I got hustle, though, ambition, flow inside my DNA

L.P.

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    Percepì un brivido di freddo attraversarle le ossa, mentre il suo affusolato indice destro indicava il cielo, nel tentativo di appropriarsi del diritto di parola: la sapeva, Alice, quella dannata risposta. Mentre l'inverno scivolava nelle serre gelide, realizzò lapidaria che non ci sarebbe stato niente da fare: in quel momento pareva che il professor Crouch avrebbe dato modo di parlare a chiunque non avesse nulla da dire e facesse fatica a lodare chi ne sapeva un po' più degli altri. Eppure, sebbene andasse bene in più o meno tutte le materie, la Grifondoro aveva cercato negli anni di non essere invadente nella sua so-tutto-iaggine; era stata silenziosa, Alice, una studentessa scrutatrice, tuttavia vittima evidente di un innato perfezionismo. Aveva ricevuto qualche troll, ma talmente pochi da non averle mai rovinato la media: qualora qualche suo compagno di classe avesse fatto nottata - sempre se e quando lo avrebbe consentito - copiare da Alice Watson sarebbe stata una garanzia. Succedeva sempre: che conoscesse lo studente in questione o meno, andava sempre a finire che molti dei suoi coetanei arrivassero a passarsi il suo compito, anche nel caso in cui l'individuo non le andasse particolarmente a genio. Quando scoprì che il suo trattato di Astronomia arrivò anche nelle mani di Domiziana Dragomir, interruppe immediatamente il gioco della patata bollente e fu più difficile appropriarsi del suo lavoro. Alice s'impegnava un po' per senso del dovere un po' per noia: aiutavano la memoria eidetica ed una buona dose di solitudine. Preferiva la sua stessa compagnia a quella degli altri, che evitava con fare caparbio ed assoluto, come se a volte li considerasse poco meritevoli, sebbene poi alla fine non ci fosse un vero e proprio giudizio compiuto su di loro. Li evitava come un gatto eviterebbe lo stesso umano da cui, quando può, silenziosamente gli ruba il pezzo di tonno sul davanzale. Felina com'era lei stessa nel suo essere, quel giorno decise testardamente di non arrendersi. Non si sarebbe perdonata d'essere una tipa che mollava. « ..tramite ago, cioè che prevede l'inserimento di un ago dalla punta schiacciata all'interno del cuore del fiore femminile...» esortò a voce piena, interrompendo così la balbuziente litania di una Serpeverde che evidentemente aveva preferito passare la notte ad ubriacarsi, piuttosto che ripassare il capitolo sull'impollinazione artificiale. Non c'era giudizio da parte di Alice nei confronti delle scelte della ragazza in questione, né era un tentativo di mettersi in mostra con il professore. L'aveva mossa una massiccia dose di pignoleria e di rassegnazione al fatto che, in quella classe, nessuno riuscisse davvero a stimolarla intellettualmente. Escluso il professore, certo. « Silenzio » disse il professor Crouch interrompendo, scocciato, il suo flusso di nozioni. La Watson mandò giù un respiro profondo per mantenere la calma: sentiva una lieve rabbia montarle da dentro, un'irritazione moderata che normalmente scadeva in totale irriverenza. Ma riuscì a trattenersi. Era paradossale che si dicesse a lei di fare silenzio, a lei, la regina dei silenzi e delle parole pesate su due piatti della bilancia con la precisione di primario di chirurgia. Ma sarebbe stato chiaro a tutti che, quella mattina innevata di febbraio, quello non era nient'altro che il punto di vista di una sedicenne impulsiva. « Adesso cominciamo un nuovo capitolo: la modificazione di DNA » Quando il professore si sistemò gli occhiali sul naso e iniziò a spiegare il nuovo capitolo, finalmente Alice poté rilassarsi un attimo sulla sedia e cominciò a prendere appunti, trovando la porta con scritto EXIT nello stato comatoso di noia in cui si era crogiolata fino a qualche minuto prima. Il tentativo della Grifondoro di essere e sembrare perfetta faceva quasi tenerezza: un po' ne era cosciente un po' no, ma era come se dipendesse dai "brava" delle persone che erano evidentemente migliori di lei. Se però si fosse guardato con occhi interessati, non si sarebbe vista un'antipatica Grifondoro dalla risposta sempre pronta, bensì una ragazza fragile e drammaticamente sempre dubbiosa del proprio valore. « ...quindi: la modificazione del DNA avviene in luoghi specializzati e prevede