Between calm and perturbation

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    Hogwarts è un luogo sicuro. Theseus lo ripete sempre, come filastrocca, convinto che le solide mura del castello possano custodirlo da ogni terribile tempesta in procinto di abbattersi sul mondo esterno. Nell'immaginario collettivo, Hogwarts è un avamposto a parte, inarrivabile. Un diamante impossibile da scalfire. Ma proprio questa incrollabile certezza è stata smentita, già due anni addietro, dalle raccapriccianti vicende del Lockdown, responsabili di un perpetuo stato di paura nell'animo degli studenti. Ed è nell'ultimo periodo che tornano costanti i pensieri di quella spaventosa notte senza fine, delle trappole incontrate ad ogni angolo e dell'angoscia che attanaglia i visceri, annebbiando il raziocinio tipicamente Corvonero che lo caratterizza. Teme possa accadere di nuovo, Theseus, visto il recente isolamento cui il mondo magico è stato costretto. A nulla valgono i tentativi di rassicurarsi, di sperare in una svolta positiva della situazione. Che qualcuno faccia chiarezza, o anche solo che qualcuno decida di indagare meglio, di provarci, di fare un tentativo. Di tastare la pietanza prima di rifiutarla. Di piantare i semi di una possibile strategia di sopravvivenza. Perché si sa, le insicurezze sono la peggiore delle battaglie da combattere, non lasciano nessun appiglio. E' come ritrovarsi su uno scoglio scivoloso, pieno di alghe imbroglione che fanno cadere giù, a picco, nel bel mezzo di onde schiumose che si abbattono sugli sciocchi avventurieri, certi di poter vincere l'inclemenza del mare, forti della loro millenaria esperienza, ma alla fine semplicemente umani come tutti gli altri. Quelle parole non dette, quel limbo tra desiderio di fare qualcosa ed ansia di cacciarsi nei guai, quell'incomprensibile menefreghismo di gran parte dei compagni di scuola, tutto ciò è in grado di suscitare un profondo tormento, in Theseus, drasticamente esacerbato dalla discendenza ondina da parte di madre. Non ci fa caso, lui, sminuisce la genetica, pensando non abbia un peso poi così rilevante nella determinazione del proprio carattere. Magari è vero, il carattere lo costruisce da solo, ma è innegabile che l'umore ne sia influenzato, soprattutto in contesti del genere, in momenti di forte stress psicofisico. Improvvisamente lo studio, per lui tanto importante, passa in secondo piano. Dà una rapida lettura ai libri di testo, scrive delle svogliate relazioni sugli incantesimi di Levitazione, beve il solito thè delle cinque - nel rispetto delle inglesi tradizioni della terra in cui vive -, trovandolo insapore. Chiacchiera con Zack, il fratello minore, e ne placa le preoccupazioni, ben sapendo coincidano alla perfezione con le proprie. Fa tutto questo, ma vorrebbe soltanto fuggire nelle immense distese di lavanda di Pourrières, al sicuro tra i vigneti e - cosa da non sottovalutare - protetto dalla dedizione di nonna Alanna nei confronti dei piccoli Rosier. «Oggi vado ad Hogsmeade con Vee. Vuoi venire? Ti serve qualcosa?», domanda al fratello, che rapidamente diniega senza troppe spiegazioni. Theseus non attende oltre cinque minuti - convinto che Zack cambierà idea nel giro di poco, eppure commette un errore di giudizio. E' così che si dirige, con largo anticipo, verso il più rinomato luogo di ritrovo degli studenti nel fine settimana. Ha necessità di fare qualche ricarica di materiale scolastico, dunque già nel primo pomeriggio è dentro il negozietto di articoli per Pozioni, pronto ad acquistare fialette nuove di zecca e polveri magiche d'ogni tipo. Alle quattro in punto il giro si conclude, per cui si ritrova a passeggiare per le vie del villaggio, fingendo una serenità che non gli appartiene, indossando in volto una maschera impassibile. Da quando sei diventato così cupo, Theseus? «Vee!», la chiama, alzando la mano per farsi notare. L'amica di sempre lo raggiunge, arrivando in perfetto orario. «Vogliamo entrare?», sorride, prendendo l'iniziativa e varcando la soglia del locale. I Tre Manici di Scopa non si smentisce mai: è pieno a qualsiasi ora del giorno e raccoglie la gente più disparata. Per altro, si sa, il mondo è bello perché è vario. Quell'inattesa vitalità restituisce a Theseus una punta di allegria, facendo oscillare l'umore in senso positivo.
