Blood in the water

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    A Inverness la mezzanotte e l'alba non vengono scandite da un gallo nel pollaio; è l'ululato del lupi di guardia sui fronti più lontani a dare la buonanotte e il buongiorno agli abitanti delle Highlands. Un coro di belve selvatiche si avvicendano nei boschi attorno a Loch Ness spezzando la quiete dell'aria gelida con una melodia dissonante e melanconia ogni giorno. Chi quei canti li conosce e li comprende, sa che sono rintocchi di un orologio biologico atto a segnalare la propria presenza e vigilanza. Noi ci siamo. Vi guardiamo. Questa è la nostra terra. Da Fort Augustus e fino al fronte sul mare di Inverness, quegli ululati si susseguono a lungo nella notte fino a lasciar spazio al silenzio più totale in attesa del prossimo rintocco: il cambio della guardia all'alba. Eppure, quel giorno a scandire un nuovo risveglio non fu un ululato, bensì un urlo. A Inverness il lutto si tinge di bianco, perché di nero i cacciatori si vestono tutti i giorni. E di bianco è dipinta da mezzanotte la città, perché il 31 ottobre a Inverness è giorno di lutto e di raccolta; è giorno di commemorazione di quei morti che durante la notte della ribellione hanno versato il sangue che ha tinto le mura di Hogsmeade e di Hogwarts. Anche il branco ha perso ottimi guerrieri, e altri ancora li avrebbero persi nei giorni a venire, tra le mura di Hogwarts, negli ultimi scontri ai piedi del villaggio di Hogsmeade e ancora a Londra, dove alcuni tenevano ancora salda la copertura del Credo, sperando di usufruire degli ultimi stralci di informazioni sul conto dei filogovernativi. Ecco che, il 31 quindi, e per tutta l'ultima settimana di ottobre, compreso il primo del mese di novembre, Inverness si sarebbe tinta di bianco. Così era accaduto l'anno precedente, così sarebbe accaduto anche quell'anno. Per l'occasione Tris aveva persino chiesto un permesso speciale al Ministero, affinché ai ragazzi di Hogwarts fosse data la possibilità di essere parte integrante della comunità in quel momento di raccolta spirituale; ha chiesto che venissero tanto esonerati dalle lezioni per tornare a casa, quanto di lasciar cadere eventuali obblighi di frequenza quanto meno per il fine settimana. Unica imposizione era che, gli studenti fossero riaccompagnati al castello entro e non oltre il primo novembre alle 20 in punto e che i minorenni avessero inoltre l'autorizzazione di un genitore o un tutore. Fatto ciò, le preparazioni per la commemorazione tra la notte del 31 e il primo, erano già in fase di sviluppo da almeno una settimana. Si trattava in fondo un'occasione festiva. Inverness non viveva il lutto dei suoi eroi con la stessa gravità di altre civiltà. Erano certamente sobri e rispettosi, ma per l'occasione non si piangeva, né soprattutto si rimpiangeva la loro scomparsa; la si onorava, piuttosto. Ci si radunava per una messa nella cattedrale al centro della città e poi a mangiare, bere e ricordare attorno a diversi focolari, in giro per la città, le imprese di chi non c'era più tra loro. Artigiani e mastri armaioli erano tornati in patria per l'occasione dalle parti più disparate del mondo, così come tanti rappresentanti di molti punti nevralgici del Credo dalle culture più lontane. Inverness era insomma in subbuglio, tinta di bianco, come di bianco erano adornati tutti i suoi abitanti, affollata come non mai e difficile da gestire. Eppure, nonostante la quantità di lupi, sin eater, artigiani e sacerdoti dei culti più strambi, all'alba del 31, a risvegliarli non fu né un ululato, né il suono delle fonderie ambulanti che si mettevano in moto, né tanto meno il canto di una qualche messa. Fu un urlo. Uno che riecheggiò piano piano in tutta la città.
    Si era sentita irrequieta per tutta la serata precedente, Tris. Vedersi Inverness invasa non era più uno di quegli eventi traumatici che potesse realmente sbilanciare il suo equilibrio psicologico, eppure nonostante tutto, aveva fatto fatica a prendere sonno. Si era rigirata nel grande letto a baldacchino per diverse ore, nella spropositata stanza padronale del secondo piano del maniero dei Morgenstern, con la consapevolezza di non essere più abituata a vivere lì dentro. Il soggiorno a Londra, l'aveva disabituata a quello sfarzo, e l'idea di viversi quelle stanze in totale solitudine, le metteva in un certo qual modo ansia. Si era detta che fosse precisamente quello il motivo per cui si sentisse agitata; l'ansia di essere tornata nelle sue vecchie stanze da sola stava prendendo il sopravvento sulla sua razionalità. Niente di più se non un brutto scherzo della sua mente che si rifiutava di giungere a un compromesso sul fatto che fosse ormai di nuovo per conto proprio. Eppure, quando il cielo si tinse di un leggero torpore all'alba del 31 e quel urlo sfrecciò nell'aria gelida del mattino, la giovane Morgenstern comprese che si trattasse di qualcos'altro che andava al di là della sua personale quiete sfaldata. Il vociare nella città si fece persistente prima della colazione, e prima ancora che un messaggero giungesse alle porte della villa dei Morgenstern. Scesa al piano di sotto stretta nella versione bianca della sua divisa da cacciatrice, trovandovi suo nonno, suo fratello e Theo. Inclinò appena la testa di lato man mano che carpiva l'inizio del racconto che venne ripreso da capo affinché potesse essere metabolizzato anche dalla minore di casa Morgenstern. « ..Gloria e Tom erano di guardia a Fort Augustus. Non ce l'hanno fatta. Non sappiamo che cosa possa essere stato.. Tom.. è stato.. sfigurato. Gli altri non ricordano niente. » Beatrice stringe i denti man mano che il giovane Robert Turner continua il proprio racconto. Nessuno dei lycan di guardia quella notte si sono accorti di movimenti strani; molti sono feriti, alcuni non sanno neanche che cosa li ha colpiti. Tutti i forti più lontani sono stati compromessi. Dieci giovani sono stati feriti quella notte e nessuno di loro l'ha sentito. Nessuno ha potuto fare niente. Nessuno se ne è nemmeno lontanamente accorto. Come assopito, l'intero branco appariva ora quasi una lama a doppio taglio. Non sufficientemente forte da proteggersi, non sufficientemente debole da non far gola ai nemici. Perché di nemici ce ne sono ancora. E questo dovrebbero averlo ben chiaro tutti. Beatrice sposta lo sguardo sul fratello. E' lui il massimo esponente della sicurezza della Città Santa. A lui ha affidato la salvaguardia di casa loro. Per un istante non sa nemmeno cosa chiedergli. Dov'eri? Che cosa sta succedendo? Perché tutto ciò non è stato previsto? Tutte domande che, razionalmente, Tris sa di non poter scaricare in toto sul fratello. Non si può prevedere tutto. Eppure il Credo non è mai stato così impreparato. Nessuno ha mai valicato i fronti di Inverness. Stringe i denti mentre l'ultima parte del racconto inizia a sciorinarsi nell'ampio salone di ingresso. « E poi c'è la parte peggiore.. il villaggio dei sin eater. E' successo qualcosa lì.. Ma credo dobbiate vederlo con i vostri occhi. » Il ragazzo sembra impaurito persino di proferire ciò che ha visto. Un lycan arrabbiato è un conto, ma un lycan impaurito, terrorizzato, è tutto un altro spettacolo, qualcosa che in fondo non si vede poi tanto spesso. Tris annuisce mentre indossa la giacca, pronta a uscire e lasciarsi guidare. « Chiama tutti. » Asserisce prima di uscire in direzione del nonno. « Voglio chiunque sia in ascolto qui il prima possibile. » Non sappiamo con cosa abbia a che fare, ma di certo i lycan non muoiono per mano di un coltellaccio. Abbiamo bisogno di rinforzi. E infine volge lo sguardo verso Holden. « E tu.. » Manteni la calma. « ..scopri cos'è successo. »

    Le strade di Inverness hanno un aspetto funebre. Voci in lontananza segnalano che nonostante il silenzio persistente nell'aria, in lontananza la Città Santa si è già risvegliata da un po'. Qualche sguardo si allunga da alcune finestre in alto delle case presenti lungo le vie che stanno attraversando. Qualcuno chiede cosa è successo, qualcun altro non sa nemmeno come muoversi; le guardie cittadine si spostano in massa in direzioni ben precise, verso le porte della città e nei punti nevralgici della stessa. Inverness si è di certo svegliata molto prima del previsto, e nonostante le bancarelle pronte per la festa di quella stessa sera, tinte di bianco, come di bianco sono tinte tante decorazioni appese ai caseggiati, nessuno sembra fiatare. I mastri armaioli non sono alle proprie postazioni, non vi è sapore festante nell'aria, e persino il parroco della cattedrale non sa se sia il caso di suonare le campane per l'inizio di un nuovo giorno o meno. Tris si sposta con sicurezza lungo le strade, seppur non abbia la più pallida idea né di cosa sta accadendo, né di cosa farà. Trova il tempo per bussare alla porta accanto a casa sua. Se di sin eater si tratta, sicuramente il suo, saprà capirci qualcosa in più in merito di quanto non ne capisca lei. « Tris, non so se è una buona idea.. » Ma prima che l'avvertimento vada a segno, la giovane Morgenstern sta già bussando alla sua porta. Un Albus assonnato apre la porta con l'aria di chi non si aspettava certo di vedere gente sulla propria soglia. « Hai da fare? » Non che il giovane Potter avesse davvero una scelta. « Vestiti.. ci sono problemi nel villaggio dei sin eater. » Se fosse stata più saggia, Tris avrebbe chiesto maggiori informazioni su ciò che avrebbero visto. Ma si fidava; a Inverness, Tris si fidava ciecamente. Se doveva vederlo coi propri occhi, l'avrebbe visto coi suoi occhi, e avrebbe discusso anche poco in merito. Fino ad ora, ha avuto una sola sicurezza nella vita: Inverness non verrà mai toccata. Inverness non è mai stata sotto assedio. Inverness è sempre stata la nostra culla. E mai nulla è successo tra quelle mura. Quello era un terreno sacro; persino versare sangue immotivatamente era considerato offensivo, dissacrante. Quello era il luogo in cui il sole splendeva persino nei giorni più bui. E' stato palcoscenico di tanti lieti eventi, ed era il luogo che Tris si era impegnata a chiamare casa e a far chiamare casa a più persone possibili. Quello stesso quartiere, il villaggio dei Sin Eater, Tris lo aveva commissionato affinché i parabatai di ciascun lycan potessero avere un luogo in cui approdare assieme alle loro famiglie, vicino alle proprie rispettive anime gemelle. A discapito di quanto Holden l'avesse avvertita sul fatto che Inverness dovesse mantenere uno status quo, la giovane alfa aveva preferito aprire le porte di casa sua a chiunque avesse bisogno di aiuto. Perché è questo ciò che facciamo. Noi aiutiamo le persone. Noi siamo nati per arrivare là dove la giustizia fa acqua da tutte le parti.
    Eppure, quando giunse di fronte alla scena madre del massacro di quella notte, Tris non sarebbe mai stata pronta di affrontare quanto avrebbe visto. Miriam Boyle, giaceva sfinita di fronte a una delle tre gigantesche croci, erte al centro della piazza, piangendo il proprio Sin Eater, un ragazzo biondo, che poteva avere si e no la sua età. Wulfrich, appeso esanime sulla croce, era rimasto a Inverness dopo la Restaurazione, e a Inverness aveva dato un senso alla sua vita. Era un bravo ragazzo, tranquillo, discreto, sempre sorridente e curioso. Aveva iniziato a lavorare presso uno dei mastri armaioli della zona. Lui e Miriam erano inseparabili, tanto che, c'era chi dava per scontato che tra loro ci fosse di più. Alla stessa maniera in cui Maria piangeva suo figlio ai piedi della croce sul Golgota, così Miriam piangeva Wulfrich nella piazza principale del villaggio dei Sin Eater. La seconda al lato era un'altra ragazza, anche lei Sin Eater. Serena aveva perso il proprio lycan durante l'Upside Down, ma nonostante ciò, aveva deciso di restare a Inverness per rendergli onore, e seppur lavorasse al Ministero della Magia Tedesco già da parecchio, tornava ogni qual volta potesse, lì, perché Inverness ormai era casa sua. Ma la cosa peggiore, la minaccia, il messaggio ultimo, si scagliava sulla croce di mezzo. Edith Cornelia Brown, ormai abitante fissa di Inverness da giugno, giaceva ora esanime al centro della piazza, circondata da un mare di gente che per lo più non sapeva nemmeno chi fosse. L'ex Preside di Hogwarts, la donna che Tris e Sam avevano salvato nell'intento di sfuggire ai ricatti dello Shame, e che era rimasta per lungo tempo celata alla più vasta platea possibile, era ora niente più che un corpo freddo. Pietrificata, Tris tentò di fare mentalmente la conta di quante persone fossero a conoscenza della sua presenza nella Città Santa. Cinque, dieci, quindici? Qualcuno aveva parlato? Qualcuno l'aveva tradita? Chi è stato. Perché? Tanto era grande la paranoia di Tris in chiunque si trovasse al di fuori della cerchia del branco, quanto forte era la sua fiducia in chi ne facesse parte. Cambiare quella prospettiva, pensare che casa sua marcisse e si stesse rimangiando dall'interno era troppo da elaborare persino per lei.
    E quindi eccole: tre croci, erte al centro della piazza; tre salme dissacrate, spoglie, nude, vittime di numerosi tagli e tumefazioni, il cui petto e bocca sono stati divaricati per decorarli con mazzetti di aconito. Chiunque abbia una minima conoscenza del mondo del branco sa che il veleno derivante dall'aconito può giungere a diventare letale per un lycan. Tris per prima ne ha subito gli effetti: lo descriverebbe come un farsi bruciare il sistema circolatorio dall'interno. Beatrice stringe i denti, si volta verso il ragazzo che ha fatto loro strada, e gli parla a bassa voce. « Porta Miriam a casa. » Asserisce a voce bassa prima di farsi spazio nella folla. Da vicino, lo spettacolo è ancora più raccapricciante. C'è un odore dolce nell'aria, quasi nauseabondo. Le figure sono state fissate alle croci con grossi chiodi; sulle loro teste si erge una corona di spine mentre dai loro occhi chiusi, lungo le guance tumefatte, rivoli di sangue coagulato si sono incrostati sui loro volti. Chissà quali sofferenze hanno subito. E poi ci sono i due sin eater. Agli angoli delle loro bocche vi sono tracce di qualcosa di nero, nero come petrolio. E' un'immagine raccapricciate, degna di una scena tratta da un quadro biblico. « ..il terreno è stato sconsacrato.. » La voce di una degli anziani si erge piangente nella folla. « Questo è peccato mortale.. » Sospiri di terrore si levano attorno a lei, prima che Tris faccia un passo avanti. Non ha la più pallida idea di cosa fare. Non sa come spiegarsi ciò che è accaduto, tanto meno spiegarlo agli altri. Ma di una cosa è certa. Deve mantenere la calma. « Vi prego di calmarvi e di liberare la piazza. Non siamo di aiuto alcuno in queste condizioni. Le guardie si occuperanno di capire cosa è accaduto. » Sposta lo sguardo da un volto all'altro dando le spalle all'orrida scena del delitto. « Nel mentre Inverness è da considerarsi sotto assedio. Restate reperibili per eventuali accertamenti. Nessuno entra, nessuno esce senza una motivazione valida.. fino a nuovo ordine. » Continua mentre il tono di voce trema appena. Le fila dei più curiosi iniziano lentamente a rompersi. Qualcuno resta in disparte, qualcun altro invece, volge le spalle alla piazza principale del villaggio dei Sin Eater, mentre Tris volge nuovamente gli occhi alle tre croci. Bisogna sgomberare il campo, ma non prima di aver capito con cosa hanno a che fare. « Dobbiamo toglierli da lì.. » Asserisce volgendosi verso i pochi rimasti alle sue spalle. Si meritano degna una sepoltura, come se la meritano Gloria e Tom.



