Take me back, to the night we met

Zelda e Reece

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    [ 6 giugno 2013 ]


    La piccola Kate Weeler era morta.
    Reece aveva promesso alla madre, una mezza veela dei sobborghi di Londra, che avrebbe fatto di tutto affinché la sua piccola potesse tornare a casa, accettando il caso pro bono perché Eva era una madre single che faticava ad arrivare alla fine del mese, cercando di tirare a campare lavando i bicchieri in qualche locale oppure pulendo le scale di un palazzo popolare in periferia.
    Reece era cosi, non sapeva dire di no e per questo finiva sempre a soffrire più del dovuto, prendendosi carico di dolori che non gli appartenevano, annientando la propria vita pur di donare speranza e gioia a famiglie straziate dal dolore.
    Con Kate non era riuscito e come ogni volta, aveva preferito andare a comunicare la notizia del ritrovamento di persona: vedere gli occhi della madre dilatarsi fino a scoppiare, ascoltare i suoi lamenti innaturali penetrare fino al suo cuore per graffiarlo fino a farlo sanguinare, non era stato un bell’epilogo.
    Era abituato a quel dolore e per questo se ne faceva carico, pur di alleviare le sofferenze di chi ne avrebbe solo sofferto di più.

    Quella sera decise di recarsi al cimitero dove era stata seppellita la piccola Kate, un rituale personale di commiato con le piccole vittime per le quali aveva fallito, come a scusarsi ed allo stesso tempo entrare in comunione con loro.
    Non sapeva come fare, non era mai successo, ma riusciva sempre a sentire qualcosa, come vibrazioni inespresse e pronte a vincolarsi a lui, ma che per paura ed incapacità, Reece non sapeva accogliere.
    Stava calando il sole quando raggiunse la piccola tomba della piccola, trovando lei: Zelda Prey.
    Si bloccò di colpo nel vederla li, proprio quella Zelda che aveva studiato e seguito per mesi e mesi, cercando il colpo della vita come Auror (si perché allora lo era ancora) ovvero arrivare a capo della serie di rapimenti di creature magiche e Reece pensava di esserci riuscito.
    Zelda Pray faceva parte della famiglia Nott e dietro ogni contatto o messaggio conosciuto che portava a qualche persona scomparsa, c’era lei, la splendida bionda di famiglia.
    Era stata una caccia estenuate, lenta e meticolosa, ma alla fine l’aveva trovata, scoprendo però qualcosa di totalmente inatteso: Zelda era una brava persona.
    Poteva sembrare strano, ma quella ragazza “consegnava” solo criminali e ricercati, truffatori, assassini e violenti, mariti che picchiavano impunemente le mogli, schiavisti del sesso e persecutori di bambini, lasciando liberi tutti gli innocenti che riusciva a rintracciare prima della sua famiglia. Ma con Kate aveva fallito anche lei.
    Reece l’aveva vista molte volte aiutare ragazzini a scappare, per rifarsi una vita lontana dalle fitte maglie della loro caccia, trovandogli case lontano da londra, nuovi documenti, nuove esistente.
    L’ultimo caso era stato proprio quello di Kate, una ricerca che aveva visto impegnati entrambi, su filoni opposti che avevano portato alla stessa unica traccia.
    Reece era la quando Zelda aveva imbarcato la piccola su una nave diretta nel continente, era li quando l’aveva vista piangere dal sollievo, ma era sempre li quando Kate Weeler era stata trovata senza vita su una spiaggia della Gran Bretagna: non era mai arrivata a destinazione.
    Aveva deciso di lasciarla andare, abbandonare Zelda Prey alla sua vita, cancellando ogni prova, ogni traccia delle sue ricerche, poiché quella persona non meritava punizione alcuna, solo il suo rispetto e la pietà data a chi è vincolata ad una vita tremenda.
    Ora eccola la, china sulla tomba di Kate, proprio in quel momento, come se il destino avesse voluto scrivere una deviazione alla loro storia, facendoli incontrare per l’ultimo grande saluto, e Reece al destino decise di rispondere, almeno quella sera.

