blurryface.

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    ( Hybrid • halfveela • exhuff • 27 y.o. ) Zelda Camille nott prey 12.01.2020zpvQIEZ
    L'idea, di base, era vederlo.
    Non aveva mai fatto del suo appuntamento con gli AA una questione seria: iniziata per gioco era poi semplicemente divenuta una cosa di routine, una tappa tra le altre che la teneva impegnata, che le offriva un caffè e una ciambella quando era affamata. Aveva iniziato a significare qualcosa solo dopo che era già diventato un vizio, quando la necessità di colmare un vuoto aveva reclamato a gran voce la compagnia di quelle persone. A poco a poco quello era infine diventato il suo gruppo, a prescindere da quale che fosse la croce che li portava lí, la loro razza o età. Aveva dato ad ognuno di loro un nome in base alle caratteristiche che li ricordavano (anche se già al secondo giorno aveva scoperto i loro veri nomi per poi dimenticarli il terzo) e al di fuori del cerchio non aveva mai parlato con nessuno. Eccetto lui.
    All'inizio non l'aveva presa bene: non aveva mai parlato veramente di ciò che la accomunava agli altri, del dolore condiviso per una vita ricolma di insoddisfazione e disagio, ma trovarsi nel cerchio con Philip le aveva portato via anche solo la remota possibilità di riuscire a farlo in futuro. Si era sentita invasa, nel ritrovarlo. Condannata, quasi.
    Non serbava alcun rancore nei suoi confronti (tutt'altro) ma avrebbe preferito sparisse, come se non fosse mai esistito. Invece era apparso anche lí, proprio lí, ed anziché diventare un ricordo di una vita passata era ritornato nel suo presente costringendola a rivivere l'inferno che le aveva strappato via il petto dal cuore ancora e ancora. Eppure agli incontri non la obbligava nessuno ad andare, scegliere di continuare dopo il suo arrivo era stata una sua scelta.
    L'idea di base, infatti, era sempre e solo quella di vederlo, null'altro che quello. Le bastava accertarsi con i propri occhi che fosse ancora vivo, in salute e totalmente all'oscuro di ciò che, insieme a lei, aveva perso. Era un bisogno inconscio, quello di Zelda: non potendo dedicare questa premura a chi spettava di diritto, aveva fatto in modo senza neppure accorgersene che questa la ereditasse la persona che deteneva l'altra piccola percentuale genetica del suo prescelto ormai perduto. Una specie di contentino, il suo: qualcosa che non le permettesse di logorarsi nel senso di colpa e nella straziante ed irrimediabile perdita auto inflitta. Di fatto, così facendo, non cambiava effettivamente nulla (i danni che aveva subito con il suo gesto non si sarebbero mai potuto realmente risanare o abbindolare offrendo un sostituto simile alla figura perduta) ma in teoria continuare a farlo significava molto, se non tutto. Sapere che Lip stava bene sotto sotto le suggeriva che forse un giorno (quando i tempi sarebbero stati migliori) avrebbe potuto riavere ciò a cui già una volta aveva rinunciato.
    Non scambiate la sua per speranza però, no: non vi erano reali aspettative riposte in tale utopia, era solo, anche questo, un contentino.

    Quella volta il cerchio era stato scomposto, ma Zelda non aveva beccato per caso il giorno delle nuove reclute e delle loro presentazioni che, come da tradizione, andavano fatte davanti al piccolo leggio posto dinanzi una fila disordinata di sedie che vedeva sparpagliati Capelli Verdi, Mazza di Scopa, Psioriasi e tutti gli altri soliti compagni un po' ovunque. Arrivata in anticipo, aveva addirittura preso posto davanti a tutti, così che tutti di lei vedessero nient'altro che la schiena fasciata dal maglioncino verde.
    Tutti, compreso lui.
    Lo vide entrare con la coda dell'occhio e senza voltarsi lo vide sedersi una fila dietro la propria, alla sua sinistra. Dovettero passare buoni venti minuti prima che riuscisse a portare il mento oltre la spalla e rivolgergli uno sguardo, ma ritrovarlo già pronto ad accogliere quest'ultimo, lí fermo a guardarla di rimando, le sfilò via il coraggio e l'intenzione di parlarci, così come accadeva ogni volta.
    Lui probabilmente aveva iniziato a pensare che con l'età la bionda stava diventando sempre più apatica e sfuggente, ma se anche fosse stato davvero così detto francamente a lei non sarebbe dispiaciuto, dacché altrimenti non avrebbe saputo come giustificare il comportamento sempre più bizzarro che aveva assunto nei suoi riguardi, nonostante si conoscessero da una vita e, a conti fatti, mai nulla di notoriamente scabroso o ignobile fosse mai intercorso tra di loro.
    Altri venti minuti, poi si voltò ancora con un fare disinteressato troppo nervoso per poter esser definito realmente tale. Lui la salutò, ma non ne era certa: si rigirò anche quella volta rapida come la morsa che puntualmente le attanagliava lo stomaco nell'incrociare il suo sguardo.
    Per la successiva ora e mezza, poi, non si azzardò più a fare ulteriori tentativi e quando l'incontro venne decretato concluso si sbrigò perché fosse la prima ad uscire dall'ala dell'edificio adibita all'uso pubblico per incontri e organizzazioni di quel tipo.
    Nel mentre (nel riprendere la borsa, alzarsi a testa bassa e dirigersi all'uscita con passo felpato e deciso) non fece altro che rimproverarsi: aveva decisamente sbagliato giorno, si era fatta impudentemente trascinare dalla malinconia come una sciocca e la solita maschera indossata in simili occasioni quel pomeriggio pareva proprio non volerne sapere nulla di calzarle a dovere senza darle pena.