     
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    Holden Morgenstern era cambiato.. di nuovo. Stare al passo con i mutamenti del suo spirito stava diventando un'impresa difficile, ma era la prima volta che ciò avveniva per cause terze. Ed era, quest'ultimo, il cambiamento più subdolo a cui fosse andato incontro. Niente di palese e spontaneo, come quando da esuberante bambino era stato costretto a chiudersi a riccio in un'armatura di ghiaccio siberiano per sopravvivere alla propria fanciullezza tormentata, o come quando si era ritrovato finalmente libero dalle proprie catene e aveva potuto godersi la società civilizzata e il suo nuovo ruolo di professore alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Il nuovo Holden sembrava tale e quale a prima - in questo si celava la pericolosità del suo cambiamento - ma chi lo conosceva davvero bene, avrebbe potuto notare come alcune impercettibili sfumature del proprio carattere fossero state anestetizzate. Nessuno, prima dell'estate, l'aveva mai visto a Hogsmeade nell'intento di godersi una tranquilla e assolutamente normale gita fuori dal castello, figurarsi il fermarsi in locali peccaminosi e devianti quali il nuovo Suspiria, che di tanto in tanto il ragazzo aveva frequentato con grande divertimento; nulla di peccaminoso e deviante era realmente successo nella fenice risorta dalle ceneri del vecchio Pandemonium, solo qualche drink e una mano o due di poker, senza neppure puntare del denaro. Attività apparentemente normali di un giovane uomo normale che riscopre la libertà di essere molto più che un soldato di Dio. Non è bellissimo vivere in pace, senza alcuna guerra a cui pensare? Se a Hogsmeade era diventato più espansivo, a Inverness aveva iniziato a comportarsi in maniera diametralmente opposta: quasi non si vedeva più. Da che Holden era come uno spettro che vagheggiava su ogni muro di cinta e torrione, in ogni armeria e centro di addestramento, ad ogni portale d'ingresso e in ogni picchetto di guardia, alla costante ricerca di una falla nel sistema, da un bel giorno semplicemente aveva smesso. Che motivo c'è di essere così paranoici e opprimenti? Siamo in pace. Non c'è alcun bisogno di allarmarsi. Lui, che delle guardie era divenuto Comandante, aveva iniziato ad assentarsi alle riunioni dei vertici dell'esercito; la prima volta lo avevano aspettato per due ore intere prima di andare a cercarlo, perché Holden Morgenstern non si assenta mai, e l'avevano trovato nella propria dimora intento a leggere una vecchia enciclica. Nessuno osò dire niente, ancor più quando Tris aveva deciso di partire per gli Stati Uniti lasciando la città nelle mani dei suoi fidati collaboratori. Di nome, Inverness era stata amministrata da Holden.. ma di fatto, era suo nonno Sebastian a occuparsi di tutto. Holden, che pure aveva a cuore le sorti della propria casa, non sembrava più patologicamente ossessionato all'idea di mantenerla sempre attiva, sempre forte, sempre pronta. Quando arrivò il 31 Ottobre, in effetti, Inverness non era pronta. Dal momento in cui aveva aperto gli occhi, col cielo ancora scuro fuori dalla finestra, tutto si era susseguito come sempre: aveva dedicato una mezz'ora buona alle preghiere e alla meditazione, che da qualche mese era più superficiale e rilassata del solito, e aveva tirato fuori dall'armadio le proprie vesti. Bianche, per via della giornata di commemorazione divenuta oramai giornata di lutto nazionale: avrebbero ricordato i caduti di due anni prima, giovani guerrieri morti nel tentativo di ristabilire l'equilibrio. Ciò che erano nati per essere. Aveva perfino scritto a Derek Yaxley in persona, da patriarca ad interim, per informarlo della solenne festività e chiedere che i giovani maghi di Inverness potessero allontanarsi da Hogwarts per le celebrazioni che sarebbero durate fino al 2 Novembre. Era sceso a fare la sua quotidiana, frugale colazione, aveva scambiato qualche parola con suo nonno e infine l'urlo era giunto. Così forte da trapassare l'aria, squarciare il silenzio che regnava su una città che si stava risvegliando. Un urlo che fece rabbrividire tutti. Holden sarebbe dovuto scattare e uscire di casa prima ancora che il messaggero arrivasse a riferire ciò che era accaduto, ma il nuovo Holden si limitò a sospirare. Non è successo niente. Siamo in pace. « Urla prima che le commemorazioni inizino? Inusuale, davvero. » Gli occhi ambrati del cacciatore erano immersi nelle onde concentriche del proprio tè. « Ma comprensibile. Il dolore è grande, anche in tempo di pace. » Il dolore era grande e così la rabbia, la frustrazione. Il senso di vuoto. Per tutti i membri del Branco era stato così dall'estate precedente, quando il loro compito divino era stato adempiuto. Avevano vinto ma avevano perso così tanto. Anche Holden si era sentito perso e aveva riversato nel lavoro la propria smania di esistere per un qualche motivo. Ma mi è passata. Ora sto bene. Sono in pace. Fu il nonno, gelato di fronte alle considerazioni di Holden, ad accogliere il messaggero, che iniziò a spiegare la disastrosa situazione ma che riprendette da capo quando Beatrice si unì a loro. « ..Gloria e Tom erano di guardia a Fort Augustus. Non ce l'hanno fatta. Non sappiamo che cosa possa essere stato.. Tom.. è stato.. sfigurato. Gli altri non ricordano niente. » Tris lo guardò e Holden guardò lei, impassibile. Cose che succedono, quando facciamo la vita che facciamo. Quando seguiamo il sentiero predestinato. Non fingere di non aver visto cose peggiori di un lupo sfigurato. Pensieri di sommaria superficialità affollavano la mente di quello che, un tempo, era stato il più paranoico dei cacciatori. « E poi c'è la parte peggiore.. il villaggio dei sin eater. E' successo qualcosa lì.. Ma credo dobbiate vederlo con i vostri occhi. » Al contrario di Holden, il messaggero sembrava spaventato a morte e questo mise in allarme Tris. Ma non Holden, che si alzò con tutta calma dal tavolo. « ..scopri cos'è successo. » Afferrò il mantello bianco che aveva portato giù dalla propria camera e si avviò verso l'ingresso. « Vado subito ai quartieri dei Sin Eater. Chissà cos'hanno combinato quelli là che hai accolto il mese scorso. » Solo questo può essere successo, che i Jones abbiano fatto guai. Il resto è semplicemente fuori discussione. Siamo in pace.

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    In tempo di pace, tuttavia, sarebbe stato difficile spiegare perché tre persone fossero state inchiodate ad altrettante, mastodontiche croci. Holden sgranò gli occhi, stupefatto nel ritrovarsi di fronte alla più grande rappresentazione della Passione di Cristo che avrebbe potuto immaginare. Erano arrivati per primi, lui e Elijah Lightwood. Nipote del verme che mi ha venduto a Marchand. Ma formidabile guerriero e, soprattutto, molto più serio di suo nonno. Se c'era qualcuno che avrebbe potuto sapere qualcosa circa la sicurezza in città - salvo Holden - era lui. « Oh Signore.. » lo sentì mormorare, non si sarebbe mai potuto aspettare uno spettacolo simile. In fondo alla piazza, un capannello di persone erano chine intorno ad una donna svenuta, doveva essere lei che aveva urlato prima di capitolare sotto il peso dell'orrido spettacolo. E quindi non è una marachella dei Jones. I fratelli, poi, si trovavano ancora a Hogwarts da che sapesse. Si avvicinò lentamente a quello spettacolo raccapricciante: riconobbe i visi martoriati di Wulfrich, di Serena e, al centro, di Edith Cornelia Brown. Due Sin Eater e una ospite scomoda. Pensò istintivamente ad Alexandra, lontana in Canada. Al sicuro. Cos'avrebbe fatto se avesse trovato lei appesa ad una croce? E non solo. I loro corpi erano nudi e ricoperti di tagli ed escoriazioni, come se fossero stati legati e trascinati da un carro sulla terra di campagna; nelle loro bocche, aperte e ormai bloccate dall'incipiente rigor mortis, erano state posizionati dei fiori di Aconito. E lacrime di sangue, corone di spine e resti di peccato sulle labbra dei due sin eater. Holden si issò sulle punte per raggiungere le labbra di Serena e prendere con la punta del dito un po' di quella sostanza nero pece, oramai rappresa. Qualcuno ha confessato loro qualcosa, prima che morissero. Abbassò il viso, mentre nel petto il cuore pareva stringerglisi: aveva voglia di scalpitare, di lasciarsi andare ad accessi d'ira, di indignarsi. Il sangue innocente versato aveva per sempre contaminato la purezza della Città Santa, che non era stata macchiata neppure ai tempi della caduta del Concilio. Voleva.. ma non fece nulla. Qualcosa respingeva inesorabilmente indietro i propri impeti, lasciandolo inerme di fronte alle tre croci. Lucido sì, ma un po' troppo lucido. « Perché nessuno ha visto o sentito niente? Chi c'era di turno stanotte? » Si voltò verso Elijah, il quale ricambiò un'occhiata confusa. « Jeremy, Malakiah... e tu. » Holden si ritrovò ad alzare le spalle con disinvoltura, prima di iniziare a camminare verso un vicolo secondario oltre le croci. « Io sono sempre di guardia. » Spero tu non stia insinuando niente. « Cerchiamo Jeremy e Malakiah. » Arrivati alla fine del vicolo si divisero, per cercare ognuno una guardia. Cinque minuti dopo, Miriam sarebbe arrivata nella piazza per gettarsi ai piedi del suo Sin Eater. La casa di Jeremy Kemp distava quindici minuti, che Holden non si preoccupò di ridurre saltando di tetto in tetto come avrebbe fatto in altre occasioni. Jeremy aveva scoperto di essere un lycan due anni prima ed era giunto a Inverness dall'Essex, guidato dalla comunione mentale del Branco. A Inverness aveva deciso di rimanere, si era addestrato come meglio aveva potuto e infine era divenuto un soldato dell'esercito. Non aveva mai trovato il suo parabatai, era un lupo a metà. Capì immediatamente che qualcosa era accaduto a Jeremy quando trovò la porta della sua abitazione socchiusa. « Jeremy? Sono Holden. » Annunciarsi non servì a smorzare il silenzio tombale che regnava nella casa di Kemp. Ad un primo sguardo tutto sembrava assolutamente in ordine, se non fosse stato per quel lieve sentore di sangue nell'aria; se lo sentiva nelle narici. Sangue e Aconito. Dovette girare a vuoto per le varie stanze della casa, prima di percepire più distintamente il puzzo di fronte alla porta che conduceva in basso, alla cantina di cui tutte le case di Inverness eran fornite. Recuperò dallo stivale un pugnale e, con la bacchetta accesa dall'incanto Lumos nell'altra, scese nel buio. In fondo, se lo sentiva: nella cantina trovò il cadavere di Jeremy Kemp. Al centro della pozza d'acqua termale si ergeva una grossa trave, molto simile a quelle usate per formare le croci. Jeremy era stato legato ad essa, nudo, per mani e piedi e trafitto da numerose frecce che terminavano non con piume ma petali di fiore d'aconito, che avevano riempito del loro profumo tutto il sotterraneo chiuso. I due Sin Eater sono morti come Cristo in croce.. ma lui è morto come un martire. « San Sebastiano. » Soldato semplice dell'esercito latino. Morto perché testimone.

    « Ho trovato Malakiah... era... » La voce si smorzò nella gola di Elijah. I suoi occhi tradivano un terrore inaspettato, lo stesso che aveva visto in quelli del messaggero. Gli occhi di chi sa che Inverness non è più un luogo sicuro: lo era stato perfino contro il male puro della Loggia Nera, contro la devastazione e l'Apocalisse. Qualcuno era riuscito ad arrivare laddove nemmeno i demoni erano giunti. "Il banchetto ci aspetta." Non sapeva perché avesse pensato una cosa simile, come un'eco lontana o un deja-vu. Qualcosa che doveva aver sentito chissà dove. « Morto trafitto da frecce? » Elijah si ammutolì, prima di annuire. Nella mente del sottoposto, era palese, si stava manifestando l'idea che Holden Morgenstern potesse essere coinvolto; era in turno con loro, erano stati uccisi con delle frecce ed era decisamente troppo tranquillo. Perché non era spaventato? Perché non sembrava neppure minimamente preoccupato? Perché non dava in escandescenze, come in rare ma importanti occasioni gli avevano visto fare? Quando sono corso a salvare Tris, ero fuori di me. Ma erano altri tempi.. tempi bui. Ora siamo protetti, questo non è che un piccolo incidente di percorso. Risolveremo tutto. « Ho trovato Jeremy, morto nello stesso identico modo. Forza, torniamo velocemente alla piazza. Beatrice sarà già arrivata. » Dieci minuti dopo, Tris e Albus erano ai piedi della croce mentre il messaggero che aveva fatto loro visita, stava scortando via una Miriam devastata dalla morte di Ulfrich. Quanto alla folla, era decuplicata rispetto a prima, soprattutto il frangente degli anziani che gridavano al peccato, al sacrilegio. Lo stesso che avrebbe fatto Holden, in altri tempi. « Vi prego di calmarvi e di liberare la piazza. Non siamo di aiuto alcuno in queste condizioni. Le guardie si occuperanno di capire cosa è accaduto. Nel mentre Inverness è da considerarsi sotto assedio. Restate reperibili per eventuali accertamenti. Nessuno entra, nessuno esce senza una motivazione valida.. fino a nuovo ordine. » Che esagerazione. Facevi entrare letteralmente cani e porci fino a ieri e ora, per tre croci, siamo in stato d'assedio? Suvvia. Un velo opaco offuscava il giudizio e il raziocinio del maggiore dei Morgenstern, era una cappa pesante che teneva il suo spirito bloccato a terra. Tutto quel sangue, quel dolore, quella palese ritualistica.. nulla sapeva risvegliare il suo impeto violento. Holden Morgenstern era cambiato. Mentre Tris dava ordini intorno, il fratello le si affiancò, superati da Elijah che contribuì a portare a terra le salme. « Le guardie del turno notturno non hanno segnalato niente.. perché sono state le prime vittime. Uccise in modo altrettanto osceno. Jeremy e Malakiah sembravano due San Sebastiano. » Sapeva di non aver bisogno di descrivere altro, per rievocare nella mente di sua sorella l'iconografia. « Era pieno di aconito anche là. Su ogni freccia. Un messaggio che non lascia adito a dubbi. » I Sin Eater tenevano l'aconito tra le labbra, da cui sgorgavano i peccati che riuscivano ad epurare. Le guardie avevano ricevuto l'aconito con le frecce, perché da esso avrebbero trovato la morte. E poi c'è la preside. Alzò gli occhi verso il suo cadavere, nel momento in cui la stavano mettendo giù. « Due lupi. Due sin eater. Un ospite ingombrante. Se volessi colpire le fondamenta di Inverness, dentro e fuori le mura, partirei da loro. » Ma non lo farei mai. Siamo in pace. Va tutto bene.
     