un'azione direttamente nel DNA della pianta stessa dal quale viene prelevato un campione e successivamente unito con un altro di una pianta compatibile. Impossibile da praticare se non si è estremamente ferrati in materia » Concluse Terry Crouch al termine del capitolo, scrutando con gli occhi profondi tutti i ragazzi che si trovavano in prima fila. Alice aveva molta stima del professore: lo trovava un uomo affascinante, dai modi imprevedibili e mai noiosi e spesso avrebbe desiderato che le sue lezioni durassero di più. Cosa che, a dire il vero, non succedeva matematicamente con tutte le materie. Egli corrucciò la fronte, rivolgendo un'occhiata di rimprovero alla Serpeverde ed ad un altro paio di ragazzi che non avevano saputo rispondere alle sue domande. « Voi a sinistra, ripassate il capitolo precedente prima che vi faccia divorare da una pianta carnivora » sentenziò, facendogli segno di riunirsi in un angolo specifico della serra dove radunarsi per studiare comunemente. Sembrava tutto tranne che contenti della notizia, rivolgendo infatti occhiate nervose ai superstiti rimasti, compresa lei. « Voi sei invece farete un esperimento in coppia. La coppia che prenderà il punteggio più alto, potrà considerarsi ammessa a pieni voti al semestre successivo, per quanto riguarda la mia materia ovviamente. E se l'esperimento dovesse riuscire, riceverà un piccolo premio » disse infine, guardando Alice ed un altro paio di suoi coetanei. « Tu, qua » disse, mentre tre metri di gambe e una chioma corvina si palesavano davanti alla fila dei ripetenti. Crouch fece cenno al ragazzo di posizionarsi accanto alla Watson: la ragazza sgranò gli occhi intuendo subito l'intenzione del professore, incredula della combinazione a cui era stata appena assegnata senza possibilità di opporsi. « Watson, mi sembra che tu debba capire a fondo cosa sia il gioco di squadra. Sei brava, ma sei diffidente: per questo capitolo, la modificazione di DNA, ti metto nelle mani del giovane Paciock, che anche lui è bravo e sono convinto che farà bene anche a lui. Per modificare il DNA della pianta, avrete bisogno l'uno dell'altra; se la pianta muore, muore anche la vostra pagella » la Grifondoro sobbalzò cercando di reagire impercettibilmente, fingendo un mezzo sorriso che più che allegro si poteva definire di circostanza. Non sapeva se era più preoccupata della buona riuscita di quell'abbozzata squadra di personalità differenti oppure sulla possibile morte della propria pagella, a cui avrebbe organizzato i funerali e sulla tomba della quale avrebbe pianto per settimane. Per un attimo, fu come se l'ago dalla punta schiacciata venne inserito nel suo stesso cuore di fiore femminile.

    « Ci penso io, Paciock » disse solerte e scontrosa al Caposcuola Corvonero non appena il professor Crouch non li lasciò soli nell'ala della serra più spaziosa e più luminosa, dov'erano presenti centinaia di tipi di germogli diversi. L'insegnante diede ad entrambi un paio di superflue indicazioni in più e li lasciò al lavoro, sottovalutando quanto fosse difficile che due persone che non si conoscano affatto possano vincere qualsiasi voglia premio, non avendo avuto neanche il tempo di conoscersi un po', di trovare un po' di chimica, appunto. Si rasserenò, concentrandosi sull'idea che avrebbero dovuto lavorare e basta e che quindi le otto ore - sì, o t t o - che avrebbero dovuto passare insieme chiusi in quella serra, sarebbero volate se lui le avesse lasciato fare. Si inginocchiò di fronte ad un reparto in cui v'erano poste diverse piantine, iniziando a trafficare con un vaso di girasoli ghiacciato per il freddo dell'inverno gelido che stavano attraversando. Il cipiglio scuro della Grifondoro lasciava intendere la sua più che lieve preoccupazione: brava sì, ma talmente geniale da apprendere un argomento difficile del genere e saperlo applicare nel giro della stessa giornata, era chiedere troppo persino a lei. Non lo guardava nemmeno, Alice, il ragazzo dallo sguardo limpido blu cobalto; non aveva nulla di particolare contro il ragazzo, anzi nel corso delle lezioni l'aveva anche fatta sorridere qualche volta. Non lo conosceva bene e basta: questo faceva di lui un individuo contro il quale innalzare un muro tanto alto quanto tutta la serra. « Non ho bisogno del tuo aiuto » Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno.


