dei banchi, superficie sulla quale finì per mettere anche la sua tracolla. « Non credo abbiamo mai avuto occasione di presentarci prima - io sono Grace. » Sorvolò, ovviamente, sul fatto che non si fossero presentati maggiormente per colpa sua. O, per meglio dire, della tendenza di Grace a parlare così tanto che un estraneo qualunque avrebbe potuto pensare che quelle parole le pagasse a peso d'oro. La Moore non osava nemmeno soffermarsi a pensare che idea potesse essersi fatta la gente in proposito. Penseranno che sono muta, disagiata, o snob? Aperte le scommesse. Senza nemmeno rendersene conto, si era persa nei propri pensieri. Si costrinse, dunque, a riportare la propria attenzione - e con essa lo sguardo ceruleo - sul blu-bronzo. Decise, sempre con sé stessa, di non essere particolarmente portata per le conversazioni di poco conto o per le domande di natura personale. « Hai già avuto modo di pensare a - insomma - quale lato vuoi difendere? » Si riferiva, ovviamente, al compito che li attendeva. Che poi era il motivo principale per cui erano lì. « Se hai qualche preferenza, a dire il vero, non ho problemi ad adattarmi. » Fece spallucce. Anche perché farei fatica comunque, temo Ma questo non lo disse. Non c'era bisogno di dare un'immagine di sé che facesse pensare al povero Theseus di essere cascato malissimo, nel capitare con lei. Sempre che non se ne sia reso conto già da solo...
     
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    Un'infinità di appunti troneggia sul tavolo della Sala Comune Corvonero, accanto ad un piattino con qualche pezzo di formaggio ed una salsa al miele. Theseus non rinuncia ai suoi francesismi neanche nell'antro più inglese del mondo - vale a dire il castello di Hogwarts, pullulante di giovani studenti britannici e sprazzi di esemplari di altra nazionalità. Non vuole fare il sofisticato ad ogni costo, chiariamoci: è un tipo piuttosto alla mano, dotato di una buona dose di pazienza, importante elemento con funzione preventiva di litigi e battibecchi. E' solo che nutre un amore spropositato nei confronti della propria terra d'origine, la Provenza, il cui profumo di lavanda potrebbe addirittura avvertire, se si concentrasse, essendone il ricordo assolutamente vivido. Con la sua fidatissima piuma prendi-appunti, completa la trascrizione di un articolo di giornale sull'ultima partita dei Chudley Cannons, commentando scherzosamente con un amico l'assurdità del risultato. Ma si sa, anche le partite più scontate potrebbero riservare delle sorprese, ed in fondo è questo il bello del Quidditch. La parte un po' meno bella, invece, è quando deve svuotare le tasche per aver perso la scommessa di alcuni giorni prima, consegnando una discreta quota di Galeoni ad un gongolante Zac Rosier, subito pronto a spenderli e spanderli nell'acquisto di nuove figurine. Soldi che restano in casa, ma che allo stesso tempo risultano in pericolo, poiché nelle mani della persona sbagliata, a detta di uno scocciato Theo - forse più per l'orgoglio personale di aver toppato completamente circa l'ipotesi del risultato, che non per aver perso contro Zac. Mentre il fratello se ne va col bottino, lui resta solo con le sue carte da ordinare in maniera scrupolosa, di modo da poterne trarre fuori, magari l'indomani, un articolo per il giornalino scolastico al quale ha aderito. Per il pomeriggio, invece, i piani si preannunciano diversi, essendo stato assegnato un lavoro di gruppo dal professore di Storia della Magia, da svolgere il prima possibile. Theo è in coppia con Grace Moore, una ragazza estremamente silenziosa che ha avuto modo di scorgere solo qualche volta a lezione. Poco male, sarà un'occasione per fare conoscenza - e poi, chissà, potrebbe essere un'appassionata di Quidditch come lui. O di musica. O della Francia. Ma a prescindere dagli interessi della Tassorosso, in fondo, basta che ci sia la volontà di fare un buon lavoro di squadra, così che la loro votazione non ne risenta. Il professore è spesso propositivo da questo punto di vista, tendendo non di rado a cercare un punto d'incontro tra i propri studenti, di modo che possano interagire e confrontarsi sulle vicende del passato - come la materia, d'altro canto, richiede - e del presente, con cenni di attualità che attivano l'interesse di Theo. Ogni qual volta si crea un'atmosfera di novità, ecco che il piccolo Rosier inizia ad annusare la pista, attratto come l'ape dal miele. L'argomento che quel giorno avrebbe acceso, dunque, la curiosità e l'attenzione del Corvonero, riguarda la discriminazione e persecuzione della specie dei Giganti, e la ricerca di strategie per introdurli in società, mantenendo l'incolumità degli stessi e, chiaramente, della razza umana. Si reca nell'aula vuota dove ha dato appuntamento alla compagna di studio, arrivando un po' in anticipo. Sceglie un banco spazioso dove poggiare tutto il materiale preso in prestito all'occorrenza, tra cronologie storiche dettagliate ed articoli innovativi sulla concezione di Gigante nella società, allegando le opinioni dei filosofi e degli psicologi magici di tendenza al momento, intervistati da giornalisti ben più esperti di lui.
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    L'attesa non si protrae a lungo, tanto che Theo non ha il tempo di buttare giù una bozza - cosa che avrebbe fatto, non sapendo con chi avrebbe avuto a che fare. Una svogliata che gli avrebbe lasciato svolgere tutto il lavoro? Una maniaca dell'ordine e della precisione - un po' sulla sua stessa lunghezza d'onda? Tanto per cominciare, definiamola... Quasi puntuale. Non ha spaccato il minuto, ma rientra nella fascia di tolleranza che è giusto non biasimare. «Tranquilla, sono arrivato io in anticipo.», le sorride, cercando di metterla a proprio agio, notando un po' d'incertezza nel suo tono di voce. «Volevo assicurarmi che l'aula fosse ancora disponibile, sai com'è... Avrebbero potuto batterci sul tempo.», scherza, riferendosi ai compagni di corso cui è stato affidato lo stesso compito. Il castello, di pomeriggio, è molto affollato, con studenti che si riversano in ogni suo metro quadro di estensione, alla ricerca di uno spazio per leggere la lezione del giorno, o semplicemente per stare in tranquillità. Non è scontato aver trovato un'aula a disposizione, dove per giunta potranno ripetere la loro arringa di Storia della Magia. «Piacere, io sono Theseus.», risponde, anche se detta così sembra molto pomposo, tipo figlio degli dei dell'Olimpo - come vuole, appunto, l'origine del suo nome. «Puoi chiamarmi Theo, che è più breve.», dice soltanto, senza spiegare il ragionamento mentale alla base della sua risposta. Le fa cenno di sedersi di fronte, osservando soddisfatto il contributo già apportato dalla Moore, per quanto silenziosamente: una bella pila di volumi della Biblioteca. L'ipotesi di nullafacente e svogliata, dunque, viene subito scartata dal Rosier, che adesso è più orientato verso il profilo di ragazza precisa ed ordinata. «Allora, ho già fatto un po' di ricerche ed ho sottolineato i passi più interessanti qui... Qui e qui...», inizia, indicando i vari libri consultati ed i fogli svolazzanti che si è portato dietro. «Potresti iniziare a leggere quello che ho evidenziato, mentre io faccio lo stesso col tuo materiale. Poi ci confrontiamo e passiamo al lato più pratico. Che ne pensi?», le chiede, mentre continua a sfogliare il primo dei suoi volumi, come a volerne ripassare il contenuto, ma più probabilmente per fuggire il contatto visivo con la ragazza. Per quanto si mostri amichevole, Theo, all'inizio è sempre un po' impacciato, fin quando non codifica il tipo di personalità che gli sta dinnanzi. «Mi sono fatto qualche idea, poi però ho pensato che potrebbe essere forte...», inizia, ma siccome si rende conto che sta per proporre una cosa da secchioni, cerca di indorare la pillola aggiungendo: «... se per te va bene, ovviamente... Di provare a difendere entrambe le parti, scegliendo alla fine la versione che ci convince di più.», conclude, attendendo la reazione della ragazza. Da bravo Corvonero, non può esimersi dal proporre un lavoro doppio, in sostanza, che per altro sarebbe anche più completo. Se l'obiettivo è creare una difesa vincente, si deve avere la capacità di difendere entrambe le parti, a prescindere dalla ragione o dal torto. «Sì, forse è un po' esagerato. Troppo Corvonero, scherza sull'appartenenza alla Casata del vecchio e saggio, il cui onore, così comportandosi, porta avanti in maniera esaltata. «In linea di massima, comunque, preferisco i Giganti. Gli umani sono troppo... cliché.», li definisce così, dopo aver scelto, senz'ombra di dubbio, una parola francese per esprimere il concetto.




