Caronte

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    « ...Ah, lei è un Gaunt» Quel solo ed unico guizzo deluso sull' espressione della donna fu impagabile. Stupida troia. Ed a pensare che miss Pratt - almeno così sembrava chiamarsi dal cartellino appuntato sul maglioncino -, mi aveva accolto nella segreteria didattica del college con un sorriso davvero radioso, appena cinque minuti prima che arrivasse a chiedermi il nome completo. Ultime scartoffie per l'iscrizione a magisprudenza, sa come funziona, no? Le avevo sorriso cordialmente e continuavo a farlo seppur adesso mi guardasse da sotto la spessa montatura grigiastra degli occhiali da vista con cipiglio davvero poco elegante e prevenuto. « Purtroppo nessuno può scegliere in quale famiglia nascere » Mugolai sconsolato, mentre mi appiattivo a firmare i fogli che la donna mi aveva spinto sotto al naso con riluttanza. L'avevo presa contropiede, me ne accorsi dalle sue sopracciglia che si curvarono in un arco perfetto. Stronza, credevi me la sarei presa? Magari ti aspettavi che mi irritassi e rivendicassi con un certo orgoglio l'importanza del mio nome: dopotutto qui è così che si comportano le famiglie di un certo livello. Prendiamo un Carrow o un Malfoy, ad esempio, dubito che nessuno di loro sarebbe rimasto in silenzio davanti ad una simile insinuazione, ancor meno avrebbe condiviso lo sdegno che la segretaria mi stava riservando. "Come si permette? Ha qualche problema? Si auguri che nessuno venga mai a sapere di questo teatrino, altrimenti..." Le minacce si sarebbero sprecate. Io, in cuor mio, sarei direttamente passato a stringerle le dita attorno al collo fino a vederla svenire davanti ai miei occhi, ma purtroppo non potevo farlo. Essendo appena uscito da Azkaban, era come se avessi una bacchetta puntata alla tempia pronta a farmi fuori. Rovinare tutto per una lurida impiegata di segreteria? No, non ne valeva la mia libertà e, tantomento, questo era il mio modus operandi. I deboli perdono il controllo, i potenti fanno in modo di prenderlo fra le mani e diventarne padroni. Avevo tutte le carte in regola per agire in altro modo: un ragazzo di un metro e novanta dalla faccia angelica e terribilmente gentile, biondo ed illuminato da profondi occhi azzurri, sarebbe stato in grado di smuovere la compassione anche negli animi più aridi. « Mi spiace » mi ritrovai a sussurrare di punto in bianco, mentre riportavo lo sguardo in quello della donna e le riconsegnavo i documenti ordinatamente compilati. Il tono di voce era morbido, quasi soffocato da una sorta d'imbarazzo che in realtà non possedevo affatto. Miss Pratt aggrottò la fronte, inclinando appena il capo senza sapere a cosa mi riferissi « So quanto dolore abbiamo causato » E Dio solo sa quanto abbia dovuto mordermi la lingua, per dirlo. Il sangue mi ribolliva nelle vene, ma che potevo farci? La mia famiglia era caduta in disgrazia dopo tutta la faccenda dei mangiamorte e di Voldemort, motivo per cui eravamo stati costretti a trasferirci in Bulgaria ed a ricominciare. Seppur fummo i primi - quasi - a prendere le distanze dalle scelte di quel mio lontano cugino, fummo gli unici a rimetterci; tanti suoi sostenitori l'avevano scampata, mentre noi eravamo stati rinnegati da mezzo mondo magico. Avevamo giocato d'anticipo, ma la cosa non ci aveva minimamente ripagati, ed adesso ci ritrovavamo ad essere degli emarginati. Feccia, proprio come sicuramente lo era miss Pratt; lo aveva miserabilmente stampato in faccia di essere una mezzosangue. Cazzo, tanta fatica, tante battaglie per nulla. Ancora stanno qui. « o-oh...oh no, non è colpa tua caro.» Ci ero riuscito, le avevo fatto pena a tal punto che il suo viso divenne paonazzo per la vergogna: si era resa conto di aver preso un grosso granchio, ed io avevo recitato bene la mia parte. In fondo, che colpa ne avevo di cose accadute