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    Era cominciato dal giorno precedente. La mattina del 30 Ottobre Albus Potter si era svegliato con la pancia in subbuglio, gorgogliante. Appoggiati i piedi sul morbido scendiletto, si era allungato verso il comodino con gli occhi ancora mezzi chiusi dal sonno, portandosi alle labbra secche il bicchiere d'acqua che teneva sempre accanto a sé per la notte. Mandò giù diversi sorsi con rumori gutturali, alzandosi poi dal materasso per scendere in cucina, sciacquare velocemente il bicchiere e mettersi in bocca una mela. Fece per prendere il barattolo del caffè dalla dispensa, ma ripensandoci, lo mise subito a posto. Forse è meglio il tè, per la pancia. Aveva quindi aspettato di lasciarlo in infusione, finendo di mangiare la propria mela, prima di dirigersi verso il bagno, osservando la propria routine mattutina di scorrere i vari social seduto sulla tazza. Ed era convinto, Albus, che dopo quel momento cruciale, il suo stomaco si sarebbe sentito meglio di sicura. Una sicurezza, quella, che andò a crollare presto contro l'evidenza, dato che una volta uscito dal bagno nulla di quel malessere era davvero cambiato. Storse il naso, lasciando cadere una piccola fetta di limone nel tè. Stupido io che ieri sera ne ho mangiati due di peperoni ripieni. Forse era meglio se il bis lo facevo con la zucchina. Lo sai, Al, che il peperone ti irrita un po'. Bevve un sorso, inspirando a fondo il fumo della bevanda calda. Eh però è anche tanto buono. Poi come lo fa nonna.. Il suo stomaco gorgogliò rumorosamente, come se la sola idea di quel particolare vegetale lo facesse arrabbiare. Lo sguardo di Albus corse al calendario, sospirando. Dai che dopo oggi ci sta il ponte e non devo andare ad Azkaban fino a lunedì. Una magra consolazione, col senno del poi, anche perché quella fu una giornata da mettersi le mani tra i capelli per i tirocinanti della prigione. I dissennatori sembravano particolarmente irrequieti, cosa che i suoi colleghi gli avevano spiegato rozzamente come piuttosto normale a ridosso di Halloween. "Fai due più due, belli capelli. Lo sai da dove vengono quei cosi. Si sentono più vicini a casa." Parole, quelle, che lo avevano fatto rabbrividire mentre il suo sguardo grigio si posava nervoso sulle figure scure che svolazzavano freneticamente fuori dalla finestra. Per tutta la durata del suo turno aveva sempre tenuto d'occhio le poche vetrate disponibili, gettandovi di continuo lo sguardo con una certa ansietà, come se si aspettasse da un momento all'altro che qualcosa di tremendo dovesse accadere; ma alla fine, a parte qualche spiffero di freddo un po' più intenso o lo sbatacchiare improvviso su qualche finestra, non era successo nulla. Certo, però, timbrare il cartellino di uscita fu come togliersi dalla schiena un macigno.
    "Ci stanno ancora alcune verdure avanzate da tua nonna." aveva esordito prontamente Mun nel vederlo tirare fuori un pentolino dalla dispensa sotto i fornelli. In tutta risposta Albus si voltò, storcendo il naso e scuotendo appena il capo. "Mmh..mi sa che ieri mi hanno appesantito. E' da stamattina che ho il mal di stomaco. Io vado di minestrina." "-ttttina." andò a ripetere Lily, sbatacchiando i piedini sul seggiolone. Sorrise, Albus, sporgendosi col collo per guardare la propria bambina e sillabare a voce più alta. "Mi-ne-stri-na." "-TTTINA!!" ripeté ancora la piccola, strillandolo con gioia. "Vedremo quando proverai il cibo vero se ne sarai ancora così entusiasta." le rispose lui sull'orlo di una piccola risata, alzandosi in piedi per stamparle un piccolo bacio sulla nuca prima di mettersi a preparare quella cena decisamente poco appagante che lo aspettava. Una che, tra l'altro, non risolse nulla, dato che per tutta la notte non chiuse occhio in preda a dei dolori ancor più forti, ai quali adesso si era aggiunto uno strano senso di nausea e vertigini. Ogni mezz'ora si alzava per andare in bagno, rimanendo chinato con la testa sulla tazza del water sotto il senso di un vomito che, tuttavia, non uscì mai dalle sue labbra. A volte veniva attraversato da un conato a vuoto, ritrovandosi solo a sputare saliva senza alcun sollievo. E giunte le tre di notte, Albus ormai ci sperava con tutto se stesso di vomitare. Almeno sto di merda per cinque minuti e si chiude qui..mica sto Purgatorio! Mezz'ora dopo considerò anche l'opzione di cacciarsi due dita in gola, ma non riuscì ad arrivare oltre l'ugola che già se ne pentì, non trovando la volontà di andare oltre. Con un sospiro affranto e l'animo pesante di chi prevedeva già di essersi rovinato quel poco di ferie che aveva tanto atteso, il giovane Potter se ne tornò a letto, riuscendo dopo un lungo rigirarsi irrequieto tra le coperte a cadere in un sonno leggero. Un sonno che di riposo aveva ben poco, turbato com'era da quel dolore costante che sembrava farsi sempre più forte e da sogni astratti al limite del dormiveglia. Quando dunque udì un urlo squarciare la quiete dell'alba, pur destandosi di soprassalto, Albus sembrò quasi dare per scontato che fosse frutto della sua immaginazione, di quel rincorrersi di voci e immagini distanti che caratterizzano il sonno leggero e turbato dell'ammalato. Non si fece domande, non si guardò intorno, non scese dal letto; semplicemente si voltò dall'altro lato, scivolando velocemente nello stadio che aveva preceduto quel risveglio. E lì, almeno per un'oretta o poco più, il giovane riuscì finalmente ad addormentarsi per davvero, riposando sin quando il campanello di casa non produsse un lungo trillo continuato, portandolo a grugnire con un certo disappunto prima di calciare via le coperte, sbuffare e scendere ad aprire il portone. "Tris?" chiese interdetto, con la bocca ancora impastata e le palpebre mezze incollate tra loro. "Hai da fare?" Sollevò un sopracciglio, incredulo, storcendo le labbra in una smorfia indifferente prima di esordire con un certo sarcasmo "..no..?" quasi a sottolineare quanto fosse evidentemente inutile la propria opinione o scelta in merito. "Vestiti.. ci sono problemi nel villaggio dei sin eater." A quelle parole, il ragazzo si ritrovò ad aggrottare la fronte, annuendo appena senza tuttavia fare domande. D'altronde era cosa piuttosto nota che un Albus Potter appena sveglio prima del caffè era in grado di articolare sì e no pensieri non più che bisillabici. Quel mattino il caffè, purtroppo, non fu compreso nel pacchetto. Intimato a sveltirsi, il ragazzo si era limitato a sciacquarsi velocemente la faccia con dell'acqua fredda, infilandosi i vestiti del giorno prima lasciati sullo schienale della sedie nella sua stanza e scivolando via di casa rivolgendo a Mun quelle poche parole che Tris per prima aveva detto a lui.
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    Tutto si sarebbe aspettato, però, Albus, tranne la scena che si andò effettivamente a parare di fronte ai suoi occhi. Se durante la strada aveva cominciato a far girare le rotelle del suo cervello nel vedere Tris vestita di bianco, di certo le conclusioni che aveva potuto tirare da sé si erano avventurate non così al largo da poter prevedere la realtà che fu costretto ad affrontare con la scena cui si trovarono spettatori. La mano destra andò a pararsi velocemente, come per l'istinto, a coprirsi le labbra, mentre la sinistra corse alla pancia, come se fosse sul punto di vomitare. Tre gigantesche croci si stagliavano sulla piazza principale del villaggio, e ad esse erano inchiodate altrettante persone. Una donna e due sin eater, dalle cui bocche colava non ancora del tutto rappreso un a lui sin troppo noto liquido color petrolio. La scena fu così travolgente che gli ci volle qualche istante per realizzare l'identità della donna al centro, ricollegandola all'ex preside di Hogwarts data per scomparsa. Nell'affrontare quell'immagine, lo stomaco di Albus fece diverse capriole all'interno della sua pancia, contraendosi in dolorose fitte che lo obbligarono ad accartocciarsi su se stesso tanto dalla sofferenza quanto dal disgusto. "Vi prego di calmarvi e di liberare la piazza. Non siamo di aiuto alcuno in queste condizioni. Le guardie si occuperanno di capire cosa è accaduto. Nel mentre Inverness è da considerarsi sotto assedio. Restate reperibili per eventuali accertamenti. Nessuno entra, nessuno esce senza una motivazione valida.. fino a nuovo ordine." Tremavano, le mani di Albus, quando andarono a lasciare la presa sul proprio volto e sul proprio stomaco. Tremavano incontrollate, rese quasi trasparenti dallo shock di quell'immagine raccapricciante da cui sembrava non essere in grado di togliere lo sguardo, se non per rivolgerlo a Tris come in cerca di un appoggio solido in quella che sembrava una caduta libera. Quelle persone erano state letteralmente crocifisse: ammazzate e crocifisse, in piazza, con la bocca piena di aconito. Non si trattava di un omicidio a caso, di una colluttazione: era un messaggio per tutti loro. Non erano al sicuro. Ed era tanto più uno shock quanto più si pensava al fatto che quel luogo, Inverness, doveva essere a conti fatti il più sicuro e protetto di tutti. Quando Albus e Mun avevano scelto di vivere lì, lo avevano fatto perché sapevano che persino in tempo di guerra, roba del genere non sarebbe accaduta in quella città - la Città Santa. Quindi non è vero niente? "Dobbiamo toglierli da lì." lo sguardo corse alla sua parabatai, intenta a mantenere il sangue freddo in una situazione che aveva un altissimo potenziale di precipitare nel chaos. E mentre alcuni dei rimasti annuivano e si avvicinavano alle croci con obbedienza, Albus rimase lì al suo fianco, guardandola come se avesse appena visto uno spettro. "Come ci è arrivata qui la Brown?" chiese, laconico, in merito al fatto che nessuna parola fosse stata pronunciata da lei a riguardo. Nessuna domanda, nessuna sorpresa, nessuna curiosità. Una persona data per scomparsa e riapparsa crocefissa sotto casa tua solleverebbe un minimo di dubbio - si era detto Albus, che in quanto a ipotesi, in quel momento, brancolava nel buio. Solo la constatazione di ciò che era presente aveva innescato il domino, facendolo giungere ad un'unica conclusione: che la colpa sarebbe ricaduta su Inverness e tutti loro ne avrebbero pagato le conseguenze. E' troppo tardi per seppellirla e fare finta di niente. E' stata vista da troppe persone. I pensieri di Albus vorticavano freneticamente nella sua testa, rincorrendosi fino a creare un ammasso indistinguibile di parole e immagini senza capo ne' coda. "NON LI TOCCATE!" esordì infine, senza pensarci, buttandosi in avanti per fermare quelli di loro che erano in procinto di obbedire all'ordine di Tris. Gente che, per lo più, lo guardò malissimo, quasi ringhiandogli contro per quello scatto che aveva osato fare. D'altronde Albus non aveva alcuna autorità lì: era un ospite, aveva la fortuna di essere il parabatai dell'alpha, ma nulla di più. Il suo privilegio iniziava e finiva dove iniziava e finiva la persona di Tris, e un atto del genere poteva facilmente venir frainteso come uno scavalcare chi quel privilegio glielo aveva concesso in primo luogo. Quella, tuttavia, non era la sua intenzione, e come a volerlo far presente alzò le mani, ponendole di fronte a sé pacificamente. "Chiamiamo gli Auror." Ovvero: le parole che a Inverness possono farti finire crocifisso insieme agli altri. E infatti le proteste di alcuni non si fecero attendere. "LO SO..lo so..ma un'ex preside data per scomparsa ci è piombata qui, crocifissa. Tutta Inverness sarà messa sotto processo, a prescindere da ciò che facciamo." fece una pausa, respirando pesantemente "So bene che non è una cosa dignitosa per loro..ma dovremmo lasciarli così e chiamare gli Auror, rendendoci disponibili a collaborare nell'investigazione. Se li spostiamo potremmo compromettere l'indagine..o peggio." Lo sguardo corse nuovamente a Tris, questa volta con apprensione, come a cercare in lei un appoggio. E non era certo, Albus, che la sua parabatai fosse completamente pulita in quella situazione, ma questo non faceva altro che rafforzare in lui la convinzione che fare diversamente avrebbe aggravato il problema.




     
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    Edith Cornelia Brown, era una personalità di grande spessore e cultura. Tris e chiunque avesse avuto modo di godere della sua compagnia in quei mesi, erano giunti persino ad affezionarsi alla sua presenza. Non aveva accolto con grande entusiasmo la propria permanenza forzata a Inverness e inizialmente aveva persino tenuto a considerarsi prigioniera di uno stato estero; si era dimenata per parecchie settimane esigendo di essere messa in contatto con i suoi superiori e il suo avvocato, negandosi persino di tentare di intrattenere anche la minima conversazione con chiunque all'interno delle mura del maniero dei Morgenstern. Nemmeno Sebastian, così signorile e posato, così garbato e diplomatico, era riuscito a sfondare la dura scorza della Brown, la quale inveiva al complotto e chiedeva sempre che i suoi diritti venissero rispettati. Un atto di forza nei suoi confronti, era stato effettivamente esercitato. Le era stato negato qualunque contatto con l'esterno. Se una famiglia ce l'avesse, non l'ha mai detto, ma di certo se così fosse stato, i lycan non le avrebbero comunque permesso di mettercisi in contatto. Era troppo pericoloso. Dopo la terribile esperienza con lo Shame, Tris aveva compreso che non c'era quasi persona alcuna di cui potesse fidarsi in merito. Le uniche convinte eccezioni che si era permessa di fare convivevano sotto il suo tetto. Ad eccezione di poche persone scelte a Inverness, nemmeno i suoi stessi simili erano da considerarsi adatti a portare il peso di quella informazione. E non era solo per una questione relegata al suo desiderio di pararsi le chiappe, quanto anche a una questione della sicurezza degli stessi custodi di quel segreto. Ciascuno di loro aveva continuato a trascorrere un'esistenza pressoché normale, quasi come se, l'ex Preside non ci fosse; Tris era tornata a Londra, Holden era tornato a Hogwarts, le guardie avevano continuato a fare il loro lavoro e Sebastian Matthews aveva continuato ad amministrare la cita nelle veci della nipote, interpellandola solo per questioni di estrema importanza. Sebastian aveva concesso loro tempo e gentilezza, comprensione; aveva concesso loro molto più di quanto quei tempi crudeli sembravano voler donare specie ai due fratelli Morgenstern, così intrisi di responsabilità. Era stato dopo il suo rientro dal San Mungo che aveva finalmente avuto modo di scambiarsi con Edith. Era passato più di un mese dall'esperienza che aveva condiviso con Sam in prima battuta presso l'abitazione della Preside. Dopo il sabato degli orrori, Tris aveva riportato parecchie ferite. Era stata una prova difficile per lei, ulteriormente aggravata dal tempo trascorso tra le quattro mura nello spazio angusto in cui era stata materializzata tramite la passaporta. Aveva perso molto sangue, sufficiente da debilitarla per parecchi giorni. E' stato durante la convalescenza che aveva notato un certo cambiamento nel comportamento della signora Brown. Cenava spesso in compagnia di suo nonno, e a volte si fermavano nel suo studio a parlare per ore dei più disparati argomenti: filosofia, arte, religione. Sembravano sviscerare di continuo nuovi argomenti in cui non sembravano trovarsi mai d'accordo, ma nei quali, utilizzavano decisamente sin troppo fair play e amore per la dialettica per mortificarsi davvero per le oppinioni contrarie dell'altro. Forse è così che succede quando si invecchia; gli stessi battibecchi diventano davvero occasione di un arricchirsi continuo. Durante la cena di una di quelle sere, suo nonno non era riuscito a presentarsi e così Tris era rimasta da sola, a masticare in silenzio a capo chino. « Ha una famiglia decisamente interessante signorina Morgenstern. » Beatrice non ribatte. Ora ha improvvisamente voglia di parlare. Forse ha finalmente fatto pace con la sua condizione. O forse ha capito. Di certo la Brown è di buon umore quella sera. « Mi dispiace per quello che le è successo. » Una parte di lei vorrebbe dirle che è tutta colpa sua. Lo vedi? Vedi cosa mi hai costretto a fare? Ho dovuto salvarti la pelle, e in cambio sono quasi morta io. Mi hanno minacciata, umiliata e abbandonata in mezzo a una strada come un fottuto cane randagio. E tu non mi sei nemmeno di alcun cazzo di aiuto. Ti ho portata qui perché si suppone che tu debba essere importante, e invece non servi a nulla. Sei inutile.. (inutile).. riecheggia una vocina nella sua testa.. inutile come sono inutile io.. « Ho visto di peggio. » « Lo so. » Asserisce con un sorriso di intesa che a dirla tutta Tris non comprende del tutto. « Sarebbe la prima.. a saperlo.. intendo. La gente tende a scordarsi un sacco di cose di questi tempi. » Asserisce sarcastica, tornando ad abbassare lo sguardo nel proprio piatto. « Il comandante Matthews mi ha raccontato ciò che è accaduto. » E' lei ad aprire il discorso, nonostante sia chiaro che Beatrice non abbia minimamente voglia di parlare. D'altronde la Brown si è sempre rifiutata di parlare con lei. Cos'è cambiato? « Ciò che lei e i suoi colleghi avete subito non può restare impunito. » Capitan ovvio. Tris abbandona la forchetta alla sua sinistra, e la osserva con un che di scettico. « E' davvero infelice ciò che sta dicendo visto che la sua presenza mi impedisce di aprire bocca. » Dritta per dritta, con una sincerità chirurgica. « Perché pensa che lo Shame ha chiesto a lei di.. terminarmi. » « Mi sembra ovvio, ho dei precedenti. Se lei morisse e ci fossero prove della mia presenza sulla scena del delitto sarei la sospettata numero uno. » « Edmund.. » Asserisce lei e Tris annuisce. « ..ho appreso con grande tristezza della sua morte. » Tristezza? Tris si ritira appena, ma prima di partire all'attacco, Edith Brown la interrompe. « Era un mio pupillo. Un ragazzo così promettente. In molti sono stati nostri pupilli. La conoscenza ha vie misteriose.. alcuni di loro hanno perso la propria strada. » « Lei.. lei ha creato quel mostro? » No. Edith Brown non ha creato quel mostro. E non creò nemmeno il mostro che divenne Norwena Zabini; non fu l'artefice di molte delle loro malefatte. Prima di essere Preside di Hogwarts, la Brown era una letterata e intellettuale, intrisa della fame di conoscenza. Radunò attorno a sé, assieme ad altri, un vero e proprio circolo di intellettuali, atto a creare le nuove menti del mondo magico. Dopo la sconfitta dell'impero di Tom Riddle, in molti speravano in un futuro migliore; in molti credevano che il male creato avrebbe dato origine a una nuova classe dirigente migliore. In quella stessa cerchia rientravano molti nomi noti, alcuni tra i pupilli, altri tra i maestri. Quella sera Edith Brown fece molti nomi; Flamel, Sanders, Carrow, Gaunt, Rookwood, Zabini e molti altri - generazioni diverse a confronto unite per risollevare il mondo dalle sue fondamenta. In quell'occasione Edith Brown le raccontò che in lizza come Preside ai tempi di Edmund c'era anche lei. « Fu un colpo impressionante. L'alunno che supera la maestra. Ma non mi dispiacque. Quei giovani sembravano avere tutti gli strumenti adatti per tenere insieme il Mondo Magico. Mi fidavo delle loro capacità. Mi sono sbagliata. Ci siamo sbagliati tutti.. » Molte furono le informazioni da metabolizzare in quell'occasione. Dal gruppo di amici formato già ai tempi della scuola che si riuniva a cadenza settimanale presso i loro mentori e fino al momento della ribalta. Il momento in cui Norwena scelse Edmund al posto della maestra. Il disgregarsi del gruppo, il voltarsi le spalle l'un l'altro nel corso degli anni, il distacco che lentamente sempre più membri ebbero prima ancora che la guerra contro i babbani iniziasse. Quella che Edith Brown le stava rivelando era solo la punta dell'iceberg; un meccanismo complesso che aveva avuto inizio prima ancora che lei nascesse. Quando quei mostri avevano pressoché la mia età. « Perché? ..perché li reclutavate? » Una domanda più che lecita. « Perché voi.. chi siete voi? » La Brown si stringe nelle spalle. « Non l'ho mai saputo chi ci finanziava. I soldi arrivavano e noi.. studiavamo. Davano la possibilità a così tante menti di avere il privilegio di giungere a livelli sconfinati. » « Quelle menti hanno aperto le logge. » « Non erano tutti uguali. Noi.. noi non eravamo tutti uguali. » Ed è così che è nata la Alias. Nella speranza che, a contatto con la gente, prima o poi le informazioni giuste sarebbero giunte nelle sue mani. Non è mai successo. E ora, anche quelle poche informazioni che Edith Brown sembrava essere pronta a spargersi dietro, erano cessate.