     
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    «Tranquilla, sono arrivato io in anticipo. Volevo assicurarmi che l'aula fosse ancora disponibile, sai com'è... Avrebbero potuto batterci sul tempo.» Come togliere un peso enorme dalle spalle di qualcuno: for dummies. Grace era una persona piuttosto puntuale. Ed in quella particolare situazione, sebbene non propriamente per colpa sua, sapeva già di non aver spaccato il secondo. Questo fatto da solo, unito al nervosismo di un nuovo contatto sociale forzato dalle circostanze - non che la Moore avrebbe mai potuto vivere propriamente bene qualunque contatto nuovo in quanto tale, ma dettagli - l'aveva agitata abbastanza da iniziare quella conversazione con qualcosa di diverso da un saluto. Tuttavia quella piccola rassicurazione del corvonero le permise di fare due cose: in primo luogo, evitare di lanciare un'occhiata all'orologio e dare così l'impressione di essere una maniaca del controllo ed agitarsi anche di più, con ogni probabilità; e poi, cosa da non sottovalutare, realizzare di non essere in un ambiente ostile, rilassando così le spalle. Annuì alla presentazione del ragazzo senza interromperlo, bene attenta tuttavia a rilassare i muscoli facciali a sufficienza da poter stirare un sorriso. Dopotutto, per quanto nervosa potesse essere, una parte di lei aveva piena coscienza di avere di fronte un compagno di scuola. Un semplice coetaneo. Qualcuno che, in quei pochi secondi di conversazione, tutto le aveva dimostrato meno che di avere una qualche intenzione ostile. Poteva farcela? Non ne era sicura, la tassina, ma era anche certa del fatto che ci avrebbe provato. Alla fine è soltanto Storia della Magia. Siamo qui per studiare - una rapida occhiata ai vari articoli di cancelleria sul banco, quasi constatarne la presenza fisica potesse rassicurarla in qualche maniera - e non succederà proprio nulla di strano. Anzi, se riesco ad evitare di sembrargli una disagiata, potremmo anche riuscire a fare un buon lavoro. E questo pensiero, in effetti, rispecchiava la verità più assoluta: a lei quella materia piaceva molto. Le era sempre piaciuta, sin dal primo anno, maggiormente perché aveva sempre trovato fondamentale avere le idee chiare sul passato. Questo perché, nella sua ottica, la ciclicità della storia era indubbia e, proprio per questa ragione, bisognava fare molta attenzione a non perdere di vista il passato, per avere un pieno quadro del presente. Alla fine, e di questo era certa, la storia la facevano le persone. E lei per prima, nello studiare la materia, faceva attenzione a tenere bene a mente la componente umana, analizzandola, ed evitando in questo modo una sterile - quanto a suo parere inutile - assimilazione meccanica dei concetti. Senza contare che dietro il suo interesse per quella materia in particolare c'era anche il suo amore per la lettura. Insomma - per quanto male il Rosier potesse essere cascato nel non beccarsi la persona più socievole del corso, da un punto di vista prettamente didattico poteva davvero andargli molto peggio di così. «Allora, ho già fatto un po' di ricerche ed ho sottolineato i passi più interessanti qui... Qui e qui...» Si sporse leggermente, inclinando la testa di lato nell'esaminare il materiale sul quale Theo aveva appena attirato la sua attenzione. Ecco, quello era un habitat nel quale Gracie, suo malgrado, si trovava molto a proprio agio. Sul suo faccino, infatti, si dipinse un'aria concentrata, mentre si poggiava allo schienale della sedia con compostezza. « Sono sul serio spunti parecchio interessanti... » Osservò. E, sebbene la Moore fosse solita parlare a voce un po' più bassa della media, stavolta nel suo tono, più che incertezza, parve apparire un sincero coinvolgimento. «Potresti iniziare a leggere quello che ho evidenziato, mentre io faccio lo stesso col tuo materiale. Poi ci confrontiamo e passiamo al lato più pratico. Che ne pensi?» A quella domanda, naturalmente, la Moore si ridestò dalla lettura, sollevando lo sguardo sul compagno. Annuì di nuovo, allungandosi verso la propria tracolla dopo aver poggiato gli appunti di lui sul banco con una certa cura. « Certo, per me va benissimo. » Gli disse in risposta, allungandogli una cartellina verde pallido, all'interno della quale aveva ordinatamente riposto i propri appunti. Appunti che, avrebbe presto notato il Rosier, profumavano appena di fiori, per via dell'abitudine di Grace di infilare nella cartellina un paio di fiori che lasciava seccare al suo interno. Ecco, molti dei vezzi della giovane tassorosso erano di quel tipo, legati ai libri - o allo studio in generale - ed ai particolari di quel genere, ai quali nessuno faceva mai caso. Cose che la gente apprezzava, ma non aveva mai il tempo di replicare. Un altro dei suoi segni di riconoscimento, per esempio, ed anche questo sarebbe venuto a galla, prima o poi, nell'arco di quella loro metaforica unione di forze per un bene accademico superiore, era l'abitudine di fabbricarsi i segnalibri da sé, Sul cartoncino, infatti, applicava delle piccole fotografie - di solito di paesaggi o fiori, o particolari qualsiasi che le saltassero all'occhio - ed ecco un segnalibro fatto in casa, senza bisogno di spendere neppure uno zellino. Tornò a leggere dopo avergli fatto un cenno del capo, come invitandolo a non farsi problemi qualora parti del suo materiale non gli fossero stati chiari abbastanza. «Mi sono fatto qualche idea, poi però ho pensato che potrebbe essere forte...» Lo sguardo di lei saettò nuovamente sul volto di lui « Mh? » Una sillaba, sì, ma era cristallino fosse sinceramente interessata a capire quale idea gli fosse venuta. «... se per te va bene, ovviamente... Di provare a difendere entrambe le parti, scegliendo alla fine la versione che ci convince di più. Sì, forse è un po' esagerato. Troppo Corvonero In linea di massima, comunque, preferisco i Giganti. Gli umani sono troppo... cliché.. » A quel punto, suo malgrado, la giovane si sciolse in uno sbuffo di risata. Discreto, di nuovo, ma assolutamente divertito.
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    « Scusa. » Tornò più seria, sebbene gli angoli della bocca sembrassero premere ancora per scattare verso l'alto. « Mi sembra una buona idea, non era per te che stavo ridendo, è solo che - aspetta un secondo. » Per una seconda volta quel giorno, si mosse per estrarre qualcosa dalla propria borsa. Una seconda cartellina - questa volta rosa pastello. « Non pensare che io sia pazza - » Come partire bene, volume due. Tuttavia quel pensiero nemmeno venne registrato, perché un momento dopo aveva già tirato fuori dalla suddetta cartella un paio di fogli - accuratamente divisi a metà, ma spillati tra loro - dove aveva già cominciato ad annotare delle cose nella sua bella grafia tondeggiante. « Come puoi vedere, credo di essermi accidentalmente portata avanti col lavoro. » Il foglio, difatti, recava una lista di pro e contro di uno e dell'altro lato, con piccole note a margine, dove la ragazza aveva citato questo o quell'altro testo da consultare. « Non è che volessi - mh - mancarti di rispetto o qualcosa di simile. » Precisò, mordendosi l'interno guancia, tornando un po' più a disagio. « È che Storia della Magia mi piace un sacco e, non avendo idea di che tipo fossi, insomma... » Fece spallucce, come a sottintendere che la ragione dietro quell'azione fosse un semplice desiderio di fare le cose a modo. « Per quanto riguarda i Giganti... » Riprese, dopo un piccolo silenzio in cui esaminò l'espressione di Theseus, cercando di capire se se la fosse presa per quel suo sprazzo d'iniziativa. « Ovviamente, come per un po' tutte le Creature, non ci sono molte fonti dirette. La comunità magica in generale, in special modo in quel periodo, non ne aveva una grandissima considerazione. Però... » Una piccola pausa, dove gli indicò un volume particolarmente sottile e consunto. « Qui in particolare, per quanto breve e un po' spezzettata, c'è una testimonianza di un esploratore di allora che si è imbattuto in una colonia. E poi se prendi la cartellina verde » Gliela indicò con un lieve gesto della mano « potrei aver trovato qualche articolo della Gazzetta dell'epoca. Chiaramente sono copie - e in biblioteca mi ammazzano se le danneggiamo perché sono da esposizione - però, mischiando fonti direttee indirette, potremmo quasi arrivare ad avere un'idea chiara della situazione per entrambe le parti. » Un breve silenzio. Si rese conto di aver parlato per tutto quel tempo senza nemmeno pensarci. Logorroica. Da quando era logorroica? Con gli sconosciuti, poi... « Almeno credo. » Aggiunse per buona norma e per stemprerare l'impressione da so-tutto-io, nel caso fosse stata quella l'impressione giunta al blu-bronzo.

