I measure every Grief I meet

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    Sta dietro il bancone, osserva la gente muoversi davanti ai suoi occhi cangianti e sorride, di tanto in tanto, perché non può farsi vedere con il muso lungo. Eppure è una sensazione di tristezza quella che la prende nel guardare quei signori in giacca e cravatta che si muovono sullo sfondo, chiacchierando con questa e l'altra signorina che finge di sorridere per cortesia, giusto per non risultare la stupida di turno che non ha capito la battuta appena fatta, oppure sorride davvero e allora cazzo, hai la bocca storta! Li guarda vivere una vita che non le è mai appartenuta e che forse un po' l'ha sempre affascinata. Distante, altolocata, sofisticata ed elegante. Tutto il contrario della sua vita abituale, fatta di stramberie, di lezioni, fogli ovunque sparsi per quel buco quattro per quattro che è la sua cameretta nel complesso di Grifondoro, post it attaccati ovunque, enormi bicchieroni di caffè scuro e le occhiaie talmente spesse da non essere coperte nemmeno più dal suo correttore che Pantone assicura essere una bellissima tonalità di "Bianco cadavere". Un colore che sembra starle così bene, dopotutto. « Un Martini con ghiaccio. E con un'oliva siciliana, mi raccomando. » La voce di un uomo, sulla cinquantina, la fa sobbalzare sul posto. Lui le sorride, probabilmente accortosi di averla colta di sorpresa, nel bel mezzo di un sogno ad occhi aperti. « Agitato, non mescolato. » Commenta, con un sorriso a trentadue denti, come quel palo in culo della responsabile di sala, Harriett, le ricorda di fare ogni tre per due. L'uomo inarca un sopracciglio, rivelando una punta di stupore. « Conosce i film di 007? » La guarda e lei non può fare a meno che sorridere, questa volta veramente. Perché Karma è felicissima di poter sfoggiare quanto sia preparata in fatto di film e cultura cinematografica babbana e magica. Un suo guilty pleasure, quello, condiviso con sua mamma Hannah. « Diciamo che ho avuto una brava maestra in questo. » Si ritrova a sorridere, in modo benevolo, nel pensare a sua madre e a tutte quelle sere passate insieme, sul divano, a guardare e riguardare film che, con il senno di poi, sono stati l'ancora di salvezza per la sanità mentale di Karma, durante il periodo passato al San Mungo. Guarda le mensole sulle quali sono stipate le bottiglie di super alcolici da usare per i drink. Senza nemmeno pensarci troppo, ormai memorizzata la successione ordinata in ordine alfabetico, punta la bacchetta verso la bottiglia scelta e la muove verso il bancone, lì dove ha già posizionato una doppia coppetta dalla corolla ampia, con un cubetto di ghiaccio. « Per caso, vuole anche un bicchierino di vodka speciale? Magari per la signora che è con lei? » Gli fa l'occhiolino, complice, mentre gli indica la bottiglia di Belvedere 007 Spectre Limited Edition che è nello scaffale con un cenno del capo. L'uomo sorride, probabilmente lusingato da tutte le attenzioni che la ragazza gli sta riservando, come da schema. Prendi questa Harriett. « Camille apprezzerà sicuramente. » Karma annuisce, non rispondendo, mentre le sue mani si muovono veloci sopra il mixing glass di ghiaccio. 1cl di dry vermout, 6cl di gin, una bella shakerata e poi via di strainer per filtrare il ghiaccio mentre il composto scivola nel bicchiere dalle pareti ormai fredde. « E un'oliva, rigorosamente siciliana. » Sorride dopo averla fatta scivolare dentro il bicchiere, alzando gli occhi sull'uomo, mentre la bottiglia di Belvedere, incantata, versa un po' della sua vodka, dentro un tumbler. Ed è mentre i suoi occhi fissano il volto rigato dall'esperienza che ha davanti a sé, che la sua attenzione viene catturata da un movimento fulmineo sullo sfondo. Si spostano, gli occhi azzurri, a fissare il ragazzo e per qualche istante non lo riconosce. E' vestito bene, come quel luogo richiede, eppure il vestito elegante sembra essere di qualche taglia più grande della sua, come se fosse troppo