L'idea, di base, era vederlo.
Non aveva mai fatto del suo appuntamento con gli AA una questione seria: iniziata per gioco era poi semplicemente divenuta una cosa di routine, una tappa tra le altre che la teneva impegnata, che le offriva un caffè e una ciambella quando era affamata. Aveva iniziato a significare qualcosa solo dopo che era già diventato un vizio, quando la necessità di colmare un vuoto aveva reclamato a gran voce la compagnia di quelle persone. A poco a poco quello era infine diventato il
suo gruppo, a prescindere da quale che fosse la croce che li portava lí, la loro razza o età. Aveva dato ad ognuno di loro un nome in base alle caratteristiche che li ricordavano (anche se già al secondo giorno aveva scoperto i loro veri nomi per poi dimenticarli il terzo) e al di fuori del
cerchio non aveva mai parlato con nessuno. Eccetto
lui.
All'inizio non l'aveva presa bene: non aveva mai parlato veramente di ciò che la accomunava agli altri, del dolore condiviso per una vita ricolma di insoddisfazione e disagio, ma trovarsi nel cerchio con Philip le aveva portato via anche solo la remota possibilità di riuscire a farlo in futuro. Si era sentita
invasa, nel ritrovarlo. Condannata, quasi.
Non serbava alcun rancore nei suoi confronti (tutt'altro) ma avrebbe preferito sparisse, come se non fosse mai esistito. Invece era apparso anche lí,
proprio lí, ed anziché diventare un ricordo di una vita passata era ritornato nel suo presente costringendola a rivivere l'inferno che le aveva strappato via il petto dal cuore ancora e ancora. Eppure agli incontri non la obbligava nessuno ad andare, scegliere di continuare dopo il suo arrivo era stata una sua scelta.
L'idea di base, infatti, era sempre e solo quella di vederlo, null'altro che quello. Le bastava accertarsi con i propri occhi che fosse ancora vivo, in salute e totalmente all'oscuro di ciò che, insieme a lei, aveva perso. Era un bisogno inconscio, quello di Zelda: non potendo dedicare questa premura a chi spettava di diritto, aveva fatto in modo senza neppure accorgersene che questa la ereditasse la persona che deteneva l'altra piccola percentuale genetica del suo prescelto ormai perduto. Una specie di
contentino, il suo: qualcosa che non le permettesse di logorarsi nel senso di colpa e nella straziante ed irrimediabile perdita auto inflitta. Di fatto, così facendo, non cambiava effettivamente nulla (i danni che aveva subito con il suo gesto non si sarebbero mai potuto realmente risanare o
abbindolare offrendo un sostituto simile alla figura perduta) ma
in teoria continuare a farlo significava molto, se non tutto. Sapere che Lip stava bene sotto sotto le suggeriva che forse un giorno (quando i tempi sarebbero stati migliori) avrebbe potuto riavere ciò a cui già una volta aveva rinunciato.
Non scambiate la sua per speranza però, no: non vi erano reali aspettative riposte in tale utopia, era solo, anche questo,
un contentino.
Quella volta il cerchio era stato scomposto, ma Zelda non aveva beccato
per caso il giorno delle nuove reclute e delle loro presentazioni che, come da tradizione, andavano fatte davanti al piccolo leggio posto dinanzi una fila disordinata di sedie che vedeva sparpagliati Capelli Verdi, Mazza di Scopa, Psioriasi e tutti gli altri soliti compagni un po' ovunque. Arrivata in anticipo, aveva addirittura preso posto davanti a tutti, così che tutti di lei vedessero nient'altro che la schiena fasciata dal maglioncino verde.
Tutti, compreso lui.
Lo vide entrare con la coda dell'occhio e senza voltarsi lo vide sedersi una fila dietro la propria, alla sua sinistra. Dovettero passare buoni venti minuti prima che riuscisse a portare il mento oltre la spalla e rivolgergli uno sguardo, ma ritrovarlo già pronto ad accogliere quest'ultimo, lí fermo a guardarla di rimando, le sfilò via il coraggio e l'intenzione di parlarci, così come accadeva ogni volta.
Lui probabilmente aveva iniziato a pensare che con l'età la bionda stava diventando sempre più apatica e sfuggente, ma se anche fosse stato davvero così detto francamente a lei non sarebbe dispiaciuto, dacché altrimenti non avrebbe saputo come giustificare il comportamento sempre più bizzarro che aveva assunto nei suoi riguardi, nonostante si conoscessero da una vita e, a conti fatti, mai nulla di notoriamente scabroso o ignobile fosse mai intercorso tra di loro.
Altri venti minuti, poi si voltò ancora con un fare disinteressato troppo
nervoso per poter esser definito realmente tale. Lui la salutò, ma non ne era certa: si rigirò anche quella volta rapida come la morsa che puntualmente le attanagliava lo stomaco nell'incrociare il suo sguardo.
Per la successiva ora e mezza, poi, non si azzardò più a fare ulteriori tentativi e quando l'incontro venne decretato concluso si sbrigò perché fosse la prima ad uscire dall'ala dell'edificio adibita all'uso pubblico per incontri e organizzazioni di quel tipo.
Nel mentre (nel riprendere la borsa, alzarsi a testa bassa e dirigersi all'uscita con passo felpato e deciso) non fece altro che rimproverarsi: aveva
decisamente sbagliato giorno, si era fatta impudentemente trascinare dalla malinconia come una sciocca e la solita maschera indossata in simili occasioni quel pomeriggio pareva proprio non volerne sapere nulla di calzarle a dovere senza darle pena.