    «Non vedevo l'ora fosse Sabato.», commenta, riferendosi alle recenti Disposizioni Ministeriali che consentono di frequentare il villaggio solo quel giorno. Motivo per cui tutti i locali sono affollatissimi, strabordanti di gente che si spintona a destra e a sinistra. Ma è un dettaglio trascurabile, in virtù del desiderio di fuggire alla claustrofobica situazione del castello. Hogwarts è un luogo sicuro, come detto prima, e Theseus ci vuole credere, davvero. Ma risulta altrettanto soffocante, soprattutto in un contesto in cui la diffidenza è all'ordine del giorno. La parvenza di controllo che il Ministero vuole diffondere, si traduce in realtà in una gabbia di preoccupazione per chi, già troppo emotivo di per sé, inizia ad associare mentalmente le motivazioni più strampalate possibili ed immaginabili a quella presa di posizione da parte della Flamel. Il Capodanno culminato in un delitto reale, Inverness barricata in un silenzio stampa, voci circa il presunto ritorno di associazioni a delinquere come quella dello Shame. Tutto insieme. E' decisamente troppo per un ragazzino di sedici anni che dovrebbe pensare soltanto ai compiti di Trasfigurazione per l'indomani. «Vediamo di trovare un tavolo, anche se sarà un'impresa.», sorride alla sua amica e poi fa strada, chiedendo aiuto al solito cameriere di sempre. Una decina di minuti dopo, eccoli finalmente seduti in un angolino in disparte, circondati da volti noti ed altri totalmente sconosciuti, immersi nei propri pensieri - occasionalmente interrotti da chiacchiere. «Una cioccolata calda, s'il vous plaît. Vee, tu che prendi?», una volta ordinato, il cameriere serve una brocca d'acqua fresca e qualche biscotto al miele, prima di portare la comanda alle cucine. Theseus stiracchia le gambe sotto il tavolo, stanco per la passeggiata pomeridiana - ma forse più per lo stato d'animo agitato. «Ho sentito che parteciperai al Take me out. Devo preoccuparmi? Ti ha costretta lei, il suo sopracciglio svetta verso l'alto, alludendo chiaramente a Domiziana Dragomir. Non hanno mai avuto un litigio aperto, ma Theseus non la vede di buon occhio. La reputa addirittura perfida, a volte. Un tipo al quale non si può dir di no, pena l'ostracizzazione dalla società. Tutte condizioni che non si sposano affatto con lo stile di vita di Theseus, spirito libero che non conosce padrone all'infuori di sé. «Dico, sei ancora in tempo per tirarti indietro. Mi offro volontario per parlarle io stesso.», afferma, pronto a difendere Maeve dalle angherie di quel pericoloso gruppetto. «E se proprio hai intenzione di presentarti, quanto meno scegli Louis, Emile, Maddison, Nessie... Insomma, persone tranquille.», conclude così il discorso, rendendosi conto di aver esagerato un pochino in quanto a protezione. Ma quando si tratta della sua migliore amica, ovvio, non c'è Dragomir che tenga. «Resto comunque dell'idea che faresti meglio ad uscire con me, Zack e Grace. Ci divertiremo molto di più.», annuncia, beffardo, scaldandosi in un sorriso.
     
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    Considerarsi fortunata per aver trascorso l'intero Capodanno relegata sulle isole Ebridi era una sensazione del tutto nuova per Maeve. Non si era mai sentita tanto fuori posto in vita sua, come in quella tenuta appartenente ai Cousland da generazioni; almeno per quel nuovo anno, l'abituale festa esclusiva che si teneva l'ultimo di Dicembre, l'aveva tenuta lontana dai tragici eventi che avevano colpito un altro Mezzosangue. Ovunque avesse posato lo sguardo in quei giorni di Gennaio, aveva visto ragazzini della sua età e perfino più giovani, impegnati in discussioni accese su quanto la situazione dovesse essere tragicamente allo sbando se il Ministero aveva dovuto far fronte a provvedimenti così drastici. Era susseguito un viavai di domande ai docenti, prese di posizione, sussurri ed accuse assurdamente infondate. Il tutto alimentato ancor di più dalle parole fortemente critiche del Doxy Pixie Wise, il giornalino scolastico che non aveva fatto altro che attizzare gli animi scossi. Vee aveva sempre ritenuto la libertà di