prima di venire al mondo? Cose che per altro in parte condividevo, ma miss Pratt questo non lo sapeva. Impacciata, la donna si adoperò a porre i timbri in assoluto silenzio, nel minor tempo possibile - la vedevo che cercava di sbrigarsi per togliersi dall'impaccio di dovermi avere ancora davanti. Rifuggiva al mio sguardo, allungava il collo in cerca di un'altra persona a cui affidarmi non appena mi avrebbe consegnato l'iscrizione, altrimenti sarebbe stato compito suo accompagnarmi fino all'aula per la prima lezione; da quanto avevo capito il Senior della mia facoltà era impegnato ad Azkaban, col tirocinio - ironico! « a-AH, Prince! » Quasi s'illuminò nel dire quel nome, tanto che la sua faccia da smorta divenne un po' più vivace. « Mi spiace, è che ho così tante cose da fare - e figure di merda da smaltire - so che non fa parte del tuo dipartimento, ma potresti accompagnare...» e mi guardò « Seth...» - « Sì, Seth alle aule del quinto piano?» Mi voltai, recuperando i libri che avevo momentaneamente poggiato. Li portai al petto come uno scolaretto, soppesando il ragazzo che avevo alle mie spalle: la sua spilletta da senior brilluccicava quasi in modo accecante, e questo unico dettaglio fu sufficiente a farmi capire che quel Prince fosse uno che ci teneva particolarmente. Come se il ruolo da pungiball delle matricole fosse un buon deterrente per risollevare la propria autostima. Mi congedai in modo distinto dall'impiegata prima di raggiungere elegantemente lo sconosciuto - che poi tanto sconosciuto non era - per affiancarlo verso il corridoio. Lo osservai di sottecchi, mentre cercavo di capire chi fosse e se lo avessi giá conosciuto durante i miei tre anni ad Hogwarts, ma al momento la memoria sembrava far cilecca « Vuoi che ti aiuti con quelli? » Senza aspettare una risposta, gli sfilai dalle braccia un bel po' di fotocopie che si trascinava dietro, umettandomi le labbra piene. Ventidue, massimo ventitrè anni, non è un leader ed è insicuro - troppa cura in troppi dettagli. « Guai a voi, anime dannate, non sperate di vedere il cielo: son venuto per condurvi all'altra riva, nelle tenebre eterne, al fuoco o nel gelo » Ho sempre detestato i primi approcci, perchè non sai mai come comportarti. È faticoso plasmarsi a qualcuno che non conosci, perchè viaggi sempre sul filo dell'oblio: non puoi dire troppo altrimenti rischi di sbagliare, ma nemmeno troppo poco perchè sennò ti giochi la possibilitá di creare un buon imprinting. Cosa me ne venisse in tasca in quel caso con quel ragazzo? Nulla, assolutamente nulla, ma avevo imparato che qualunque pedina potesse tornare utile al momento giusto, ci si doveva solamente impegnare a tenersela stretta e buona. Citare la Divina Commedia mi sembrò un buon modo per rompere il ghiaccio senza essere troppo pretenzioso. Prince, sembrava davvero Caronte, in fin dei conti mi stava consegnando in pasto alla prima lezione di diritto magico. Non potevo sembrare piú credibile di cosí. « Comunque io sono Seth, mi sono appena trasferito da Stoccolma » Da Stoccolma proprio « Lí la facoltá di magisprudenza faceva schifo, aveva programmi davvero scadenti, e poi non avevamo i tirocini. Tu cosa frequenti, invece? » Gli rifilai un sorriso smagliante, scostandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio per poi scuotere il capo, aggiungendo dopo pochi secondi « ...perchè, lo ammetto, sembri proprio uno da giornalismo » E spero per te che non sia davvero cosí: i giornalisti sono la peggior razza di impiccioni esistenti sulla faccia dell'intero universo, andrebbero sterminati. E no, la faccia da giornalista Prince nemmeno l'aveva, ma dovevo pur sempre assicurarmene prima di far danni - magari scopriva cose scomode sul mio conto e le diffondeva. Non ero un visionario, volevo semplicemente partire col piede giusto ed andare in cerca di meno guai possibili.