    Edited by watson - 10/4/2020, 00:02
     
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    Freddo, freddo, freddo! Tutti i miei pensieri in quel momento erano rivolti al freddo ed all'umidità che ti si ficcava dentro le ossa sino a renderti un Olaf umano. Trovavo davvero improponibile che, in pieno inverno, le lezioni di erbologia si svolgessero dentro alle serre alle otto di mattina, cioè, davvero non riuscivo a capire come ancora non mi fosse preso un colpo! Gli sgabelli ti congelavano letteralmente le chiappe, ed addirittura le foglie di alcune piante sembravano rabbrividire per la brezza gelida che ti lasciava starnutire ad ogni respiro. Miseriaccia. Trovavo fosse da proporre al comitato studentesco di bandire le lezioni in luoghi aperti a quell'orario, anche perchè a quelli del nostro anno in fin dei conti era andata anche bene, ma immaginatevi chi invece in quel momento si ritrovava a dover fare i conti con il campetto di quidditch. LOL. Per quanto freddo provassi - difatti ero imbardato peggio di uno sciatore tra sciarpe, maglioni, cappelli e paraorecchie -, nemmeno riuscivo a rispondere alle domande del prof o ad alzare la mano per far vedere che fossi preparato. Come sempre, dopotutto. In realtà eravamo immersi un po' tutti nella stessa situazione, ed era probabile che fosse anche questo il motivo per il quale alcuni serpeverde faticassero a carburare ed a elaborare frasi di senso compiuto. Già normalmente non ci riescono, figurarsi con questo gelo! Mi veniva da ridacchiare per via di alcune risposte assurde che venivano sparate alla cazzum, però cercavo di non dare a vedere il mio divertimento per semplice rispetto - o semplicemente perchè avevo paura di vedermi piantare la testa in qualche vaso destinato alle mandragore. Il comportamento di questi sapientoni serpeverde, però, sembrava non divertire tutti: Alice Watson, ad esempio, dava l'impressione di non tollerarlo proprio. La sua espressione scocciata parlava da sola, ed anche il suo modo di mettersi in mezzo e rispondere al posto degli interrogati non lasciava spazio a dubbi di alcun genere. Ora forse capivo cosa intendesse Emil quando usava l'espressione "eh, sembra abbia un enorme palo ficcato in culo" per descrivere i comportamenti a volte acidi di Domiziana, perchè in quel momento la grifondoro era proprio in vena di rovinare il divertimento a tutti. Lasciai sprofondare la guancia contro le nocche della mano con un sonoro sbuffo quando compresi che lo spasso era giunto al termine, nell'esatto momento in cui il professore sistemò i propri occhiali sul naso curvo ed iniziò a spiegare un nuovo argomento - percarità, interessantissimo eh, ma non riuscivo a prendere appunti ordinati per i brividi che facevano sobbalzare la punta della piuma e macchiavano il foglio d'inchiostro. CHE RABBIA. Al termine del suo parlottare pressoché incomprensibile - e mi ero anche pulito bene le orecchie quella mattina, lo giuro! Quindi non dipendeva da me -, il prof scese dal suo sgabello ed iniziò a dividerci in piccoli gruppetti « Forza, alzati » Mugugnò una volta che mi fu vicino con un rapido battere di mani per farmi sbrigare a raccogliere i libri dal banco, sospingendomi successivamente proprio verso la Watson a cui lanciai un sorriso di circostanza. No, in realtà quello che feci non fu nemmeno un sorriso, ma più una smorfia vera e propria della serie "eheh, già sn prpr kapitato qui (: ". « Watson, mi sembra che tu debba capire a fondo cosa sia il gioco di squadra. Sei brava, ma sei diffidente: per questo capitolo, la modificazione di DNA, ti metto