How soon is now?

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    Cosa fa una Barbara Herondale semplice dopo una giornata di merda, in una settimana d'altrettanta merda di un mese il cui andazzo non è mai cambiato? Si siede su uno sgabello al bancone del pub di Inverness, il solito sgabello perché ormai è come se fosse riservato e se c'è seduto qualcuno lo guarda pure in cagnesco affinché sloggi immediatamente, chiede un bicchiere di vodka e rimane lì. Solitamente si mette a chiacchierare - ovvero ci scambia un paio di monosillabi indifferenti - con Marcus, il tipico, solito, quello che non cambia mai Marcus, quello che ci deve provare sempre perché sembra essere una questione di vita o di morte. Lui parla, lei nemmeno finge di ascoltare mentre si guarda intorno, lui richiama la sua attenzione, lei lo guarda male e borbotta qualcosa in russo, lui prova a sorriderle, condendo il tutto con un "La stanchezza ti rende più bella" e lei è costretta a mandarlo dove vede andare. « Marcus ti prego, non c'ho proprio voglia di mandarti affanculo pure stasera. Fai un atto di clemenza verso te stesso e aiutami a risparmiarti. » Ne incontra gli occhi verdognoli e per un attimo ha un flashback. Si ricorda quella sera, di un anno e passa prima, quando quegli occhi erano fin troppo vicini ai suoi, quando lei era talmente brilla e fuori di sé da avergli quasi permesso di baciarla. Se non fosse arrivato Rocky. A rompere i coglioni come suo solito. Si rabbuia, mentre il biondo la fissa al di là del bancone. Hank l'ha promosso: da cameriere a barista e provarci con la gente non è stato mai più facile di così. « Lo sai che mi piaci pure di più quando ti arrabbi. » Le narici di lei si dilatano, con gli occhi che corrono verso il proprio cellulare, appoggiato lì, nello spazio che li divide e che ora sembra essere diventato importantissimo per la mora, tanto da doverci concentrare tutta la sua attenzione. E sembra essersene accorto pure Marcus perché, con un gesto repentino, glielo sfila da sotto il naso, lasciandolo scivolare sul bancone scuro, a qualche centimetro di distanza da lei. Oh, non l'hai fatto davvero. Il volto della giovane scatta repentinamente, così come si serra la sua mandibola nell'incontrare gli occhi di lui. « Ma allora dillo che vuoi morire, dillo che ti accontento facile. Non c'è davvero problema, basta chiedere e sarò ben felice di soddisfare i tuoi bisogni masochistici. » Pure con tanto dolore. Una falange per ogni volta che mi hai fatto girare le palle. Allunga la mano a riprendere il telefono, guardando l'uomo in cagnesco e sta per aggiungere altro quando sente l'odore di Verlac entrare dalla porta d'ingresso. Lo guarda di sottecchi, furtiva come una ladra, e lo fissa, seguendone i movimenti fino a quando non si ferma ad un tavolino. Lo guarda da sopra la spalla, in silenzio, cercando di valutare se sia il caso o meno di mettersi in mezzo a quella situazione. Perché Delilah dice che non ne vuole parlare. Non fa nomi. Continua a dire che era ubriaca, che si ricorda poco. "Non era pronto per fare il padre, va bene così, non è importante. Guarda Eddie come cresce bene, siamo noi la sua famiglia." Ed è vero, sono loro sua famiglia, ma lui crescerà, si farà domande e andrà ad alimentare i dubbi che arrovellano la mente, fin troppo cervellotica, di Bobbie. Devi essere tu. Le gironzoli sempre intorno, sorridi, sei fin troppo espansivo in sua presenza, gironzoli fin troppo in casa mia. Devi essere per forza tu. Fissa il moro con occhi rapaci,