     
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    E' con un sincero sospiro di sollievo che Theo inizia a sfogliare gli ordinatissimi appunti di Grace. Finalmente non si trova davanti l'ennesimo scansafatiche troppo concentrato su se stesso per poter fare la propria parte in un compito di gruppo. Tante volte gli è capitato di sostenere il lavoro per due, e per quanto sia appassionato a molte delle materie scolastiche, è innegabile la fatica che si va accumulando quando, dall'altra parte, non c'è nessun aiuto o appiglio che tenga. In questo caso, Theo può ritenersi fortunato, poiché la Tassorosso, pur essendo una ragazza che non parla spesso, almeno, quando lo fa, utilizza la coscienza. E' il tipo di persona che non deve per forza riempire il silenzio con la prima cosa capitata a tiro tra i pensieri, e secondo la personale opinione del Rosier si tratta di un pregio. Non mostra mai aperta ostilità nei confronti dei chiacchieroni - in fondo lo divertono, e quando si scioglie lo diventa persino lui -, però a tratti inizia a sentirsi appesantito a livello mentale, come se un fortissimo mal di testa avesse deciso di avvolgere le sue funzioni psichiche. Quando è troppo, in sostanza, è troppo, e servirebbe soltanto una buona camomilla al profumo di lavanda a sciogliere le tenaglie di quel male invisibile. Ed è proprio quel familiare ed accogliente profumo di fiori a comparire d'un tratto nell'aula spoglia, tanto da insospettire Theo circa la sua origine. Si guarda intorno senza darlo a vedere, ma non nota alcuna nuova figura nel suo campo visivo. Sono soli, indisturbati ed immersi in una pace decisamente angelica. Poi si rende conto del motivo dell'incantevole aroma: gli appunti di Grace, per quanto freschi di penna, sono stati altrettanto vissuti da una flora gentile. Si avvicina, col naso, non troppo perché non vuole sembrare invadente, soprattutto non trattandosi di materiale di sua proprietà. Ma quei pochi centimetri guadagnati bastano a svelare l'arcano segreto, strappando un sorriso soddisfatto a Theseus. Non dice nulla, non volendo mostrare di aver carpito un dettaglio che potrebbe avere chissà quale significato. Di solito, quando lui stesso fa qualcosa di particolare, dietro c'è una spiegazione ben precisa. Per dirne una, dorme soltanto sul fianco sinistro, in ricordo delle lunghissime estati in Provenza; infatti, nel momento in cui spalancava gli occhi, tormentato dagli incubi, aveva l'abitudine di infilarsi nel letto di Juniper e di guardarla finché non avesse ripreso sonno anche lui. E dato che occupava lo spazio a destra del letto, per poterla osservare e modellare il suo respiro a quello di lei, la posizione definitiva doveva per forza essere sul fianco sinistro. Pertanto, chissà quale dolce segreto è celato dietro al profumo di fiori delle pagine di Grace. Potrebbe trattarsi di un semplice vezzo, oppure un omaggio - magari a qualche figura per lei importante. Possibile. «Decisamente anche i tuoi. Hai fatto una ricerca molto approfondita sui Giganti. Al professore piacciono dettagli come questi.», dice Theo, riferendosi al paragrafo sugli usi ed i costumi delle colonie di Giganti. Parla di rituali apotropaici per scacciare il malocchio, in riferimento agli episodi più importanti della vita di tali creature, quali la nascita, l'esordio dell'adolescenza, l'unione e la morte. In fondo non sono così diversi dagli umani, si trova a riflettere, a giudicare dei punti focali maggiormente considerati dalle tribù. Quando gira la pagina per continuare la lettura, cade qualcosa dai fogli raggruppati con simpatiche graffette colorate. Theo si sporge a cercare, preoccupato all'idea di aver perso un eventuale post-it con alcune informazioni aggiuntive. Al contrario, scorge un piccolo cartoncino con incollata sopra una fotografia. All'inizio non la attenziona, ma quando prende il segnalibro da terra non può fare a meno di osservare meglio l'immagine. Non ci posso credere. «L'hai scattata tu? Scusa se ti interrompo.», aggiunge subito dopo, vedendola assorta nella lettura tanto quanto lui. «E' che, vedi, io ci abito. In Provenza.», le sorride, chiedendosi se Grace possa avere una qualche origine francese. Sarebbe una bella scoperta, per lui, che della Francia adora letteralmente ogni cosa. Ogni profumo. Ed ogni distesa di fiori di lavanda, proprio quelli rappresentati nella fotografia del segnalibro.
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    Lo ripone con cura tra le pagine già lette, per evitare di rovinarlo, prendendo visione delle ultime notizie riportate da Grace sugli episodi del diciassettesimo e diciottesimo secolo in merito, ovviamente, alla questione spinosa di cui a breve si sarebbero occupati in prima persona. Cioè stilare una difesa, atteggiandosi quasi a Magiavvocati, delle creature magiche più ostracizzate di tutte, se possibile. Quando Theo torna sul piano pratico, vede Grace sorridere - cosa che gli fa credere di avere, chissà!, uno dei fantasmi di Hogwarts alle spalle che fa le smorfie, oppure direttamente di essere sporco di miele sul mento, dato che ha avuto la bella idea di fare merenda prima dell'appuntamento. Stavolta non si gira a perlustrare il territorio, perché la ragazza si spiega subito da sola: in poche parole, è una Tassorosso che per metà, o per un buon settanta per cento, dovrebbe essere Corvonero come lui. Ha già, infatti, realizzato buona parte del lavoro da sola, stilando una lista degli episodi principali da tenere a mente, così da organizzare la difesa perfetta. «Ma figurati. Avrei fatto la stessa cosa, solo che quel crétin de mon frère mi ha tenuto occupato per un po'. Quindi capisco la tua ansia da prestazione. Che poi è anche la mia.», rivela, cambiando rapidamente espressione da una più seria ad una più scherzosa, facendo spallucce. Ecco la prima cosa che condividono i due studenti per combinazione finiti insieme a Storia della Magia: la voglia di spiccare, nel loro piccolo, scrivendo un'arringa di tutto rispetto. Non deve essere per forza la migliore - queste manie di protagonismo lasciamole all'insopportabile Caposcuola Serpeverde -, deve semplicemente essere il loro massimo. Al punto da dire: più di così non potevo fare. Coscienza pulita, bel risultato e tutti a casa contenti. Senza doversi per forza dannare l'anima per prendere quella lode da parte del professore che, in realtà, fa apparire più leccaculo che altro. Cose in stile Dragomir punto due, insomma. «Le voilà, l'articolo è un tocco di classe. Vediamo un po' che c'è scritto.», afferma Theo, visibilmente esaltato all'idea di sfiorare - ripetendosi però mentalmente di farlo con delicatezza - quella pagina di giornale di anni ed anni fa, per quanto sia una copia. Per lui che desidera diventare un giornalista, è un'occasione anche per affinare lo stile di scrittura. Che per altro è profondamente cambiato dal passato ai tempi odierni: prima prevaleva la descrizione accurata, il tempo verbale passato, l'uso della terza persona. Adesso i giornalisti sono molto più confidenziali, addirittura utilizzano la prima persona come se stessero parlando della propria diretta esperienza. «Oh...», dice soltanto, una volta conclusa la lettura. «Argomenti forti...», esprime così il suo dissenso per le persecuzioni testimoniate in quell'articolo, ai danni di una colonia di Giganti. «Beh, direi di inserirli lo stesso. E' vero, è un po' crudo come passaggio, soprattutto questo, dice, indicando alcune frasi col dito. Non le ha sottolineate, essendo un prezioso documento preso in prestito, «- però potremmo tagliare alcune parti ed inserire lo stesso un riassunto completo. Così limitiamo i danni ma restiamo sinceri.», conferma, immaginando che qualche studente possa scandalizzarsi nell'apprendere di tali atrocità compiute dall'essere umano. Punta gli occhi azzurro ghiaccio in quelli della ragazza, attendendo la sua opinione. Sfila poi la piuma prendi-appunti, pronto a buttare giù qualche riga.