nelle mani del giovane Paciock, che anche lui è bravo e sono convinto che farà bene anche a lui. Per modificare il DNA della pianta, avrete bisogno l'uno dell'altra; se la pianta muore, muore anche la vostra pagella » A quelle parole sbarrai lo sguardo: UOT? Cioè, a me stava bene tutto, ma sinceramente veder sfumare un semestre intero di sforzi per via di una piantina, mi sembrava veramente eccessivo! E poi io ero bravo col gioco di squadra, stavo nel giornalino proprio per questo...beh, anche Alice era nel giornalino, in realtà, quindi questo non è l'esempio più calzante del mondo. Posso dire che Alice mi metteva in soggezione? Si, posso, anche perchè quella mattina sembrava particolarmente infastidita. Ed io con le persone infastidite non ci sapevo stare, avevo tipo il potere magico di irritarle ancora di più. Tentennando, alla fine, mi decisi a prendere posto al suo fianco, spostando lo sguardo d'ovunque tranne che su di lei. Non appena mi allungai ad afferrare il primo vaso, ecco che la temibile grifa mi punzecchiò sul vivo, lasciandomi per qualche istante a bocca aperta « Ci penso io, Paciock » Ma in che senso ci penso io? Otto ore, centoventimila piantine e cI pEnSO iO PaCicOK. Aggrottai la fronte, girando stavolta il capo verso di lei, in realtà anche un po' piccato. « Non ho bisogno del tuo aiuto » Portai pollice ed indice sul mento, assumendo
    la tipica posa da pensatore che faticava a comprendere. Mi stava riservando troppo astio, e la mia pagella non valeva di certo i suoi capricci immotivati. Poi avevo il difetto di non sapermi tenere un cecio in bocca quando c'era qualcosa che non mi andava a genio « A parte che stai sbagliando tutto » Sorry but parli con uno che ha vissuto in una serra per tutta la vita, cioè, hai idea di chi sia mio padre? « Poi, non sarebbe meglio leggere le istruzioni e seguirle passo passo invece di iniziare subito con l'aspetto pratico? » Mi strinsi leggermente fra le spalle, piegandomi prima di afferrare un altro vaso sulla mia destra per poi portarmelo sotto al naso « Dobbiamo liberarci prima delle parti gelate, poi ricavare le spore del Rhizoglomus irregulare da mettere sulle radici. Secondo me sarebbe anche conveniente travasarla prima di coprirla definitivamente, chissà a chi è venuto in mente di innaffiarla, la terra è completamente fradicia! » Borbottai, sfilandomi i guanti per gettarli sul tavolo: avrebbero dovuto sbattere ad Azkaban chiunque avesse attentato in quel modo alla vita di quel povero girasole malconcio! « Comunque, posso sapere perchè tutto questo astio nei miei confronti? Ho fatto qualcosa di sbagliato? » Tranne che mandare la tua amichetta in punizione per la storia dell'albero di natale? Dimenticavo sempre questo sottile particolare che, tornato alla mente, mi fece tipo avvampare. Oddio, questo è il segnale definitivo che Domiziana sia venuta a conoscenza di qualcosa. MAYDAY, MAAAYYDAYYY. Dov'è Emil quando serve? Già immaginavo Alice pronta a sotterrare il mio cadavere, che nessuno avrebbe mai più trovato. Immaginavo già i titoloni del Daily trent'anni dopo: "Ritrovato il corpo di Louis Paciock, scomparso nel febbraio 2020 ad Hogwarts: era sotto ai girasoli". « Anzi, n-no, preferisco non saperlo, fa niente... »
     