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    stringendo talmente i muscoli intorno ad essi da cominciare a provare dolore. Se gli sguardi potessero uccidere, amico mio, avresti la giugulare tagliata in due da circa dieci minuti. « Ommioddio. Non mi dire che ti piace lo sbudellatore. » Diventa rossa. Lo sente, le prendono fuoco le guance ma comunque fissa Marcus con rabbia, prima di allungare la mano verso la sua camicia. Ne prende un lembo e lo tira giù, con la faccia che finisce contro il bancone. C'è talmente chiasso, tra la musica e chiacchiericcio vario, che solo la ragazza seduta di fianco a lei, poco più distante, sobbalza, presa alla sprovvista. « Dillo un'altra volta e non ti ritrovi più la lingua. » Gli sussurra piegandosi su di lui, prima di alzarsi, decisa a seguire il mood che la sta animando. Perché più pensa a quanto sia stramba e assurda la situazione tra Delilah e Alexander, più si convince che non può che essere lui il deficiente che ha deciso di non prendersi le sue responsabilità. Facile, non vuoi fare il padre ma l'amico della mamma sì, eh? Comodo così. « Alexander! » Si pone di fronte al suo tavolino con un sorriso finto come una banconota da 3 sterline e un saluto che sembra presagire tutt'altro. Vorrebbe dirgliene di ogni, più per il cattivo umore che ha addosso che per una realtà effettiva, ma non ha prove e non vuole essere etichettata con il solito cliché della donna mestruata. Così adotta la tattica opposta. Sempre un po' incattivita con il mondo, giusto per non destare troppi sospetti nella testa del moro, ma più gentile. Come la sorella della sua miglior amica dovrebbe comportarsi e come solitamente fa, quando lo becca sul divano di casa. « Mi hanno dato buca all'ultimo e volevo farmi una partitina a biliardo. » Guarda le sedie vuote intorno al suo tavolo. « E dato che sei solo pure te, beh.. » ..capito, no? Alza le sopracciglia, come ad esplicitare il suo invito. « Marcus dice che sei un campione. » Guarda verso il bar, lì dove il biondo li osserva con un cipiglio decisamente poco amichevole. Magari è la volta buona che smette di rompere le palle. Pensa mentre si sposta verso il tavolo da gioco. E sa che ha altro a cui pensare in quel momento. Deve carpire, scoprire cose, far venire alla luce le verità che sua sorella non ha intenzione di dirle. E spero vivamente, per il tuo bene, che non sia davvero tu chi io sto cercando. « Mese stressante, eh? » Butta lì la prima stronzata che le passa per la testa, giusto per riempire un po' il silenzioso vuoto che già si stava creando tra di loro, essendo entrambi due esseri decisamente poco avvezzi al parlare. Che è pure un cazzo di eufemismo, dopo Halloween, ma vabbè. « Senza contare l'avere un adolescente in casa.. » Ding, ding, ding. Decide di prendere quel bivio e buttarsi a capofitto in quella che, a tutti gli effetti, è una situazione a lei familiare. In fondo anche lei si è presa cura di un'anima rimasta orfana post guerra. Un punto comune, quello, che va sfruttato come se fosse il punto debole dell'uomo che ha di fronte. « Quando avevo Lyanna in casa, ricordo che era davvero un casino ovunque. » Falso. Non c'è niente di più falso, dato che era sicuramente la piccola Branwell ad essere l'ancora della famiglia in quel periodo, con Rocky, al contrario, che faceva l'adolescente della situazione. Sistema il triangolo al centro del panno verde e al suo interno sistema le palle colorate, come lo schema di gioco comanda. « Che poi ti è capitato tra la testa e il collo, come me con Lyanna, no? » Le parole lasciano le sue labbra con naturalezza, mentre continua la preparazione. « Dì la verità: non eri pronto ad essere padre, mh? » Alza il triangolo bianco e solo allora fa lo stesso con i suoi occhi che si fissano su quelli di lui. Sorride, angelicamente, prima di inarcare leggermente un sopracciglio. « Prima i signori. »


    Edited by red sparrow. - 16/12/2019, 01:55
     
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    "Pensi di tornare presto sul campo?" La domanda di Terrence squarciò il silenzio serale all'improvviso. Con le gambe a penzoloni su uno dei muri più alti di Inverness, in posizione di vedetta, i due si erano ritrovati a condividere il turno come spesso accadeva. Ad Alex non dispiaceva: Terrence era un tipo di poche parole, che si faceva gli affari suoi e non veniva messo in alcun modo a disagio dal silenzio. Tuttavia, a differenza sua, di tanto in tanto sentiva il bisogno di colmare il vuoto di interazione con qualche domanda circostanziale, una a cui probabilmente aveva pensato per diversi