     
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    «Decisamente anche i tuoi. Hai fatto una ricerca molto approfondita sui Giganti. Al professore piacciono dettagli come questi.» Sollevò lo sguardo sul giovane corvonero, abbozzando un mezzo sorriso a quella sua dichiarazione. « Mi sono fatta prendere la mano. » Disse in risposta, sebbene la sua espressione lasciasse ben pochi dubbi riguardo il fatto che quella constatazione di Theo in particolare fosse stata molto apprezzata. Se fosse stata un po' meno concentrata sulla ricerca, Gracie si sarebbe senz'altro sorpresa di fronte al suo non sentirsi a disagio in quel momento. Questo non tanto perché il Rosier fosse una creatura terribile, né perché avesse fatto - anche accidentalmente - qualcosa per crearlo, quel disagio; semplicemente, la Moore, trovava molto più facile non stare bene in mezzo alle persone, che non riuscire a condividerci un momento tranquillo. Eppure, senza che quasi potesse rendersene conto, il trovarsi a contatto con un coetaneo, si stava rivelando addirittura stimolante. Nel leggere i suoi appunti, difatti, la castana aveva potuto appurare che nemmeno la sua fetta di lavoro fosse stata svolta tanto per fare qualcosa. Sebbene si trattasse ancora di una bozza piuttosto approssimativa - esattamente come, in fondo, lo era quella che la tassorosso aveva consegnato al compagno -, era subito evidente che Theseus avesse fatto la propria parte con criterio. Fece quasi per aggiungere qualcosa, ma lui la batté sul tempo: «L'hai scattata tu? Scusa se ti interrompo.» Lo sguardo della giovane si spostò sul segnalibro che il blu-bronzo teneva in mano. «E' che, vedi, io ci abito. In Provenza.» Nell'arco di quell'informazione, nella testolina della piccola Moore accaddero diverse cose. Per prima, giunse la consapevolezza di avere di fronte una persona attenta ai dettagli. E quella particolarità, di solito, oltre a denotare una certa intelligenza, che di certo avrebbe fatto comodo ai fini della loro collaborazione, significava anche una certa propensione alla curiosità. Il che dovrebbe farmi correre via di qui a gambe levate..., le balenò in testa. Non che avesse chissà quali oscuri segreti da nascondere - non nel senso convenzionale, almeno - ma era indice del fatto che, se solo Theo l'avesse voluto, avrebbe potuto infrangere la sua bolla sicura in un batter d'occhio. Tuttavia sembrava una persona gentile e, se proprio la si voleva dir tutta, sarebbe stato stupido dimostrarsi ostile all'inizio di un lavoro di gruppo, compromettendone così il clima in maniera irreversibile.
    « L'ho scattata io, sì. » Annuì. « In un giardino botanico fuori Londra, però. Non sono mai stata all'estero... finora. » Ecco, va bene stare sulle mie...ma magari evitiamo di fare la figura della sfigata in tutto e per tutto. « Mi piacerebbe molto andare in Francia, sai? Magari dopo il diploma. » L'ultima osservazione l'aveva fatta quasi sovrappensiero, senza rendersi conto che alle orecchie di un Theseus Rosier potesse apparire strana. Per Grace, al contrario, fare piani a lungo termine, specialmente quando questi comportavano spese di una certa entità, era letteralmente la cosa più naturale del mondo. Abitando con lo zio, che ovviamente si era fatto carico di mantenerla, non aveva mai avanzato chissà quale pretesa. Per indole, non era mai stata propensa ad approfittare dell'altrui gentilezza. Per cui cose superflue, come poteva esserlo un viaggio all'estero, erano state rimandate al momento in cui fosse stata autosufficiente. « Quindi la tua lingua madre è il francese? O hai imparato le due insieme? » Ecco, fargli domande di ordine personale non era contemplato nel suo piano originale. Nella sua testa, infatti, nella migliore delle ipotesi avrebbero svolto quel lavoro assieme e in maniera produttiva, sì, ma senza entrare davvero l'uno nella vita dell'altra. E perché questo suo progetto potesse realizzarsi era chiaro che la Moore dovesse stare bene attenta a non sembrare troppo interessata, simpatica, intelligente o beh, interessante. Doveva confondersi col mobilio, come faceva di solito in classe. Ma in classe era più facile - poteva quasi dissolversi nel vociare altrui, aprendo bocca solo quando strettamente necessario. Nelle interazioni di quel tipo, però, specialmente quando il suo interlocutore non appariva come una minaccia, diventava immensamente più difficile. Soprattutto perché, qualsiasi fossero le intenzion della Moore, restava pur sempre una sedicenne che, seppur tendenzialmente silenziosa, di certo non mancava di opinioni. O, più in generale, di un cervello funzionante. «Ma figurati. Avrei fatto la stessa cosa, solo che quel crétin de mon frère mi ha tenuto occupato per un po'. Quindi capisco la tua ansia da prestazione. Che poi è anche la mia.» Le venne dunque spontaneo sbuffare una discreta risata a quella sua osservazione. « Non so quante altre persone condividerebbero quest'ansia da prestazione, se ci pensi. » Fu la sua risposta divertita. Si fece però più seria e, merito del fatto che si stesse man mano sciogliendo, non riuscì ad esimersi dal fare una piccola aggiunta. « È un peccato. Che la gente prenda tanto alla leggera questa materia, dico. » Distolse lo sguardo, forse per trovare le parole giuste. « C'è questa tendenza a credere che si tratti solo di una serie di eventi di barbosi e di date da imparare, ma non è quello il punto della materia. Almeno... secondo me. » Riportò dunque lo sguardo sul giovane, sospirando appena e inclinando leggermente il capo. « La storia serve a cogliere i segnali, no? A capire cosa sia insito nella natura umana, quali errori facciamo più spesso di altri, quali sono i vari campanelli d'allarme. Non sono le date, la parte davvero importante. È l'atto di ricordare. » Poi, quasi si fosse resa conto di essersi dilungata troppo, distese le labbra in un mezzo sorriso di scuse. « Scusami, non c'entra niente con la ricerca. »
    Lo lasciò dunque alla lettura, annuendo al suo commento riguardo la sua utilità, ma senza ancora aggiungere niente. Voleva lo leggesse in toto, prima di dare la propria opinione in merito, in modo da non influenzarlo. «Argomenti forti...» Si trovò ad annuire nuovamente, con un'aria dispiaciuta in viso. Non tanto per il contenuto di quella testimonianza, quanto per il fatto stesso che certe vicende avessero davvero avuto luogo in un mondo civilizzato. O presunto tale. «Beh, direi di inserirli lo stesso. E' vero, è un po' crudo come passaggio, soprattutto questo Seguì, con lo sguardo, il punto che le stava indicando. « Aspetta un secondo. Avrei dovuto pensarci prima. » Lo interruppe a voce bassa, facendogli comunque segno di aver capito, e di continuare col proprio discorso. Estrasse dunque la bacchetta per eseguire un rapido Geminio sul foglio di giornale. « Così puoi sottolineare, se serve. » Fece scivolare la copia nella sua direzione, poi tornò ad ascoltare. «- però potremmo tagliare alcune parti ed inserire lo stesso un riassunto completo. Così limitiamo i danni ma restiamo sinceri.» Grace si prese qualche istante per riflettere. « Quindi tu dici di riformulare per evitare di esprimere concetti troppo forti in modo da non oltraggiare nessuno. » Con aria pensosa, si trovò a giocherellare con una delle sue matite. « Questo, in effetti, potrebbero essere l'unico modo di affrontarla, se pensiamo di voler restare neutrali. » Era ancora assorta nel pronunciare quelle parole, ma quando i suoi occhi azzurri incrociarono quelli chiari di lui parve illuminarsi per un istante. « E se, invece, il punto di questo compito fosse proprio dimostrare che alcune posizioni siano indifendibili? » Parve animarsi all'improvviso, tanto che anche il suo tono perse un po' della solita mitezza. Batté, con la punta della matita, su di un rigo dove veniva illustrata un'usanza particolarmente cruenta. « E se il punto di tutto questo fosse proprio prendere posizione perché, per l'ennesima volta nella storia, siamo di fronte ad un palese episodio di paura del diverso e di conseguente desiderio di sottometterlo? Pensaci - non sono stati certo i Giganti a venire a cercare gli umani. Se andiamo a vedere com'è nato questo conflitto, ci rendiamo conto che ha alla base... beh, più o meno lo stesso principio di tutti gli altri. Solo che, di volta in volta, sono stati i target a cambiare. Giganti. Folletti. Goblin. Il diverso. » Una pausa. « Pensi che possa avere senso? »



     
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    Molte volte Theseus ha riflettuto sulla propria scelta scolastica. Sarebbe stato meglio rimanere in Francia? I genitori hanno ritenuto più adatta Hogwarts, sia per lui che per Zack, mentre Juniper ha frequentato Beauxbatons. Probabilmente anche il piccolo Rosier si sarebbe trovato bene lì, ma in fondo non si lamenta più del dovuto. Se Hogwarts non fosse precipitata in un turbine di problematiche varie, sarebbe stata sicuramente l'opzione più azzeccata. I professori sono preparati, la Branwell gli racconta sempre un sacco di cose, fornendo informazioni utili ed interessanti sulla Divinazione, i concasata sono simpatici e cordiali. Manca soltanto la pace definitiva - vuol dire niente, eh! - ed il pacchetto è completo. «E' una foto bellissima. Sei davvero brava.», commenta Theo, sfiorando un'ultima volta il segnalibro prima di riporlo al sicuro. «E sono incredibilmente sorpreso di non aver riconosciuto la mia Provenza. Ah... Gli acciacchi della vecchiaia che si fanno sentire.», ride, perché dall'alto dei suoi sedici anni ha il coraggio di invocare una vecchiaia che, se qualche ragazzo più grande lo sentisse, un paio di ceffoni non glieli toglierebbe nessuno. «Ma devo dirlo, anche Londra ha il suo perché. Mi dispiace soltanto di non averla visitata molto, ma penso ci sia abbastanza tempo per rimediare... Sempre che la mia vecchiaia non lo impedisca.», scherza, fingendo un improvviso dolorino alla gamba e mormorando un ahi ahi, calandosi nella parte, ed al contempo sperando che Grace non lo prenda per scemo. O per maleducato, perché non lo sopporterebbe. In fondo sta solo cercando di rompere il ghiaccio, e di fronte ad un lungo pomeriggio di studio è sacrosanto ritagliare qualche pausa. «Diciamo che le ho imparate insieme, a casa si è sempre parlato un... Melange di lingue. Però preferisco il francese. Non darmi il via perché potrei cominciare a parlarne e non finiamo più. E addio Storia della Magia. Quando si tocca l'argomento Francia, blatero un po' troppo.», ammette, sincero. E' giusto che Grace sappia a cosa stia andando incontro, nell'atto di scavare nelle origini di Theseus Rosier. «Ti piacerebbe, sì? Prima di staccare i biglietti ricordati di chiamarmi. Ho all'incirca tre pergamente fitte fitte di posti da consigliarti. Ci conto, mi raccomando.», e quando si parla della Francia, credetemi, Theo non spaccia frottole. Ha davvero un'infinità di suggerimenti che frullano nella testa come piccole api in cerca di nettare, e non vede l'ora di mettere in mostra tutto quel suo sapere - non per mostrarsi saccente o chissà cos'altro, semplicemente perché lui ama il gusto francese. E' impossibile togliergli dalla testa i concerti al Moulin Rouge, il profumo delle madelaines al mattino, i tesori riposti al sacro museo Louvre. E le infinite distese di lavanda, quelle della tenuta Rosier. Nonna Alanna, in questo, è il principale punto di riferimento, la principale fonte di informazioni. E' una gran donna, lei, per quanto il passato della famiglia Rosier non confermi il pensiero di Theseus. Fa male, davvero molto male, non essere visti per quello che si è davvero... E questo accade perché spesso, benché siano stati i tuoi predecessori a commettere degli errori, ecco che il mondo li farà ricadere su di te, come se lo sbaglio sia stato tuo. Ed invece hai soltanto avuto la colpa di nascere in quella determinata famiglia.