manifestare il proprio pensiero come un diritto, e non ne faceva eccezione la libertà di parola e stampa, ma se i redattori in erba pensavano di far notizia scrivendo quelle stupidaggini, molto presto si sarebbero ritrovati nella stessa situazione di Wiznet. Riteneva inutile tutto quell'allarmismo, addirittura additando i coinvolti in quell'ennesimo incubo come vigliacchi e vili, soltanto per far notizia e scatenare l'ennesimo putiferio contro i soliti ignoti citati nell'articolo. Se da un lato era evidente la voglia di far luce sull'accaduto, dall'altro la giovane Corvonero non riusciva a comprendere come le masse non riuscissero a giungere alla semplice conclusione che determinati avvenimenti non potessero essere esposti con facilità... Chi aveva intervistato i presenti sul treno cosa si era aspettato, che parlassero e raccontassero ogni cosa, dopo gli interrogatori degli Auror? Erano stati certamente redarguiti dallo spifferare tutto ai quattro venti, ed era ridicolo che la maggior parte non riuscisse ad arrivarci. Quegli affari andavano esplorati nelle sedi opportune, per di più volente o meno gli interessi della gente, il Ministero avrebbe al solito agito tentando d'oscurare il possibile, dissimulando l'attenzione su altro di più allettante. Essendo cresciuta con membri d'ogni dipartimento in giro per casa, un tempo aveva creduto che quel dispotismo della maggior parte delle disposizioni ministeriali fosse dovuto alla necessità d'arrestare stati di tensione, spesso provocati da notizie più o meno incontrollate (anche perché, la morte di Donovan poteva reputarsi come un caso a se stante e non l'ennesimo complotto)... Maturando aveva iniziato ad avere percezioni meno sommarie, ritenendosi d'accordo almeno su alcune accuse: al Ministero non interessava realmente far giustizia, quanto placare le acque e mantenere lo Status Quo di quegli ultimi mesi post-ribellione. Lo stato di equilibrio tanto decantato non era soltanto sopravvalutato, ma fin troppo apparente. L'ultimo emendamento ne era una chiara manifestazione, d'altronde: anziché concentrarsi sugli eventi in maniera empatica, avevano gettata benzina sul fuoco, riprendendo ad esercitare il potere con tagli alle libertà e decreti del tutto folli. Era su quelle problematiche che il Doxy avrebbe dovuto concentrarsi; ed invece avevano ripreso la solita caccia alle streghe, rinominando quella nottata sull'Express del misfatto come un Lockdown 2.0. Maeve aveva sentito le viscere attanagliarsi per i ricordi scatenati da quello stupido trafiletto, soprattutto leggendo le parole di una determinata intervistata: Olympia. Non c’era bisogno di conoscere i dettagli, per farle supporre che chiunque nel Castello fosse più spaventato come la giovane Potter, piuttosto che in procinto d'armarsi di bacchetta ed insorgere nuovamente contro il Ministero. Complici le voci che sentiva, era quasi certa che chiunque si stesse domandando cos'altro si sarebbe scatenato da lì in poi... ed Hogwarts incominciava a diventare opprimente quando il vociare si faceva così consistente da non riuscire a controllarlo. Con la confisca stessa di ogni suo aggeggio elettronico di natura babbana, o che avrebbe potuto collegarsi ad una rete magica, non poteva più contare neanche sulla musica e le varie distrazioni che il cellulare avrebbe potuto darle. Per via del nervosismo, era riuscita perfino a far sfociare una discussione durante l'ora di dibattito in una disputa, avente come oggetto l'assurdità di quelle disposizioni di sicurezza estreme. Le era stato "gentilmente" ribadito che per ascoltare melodie ed accompagnamenti avrebbero potuto utilizzare i soliti mezzi di sempre: la radio. Per passare del tempo in attività ricreative invece, potevano tranquillamente approfittare dei locali di svago di Hogsmeade. Soltanto durante il sabato, dopo ulteriori tagli. Con la squadra speciale del QCA a controllarli in ogni spostamento, come se fossero tutti dei piccoli criminali ribelli. La radio, a chi di dovere le aveva risposto con sufficienza, avrebbe voluto sbatterla in posti sui quali il fievole sole inglese non batteva.