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    Si era già fatta svariati programmini in testa, Alice, sottovalutando lo zelo di un giovanissimo e presumibilmente brillante Caposcuola, evidentemente degno della spilla che sfoggiava abbagliante al petto. Poteva sembrare un paradosso, ma non si era realmente soffermata a pensare che dall'altra parte vi potesse essere un altro essere pensante: sì, insomma, doveva essere evidente che il preside o chi per lui non distribuisse le spille a casaccio, così, come tessere d'appartenenza al club dei terrapiattisti. Forse doveva ammettere che un po' ci aveva sperato, che il criterio per occupare cariche di rilievo potesse essere confuso ed impreciso: ciò avrebbe voluto dire che Domiziana Dragomir fosse stata elevata a grande capo serpe per un puro scherzo del destino e nient'altro, nemmeno un briscolino di presunto valore. E a questo poteva starci. Non si era mai sentita particolarmente in competizione con la casa dei Serpenti, la giovane leonessa: non perché non ci tenesse a vincere la coppa delle case, ma poiché, essendo la minore di una famiglia in prevalenza composta da Serpeverde, non aveva mai guardato a loro come entità effettivamente minacciose. Anche se per il mondo, esterno ed interno al castello, pareva un po' a tutti che lo fossero o quantomeno che potessero esserlo. Piuttosto, si sentiva in conflitto con la Caposcuola da tempi molto più arcani e remoti della sua promozione di grado sociale, e non sarebbe certo stata la spilla a farle cambiare idea verso un'eccessiva stima rivelatasi mal riposta, andata perduta da tempo. Dunque Louis Paciock era pane per i suoi denti, pareva. Non si era lasciato demoralizzare dal caratteraccio lunatico e scontroso della giovane e nemmeno aveva demorso abbandonandosi all'allettante idea di lasciare che facesse tutto lei, approfittando della sua buona volontà per passare tutto il tempo a provocare incantesimi di fuoco per riscaldarsi le chiappe. Probabilmente chiunque avrebbe preferito scaldare la propria temperatura corporea piuttosto che applicarsi per un esercizio che ad occhio e croce pareva impossibile da portare a termine. Era terribile, nefasto, quasi degno di essere riportato nella lista delle calamità naturali che avevano investito il Mondo Magico dalle sue prime tracce sulla terra, del resto, il freddo che stavano patendo quei poveri studenti nella Serre di Erbologia quella sfortunata mattina. Alice ci aveva fatto caso: da quando vi aveva messo piede, non c’era stato un solo respiro che non avesse generato nebbiolina di vapore acqueo. E quando aveva saltato due o tre respiri per vedere che succedeva (morire, per esempio?), si era comunque formata da quella più sottile che espirava attraverso il naso. La sciarpa ed i guanti rosso-dorati che indossava non l'avevano salvata dal necessario sfregamento continuo e intermittente delle mani alla ricerca continua di calore: era evidente che il Professore li volesse pronti a sopravvivere alla Quinta era Glaciale, altrimenti non si spiegava il perché non si fosse preoccupato di produrre alcun tipo di incantesimo per rendere quantomeno il clima anche solo vagamente più confortevole. Doveva essere per favorire qualche tipo di piante, era ovvio, altrimenti non se lo spiegava; non che Alice volesse mettere in dubbio la competenza del professor Crouch (o forse un pochino sì?), ma di certo non si trattava di una condizione climatica che giovava ad ogni singolo ramoscello che abitava la Serra. « A parte che stai sbagliando tutto » Non diede segno di risposta, la Grifondoro, china com'era a vedersela con quelle povere piantine di girasole rattrappite e malconce, pensando di improvvisare qualche incantesimo per ravvivarle, ma non le stava venendo in mente nulla di veramente risolutivo. Tuttavia, non riuscì a nascondere più di tanto una vena che le pulsava vistosamente in fronte: sbagliando tutto? Non è che perché fosse il figlio