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    La storia dovrebbe insegnare che non sia corretto fare di tutta l'erba un fascio. Che, sì, la genetica esiste, ma l'indole dell'individuo non ha niente a che fare con questo. Si nasce cattivi, oppure ci si diventa? E se si nasce, per dire, figli di un cattivo, le orme del padre andranno per forza seguite? Se si prendesse per vero questo principio, si dovrebbe dire allora che tutti i Potter del mondo siano buoni e tutti i Rosier ed i Carrow cattivi. E sarebbe corretto, questo? Theseus ritiene profondamente ingiusto dover espiare colpe di altri, pur non avendo mai fatto nulla di male. E' un ragazzino che sta al proprio posto, non dà fastidio, non si impiccia negli affari altrui. E' chiaro che anche lui abbia dei difetti, come qualsiasi essere umano sulla terra, ma non sarà questo a fare di lui un Mangiamorte assetato di potere. Né di nonna Alanna una vecchia da mettere sotto chiave... «Se le cose stanno così - ed in effetti è vero - allora noi siamo l'eccezione che conferma la regola.», afferma Theo, senza distogliere lo sguardo dal materiale di studio, continuando a prendere appunti sulla pergamena che ha portato con sé. «Mi fa male dire che hai ragione. Perché questo mi dà poca speranza. Nonostante tutti gli strumenti a disposizione, basti pensare a questo semplice libro di testo -», ed indica il tomo di Storia della Magia, «- l'essere umano commette gli stessi sbagli di un tempo. Prima era Salazar contro il resto del mondo, poi il Signore Oscuro contro le sue stesse origini, babbani e mezzosangue. Poi i babbani contro i maghi. E'... Sempre la stessa cosa, una lotta continua. Cambia poco quali siano le parti in gioco.». Fa rabbrividire dirlo e pensarlo, ma se tutti avessero un attimo ricordato, come Grace ha appena suggerito, magari la coscienza collettiva si sarebbe smossa. Magari i maghi avrebbero capito che la soluzione non fosse necessariamente quella di accendere una lotta radicale ai danni dei babbani venuti a conoscenza dei loro magici segreti. E allo stesso modo i babbani si sarebbero resi conto che le intenzioni dei maghi non fossero quelle di estirparli dalla faccia della terra - o almeno, non più, con la sconfitta di lord Voldemort. «Non scusarti, Grace. Non scusarti se hai ragione.», le dice sottovoce, perché lei fa un passo indietro dopo essersi esposta e lui, appunto, non vuole pressarla. Non la conosce, non può sapere o indovinare cosa le passi per la testa in quel momento. Potrebbero aver toccato un tasto dolente, ed a quel punto sarebbe meglio battere in ritirata. Oppure la ragazza potrebbe aver soltanto bisogno di comprensione, nonché di rispetto dei propri spazi personali. Punto. Non è difficile da capire. Theo accoglie con piacere la copia dell'articolo che Grace duplica per lui - sentendosi sciocco per non averci pensato da solo - e continua a lavorare in silenzio, sino al momento del successivo confronto. «Suggerisci di... rischiare, dunque.», soppesa la parola, ma ha ben inteso quale sia la posizione della Tassorosso. La difesa del diverso. Theo si sente subito un po' insensibile per aver pensato di elaborare una difesa sia a favore dei Giganti, sia a favore dei loro persecutori. Per quanto quello sia il lavoro di un Magiavvocato, è al contempo un lavoro che spesso necessita di mettere da parte la morale. Ma loro, semplici studenti di Hogwarts, non hanno quell'obbligo. Loro sono liberi, possono fare la scelta che vogliono, il professore non attende altro. E allora, anziché mostrarsi precisi, ordinati, puntuali ma al contempo ignavi - per non aver preso nessuna parte -, perché non spingersi un po' più in là? «Ha fin troppo senso. Ha lo stesso identico senso del discorso che ho fatto prima. E' una lotta continua senza vincitori né vinti. Beh... Direi che abbiamo scelto il nostro punto di vista, dobbiamo soltanto elaborarlo e, lasciamelo dire, sono certo che ne tireremo fuori un bel lavoro.», commenta Theo, per poi farsi un po' più vicino a Grace e sussurrarle: «Sì, sono un saccente, preciso, maniaco dell'ordine e francesista. Ma te lo giuro, ho anche dei difetti.»
     
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    Si dice che ognuno scelga un determinato outlet d'espressione per un motivo diverso, del tutto personale, forse addirittura unico. E, per quanto Grace non si sarebbe mai definita unica nel suo genere - maggiormente perché convinta di essere persona comunissima, attanagliata il più delle volte, anzi, dal desiderio di confondersi con la carta da parati o un pezzo qualsiasi del mobilio della stanza che occupava in quel preciso istante -, anche alla base del suo, di amore per la fotografia, c'era un concetto specifico: sotto sotto le piaceva pensare di poter fermare, più che il tempo, un determinato dettaglio. Una certa sfumatura di viola o di rosso. Le piaceva, in particolar modo, sviluppare le fotografie su carta e trasformarle in oggetti di uso quotidiano non solo allo scopo di dare loro un valore, ma anche per poter guardare quel dettaglio con occhi diversi ogni volta che vi posasse lo sguardo. In fondo, sebbene fosse ben lontana dall'ammetterlo, anche la giovane tassorosso aveva un animo sognatore. Solo che lei, a quanto pareva, non sognava in grande. I suoi sogni erano simili ad una miniatura - delicati, pieni di dettagli e facili da infrangere. Uno specchio della sua personalità sotto più di un punto di vista. Per poter capire Grace, che ad un occhio esterno appariva forse fin ordinaria, bisognava armarsi di tempo e pazienza; doveva esserci necessariamente la volontà di guardare oltre quella metaforica distesa di acque calme. Ma questa perseveranza non era cosa comune, specialmente se si considerava che fosse lei stessa, spesso e volentieri, a sfuggire, con estrema discrezione, allo sguardo di chiunque volesse osservarla. «E sono incredibilmente sorpreso di non aver riconosciuto la mia Provenza. Ah... Gli acciacchi della vecchiaia che si fanno sentire.» Lo sguardo - che aveva prontamente abbassato a seguito del complimento del giovane Rosier - saettò sul viso di lui. Il disagio che era solita provare in presenza degli estranei. aveva cominciato pian piano ad evaporare, così Gracie si trovò ad abbozzare un sorriso. Forse il primo, vero sorriso di quel giorno, uno di quei sorrisi aperti che rivolgeresti ad un amico, una persona che conosci da molto tempo, ed il suo sguardo si accese di una luce appena divertita. «Ma devo dirlo, anche Londra ha il suo perché. Mi dispiace soltanto di non averla visitata molto, ma penso ci sia abbastanza tempo per rimediare... Sempre che la mia vecchiaia non lo impedisca.» Il sorriso di lei si fece più ampio. « Forse non è questione di vecchiaia, sai? » Gli disse dunque, osservandolo ben bene per qualche istante prima di proseguire il discorso. « Forse è soltanto che noi esseri umani tendiamo a voler vedere ciò che amiamo prima di tutto il resto. » Fece spallucce, mentre realizzava di aver condiviso un concetto così tanto genuino e personale senza provare la stringente sensazione di aver parlato troppo. Normalmente, forse, non avrebbe aggiunto altro a quell'affermazione. Si sarebbe anzi preoccupata di aver detto troppo, e di aver detto male quel troppo. Invece, nonostante quella situazione fosse ben distante dalla sua norma, si trovò a proseguire.