    « Le guardie del turno notturno non hanno segnalato niente.. perché sono state le prime vittime. Uccise in modo altrettanto osceno. Jeremy e Malakiah sembravano due San Sebastiano. » Lo sguardo di Tris, come incantato si ergeva ancora sulla figura di Edith Brown e dei due Sin Eater, ricordando tutte quelle scollegate conversazioni avute con la protagonista di mezzo della scena del crimine. Perché non ho approfondito? Perché non ho fatto più domande? La verità è che Tris ha pensato che avrebbe avuto più tempo. Pensava che lentamente avrebbe scosso la scorza della signora Brown fino a giungere alla fonte del problema. Ovvero, chi si celava dietro il volto dello Shame. Perché la volevano morta? Perché alla fine l'hanno ammazzata. « Era pieno di aconito anche là. Su ogni freccia. Un messaggio che non lascia adito a dubbi. » Poteva esserci davvero qualcuno dentro Inverness in grado di simili atrocità? Tris si guardo attorno prima di riportare gli occhi sul volto del fratello. « E nessuno ha visto niente? Nessuno ha sentito? Nessuno sa niente? » Come cazzo è possibile che siamo nella fortezza più sicura al mondo e nessuno sa assolutamente niente quando un mucchio di persone vengono letteralmente uccise a colpi di frecce e chiodi punti nei palmi. « Devi fare di meglio. » Continua, osservandolo con uno sguardo colmo di emergenza. Tris lo esige; non c'è persona dentro a Inverness verso le quali le guardie abbiano maggiore lealtà di Holden. La sorella gli ha lasciato pieno potere proprio perché era certa che avrebbe gestito quell'aspetto della città con più maestria di lei. Il maggiore dei Morgenstern era certamente più intransigente, meno flessibile e più pronto a rispettare la legge alla lettera, così come soprattutto i pieni di sicurezza della città. « E' impossibile che in una città in cui intercettiamo anche il volo di una mosca, nessuno ha visto niente di strano. » Ma Inverness era grande; Tris lo sapeva. Si sorreggeva anche e soprattutto su un moto di autogestione perfetta degli spazi e delle leggi. Inverness funzionava non perché veniva amministrata con il pugno di ferro, bensì perché, la maggior parte dei suoi abitanti rispettavano e facevano rispettare le regole che tutti si erano dati di comune accordo. Non erano nemmeno regole; era un codice insito nel portamento e nelle abitudini della maggior parte degli abitanti. « Come ci è arrivata qui la Brown? » La domanda del giovane Potter giunse alle orecchie della Morgenstern come una doccia fredda. Tris osservò prima il fratello palesemente in difficoltà, e poi il suo parabatai. « Non è mai andata via da qui, Al. » Asserisce volgendo nuovamente lo sguardo verso la figura dell'anziana. Vorrebbe distogliere lo sguardo. E' così denigrante finire così; morire così. Forse non era la persona più pulita sulla faccia della terra, ma nessuno si merita una tale umiliazione alla fine dei suoi giorni. « Due lupi. Due sin eater. Un ospite ingombrante. Se volessi colpire le fondamenta di Inverness, dentro e fuori le mura, partirei da loro. » E quella è la risposta definitiva al quesito di Albus: Edith Brown non era arrivata così a Inverness. Era un ospite; uno indesiderato a detta di Holden. Beatrice annuisce; entrambi stanno pensando la stessa cosa. Non c'è dubbio su quanto sta accadendo. Qualcuno sta cercando di scuoterli dalle fondamenta, e ci sono riusciti centrando anche l'obiettivo principale dello Shame sin dal principio. Uccidere Edith Brown. Alcune guardie si apprestano a dirigersi verso le croci, ma prima che possano iniziare il lavoro, è proprio Albus a intervenire. « Chiamiamo gli Auror. LO SO..lo so..ma un'ex preside data per scomparsa ci è piombata qui, crocifissa. Tutta Inverness sarà messa sotto processo, a prescindere da ciò che facciamo. So bene che non è una cosa dignitosa per loro..ma dovremmo lasciarli così e chiamare gli Auror, rendendoci disponibili a collaborare nell'investigazione. Se li spostiamo potremmo compromettere l'indagine..o peggio. » « A casa nostra, gli Auror non hanno alcuna autorità, pivello. » Bryan osserva Albus con uno sguardo sbeffeggiante. Ad aggiungersi e Karen che le arriva vicino, sufficientemente da potergli sussurrare qualcosa all'orecchio. « Se ti facessi male, Potter, i tuoi Auror qui non potrebbero fare niente. » Sussurra al suo orecchio in tono sibillino, prima che Tris la incenerisca con lo sguardo scuotendo la testa. Prima che possa rispondere ad Albus, una delle guardie si avvicina a loro, sussurrando poche parole distinte tra loro, in direzione di Holden. « Troppo tardi. C'è una squadra alle porte che chiede di entrare in città. » Tris alza gli occhi al cielo, scocca la lingua contro il palato e sospira. Qualcuno ha già cantato. Stringe i denti dominata da un improvviso nervosismo cronico e si rivolge direttamente a Holden e alla guardia.
    « Nessuno entra. Nessuno esce. Sono stata chiara? » Non ammette alcuna discussione. Quella è un'imposizione; un ordine esalato con l'autorità di cui è stata investita. Non ha la più pallida idea di cosa fare, di come muoversi, di come contenere i danni, ma sa che un branco di ficcanaso che potrebbero portare avanti la voce degli omicidi dentro Inverness è l'ultima delle cose di cui ha bisogno in quel momento. « Gli Auror sono stati piuttosto chiari sulla loro posizione quando hanno deciso di rintanarci nei loro archivi polverosi.. o ad Azkaban. » E nel dire quelle parole si rivolge direttamente ad Albus. « Evidentemente siamo troppo acerbi per i loro sofisticati metodi di brancolare nel buio. » Pausa. « Questo è un matriarcato. Se vogliono entrare dovranno sfondare le porte di casa mia con la forza. » E questo sì che è un caso diplomatico ufficiale. Fino a prova contraria, gli Auror non hanno niente di materiale per varcare per buona ragione i confini di uno stato estero - a meno che non vogliono invaderlo. Dichiarare guerra. « Restituite dignità ai corpi di tutti i caduti. Per il resto, alla squadra là fuori, dite che Inverness è in raccoglimento spirituale. Non voglio veder volare un solo messaggio fuori dalla città. Tagliate ogni ponte fino a nuovo ordine. Se qualcuno canta, verrete ritenuti direttamente responsabili. » Dicendo ciò si rivolse infine a suo fratello e al suo parabatai. Se del primo si fidava ciecamente per diritto di nascita, del secondo doveva fidarsi necessariamente per un diritto se possibile ancora superiore. Tris li avrebbe protetti ad ogni costo, aveva tentato di farlo già in passato con ogni mezzo, e sperava che per loro sarebbe stato altrimenti. Non c'erano altre persone, oltre a Sebastian Matthews, su cui poteva fare affidamento in quel momento all'interno di Inverness al di fuori di loro - specie se, qualcosa aveva già fatto insospettire il Corpo Auror. « Questa è solo la punta dell'iceberg. Seguitemi. »

    Poche persone sono riunite attorno al pensatoio del centro di comando nei sotterranei della città. Un gruppo di persone fidate. Suo fratello, suo nonno, il suo parabatai, e pochi altri. Esponenti di famiglie importanti che avevano prestato giuramento alla famiglia anche dopo lo scatto del branco e che nel corso del tempo si erano dimostrati più fedeli a ciò che loro stavano costruendo più che a un'antica idea del Credo. Tris rigettò nelle acque chiare della bacinella i ricordi delle sue conversazioni con Edith Brown, spiegando loro l'esatta dinamica in cui si erano svolte le vicissitudini che l'avevano portata a Inverness. Lo Shame, l'Ardemonio che aveva dato alle fiamme il maniero della Brown, ciò che si era succeduto nei mesi a venire sotto il loro naso, la vendetta di quel meccanismo malato che aveva saputo per tutto quel tempo che la Preside non era affatto morta, ma si trovava da qualche parte assieme a Tris. « Sapeva qualcosa; era invischiata in qualcosa.. » Asserisce ad un certo punto prima di lasciarli a quel susseguirsi di immagini. « ..purtroppo non ha mai avuto modo di spiegarmi per quale motivo qualcuno volesse così fortemente la sua morte. Però qui ci sono nomi, cognomi, avvenimenti.. » Pausa. « E il motivo per cui non mi fido degli Auror, è che non tutti questi nomi sono stati.. neutralizzati. » Scuote la testa mentre il suo sguardo si perde nel nulla. Non so di chi fidarmi. Non so chi tra di loro era dalla sua parte e chi invece aveva interesse nel saperla.. dormiente. Per sempre, eventualmente. Lasciò che i presenti si gustassero quelle conversazioni. A volte erano interrotte e confuse; Tris non le aveva mai estratte dalla sua mente, e ora, si rendeva conto che, tenersele tutte per sé era stato un errore madornale. La mente umana non è fatta per immagazzinare tutto indistintamente. Tuttavia quando i presenti ebbero finito, Tris li guardò ad uno ad uno. « Ciò che sapete adesso, non può essere riposto nelle mani di nessuno di noi. Nessuno di coloro che si trova tra queste mura è in grado di tacere. » Guardò Albus, come se volesse tentare di leggergli dentro. Scommetto che ti fidi davvero di quella gente. Ma loro si fidano di te? Si fiderebbero di noi? Ti hanno mai dimostrato davvero qualcosa? « Vi ho fatto vedere tutto ciò che ho perché.. sono pulita.. io non ho fatto niente. Non potevo lasciarla morire. » Ho fatto il mio dovere. E ora, ho bisogno della vostra fiducia. Ho bisogno del vostro supporto. « Ma non sappiamo cosa succederà domani. » E a quel punto ecco l'unica soluzione utile che aveva avuto modo di maturare durante la visione dei ricordi da parte degli altri. Tris si rese conto, osservando ciascuno di loro, che non si potevano fidare nemmeno tra di loro con simili segreti. Nessuno avrebbe dovuto fidarsi nemmeno di lei con quelle informazioni. E' bastato che mi dicessero che Percy è morto perché io impazzissi. Siamo labili.. siamo esseri umani. Basta così poco perché qualcuno di noi crolli. « Ci serve un custode segreto. Qualcuno che non è qui, che non si trova tra queste mura e che risulterà insospettabile. » Ma dobbiamo anche fidarci di lui. « Finché non capiamo di chi possiamo effettivamente fidarci dentro il Ministero, nessuno è pulito. Qui stiamo parlando della stessa cricca di Edmund Kingsley.. » E' più grande di quanto pensassimo. E potrebbe non essere finita.




     
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    « E nessuno ha visto niente? Nessuno ha sentito? Nessuno sa niente? » Tu vedi testimoni? Sentiva l'urgenza nella voce della sorella e una parte di sé riusciva a capirla, arrivava persino a farla propria.. ma proprio sul più bello, al nascere di un sentimento eguale, l'urgenza veniva offuscava come una fiamma privata dell'ossigeno. Rimaneva allora ad osservare con distaccata freddezza il dipanarsi degli eventi di fronte a loro. « Devi fare di meglio. » Abbassò gli occhi verso Tris. Come, prego? « E' impossibile che in una città in cui intercettiamo anche il volo di una mosca, nessuno ha visto niente di strano. » E tu dov'eri mentre tutto questo accadeva? Ho l'imbarazzo della scelta. Trafficavi sui social o progettavi le vacanze invernali? Un altro mese lontano dalle responsabilità mentre noialtri vigiliamo. Del fiume di pensieri che trafficò la mente manipolata di Holden , non uno raggiunse debitamente le labbra; da esse uscì solo un lungo sospiro spazientito. « Calmati, Beatrice. » Ironico, se detto dall'unica persona che in circostanze simili, in tempi non sospetti, avrebbe fatto tutto fuorché calmarsi. Avrebbe messo a ferro e fuoco Inverness e giustiziato in pubblica piazza gli autori di tale sacrilegio. Avrebbe chiamato a raccolta i più pii tra i loro monaci perché non perdessero tempo e attuassero ogni rito purificatore che conoscevano, così da benedire di nuovo la Città ormai non più Santa. Avrebbe sfruttato una tale pericolosa sciagura per impugnare la causa della chiusura e cacciare via gli stranieri, compreso quello sciocco inglese di un Sin Eater. Si voltò verso Albus quando lo sentì pronunciare le tre parole magiche: « Chiamiamo gli Auror. » Serrò la mandibola, visibilmente stizzito. « LO SO.. lo so.. ma un'ex preside data per scomparsa ci è piombata qui, crocifissa. Tutta Inverness sarà messa sotto processo, a prescindere da ciò che facciamo. So bene che non è una cosa dignitosa per loro..ma dovremmo lasciarli così e chiamare gli Auror, rendendoci disponibili a collaborare nell'investigazione. Se li spostiamo potremmo compromettere l'indagine..o peggio. » Alcuni lupi, al solo sentire l'idea folle del Sin Eater, presero a sbeffeggiarlo; Holden, d'altro canto, gli si piantò di fronte. « Ingrato, dunque, oltre che ignorante. Non sono gli auror ad aver protetto te e la tua famiglia. » Scoccò un'occhiata a Tris - solo la Matriarca avrebbe potuto prendere decisioni in merito - ma l'espressione di Holden quella di uno che stavolta non avrebbe ammesso repliche. Siamo in pace e tutto va bene, questa situazione è gestibile. Ma questo non significa che accetterò le farneticazioni di un forestiero. « Noi vi abbiamo protetto, l'esercito di Inverness. Io vi ho protetto. » Se non ti sta bene, conoscete la strada per i cancelli della città. Tornò a guardare sua sorella. « Inverness non è indipendente solo all'occorrenza. » e, con le braccia strette al petto, tacque. Era perfettamente consapevole che sua sorella faceva parte, come recluta, del corpo Auror e in quanto tale avrebbe dovuto esserne fedele.. ma lei doveva essere consapevole di essere la regina di uno stato estero. Poteva giocare a guardia e ladri quanto più le piacesse ma, se doveva scegliere tra Inverness e qualunque altra cosa, il bene della città sarebbe dovuto venire prima. Per Holden, il bene della città era evitare che il suolo consacrato venisse macchiato ancora di più. Su quel frangente, Tris sembrava pensarla allo stesso modo: « Nessuno entra. Nessuno esce. Sono stata chiara? » Holden annuì e si separò momentaneamente da Tris e Albus per avvicinarsi a Elijah Lightwood, che insieme agli altri aiutanti aveva smesso di trafficare coi corpi per paura che la Matriarca seguisse il consiglio del suo parabatai. « Porta questo messaggio ai vertici: fino a contrordine della Matriarca, Inverness è in isolamento. Sbarrate ogni ingresso alla città. In ogni cancello voglio un minimo di tre guardie, cinque nel cancello principale. Tenete sott'occhio la squadra di Auror: se tentano di farsi strada, non rispondete all'attacco ma fate immediatamente rapporto. La ronda nelle mura deve essere rafforzata di una unità. Voglio inoltre che tu e Tobias Fairchild organizziate dei gruppi, anche di volontari, per setacciare la città. Hai visto cos'hanno fatto qui e agli altri: cercate altre prove. La Matriarca lo comanda. » Lightwood si scostò immediatamente dalla croce di destra e sparì nella strada che portava verso est, diretto al Venatorium, la "Sala della Caccia" dove il comandante e gli alti funzionari dell'esercito di Inverness erano soliti riunirsi per fare il punto sulle missioni in corso, sulle cacce da intraprendere e sull'arte marziale in senso assoluto. Dalla Sala avrebbe potuto facilmente raggiungere gli Ufficiali di alto rango, tramite una serie di falchi addestrati che recavano le convocazioni ufficiali. Holden ritornò dagli altri proprio mentre sua sorella dava ordine ai restanti presenti di procedere col trattamento delle salme, a cui si erano aggiunte anche quelle delle due guardie uccide nella loro stessa casa. « Questa è solo la punta dell'iceberg. Seguitemi. » Di certo lo era e anche Holden l'avrebbe scoperto, quando Tris mostrò loro una serie di ricordi che fino a quel momento si era tenuta per sé. Chiamarlo iceberg era un eufemismo, c'era un intero mondo dietro alla misteriosa apparizione di Edith Cornelia Brown a Inverness: Holden non aveva mai approfondito la vicenda, perché tale era da sempre il suo modus operandi. Aveva completa fiducia in Tris e per lei era stato disposto ad omettere una verità tanto grande a chiunque, perfino a Derex Yaxley che aveva succeduto alla Brown. Perfino a Percy Watson, quella sera in cui.. non ricordava esattamente cosa fosse accaduto, qualcosa di poco importante e assolutamente trascurabile, ma ricordava che anche con lui aveva protetto Tris. Gli aveva chiesto di avere fiducia in lei.. e poi.. Una fitta alla testa gli impedì di ricordare ulteriormente. Che sciocchezza sforzarsi tanto per ricordare una serata tanto banale. Meglio concentrarsi sui problemi reali. « Sapeva qualcosa; era invischiata in qualcosa.. purtroppo non ha mai avuto modo di spiegarmi per quale motivo qualcuno volesse così fortemente la sua morte. Però qui ci sono nomi, cognomi, avvenimenti.. » Holden non stentava a crederci, la Brown era stata una strega a dir poco straordinaria. Era stata lei ad assumerlo come insegnante a Hogwarts: era stata la prima in quello strambo mondo "civilizzato" a vedere qualcosa in lui oltre il freddo cacciatore calcolatore. Gli aveva dato fiducia e per sempre gliene sarebbe stato grato. Nei ricordi di Tris, Holden aveva potuto notare che la Brown era stata vicina a nomi che, nel corso dei mesi, aveva imparato a conoscere. Kingsley era il vecchio preside di Hogwarts; Carrow un vecchio uomo potente, presumibilmente parente della consorte di Albus Potter. Zabini era stata ministro e dittatrice, Flamel l'aveva sostituita come attuale ministro della magia e Sanders il primario dell'Ospedale San Mungo. Gaunt era appena salito ai massimi vertici della prigione di Azkaban e Rookwood.. non l'aveva mai sentito ma ci avrebbe giurato, era qualcuno di altrettanto influente. Anche qualcuno di assolutamente fuori dai giri come Holden conosceva, per sentito dire, ognuno di loro e avrebbe facilmente fatto due più due: se la Brown conosceva ognuno dei massimi vertici del sistema magico ed era morta.. evidentemente era scomoda a qualcuno. Forse arrivò addirittura a pensarlo.. ma il pensiero volò improvvisamente altrove. Non è importante. Sono certo che non è importante. E' una mera coincidenza. Va tutto bene. « Ci serve un custode segreto. Qualcuno che non è qui, che non si trova tra queste mura e che risulterà insospettabile. Finché non capiamo di chi possiamo effettivamente fidarci dentro il Ministero, nessuno è pulito. Qui stiamo parlando della stessa cricca di Edmund Kingsley.. » Era una scelta saggia e avrebbe incontrato certamente il favore di Holden ma, chissà perché, lo stesso Holden si ritrovò a scuotere la testa. Con le mani posate sul piano su cui si trovava il pensatoio, fissò i grandi occhi d'ambra su Beatrice dopo aver dato un'occhiata ai presenti. « Non voglio contraddirti ma.. pensi davvero sia la soluzione migliore? Excusatio non petita, accusatio manifesta. Sei pulita e non hai fatto niente. Devi renderne conto a qualcuno? Io credo di no. » L'ultimo riflesso del viso di Edith Brown svanì dalla superficie liquida del pensatoio. Quali segreti nascondeva l'ex preside di Hogwarts? « Edith Brown era invischiata in qualcosa che sappiamo ha a che vedere con molti personaggi a noi noti. Ma credo non sarebbe sciocco.. starne fuori. » Non c'è nessuna guerra che dobbiamo combattere. Non c'è nessun nemico che dobbiamo sconfiggere. Siamo arrivati esattamente dove volevamo arrivare. « Abbiamo già dato quello che dovevamo, Tris. Abbiamo combattuto la nostra battaglia, seguito la nostra vocazione. E' finita. » Qualcosa che Holden non avrebbe mai pensato, perché la battaglia di un Cacciatore finisce solo con la morte. Ma da qualche tempo a questa parte, era confortante pensare che il male fosse passato. « Rendiamo gli onori alle vittime, commemoriamo i caduti per i quali oggi ci vestiamo di bianco. Continuiamo a cercare la falla che ha permesso che questo scempio accadesse. Purifichiamo la terra.. e basta. » Si ritrovò a guardare Albus, che a gran voce aveva invocato l'ausilio degli auror. « Non mi sembra che finora gli auror si siano stremati per cercare Mrs Brown, dopotutto. Ce ne possiamo occupare noi. »
     