del famoso Neville Paciock, forse uno dei più rinomati studiosi di Erbologia - difficile non saperlo, davvero - allora poteva andare in giro a dire a gli altri poveri studiosi e appassionati di Erbologia mortali, che sbagliavano tutto. Non disse nulla, ma si sentiva ferita nell'orgoglio: Louis non poteva sapere, che Alice Watson dedicasse più tempo alle piante che agli esseri umani. Non poteva saperlo perché di fatto, non si conoscevano: qualche sorrisetto di circostanza in Sala Grande, un "nono, passa prima tu!" di fronte alla porta d'ingresso delle lezioni e qualche chiacchiera quando ancora, prima del lockdown, esisteva la libertà di farsi lunghe passeggiate intorno al castello in gruppo. Nient'altro. Era logico, scontato e banale che non vi fosse alcun motivo per cui lui dovesse fidarsi di lei, esattamente come non vi fosse alcun motivo per cui lei si dovesse fidare di lui. « Poi, non sarebbe meglio leggere le istruzioni e seguirle passo passo invece di iniziare subito con l'aspetto pratico? » Domanda lecita e certamente responsabile, prima di affrontare un compito talmente difficile da non essere in grado di prevedere l'accertata vittoria del suddetto, ma la poca fiducia del giovane nei suoi confronti la fece sbottare, impulsiva ed irruenta com'era. « Sì, così ce ne mettiamo sedici di ore... Eddai Paciock, sii pratico! » Non aveva intenzione di essere sgarbata o di attaccare Louis, ma il tono di voce aggressivo che adoperò sarebbe stato facilmente fraintendibile dal giovane Caposcuola. Non che Alice sottovalutasse l'approccio teorico come aveva detto lui: per una tipa studiosa e solitaria come lei, con i libri di teoria ci faceva colazione, pranzo e cena. Ma probabilmente, una parte di lei che in qualche modo avrebbe voluto seppellire, non era in grado di essere paziente con sé stessa di fronte agli altri, per paura o che giungessero alla risposta prima di lei, o semplicemente per la paura di esser giudicata lenta ed incapace. Chiamasi: ansia da prestazione. Una complicazione mentale che la rendeva più impaziente e maldestra del solito. « Dobbiamo liberarci prima delle parti gelate, poi ricavare le spore del Rhizoglomus irregulare da mettere sulle radici. Secondo me sarebbe anche conveniente travasarla prima di coprirla definitivamente, chissà a chi è venuto in mente di innaffiarla, la terra è completamente fradicia! » « Non guardare me, io ci ho messo le mani in questo esatto momento » gli disse, alzando entrambe le mani in contemporanea per rafforzare e saldare il concetto che fosse innocente. Mentre la sua fronte si corrucciava maggiormente - le sarebbe mancato brontolare parole fra sé per sembrare una vecchia acida e bisbetica - e si sfilava i guanti rosso-dorati per indossare quelli da lavoro in lattice (povere le sue mani...), si accorse che delle goccioline provenivano dalle piante a muro che si estendevano per tutte le pareti della Serra. Seguì il lento ed inesorabile cammino delle gocce sulle foglie della parete, che piano piano si riversavano su quelle che avrebbero dovuto utilizzare per l'esperimento, del tutto fradicie. « Probabilmente è a causa del ghiaccio che era su queste. Si è sciolto e le ha inondate, povere piccoline » gli disse, con tono preoccupato, incrociando il suo sguardo bluastro, mentre si sbrigò ad infilarsi i guanti per spostarle una ad una dove sarebbero state più riparate. Trovò un rettangolo vuoto al centro della Serra, dove iniziò a posizionarle orizzontalmente, senza che potessero essere d'intralcio nel caso in cui qualcuno avesse dovuto attraversare la sala da parte a parte.