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    « Non è un errore logico; è un errore dell'anima. Ci hai visto esattamente quello che desideravi vederci. » Ed il bello della fotografia è anche questo. Ciò che io vedo in un'immagine potrebbe essere distante anni luce da quel che riesci a carpirne tu. Sentendosi quasi in dovere di stemperare, tuttavia, aggiunse un: « Fermo restando che Londra non va da nessuna parte. » Era divertita dalla scenetta che il blu-bronzo aveva improvvisato, così tanto che questo stesso divertimento parve arrivare non solo al suo tono di voce, ma anche allo sguardo, che adesso sembrava brillare di una luce nuova. Erano secoli che non si trovava così tanto a proprio agio. «Ti piacerebbe, sì? Prima di staccare i biglietti ricordati di chiamarmi. Ho all'incirca tre pergamente fitte fitte di posti da consigliarti. Ci conto, mi raccomando.» Gracie sbuffò una risata: « Solo tre? » Ironizzò dunque a sua volta, sollevando le sopracciglia - il viso delicato che si trasformava in una maschera di pura incredulità. « Me ne sarei aspettate almeno cinque. Che poi è il numero, all'incirca, di quelle che contengono i posti che io vorrei visitare. » Non si poteva essere certi della veridicità di quell'informazione nello specifico. Forse la piccola Moore l'aveva falsata giusto un po', sebbene fosse certamente vero che la sua lista di posti da visitare fosse pressoché infinita.
    «Se le cose stanno così - ed in effetti è vero - allora noi siamo l'eccezione che conferma la regola.» Le cose assunsero nuovamente un tono più serio, chiusa la breve parentesi scherzosa che si erano concessi. Sul visino della giovane tassorosso si dipinse rapidamente un'espressione concentrata, mentre annuiva alle parole del compagno. «Mi fa male dire che hai ragione. Perché questo mi dà poca speranza. Nonostante tutti gli strumenti a disposizione, basti pensare a questo semplice libro di testo -» Lo sguardo di lei si posò sul libro, quasi guardarlo nella pratica potesse aiutarla a seguire meglio il discorso del Rosier. «- l'essere umano commette gli stessi sbagli di un tempo. Prima era Salazar contro il resto del mondo, poi il Signore Oscuro contro le sue stesse origini, babbani e mezzosangue. Poi i babbani contro i maghi. E'... Sempre la stessa cosa, una lotta continua. Cambia poco quali siano le parti in gioco.» Le si strinse il cuore nel rendersi conto che, in effetti, il corvonero non avesse torto. Emise un breve sospiro. « Non scusarti, Grace. Non scusarti se hai ragione. » Lei scosse appena la testa, quasi a fargli capire che il suo scusarsi compulsivo avesse poco a che vedere con lui. Anzi, la Moore faticava a ricordare quando, di preciso, si fosse esposta così tanto al di fuori delle mura domestiche. E se non lo ricordava, allora doveva per forza essere passato tanto tempo. Forse troppo. « Non esistono cose inutili, sai? » Cominciò dunque a bassa voce, inclinando appena la testa di lato. Lo sguardo ceruleo era assorto, quasi fosse alla ricerca delle parole giuste. « Se ci pensi, quello che stiamo facendo potrebbe sembrare insignificante a chiunque. Meccanico. Una goccia nell'oceano. » Fu a quel punto che stirò appena le labbra in un sorriso. Semplice, appena accennato, ma sincero. « Ma il mare è fatto di gocce e se le togliessimo tutte, una alla volta, allora smetterebbe di essere. Ciò che intendo, è - » Parve cercare lo sguardo del ragazzo per un attimo, e solo una volta accertatasi che la stesse guardando, continuò: « - che non bisogna mai perdere la speranza. Forse abbiamo fatto tutti questi errori per secoli, ma il solo rendercene conto, credo ci renda un po' diversi. Non lo pensi anche tu? E forse ce ne sono tanti altri come noi. Altri Grace e Theo, dall'altra parte del mondo, che se ne stanno rendendo conto in questo momento e sono ancora altre gocce. E insieme potremmo essere un oceano. » Fece spallucce, incerta su quanto fosse stata effettivamente comprensibile. Forse aveva romanzato troppo il concetto. Forse il corvonero l'avrebbe pensata strana. Un po' fuori. Ma, si rese conto, non si pentiva poi troppo di averlo esternato. «Ha fin troppo senso. Ha lo stesso identico senso del discorso che ho fatto prima. E' una lotta continua senza vincitori né vinti. Beh... Direi che abbiamo scelto il nostro punto di vista, dobbiamo soltanto elaborarlo e, lasciamelo dire, sono certo che ne tireremo fuori un bel lavoro. Sì, sono un saccente, preciso, maniaco dell'ordine e francesista. Ma te lo giuro, ho anche dei difetti. » La Moore sbuffò una risata. Quasi non si rese conto che lui le si fosse avvicinato, o forse non diede alla cosa troppa importanza. « E quali sarebbero questi difetti? » Gli chiese dunque, l'angolo destro della bocca che scattava verso l'alto un secondo prima che sganciasse la bomba. « Mica la modestia? » Ridacchiò ancora, scuotendo appena il capo. Si stava sciogliendo senza rendersene conto, aiutata dall'atmosfera di leggerezza che aleggiava nella stanza. Quando rialzò nuovamente lo sguardo su di lui tuttavia pareva essersi fatta un filo più seria. « Posso chiederti una mano? » Si decise dunque a domandare, sforzandosi di non abbassare lo sguardo e non tradire il proprio imbarazzo all'idea dell'ammissione che era prossima a fare. « Come avrai notato, ho preso un sacco di appunti. E c'è un motivo - sono un disastro con le arringhe. Mi agito, anche se so di avere ragione, io - » L'imbarazzo la vinse, perché si trovò a guardare la superficie del tavolo per qualche momento, esitante. « - non lo so nemmeno come mai mi succeda. Vado nel panico. Non mi piace che mi fissino. » Si umettò le labbra imbarazzata, poi sollevò nuovamente lo sguardo sul ragazzo. « Però questa volta ci tengo. E non mi va che ne risenta anche tu. Però... ecco... non so come fare. »


     
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    Non si stupisce per il fatto che Grace sorrida poco - o meglio, raramente. Anzi, lo trova un dettaglio curioso. Sembra quasi una sfida, provocarglielo, e Theseus non si tira indietro di fronte a situazioni del genere. Non ha intenzione di distrarla dal loro compito pomeridiano, vuole soltanto metterla a proprio agio. Farle capire che di lui ci si può fidare, che non ha intenzione di prenderla in giro solo perché timida - come molti, presumibilmente, farebbero, sentendosi grandi fuori benché minuscoli dentro. Theseus è una persona riservata, e proprio come Grace non va a sbandierare i fatti propri al primo conoscente. Al contempo, però, è felice delle nuove amicizie, soprattutto quando nota un interlocutore interessante. La giovane Tassorosso, appunto, risponde ad ogni parametro superandone di gran lunga la soglia, attivando la lampadina immaginaria della mente di Theseus. «E' abbastanza difficile lasciarmi senza parole, per cui complimenti, ridacchia, incantato all'interpretazione che Grace ha dato alla vecchiaia di cui Theo si è accusato. Ha esposto quel concetto come se stesse leggendo i versi di una poesia di Jacques Prévert. La differenza è che li ha fatti propri, li ha trasformati e li ha rielaborati nella quotidianità di ogni giorno, con una naturalezza che fa dubitare al Corvonero esista qualcosa di più puro. «E comunque preferisco vedere le cose con l'anima, a questo punto. Piuttosto che con gli occhi. E' un po' lo stesso lavoro che stiamo facendo qui... Con i Giganti.», sostiene, sfiorando con le dita le innumerevoli pergamene sul tavolo. «Leggiamo oltre le righe, cerchiamo di entrare in sintonia con il loro mondo. Con quel diverso che tanto ci spaventa.», sorride, mentre appunta qualcosa a fianco di una colonnina, prima che l'idea svanisca sul nascere. Allo stesso modo di quando ci si sveglia al mattino, dopo il sogno più bello di sempre, e lo si incastona nelle note del cellulare, catturandone l'inarrivabile magia. Come una delle tue fotografie, si trova a pensare, associando l'idea del sogno da ricordare e quella del dettaglio da immortalare. «Se per me è la Francia, però, adesso voglio sapere cos'è che vedi tu, prima di tutto il resto. Se ti va di raccontarmelo. Però la Francia è bellissima e non ha paragoni, io te lo dico, si sporge verso di lei, come a simulare il gesto di parlare al suo orecchio, in gran segreto, di qualcosa di estremamente importante quale il gusto francese. Ovviamente scherza, ed è anzi aperto al confronto di idee, di culture, di emozioni. Ciò non toglie che la Provenza occupi un posto speciale nel suo cuore, tra i ricordi di quando era solo un piccolo bambino che scarabocchiava pensieri, disteso nel verde del vigneto, e quelli di quando, ormai più grande, improvvisava note di violino per accompagnare lo splendore dei tramonti quotidiani. «London calling.», afferma, mettendo l'accento sull'ultima sillaba della parola, a riprova di quanto il francese possa pervaderlo anche nell'uso della lingua inglese. «Sono tre, ma solo di elenchi. Se avessi aggiunto anche le descrizioni, avrei finito... Molto dopo averla già visitata.», scherza, perché di fatto non ha mai compilato quelle famose pergamene. Ma non può deludere Grace, che sembra divertita dal suo spirito d'iniziativa, di curioso esploratore.