minuti, chiedendosi se fosse il caso di porla oppure no. In tutta risposta, Alex si portò alle labbra la borraccia, prendendo un sorso d'acqua prima di stringersi nelle grosse spalle. "Fosse per me, anche adesso. Ma penso che in questo momento sia meglio agire con cautela." Una massima che valeva per tutti i cacciatori, in seguito ad Halloween, ma che per lui sembrava imporsi quasi come un diktat. D'altronde l'opinione pubblica del mondo magico non lo aveva particolarmente a cuore, e di certo lui non aveva alcuna intenzione di dare il benché minimo assist al Ministero per spalare merda su Inverness ancora una volta. In tutta risposta, Terry si limitò ad annuire, sospirando appena tra sé e sé. Nessuno dei due poteva prevedere ciò che sarebbe accaduto, ma entrambi avevano vissuto abbastanza per sapere che di certo non sarebbero stati convocati dal Ministro per ricevere alcuna medaglia al valore. "Mi sa che si stava meglio quando nessuno sapeva di noi." Alex stirò le labbra in un'espressione enigmatica, che non dava margine di capire se fosse d'accordo o meno con le parole appena dette dal compagno. D'altronde Verlac non era tipo da buttarsi in discorsi di carattere ipotetico, volti a sospirare con nostalgia verso un presunto passato virtuoso che non sarebbe più tornato. Questo era il loro presente, questa era la loro posizione - su tutto il resto non aveva senso discutere. In seguito a quella frase lasciata nel vuoto, passarono dunque un'altra oretta in religioso silenzio, intenti a scrutare un orizzonte immobile che si faceva sempre più scuro e punteggiato da piccole stelle argentee. Poi, puntuali come un orologio svizzero, Joshua e Agnes arrivarono a dargli il cambio. "Birra?" chiese diretto Alex, una volta poggiati i piedi a terra sul selciato di Inverness. "Stasera passo, è il compleanno di mia sorella e le ho promesso di farmi vivo." Un lieve imbarazzo andò a seguire quelle parole. "Se vuoi puoi unirti, eh." In risposta, Alex scrollò velocemente le spalle. "Tua sorella ha sedici anni e la conosco a malapena. Grazie dell'invito ma passo." D'altronde non aveva senso presentarsi lì, senza un regalo, alla festa di qualcuno che conosceva giusto di vista e starsene in disparte a guardare un branco di marmocchi giocare a qualunque gioco fosse in voga al momento. Terrence non lo poteva evitare, ma lui sì..e lo avrebbe fatto, preferendo di gran lunga sedersi al pub, scolarsi una birra e andare a dormire.
    Il Jailbreak, come al solito, era mezzo pieno. Quasi tutti i cacciatori, dopo una lunga giornata di lavoro, si incontravano lì per bere qualcosa e sfidarsi a uno dei classici giochi da pub tipo biliardo o freccette. Era un modo come un altro di fare gruppo, o quanto meno di scordarsi per un po' del fatto che il giorno dopo sarebbero stati chiamati nuovamente alle armi, senza sapere se il compagno della serata sarebbe tornato o meno. Forse ora la situazione era più semplice: molti di loro rimanevano all'interno delle mura, trincerati all'interno di quell'indipendenza che gli era stata concessa con una certa riluttanza. Molti, in seguito alla trasformazione, avevano sviluppato una coscienza più ampia, trovando difficile dare la caccia a mostri che adesso non sembravano poi tanto dissimili da loro. Altri, invece, sebbene fossero una minoranza, se ne andavano anche per mesi, facendo il proprio lavoro esattamente come lo avevano fatto prima. Alex, in quell'equazione, si trovava nel mezzo. Non aveva alcuno scrupolo di coscienza nel piantare un paletto nel cuore di un vampiro fuori controllo, ma ci pensava comunque due volte prima di decidere se una creatura fosse pericolosa o meno. Un tempo lo erano tutte. Chiunque fosse diverso doveva meritare la morte. Non importava se fossero semplicemente spaventati, se avessero bisogno d'aiuto. Non erano umani e dunque erano una minaccia. Alcuni di loro sembravano provare nostalgia nei confronti di quei tempi, definiti come più semplici e chiari. Non Alex - per lui era cambiato davvero poco dal prima al dopo, avendo sempre agito a coscienza propria.