piccolo per stare in un locale del genere e abbia rubato lo smoking al padre. Sbatte le ciglia, un paio di volte, prima di mettere davvero a fuoco il suo volto. La mandibola le si irrigidisce all'istante e il gelo traspare dai suoi occhi che diventano grigi, quasi bianchi. « Si sente bene signorina? » Lui le domanda, ma lei è ormai presa da tutt'altro. Annuisce, senza riuscire a spiccicare parola. Lui, interdetto, prende i due bicchieri e si allontana mentre lei continua a fissarlo. Quel miserabile figlio di puttana. Quel fottuto stronzo che l'ha contagiata e poi, quando era il momento di rendere conto delle sue azioni, ha deciso di volatizzarsi nel nulla, lasciando a lei la sola consolazione di intasare la sua casella postale di lettere minatorie e parole che di dolce non avevano nemmeno il nome. Deglutisce, mentre qualcosa dentro lei si incrina, con le dita che pizzicano la pelle del braccio opposto, stringono forte, come a volersi risvegliare da un brutto segno. Non sei qui, non ci sei davvero. Poi lui si gira a guardare verso il bancone e lei, senza nemmeno pensarci troppo, si abbassa, sotto il livello del mogano scuro. Si acquatta tutta, con la testa infilata dentro lo sportello del lavabo. « Che cerchi lì sotto? Hai perso un orecchino? » Il volto della ragazza si muove verso Émile Carrow, che sta lì, in piedi, pronto a dargli una comanda, con ogni
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    probabilità. « Io, ehm, no..cioè sì, ma non lo ritrovo. Fa niente. » Commenta, evidentemente confusa. Rimangono in silenzio, per qualche istante, mentre lei continua a fissare il dentro del mobiletto. « Ehm, allora perché non ti tiri su? Il tavolo 12 vuole u- « Ascolta Emi, mi serve una mano. Mi sono accucciata qui sotto per nascondermi perché è entrato un ragazzo che non voglio assolutamente vedere. Ha la giacca che gli va larga sulle spalle, color bordeaux. Biondiccio, alto, uno che dici "Guarda che stronzo" già a prima vista. » Si ferma per guardarlo scandagliare la sala. « Okay, sì..trovato.. » « Dov'è? Che fa? » « Cammina, cammina, forse si ferma al tavolo 34, no aspetta, ha deciso di no, cammina, cammina ancora, saluta un uomo alto, con i capelli rosso e.. » « E? » « Sta entrando nel bagno dei maschi. » « Grazie Emi, sei un tesoro. » Gli sorride, rialzandosi su due piedi, per poi fissarsi le mani. Stanno tremando, di vera rabbia. Se un secondo prima non voleva vederlo, ora è lei che vuole vederlo. Così si muove verso il separè di legno che rende inaccessibile l'angolo bar ai non addetti. « Ma dove vai? E l'ordinazione del tavolo 12? » « Fai pratica che poi magari Renton ti dà una promozione. Oppure chiedi a Rose che sicuro ti dà una mano se le sorridi, è cotta di te. Arrivo subito. » Si giustifica, senza aspettare una vera risposta. Si è, infatti, già fiondata verso il bagno a grandi falcate e con la mano spinge la porta per ritrovarsi alle sue spalle. E quello che succede dopo è tutto frutto soltanto di un automatismo. Le dita corrono a chiudersi intorno alla bacchetta, riposta in una tasca sotto il grembiule, e la punta contro di lui, avvicinandosi di soppiatto, fin quando l'estremità non cozza contro la sua giacca. « No, non sono felice di vederti. » Taglia corto, anticipando la battuta squallida che è certa, altrimenti, sarebbe arrivata. « Che cazzo ci fai qua? » Ringhia, con la voce arrochita dalla rabbia. Non lo guarda in faccia, e questo forse è un bene perché non è certa di essere pronta ad affrontarlo guardandolo negli occhi. Nell'ultimo anno ha creduto di sì, ne era estremamente convinta, ma ora che ci si trova, è tutto un altro paio di maniche. Si fa comunque forza, memore dei giorni in cui il desiderio di fargli male, davvero male, l'aveva posseduta ben più di una volta e in maniera assai prepotente. « Dammi un motivo buono per non cruciarti qui, in questo istante. » Non aspetto altro da mesi.


    Edited by anesthæsia¸ - 11/12/2019, 16:37
     
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