    Ci sono cose che non dovrebbero esistere, ingiustizie che occhi mortali non meriterebbero di vedere, ma eccoci qui a salutare una creatura cosi piccola ed innocente

    La voce la raggiunse alle spalle, mentre lunghi passi lo portarono al suo fianco

    Il potere più diabolico del mondo è quello capace di spegnere il sorriso di un bambino, sono anni ormai che tento di contrastarlo, ma senza speranza. Forse non ho abbastanza forza, probabilmente nessuno ne ha ma allora mi chiedo, cosa viviamo a fare? Come possiamo solcare questa terra senza lasciarci sopraffare dalla vergogna della nostra debolezza?

    Il suo sguardo era fisso sulla bara, spento tremante come il tenue fuoco di una candela in esaurimento, restando in silenzio per un tempo che sembrò infinito, prima di girare lo sguardo su di lei, guardandola davvero per la prima volta, non come una preda o un’indiziata, ma come una giovane ragazza in lotta con i propri demoni.
    Sentì una forza attrarlo a lei, come un’energia magnetica provenire dai suoi occhi, ora fissi su di lui, ritrovandosi ad ammirare una creatura che avrebbe segnato la sua vita negli anni a venire.

    Mi chiamo Reece.

    Non c’era bisogno di giustificare il suo monologo, nemmeno quello di scusarsi per il disturbo, tutte cose che non facevano parte della sua vita e che in quel momento, in quel preciso istante, sentiva essere totalmente superflue.
    Aveva stabilito un contatto che mai nella vita era riuscito a percepire.
    Allungò la mano verso di lei, continuando a guardarla
     
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    Zelda nott prey 06 june 2013zpvQIEZ
    Si era abituata al sapore aspro che le lasciava in bocca il fallimento, ma l'abbandono ed il lutto restavano sempre un boccone troppo amaro da mandare giù. Non c'era nulla che riuscisse ad addolcire il dolore di una perdita, nulla che la facesse sentire meglio o la spronasse a non mollare nel momento in cui qualcosa non andava per il verso giusto, calamitato dalla disgrazia. Zelda, per sopravvivere, doveva fare appello a una forza che non aveva nome, nè fissa dimora, una forza generata forse dall'istinto, dall'incoscienza e in parte da una speranza soffocata che prometteva il sereno dopo ogni tempesta.
    Aveva assistito alla cerimonia tenendosi in disparte perché nessuno la notasse, tenendo gli occhi puntati sulla zia della piccola creatura, colei che l'aveva aiutata ad imbarcarla e che ora l'aveva seppellita; la stessa zia che aveva promesso al fratello di tenere sempre in sicurezza la sua prole, la stessa zia che le aveva fatto giurare anche a lei altrettanto.
    Avrebbero potuto condividere quel fardello assieme, ma Zelda aveva scelto di tenerlo solo per sè, non andandoci mai a parlare, così che la vecchia zia avesse avuto qualcuno da incolpare per sentirsi più leggera.

    Quando il funerale terminò e tutti andarono via, Zelda percorse il cimitero fino alla piccola lapide.
    Adagiò una piccola orchidea sulla cornice di pietra, poi calò il capo e chiuse gli occhi.
    Non pianse: si era già prosciugata di ogni lacrima quando le era giunta la notizia del tragico incidente che aveva investito la piccola barca dove lei stessa aveva messo Kate Weeler nel disperato tentativo di salvarla dalla battuta di caccia in corso.
    Rimase semplicemente a capo chino, in silenzio, assorta nei suoi pensieri e rammarichi, tentando di trovare quella forza che ormai stentava malapena a giungere.