    Edited by the soul of morthacci yours. - 15/10/2019, 00:50
     
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  2. Shrine of lies*
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    Il ruolo di Senior scivolava su Archie come un vestito creato su misura, che per giunta gli stava perfettamente. Nonostante avesse lavorato sodo per anni e anni, ogni volta che otteneva un riconoscimento stentava a crederci: era stato ammesso al Clavis, senza nemmeno sapere della sua esistenza, aveva ottenuto accesso al circolo ristretto dei maghi più potenti di tutto il mondo magico, e adesso era addirittura l’unico esponente della sua facoltà ad avere ottenuto il compito di rappresentarla. Una bella salita, se considerava da dove era partito. E ce l’aveva fatta da solo, con le sue sole forze, anche se era stato costretto, alle volte, ad ungere qualche ingranaggio. In realtà, tutta la sua vita da dieci anni a quella parte era stata una bugia, ma ammettiamolo: Archie Prince, figlio della più infima famiglia babbana esistente sulla faccia della terra, avrebbe potuto avere le stesse possibilità di Archer Phoenix Prince, rampollo di una famiglia purosangue? Ne dubitava. E in ogni caso, ormai era andata, e non avrebbe mai più dovuto porsi il problema. Il suo segreto era ben custodito dalle ceneri della guerra, e il mondo si apriva davanti a lui come un fiore, che Archie doveva solo cogliere al momento propizio. Momento che, comunque, veniva ritardato dai suoi nuovi impegni che, oltre a quello di Senior, comprendevano anche gli esami al college e quel dannato Tirocinio a cui aveva avuto la brillante idea di candidarsi. Chiaramente era stato assegnato ad Hogwarts perché non avrebbe avuto senso spostarlo altrove, visto il ruolo che ricopriva, e sicuramente avrebbe fatto la sua figura nel curriculum quando avrebbe fatto richiesta per diventare professore ma… che diavolo, stava facendo solo il maledetto galoppino! Era mai possibile che dei ragazzini idioti non riuscissero a finire una lezione senza mettere a soqquadro l’aula? Ed era mai possibile che l’insegnante di Cura delle creature magiche non riuscisse a tenere le sue bestie in un recinto senza farle scappare? Non aveva risposta a questi interrogativi, ma purtroppo sapeva che porre rimedio a quegli imprevisti era compito suo. E a ben vedere, era anche il compito più interessante, dal momento che il resto consisteva in scartoffie, burocrazia e in ultimo, anche se avrebbe dovuto essere la sua priorità, studiare. Era incredibile quanto velocemente si fosse accumulata la sua mole di studio, nonostante Archie facesse di tutto per fingere che non gli pesasse: in realtà, aveva passato le ultime settimane estive a cercare di recuperare l’esame che si era lasciato indietro mentre si trovava a Parigi, perdendo sonno e appetito e, anche se alla fine era riuscito a passare e pieni voti, le lezioni erano andate avanti e lui passava tutte le notti a correggere gli appunti e a cercare di mettere insieme un’idea intelligente per il corso di Pozioni II, visto che essendo stato uno dei pochi studenti a prendere il massimo nel primo modulo, ci si aspettava molto da lui.
    Non aveva tempo nemmeno per respirare, a momenti, figuriamoci se poteva occuparsi anche di uno studente di un altro dipartimento. Di conseguenza, maledisse Miss Pratt in tutte le lingue che conosceva (tre, per la precisione) quando, vedendolo passare per il corridoio, lo intercettò, richiamandolo con la sua vocetta stridula. Sapeva prima ancora di voltarsi che quella donna aveva qualche rogna da rifilargli: nella sua smania di piacere a chiunque -o, quantomeno, a chiunque gli servisse- Archie era sempre stato più che disponibile con il personale di servizio. Il lato positivo era che in questo modo veniva a sapere prima degli altri studenti qualsiasi evento rilevante che accadesse a scuola, il lato negativo era che se a quelle insopportabili frustrate delle segretarie serviva qualcosa, il primo a cui andavano a rompere le scatole era proprio lui. Che, invece di mandarle a cagare come avrebbe voluto, rispondeva con un sorriso amabile, che però tremò leggermente quando sentì la richiesta che l’insopportabile megera aveva in serbo per lui. « Mi spiace, è che ho così tante cose da fare…so che non fa parte del tuo dipartimento, ma potresti accompagnare... Seth alle aule del quinto piano?»
    Archie si chiese se, con quella pila di fogli che aveva tra le mani, avesse forse l’aria di qualcuno che potesse accompagnare Coso al quinto piano. No, chiaramente: doveva andare in biblioteca, sistemare i suoi appunti, pranzare con qualcosa che non fosse un Margarita, studiare, andare al tirocinio, tornare per l’incontro serale delle matricole e auspicabilmente andare a dormire prima delle due di notte. Una giornata fin troppo intensa per fare finta che gli importasse qualcosa di qualcun altro. Ma, dal momento che era stato chiamato in causa senza via di scampo non potè che rispondere se non con un placido:
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    « Certo, con piacere», sperando di rendere il “vaffanculo” che aveva in caldo non troppo evidente.