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    «Ma di sicuro al primo posto c'è il British Museum. Sono tipo da musei.», fa spallucce, stringendo le labbra in una smorfia da Corvonero secchione che sa di esserlo. Non se ne vergogna, perché sarebbe come ripudiare una parte di lui - e non avrebbe senso, dato che con se stessi ci si deve convivere sino alla fine dei giorni. «Però dai, chi non vorrebbe vedere le sculture ornamentali del Partenone, eh? A parte il settanta per cento della popolazione, ovvio.», forse sta un po' esagerando, in quello sfoggio di conoscenze, ma non lo fa perché vuole dimostrare di sapere. Lo fa perché è innamorato della storia, dell'antichità, dei ricordi. E' quel tipo di persona che nei musei si ferma ore davanti ad un quadro, leggendo la descrizione di cui nessuno s'informa. E' curioso, vuole sempre aggiungere nuovi tasselli al proprio bagaglio culturale, anche se magari non se ne farà mai niente. E' una sua passione, allo stesso modo del violino. Per altri sono i videogiochi, il nuoto, i vestiti. Non c'è nulla di male, sono solo diversi. Ed è bello per questo. «Penso che solo una partita dei Falcons potrebbe avere su di me lo stesso effetto.», annuncia, esponendo il suo interesse nei confronti del Quidditch. Aggiunge così un'altra informazione al suo profilo caratteriale, dando a Grace un eventuale ulteriore spunto. Tornati all'argomento Storia della Magia, Theseus si meraviglia ancora una volta della profondità delle parole della Tassorosso. Giusto per calcare di nuovo l'accento sul guardare con l'anima, piuttosto che con gli occhi. «Anche a me piace pensarlo. Sì, è vero, forse sogniamo un po' troppo. Ma non credo sia sbagliato, perché senza sogni si è vuoti, non si va da nessuna parte. E le grandi rivoluzioni partono sempre dalle piccole idee. Accendono la miccia, dilagano e diventano il simbolo di una generazione.», partecipa allo scambio con Grace, nutrendosi delle opinioni di lei e condividendole senza modificarle di una virgola. E' come se la ragazza riuscisse ad anticipare i suoi pensieri, lasciandolo stupito per non averli pensati prima. «Oh beh, ma questi presunti altri Theo e Grace li voglio conoscere, adesso. Come la mettiamo?», scherza, spezzando l'intensità del momento. Non gli capita mai di chiacchierare di argomenti del genere, motivo per cui raccoglie i propri pensieri tra le righe di un taccuino - quello su cui abbozza anche articoli per il giornalino Doxy Pixie Wise. Ma poterne parlare con qualcuno ha tutto un altro sapore. Theseus si sente libero di spaziare, di affrontare discorsi di ogni tipo senza essere giudicato. Di solito c'è chi lo prende per saccente, chi per noioso, chi per altezzoso - spesso a causa dei francesismi, che appaiono esagerati sulle labbra di un sedicenne. Con Grace si sente quello che è, un ragazzino curioso ed in cerca di nuovi spunti. «Vorresti insinuare che ho fatto il magnifique? Moi? Ce n'est pas correct.», scuote la testa, dissentendo per gioco - in realtà l'ha fatto davvero, il mitico, sempre per rompere il ghiaccio. «Ma certo. Anche due.», le mostra l'altra mano, poggiando la penna sul banco. «A proposito della valanga di appunti... Non è che ti piacerebbe scrivere per il giornalino scolastico? Sai, c'è già un bel giro. Stiamo lavorando sodo. Il caporedattore è un tuo concasata: Otis Branwell, hai presente? Ha qualcosa di geniale, je le jure.», anticipa, prima di ascoltare la richiesta di Grace. La trova dolce nel suo tentativo di mettersi in gioco, con la delicatezza che la contraddistingue. Se c'è qualcosa che li accomuna, è il non essere impulsivi. La loro attitudine si basa più sul calcolo mentale, sull'agire dietro le quinte. Ma per quanto sia ammirevole, il mondo schiaccia chi non sa conquistare la propria fetta di spazio con le unghie, e questo Theo lo sa bene. «Intanto, un piccolo vantaggio che avremo è che non la si dovrà affrontare da soli, l'arringa. Insomma, se ci manca la terra sotto ai piedi, l'altro interverrà subito.», la conforta, certo che si spalleggeranno. Potrebbe capitare a lui stesso, una defaillance, ma è sicuro che Grace sappia come riparare. Lo sa e basta. «Ma adesso facciamo una prova. Servirà ad entrambi. Allora, signorina Moore -», fa il vocione, simulando quello del professore di Storia della Magia. «- non sono d'accordo con la vostra ipotesi. Lei ed il vostro compagno dimenticate di quando i Giganti hanno attaccato due cittadine norvegesi. E di quando hanno rapito la famosissima... Clémence Gauthier.», inventa il nome di sana pianta, giusto per contraddire il loro discorso di prima. «Avanti, adesso tocca a te.», la incoraggia, facendo un movimento circolare con le mani, mentre assume un'espressione seria, da professore. «Lo so, sono poco credibile, ma tu fai finta di niente.», ridacchia, scusandosi in anticipo per la pessima interpretazione. Dovrei iscrivermi al club di teatro, non è mai tardi per migliorare.

     
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    Era strano, per una persona come Grace, trovarsi così tanto a proprio agio in compagnia di una persona appena incontrata. Allo stesso modo, piuttosto particolare, era il fatto che questo dettaglio - il fatto che si fossero conosciuti forse meno di un'ora prima - sembrava continuare a sfuggirle. E di questo, se proprio doveva dirla tutta, non sapeva bene cosa pensare. Era positivo? Negativo? Avrebbe dovuto starci attenta? Era solo un giorno migliore degli altri, quello, per cui la patina che sembrava separare la piccola tassorosso dal mondo, anziché inspessirsi in presenza di una persona nuova, in qualche modo sembrava essersi assottigliata? Non lo sapeva. Non avrebbe saputo definire quale fattore si trovasse alla radice della semplicità. E, supponeva a quel punto, continuare a chiederselo non le sarebbe stato d'aiuto. «E comunque preferisco vedere le cose con l'anima, a questo punto. Piuttosto che con gli occhi. E' un po' lo stesso lavoro che stiamo facendo qui... Con i Giganti.» A quel commento del compagno, non riuscì a fare a meno di sorridere. Di nuovo. E, nuovamente, pur non sapendo spiegarsi il perché, le parve che quei sorrisi glieli tirasse fuori lui, non si sapeva bene come. La verità era che la Moore temeva di aver esagerato, di aver messo troppa poesia - o troppa onestà? Probabilmente entrambe - in quel concetto. E di certo non credeva che il ragazzo non soltanto ci avrebbe visto del sensato, ma le avrebbe pure dato corda. Che avesse trovato uno spirito affine? Che le stelle si fossero allineate? Magari era solo il suo giorno fortunato. «Leggiamo oltre le righe, cerchiamo di entrare in sintonia con il loro mondo. Con quel diverso che tanto ci spaventa.» Che poi non capisco come mai il diverso spaventi. Non dovrebbe, invece, suscitare curiosità? «Se per me è la Francia, però, adesso voglio sapere cos'è che vedi tu, prima di tutto il resto. Se ti va di raccontarmelo. Però la Francia è bellissima e non ha paragoni, io te lo dico Grace assunse, suo malgrado, un'aria pensosa. Qual era il suo posto? Di certo non aveva a disposizione nulla di pittoresco o esotico, non poteva vantare neppure di aver mai messo piede fuori dal Regno Unito! « A me piacciono le librerie. » Rispose infine, sollevando lo sguardo con un mezzo sorriso. « E le biblioteche, anche. Mi piace molto l'odore della carta - sai, il profumo caratteristico dei libri - e quando lo sento, sto semplicemente bene. A casa, ovunque io sia. » Gli sarebbe parsa una risposta stupida, quella? L'avrebbe catalogata come secchiona? Una paranoia naturale, per una persona insicura come poteva esserlo lei. Paranoia, però, che ci mise poco a scrollarsi di dosso; c'era qualcosa di estremamente genuino nell'interesse del Rosier. Qualcosa che, sebbene non lo conoscesse poi troppo, riusciva a creare in lei il giusto stato d'animo, quello che le permetteva di aprire uno spiraglio, seppur piccolo, attraverso il quale lui potesse sbirciare. E capirla un po' meglio, qualora fosse stata quella, la sua intenzione. « E poi c'è un punto sul fiume, a Londra. Non lo so nemmeno perché mi piaccia così tanto. » Fece spallucce, sospirando appena al pensiero. « Ci sono passata varie volte al tramonto e ho sempre provato a fotografare il modo in cui la luce si riflette sull'acqua. Ma... non ci riesco. Come se dietro ci fosse qualcosa di incommunicabile, come se quel posto fosse un po' magico pur essendo perfettamente ordinario. Capisci quello che intendo? » Una piccola pausa di riflessione. Forse è proprio per questo - perché non riesco a comunicarlo. « Come puoi vedere, sono estremamente noiosa. » Nonostante il carattere di quell'affermazione, tuttavia, nella voce e nella postura di lei non sembrava esserci più il disagio che l'aveva portata a scusarsi e più e più volte nell'arco di quella sessione di studio. Sembrava aver deciso di prendere le cose come venivano, senza dover per forza mistificare le intenzioni del proprio interlocutore. Era più distesa, e nello sguardo azzurro c'era una luce scherzosa.