    Aveva evitato di creare questioni di stato, anche perché finire al San Mungo come se fosse una schizzata ludopatica non era proprio nei suoi programmi. In quel week-end aveva piuttosto altri progetti, che prevedevano abbandonare le mura del Castello gremite di studenti irrequieti e passare un po' di tempo con Theseus. Le serviva stare col suo amico, senza filtri, maschere e costrizioni, prendendo una boccata d'aria fresca grazie alla genuinità del compagno di Casa. Armata di buone intenzioni e costringendosi al buonumore, aveva percorso la stessa discesa che ormai la vedeva protagonista d'ogni sabato, stavolta senza la scusante del ripasso convulsivo di Pozioni od incontri fugaci con tutor misteriosi. Si strinse le braccia intorno al corpo per alcune folate gelide nel svoltare lungo la strada principale, alzando lo sguardo sugli alberi dai fusti brinati, esattamente come il suo naso arrossato e ghiacciato. I rami ondeggiavano nel vento, sovrastandola e dandole l’impressione d'essere ancora più piccola di quanto non fosse, una ragazzina con troppi complessi immersa in un mare d'indifferenza generale.
    ezgif-7-552d9bb250c8Lì, fermo al margine del marciapiede, si ritrovò a superare un gruppetto di studentesse più giovani di lei; parlottavano fitto fra di loro, non avrebbe mai prestato attenzione a delle mocciosette che in maniera piuttosto imbarazzante - e molto meno chic - tentavano d'emulare le vere Queen Bee, ma quando gli passò accanto tacquero improvvisamente, scoccandole delle occhiate che Vee definì... circospette. Avrebbe dovuto continuare a camminare, ignorando l'inutilità dell'intera situazione, nascondendosi dietro la patina di seria indifferenza e superiorità che l'accompagnava sempre... « Ciao. » disse d'impulso, desiderosa di scorgere una qualsiasi reazione nella combriccola. « C’è niente che posso fare per aiutarvi? » il tono che utilizzò, volutamente perentorio, entrò in agghiacciante contrasto col sorriso sornione che mostrò soffermandosi di fronte alla panchina dov'erano raggruppate. A differenza di una Domiziana, Maeve non aveva la nomea di serpe pericolosa, né di stronzetta capricciosa come Savannah; vantava più di un'aura di profonda noncuranza che indirizzava verso chiunque, eccezione fatta per la sua cerchia ristretta d'élite. Almeno finché non entrava nei panni di un "deus ex machina", soltanto nell'attimo in cui veniva presa in causa in termini - ed in questo caso occhiate e silenzi enigmatici - che non le piacevano affatto.
    Una delle ragazze (appartenente a Grifondoro, dalla sciarpa che teneva intorno all'esile collo), una brunetta dal caschetto corto e alta quanto una cioccorana, infilata in una gonna di tessuto in lana troppo corta per le sue gambe piccine, riuscì a prendere parola per prima fissando un punto indefinito della spalla della rossa.
    « È che ci chiedevamo... la tua famiglia non lavora al Ministero? Magari, ecco sì, ne sapevi di più riguardo a questa storia di Wiznet e... uhm... sai di Capodanno. » ma sul serio?!
    « Sono da denuncia per averci tagliato fuori dal mondo! Anziché concentrarsi su ciò che è successo ad un altro mezzosangue... » l'altra, ripeté quella frase come se fosse un copia-incolla riportato di voce in voce, senza il minimo vero accenno d'enfasi e trasporto per la "sciagura". Infastidita, come spesso le accadeva quando alcune emozioni prendevano il sopravvento, serrò la mascella nel percepire il brivido familiare che le blandiva la spina dorsale ogniqualvolta i pensieri estranei gli arrivavano dritti nel cervello. Non le serviva in fondo ricorrere alla legilimanzia, poteva supporre benissimo da sé dall'espressione inquieta dell'ultima mocciosa cosa stesse pensando: "Per la miseria! Le stanno parlando davvero, come se a quelle come lei interessasse. Lo sanno tutti poi, che i Cousland sono..." interruppe ogni tipo di flusso verbale e non, prima che ogni dubbio si tramutasse in certezza.
    « Non credo siano faccende che debbano riguardare delle ragazzine. » tagliò corto, allontanandosi dalla sensazione intrusiva che provava leggendo negli altri senza volerlo.
    « Oh, e per la cronaca: abbinare l'harris tweed al damascato, questo è da denuncia. » commentò riferendosi all'abbigliamento impresentabile di una delle tre, mollandole lì a scambiarsi un'occhiata eloquente. Riprendendo a camminare, fu accompagnata dal flebile brusio corale de: che stronza. Pur sempre meglio d'altre denominazioni più oscure.
    Una manciata di minuti dopo, avvicinandosi ai Tre Manici di Scopa, le ci volle un istante per identificare la figura di Theseus che l'attirò a sé catturandone l'attenzione. Nell'attimo in cui incrociò i suoi occhi, le si illuminò il volto con un sorriso sincero. Era sempre quella calma familiare, la sensazione che provava quand'era in compagnia dell'amico d'infanzia... E sempre un milione d’immagini le balenavano nella mente, composte da anni di ricordi in un flusso ininterrotto di rievocazioni più o meno felici. Soprattutto quando veniva catapultata all'indietro nel tempo, quand'erano entrambi più giovani e tutto era più semplice, col mondo che non gli richiedeva atteggiamenti maturi. Mentre tutti la consideravano beneducata e giudiziosa, ma incredibilmente gelida, Theseus sapeva cos'altro avesse da offrire Maeve; così come la ragazza era a conoscenza di molte sfaccettature del Rosier.