    Edited by bohémien rapsody. - 13/1/2020, 17:20
     
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    Philip Mortimer non aveva un problema di alcolismo. Mai avuto. Beveva ne' più ne' meno di una qualsiasi persona che potresti beccare per strada il sabato sera - a patto che quella persona non sia astemia, chiaramente. Con ogni probabilità, se fosse stato un emerito signor nessuno che nella vita si occupava, chessò, di assicurazioni sugli infortuni, non ci sarebbe mai finito tra gli alcolisti anonimi. Ma se sei una figura pubblica..beh, questo cambia un po' le carte in tavola sul modo in cui puoi gestire la tua vita. Una persona qualunque può permettersi di bere un incendiario di troppo e finire in una rissa da bar, ma non un giocatore di Quidditch; in quel caso devi tener conto della Gestapo del buon costume che si scatenerà contro di te nel giro di poche ore. Philip, dal canto suo, aveva sgarrato una volta di troppo, e quindi la Società lo aveva praticamente costretto a frequentare un gruppo di recupero di cui non aveva il benché minimo bisogno. "Meglio ancora se ti fai fotografare lì da qualcuno, ok?" - quelle le parole che avevano decretato ufficialmente il suo bagno di pubblico imbarazzo.
    Era frustrante stare lì, fingendo di ascoltare tutte quelle persone che la propria vita l'avevano mandata a puttane per davvero. Ed era ancora più frustrante prendere parola dopo di loro, come se le sue scaramucce con le casalinghe malpensanti che prendevano Strega Moderna come fonte di verità assoluta fossero sullo stesso piano di, ad esempio, quella tizia che era uscita viva per un pelo dalla relazione con un uomo violento. Quel gruppo era marcio dall'inizio alla fine. Non c'era bisogno di un legilimens per capire che la quasi totalità dei presenti lo odiava: la vita di Philip, d'altronde, era apparentemente perfetta, e in ogni caso uno qualsiasi di loro avrebbe fatto volentieri a scambio pur se fosse stato al corrente dei suoi problemi veri. Perché no, non lo erano. Per Philip quel posto era semplicemente un Purgatorio da cui doveva necessariamente passare, espiando le proprie colpe (o presunte tali), prima di tornare nel proprio piccolo Paradiso personale. Non aveva mai condiviso nulla di profondo riguardo se stesso in quella sede: si era limitato a pattinare sulla superficie, convinto che in ogni caso andare più a fondo non avrebbe fatto alcuna differenza. Come potevano aiutarlo? Il boss di quel gruppetto non era uno psicologo, ne' tanto meno lo erano quegli altri disagiati alla canna del gas che gli si radunavano intorno. L'unica vera nota positiva di quegli incontri era Zelda; ai tempi di Hogwarts avevano intrattenuto una relazione dai confini decisamente poco definiti, poi si erano persi di vista per un po' di tempo fin quando non si erano ritrovati in questa bizzarra maniera. Zelda non lo odiava, o quanto meno non era evidente quanto gli altri nel mostrarlo: si faceva per lo più i cazzi propri, cosa che a Philip piaceva moltissimo.
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    Quella sera Philip era leggermente in ritardo. Entrando tutto trafelato nella sala si era attirato alcune occhiatacce e proteste borbottate nel mentre di farsi posto tra le file di sedie, piazzandosi sul posto che tutti normalmente evitavano: accanto a Bob. Bob era noto per non lavarsi nemmeno sotto minaccia di morte, cosa che lo rendeva particolarmente inviso a tutti tranne che Francis, il quale aveva perso l'olfatto in seguito a uno strano incidente magico di cui Lip aveva capito ben poco. Ma Francis quel giorno non c'era, e così l'unico posto libero rimasto era proprio quello accanto all'infame Bob, verso il quale Philip stirò un sorriso circostanziale. L'unica risposta fu un grugnito. Buonasera anche a lei, Duca. Con lo sguardo cercò dunque di individuare Zelda, seduta nella fila di fronte alla sua, un po' più a destra. Si sporse appena, come a volersi far presente, senza tuttavia essere notato. Per quasi tutta l'ora, la bionda sembrò ignorarlo deliberatamente, voltandosi di tanto in tanto come a constatare se fosse ancora lì o meno, senza però mai ricambiare i suoi cenni di saluto. Perplesso e anche un po' offeso da quel comportamento, Lip passò tutto il restante tempo dell'incontro a braccia conserte, tamburellando appena il piede per terra e buttando l'occhio sull'orologio più del necessario. Poi, come se avesse una molla sotto al culo, si alzò di scatto non appena il capo-gruppo sciolse la seduta, rimandandoli tutti a casa con uno dei suoi compitini strani tipo 'chiedi scusa a qualcuno per qualcosa che hai fatto da ubriaco'. Senza troppi convenevoli si avvicinò a Zelda, affiancandola mentre se ne usciva di gran carriera dall'aula. "Ehi!" proferì, dandole una piccola spallata amichevole. "Che fai, mi eviti? Lo so che mi sono dovuto sedere vicino a Bob, però non mi sembra di meritare questo trattamento al vetriolo..io la doccia me la sono fatta!" Come al solito, Lip la buttò sullo scherzo: era ciò che gli riusciva meglio, e anche l'unico modo in cui era in grado di affrontare un confronto seppur minimo. Lasciò qualche istante di silenzio prima di sporgersi meglio per analizzare l'espressione della ragazza. "Tutto bene, Zelda?"

     
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