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    Prese posto a un tavolino in fondo alla sala, ordinando un boccale di Guinness e una ciotola abbondante di noccialine, entrambe cose che arrivarono piuttosto velocemente. Rivolse alcuni cenni di saluto ai presenti, senza tuttavia avviare alcuna conversazione, ma limitandosi a sorseggiare in silenzio la propria birra, sgranocchiando qualche salatino in silenzio. Di tanto in tanto sentiva vibrare il proprio cellulare in tasca, ma non lo estrasse mai, convinto del fatto che chiunque lo contattasse al telefono lo facesse per stupidaggini o, peggio ancora, che si trattasse di quella stramaledetta app di foto che Simon gli aveva installato; ogni qualvolta ne aprisse la home si ritrovava sommerso di immagini rappresentanti tette e culi sporgenti, per giunta di gente che non conosceva affatto. Simon diceva che quella fosse la vera funzionalità di Wiztagram, e che lui dovesse mettere mi piace a tutte, perché tanto con tutti quei muscoli che aveva sarebbero state loro a scrivergli per prime. Alex, dal canto suo, la reputava una grandissima puttanata, oltre che una forma ben poco lusinghiera di esibizionismo. "Alexander!" Abbassò il boccale di birra per incrociare lo sguardo di Barbara Herondale, a cui rivolse un sorriso che, per i suoi standard, era ritenuto amichevole. "Ciao Bobbie." disse, serenamente, senza aggiungere altro. "Mi hanno dato buca all'ultimo e volevo farmi una partitina a biliardo. E dato che sei solo pure te, beh.." Sporse il capo verso il tavolo da biliardo, dandosi qualche istante per chiedersi se ne avesse davvero voglia prima di decretare tra sé e sé che non fosse una cattiva idea. Così si strinse nelle spalle, buttando giù un sorso di birra prima di rilanciare con un retorico "Perché no?" e fare per alzarsi dal tavolo. "Marcus dice che sei un campione." Un piccolo sorriso ironico si dipinse sulle labbra di Alex. "Dalla prospettiva di Marcus sono tutti campioni." Diciamo infatti che il barista non era famoso per la sua bravura quando si trattava di attività che richiedessero un minimo di coordinazione occhio-mano, non a caso era ampiamente sbeffeggiato da tutta Inverness per essere uno di quei cacciatori negati che avrebbe fallito un tiro pure se qualcun altro avesse mirato per lui. Così si era dato al bar, attività in cui riusciva decisamente meglio, se non per il fatto che tendeva a mettere spesso a disagio la clientela femminile. In questo, però, Alexander non si intrometteva: nessuna donna a Inverness aveva bisogno di protezione. "Mese stressante, eh?" Si strinse nelle spalle, passando il gessetto sulla punta della stecca da biliardo. "Abbiamo avuto di peggio." D'altronde, in confronto a tutto quello che avevano passato fino a un anno prima, la situazione attuale sembrava quasi una passeggiata al chiaro di luna. "Senza contare l'avere un adolescente in casa..Quando avevo Lyanna in casa, ricordo che era davvero un casino ovunque." Annuì, senza aggiungere nulla, mentre dentro la sua testa cominciava a formarsi l'idea che Bobbie avesse bevuto qualche bicchierino di troppo e si sentisse in vena di chiacchiere. Di solito, infatti, i due comunicavano ben poco, essendo persone affatto disposte al dialogo o imbarazzate dai silenzi. "Che poi ti è capitato tra la testa e il collo, come me con Lyanna, no? Dì la verità: non eri pronto ad essere padre, mh?" Rimase piuttosto interdetto da quelle parole, sottolineate in maniera particolare dal tono di voce di lei. Alexander non si era mai davvero visto come un padre quando pensava a Simon. Forse più come un fratello maggiore, o uno zio. Insomma, si occupava di lui perché non poteva sbatterlo fuori di casa, e a questo punto non ne avrebbe nemmeno avuto il cuore. Sapeva, da qualche parte dentro di sé, che forse ciò che stava facendo lo portava inevitabilmente a stagliarsi come una sorta di figura paterna nell'immaginario di Simon, ma non ci aveva mai riflettuto