    Ne prese una e la osservò attentamente, mentre con la mano sinistra estrasse la bacchetta dalla divisa. « E se provassimo con un semplice Lumos? Anche Maxima, Incendio mi sembra eccessivo! Magari assorbono calore dalla luce e prima di tutto le scongeliamo. » - come hai detto tu. Non lo disse, perché le sarebbe costato troppo, ma era evidente che Louis aveva ragione: le piantine, prima di tutto, andavano riportate ad una temperatura decisamente più tiepida ed Alice stava cercando un incantesimo risolutivo per portare a termine l'obiettivo dichiarato dal Corvonero qualche minuto prima. Stava per agitare la bacchetta con la mano gelante, la grifoncina, senza aspettare una risposta o un cenno di consenso, quando... « Comunque, posso sapere perché tutto questo astio nei miei confronti? Ho fatto qualcosa di sbagliato? » ...lo fissò, attonita e senza proferir parola, mentre con una mano stringeva un vasetto e la bacchetta con l'altra. Sbiancò: perché andava sempre a finire così? Perché andava sempre a finire che nessuno la sopportava e si ritrovava sola, pentendosi di aver allontanato involontariamente sempre tutti? Di fatto, cosa gli aveva fatto di male il giovane, se non provare a farla ragionare su qualcosa che poteva portare ad un giovamento per entrambi? Se la sarebbe dovuta prendere soltanto con sé stessa, con quel carattere sempre arrabbiato, perennemente guerrigliero che le faceva solo avvizzire l'acqua sotto tutti i ponti. « Ast...-No, ma figurati, Louis! Nulla di personale, devi credermi » biascicò la Grifondoro, anche un po' imbarazzata dalla realtà dei fatti: doveva darsi un calmata. « Anzi, n-no, preferisco non saperlo, fa niente... » Si sentiva sbagliata, ad avergli recato dispiacere senza una motivazione valida: di certo non era sua intenzione. Ma era difficile che qualcuno intendesse veramente cooperare con lei, situazione più unica che rara nella sua esistenza solitaria. « Perché pensi che dovrei avercela con te? » gli domandò, rivolgendogli per un attimo un'occhiata verdastra che significava più: perché hai la coda di paglia? Ma fu giusto un attimo, che venne sostituito da un sorriso caldo e sincero, volto a riparare quanto più poteva un clima di collaborazione teso senza reale motivo. « Oltre al fatto che il professor Crouch sopravvaluta decisamente le mie capacità ed il compito che ci ha dato è un tantino... stressante, direi che va tutto alla grande » gli sorrise, facendo dell'ironia e cercando di risollevare il morale; sì, insomma, Alice ormai lo aveva ammesso, ora bisognava accertarsi che lui fosse un tipo apposto, che non avrebbe raccontato a nessuno che lei si era trovata in difficoltà durante Erbologia. In quel caso, non gliel'avrebbe perdonato facilmente. Posò la piantina vicino alle altre, liberandosi della mano destra e continuando a stringere la bacchetta con l'altra, pronta ad intervenire qualora lo avessero concordato. « Scusami, sono partita con il piede sbagliato. Ricominciamo? » gli domandò con un sorrisetto a mezza bocca, chinandosi per prendere la più piccola, delicata e tenera pianta di girasole congelata e offrendogliela in segno di pace. « A volte ho difficoltà ad ascoltare gli altri, forse Crouch non è proprio un idiota dicendo quello che ha detto, ecco la triste e dura verità » aggiunse, ripensando a quanto l'aveva fatto arrabbiare il Professore quando gliel'aveva detto di fronte a tutti, poco prima. Non le piaceva quando qualcuno metteva su pubblica piazza i suoi difetti, non le piaceva sentirsi incompleta, perfettibile. « Sono abituata a passare la maggior parte del mio tempo da sola o con il mio cane Stormie. Forse ce l'hai presente, l'husky copper ramato che se ne va in giro a mordere le code dei gatti di tutti. Anzi, mi scuso da parte sua se ne hai uno anche tu » Alzò gli occhi al cielo, pensando a quanti studenti si fossero lamentati di Stormie, che invero era innocua, ma si divertiva così, ai danni delle povere code pelose dei felini del castello. Quella di Alice era una confessione bella e buona: sperava che Louis ne avrebbe fatto buon uso. « Non me la cavo... con... questo » gli disse, abbassando lo sguardo, indicando con la mano con cui teneva la bacchetta prima lei e poi lui, con "questo" riferendosi a quello che univa le persone, ai rapporti, alle relazioni, alle amicizie... Sicuramente lui era più bravo di lei in questo, poco ma sicuro. « Sai che c'è? Sono pronta a collaborare. Dobbiamo modificare il loro DNA, giusto? In cosa vogliamo trasformarle, queste qua? » chiese, chinandosi per afferrare saldamente un altro piccolo, piccino vasetto per sé, così da poter iniziare a sperimentare, insieme.


    Edited by watson - 10/4/2020, 15:20
     
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