    "Ci sono cose che non dovrebbero esistere, ingiustizie che occhi mortali non meriterebbero di vedere, ma eccoci qui a salutare una creatura cosí piccola ed innocente"
    Sobbalzò quando udí quella voce profonda irrompere il silenzio giungendo alle sue spalle. Era rimasta lí in piedi, in trance, per quanto? Quando aprí gli occhi per guardarsi attorno il sole era quasi del tutto calato e tolto l'uomo che continuando le sue mere osservazioni l'affiancò non pareva esserci più nessuno.
    Da come parlava sembrava conoscere Kate ed essendo forse un parente Zelda non fu felice di esser stata trovata lí. Stava già rimuginando sulla scusa da propinargli e quando accese una sigaretta rimettendo sú la maschera da apatica stronza, si girò per squadrarlo.
    Poteva essere un altro cacciatore, visto come si presentava. Di sicuro non era il padre della creatura, nè il marito della vecchia zia. Forse il becchino? Il marinaio del porto che l'aveva trovata?
    ... un auror?
    Ne stavano scomparendo a dozzine, di bambini e ragazzi dalle doti straordinarie, che vi fosse un indagine in corso sul tema da parte del ministero non sarebbe stato bizzarro, tutt'altro. Zelda si irrigidí, iniziando nervosamente a passare la lingua sui propri denti a labbra serrate.
    Un funerale ed un incarcerazione il giorno del suo compleanno era esattamente come si aspettava di trascorrere quella giornata, proprio in virtú della consapevolezza che non vi è mai limite al peggio.
    "Mi chiamo Reece."
    L'uomo levò la mano tra loro, ma la mezza veela non fece altrettanto. Guardò prima il palmo dispiegato di lui e poi, ancora, il suo volto. Fece un tiro dalla sigaretta e inclinò infine leggermente il capo, innocente.
    « posso aiutarti? »


    Edited by gattàra. - 20/3/2020, 00:32
     
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    Si ritrovò con la mano a mezz’aria, sorridendo divertito da quella situazione, per poi lasciarla cadere lentamente lungo il fianco, restando in silenzio per qualche istante ancora, tornando a fissare la piccola lapide con le scritte appena incise su di essa.
    Perché aveva scelto di parlare proprio con lei?
    Forse aveva sbagliato, lei non sembrava affatto dell’umore per iniziare un qualsiasi tipo di conversazione, però Reece sentiva dentro di se l’impellente bisogno di addentrarsi in quella conoscenza, anche solo la rapida esplorazione al di sotto della superficie fredda e sterile che mostrava, richiamato da quel tintinnio lontano che provava in determinati momenti della sua vita, un istinto interiore che lo aiutava nel suo lavoro e nella vita privata.
    Valeva forse la pensa provarci.

    Non credo

    Rispose alla sua provocazione mascherata da domanda

    Chi viene in questo luogo in cerca di aiuto, può solo trovarlo dagli spiriti dei morti, per alleggerire il peso di ciò che ci logora dentro o ricevere risposte che non abbiamo ricevuto prima

    Da quello che aveva carpito riguardo a Zelda era che la ragazza non possedesse poteri di comunicazione con gli spiriti, ma anche quel dettaglio lo avrebbe tenuto ovviamente per se

    Credo inoltre che il fatto che entrambi ci troviamo qui ora, possa benissimo includere entrambe le situazioni, o semplicemente nessuna di esse. MA ognuno porta con se i propri misteri e le personali motivazioni, ma sarebbe superfluo chiedere, parlarne o anche solo limitarsi a piccoli accenni.

    Cosa voleva da lei?
    Non le avrebbe chiesto false domande delle quali conosceva già la risposta, come se era una parente della vittima o semplicemente spinta da empatia, sapeva già tutto e quei giochi non si prestavano affatto al momento.
    Era comunque alquanto strano trovarla li. Perchè?

    La piccola non meritava di morire, anche se questa frase viene pronunciata troppo spesso e la maggior parte delle volte, porta con se il peso di responsabilità che non abbiamo o che condividiamo solo in piccola parte. Perché allora ce ne facciamo carico? A volte solo l’accettazione della nostra impotenza ci può salvare, altre volte è proprio quella frustrazione a farlo.

    Chinò il capo, prendendo una piccola fiaschetta d’acciaio, liscia ma con piccole decorazioni a forma di fiori, un oggetto che poco sembrava c’entrare con la sua figura, un dono di una ragazzina da lui salvata, un pegno per la propria vita ed un promemoria per continuare a lottare.
    Ruotò il piccolo tappo e prese un lungo sorso, sentendo il caldo abbraccio del Whiskey diffondersi dentro di lui, per poi fare un cenno alla ragazza, allungando la piccola fiaschetta nella sua direzione, in silenzio.

    Edited by (former) agent coop. - 31/1/2020, 19:37
     
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