    « Ehi, scusa il ritardo! » non rendendosi conto del suo essere perfettamente in orario, abituata a tardare com'era, gli andò incontro per addentrarsi nel locale. Arricciò il naso nel sentire l’odore ormai familiare del luogo in cui si recava più che saltuariamente. Mentre la maggior parte dei pub babbani odorava di birra appena fermentata, legno marcio e sigarette, i Tre Manici sapeva di un misto tra burrobirra, crostata bruciata e sudore. Quest'ultimo causa diretta della troppa affluenza di gente degli ultimi tempi. Roteò gli occhi e sospirò per tutto il tempo impiegato nel trovare posto, scostandosi al passaggio di un tizio che quasi la spintonò involontariamente con una spallata, occupando senza diritto di replica una sedia prima che un'altra coppia potesse rubargli il tavolo.
    « Una cioccolata speziata alla cannella, grazie. » se in genere si limitava ad ordinazioni meno elaborate, quand'era con l'amico veniva sempre invogliata da consumazioni meno convenzionali, come tutte quelle bevande babbane che aveva iniziato a provare quand'erano in vacanza insieme. A casa sua, fin troppe "diavolerie" non appartenenti al mondo magico erano bandite. «Ho sentito che parteciperai al Take me out. Devo preoccuparmi? Ti ha costretta lei?» scontato quanto il sold-out di un paio di Gucci in periodo di saldi, che Theseus avrebbe tirato fuori quella storia alla prima occasione.
    « Davvero? Mi ferisce sapere che reputi possibile costringermi a far qualcosa. » protestare, per Maeve, era ormai all'ordine del giorno. Lo fece però con termini abbastanza giocosi e teatrali, portandosi una mano sul petto nell'enfatizzare il tutto. « Sei molto dolce, davvero... Ma Domiziana non c'entra nulla. Almeno non credo sia stata lei ad iscrivermi a mia insaputa. » era forse quanto, la milionesima volta che si ritrovava a dover fare da paciere fra quei due? Era perfino all'oscuro del motivo inesistente per cui la Dragomir e Rosier si tollerassero a stento. E lei si ritrovava sempre di mezzo, a dover fare da mediatore quand'era sia con uno, che con l'altra. « Cooomunque: sono stata estratta come tronista, sarebbe piuttosto sconveniente non presentarsi ormai, non credi? » troppe rivelazioni, che la rossa elargì una dopo l'altra, col chiaro intento di dissimulare l'attenzione su tutto tranne la reale questione: voleva sul serio partecipare a quella follia trash? Evitò anche di far notare al bruno, che fra tutti i nomi appena proposti come via di fuga, soltanto Nessie sarebbe stata una compagnia piacevole. Neanche conosceva gli altri! « E poi magari potrebbe essere divertente. Anche se vorrei dire due paroline ai tuoi amichetti del Doxy: sai che ci hanno inviato dei preservativi, insieme all'invito via gufo? » fu indecisa se mostrarsi avvilita, imbarazzata o infastidita (e forse aveva un mix di tutte quelle sensazioni, stampate in faccia), come se l'amico non sapesse quanto quella precauzione sarebbe stata inutile conoscendola. E non perché praticasse sesso non protetto. Non lo praticava affatto, piuttosto. « Tu, Zack e Grace... che farete esattamente? Oltre a fuggire dalla trashata del secolo, si intende. » chiese sarcastica, sporgendosi leggermente lungo il tavolo, dove si poggiò coi gomiti. Ma sì, non sanno neanche cosa sia il bon ton qui dentro.
    « Piuttosto, come la vedi questa storia delle Disposizioni? Credo stiano tutti per implodere, addirittura un gruppetto di mocciose mi ha guardata male chiedendomi spiegazioni. A me. Cosa posso saperne io? Come se fosse colpa mia, se i miei lavorano al Ministero. » era quello per lei, l'argomento di maggiore interesse di cui dialogare. Infatti non impiegò poi molto tempo nel tirarlo fuori, durante un piccolo momento di pausa in cui - per puro riflesso - era andata a ricercare il "cellulare fantasma" nella borsa. Abitudini che dovevano perdere tutti, a quanto pareva.

     
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