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    "Ingrato, dunque, oltre che ignorante. Non sono gli auror ad aver protetto te e la tua famiglia. Noi vi abbiamo protetto, l'esercito di Inverness. Io vi ho protetto." Volse lo sguardo verso Holden, scattando col collo come una vipera a quelle parole. Se nei confronti di Inverness Albus era sempre stato leale, la medesima lealtà l'aveva avuta anche nei confronti degli Auror, convinto che le cose non si escludessero a vicenda se vi era la volontà di farlo. Il giovane Potter non era mai stato il tipo di persona che credeva nello stato o nei suoi apparati - anzi, per lo più se ne sentiva distante, specialmente se se ne parlava in maniera astratta. Gli Auror non significavano qualcosa per lui in quanto Auror, così come Inverness e la sua organizzazione non gli ispiravano un senso di appartenenza patriottico. Erano le persone, quelle a cui Albus dava la sua fiducia. E negli Auror ci si trovavano tanto suo padre quanto suo zio, insieme a molte altre persone con cui avevano combattuto fianco a fianco durante la guerra. "Inverness non è indipendente solo all'occorrenza." E al sentire le parole del maggiore dei Morgenstern, il senso polemico del ragazzo andò immediatamente ad emergere, noncurante di chi fosse o del rango che potesse ricoprire. La mattina ti siedi sulla tazza del cesso come tutti noi, Holden, non te lo dimenticare. "Però all'occorrenza ha anche giurato fedeltà all'Inquisizione, se non sbaglio. Poco prima che il corpo Auror venisse bandito, no? Quindi sì, Holden, tecnicamente" virgolettò con le dita, irritato, sarcastico e paternalistico "- il Corpo Auror" virgolettò ancora "- non ci ha protetti, ma la gente che vi apparteneva lo ha fatto alla stregua di chiunque altro qui dentro, e merita la stessa dignità e considerazione." Scosse il capo, visibilmente alterato dalle affermazioni del cacciatore. Si umettò le labbra, avvicinandosi di un passo a Holden, col mento alto e un indice alzato di fronte al viso. "A messa la domenica non ci sono mai andato, ma lo so pure io che la gente in casa, specialmente in tempo di guerra, la si accoglie per dovere morale - non per averla debitrice. Nel caso contrario, di santo ci sta solo il pezzo di terra." Disse quelle parole senza alcun tentennamento, senza abbassare lo sguardo se non per rivolgerlo agli altri cacciatori in un secondo momento, prima di ritrarsi, affondare le mani nelle tasce e volgere un cenno a Tris, come a interrogarla sul da farsi. Sapeva che in ogni caso non avrebbe potuto far nulla per cambiare le loro opinioni, ma ciò non significava farsele calare sopra come una mannaia, accettandole passivamente per quel debito di guerra che - ne era certo - nessuno avrebbe mai smesso di rinfacciargli. Un conto era la gratitudine, un altro era l'asservimento. "Nessuno entra. Nessuno esce. Sono stata chiara? Gli Auror sono stati piuttosto chiari sulla loro posizione quando hanno deciso di rintanarci nei loro archivi polverosi.. o ad Azkaban." Scosse il capo, in silenzio, sebbene ne avesse tante da dire a riguardo, a partire dal fatto che gli Auror non c'entravano nulla col fatto che lui al momento stesse svolgendo il suo tirocinio alla prigione. Anche perché se così fosse, io sarei stato messo al QGA come il primo dei raccomandati. "Evidentemente siamo troppo acerbi per i loro sofisticati metodi di brancolare nel buio. Questo è un matriarcato. Se vogliono entrare dovranno sfondare le porte di casa mia con la forza. Restituite dignità ai corpi di tutti i caduti. Per il resto, alla squadra là fuori, dite che Inverness è in raccoglimento spirituale. Non voglio veder volare un solo messaggio fuori dalla città. Tagliate ogni ponte fino a nuovo ordine. Se qualcuno canta, verrete ritenuti direttamente responsabili." Sospirò, affondando ancor di più le mani nelle tasche mentre mentalmente lanciava una preghiera a qualunque entità fosse lì a vegliare su di loro. Sebbene il suo status, Albus non era mai stato un uomo di fede - come aveva anche sottolineato ad Holden - ma in quel momento si ritrovò a chiedere un favore a quello cui piaceva riferirsi come il suo vecchio datore di lavoro. Una preghiera affinché quelle decisioni non si andassero a ritorcere contro di loro in seguito. "Questa è solo la punta dell'iceberg. Seguitemi."

    EeWTKyu
    Le immagini che si erano susseguite sul pensatoio, ulteriormente chiarificate dalle spiegazioni di Tris, diedero modo ad Albus di saggiare in profondità quanto complessa fosse quella situazione e quanto fossero ancor più in gabbia di ciò che aveva inizialmente temuto. Se da una parte la conoscenza equivaleva al potere di agire, di ponderare più pragmaticamente e di avere una visione più lucida della situazione, dall'altro era anche una maledizione. Una maledizione, sì, perché da quel momento in poi tutti i presenti erano coinvolti, e ciò li rendeva allo stesso tempo più forti e più deboli. La prima cosa che pensò, non appena ebbe tutto il quadro generale chiaro, fu: avrei preferito rimanere nell'ignoranza. Avrebbe preferito non saperlo, già, perché il suo coinvolgimento metteva a rischio tutto, per prima cosa la sua famiglia. Ma a meno di farsi sparare un oblivion dritto alle tempio, la conoscenza è una di quelle cose da cui non si può tornare indietro. E comunque, non è che farsi obliviare fosse un'opzione in ogni caso: era una vigliaccata, e per quanto Albus potesse contestare alle volte i metodi di Tris, non le avrebbe voltato le spalle nemmeno sotto tortura. "Sapeva qualcosa; era invischiata in qualcosa..purtroppo non ha mai avuto modo di spiegarmi per quale motivo qualcuno volesse così fortemente la sua morte. Però qui ci sono nomi, cognomi, avvenimenti..E il motivo per cui non mi fido degli Auror, è che non tutti questi nomi sono stati.. neutralizzati." Sospirò. Tutto cambi affinché nulla cambi. Quella era la morale del mondo in cui vivevano. Si cambiavano gli ideali, si cambiavano i costumi, le facce, i temi, ma alla fine dei conti anche il più radicale dei cambiamenti lasciava tutto l'essenziale al suo posto, mutando semplicemente di nome. E anche i nomi, dopo tutto, si susseguivano a ruota, sempre gli stessi, portatori di un'idea che sembrava dover ridisegnare la faccia del mondo, ma che non lo faceva mai davvero. I figli non uccidevano i padri per rimediare ai loro errori, semplicemente si sostituivano a loro. "Ciò che sapete adesso, non può essere riposto nelle mani di nessuno di noi. Nessuno di coloro che si trova tra queste mura è in grado di tacere." Rispose allo sguardo di Tris con la medesima intensità, sebbene nelle iridi grigiastre del ragazzo vi si leggesse l'impronta di un vago disappunto, misto alla confusione di un futuro che non riusciva a prevedere o calcolare. Albus, nel suo piccolo, era sempre stato bravo a individuare un nemico; ce ne stava sempre uno, sempre qualcuno contro il quale indirizzare tutto il suo astio, tutte le sue forze. Quella volta, tuttavia, non riusciva a dargli un volto, ne' tanto meno un nome o un concetto. Era fumo. Non quello che ti sfugge dalle mani, ma quello che proprio ti acceca, che ti fa lacrimare gli occhi e ti obbliga a chiudere le palpebre, barcollando a tentoni nella penombra in cui ti ha obbligato a rimanere. "Vi ho fatto vedere tutto ciò che ho perché.. sono pulita.. io non ho fatto niente. Non potevo lasciarla morire. Ma non sappiamo cosa succederà domani. Ci serve un custode segreto. Qualcuno che non è qui, che non si trova tra queste mura e che risulterà insospettabile. Finché non capiamo di chi possiamo effettivamente fidarci dentro il Ministero, nessuno è pulito. Qui stiamo parlando della stessa cricca di Edmund Kingsley.." Annuì, aggrottando la fronte con aria pensierosa mentre cercava nella sua mente qualcuno che potesse ricoprire quel ruolo. Immediatamente escluse la propria famiglia: era meglio non coinvolgerli, non solo per i rischi che avrebbero corso, ma anche perché i loro cognomi li rendevano troppo in vista, troppo facili da sospettare. "Non voglio contraddirti ma.. pensi davvero sia la soluzione migliore? Excusatio non petita, accusatio manifesta. Sei pulita e non hai fatto niente. Devi renderne conto a qualcuno? Io credo di no." Era vero, Tris non avrebbe dovuto rendere conto a nessuno..se solo Edith Brown fosse stata ritrovata crocifissa qualche villaggio più in là. La posizione di matriarca la rendeva di per sé responsabile per tutto ciò che avveniva lì dentro, e la preside era pur sempre una cittadina inglese, nonché un alto esponente del sistema. Se Tris non avesse voluto dare spiegazioni, presto o tardi gliele avrebbero chieste - prima con le buone, e poi.. "Edith Brown era invischiata in qualcosa che sappiamo ha a che vedere con molti personaggi a noi noti. Ma credo non sarebbe sciocco.. starne fuori. Abbiamo già dato quello che dovevamo, Tris. Abbiamo combattuto la nostra battaglia, seguito la nostra vocazione. E' finita. Rendiamo gli onori alle vittime, commemoriamo i caduti per i quali oggi ci vestiamo di bianco. Continuiamo a cercare la falla che ha permesso che questo scempio accadesse. Purifichiamo la terra.. e basta. Non mi sembra che finora gli auror si siano stremati per cercare Mrs Brown, dopotutto. Ce ne possiamo occupare noi." Roteò visibilmente gli occhi alle parole di Holden, sbuffando appena. "Cerchiamo di essere pratici a riguardo. Rifiutarci categoricamente di collaborare col Ministero può portare a una sola cosa: la guerra. Non c'è proprio altro modo di metterla. La Restaurazione è stata molto specifica a riguardo dei rapporti di reciprocità tra Inverness e il Ministero. Venire meno alla parola data equivale a scagliare la prima pietra, a creare un precedente." Sospirò, guardando i presenti. "Edith Brown è una cittadina inglese, morta nel suolo di Inverness. Quindi sì, le indagini sono materia di competenza del luogo, e questo fa anche comodo, data la situazione. Ma è anche vero che trattenere le informazioni ad essa pertinenti è una violazione esplicita dei trattati." Al tempo della Restaurazione Albus si era interessato particolarmente ai tavoli di trattativa, cosa che era stato anche piuttosto semplice, dato che Tris e Byron avevano tenuto una trasparenza totale con le persone che durante la guerra gli avevano dato fiducia. E infatti lo sguardo andò subito a Tris. Se le sue parole, agli occhi degli altri cittadini di Inverness, non avevano granché conto, lo stesso non era per lei. E lei, a quei tavoli, c'era stata in prima persona, dunque doveva saperlo da sé quanto vincolante e minuziosa fosse la legge in materia. Certo che Watson manca proprio quando serve, cazzo. Uno dei pochi momenti, quello, in cui andò a rimpiangere la presenza altezzosa dell'ex senior, il quale sicuramente avrebbe illustrato con estrema freddezza e precisione ogni cavillo legale pertinente. Quanto meno aveva la fortuna delle conoscenze che gli esami del suo corso davano in materia giuridica. "Con questo non dico che dovremmo condividere le informazioni appena apprese. Assolutamente no. Ma dovremmo concordare su una linea comune da rispettare quando ci verranno fatte delle domande. E le faranno, è inevitabile. Fuggire significa ammettere la colpa e trascinare Inverness in guerra. E' davvero questo che vogliamo al momento?" Per tutto il tempo che ci mise a intervenire, il suo sguardo fu per lo più rivolto a Tris, fermo, ma allo stesso tempo quasi supplichevole. Voleva che capisse, che si rendesse conto del fatto che quella per lui, non era un'impuntata sterile sugli Auror in quanto Auror. Non lo sto facendo per loro. Io, nemmeno ci guadagno nulla. Qui ne va della tua città, della tua credibilità, del tuo popolo. "Troviamo un Custode Segreto, affidiamogli queste informazioni in modo che non possano uscire in altro modo e offriamoci di collaborare col Ministero chiedendogli di rispettare la sovranità di Inverness cui hanno sottoscritto nei trattati. Se vorranno forzare il loro intervento, beh..sarà una guerra che non abbiamo causato noi, immagino."

     
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    Una volta compiuto quel variopinto racconto, dopo aver mostrato ai presenti i suoi ricordi, Tris si sentì come prosciugata. Non era stato facile ripercorrere quei giorni, ricordarsi in maniera così dettagliata quanto avvenuto tanto durante la misteriosa scomparsa della Brown, quanto dopo. Era entrata in un circolo quasi insensato di paranoia. Lo Shame aveva minacciato di riprendersi tutto ciò che si era guadagnata. L'aveva messa di fronte a una delle più tragiche prospettive - vedersi privare di due delle più importanti persone della sua intera esistenza. L'aveva messa di fronte alla prospettiva di provare una paura esagerata, resa tale proprio dalla consapevolezza di non sapere. « Non voglio contraddirti ma.. pensi davvero sia la soluzione migliore? Excusatio non petita, accusatio manifesta. Sei pulita e non hai fatto niente. Devi renderne conto a qualcuno? Io credo di no. Edith Brown era invischiata in qualcosa che sappiamo ha a che vedere con molti personaggi a noi noti. Ma credo non sarebbe sciocco.. starne fuori. » E dopo tutto ciò, le parole del fratello, la portarono a corrugare la fronte con un'aria piuttosto confusa. « Abbiamo già dato quello che dovevamo, Tris. Abbiamo combattuto la nostra battaglia, seguito la nostra vocazione. E' finita. Rendiamo gli onori alle vittime, commemoriamo i caduti per i quali oggi ci vestiamo di bianco. Continuiamo a cercare la falla che ha permesso che questo scempio accadesse. Purifichiamo la terra.. e basta. Non mi sembra che finora gli auror si siano stremati per cercare Mrs Brown, dopotutto. Ce ne possiamo occupare noi. » Quelle parole bastarono perché iniziasse a dubitare di se stessa, delle sue sensazioni, di ciò che pensava potesse celarsi dietro quella storia. Se Holden reagiva così, forse in fondo era lei a esagerare. Forse tutta la pressione che aveva subito a scuola aveva alterato il suo senso del pericolo. « Cerchiamo di essere pratici a riguardo. Rifiutarci categoricamente di collaborare col Ministero può portare a una sola cosa: la guerra. Non c'è proprio altro modo di metterla. La Restaurazione è stata molto specifica a riguardo dei rapporti di reciprocità tra Inverness e il Ministero. Venire meno alla parola data equivale a scagliare la prima pietra, a creare un precedente. Edith Brown è una cittadina inglese, morta nel suolo di Inverness. Quindi sì, le indagini sono materia di competenza del luogo, e questo fa anche comodo, data la situazione. Ma è anche vero che trattenere le informazioni ad essa pertinenti è una violazione esplicita dei trattati. » Tra Holden e Albus, Tris si trovava come tra il diavolo e l'acqua santa, anche se non era poi molto certa di chi fosse chi. Non si sentiva di escludere nessuna delle ipotesi dei due, e nemmeno le tante altre espresse dagli altri presenti. Ciascuno diceva la sua, aveva un'opinione diversa, e lei dal canto suo si sentiva inadatta a prendere una decisione definitiva in merito. Sapeva che prima o poi sarebbe giunto il momento in cui avrebbe dovuto compiere mosse audaci, in cui si sarebbe trovata nella scomoda posizione di decidere per tutta la sua comunità, ma non era affatto come se lo immaginava. Inverness era funzionata alla perfezione finché non si era esposta, finché non aveva scoperto il fianco, finché non si era trovata nella paradossale situazione di accogliere esterni e sconosciuti. Finché erano rimasti nell'ombra - la lama nella folla - le decisioni prese dal Conclave erano state sempre condivise. Ma ai tempi non esistevano regole, non esistevano rapporti con l'esterno, accordi o compromessi. « Con questo non dico che dovremmo condividere le informazioni appena apprese. Assolutamente no. Ma dovremmo concordare su una linea comune da rispettare quando ci verranno fatte delle domande. E le faranno, è inevitabile. Fuggire significa ammettere la colpa e trascinare Inverness in guerra. E' davvero questo che vogliamo al momento? » Una parte di sé sapeva che il giovane Potter aveva ragione. Hanno sempre sperato di raderci al suolo. Uno stato nello stato è sempre un problema. Significa che un determinato numero di persone, si spostano e agiscono sul tuo territorio ma sotto una bussola ben diversa. Molti durante i tavoli di trattative avevano storto il naso quando Holden aveva richiesto specificamente l'indipendenza di Inverness - un premio dovuto, specie nel momento in cui, non erano più capaci di sparire, come un tempo. « Troviamo un Custode Segreto, affidiamogli queste informazioni in modo che non possano uscire in altro modo e offriamoci di collaborare col Ministero chiedendogli di rispettare la sovranità di Inverness cui hanno sottoscritto nei trattati. Se vorranno forzare il loro intervento, beh..sarà una guerra che non abbiamo causato noi, immagino. » Lo sguardo di Tris si volse verso Holden. Ti convince? sembrava chiedergli, seppur lo sguardo del fratello sembrava giacere nell'indifferenza. Più che preoccupato, Holden sembrava infastidito, spazientito, come se quella situazione non lo tangeva affatto, come se non si trattasse di altro se non di una delle ennesime incursioni di un Potter di troppo nei pressi di casa sua. « E' vero. Avete tutti ragione. Potremmo restarne fuori; non abbiamo niente da nascondere. Entrare in conflitto con il Ministero della Magia Inglese non rientra nei nostri interessi. » Non c'interessa niente dei loro affari. Non avremmo mai dovuto entrarci.. ma? « ..ma la vita della Brown era in pericolo, e noi l'abbiamo protetta. Perché era nostro dovere farlo. » E' sempre stato così. L'abbiamo sempre fatto, anche quando non sapevamo quale fosse il nostro scopo. « C'è qualcosa sotto. Qualcosa che non ha mai smesso di crescere sotto i nostri stessi occhi. Di chi possiamo fidarci in queste circostanze? » Una domanda piuttosto retorica, considerate le parole che la Brown aveva rivolto a Tris. « Non voglio chiudere gli Auror fuori, ma non credo nemmeno che nella loro posizione abbiano gli anticorpi necessari per reagire a questa situazione. Lo Shame.. lo Shame non è solo uno scherzo. Vogliamo davvero pensare che tutto sia una coincidenza? » Lo sguardo si volse per un istante nella direzione di Holden scuotendo la testa in maniera quasi impercettibile. « Sappiamo cosa significavano in un passato recente quei cognomi. Se entrano in collisione con gli interessi di Inverness, vogliamo davvero dare credito all'ipotesi che si tratti di una semplice coincidenza? » Tris era partita come una miscredente; la ragazza a cui avevano insegnato di dubitare, a prescindere. Ma anche nel dubbio c'è una scelta. E lei sceglie di non credere alle coincidenze. « I canali ufficiali sono compromessi. I nostri cellulari sono compromessi.. » Prima che possa concludere quel discorso, lo stesso giovane che era venuto a cercarli al maniero dei Morgenstern quella stessa mattina irrompe nell'ambiente, pallido come un fantasma. « Scusate l'interruzione. C'è posta alle porte della città. » [...] Uno stormo di gufi si abbatté poco dopo sulla città, liberando una pioggia di lettere di fronte a molte abitazioni; una cadde sopra la testa di Tris, pronta a essere afferrata dalle sue dita affusolate. Il timbro Ministeriale la mise sugli attenti. Ci hanno messo davvero poco. Non si stupiva. Bastava una segnalazione combinata alla mancanza di collaborazione e adesione da parte del Credo alle indagini degli Auror, perché qualche mossa che forzasse loro la mano partisse. Il Ministero era diventato particolarmente aggressivo su certi aspetti - specie sul piano della sicurezza. Una cosa doveva ammetterla Tris: le strade del Mondo Magico non erano mai state così sicure come dopo la Restaurazione. Forse perché, in fondo, il nuovo governo cercava legittimità, gli auror tentavano di riguadagnarsi la loro perduta dignità, e tutti tentavano di fare del loro meglio quanto meno per dare la parvenza di un mondo quanto mai ideale. All was well.. finché non lo è stato più. Tris accartocciò la propria lettera volgendo lo sguardo prima verso Holden - anche lui ne aveva una tutta sua, e poi verso Albus. Ne avevano mandata una anche a lui. « Il tempo sta scadendo.. » .. e noi non abbiamo una soluzione.