troppo. Aggrottò dunque la fronte, alzando lo sguardo dal triangolo negli occhi di Bobbie. Nelle sue iridi non c'era durezza, ma piuttosto un misto tra quel suo fare pensieroso un po' fosco e la semplice convivialità della situazione. "Si è mai davvero pronti a diventare padri?" Chiese, fissandola da sotto le ciglia mentre cominciava a chinarsi sul tavolo da gioco, prendendo la mira verso la palla bianca. Tirò indietro la stecca con lentezza, aspettò qualche istante e poi colpì, facendo schioccare la bianca contro quella color bordò, la quale mandò in buca l'azzurra con la spinta di un colpetto. A quel punto, con bianca e rossa ben allineate, fu piuttosto semplice far centro anche con la seconda. Il terzo tiro, tuttavia, non andò a segno. Si rialzò dunque dal tavolo con un sorriso, facendole cenno con la mano di prendere il turno. Dal canto suo, Alex scolò ciò che rimaneva del proprio boccale, facendo cenno a Marcus di portargliene un secondo. "Tu vuoi qualcosa?" chiese dunque a Bobbie, accennando col capo al bicchiere vuoto che teneva fermamente per il manico. Il refill arrivò prontamente, e con un generoso sorso Alex si appoggiò con la spalla contro una mezza colonnetta che sporgeva dal muro, osservando il gioco della Herondale. "Non pensavo che guardassi a Lyanna come a una figlia." un altro sorso, mentre inclinava appena la testa di lato. "Ti fa onore." E' anche vero che voi donne siete più materne di quanto noi siamo paterni, in queste circostanze. Lo sentite di più. Rimase in silenzio per qualche istante. "Tu eri pronta a farlo?"

     
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    "Abbiamo avuto di peggio." Cristo santo, certo che sei peggio di me a parlare. Qua servono le tenaglie. Commenta mentalmente, mentre a lui restituisce semplicemente un annuire con il capo. Ha ragione, nulla è in confronto alla storia assai recente, tra Lockdown, strumenti infernali e guerre sante. Eppure mai prima di quel momento erano state trovate assassinate delle persone ad Inverness. Non tre, una strega e due sin eater, su delle croci, a ricordare così tanto avvenimenti raccontati nella Bibbia. « Verrà di peggio. » Si sente di commentare, con una smorfia. Lei, in fondo, è dentro quelle dinamiche, volenti o nolenti, lavorando come Auror. Seppur non ci siano questi gran commenti tra i suoi colleghi - anche se la scelta di trincerarsi prima dentro Inverness, poi nella convinzione di non voler collaborare non è stata presa di buon grado né da RJ né da altri -, quelli succulenti serpeggiano tra gli uffici Ministeriali. Chi già è pronto a mettere la mano sul fuoco sul fatto che è tutta una gran manovra diversa di Inverness per insabbiare qualcosa di veramente, veramente grosso, chi pensa che non c'è uno senza due e che la passione principale di Tris sembra essere accoppare presidi di Hogwarts, chi crede che la Commissione che supervisionava i patti ha fatto una gran cazzata a rendere Inverness una città indipendente, così da non avere più nulla per tenere a bada quella che è una comunità così diversa da quella magica inglese. Tante sono le occhiate che sente di ricevere durante una pausa caffè, quando si trova di passaggio al Ministero. Tanti sguardi che potrebbero benissimo bucarle la schiena, tanto sono insistenti, alle volte. E probabilmente, la cosa peggiore di tutta quella situazione è il sapere di non poter rispondere. Solitamente rivolge a tutti la sua tipica faccia impunita, con il mento alto e il naso all'insù, ma sa bene che non ci sarebbe miglior stroncatura a tutto ciò di una bella risposta alla cazzo targata Barbara Herondale. Una delle tante che le passano per la testa quando incontra quegli sguardi, insomma. « Il Ministero non si fermerà, così come Inverness continuerà a non dare risposte. Capisci da solo che, se non è oggi, domani qualcosa di grosso arriverà. » Che arrivi dal Ministero o magari da un asteroide deciso a far finire la vita umana sulla Terra, chi lo sa.