    «Vorresti insinuare che ho fatto il magnifique? Moi? Ce n'est pas correct.» Si portò una mano alla bocca in un gesto istintivo - voleva camuffare una risata che premeva per uscire. In qualche maniera, tutte le sue paranoie riguardo la propria inadeguatezza parevano averla abbandonata, quasi il suo cervello si rifiutasse di figurarsi Theseus Rosier come una presenza potenzialmente ostile. Forse perché nel ragazzo occhi cielo, di minaccioso non c'era proprio niente. Forse, ancora, perché era stato lui stesso a rassicurarla più volte. O, magari, come già considerato, erano semplicemente animi affini, e persino la psiche contorta e spaventata della Moore si rifiutava di autosabotarsi in questo modo barbaro. Una vocina delicata nella sua testa, che aveva fatto capolino nel momento stesso in cui aveva compreso che lei ed il compagno fossero sulla stessa lunghezza d'onda, sembrava volerla rassicurare su quanto innocuo fosse quel contatto. E poi, voci o meno, Grace era soltanto una ragazzina, ed in quanto tale, ogni tanto aveva bisogno di una tregua. Una tregua dal mondo, dalle proprie insicurezze, persino dal castello fatto di racconti nel quale era solita rifugiarsi. Che il Rosier potesse in qualche modo essere quella tregua? « Beh, questo l'hai detto tu, non io. » Ribatté allegra, la mente improvvisamente più libera. « Io ti ho solo fatto una domanda. » Se si fosse guardata da fuori, non si sarebbe riconosciuta. E se glielo avessero detto solo qualche ora prima non ci avrebbe creduto, ma stava davvero scherzando con una persona nuova, quasi quella persona nuova non lo fosse affatto.
    «A proposito della valanga di appunti... Non è che ti piacerebbe scrivere per il giornalino scolastico? Sai, c'è già un bel giro. Stiamo lavorando sodo. Il caporedattore è un tuo concasata: Otis Branwell, hai presente? Ha qualcosa di geniale, je le jure.»
    Di fronte alla menzione del giornalino scolastico, suo malgrado la piccola Moore venne riportata coi piedi per terra. Si fece per un attimo più seria e aggrottò la fronte nel considerare la possibilità di inserirsi all'interno di quel gruppo.
    « Potrei pensarci » Concesse alla fine, con un mezzo sorriso, ben conscia del fatto che la sola idea di presentarsi in una redazione già formata la terrorizzasse a morte. Penseranno che sono strana? Prenderanno bene che voglia inserirmi all'ultimo? « Come vi siete organizzati? » Gli chiese, una punta di curiosità nella voce. « Ognuno si occupa di un argomento fisso, scrivete a rotazione oppure avete scelto una modalità ancora diversa? » Sebbene dubitasse di avere il fegato necessario a presentarsi effettivamente, era genuinamente curiosa di carpire informazioni a riguardo. Dopotutto, nonostante le sue personali insicurezze, quella di scrivere era sempre stata una sua personale passione, sebbene fosse spesso restia a condividere i propri pensieri più intimi. Quella domanda, inoltre, ne sottintendeva un'altra ancora, che era rimasta inespressa, ma che sperava venisse colta da Theo, ossia: tu cosa scrivi? L'aveva sottintesa non tanto perché non volesse sapere di più, ma proprio perché quel fare una domanda diretta, in qualche modo contorto, nella sua testolina era sinonimo di ficcare il naso in affari che non la riguardavano, così si era limitata ad aprire l'argomento, sperando fosse lui a raccogliere quel tacito invito a raccontarsi.
    «Intanto, un piccolo vantaggio che avremo è che non la si dovrà affrontare da soli, l'arringa. Insomma, se ci manca la terra sotto ai piedi, l'altro interverrà subito.» Di fronte a quella dimostrazione di fiducia, una volta che il discorso tornò sul lavoro che stavano svolgendo, Grace annuì con convinzione. Non tanto perché credesse troppo di poter intervenire al momento opportuno, ma perché se era il blu-bronzo a crederci, allora quello di non deluderlo diventava quasi un dovere. « Spero solo di non darti troppi problemi, in tutta onestà. » Ammise con schiettezza. Non è che volesse rassicurazioni da parte del compagno, solo fare in modo che non si facesse troppe aspettative. Quella di riconoscere i propri limiti, in fondo, non era forse una forma di coraggio? «Ma adesso facciamo una prova. Servirà ad entrambi. Allora, signorina Moore -» Fece uno sforzo immane, Grace, per non scoppiare a ridere, schiarendosi pure la voce per evitare di cedere alla tentazione. «- non sono d'accordo con la vostra ipotesi. Lei ed il vostro compagno dimenticate di quando i Giganti hanno attaccato due cittadine norvegesi. E di quando hanno rapito la famosissima... Clémence Gauthier.» Glissò, la castana, sulle sue scuse perché si era fatta tutta pensierosa nel tentativo di elaborare, almeno nella propria mente, un discorso credibile in difesa della loro causa del giorno. « Giusto. » Cominciò. Ecco, forse iniziare dando ragione a qualcuno che non appoggiava il punto di vista da lei espresso, non era il modo migliore del mondo di dare il via alla propria arringa. Tuttavia le risultava difficile contraddire apertamente il proprio interlocutore, forse perché, per quanto i suoi pensieri scorressero rapidi, aveva bisogno di un attimo per elaborarli, e dunque esprimerli a voce alta. « Tuttavia... » E qui si corrucciò, alla ricerca delle giuste parole, picchiettando con la penna contro la superficie lignea del tavolo al quale erano seduti. Si schiarì la voce: « Tuttavia, vorrei riportare la sua attenzione sui vari allegati che abbiamo presentato. » Per quanto non riuscisse ad alzare la voce perché imporsi le risultava innaturale, e per quanto avesse abbassato lo sguardo ad un certo punto del proprio discorso, mordendosi il labbro inferiore, sembrava determinata a sostenere la sua tesi. « E da questi si evince uno schema piuttosto elementare: nessun Gigante attacca, a meno che non si senta minacciato. » Sollevò timidamente lo sguardo su Theseus nel fare una pausa per respirare, incerta su quali termini utilizzare per non risultare scortese. « E, per quanto il rapimento in questione sia certamente un evento tragico, è evidente che » La Gauthier se la sia andata a cercare? « - che, per quanto spiacevole, la cosa si sia verificata in seguito a ripetute incursioni da parte del gruppo di maghi capitanati dalla signora, su di un territorio precedentemente occupato da una colonia. » Prese un respiro. Ora sembra più facile perché in questa stanza ci siamo solo noi due, credo. Si ritrovò a pensare. Quindi la strategia poteva essere quella di immaginare che non ci fossero altre paia di occhi a fissarla? « Quindi, forse, si potrebbe parlare di un fuoco incrociato, O, almeno, è il termine che useremmo se si trattasse di due gruppi di maghi. » Un momento di silenzio, in cui rivolse uno sguardo al corvonero.
    « Pensi che... sia convincente? » Sospirò. « O sono troppo imbranata? Troppe pause? » Attese la risposta, prima di aggiungere: « Non so, vuoi provare qualcosa anche tu? E... » Una pausa, in cui si concentrò nuovamente sugli appunti: « Forse dovremmo trovare un segnale, una specie di SOS, nel caso facessi un casino. Idee? » Perché il mio problema non è non sapere, è non sapere come dirlo senza andare nel panico. E proprio non voglio che tu prenda un voto basso per colpa di una mia mancanza.


    Edited by daffodil‚ - 14/2/2020, 21:50
     
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