    Ragazzina. Seppur si sia dimostrata indispettita da quell'appellativo a più riprese, Beatrice ne conosceva bene le sonorità. E' stata una ragazzina durante il suo intero percorso a Tatev. È rimasta una ragazzina al cospetto di suo padre e del Conclave per molti anni. Lo è diventata a maggior ragione quando i suoi consiglieri l'hanno spinta sulla strada dell'Inquisizione. Ragazzina. Beatrice è la ragazzina che ha condannato a morte prima sua madre, alla nascita, poi suo padre. Beatrice è la ragazzina che ha sfidato a viso scoperto la morte più volte di quanto si ricordi. L'ha vista e l'ha sfiorata, e l'ha anche più volte impartita come meccanismo ultimo di giustizia. Il suo animo era violento e arido; peccava sì di altruismo, ma restava pur sempre una macchina turbolenta e a tratti difettosa. Una ragazzina. Acerba. Quelle parole non erano mai state così vere come in quel momento. Non aveva la più pallida idea di cosa fare, di come muoversi. Seppur avesse tentato di mostrarsi sicura delle sue mosse, la verità è che non sapeva che strada prendere. Persino l'ipotesi del custode segreto era stata una mossa quanto mai azzardata e tirata quasi del tutto a caso. Forse le era sembrata la mossa più intelligente poiché da poco, Inverness al completo aveva scoperto tramite una testimonianza celata nei meandri degli archivi, che la stessa natura ultima del branco era stata nascosta a tutti con l'ausilio di un custode segreto. È così che si costringono le persone a non parlare. Se non puoi parlarne, non puoi tramandarlo. Se non puoi tramandarlo, quelle informazioni si perderanno con la morte degli ultimi custodi. Non era insomma farina del suo sacco. In qualcosa tuttavia la fortuna non poteva aiutarla: trovare qualcuno di adatto. La riunione al centro di controllo si era prolungata per ore, tentando di trovare delle soluzioni celeri a dei problemi decisamente troppo complessi per essere risolti in un batter d'occhio. « Dovremmo chiederlo a Byron. Non parlerà. » Era stata una delle ipotesi più quotate. Byron Cooper, l'ex capo dei ribelli era stata una delle colonne portanti nella lotta contro lo status quo, ma ormai, il destino l'aveva ricongiunto al branco. Era una mossa troppo azzardata, specie se la sua vera natura fosse stata scoperta - sempre se non è già stata scoperta. « L'ha ricevuta anche lui.. » La triste realtà dei fatti aveva eliminato quella ipotesi abbastanza in fretta. « Allora Teddy Lupin.. lei non parlerà. Ha avuto per le mani così tante informazioni. Ed è insospettabile. » Fu suo nonno a contraddire quell'ipotesi, seppur Beatrice l'aveva quasi presa a cuore quella possibilità. Nonostante non la conoscesse sufficientemente, sapeva che Teddy Lupin avrebbe spalleggiato quanto meno Albus a ogni costo. Era stata una delle prime ad aprire un canale di comunicazione tra Inverness e i ribelli. Sì - Teddy è una dei buoni. Sta insomma iniziando a spazientirsi. La verità è che non esiste una soluzione. Seppur Inverness abbia sufficienti amici, la verità è che la maggior parte rientrano in una cerchia molto specifica. Non abbiamo amici all'esterno. Ecco qual è la verità. « Diamoci del tempo. La citazione scade tra due giorni, i ragazzi non devono tornare a scuola prima di domani sera. Abbiamo oggi e tutto domani per pensarci. Se non troviamo niente.. agiremo diversamente. » Asserisce alzandosi in piedi. « Holden, mi aspetto che tu faccia in modo che tutti mantengano la calma nella città circa l'arrivo di questa lettera. Nessun gufo deve lasciare Inverness finché non avremmo risolto la situazione. Nel mentre continuiamo come previsto. Stasera la commemorazione si farà esattamente come stabilito. » Attese che lentamente la stanza giù al centro di controllo si sgomberasse, prima di afferrare il braccio del giovane Potter, rimasto lì assieme a loro per tutto quel tempo. « Ho bisogno del tuo aiuto. So che questa situazione non ti piace, ma non puoi farci niente. Sappiamo entrambi che non hai un alibi valido per una delle due date in questione. » Tris sapeva cosa aveva patito il suo sin eater durante quella terribile notte. Non sapeva ad opera di chi era stato lanciato quel crucio - una questione rimasta ancora sospeso di cui sperava di non doversi mai occupare, seppur una parte di sé fremeva di venire a conoscenza di tutta la questione - ma sapeva che, qualunque cosa era successa a lei, valeva in ugual misura per lui. Suo nonno le aveva raccontato mentre era ancora al San Mungo che gli sposi Potter avevano passato diverse giornate a casa del figlio tentando di rimettere in sesto la famigliola. « Troveremo un modo.. ma non è questa la priorità al momento. Mi segui? So che sei qui solo perché ci sei letteralmente capitato, ma se questa è casa tua, lo deve essere sempre. » Nel bene e nel male. « I sin eater hanno bisogno di qualcuno a cui affidarsi - noi non vi capiamo appieno. Non sappiamo com'era.. » ..tutto quello che facevate.. I lycan non possono comprendere appieno le vostre necessità. Come pensate, come vi sentite. I Morgenstern avrebbero dovuto capirlo sin dal principio che accogliere i sin eater a Inverness, non bastava affinché diventassero parte della loro società. Erano pur sempre persone comuni, non soldati, né cacciatori; persone comuni che si erano ritrovate a dover subire delle esperienze decisamente traumatiche in un tempo altrettanto breve. Avevano bisogno di qualcuno che capisse le loro capacità e necessità. « Tu sei probabilmente uno dei primi - di certo quello che li ha guidati mentre eravamo dentro Hogwarts. Credo tu debba fare un passo avanti in questo momento di crisi e tenere le cose a bada. Ci sono minorenni e adolescenti nel villaggio dei sin eater. Hanno bisogno di qualcuno che se ne occupi. » Pausa. « E noi abbiamo bisogno di capire se quella cosa.. sul corpo di Wulfrich e Serena.. » Esitò per un istante tempo in cui si inumidì le labbra. « Voglio sapere se qualcuno ci sta prendendo in giro.. oppure.. » Non ebbe nemmeno il coraggio di esprimere a voce alta l'altra ipotesi. Decise di gettargli solo uno sguardo eloquente prima sospirare.

    Buio. Cammina lungo il corridoio del primo piano del maniero dei Morgenstern. Avverte una sensazione umidiccia e profumo di fiori d'arancio. Odori presenti solo nella sua sala da bagno. Beatrice adora i fiori d'arancio, ma non ha mai imposto quella fragranza tra le mura di casa sua, al di fuori delle sue stanze. E' un odore pungente, che non tutti gradiscono. E' quasi certa di aver visto suo nonno storcere il naso qualche volta per la qualità agro-dolce di quegli odori. Tra quelle mura vivevano in fondo personalità così diverse che tentare di giungere a compromessi era spesso complicato. Sovrappensiero com'era, non si è nemmeno accorta di quando i suoi passi l'hanno guidata nuovamente a casa. E' colta da un senso di spaesamento, dovuto alle ingenti preoccupazioni che le frullano per la testa. Nel giro di poche ore, la quiete di Inverness è stata completamente stroncata. Quel profumo è sempre più pungente, sempre più forte, eppure, a Tris non sembra dare fastidio. Si sente stranamente rilassata, in pace con se stessa, quasi come se stesse dormendo. I muscoli rilassati, la vista leggermente annebbiata, la percezione dei suoni ovattata. Ha sonno. Sbadiglia, mentre si stiracchia i muscoli, svoltando a destra in una direzione precisa. Persino i colori e le forme le appaiono distorti, quasi come se le dimensioni spaziali fossero state deformate. Segue il suono di una radio in lontananza; proviene dallo studio di suo fratello. La giovane Morgenstern si è tenuta spesso lontana dagli spazi di lui; non voleva dar l'impressione di stargli con il fiato sul collo. D'altronde, quella casa era sufficientemente grande affinché ciascuno avesse la propria privacy e i propri luoghi sacri. Eppure, una radio, nello studio di Holden, Tris non l'ha mai sentita, e quindi, con un sorriso sornione sulle labbra, si dirige a passo più felpato in quella direzione, pronta a coglierlo con le mani nel sacco. Allora ti piace in fondo sentire il notiziario. Cosa dice? Parla di noi? E' per questo che lo stai sentendo? Tutte cose che tuttavia Tris non dice una volta varcata la porta dell'ufficio. Grandi librerie alle pareti, rivelano pesanti tomi colmi di una conoscenza prettamente liturgica. Holden ha relegato qualcosa di prettamente pagano solo nell'angolo più lontano rispetto alla sua scrivania; lo stesso luogo in cui soggiace la piccola radiolina, mentre Holden, seduto alla propria scrivania, ascolta le notizie del bollettino pomeridiano. « Per uno che non vuole rendere conto ai maghi delle proprie azioni, sei piuttosto interessato a cosa pensano. » Asserisce in tono canzonatorio mentre prende posto su una delle sedie di fronte alla scrivania. « Forse hai ragione. Ci sto pensando. Voglio dire.. cosa potrebbero mai fare? Non hanno prove contro di noi. Non possono fare nulla sulla base di.. supposizioni. » Holden non batte ciglio. Il suo sguardo continua a perdersi nel vuoto di fronte a sè come se Tris non esistesse neanche. « OH! Ma mi ascolti! Ti sto dando ragione! HOLDEN! » Niente. Chiude gli occhi per un istante piuttosto innervosita. Ma quando li apre si accorge di qualcosa che fino a quel momento non ha visto. Accanto a Holden c'è una sua perfetta riproduzione. La figura piegata in avanti sussurra qualcosa all'orecchio del fratello. Di scatto solleva lo sguardo incontrando quello di Tris. Sembra non si sia accorto di lei fino a quel momento. Il volto dell'altro Holden appare sorpreso mentre la ragazza si erge automaticamente in piedi. Buio. Sono come fotogrammi. L'immagine di una figura femminile si specchia nella superficie liscia di un trofeo a Hogwarts. Altro buio. Si porta un cellulare all'orecchio. Sente un discorso frammentato. « Mamma? No.. no mamma.. mamma non venire.. qui è successo un casino.. mi.. mi senti? » E' all'interno di un salotto, uno a lei sconosciuto, seppur gli arredamenti siano vagamente famigliari. Una figura dalla folta chioma rossa gira in tondo giocherallando con una freccia. « Ma'.. hanno fatto fuori Jeremy.. » Buio. Sebastian Matthews è seduto su una poltrona in una delle sale del centro di comando. Silenzioso, osserva una mappa proiettata sulla parete di fronte a lui. Non fa in tempo a dire niente che il buio ritorna e altre immagini spezzettate si susseguono di fronte ai suoi occhi. Buio.
    Si gira una lettera tra le mani mentre attraversa la strada. L'aria preoccupata ma pur sempre controllata. Tris dal canto suo non ha la più pallida idea di cosa stia accadendo ma nonostante ciò lo segue nel cuore dell'affollatissima Diagon Alley. Mi sono addormentata. E' solo un sogno. Un sogno estremamente lucido. Ma in un sogno le proprie azioni possono essere davvero controllate? Si può scegliere quale direzione prendere? Come agire? « Percy! PERCY! Ehi.. dove stai andando? » Il ragazzo continua la propria traversata e raggiunge un luogo che Tris riesce a malapena a individuare. Non capisce. Il proprio cellulare squilla nella tasca. Tris lo estrae piuttosto confusa osservando la notifica sullo schermo. E' Sam. "Tris, è arrivata anche a te questa roba?" Elimina istintivamente la notifica prima di osservare con attenzione Percival Watson, ancora intento a fissare la propria lettera ministeriale. Tenta di passare le dita di fronte agli occhi di lui, ma non sembra accorgersene della sua presenza. E allora con il cellulare ancora tra le mani, decide di fare qualcosa di decisamente stupido e insensato. Dopo un paio di tentativi sbilenchi decide di digitare semplicemente "Hai ricevuto per caso qualche lettera oggi?". Percy estrae sorprendentemente il cellulare dalla propria tasca. « Boh ma lo vedi che sei una merda? Sei proprio una testa di cazzo! Ma che mi rappresenta che mi visualizzi e basta! Rispondi! » "Sì. E' pervenuta anche a me." Dopo un paio di scambi decisamente troppo diplomatici si giunge a una conclusione. Sta per prendere la passaporta verso Inverness; i ribelli ne avevano istallata una dietro al negozio di Olivander sin dai tempi in cui i lycan si erano alleati alla loro causa. Il passaggio diretto per la Città Santa, era già ai tempi il modo migliore per evitare interferenze e per rifugiarsi in un luogo sicuro semmai qualcuno di loro fosse stato compromesso. L'ubicazione era specifica. Greg aveva chiuso un occhio sulla questione non solo perché aveva segretamente aderito alla ribellione ma anche perché, come avrebbe scoperto Tris molto dopo, sotto sotto simpatizzava in un certo qual modo anche con la causa del Credo. Di certo era stato uno dei pochi a cercare di mantenere ottimi rapporti con Tris anche dopo, e durante la sua permanenza a Inverness non solo aveva continuato il suo operato come bacchettaro, ma si era anche offerto di affiancare i mastri armaioli per potenziare le armi dei cacciatori. Lo stesso meccanismo delle lame celate di Tris era stato da lui perfezionato. Ed è lì, mentre Percy tenta di raggiungere la passaporta dietro il negozio di Olivander, che Tris ha una sorta di illuminazione. Lo vede da una delle finestre del negozio mentre osserva una delle sue innumerevoli bacchette, soppesandola con una luce colma di orgoglio negli occhi; si rende conto di conseguenza di essere di fronte a una delle possibili soluzioni al loro problema. Greg ha tratto vantaggio dalla simpatia verso Inverness, così come Inverness ha tratto vantaggio dalle sue doti; è un elemento insospettabile. Un membro rispettabile della comunità magica, sulla cui affiliazione non ci sono stati dubbi nemmeno in passato quando passava sotto banco bacchette a metà delle persone affiliate alla causa della ribellione. Greg restava un membro rispettabile dell'alta società, un ragazzo con ottime referenze e un curriculum maledettamente invidiabile. E seppur avesse lasciato il college, era uno stacanovista. Nemmeno se volesse avrebbe tempo di pensare a trame complicate su come far fuori l'ennesimo vertice di Hogwarts. Greg non ha rapporti con Inverness; non ufficialmente. E' quasi certa che non intrattenga nemmeno forti amicizie con qualcuno di loro. Non si è mai ufficialmente recato a nord di Fort Augustus dopo la Restaurazione e l'unica volta che lui e Tris hanno avuto un colloquio privato lei era probabilmente irriconoscibile agli occhi dei più. Istintivamente, dimenticandosi di essere in un sogno, dimenticandosi quanto strano sia tutto ciò che sta accadendo, Tris digita sul proprio schermo poche parole. "Puoi convincere Greg a venire insieme a te? Usa i metodi che preferisci, ma non accettare un no come risposta." E a quel punto si volta in direzione del ragazzo che afferra il proprio cellulare per leggere quanto appena mandato da Tris. Ma mentre ciò accade, la giovane Morgenstern si accorge che affianco al giovane Watson c'è una sua perfetta riproduzione. Gli sta sussurrando qualcosa all'orecchio. Questa volta però, l'intruso se ne accorge quasi istantaneamente. Alza lo sguardo e si dirige verso di lei. « ESCI! » Il suo è un imperativo mentre allunga le braccia di fronte a sé avvolgendo le dita attorno al collo della ragazza. L'altro Percy la incolla contro una delle vetrine del negozio, mentre l'altra versione di lui sta ancora osservando lo schermo del proprio cellulare, impallato di fronte al negozio. « FUORI! » Buio. Beatrice Morgenstern riemerge dalla vasca; si accascia sul pavimento della propria sala da bagno mentre il cellulare le scivola tra le dita. Si ritrova a tossire violentemente mentre tenta riprendere fiato. Nell'aria, l'odore di fiori d'arancio le pizzica il naso. Allo specchio individua segni rosati lungo il collo. Segni di dita che si stringono attorno alla giugulare. E' sveglia. Sa di esserlo. O sono sveglia, o sono morta. Sul cellulare tutta quella conversazione è davvero avvenuta. Ha persino risposta a Sam durante il tragitto compiuto da Percy fino al negozio di Olivander. Rincara quindi la dose con un semplice "Fammi sapere se accetta. E' importante."

