Owl City

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    Un sonoro sbattere di ali arrivava dalla parte superiore della guferia, proprio sopra la sua testa, due civette dal piumaggio scuro stavano litigando per la posta caduta a terra. C’era stato un piccolo incidente, Mock, la civetta di un buffo undicenne dai riccioli biondi era nuova rispetto alle altre e possedeva un carattere molto fiero. Le piaceva sfrecciare a grande velocità all’interno degli archi a tutto sesto di pietra, i quali mettevano in comunicazione la torre del castello con l’esterno, causando confusione e scompiglio tra gli altri gufi. A Cillian Doherty piaceva molto osservare le dinamiche di quei pennuti, tanto intelligenti da riuscire a portare lettere e pacchi al mittente ma tanto sciocchi da bisticciare per un colpo d’ala involontario. Il moro diciasettenne aveva avuto la fortuna di potersi godere la scena dal principio, se ne stava lì seduto sui gradini fumando quel poco di erba folletta che gli fosse rimasta dall’ultima volta che aveva fatto rifornimento presso la sua spacciatrice di fiducia, con il naso all’insù cercando di cogliere un disegno che non c’era nelle traiettorie sbilenche di quegli animali volanti. L’aveva arrotolata, la canna, in una cartina di bambù che rubava dal bancone di suo padre e smerciava a scuola per appena una manciata di zellini, gli piacevano molto quelle stronzate ecologiche completamente senza senso, si illudeva che così avrebbe fatto un po’ meno male all’ambiente, ed era vero, ma non fumare sarebbe sicuramente stato meglio. Non aveva una vera e propria dipendenza, non si può
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    diventare dipendenti dall’erba folletta, lo ripeteva sempre più nella sua testa che agli altri, ma non era il principio attivo sballante ad attivare quel meccanismo di tremori se non ci si fosse fatti la dose necessaria per andare avanti, ma la sensazione mentale che questo provocava. Era una dipendenza finta la sua, dettata dal suo cervello che lo faceva spendere i pochi galeoni che la sua famiglia gli mandava in qualcosa di tanto futile, a volte se ne crucciava, a volte semplicemente alzava le spalle in segno di non curanza. Quindi, intontito dal tiepido sentimento di felicità crescente, sbuffava fuori dai polmoni catrame ma con i filtrini biodegradabili; i controsensi lo mettevano di buon umore.
    Ciò a cui aveva assistito provocò in lui uno scatto di ilarità che si espresse in una risata al limite dello sguaiato, si guardò intorno quasi preoccupato che qualcuno avesse potuto sentirlo, ma era solo, come sempre. In effetti la guferia non era uno dei luoghi preferiti dagli studenti per passare il tempo libero, ed era proprio questo uno dei motivi che lo aveva fatto diventare invece uno dei suoi posti prediletti. Amava andare lì a leggere, anche se a lungo andare le piume che cadevano sulle pagine del libro diventavano fastidiose, e non si poteva dire che i messaggeri alati profumassero di fiori. Più di tutto si divertiva a fumare le canne in quel posto, sembrava che i gufi si confondessero a causa dei fumi ed era capitato più volta di vederne qualcuno mancare il proprio alloggio sospeso, la cosa lo faceva sempre molto ridere. Il corvonero sceglieva solamente orari particolari per andare in guferia in modo da ridurre al minimo la probabilità che qualcuno lo vedesse andando a controllare la propria posta. Non che fosse un problema se qualche ragazzino dei primi anni lo avesse scoperto a fumare erba folletta ma Cillian voleva mantenere la parvenza di bravo ragazzo, almeno tra le mura del castello. Non che gli importasse granché di ciò che pensassero gli altri su di lui comunque, era solito fregarsene delle opinioni altrui ma quello che credevano i professori invece era diverso. Voleva che loro lo vedessero come uno studente diligente, un esempio da seguire. Non si era ancora dato una spiegazione per questo suo bisogno, forse era perché su di loro proiettava i propri genitori che mai avrebbe voluto deludere.
    Nella piccola zuffa a cui aveva assistito la civetta del carattere esuberante aveva infine lasciato cadere dagli artigli un pacchetto di api frizzole. Keith, che era il nome con cui tutti lo conoscevano lì ad Hogwarts, spense il filtro, e quel poco che era rimasto della cartina consumata, sul muro della torre per poi far bruciare con un semplice incantesimo le sue tracce di cattivo ragazzo. Si avvicinò al pacchetto di caramelle che era caduto a qualche metro dai suoi piedi e decise che quello fosse un segno del fato e che le api frizzole fossero quindi in realtà destinate proprio a lui. Non che credesse veramente in queste cose ma a volte gli faceva piacere pensare di essere inserito in un piano più grande, che tutto ciò che gli accadesse non fosse solo dovuto a pura casualità, come invece la parte razionale del suo cervello suggeriva. Seduto dove poco prima, ghignando, inghiottiva le gialle caramelle frizzanti guardando i pennuti prendersela tra loro.
     
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