    "Si è mai davvero pronti a diventare padri?" La sirena dell'allarme antiaereo, nella sua testa, comincia a suonare all'impazzata. "Tutti ai bunker. Tutti ai rifugi antiaereo prima che calino le prime bombe." Le mani di Bobbie, in attesa, appoggiate al tavolo fino a quel momento, scattano d'istinto a stringerlo. I tendini sul dorso si fanno più evidenti così come è possibile scorgere un leggero tremolio della vena sulla sua fronte. Cosa. Cazzo. Ha. Appena. Detto? La testa cerca di girare in maniera razionale, seppur sia evidente quanto non riesca davvero a farlo. Perché l'istinto le sta dicendo tutt'altro, ma dall'altro canto, dal suo addestramento di anni, sa che un indizio non fa una prova. E' una sensazione la sua, nient'altro che quello e, proprio in virtù di questo si rilassa. O almeno tenta di farlo con quello che potrebbe apparire un sorriso nervoso che spera che lui non colga, concentrato com'è a fare buche su buche. Ma porca troia, se scopro che ha messo incinta mia sorella e mi batte pure a biliardo, spacco qualcosa. Possibilmente lui. « Non saprei. In effetti tutti quelli che conosco - due in croce, ma son dettagli - si sono ritrovati papà senza averlo pianificato. » Rocky non le ha mai raccontato, per filo e per segno, com'è che ha scoperto di Nana, ma sa per certo che, se prima non fosse molto convinto di voler far parte della sua vita, una volta che i suoi occhi azzurri hanno incontrato quelli dell'allora piccoletta, non c'era stato niente da aggiungere. « Non so, in teoria si dice anche che gli uomini non abbiano lo stesso livello d'istinto al creare un nido famigliare. Che le donne siano state ideate per essere un contenitore che, ad un certo punto della vita, si riempirà di ormoni su ormoni che le costringerà a cominciare a pensare prima al tulle bianco, poi ai fiori per la chiesa, poi al nome del primo figlio e poco dopo del secondo, fin quando non avranno la loro bella famiglia e non importerà più di altro. » Fallisce la terza buca e lei sorride, valutando quale mezza attaccare per prima. « Ma questa è davvero una stronzata. Io, per esempio, non ho mai sentito questo richiamo. » Sei una falsa di merda. La sente, quella voce, ben distinta nella sua testa, mentre si abbassa verso il tavolo e si posiziona in linea diretta con la blu rigata. Sa bene quanto, seppur veramente non senta minimamente l'istinto materno, le costi il pensiero che un giorno, per colpa dell'operazione standard che ogni cadetta dell'Accademia riceveva poco dopo lo sviluppo, non potrà nemmeno pensare di poter avere figli. Un tempo era la scelta obbligata. Una spia non
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    deve avere distrazioni e nel pacchetto sono inclusi anche eventuali bambinetti scorrazzanti. Ma ora? Ora sente semplicemente di non aver scelta e che il suo essere sterile sia la causa maggiore del perché si neghi sempre a qualsiasi storia d'amore. E se poi dovesse andare avanti? E se poi si facesse più seria e io non potessi rendere l'altra persona felice? Tutte farneticazioni, le sue, rinchiuse in un cassetto della sua mente, silenziate ormai da tempo e che non sembrano minimamente turbarla mentre scocca il primo colpo lasciando che la palla vada a segno. « Invece tu, all'apparenza, sembri uno che potrebbe star pensando di metter su famiglia. Soprattutto