    Più tardi è di nuovo nell'aria pungente di Inverness, con i capelli leggermente bagnaticci, più pallida dei cadaveri crocifissi. « Novità? Hai fatto quello che ti ho detto? » Il giovane Potter si stringe leggermente nelle spalle ma alla fine annuisce. « Stavo giusto andando un attimo a casa. » Tris annuisce sovrappensiero. « Mi sono offerto per i turni di guardia, ma non c'era nulla da fare. » Tris sembra confusa. « Ma sei impazzito? ..il villaggio dei Sin Eater, cazzo. Ti ho detto di occuparti di quello. » « ..ma si certo.. è tutto apposto. E' tutto sotto controllo. » Annuisce e osserva il ragazzo che di rimando le sorride. Non crede di averlo mai visto sorriderle davvero, anche semplicemente perché lei per prima non gli sorrideva. Posa una mano sulla spalla di lei. « Ehi, Tris, stai tranquilla. Andrà tutto bene. » Non lo sa, Tris a dirla tutta, se andrà tutto bene, ma è rincuorante in un certo qual modo sentirselo dire. « Forse ho trovato una soluzione. Attendo l'arrivo dei rinforzi. Ti farò sapere. » Il sorriso del ragazzo sembra lentamente affievolirsi. « Ti farò chiamare se dovessi servire. » E quindi s'incammina di conseguenza verso la porta orientale della Città Santa, dove sarebbe giunta la passaporta. Una piccola speranza si accese nella sua mente; sperava davvero che ad arrivare fossero in.. tre.



     
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    Quando nelle mani di Percy era caduta la lettera che lo convocava ufficialmente al Ministero, un brivido di gelo gli era corso lungo la schiena, bloccandolo per un istante. Aveva riletto quelle poche righe fino allo sfinimento, chiedendosi per quale ragione lo stessero chiamando dal momento in cui con Inverness non aveva contatto alcuno ormai da mesi. Se da una parte poteva immaginare lo scalpore dovuto al ritrovamento della Preside morta (cosa che lui in primis aveva provato), dall'altra non riusciva a capire cosa lui c'entrasse in quella faccenda, sebbene l'associazione con la sua natura e con i suoi legami affettivi fosse piuttosto diretta. Sì ok, ma se mi trovo in India e Inverness dichiara guerra alla Slovenia, per quale cazzo di ragione la Slovenia dovrebbe venire a bussare alla mia, di porta? Perplesso, spaventato e stizzito, il giovane Watson aveva deciso di darsi tempo per riflettere sul da farsi. Si sarebbe presentato? Perché no?! In fin dei conti lui era pulito, no? Non aveva fatto nulla di male e dunque non aveva niente da nascondere. D'altro canto, però, non voleva nemmeno compromettere incidentalmente Inverness, condannandola per pura ignoranza a una pena più severa di quella che sicuramente avrebbe ricevuto tramite i media e la risposta ministeriale. Ma il punto focale della sua analisi, come al solito, era quello più egoistico: io non ho fatto niente, ma se non vado lascerò a intendere che qualcosa l'ho fatto. E sebbene da qualche parte, nel suo cervello, quella convinzione di innocenza vacillasse ogni qualvolta i suoi pensieri paranoici vi tornassero sopra, dall'altra la forza dell'autoconservazione aveva la meglio, proteggendolo dal lanciare l'occhio su un baratro di ricordi che non voleva - o non poteva - rispolverare. Se infatti Percy, in seguito al sabato degli orrori, era fuggito in Finlandia in preda al panico delle conseguenze alle proprie azioni; tuttavia più tempo aveva passato lontano dall'Inghilterra, più giorni si erano susseguiti, e più si era ritrovato assuefatto dall'idea che tutto quanto fosse stato un brutto sogno che nemmeno si ricordava poi tanto bene. E certe cose, se davvero sono successe, dovresti ricordartele vividamente, no? Ma dato che non era così, altro non poteva essere se non uno scherzo del destino, una beffa ai suoi danni organizzata dallo Shame e particolarmente ben riuscita. Un qualcosa di trascurabile, su cui non aveva troppo senso arrovellarsi il cervello. Eppure, in seguito a quella notte, Percy era diventato ancor più paranoico del normale: si sentiva costantemente turbato, ansioso, facilmente suscettibile e sempre teso. Il suo sonno si era fatto più leggero, i rumori improvvisi lo facevano sobbalzare e alle volte arrivava a toccare picchi di paranoia tali da guardarsi alle spalle con la sensazione di essere seguito, Non ne aveva fatto parola con nessuno, sebbene alle volte si dicesse da solo di aver bisogno di uno specialista..e anche uno bravo.
    Era appena uscito dal Ghirigoro con una pila di libri universitari sotto braccio quando sentì vibrare il telefono. Inizialmente non se ne curò, impegnato com'era a svolgere alcune piccole commissioni urgenti, ma quando lo estrasse fu stupito nel vedere il nome di Beatrice brillare sullo schermo. Stupito, ma non troppo. Perché già poteva immaginare quale fosse il motivo che l'aveva portata a contattarlo, sebbene fosse sorprendente il fatto che la ragazza avesse trovato l'orgoglio di farlo dopo la loro ultima discussione per telefono. Lasciò il messaggio senza risposta per alcuni minuti, il tempo necessario ad affidare alcuni dei propri acquisti al gufo con l'ordine di riportarli a casa propria. A quel punto tra i due ragazzi si susseguirono una serie di messaggi laconici distanziati tra loro di ventine di minuti, tempo che Percy impiegò ad ultimare gli ultimi acquisti prima di dirigersi col groppo in gola verso la passaporta situata dietro al negozio di Olivander. Fu fortuna, quella che lo portò a visualizzare l'ultimo messaggio di Tris quasi immediatamente, obbligandolo a fare subito dietrofront prima di imboccare il vicoletto che portava al retro del negozio.
    Il campanello appeso alla porta annunciò l'ingresso di Percy nella bottega, facendo sollevare il capo di Greg da dietro il bancone. I due amici si rivolsero un sorriso, un breve cenno di saluto tranquillo, sebbene dall'espressione lievemente preoccupata di Watson, Olivander doveva aver capito che quella visita non fosse di piacere o di clientela. "Sei molto impegnato?" chiese, con lo stesso tono di qualcuno che sta un po' cercando di tastare il terreno e un po' di portare alle lunghe la conversazione. Pronunciò quella domanda con il capo leggermente inclinato, sporto ad adocchiare velocemente l'altro capo del bancone per vedere se vi fosse qualche persona o qualche elfo lì dietro. Nel riportare infine lo sguardo negli occhi dell'amico, fece schioccare la lingua contro il palato, scuotendo il capo come a volersi scrollare di dosso i convenevoli. "Ok, senti, ti potrà sembrare una richiesta strana, ma ho bisogno che tu venga con me ad Inverness." Pausa "Ora." Nel rendersi conto del fatto che quella richiesta, decontestualizzata, potesse suonare anche un po' minacciosa, cercò di smussare gli angoli, sospirando appena. "Se mi chiedi perché, sinceramente non saprei risponderti nemmeno io. Semplicemente sto andando lì per alcune questioni riguardanti le ultime notizie -" a quelle parole rivolse a Greg uno sguardo allusivo, certo che avesse letto i giornali "- e Tris mi ha chiesto di portare anche te, anche se non mi ha spiegato il motivo." Altra pausa, durante la quale scrutò gli occhi dell'amico alla ricerca di una qualsivoglia reazione. "Posso chiederti di darmi la tua fiducia su questo?" D'altronde, Greg era rimasto uno dei pochi suoi amici di cui si fidasse realmente, uno di quelli che era sopravvissuto al test del tempo e di una guerra che aveva diviso internamente lo stesso gruppetto coeso del Clavis. Sperava solo che il sentimento, da parte del suo interlocutore, fosse reciproco.

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    Forse Percy si era fatto più scrupoli del necessario nel rivolgersi a Greg, perché alla fine dei conti convincerlo non si era rivelato come un'impresa chissà quanto difficile. Il compagno lo aveva seguito tranquillamente, dandosi giusto il tempo di occuparsi delle precauzioni per la bottega prima di infilarsi il cappotto e affiancarsi a lui nella stradina che li portò alla passaporta: una vecchia scatola di cioccorane vuota nell'edizione limitata di San Valentino 2016. Per alcuni istanti rimasero in silenzio mentre Percy fissava con trepidazione l'orologio, attendendo la scattare dell'ora precisa concordata con Tris. "Ok. Andiamo." disse quindi, facendo ricadere la manica del montgomery sul polso prima di toccare la passaporta insieme all'amico.
    Nel giro di pochi istanti si ritrovarono catapultati nella piazza principale di Inverness, lì dove sorgevano tre croci ormai vuote e il sangue rappreso alla loro base era stato quasi del tutto scrostato via, lasciandosi dietro solo la vaga percezione di un alone rossastro che macchiava specialmente le scanalature tra i sanpietrini. Sospirò forte, stringendosi ulteriormente nel cappotto mentre si sforzava di guardare da un'altra parte, nello specifico verso Greg, al quale rivolse un cenno veloce per indicargli la strada. Tris, infatti, li aspettava poco più in là, visibilmente impaziente e tirata. Il disagio, chiaramente, regnava sovrano. Lei e Percy non si rivolgevano parola da mesi: non avevano mai parlato veramente di ciò che era accaduto tra loro, partendo da una piccola lite di coppia fino ad arrivare a una rottura completa cui responsabile era stato il silenzio. Percy non sapeva in quale momento preciso si fosse formata nella sua testa l'idea che lui e Tris non stavano più insieme. Sapeva solo che fino ad un certo punto si riteneva in fase di litigio, e poi era lentamente scivolato nella categoria di single senza passare dal Via. D'altronde non puoi stare insieme a una persona se per mesi non vi vedete e non vi parlate. Tuttavia era evidente che non l'avesse superata e che quella mancanza di rottura definitiva fosse per lui un'ambiguità sì intollerabile, ma anche ormai inevitabile. Tuttavia scrollò quei pensieri, ritenendoli piuttosto fuori luogo in quel particolare momento. Ben dritto sulle spalle salutò Tris con un cenno del capo, annuendo poi in direzione di Greg come a confermarle di aver portato a termine la sua richiesta. Si guardò quindi intorno con fare leggermente circospetto, indugiando per più di un istante sulle croci ancora erette in piazza. "Dovremmo trovare un luogo privato per parlare." Spostò lo sguardo sui due "Delle lettere..di tutto." Beh, magari non tutto tutto. Diciamo la maggior parte delle cose, quelle importante ai fini della collettività, ecco. "Chi altro ha ricevuto il gufo del Ministero?"

     
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    er bacchetta


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    Il 31 Ottobre molti esercizi commerciali di Diagon Alley vedevano aumentare la loro affluenza, come ben sapeva Greg che era andato avanti nell'ultima settimana a suon di gelato alla zucca dei Fortebraccio. Ma non Olivander; per loro il boom arrivava nell'ultima settimana di Agosto. Il 31 Ottobre per Greg era stata solo una mattina come tante, particolarmente tranquilla a dire il vero. Tranquilla lavorativamente parlando s'intende, molto meno dal punto di vista spirituale. Erano passati due anni dal ballo che avrebbe cambiato per sempre il corso degli eventi, ne era passato uno da quando si era risvegliato. Per tutta la mattina si era sentito in un pendolo che continuamente oscillava tra la sommessa tensione e la gratitudine del trovarsi a casa propria, tranquillo e sereno come non si sentiva da diverso tempo. Si era svegliato presto, aveva fatto una generosa colazione ed era sceso da basso in bottega per aprire il negozio ai clienti. Tutto si era svolto nel migliore dei modi, senza alcun intoppo. Aveva servito un giovanissimo giocatore di quidditch in erba, la cui bacchetta si era letteralmente disintegrata in tanti piccoli pezzettini; aveva venduto lucidi per bacchette e qualche kit di riparazione lampo e, nei grandi momenti di vuoto, aveva avuto il tempo di scambiare qualche messaggio vagamente flirtante con Fitz. Anche con lui stava procedendo tutto nel migliore dei modi, senza alcun intoppo: lenti ma sicuri, senza alcuna fretta. Si erano rivisti una sola volta dal loro primo, strano ma eccitante appuntamento, per un té pomeridiano informale e senza impegno. Con Fitz gli sembrava di continuare perennemente una lunghissima chiacchierata mai terminata, di cui gli argomenti non si esaurivano mai. Quel giorno, via messaggio, non toccarono affatto l'argomento 31 Ottobre e Greg la trovò un'idea più che positiva. Non siamo i nostri fantasmi. Non più. Aveva ancora il sorriso sulle labbra per una piccola battuta vagamente maliziosa che aveva ricevuto prima di rimettersi a lavoro, quando la campanella alla porta d'entrata dell'emporio suonò. « Benvenuti all'emporio Olivander! » cinguettò serafico, finendo di appuntare velocemente qualcosa su un rotolo di pergamena, prima di sollevare la testa e ritrovarsi davanti nientemeno che Percy Watson. Da quanto tempo non lo vedeva? Mesi, a dir poco. Forse da una delle serate passate alla casa a Hogsmeade di Nate. Il che è tutto dire, sembra siano passate due vite. « Sei molto impegnato? » Greg fece spallucce. « Ciao anche a te Percy, è un piacere rivederti! » commentò, ironico ma senza il benché minimo broncio. Aveva tutto il tempo del mondo a quanto pareva, dato che Percy l'aveva trovato in maniche di camicia, a godersi il piacevole tepore proveniente da un camino scoppiettante in fondo alla sala. Acceso con fuoco magico, è naturale: all'emporio Olivander non era ammesso nulla di anche solo vagamente infiammabile, data l'esorbitante mole di legname intagliato e non. Voltò con un gesto elegante la pergamena verso l'amico, su cui era disegnato un bozzetto umano: erano riportate misure dei principali dati anatomici di un presunto cliente e qualche annotazione. « Mi è capitato tra capo e collo un caso complicato. Una ragazzina fresca di Smistamento è già tre volte che torna perché non le va bene la bacchetta. Capisco una volta, mi sorprende due.. ma tre? E credo che il problema sia che è molto.. ma molto sproporzionata. Non credo di avere altra scelta, dovrò fabbricarle una bacchetta su misura. » e sospirò, alzando gli occhi al cielo. Non che ci fossero problemi, chi lo conosceva - come Percy - sapeva quanto Greg amasse le sfide.. quasi quanto amava lamentarsi delle circostanze. Il signor Watson però, che Greagoir conosceva come maestro di bon ton, sembrava fosse parecchio di fretta e non troppo in vena di convenevoli. Sempre detto che la bacchetta magica è un po' come il pene. La dai per scontata finché non ti si rompe e magicamente torna in cima alla lista delle tue priorità. Come colto da una strana ispirazione, intinse nuovamente la piuma d'oca nel calamaio per segnare la parola "Pino" su un angolo del foglio. « Ok, senti, ti potrà sembrare una richiesta strana, ma ho bisogno che tu venga con me ad Inverness. Ora. »
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    L'artigiano alzò lentamente il capo dal bancone e, con esso, un sopracciglio. Come, scusa? Pur volendo mantenere la mente più immacolata possibile, faticava a non leggere la richiesta dell'amico in maniera negativa. Era una preghiera che sapeva tanto di minaccia. Non che si sentisse minacciato da Percy, che conosceva da tanti anni e stimava quale eccellente mago e ragazzo a modo, oltre che apertamente schierato dalla parte giusta del tavolo. In maniera diversa, erano sempre stati dalla stessa parte. « E, se posso, a cosa devo questo "bisogno" tanto impellente da farmi chiudere il negozio per il resto della giornata? » Non l'avrebbe fatto in ogni caso, suo padre Gawen se ne sarebbe occupato, ma gli sembrava corretto rimarcare chi avesse il coltello dalla parte del manico. In fondo, non chiedeva poi molto altro se non una piccola spiegazione. « Se mi chiedi perché, sinceramente non saprei risponderti nemmeno io. Semplicemente sto andando lì per alcune questioni riguardanti le ultime notizie.. e Tris mi ha chiesto di portare anche te, anche se non mi ha spiegato il motivo. » Così come s'era alzato, il sopracciglio s'abbassò repentinamente. Dannazione. Tutto era andato nel migliore dei modi fino all'ora di pranzo, si era goduto una piacevole mattinata di lavoro, un ambiente caldo e uno scambio di messaggi ancora più caldo. Ed ora ecco che devo uscire al freddo e non per giocare a palle di neve. C'erano "notizie", stando a quanto Percy sosteneva.. ma la mattina del 31 Ottobre, la Gazzetta del Profeta non era ancora stata raggiunta dalle informazioni che avrebbero corredato la prima pagina del giorno dopo, né Greg sapeva alcunché delle lettere che il Ministero della Magia aveva spedito in tutta fretta nel corso della mattina, a seguito di segnalazioni arrivare agli auror di buon'ora. Era bellamente ignaro di tutto. A volte essere ignoranti non è un male. « Posso chiederti di darmi la tua fiducia su questo? » Tuttavia, per Greagoir l'ignoranza era un bene solo quando non sapeva di esserlo. Una galoppante curiosità aveva iniziato a rodergli le meningi, facendogli capire che in fondo la decisione era già stata presa. « E sia, hai la mia fiducia. » sospirò sorridente, mentre si toglieva il grembiule di pelle di drago che si era tenuto da quando aveva effettuato una riparazione di bacchetta. « Una richiesta di udienza da parte di una regina non è quel genere di cosa che puoi ignorare, dopotutto. Dammi due minuti. »