    « Vuoi che ti aiuti con quelli? » Chiese il ragazzo, una volta che si furono avviati nei corridoi. Fino a quel momento, Archie era stato impegnato a fare uno schema mentale cercando di capire a cosa avrebbe dovuto rinunciare per quella deviazione -probabilmente al pranzo- per dedicare davvero attenzione alla nuova zavorra che si portava dietro. Una zavorra di un metro e novanta, a ben vedere, e dall’aria vagamente familiare. Come aveva detto che si chiamava? Gli lasciò prendere le sue cose con un sorriso di circostanza, molto meno amichevole di quello che aveva riservato a Miss Pratt. « Guai a voi, anime dannate, non sperate di vedere il cielo: son venuto per condurvi all'altra riva, nelle tenebre eterne, al fuoco o nel gelo » Archie alzò un sopracciglio, con aria quasi colpita. Doveva dire che era raro sentire qualcuno citare Dante. Lui stesso sarebbe stato colto impreparato sull’argomento, se la letteratura non fosse rientrato tra tutti quegli argomenti che leggeva, studiava, memorizzava, con cocciuta caparbietà da quando aveva quattordici anni, nella speranza di sfoggiare una cultura e una padronanza che, purtroppo, non aveva potuto coltivare fin da ragazzino. In effetti, se non fosse stato così irritato per la perdita di tempo, avrebbe fatto volentieri sfoggio dei studi, ma era davvero troppo preso dai suoi problemi per dare al ragazzo un appiglio di conversazione, così in un primo momento si limitò a commentare: « Tranquillo, la segreteria degli studenti è più un purgatorio che un Inferno.» Ma poi, non riuscendo a trattenersi, aggiunse: «Divina Commedia, terzo canto, giusto?» Si, era giusto, non gli serviva una conferma. La domanda era solo per non sembrare troppo presuntuoso. « Comunque io sono Seth, mi sono appena trasferito da Stoccolma. Lí la facoltá di magisprudenza faceva schifo, aveva programmi davvero scadenti, e poi non avevamo i tirocini. Tu cosa frequenti, invece? ...perchè, lo ammetto, sembri proprio uno da giornalismo » Uno da giornalismo?. Dio, questo tizio voleva proprio irritarlo, allora! Archie aveva forse l’aria di qualcuno che aspirava ad un lavoro sottopagato, tendenzialmente inutile nell’era di internet, con la prospettiva di diventare lo schiavetto di qualcuno a tempo determinato? D’accordo, forse quest’ultima opzione poteva rientrare nei suoi gusti, ma non certo in ambito lavorativo. Arricciò le labbra, con aria irritata, anche se il nome con cui il ragazzo si era presentato gli aveva fatto accendere una lampadina. «Gaunt!» Esclamò all’improvviso, portandosi una mano sulla fronte. Ecco dove lo aveva già visto! Avevano frequentato i primi anni di Hogwarts assieme! Non che Archie ricordasse proprio tutti i suoi vecchi compagni di scuola, ma c’era un certo tipo per cui aveva sempre avuto una spiccata predilezione: maschi, purosangue, serpeverde, belli. Appena entrato a scuola li aveva puntati un po’ tutti, osservandoli forse più del dovuto per studiarne il comportamento, in modo da sembrare il più possibile uno di loro. Ovviamente, Seth Gaunt rientrava perfettamente nella categoria e, essendo Archie poco informato, in un primo momento, sulla storia moderna del mondo magico, lo aveva individuato come una di quelle persone da doversi fare amiche ad ogni costo. Poi aveva saputo di Voldemort e del resto della sua famiglia di matti, e aveva notato che il ragazzo sembrava decisamente poco inserito, quindi si era concentrato su prede più ambite: Carrow, Douglas, Malfoy… La sua si era rivelata una scelta adeguata, considerando che l’aveva portato ad entrare nel Clavis, e quasi non si era accorto dell’assenza di Gaunt, all’inizio del quarto anno, finché qualcuno non glielo aveva fatto notare esplicitamente. « Forse non ti ricordi di me: Archie Prince, anche io ero in Serpeverde. Adesso sono Senior della Facoltà di ricerca e sviluppo» disse, inizialmente sfoderando il suo miglior sorriso amichevole, con tanto di pacca sulla spalla. « Stoccolma, eh? Pensa, girava voce che fossi finito in prigione.» Commentò in tono casuale. No, non gli era andata giù la questione del giornalismo. E in più, era vero che girava quella voce, anche se ad essere del tutto onesti, l’aveva messa in giro Archie. Non era che avesse qualcosa in particolare contro Gaunt, ma visto che era una vittima abbastanza facile e che comunque, data l’assenza, non poteva malmenarlo se lo sentiva dire cattiverie su di lui, si era divertito un po’ a sue spese e ogni volta che veniva fuori l’argomento, Archie si inventava un reato molto creativo per cui il poveretto fosse finito al fresco: atti osceni in luogo pubblico, uccisione di una colonia di gatti, molestie alla professoressa di trasfigurazioni (che al tempo aveva forse settant’anni buoni)… insomma, l’argomento era stato ben approfondito, al tempo. «La gente non sa davvero più che inventarsi, eh? Comunque, sono contento che fosse solo una diceria e che tu sia tornato a Londra.» commentò, con aria fintamente indignata, mentre si avviavano sulle scale.


    Edited by Shrine of lies* - 14/11/2019, 21:19
     
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