dopo aver preso Simon sotto la tua ala. » Cammina intorno al tavolo, stringendosi nelle spalle, come a voler rafforzare la casualità che attribuisce a quelle parole. "Tu vuoi qualcosa?" « Una birra anche per me! » Dice, per poi tornare a concentrarsi sulla palla verde. La punta, con sguardo rapace e poi fissa la mezza rossa, poco più in là. Magari se tiro verso là.. Ragiona fitto fitto, con la luce puntata sopra il tavolo che le permette di valutare ogni angolazione possibile. E' talmente concentrata che non si accorge nemmeno dell'arrivo di Marcus con due boccali. "Non pensavo che guardassi a Lyanna come a una figlia. Ti fa onore. Tu eri pronta a farlo?" Oh, ma ti prego. « Non vincerai deconcentrandomi con domande così insidiose. » Sogghigna, prima di tirare indietro la stecca e tirare. La bianca batte contro la sponda laterale, colpisce prima la rossa, poi la blu ed entrambe, una in quella di destra, una in quella sinistra, finiscono in buca. Si rialza, con un ghigno soddisfatto a piegarle le labbra. « Era giusto per dartene una dimostrazione. » Arriccia il naso, prima di prendere il proprio bicchiere per buttare tre sorsi belli generosi, per poi tornare al tavolo. Punta un'altra palla. « Credo mi sentissi più come la sua sorella maggiore. » Le manca davvero tanto Lyanna, ci sono volte che sa con certezza che, la piccola dai capelli rossi, sarebbe l'unica in grado di capire certi suoi stati d'animo, certe sue smorfie, certi suoi pensieri. Adattarsi l'una all'altra, essendo estremamente simili sotto molti aspetti, era stato davvero semplice. Silenziose e riflessive entrambe, perfettamente in grado di stare insieme rispettando l'una lo spazio e la pace mentale dell'altra, senza alcun bisogno di mettere in mezzo inutili chiacchiere di circostanza. « Ma lei aveva una famiglia. Io sono stata mmh, come dire, una tappa necessaria del suo cammino, quando l'ho trovata a vagare per i boschi, in preda alla paura di non sapere per quale motivo si fosse trasformata. » Tira di nuovo, con la bianca che non prende alcuna palla e quindi risulta essere un tiro nullo. Si stringe nelle spalle e fa qualche passo indietro, per permettere ad Alex di guardare il campo da gioco. « Ben diverso dal ruolo che hai tu con Simon, credo. » Dice poi, lanciandogli un'occhiata prima di andare a recuperare la birra. Un altro sorso ancora. « E' orfano, non è così? » Chiede poi, appoggiandosi al lato del tavolo opposto a quello dove sta tirando l'uomo. « Questo sì che ti rende davvero onore. Non è una cosa da tutti, prendersi certe responsabilità. » No, Alex? Non vorrai dirmi che ti sei preso la responsabilità di un orfanello e non del bambino di Lilah, vero? « Prendi Delilah ed Eddie, per esempio. Lì, qualcuno ha deciso di darsela a gambe e mio nipote crescerà sicuramente meglio, senza quel bastardo senza palle tra i piedi, ma non avrà mai una figura paterna di riferimento. » Scuote la testa, veramente sconsolata a quel pensiero. Di certo, zia Bobbie gli ricorderà sempre quanto lui sarà diverso da quel codardo di suo padre e di quanto sia stato un bene, alla fine, non averlo nella sua vita. Le radici cattive vanno estirpate non appena la pianta comincia a seccarsi sulla cima delle foglie. « Non è un'ingiustizia questa? » Eh, Alex? Non lo è?
     
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