    Aveva avvisato suo padre che sarebbe mancato tutto il pomeriggio per un'urgenza inaspettata e, infilato il lungo cappotto, fece strada verso il retrobottega all'amico, secondo il quale era presente una passaporta per Inverness proprio dietro il negozio. « Avevo un viavai di cacciatori sotto casa e non me ne sono mai accorto, incredibile! » miagolò con un moto di divertimento, dondolandosi appena sui piedi, e lanciò un'occhiata a Percy. Gli sembrò strano, era silenzioso - più silenzioso, dati i suoi canoni - e gli parve di leggere una certa tensione. Quella non la riconobbe, Percy Watson era da sempre un freddo calcolatore, nel senso più positivo e onorevole del termine. Neanche nei suoi momenti più bui l'aveva mai visto tanto agitato. Che diamine è successo a Inverness? « Ehi, stai bene? » provò ad accertarsi, piegando appena schiena e visto per poterlo vedere bene. Troppo tardi, l'orario di partenza era arrivato e Percy non era decisamente in vena di chiacchiere. Annuì allora alle parole dell'amico e, obbediente, toccò quello che apparentemente sembrava uno scarto vecchio di tre anni; cinque secondi dopo, un gancio all'altezza dell'ombelico trascinò i due maghi nel nulla per farli apparire centinaia di kilometri a nord, nel cuore di una città-fortezza che Greagoir poteva dire di conoscere, seppur superficialmente. Ci aveva vissuto per qualche settimana insieme ai genitori, durante l'inferno in terra, e ci era tornato quando Tris lo aveva invitato per esaminare le loro forniture di legno pregiato. Poi, più nulla. Atterrato in una delle piazze della città, il biondo si guardò intorno per cercare di orientarsi ma piombò nella confusione più totale, trovandosi innanzi tre mastodontiche croci. Macchie di sangue ancora fresco si potevano scorgere sul legno e, in alcuni punti, sulla pietra di sotto. Con le labbra schiuse dallo stupore, vi si avvicinò di poche passi. « Cosa... cosa è successo qui? » Rabbrividì. Per un istante, forse per più di un istante, si sentì di nuovo chiuso all'interno di un castello dove quell'odore pungente e ferroso impestava l'aria. C'era sangue ovunque. Ogni giorno. Ad ogni ora. Non poteva credere di essere nuovamente caduto in una tragedia, dopo essersi così faticosamente ristabilito in una realtà tranquilla, noiosa a tratti, ma normale. Percy lo esortò a procedere oltre e, frastornato e confuso, lo seguì in un vicolo stretto, alla fine del quale li aspettava una Beatrice Morgenstern vestita di bianco. In un altro momento, si sarebbe accorto che qualcosa non andava tra Percy e Tris, che qualcosa si era chiuso, ma l'immagine delle tre croci era marchiata a fuoco nelle retine del mago. Greagoir marciò verso Tris e le avvolse entrambe le mani tra le sue. Come un abbraccio, ma meno invadente. « Lo prendete molto seriamente Halloween, qui a Inverness, ah? » provò a sdrammatizzare, ma senza grande successo. C'era una certa tensione nella voce di Greg e lo sguardo serio di Beatrice non faceva che confermare le sue più recondite paure. « In una scala da 1 a 10, quanto è improbabile che tu mi abbia mandato a chiamare perché ti mancavo e volevi urgentemente una rimpatriata.. o che avessi bisogno di una mano con qualche esame di Incantesimologia applicata a qualunque cosa facciate voi del corso auror? » Quanto è improbabile che tutto stia continuando a filare liscio come l'olio? Ma poi, davvero tutto era filato liscio come l'olio? La verità era che così era stato per Greg solo perché aveva deciso di tirarsi fuori dalla palude prima di ferirsi gravemente. Era stato lungimirante.. vigliacco ma lungimirante. Le cose filavano lisce come l'olio solo nel mio negozio, ma comunque mi bastava per essere felice. « Dovremmo trovare un luogo privato per parlare. Delle lettere.. di tutto. » Si voltò verso Percy. Lettere? Quali lettere? Ancora lo Shame? « Chi altro ha ricevuto il gufo del Ministero? » E tornò a guardare Tris, incredulo. « Lettere dal Ministero? Il Ministero della Magia ha mandato lettere - plurale? Su qualcosa avvenuta qui a Inverness e che ha a che fare con quelle inquietanti croci, che tutto mi sembrano fuorché parte integrante del vostro colorito folklore? » Fuochino, Olivander. Sospirò pesantemente, passandosi una mano tra gli ordinati capelli biondi. « Oh Merlinobbono. »
     
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    Non si era data pace. Dal momento in cui quell'esperienza extrasensoriale le era entrata nel circolo, qualcosa era mutato; nei suoi occhi, nel suo spirito, nel suo immaginario. Com'era possibile? Com'era possibile che dopo tutto ciò che era successo ogni sicurezza che avesse crollasse di scatto nel baratro dell'insicurezza e dell'incertezza? Tris non aveva mai ricevuto una risposta in quanto a ciò che era successo in seguito alla chiusura dell'Upside Dawn. Ricordava di aver lottato, fino all'estremo delle sue forze. Ricordava di essere rimasta al fianco dei suoi compagni con la consapevolezza di essere pronta a lottare fino all'ultimo respiro. Poi il nulla. Non ricordava nient'altro. La prima immagine di cui ha memoria la ritrae nel proprio letto, Giuda intento a fare le fusa mentre un sole splendente preannunciava gli esordi di un settembre clemente e cordiale, dal sole splendente e temperature miti persino al Nord della Scozia. Ricorda di aver provato un profondo sollievo, ma al contempo un profondo vuoto. Mai da quel momento in avanti aveva più sperimentato lo scossone di sentirsi disturbata dalla presenza altrui nella sua intimità. Nonostante fosse accanto a lei, da quel momento Tris non percepì più la sfera emotiva del suo ragazzo, nè quella di suo fratello, nè di nessun altro avesse l'occasione di incontrare per le strade della Città Santa. Ricorda di aver visto nel pomeriggio il suo sin eater, Albus, e di aver provato nei suoi confronti una sincera insofferenza - non quella finta disapprovazione che a volte gli riservava per mantenerlo a debita distanza. No; semplice e sincera insofferenza dovuta alla sua crescente ansia nei confronti dell'arrivo del suo secondo genito. Da quel momento in poi le emozioni provate nei confronti di chiunque fosse inevitabilmente relegato alla sua fazione, risultarono più vere. Provò diffidenza nei confronti di certe guardie e sospetto nei confronti di alcuni sin eater, provò inimicizia nei confronti di civiltà lontane appartenenti al Credo e intolleranza nei confronti dei membri meno integrati della sua società. Provò sempre meno spirito di solidarietà e unione, sempre meno attaccamento alle radici della loro legge e del loro patto di comune alleanza e infine, non provò più niente e lasciò nelle mani capaci della sua famiglia, quanto di più rilevante riguardasse il Credo. Tris volle una pausa; e ne concesse una altrettanto doverosa a chiunque volesse staccarsi completamente da quella realtà claustrofobica, intrisa di un'ortodossia che non aveva più ragione di esistere. Si curò sempre meno dei doveri, convinta che lo scopo di Inverness fosse raggiunto, potendo quindi di conseguenza concedersi una lunga pausa. Tris era tornata ai soliti riti formali della scuola; aveva indossato con onore la sua spilla, si era rimessa sui libri, si era concessa più e più volte ricadute nel vizio della gioventù, raccontandoci ogni volta che, ne aveva il diritto. Era tornata a litigare per cose stupide, a imputarsi su questioni di principio, a litigare per punti casata e darsi alla competizione con i suoi antichi rivali dai tempi della scuola. Sì; Tris si è raccontato che poteva farlo, che in fondo, aveva lavorato sufficientemente perchè potesse campare di rendita per il resto della vita. Eppure, man mano che i mesi passavano, quella crisi esistenziale non sembrava allegerirsi. Non si sentiva né più prossima al godere finalmente dei suoi vent'anni, né più pronta a spolpare la vita di ogni possibilità che potesse offrirle. Sembrava piuttosto sempre più sciupata, infelice, insoddisfatta; sempre alla ricerca di nuovi modi per alimentare uno stato di polizia simile a quello sperimentato prima della fine della guerra. Eppure a quella vita si era abituata - si era rassegnata. Aveva accettato tutto ciò che aveva perso, tutto ciò che ormai era cambiato. Ma forse in fondo tutto cambia, affinchè nulla cambi. E ciò che era successo non ne era altro che la prova. Non lo sapeva, Tris, e non voleva accettarlo, ma avrebbe scoperto prima o poi che quella intuizione non era poi tanto lontana dalla realtà dei fatti. Sull'assenza di contattati mentali con la sua gente dopo settembre, non si è mai realmente interrogata. Chi una risposta l'aveva invece razionalmente ricercata, era giunto alla conclusione che con la scomparsa della nube grigia, il loro legame non aveva più ragione di esistere. Aveva esaurito la sua utilità. È inutile come lo siamo noi, era stato uno dei tanti commenti sarcastici mentali di Tris in merito. Da quel momento era vissuta come in un mondo ovattato, parzialmente cieca, parzialmente sorda, parzialmente utile, parzialmente viva. Si chiama inerzia, ed è uno stato poco interessate, contraddistinto da noia e insoddisfazione, di inettitudine e mediocrità.
    Carezzava una ciocca dei propri capelli quando i due ragazzi fecero la loro comparsa. Un'espressione di visibile quanto temporaneo sollievo si distese sul volto di lei, di un biancore simili a quelli delle vesti che aveva indosso. « Lo prendete molto seriamente Halloween, qui a Inverness, ah? » Le dita di Greg si strinsero attorno alle proprie, mentre lo sguardo di lei si spostò sulla figura di Percival rimasto leggermente più in disparte rispetto all'amico. Le apparve freddo e distante, specie nel momento in cui la salutò con un semplice cenno del campo a cui Tris rispose con uno altrettanto eloquente, prima di avvicinarsi sufficientemente da poter stringere Greg in un abbraccio che ebbe un sapore quasi disperato. Una stretta salda che si concluse con un leggero sussurro al suo orecchio mentre lo sguardo si ergeva ancora una volta sul ragazzo alle sue spalle. « Sono così contenta che tu abbia accettato di venire. » E' in tempi di guerra che si vedono i veri amici. « In una scala da 1 a 10, quanto è improbabile che tu mi abbia mandato a chiamare perché ti mancavo e volevi urgentemente una rimpatriata.. o che avessi bisogno di una mano con qualche esame di Incantesimologia applicata a qualunque cosa facciate voi del corso auror? » Si sciolse dall'abbraccio scuotendo la testa. Non doveva essere certo una novità che Tris non era un tipo da ripatriate o da visite disinteressate. La sua vita si ergeva pressoché esclusivamente su un sistema di rapporti di dipendenza. Solitamente lei faceva visita alla gente perché aveva bisogno di qualcosa, e gli altri, si recavano da lei perché erano sul punto di chiederle qualcosa. A quella realtà sfuggivano ben pochi elementi, e nessuno dei presenti - si disse, in maniera ingenua - sfuggiva a quella dimensione. « Dovremmo trovare un luogo privato per parlare. Delle lettere.. di tutto. » Non fu certo una sorpresa scoprire che ciò che premeva maggiormente Percy fossero le lettere. Sospirò appena annuendo, quasi infastidita dal modo in cui aveva interrotto una piacevole quanto amichevole conversazione con quello che ormai poteva definire certamente se non un amico, un suo alleato. Forse non era né il luogo, né il momento per lasciarsi dominare da vecchie questioni che non risultavano consone in quell'istante, ma nonostante ciò, vista dall'esterno, quell'intera situazione aveva di certo un sapore tragicomico. « Chi altro ha ricevuto il gufo del Ministero? » « Tutti. » Fu la sua fredda risposta, incrociando le braccia al petto, evitando volutamente gli sguardi dei presenti. « Lettere dal Ministero? Il Ministero della Magia ha mandato lettere - plurale? Su qualcosa avvenuta qui a Inverness e che ha a che fare con quelle inquietanti croci, che tutto mi sembrano fuorché parte integrante del vostro colorito folklore? Oh Merlinobbono. » Lo sguardo di Tris si erse interrogativo sul volto del giovane Watson con fare interrogativo. Non gli hai anticipato niente? Niente sulle lettere? Niente di niente? A quel quel punto, la piccola Morgenstern si costrinse a sorridere leggermente, seppur quel gesto apparisse estremamente forzato. Carezzò leggermente il braccio di Greg, e spostò lo sguardo su entrambi a intermittenza. « Signori, un problema alla volta. » Forse in fondo una rimpatriata è proprio ciò di cui abbiamo bisogno. « Nel frattempo ci tengo a precisare che nessuno sa che sei qui. » Disse rivolgendosi solo a Greg, seppur fosse consapevole che la stessa cosa valeva per il momento per Percy. « La Passaporta è sicura. Puoi scegliere di andartene in qualunque momento desideri e nessuno scoprirà mai che sei stato qui. Dovrai solo assicurarmi sin da subito, che semmai deciderai di tagliarti fuori da qualunque cosa ti mostrerò, ci permetterai di cancellare dalla tua mente qualunque cosa possa metterci in una situazione ancora più scomoda.. » ..e mettere anche te in pericolo. Spesso e volentieri, sapere è potere; ma cosa accade quando il sapere diventa paradossalmente una gabbia?

    C'è un solo luogo in cui Tris si sente di portarli. Lì dove tutto è iniziato. Segue una scia di vicoli stretti e passaggi segreti, spostandosi all'interno della sua città con la stessa sicurezza con cui si sposterebbe all'interno della propria abitazione. A entrambi ha offerto un mantello bianco, con la premura di tirare sul capo di Greg il cappuccio, affinché non venisse riconosciuto. Tra guardie e parole d'ordine sussurrate a bassa voce a diverse guardie che incontrarono lungo il loro percorso, giunsero ai margini della città, alle porte del Sacro Altare dei Cacciatori, nonché Cimitero dei Caduti della Gilda. Lì è morto Richard; lì si è ricongiunta a suo fratello; lì le è stato svelato il più antico segreto del Credo; lì stava per morire. E' lì che una notte di agosto, Tris ha dato inizio a una guerra di cui avrebbe scoperto, la sua gente sarebbe diventato principale perno. Giunta al limitare del cuore più sacro della città, Tris s'inginocchiò è altrettanto invitò a fare ai suoi due compagni. « Antiche anime del Credo e fedeli compagni guerrieri del Clan della Luna Crescente, è Beatrice, figlia di Richard a invocarvi. Permetteteci di varcare le sacre terre del vostro eterno riposo; le nostre intenzioni sono pure e prive di maligne intenzioni. Invochiamo la vostra protezione, affinché i nostri segreti vengano custoditi finché polvere diventeremo a nostra volta. » Attese in silenzio, continuando quella lunga scia di preghiere sotto voce. E così, dopo un po' la ragazza condusse i due nel cuore del cimitero, scese giù per una rampa di scale fino alla cripta che custodiva le sacre anime dei suoi antenati. E solo lì, nello stesso luogo in cui apprese per la prima volta della sua vera natura grazie all'intervento provvidenziale di Byron Cooper, rivelò loro quanto stesse accadendo.
    « Lo so che è chiedere tanto, Greg.. ma non so a chi affidarmi. Tutti quelli in cui ripongo fiducia sono stati bersagliati. Chiunque tra le persone a cui affiderei la mia stessa vita, sono coinvolti. Ci serve qualcuno che non potrebbe mai, nemmeno lontanamente essere preso di mira da tutto ciò. Io.. io ti prego, ti supplico.. » La voce le si spezzò in gola, mentre quelle parole veniva poste all'attenzione del giovane Olivander nella più solenne e disperata preghiera di cui fosse mai stata capace la giovane Morgenstern, con le lacrime che scorrevano a fiumi sulle sue guance. « ..ti imploro.. custodisci questo segreto per tutti noi. Non ti lasceremo solo. Nemmeno per un istante. E ti giuro, che semmai dovesse toccarti in alcun modo.. io ti giuro sulla memoria della mia defunta madre, che metterò a ferro e fuoco tutto ciò che hanno di più caro. » Pausa. « Giuro sul mio stesso sangue che questo peso non ricadrà mai sulle tue spalle. » Non ti metterà mai in pericolo. Non sarai mai un bersaglio. E semmai dovesse succedere.. guerra sia. Tris non era mai stata così convinta in tutta la sua esistenza. Forse perché non era mai stata attaccata così direttamente e così sul personale. Mai. Nemmeno quando avevano calpestato le sue terre e la sua gente; ai tempi, mosse di quel calibro le si poteva intuire, considerati gli anziani che guidavano la città. Ora però, la situazione era completamente differente. In tempi di pace, quel attacco diretto, quel macchiare i loro territori in quella maniera terribile era quanto mai sconcertante. I lycan avevano partecipato ai tavoli risolutivi del Ministero proprio per impedire quello scempio; evidentemente non è stato sufficiente. Lo Shame, il Ministero, forse addirittura parte dell'oppinione pubblica, aveva un talento nel dimenticarsi piuttosto in fretta chi aveva salvato loro la pelle.
    E così il custode segreto fu scelto. Da quel momento chiunque fosse stato interrogato sulle dinamiche della morte della Preside, non avrebbe potuto parlarne. Nessuno poté più parlare di croci o dei caduti di Inverness. Nessuno poté più descrivere la morte dei sin eater o parlare della melma che scorreva agli angoli delle loro bocche. Nessuno poté più dire cosa fosse successo quella mattina nella Città Santa. Qualcuno era morto; e questo era innegabile. Ma in quale circostanza fossero morti, era una questione che sarebbe rimasta nelle mani dei lycan, senza mai poterne effettivamente parlare all'esterno. Della sicurezza di Greg se ne sarebbero occupati in tanti, senza nemmeno sapere per quale motivo fosse così importante. Il corpo della signora Brown, venne restituito a Londra in una bara di marmo bianco, consegnata all'obitorio del San Mungo da un emissario esterno. Inverness chiuse le sue porte, in attesa della burrasca; le difese delle Highlands vennero intensificate. E quella stessa sera, durante la commemorazione dei morti, quando ormai il custode segreto fu al sicuro e Inverness ritornata in un regime più normale, la matriarca disse solo: « D'ora in avanti siamo per conto nostro. Abbiamo solo noi stessi e i nostri simili. »


     
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